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Che cosa e successo al metodo scientifico? Immaginate due ipotetici laboratori in concorrenza tra loro per un finanziamento pubblico. Uno dei due annuncia, attraverso una serie di articoli scientifici, di aver scoperto nell’atmosfera superiore alcuni fenomeni interessanti e inattesi che contraddicono le teorie correnti sulla formazione radiogenica del Carbonio 14, e potrebbero modificare radicalmente i sistemi di datazione dei fossili mediante radioisotopi. L’arco di tempo nel quale si è svolta l’evoluzione umana potrebbe essere un decimo di quanto era stato calcolato in precedenza: tra noi e i fossili delle gole di Olduvai potrebbero intercorrere solo duecentomila anni. E tutta la storia della biologia potrebbe quindi risultare molto più breve del previsto. Per confermare questi dati sono necessarie ulteriori ricerche, che i biologi di tutto il mondo seguono con curiosità ed eccitazione. E il laboratorio richiede finanziamenti per un milione di dollari alla National Science Foundation per realizzare uno studio più approfondito. Il secondo laboratorio, che si occupa di fisica dell’atmosfera superiore, organizza una conferenza stampa per comunicare dei dati preliminari su quello che, all’apparenza, è un enorme buco nella fascia di ozono, e avverte i giornalisti che se non si prendono provvedimenti adeguati tra cui milioni di dollari di finanziamenti per proseguire gli studi - il pianeta così come lo conosciamo è destinato a finire tragicamente. Il cancro della pelle è diventato epidemico e si sa di pecore che sono diventate cieche perché hanno guardato il cielo. La gente sta cominciando a preoccuparsi di avere occhiali da sole in grado di proteggere gli occhi dai raggi ultravioletti. Se ne parla anche a scuola, e si insegna ai bambini a osservare l’intensità della luce quando scendono dall’autobus. Quale di questi due laboratori otterrà i finanziamenti? Seguite il rivolo di denaro che scorre dalle vostre tasche ai laboratori, e vedrete che passa attraverso i politici che hanno bisogno di voi, e i gruppi di interesse che vi indottrinano attraverso i mezzi di comunicazione. James Buchanan ha costatato trent’anni fa - e ancora oggi possiamo dargli ragione - che di norma nessuno è davvero interessato a valutare in modo equo un problema scientifico di interesse generale. Negli ultimi anni di questo secolo pochissimi problemi sociali rilevanti sono stati sottoposti a verifiche sperimentali, neanche quando sono state prese decisioni in proposito. Per farlo è sufficiente convincere un elettorato disinformato. Alcune delle grandi «verità» che gli elettori hanno accettato hanno ben poche basi scientifiche, se pure ne hanno: sto parlando della convinzione che l’AIDS sia provocato dal virus Hiv, che le emissioni dei combustibili fossili siano la causa del riscaldamento globale del pianeta, e che il rilascio di clorofluorocarburi nell’atmosfera abbia prodotto un buco nella fascia di ozono. Le illusioni sono ancor più radicate nella nostra vita, quando riescono a seguirci fino alla bottega all’angolo. La gente crede a queste e a molte altre cose non perché ne abbia le prove, ma perché è ingenua: si tratta di convinzioni basate sulla fede. Ma qui non si tratta di questioni trascendentali che hanno a che vedere con un credo. E difficile indagare su alcuni di questi problemi, perché non è agevole fare esperimenti con la vita quotidiana delle persone, ma si tratta comunque di affermazioni che possono essere confermate o smentite. In caso contrario, gli scienziati non avrebbero motivo di occuparsene. Newton non avrebbe permesso che qualcuno arrivasse alla Royal Society a parlare di grassi saturi e attacchi di cuore, perché queste teorie, come molte delle sciocchezze dalle quali veniamo quotidianamente travolti, sono solo ipotesi, in attesa di ulteriori studi che probabilmente non saranno mai realizzati. Gli scienziati che fanno affermazioni categoriche su futuri disastri ecologici e sostengono che gli uomini sono responsabili di tutti i cambiamenti in corso sono fortemente sospetti. Spegnete la televisione, prendete in mano il libro di scienze che usavate a scuola. Dovete sapere che intenzioni hanno. E dovete riuscirci da soli: ognuno per sé, come sempre. Ringraziate la sorte che non abbiano cambiato vesti né abitudini: continuano a indossare abiti bianchi, come sacerdoti, e a evitare i lavori pesanti. In questo modo, è più facile identificarli. Dire «ecologia» è come dire «universo», sono parole prive di significato, attuali perché l’attualità è un dato assolutamente soggettivo, del tutto dipendente dal capriccio del pubblico, e perché oggi tutti pensano che l’ecologia sia un problema di estrema attualità. Ma cosa vuol dire davvero «ecologico», se prescindiamo dal contesto di conservazione dello status quo? Si riduce all’immagine, meno attraente, di una specie di vigile urbano. E perde il suo impatto emozionale su di noi, se ci prendiamo la briga di esaminare onestamente la storia del pianeta che tanto amiamo, e ci rendiamo conto che l’unica cosa assolutamente costante è il mutamento, un mutamento improvviso, catastrofico e tutt’altro che confortevole. Perché uno squilibrio deve essere un problema, se lo stato naturale delle cose è il cambiamento? Chi ha inventato questa benedetta idea di equilibrio ecologico? Non ho potuto fare a meno di notare una bizzarra coincidenza. Il brevetto americano sulla produzione del freon, il più importante clorofluorocarburo utilizzato nei frigoriferi e negli impianti di condizionamento, è scaduto più o meno nel momento in cui il freon è stato messo fuorilegge. I Paesi che avevano cominciato a produrlo senza dover pagare per questo privilegio sono stati invitati a fermarsi. E tra poco sarà possibile sostituire il freon con un nuovo composto chimico, un prodotto industriale che sarà protetto da un brevetto e farà guadagnare molto denaro all’azienda che lo produce. Le prove indirette della diminuzione della fascia di ozono sono assurde. E vero che è stato rilevato un maggior numero di tumori della pelle, ma questo non è un buon indicatore dell’intensità dei raggi ultravioletti. L’aumento dei tumori potrebbe essere provocato dal fatto che la gente tende trasferirsi in climi più caldi. Negli ultimi quarant’anni molte persone che vivevano nel Nord e nel Nord-Est degli Stati Uniti si sono trasferiti nel Sud o nel Sud-Ovest. E nello stesso periodo la tintarella è diventata di moda. E perché non dare la colpa al golf? Può anche darsi che negli ultimi tempi i medici e i loro pazienti abbiano imparato a tenere conto di queste macchioline nere delle pelle che crescono velocemente, e che quindi siano diventati più abili nell’identificare e denunciare la malattia. Per misurare in modo non controverso la quantità di raggi ultravioletti che raggiunge la terra non bisognerebbe valutare la diffusione del cancro, bensì la luce ultravioletta che arriva sulla terra. Sarebbe sufficiente disporre in una delle tante basi antartiche uno strumento per la misurazione degli UV del valore di 6000 dollari, e tenerlo sotto controllo per qualche anno. Qualcuno potrebbe occuparsene, e farci sapere come è andata? Se è stato fatto, io non ne ho saputo niente. A parte la mancanza di prove scientifiche, non ha alcun senso pensare che possiamo distruggere l’ozono nell’atmosfera superiore. Ecco cosa succederebbe, se in qualche modo si producesse un buco nella fascia di ozono: i raggi ultravioletti emessi dal sole passerebbero attraverso di esso per arrivare all’atmosfera terrestre, dove sarebbero assorbiti dalla fascia di ossigeno - spessa diverse miglia - che circonda il pianeta. In questo modo, si formerebbe altro ozono: è questo che succede quando i raggi ultravioletti si uniscono all’ossigeno. L’ozono così creatosi assorbirebbe la luce ultravioletta, impedendole di penetrare più a fondo nella fascia di ossigeno. E per questo che quaggiù abbiamo dell’ossigeno da respirare, mentre nell’atmosfera superiore c’è l’ozono. Se tutte le nazioni del mondo si mettessero d’accordo per eliminare la fascia di ozono, non ci riuscirebbero neanche investendo tutto il loro denaro. Non è possibile farlo, a meno di non eliminare tutto l’ossigeno dell’atmosfera: e allora, pensate un po’, non potremmo respirare, fino a quando le piante non ne avessero prodotto altro. L’ozono nell’atmosfera superiore si gestisce da solo. Misurare una frazione infinitesimale in una variabile di questo tipo non significa che sappiamo come vadano le cose. Provate a infilare un bastoncino nella sabbia per segnare il punto d’arrivo dell’ultima onda quando è in arrivo la marea, e tornate un’ora più tardi con un altro bastoncino. Vedrete che in un’ora la marea è andata avanti di 10 piedi, ma se prevedeste che in un anno avanzerà di 87.000 piedi vi sbagliereste di grosso. Sostenere che gli uomini sono capaci di surriscaldare il pianeta o di disperdere il suo ozono è ridicolo come accusare i graffiti del Maddaleniano di aver provocato l’ultima glaciazione. Siamo convinti che le emissioni da noi prodotte facciano aumentare la temperatura del pianeta, anche se la temperatura non sta realmente aumentando. E anche se aumentasse, sarebbe sciocco pensare che dipenda da noi. Potremmo, con altrettante motivazioni, dare la colpa alle mucche. Nel XIX secolo la temperatura è diminuita, e in questo secolo è aumentata soltanto di circa mezzo grado. Il trend degli ultimi due secoli segnala temperature in diminuzione: e «in diminuzione» non vuol dire che fa più caldo. Se proprio volete preoccuparvi, preoccupatevi dei fatto che ci stiamo avviando verso una nuova glaciazione. Potrebbe essere vero. E allora, dovremmo decidere di fermarla? Non siamo stati noi a provocare le ultime glaciazioni, né a farle andare via. Ci siamo limitati a trarne beneficio. Allo stesso modo, non siamo noi a scatenare lampi e tempeste. Non siamo noi a far sì che in certi anni gli effetti di El Nino si facciano sentire, o che in altri anni non si sentano. Non provochiamo le inondazioni. Viviamo in un pianeta che offre molti misteri, tra cui l’andamento delle variazioni climatiche. Ed è di queste variazioni che siamo figli, ed è da questi misteri che siamo originati. Noi accettiamo i proclami degli scienziati in camice bianco con la stessa fede che un tempo riservavamo ai sacerdoti e abbiamo chiesto loro di commettere le stesse atrocità che i sacerdoti perpetravano quando il potere era in mano loro. Abbiamo forzato la situazione, imponendo loro di presentarci novità significative. E li abbiamo trasformati in individui perversi, quasi quanto gli avvocati. Persone che si baloccano con le nostre vite e con le nostre strane esigenze. Gli scienziati potrebbero divertirci inventando belle cose, senza bisogno di giustificare la loro esistenza facendoci morire di paura. Non potrebbero, invece, rassicurarci? Deciderlo sta a noi, e non a loro, perché è da noi che dipendono. Spetta a noi sistemare le cose in modo che tutti - gli scienziati, e noi stessi - ne traggano beneficio. Centinaia di anni dopo l’esperimento di Boyle, non abbiamo ancora imparato a separare i fatti dalle nostre idee. Abbiamo accettato come verità l’idea che siamo responsabili del riscaldamento globale e del fatto che nella fascia di ozono ci sia un buco che diventa sempre più grande, anche se non abbiamo prove scientifiche. Abbiamo fede nelle catastrofi. E gli scienziati hanno interesse, dal punto di vista finanziario, a che noi continuiamo a credere che questi problemi minaccino le nostre vite e debbano essere risolti. È per questo che vengono pagati. Che cosa ne ricaviamo? Ci sentiamo rassicurati, sappiamo che qualcuno ci protegge. Forse la miglior cura per la nostra ansia sarebbe fare quello che facevano i nostri antenati: costruire qualche chiesa in stile gotico, riempirla di pregevoli opere d’arte - a me piacciono quadri a colori vivaci che ritraggano personaggi con l’aureola e lo sguardo severo, ma qualunque cosa funzioni va bene - far arrivare artigiani dalla Svezia per costruire organi a canne, sponsorizzare compositori tedeschi, polacchi, inglesi e di New Orleans perché scrivano inni, castrare qualche ragazzino per le parti di discanto e ritrovarci ogni domenica per cantare e pregare per le nostre anime. Teniamoci il freon. D’estate, in chiesa, avremo bisogno dell’aria condizionata. Kary Mullis “Ballando nudi nel campo della mente” 1998 Baldini Castoldi Dalai p.121-127 (Premio Nobel per la chimica 1993)