E attraverso di loro, con I`aiuto dei " prigionieri", mi liberai finatrmente
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E attraverso di loro, con I`aiuto dei " prigionieri", mi liberai finatrmente
ELISABETTA Mi chiamo Elisabetta" Perdere un figlio non è solo il doiore più scarnificante che un essere urnano possa provare. Perdere un figlio è anche un bivio, una scelta da compiere. Vivere o morire? Quando, quasi 6 anni fa persi Andrea, seguendo quella bara bianca, chiesi a Dio di darmi la forza, il coraggio di continuare a convivere con quell'assenza che già sentivo insopportabile. Sperimentai la sofferenza più atroce, resa ancor più acuta da sentimenti di odio e di rabbia verso eolui che, in un soio attimo, aveva reciso la giovane vita di mio figlio e con lui si era portato via le esistenze rnie e di nrio rnarito, fino a quel rnornento felici. E pir) odiavo e più stavo male e più il rnio cuore si chiudeva in una morsa infernale, incapace di gestire tutta quella sofferenza. Foi, tut?o questo mondo !nteriore venne sconvolto dali'adesione ad un progetto nel carcere di Opera di Milano, che prevedeva l'incontrs di vittirne con autori di reato. Non fu facile rna lì, dietro quelle sbarre, stringendo mani che un ternpo furono insanguinate, scoprii il vaiore deiia parola rnisericordia. Scoprii di essere capace di immedesimarmi nel cuore del carnefice, capii che altro non eravaffic che due facce della stessa rnedaglia: il dolore. Rir"rscii f!nalnnente ad interrogarrni su quanto quelle persone sarebberc state diverse se fossero vissute in contesti rneno dlsagiati, o magari se ncn fossero state abbagliate da falsl idoli quali la ricchezza o il potere. E attraverso di loro, con I'aiuto dei " prigionieri", mi liberai finatrmente di cio ehe ero e che non sarò mai più: una rnadre che dentro di sè c0vava solo adio CI ranc0re. E eercandc di donare un po' dí luce ne rrcevo mclta più di quanta ne riesca a dare ed è in quella luce che il clolore si placa. crRo Sono Ciro, un ergastolano, in carcere da 25 anni, Da diversi anni avevo iniziato un percorso di ravvedimento e di presa di coscienza deigravissimi reati commessi, facilitato dai supporto di tutti gli operatori del carcere di massima sicurezza Opera di Milano. Ma incontrare le vittime dei reati e confrontarmi eon il loro dolore mi ha fatto capire ancora di più il male che avevo commesso. Ho conosciuto Elisabetta, madre rnutilata, privata del figlio di soli 15 anni, nel carcere di Opera grazie al Rinnovamento nello Spirito e all'organizzazione Prison Fellowship ltalia durante gli incontri del "Progetto Sicornoro", che fa confrontare detenuti con vitiime di reati in un percorso di giustizia riparativa. Elisabetta era entrata in carcere per gettarci in faccia tutta la sua rabbia e il suo dolore, ma ha scoperto la nostra sofferenza. Ha riconosciuto in noi il suo stesso dolore. Per motivi differenti, ma con identico strazio, noi avevamo visto la nostra vita andare in pezzi. ll dolore non ha coiore, non è nè buono né cattivo. ll dolore è dolore. lo ho raccontato a Elilabetta di mra figlia, si chiarna Speranza, l'ho Nasciata che aveva 1-i" giorni. Oggi è una giovane donna saggia e coraggiosa, ho tentato di infondere ir, lel la mia stessa ostinata sper,rrrza. Le ho detto: îrtro Andrea" recluso da 24 anni, di persona púrterò i f?ori sulla tomba di " ll L2 nnarzo di quest'anno, miracolosamente, ho ottenuto un permesso di uscita per f.2 ore. Per la prirna volta uscivo dopa24 anni dal carcere, attendermi fuori da!la prigione c'era Ef isabetta. E' stata lei, per quel giorno, la rnia famiglia; lei mi ha accolto come uno di casa, mi ha fatto conoscere i suoi arnici e famiiiari, mi ha portato nella sua parrocchia, ma soprattutto ha condiviso con me il suo angolo di cuore più intimo e caro: ia tomba diAndrea, ilfiglio di Flisabetta. ,Ad Fd è iì che sono subito andato, con un mazza difioriin mano e la preghiera nelcuore e ho capito che ilCiro d! ieri è seppellito per sernpre. Ora facclo parte della "Casa dello Spirito e delle arti" che con il laboratorio "il senso del pane" produce le ostie che vengono nnandate in tutti i continenti. Anche qui queste ostie sono arrivate e oggi verrano usate per la Celebrazione Eucaristica presieduta dal Santo Padre Francesco. Credo nei minacoli e credo anche e he prirna o poi la cella che mi tiene prigioniero si aprirà definitivamente per restituirmi alla vita" Noi due, qui davanti a voi, con due storie così diverse, ci siamo ritrovati a essere ciò che da sempre e nonostante tutto Dio vuole che siamo: fratelli e sorelle nella fede,