recensione libro Colombo di C Santini
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recensione libro Colombo di C Santini
Sulle regole Testo: G.Colombo (2007), “ Sulle Regole”, Ed. Feltrinelli, Milano Gherardo Colombo, nel proprio libro “Sulle regole”, riflette sul significato della parola “giustizia”. L’autore afferma che il concetto di “giustizia” presenta forti ambiguità in quanto viene utilizzato con significati diversi. Esso definisce, infatti, sia la giustizia, cioè un principio che sta alla base della convivenza fra le persone, che la sua amministrazione, quel sistema stabilito dalle persone stesse per risolvere i contrasti e verificare chi ha torto e chi ha ragione. In passato, la parola “giustizia” è stata anche causa di drammatici eventi come la “Santa Inquisizione”, le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, lo sterminio di milioni d’ebrei. Oggi questo termine viene, inoltre, utilizzato per giustificare il contenuto di leggi, molto spesso in totale contrasto fra loro. In alcuni paesi, ad esempio, è prevista e considerata giusta la pena di morte mentre in altri è assolutamente vietata. Tutto ciò è dovuto al fatto che, riguardo al termine “giustizia”, esistono convinzioni diverse ed è molto difficile individuare un significato universale e condivisibile da tutti. Ciascuno si presenta come una persona che vuole realizzare la giustizia ma a questo termine vengono legati scopi diversi e spesso persino opposti. Nel libro, inoltre, Gherardo Colombo mette a confronto due tipi di società, quella verticale e quella orizzontale. La società verticale è paragonabile ad una scala gerarchica in cui chi non ha capacità deve essere scartato e occupare i gradini più bassi. Coloro che, invece, sono dotati delle migliori qualità occupano progressivamente livelli superiori. Il vertice di questa piramide è riservato ai più bravi, ai più adeguati e molto spesso è occupato da un’unica persona. Questo tipo di società privilegia i furbi, i potenti, i forti, rendendoli meritevoli di considerazione mentre i deboli vengono gradualmente eliminati. La società verticale non dà valore alla persona in sé. L’individuo acquista o perde importanza a seconda del posto che occupa nella scala gerarchica e quindi al suo ruolo nell’evoluzione della specie. Tanto più si è in alto, potenti, famosi, tanto più si è funzionali ad un ulteriore sviluppo della specie. Al contrario, tanto più si è in basso, poveri, senza poteri, tanto più la nostra esistenza è indifferente o addirittura dannosa allo sviluppo umano. Da ciò deriva che la giustizia consiste nel promuovere e nel dare dignità ai privilegiati. Le persone si rapportano tra loro con il solo scopo di vincere e di sconfiggere perché coloro che vincono salgono nella scala gerarchica mentre coloro che perdono scendono. Quando i perdenti arrivano al fondo, diventano inutili e vengono eliminati, anche fisicamente. In caso di conflitti, chi si trova più vicino alla base della piramide deve sempre cedere. La società verticale continua ad esistere a causa della scarsa diffusione e della gestione occulta delle notizie che favoriscono la dispersione di conoscenze e responsabilità. L’altro tipo di società, presentata nel libro, è quella orizzontale che prevede una distribuzione omogenea dei diritti, dei doveri e dei poteri. La persona è considerata un valore e, per questo, ha diritto alla vita, a esprimere le proprie opinioni, a muoversi liberamente sul territorio, alla libertà, alla salute, al lavoro, alla sicurezza,…. Questi diritti sono riconosciuti a tutti i membri della società orizzontale, senza alcuna eccezione. Nessuno può essere eliminato ed emarginato. Le limitazioni e gli obblighi possono essere imposti solo nel rispetto dei diritti degli altri. Tutti sono uguali davanti alla legge. Chiunque si trovi in situazioni analoghe deve essere trattato allo stesso modo degli altri. La società orizzontale si basa anche sulla solidarietà cioè sulla consapevolezza di far parte di una comunità e sulla disponibilità a dare e ricevere aiuto affinché siano soddisfatte le necessità di ciascun membro. Attualmente, molti stati si presentano come società orizzontali affermando che tutte le persone sono uguali con gli stessi diritti. Guardando però all’interno di questi paesi, ci si rende conto che tendono a comportarsi come società verticali in quanto sono sempre i più potenti a prevalere sugli altri. Le caratteristiche della società verticale e di quella orizzontale possono mischiarsi tra loro determinando una quantità quasi infinita di possibilità diverse. La parola “pena” nella società verticale ha un significato diverso da quello che ha nella società orizzontale. Nel primo tipo di società il termine “pena” esprime il concetto secondo cui la sanzione, per chi viola i diritti altrui, deve essere principalmente sofferenza. Il male che si provoca attraverso la violazione delle regole deve essere ripagato con il male, inflitto mediante la punizione. L’intensità del male dipende dalla gravità della violazione e molto spesso consiste nella detenzione in carcere. Essendo, però, la società strutturata in modo gerarchico, quanto più si è vicini al vertice tanto più si riesce ad evitare la pena, riservata, quindi, a coloro che occupano i gradini più bassi della piramide sociale. Alla società verticale è legata, anche, la pena di morte. Nella società orizzontale, in caso di inosservanza delle regole, la giustizia non ha lo scopo di punire ma di riparare e di riconciliare. Il processo penale e la sanzione hanno, quindi, poca importanza. Il rapporto fra le persone si basa sul confronto e sul dialogo. La responsabilità si afferma principalmente nei rapporti personali. La persona risponde dei propri gesti a colui con il quale è in relazione. Prima di tutto, però, le responsabilità si esprime nei confronti di se stessi. Verificare se il proprio comportamento sia di aiuto agli altri e al miglioramento della società è un’esigenza personale. Se una società è realmente orizzontale, le violazioni delle regole sono assai limitate anche se non scompariranno mai del tutto. Le violazioni, che continuano a verificarsi, non sono tutte uguali e perciò ciascuna dovrebbe essere affrontata con misure appropriate tenendo presente il fine di recuperare la persona. La pena di morte e il carcere non sono compatibili con questo tipo di pensiero. Il carcere ostacola il ricollocamento nella società del detenuto, il quale troverà difficoltà anche nel riprendere a contribuire alla collettività. La società orizzontale ricorre al carcere solo in quei casi in cui è necessario impedire che la persona commetta ulteriori violazioni dannose agli altri. Tutti gli altri casi devono essere affrontati con strumenti che rispettino i diritti fondamentali dei cittadini. Gherardo Colombo è piuttosto critico sull’utilità del carcere e dell’inasprimento della pena. L’autore sostiene che il rispetto della dignità dell’essere umano prevede il carcere solo quando l’atteggiamento psicologico del trasgressore non cambia ed è, quindi, necessario metterlo in condizioni di non nuocere. La detenzione, però, non deve essere applicata al fine d’infliggere una pena ma per neutralizzare coloro che continuerebbero ad attentare ai diritti altrui se re immessi nella società. La durata delle limitazioni della libertà deve essere proporzionale alle necessità di recupero e non alla gravità della violazione. La neutralizzazione non deve comportare la limitazione dei diritti personali in quanto questi non rientrano nelle esigenze di tutela della collettività. Quando possibile, la neutralizzazione deve essere attuata con strumenti diversi dalla detenzione che se, però, viene applicata non deve portare al degrado fisico e psicologico di chi la subisce. Le relazioni affettive non devono essere troncate o limitate. Oggi è raro che uno stato non adotti il carcere come sanzione per la violazione di molte norme. È diffusa la convinzione che del carcere non si possa fare a meno e ciò e dovuto al fatto che la sanzione è sempre stata identificata nella pena. Mettere in carcere ci rende più sicuri e ci porta a rifiutare la possibilità di altre soluzioni più efficaci. Alla fine del 1948 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha enunciato la Dichiarazione universale dei diritti umani affinché i drammi vissuti fino a quel momento, come la Seconda Guerra Mondiale, non si ripetessero più. I principi di questa Dichiarazione enunciano che la persona deve vedersi garantitala possibilità di vita e la propria libertà. La Dichiarazione dei diritti umani è nata dal profondo convincimento di coloro che l’hanno adottata, i quali avevano imparato dalle drammatiche esperienze precedenti. Bisognava evitare che l’uomo fosse costretto a ricorrere alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione. La persona non doveva più essere tenuta o ridotta in condizioni di schiavitù, ma doveva essere libera di esprimere il proprio pensiero, la propria opinione e religione. Ognuno doveva avere diritto al lavoro, all’istruzione, al riposo, alla salute, alla sicurezza,….. L’obbiettivo di questa Dichiarazione consisteva nel promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto dei diritti e delle libertà altrui. La Dichiarazione universale dei diritti umani è nata con obbiettivi molto nobili e meritevoli che se rispettati da tutti porterebbero ad un miglioramento generale della società. Il fatto, però, che in questo documento non ci siano leggi, ma soltanto indicazioni non obbliga i singoli stati membri ad attuarle e per questo risulta difficile fare in modo che tutta la popolazione mondiale si attenga a queste indicazioni. “Sulle regole” è un libro dal quale si possono ricavare informazioni molto interessanti ed importanti in quanto ci permette di soffermarci a riflettere su questioni come il diverso utilizzo della parola “giustizia”, la differenza fra società verticale e orizzontale, la diversa visione che questi due tipi di società hanno delle violazione delle norme e delle rispettive sanzioni. Grazie a questo libro le persone possono farsi un’ idea più chiara e precisa del mondo e della società in cui vivono. di Chiara Santini Classe IV° A erica Lettura e comprensione del testo. Lavoro didattico con la classe IV° A erica. Anno scolastico 2008/2009. Disciplina: Diritto ed economia per l’Azienda.