A contatto col "male assoluto", i giovani ad Auschwitz,Pellegrini di
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A contatto col "male assoluto", i giovani ad Auschwitz,Pellegrini di
Una ventina di cremonesi alla marcia di Bologna Sono una ventina i cremonesi che parteciperanno, sabato 31 dicembre, alla 49ª edizione della «Marcia nazionale per la pace» che si terrà a Bologna sotto la presidenza dall’arcivescovo Zuppi che, tra l’altro, sarà al santuario della Fontana di Casalmaggiore il giorno precedente proprio a pregare per la pace. L’evento dell’ultimo dell’anno, promosso da Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, Caritas Italiana, Pax Christi, Azione Cattolica Italiana, e organizzato dall’arcidiocesi felsinea, avrà per tema «La non violenza: stile di una politica per la pace», titolo del Messaggio di papa Francesco per la 50ª Giornata mondiale della Pace che si celebrerà il 1° gennaio 2017. Confermato il programma di massima come spiegano gli organizzatori: «Partiremo dai Giardini Margherita nel primo pomeriggio: le associazioni, le famiglie, i bambini, le scuole si ritroveranno alle ore 14.30 per mettere in comune la propria storia e le proprie esperienze in una vera e propria festa per la pace. Da lì cominceremo a camminare, procederemo verso la basilica di San Domenico dove vi sarà un momento interreligioso per arrivare poi in San Petronio dove ci uniremo al Te Deum cittadino presieduto dall’Arcivescovo: sarà un momento di spiritualità molto forte, con la marcia che “entra nel Te Deum e il Te Deum nella marcia”. Proseguiremo verso via Indipendenza pensando alla nostra storia, alle nostre ferite, alla Stazione di Bologna in particolare e a tutte le stragi che abbiamo vissuto nel nostro percorso. Arriveremo al Palazzetto dello Sport dove ascolteremo alcuni testimoni che ogni giorno si impegnano per la pace e la giustizia per poi proseguire fino alla basilica di San Francesco, dove concluderemo con la Messa presieduta sempre da mons. Zuppi come inizio del nuovo anno». Alcune realtà e associazioni ecclesiali cremonesi (Caritas, Acli, Azione Cattolica, Pax Christi, gruppo Oscar Romero) organizzano un pullman che partirà da piazza della Libertà alle ore 14. L’arrivo è previsto per le 17. Subito dopo la Messa in San Francesco il gruppo riprenderà il pullman per Cremona dove è previsto l’arrivo per le ore 2.30. Per iscriversi occorre versare la Segreteria della Acli di Cremona venerdì dalle ore 9 alle ore 12; 17.30 o al numero 3348905921. Info quota di 20 euro presso la nei giorni di mercoledì e Il lunedì dalle 14.30 alle a [email protected]. Messaggio del Papa per la Giornata mondiale Nuovo volume di Soul is Young sul tema del viaggio È già in distribuzione il secondo volume Soul is Young dedicato al tema del viaggio, un progetto editoriale della pastorale giovanile diocesana che dà voce ai giovani e che segue di qualche mese quello sul dolore e che interpreta modi di vedere, esperienze e riflessioni delle nuove generazioni. Il testo, gratuito, è disponibile presso la Federazione Oratori e in Caritas diocesana ed è incontri formativi, testimonianze, e/o in oratorio. Da venerdì 29 scaricare il pdf anche dal sito particolarmente adatto per approfondimenti in classe diembre sarà possibile www.focr.it. Per un viaggio non si parte mai quando si parte, si parte prima. Il secondo volume di Soul is Young, la collana della pastorale giovanile che pone al centro della scena il punto di vista delle nuove generazioni, è finalmente realtà. Sessantacinque pagine racchiuse in un volume dalla grafica accattivante e di immediata comprensione. Il filo conduttore della pubblicazione, suddivisa in sezioni tematiche, è il viaggio. Un tema ampio, complesso, sviscerato in tutte le sue sfaccettature e reso autentico dal punto di vista dei più giovani. Nelle pagine disegnate da Paolo Mazzini e coordinate dalla Federazione Oratori c’è chi parte, con una meta ben precisa, e chi tenta la sorte per ridare un senso alla propria vita. Soul is Young abbraccia tutti, e si propone di fare affiorare in superficie i lati eclatanti del viaggio di quelle centinaia di migranti “più o meno clandestini, più o meno desiderati, che incrociano rotte, comunità e territori europei e italiani”. È il racconto l’ingrediente principale della seconda pubblicazione di una collana che, in fondo, non nasconde di voler sfatare tanti falsi miti, tante illusioni e tutti quei luoghi comuni che guardano ai giovani come a una generazione disinteressata nei confronti del mondo che li circonda. Cinque adolescenti, Sandro Barosi, Elena Bodini, Stefano Carlino, Enrico Galletti e Luca Maestri, coordinati dal presidente della Federazione Oratori Cremonesi don Paolo Arienti, dimostrano che il viaggio è solo uno dei tanti modi per farsi davvero sentire. Per far capire che i problemi del mondo sono anche i problemi di chi, ogni giorno, condivide una parte di mondo con lo straniero, con quel ragazzo della porta accanto che dopo esserci apparso ‘strano’ diventa nostro amico. «Quello del viaggio – spiega don Paolo Arienti – è da sempre metafora dell’esistenza umana: è narrazione della sua propensione alla direzione inattesa del futuro, esprime in forma plastica, secondo le coordinate del tempo e dello spazio, le sue aspettative e i suoi limiti. Ispirati al viaggio sono germinate opere teatrali, capolavori letterari, bellezze artistiche. Ma come in quasi tutte le vicende umane la sublimità del futuro ed il fascino della ricerca propri dell’umano si danno in forma mista, attraversati dal dramma: ecco allora che il viaggio diviene ospite della perversione della felicità». Il secondo volume di Soul is Young è un connubio delle arti, che a modo loro, ruotando attorno a un unico nucleo, spingono a porsi delle domande e a cercare di darsi delle risposte. Arte, letteratura, storia, musica, fotografia, cinema e geografia. Il viaggio in tutte le sue sfaccettature, per riflettere e guardare la realtà con il filtro della conoscenza, per agire con la consapevolezza che siamo uomini in carne ed ossa, nati sulle spalle della storia e figli stessi di un viaggio che non smette mai di stupirci. Enrico Galletti «Commuoviamoci dinanzi alla piccolezza di Dio» Nella bella Curia volta tarda mattinata di venerdì 23 dicembre si rinnovata la tradizione degli auguri del Vescovo ai membri della diocesana e degli organismi collegati. Per la prima presenti anche i membri del Consiglio per gli affari economici diocesano. A fare gli onori di casa il vicario generale, don Massimo Calvi, che ha formulato gli auguri di un buon primo Natale tutto cremonese a mons. Napolioni: «Al suo arrivo in diocesi – ha esordito il sacerdote – ci ha consegnato due immagini: il sogno e il cantiere. La Curia, in effetti, è già un cantiere per i tanti cambiamenti in atto. Ci auguriamo, che con la nostra collaborazione serena e leale, si possanno tradurre i sogni in tanti progetti concreti, in cammini di vita pastorale effettivi». Dal canto suo mons. Napolioni ha ribadito di sentirsi bene a Cremona e di aver avuto dei bravi collaboratori – sia passati sia attuali – che lo hanno ben introdotto nella vita della Chiesa diocesana. Ha poi sottolineato la congiuntura negativa che sta vivendo il nostro Paese e l’Europa intera, soprattutto a causa della mancanza di lavoro per le giovani generazioni, e ha voluto ricordare anche i diversi sacerdoti che sono mancati in questi suoi primi mesi di episcopato, tra questi una menzione speciale per don Giampaolo Rossoni. Il vescovo Antonio ha poi ripreso alcuni stralci del discorso di papa Francesco alla Curia Romana del giorno precedente. In particolare si è soffermato sull’incipit: «Il Natale è la festa dell’umiltà amante di Dio, del Dio che capovolge l’ordine del logicamente scontato, l’ordine del dovuto, del dialettico e del matematico. In questo capovolgimento sta tutta la ricchezza della logica divina che sconvolge la limitatezza della nostra logica umana». E così ha commentato: «La traiettoria dei nostri sforzi deve portarci a fare a gare per diventare sempre più piccoli rispetto agli altri, solo così assomiglieremo a Dio e faciliteremo i processi vitali». Mons. Napolioni ha poi ripreso la citazione del monaco contemporaneo padre Matta el Meskin fatta dal Papa al termine del suo intervento: «Donaci di non crederci grandi nelle nostre esperienze. Donaci, invece, di diventare piccoli come te affinché possiamo esserti vicini e ricevere da te umiltà e mitezza in abbondanza. Non ci privare della tua rivelazione, l’epifania della tua infanzia nei nostri cuori, affinché con essa possiamo curare ogni orgoglio e ogni arroganza. Abbiamo estremo bisogno […] che tu riveli in noi la tua semplicità avvicinando noi, anzi la Chiesa e il mondo tutto, a te. Il mondo è stanco e sfinito perché fa a gara a chi è il più grande. C’è una concorrenza spietata tra governi, tra Chiese, tra popoli, all’interno delle famiglie, tra una parrocchia e un’altra: chi è il più grande tra di noi? Il mondo è piagato da ferite dolorose perché il suo grande morbo è: chi è il più grande? Ma oggi abbiamo trovato in te il nostro unico medicamento, Figlio di Dio. Noi e il mondo tutto non troveremo né salvezza né pace, se non torniamo a incontrarti di nuovo nella mangiatoia di Betlemme». Da qui l’invito formulato a tutta la Curia cremonese: «Commuoviamoci per essere stati visitati dalla piccolezza di Dio». Il breve cordiale incontro si è concluso con lo scambio degli auguri in maniera personale e un piccolo rinfresco offerto da una pasticceria del centro. Photogallery Il Natale all'Hospice, dove non c'è nulla di «magico» Come si vive il Natale in Hospice? È una domanda impegnativa che, in realtà, contiene un ossimoro. Il Natale quando si è ammalati gravemente sembra una beffa perchè il dolore si acutizza. È in queste occasioni in cui il cosiddetto «total pain» (dolore totale), un dolore che coinvolge tutto il malato compresi i suoi familiari, può raggiungere il suo più alto grado di intensità. Nel periodo prenatalizio si vive di «speranze brevi», tra i vari sospiri si spera di riuscire ad andare a casa il 25 dicembre, almeno alcune ore, per vivere una parvenza di normalità, oppure si spera di non avere la nausea per poter assaggiare in anticipo il panettone in compagnia dei propri cari. In hospice non c’è nulla di quel «Magico Natale» tanto decantato nelle pubblicità, eppure lo si celebra nella sua essenzialità: c’è attesa e si vive come in un tempo sospeso, in alcuni momenti i minuti si uguagliano alle ore e in altri momenti invece i giorni sembrano poche ore. Ci sono parole dette sottovoce, qualche pianto, visite di amici che portano fiori, parenti che giungono con un po’ di pasticcini, che probabilmente saranno solo sfiorati dal malato; ma c’è pure tanta solitudine che cerca di essere colmata, sebbene è una voragine, dall’affetto degli operatori e dai volontari e si sente il rumore lontano delle città entrare nelle stanze da qualche televisore acceso. Il Natale in hospice è altresì memoria, spesso i volontari raccolgono ricordi e racconti di feste passate, tanto da poter redigere un «quinto evangelo». Per chi ha fede, poi, le preghiere si intensificano, perché sollecitati da giorni di forte carica spirituale: le domeniche di Avvento, l’Immacolata, S. Lucia, la Novena… Ma è nel pomeriggio della vigilia che si raggiunge l’apice di questi giorni con la celebrazione eucaristica, detta per tutti nel salone adibito per l’occasione a cappella. È un momento di profonda e semplice comunione tra malati, parenti, volontari, personale e pure persone esterne: una parentesi di enorme consolazione per chi ha la fortuna di parteciparvi. Negli ultimi anni l’animazione liturgica è affidata al Masci di Cremona – gli scout adulti -, oltre ad accompagnare la celebrazione con i canti portano «La Luce di Betlemme»; quella fiamma che dal 1986, ogni anno viene accesa dalla lucerna che arde perennemente, alimentata dall’olio donato a turno da tutte le nazioni cristiane, nella chiesa della Natività di Betlemme. Dopo di che luci ed ombre continuano ad accavallarsi, come speranze e disperazioni: vita e morte duellano tra loro e ciò che rimane, ciò che vince, è solo l’amore dato e ricevuto. Ci possono essere morti assurde che scandalizzano e fanno urlare dal dolore, come quella di una giovane madre deceduta anni fa proprio il giorno di Natale, e lasciano muti a contemplare un cielo muto. Ma come la nascita di un Dio che si è fatto uomo, continuamente, per fede suggerisce significati, genera speranze, con la stessa fede deve essere vissuto il Natale in hospice: come un Mistero che non può e non deve essere compreso subito tutto, ma si svela lentamente, anno dopo anno, fino a che tutto avrà acquistato il suo senso. Don Maurizio Lucini assistente spirituale Hospice Cremona Francesco compie 80 anni, gli auguri della Chiesa italiana Sabato 17 dicembre il Santo Padre Francesco compie 80 anni. Una felice ricorrenza che il Pontefice passerà al lavoro, tra udienze e incontri. I Vescovi italiani, a nome dell’intero Popolo di Dio, hanno formulato al Papa gli auguri più fervidi. Si unisce con gioia l’intera Chiesa cremonese. Santo Padre, in occasione del Suo ottantesimo compleanno, i Vescovi delle Chiese che sono in Italia, in comunione con tutti i fedeli del nostro Paese, si uniscono con cuore filiale nella riconoscenza e nella preghiera. Lei, a un’età in cui molte persone si sentono relegate ai margini della società – e per le quali non smette di denunciare lo scandalo della cultura dello scarto – cammina con coraggio davanti a noi, aiutandoci a tener fisso lo sguardo sul Signore Gesù: e “come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza” (Is 52,7)! Con la premura e la benevolenza del Pastore, condivide con noi la ricchezza dell’esperienza cristiana, educandoci instancabilmente alla verità e alla gioia che nascono dall’essere avvolti nella speranza della Misericordia. Così, la forza del Suo esempio rende vive e tangibili realtà che sono a fondamento dell’umano: la fede, la giustizia, la pace e la carità. Nella riconoscenza per la ricchezza quotidiana del Suo magistero e della Sua testimonianza, Le auguriamo di continuare a guidare a lungo e con serenità la Chiesa, nostra Madre. Accolga il dono della nostra disponibilità, del nostro affetto e della nostra preghiera. + Nunzio Galantino Angelo Card. Bagnasco Segretario Generale Presidente Al Consultorio di Caravaggio l'incontro del Vescovo con gli operatori e dei volontari Si è tenuto giovedì 15 dicembre, presso il Consultorio familiare accreditato “Punto Famiglia” attivo presso il Santuario di Caravaggio, l’incontro tra gli operatori e i volontari dei servizi della Cooperativa sociale “Agape” e il vescovo Antonio Napolioni. All’incontro erano presenti, oltre agli operatori dei consultori di Treviglio e Caravaggio e delle realtà ad essi collegate (il Centro di Psicoterapia, lo Spazio Gioco, il Centro di Aggregazione), il presidente della Cooperativa “Agape” don Antonio Facchinetti, mons. Giovanni Buga, mons. Antonio Donghi, nuovo parroco della Comunità Pastorale “Madonna delle Lacrime” di Treviglio; mons. Angelo Lanzeni parroco di Caravaggio, i vicari zonali don Giansante Imperatore e don Marco Leggio, a oltre a numerosi sacerdoti e laici impegnati a vario titolo nei servizi alla famiglia. Tra questi la dott.ssa Maria Grazia Antonioli e il marito Roberto Dainesi, incaricati diocesano dell’Ufficio Famiglia, oltre alle dott.ssa Veruska Stanga, direttrice del Consultorio diocesano di Crema. Un momento intenso e partecipato – una settantina le presenze – che ha messo a fuoco il tema della ispirazione cristiana nei servizi alla famiglia, primo fra tutti i consultori familiari. I consultori, espressione diretta della comunità cristiana, nascono e muovono all’interno di essa, offrendo servizi a tutti i cittadini. Nel corso delle diverse attività, i servizi consultoriali incontrano nei territori migliaia di utenti, raggiungendoli in alcuni passaggi delicati della loro vita: l’accompagnamento alla nascita, il tempo della formazione della coppia, i momenti di crisi nelle relazioni familiari. Come agire in termini professionali, facendosi carico con passione delle richieste dei pazienti, mantenendo viva la motivazione e la ispirazione originaria? Gli operatori si interrogano quotidianamente su questo tema, cercando di conciliare questa missione con la propria formazione e mantenendosi sempre aggiornati, al fine di rispondere nella maniera sempre più adeguata alle richieste dell’utenza. Mons. Napolioni, partendo dal significato teologico e spirituale della parola “agape”, ha sollecitato i presenti a riflettere sul tema della novità e della differenza cristiana. La novità è Cristo stesso, l’amore incarnato del Padre, che non va “ridotto” e “imprigionato” nelle forme culturali e istituzionali, perché questa novità si esprime in una ricchezza di forme che va preservata e promossa. Dalla certezza della presenza e dell’azione misericordiosa del Signore Risorto in mezzo al suo popolo, nasce la speranza cristiana, una visione della realtà basata sulla redenzione, sulla capacità di costruire cammini capaci di “educare a risorgere”. Questo il compito degli operatori psicologici e sociali: accogliere ed accompagnare le persone versa la pienezza della loro realizzazione, espressa nella umanità di Cristo. In un dialogo vivace e coinvolgente sono state affrontate diverse questioni, di partire interesse per gli operatori. Quale differenza tra la capacità di ascolto di un prete e di uno psicologo, ci sono dei territori comuni di ascolto? Mons. Napolioni ha portato la sua esperienza di Rettore del Seminario delle diocesi marchigiane. In seminario esistono figure diverse, con ruoli diversi: il Rettore, il padre spirituale, il consulente psicologico. La pluralità di servizi e delle competenze è molto utile, perché apporta aiuti e punti di vista diversi, inseriti all’interno di un unico processo di maturazione. Ci possono essere anche aiuti di tipo psicologico, perché è importante per ogni persona maturare nel tempo un progetto di vita in cui spendere le proprie capacità, in cui realizzarsi. Bisogna tuttavia avere chiaro l’ideale di uomo, di prete, di vita a cui tendere. Fondamentale risulta la formazione permanente ed il mettersi in discussione per migliorarsi continuamente. Un’altra questione di interesse per gli psicologici che operano nei centri è stata formulata in questi termini: come fare quando ci si trova davanti persone con un credo religioso molto forte, rigido, che non aiuta la persona a maturare? Gesù è venuto a compiere il passaggio dalla religione alla fede – ha risposto il Vescovo – facendo evolvere la figura umana, salvandola, rendendo l’uomo “nuovo”. E’ importante aiutare le persone a capire che le esperienze di fede, anche forti, vanno integrate nell’esperienza e nella pratica quotidiana. Le persone cercano nella fede delle “risposte pronte”, rivolgendosi sia ai sacerdoti che agli psicologi, a seconda della domanda che portano. Ma la crescita umana è un cammino progressivo. L’ascolto non giudicante e l’educare alla scelta, credendo nelle risorse dell’essere umano, aiutano e sostengono questo cammino. Nel lavoro di accompagnamento è essenziale “fare a gara” nello scorgere sempre qualcosa di positivo negli altri, partendo dalle risorse positive. Non avere fretta e cercare di fare chiarezza rispetto alla meta a cui tendere. L’urgenza educativa deve generare luoghi di concretizzazione dei progetti. Non bisogna solamente realizzare eventi. Bisogna essere vigilanti e scovare i punti di forza di ciascuno, rendendolo consapevole del percorso che dovrà seguire, nel corso del quale saprà di essere aiutato e guidato. Allo stesso modo, nella collaborazione tra consultori e oratori, vanno costruiti percorsi che rendono evidente sul campo la passione educativa per i ragazzi. I frutti si raccoglieranno. E’ necessario che gli educatori incontrino realmente le storie di vita, spesso faticose, di genitori e ragazzi. Per individuare punti di forza e debolezza, migliorarsi e crescere insieme. Servono comunità in cui le dimensioni umane – la pienezza di “umanità” portata da Cristo – si integrino con la dimensione del “sacro”. “Esserci” – come genitori, operatori, comunità – per dare supporto, per vivere insieme ai ragazzi, trasmettendo loro il messaggio che c’è qualcuno che è lì per loro. Nel corso dell’incontro sono intervenuti anche il vescovo emerito Dante Lafranconi e don Edoardo Algeri, presidente della federazione lombarda dei consultori di ispirazione cristiana, che nei loro interventi hanno incoraggiato operatori e volontari a proseguire nell’opera di sostegno e accompagnamento delle famiglie, con uno stile sempre più improntato alla accoglienza delle storie di ognuno, all’ascolto attento e paziente e alla partecipazione ai problemi delle famiglie. Il diacono Ireneo Mascheroni, direttore della cooperativa Agape, a nome di tutti i presenti, ha espresso i sentimenti di stima e di riconoscenza a Mons. Giovanni Buga, presidente della Cooperativa dal 2005 allo scorso mese di novembre, quando è stato destinato dall’Arcivescovo di Milano, ad un nuovo importante incarico pastorale presso la comunità pastorale di Varese città. In anni difficili don Giovanni ha saputo guidare la cooperativa con saggezza e lungimiranza, valorizzandone la ispirazione ideale e sviluppando la sua presenza nei territori delle diocesi di Cremona e Milano. Ha concluso la serata il grazie dei presenti a Mons. Napolioni per il tempo prezioso dedicato agli operatori dei servizi alla famiglia degli ambiti territoriali di Treviglio e Caravaggio e per le interessanti e stimolanti sollecitazioni a pensare ogni attività di ascolto e cura in uno stile cristiano. Alla ricerca di volontari per il gemellaggio con Camerino Si intitola “Diamoci una mano” il progetto di gemellaggio tra le diocesi di Camerino-San Severino Marche e Cremona ideato e concretizzato da Caritas diocesana e ufficio di pastorale giovanile a favore delle popolazioni duramente colpite dal recente terremoto. «Dopo la primissima emergenza – si legge nel comunicato dei due organismi – si guarda al futuro e si cercano sinergie preziose perchè quelle terre possano risollervarsi». La nostra diocesi ha focalizzato la sua attenzione su questa porzione di territorio marchigiano perchè il vescovo Antonio vi è nato e cresciuto: «Nella sventura questo legame provoca oggi a nuove forme di disponibilità, mentre l’emergenza continua e si prevedono mesi di profondo disagio per famiglie e comunità locali. La fraternità evangelica ci spinge ad offrire con realismo e coraggio una mano generosa e intelligente». Il gemellaggio, in realtà, si è già concretizzato con la presenza a Pian di Pieca di una operatrice di Caritas cremonese fin dal 14 novembre scorso. Nicoletta D’Oria Colonna, affiancata da un volontario di Crema, garantisce la presenza più importante: «quella che si gioca sulle relazioni, l’ascolto e la condivisione anche degli aspetti più quotidiani della vita». Caritas e pastorale giovanile ricordano poi che «l’attuale situazione – ancora di emergenza e aggravata dall’inverno e della sistematica mancanza di strutture agibili – non richiede né gesti solitari né presenze di massa». L’idea, infatti, è di garantire la presenza di alcuni gruppi di volontariato formati da un minimo di 5 ad un massimo di 10 persone che possono rendersi utili per diverse attività: animazione nei luoghi comunitari per bambini, ragazzi e anziani; condivisione di vita, con umiltà e discrezione; laboratori di pre/dopo scuola (in base ai ritmi delle scuole, ancora per molto tempo a turno giornaliero). Capofila dell’iniziativa di solidarietà è Caritas cremonese che garantisce il livello diocesano della proposta: «il gemellaggio – precisa la nota – è tra Chiese sorelle e chi desidera, entra nel progetto come espressione di una comunità più ampia di cui è segno». Il progettto di rivolge a gruppi giovanili, alle associazioni e movimenti, agli oratori e alle comunità parrocchiali che credono possibile un coinvolgimento e una presenza di piccoli gruppi operativi per 3-7 giorni. I periodi indicati sono per ora le vacanze di Natale e di Pasqua e il periodo estivo. I gruppi di presenza non potranno superare le 7 unità per turno. Il progetto prevede anche forme di gemellaggio a distanza tra comunità, gruppi di catechesi e gruppi giovanili con scambio di conoscenza e, appena possibile, scambio di visita. Si ipotizzano, inoltre, forme di invito e coinvolgimento di gruppi di ragazzi e adolescenti nelle proposte estive degli oratori e costruzione di momenti di incontro e conoscenza reciproca. Concretamente le disponibilità vanno notificate alla Caritas cremonese che provvederà a stilare un calendario di presenze dei gruppi. Caritas richiede una formazione obbligatoria per i volontari e uno spazio di verifica con gli operatori. Il campo-base dell’iniziativa durante la fase dell’emergenza sarà Scopoli a circa 45 minuti dalle parrocchie della diocesi di Camerino. Per informazioni contattare la Caritas Cremonese (via Stenico 2/b – Cremona, telefono e [email protected]). fax 0372 35063; mail: Scarica la brochura informativa del progetto “Diamoci una mano” «L'autorità dell'umiltà e del servizio generoso» Il viola dell’Avvento che si confonde con quello delle esequie. L’attesa del Dio che si fa carne che si accompagna a quella della Pasqua di Risurrezione. La mestizia per una perdita troppo grande che si impasta alla speranza di una presenza che sarà ancora più viva ed efficace. Il canto del dolore per una sofferenza che ha martoriato un corpo che si intona all’Alleluia di un’anima che non mai perso la fede e la speranza nel Dio della vita. Questo e tanto altro è stato il funerale di don Giampaolo Rossoni presieduto nella mattinata di lunedì 12 dicembre, in Cattedrale, dai vescovi Napolioni e Lanfranconi, dal vicario generale don Massimo Calvi e da oltre cento sacerdoti provenienti non solo dalla diocesi, ma da diverse parti d’Italia a testimoniare il grande lavoro che il sacerdote cremonese ha compiuto negli anni passati a favore della pastorale giovanile. Il feretro di don Rossoni, proveniente dal Seminario dove per tutta la domenica 11 dicembre è stata allestita la camera ardente, è giunto poco prima delle 10 nel massimo tempio cittadino. Sulle note delicate dell’organo Mascioni la bara semplice di legno chiaro è stata posta ai piedi del presbiterio, su di essa la cotta e la stola viola e il libro dei Vangeli aperti. Questi stessi segni del ministero sacerdotale gli furono consegnati 28 anni prima, in quello stesso luogo, quando veniva ordinato sacerdote dal vescovo Assi insieme ad altri sette amici. Lunedì i suoi confratelli di ordinazione erano sul presbiterio, accanto ai canonici e agli stretti collaboratori del vescovo: muti testimoni di una vita donata fino all’ultimo tra i giovani, nelle parrocchie servite come vicario e parroco, nel letto della sofferenza accolta con dignità esemplare. Chiusi nel dolore e nella nostalgia i tanti fedeli che gremivano la navata centrale del massimo tempio cittadino. In prima fila i familiari più stretti, poi i parrocchiani di Viadana, che goderono la primavera del suo ministero sacerdotale, quelli di Casalmaggiore che lo ebbero saggio vicario nella transizione tra mons. Antonini e don Franzini, i tanti giovani e collaboratori della Federazione Oratori dove si è speso per oltre dieci anni oltre ogni limite, gli ultimi parrocchiani di S. Agata e S. Ilario e quelli di Torre de’ Picenardi che hanno fatto appena in tempo a conoscerlo ed apprezzarlo. Nell’omelia mons. Napolioni, visibilmente commosso, ha rimarcato come la malattia abbia permesso a don Giampaolo di vedere ancora più in profondità la vita: «Egli – ha detto – ha visto il suo Signore, il cuore della sua esistenza, ciò a cui non aveva bisogna di aggrapparsi perché lo aveva ben piantato dentro. Ora in Cielo lo vede in maniera più chiara e libera». «Quante volte nei nostri incontri – ha proseguito – ci siamo detti o letti negli occhi: “Signore fai tui”. Egli voleva vivere! Non sta a noi misurare la qualità della vita cui siamo chiamati, sta a noi accoglierla sempre, e guardare lontano. E chi sta con i giovani guarda lontano, per questo la sua pastorale non si è mai bloccata; si sarà inceppata, rallentata e trasformata, ma mai bloccata, semmai approfondita». Mons. Napolioni ha poi ricapitolato nella categoria dell’autorità tutta l’esistenza umana e sacerdotale di don Giampaolo. Anzitutto l’autorità della disponibilità e della passione: «Autorità dell’intuizione e dell’azione determinata e generosa. Autorità del presidente che non si fregia di titoli, non si veste da presidente, ma semmai si mette a servizio come servo umile e anche inutile come in questi mesi in cui ha presieduto dalla cattedra del dolore». Poi l’autorità della Parola, a volte abbondante, ma anche del silenzio, richiamato da lui come esigenza di rispetto. E ancora l’autorità della vera fede, «fede genuina, direi bergamasca, custodita, alimentata e tradotta in un maturo senso di Chiesa». Una fede tradotta «in un vero senso di fraternità sacerdotale: non solo i compagni di classe sono addolorati, ma tutti i preti della diocesi; per questo non potevano non venire qui dove don Giampaolo è stato ordinato sacerdote, per celebrare il compimento della sua vocazione». Mons. Napolioni ha poi ricordato «l’autorità del fare e del pregare, da vero discepolo e missionario, anche se ammutolito» così come «l’autorità dell’amore alla Chiesa, ricevuto, spartito e donato senza eccesso. Sapevi sempre più voler bene e ringraziare, specie chi ti ha curato bene, i tuoi, ma anche quelle persone che hanno trasformato il loro servizio professionale in fraternità, in atto di amore. Sei diventato sempre più Eucaristia, senza retorica e troppe chiacchiere». «La tua – ha proseguito il Vescovo – è stata l’autorità della pastorale bella e della bellezza, come le stelle in montagna, come la stella che ci guiderà all’incontro con Gesù. È stata l’autorità di chi sta tra i giovani, vive per i giovani e li accompagna nel loro diventare adulti» E infine: «Muori da prete giovane, ma anche come grano maturo. Oggi divento davvero vescovo di Cremona con questo dolore che ci unisce e questa passione che ci siamo comunicati». Mons. Napolioni ha poi affidato a don Giampaolo i lavori del prossimo Sinodo dei giovani e i tanti progetti a favore delle nuove generazioni: «Ti restituiamo a Dio e in lui ci ritroveremo dicendoti ancora grazie Giampaolo». La celebrazione, che ha visto la presenza dei rappresentanti delle amministrazioni comunali di Torre de’ Picenardi e di Cremona – tra i fedeli anche il primo cittadino Galimberti – si è conclusa sulla piazza del Comune per l’ultima benedizione dei vescovi e degli oltre cento preti presenti al rito, servito dai seminaristi diocesani. Alle 14 a Vailate, paese natale di don Rossoni – qui celebrò la sua prima messa il 19 giugno 1988 – si è tenuta una seconda celebrazione di suffragio presieduta dal parroco don Natalino Tibaldini e concelebrata da una trentina di sacerdoti. Quindi la tumulazione nel cimitero di Agnadello, nella cappella di famiglia, dove riposano gli amati genitori che lo hanno seguito e assistito nei primi anni del sacerdozio. Photogallery delle esequie in Cattedrale Photogallery dell’esequie a Vailate Articoli correlati: profilo di don Giampaolo Rossoni il ricordo di don Arienti, suo successore alla F.O.Cr. il ricordo dei compagni di ordinazione (classe 1988) la veglia del 4 dicembre a S. Ilario Il teologo Barros tratteggia la figura di mons. Helder Camara Giovedì 15 dicembre, alle 20.45, presso il Centro pastorale diocesano si terrà un incontro con Marcelo Barros, teologo e biblista brasiliano, che presenterà la figura di Helder Camara (Fortaleza, 7 febbraio 1909 – Recife, 27 agosto 1999), vescovo povero, fratello dei poveri e degli ultimi, voce di chi non ha voce. Introdurrà il relatore, don Mario Aldighieri, per molti anni sacerdote fidei donum in America Latina. Nel marzo 2015 la Congregazione per le Cause dei santi ha approvato l’introduzione del processo di beatificazione del presule brasiliano. La serata è promossa da Acli provinciali, Gruppo Oscar Romero, Gruppo missionario S. Abbondio, parrocchia di Corte de’ Frati e Segretariato Attività ecumeniche. Biografia del relatore Marcelo Barros è tra i più conosciuti esponenti della «Teologia della Liberazione» a livello internazionale. Brasiliano, è stato ordinato sacerdote da Helder Camara cui rende testimonianza con gli ultimi libri. Da anni la sua attività di ricerca e di elaborazione si è concentrata sull’ambiente, sul valore dell’acqua e dei beni comuni, sulla reinterpretazione del rapporto uomo-natura. Grazie al libro Ecologia e spiritualità Barros è considerato uno dei più originali e profondi esponenti dell’”ecoteologia”. «Don Mario, spiritualizzato dalla sofferenza e dall'amore» «Siamo in cammino verso il Natale, ma non solo noi. Don Mario come e più di noi! Il Natale ci ripropone, nel ministero, l’avvenimento del verbo eterno di Dio che si carne. E la vita cristiana, a maggiore ragione la vita di un sacerdote, è proprio questo dialogo con Dio che si fa carne. Siamo attorno alle spoglie fisiche, ma ancora di più stretti all’anima immortale di don Mario perchè abbiamo creduto alla Parola di Dio. Ed essa oggi ci rivela ulteriormente che cosa è stata la sua vita, cosa è la sua morte, cosa è e cosa sarà la sua eternità: un dialogo col Padre». A Castelleone, in una chiesa parrocchiale gremita di sacerdoti e fedeli mons. Antonio Napolioni ha celebrato, nel primo pomeriggio di venerdì 9 dicembre, le esequie di don Mario Bergami, ricordando anzitutto il mistero del Natale ormai imminente. Accanto a lui il vescovo emerito Lafranconi, il vicario generale don Calvi, il vicario episcopale don Maccagni, il prevosto mons. Ferrari e una cinquantina di confratelli, tra di essi i compagni di ordinazione (1983), il rettore del Santuario di Caravaggio don Mascaretti con alcuni sacerdoti cooperatori, il rettore del Seminario don D’Agostino con diversi seminaristi che insieme ai ministranti hanno servito all’altare col diacono permanente Angelo Papa. In prima fila i familiari di don Mario, la sorella Franca, i fratelli Lino e Gualtiero, e poi tanti amici e parrocchiani di Castelleone, suo paese natale, ma anche di Luignano e Fiesco dove esercitò il suo ministero, sempre diviso fra la pastorale attiva e i compiti diocesani soprattutto in campo amministrativo. Presenti anche alcuni rappresentanti della casa di riposo Brunenghi dove era ospite da alcuni anni e dove continuava, anche sulla sedia a rotelle, ad esercitare il suo sacerdozio con dedizione. Proprio alla Brunenghi il sacerdote è spirato la mattina di martedì 6 dicembre a seguito di alcune complicazioni nel suo stato di salute, già fragile e segnato nel profondo anche dal grave incidente automobilistico del luglio 2012, che lo aveva pesantemente limitato nella possibilità di muoversi e di spostarsi autonomamente. Nell’omelia mons. Napolioni ha richiamato brevemente la biografia sacerdotale del defunto, ma soprattutto il suo zelo pastorale: «Facciamo un regalo a don Mario? Quando viviamo un lutto non diciamo più “il Signore mi ha tolto questo mio caro”, perchè non è vero! Dio non ci toglie nessuno, ma aspetta e accoglie tutti, Lui che è la sorgente sicura della nostra esistenza». «Non siamo su questa terra per sbaglio – ha proseguito -, ma siamo qui chiamati per nome, consapevoli che il nostro traguardo è sicuro». Di questo era consapevole don Mario che negli ultimi anni ha vissuto «un sacerdozio a rotelle», segnato magari da una lotta interiore per non perdere la serenità, ma sempre contrassegnato dalla fede. Il suo handicap non lo ha mai distolto dal suo servizio e da una partecipazione costante alla vita del presbiterio diocesano. Commentando il Vangelo nel quale Gesù invita ad essere sempre pronti, mons. Napolioni ha stigmatizzato il modo di pensare corrente che giudica positivamente una morte improvvisa: «Una volta – ha aggiunto – si pregava per essere liberati da una morte veloce e ci si preparava all’incontro con Dio. Ma cosa significa essere pronti? Significa voler bene, desiderare di incontrare gli altri, amare Dio e i fratelli». E rivolgendosi direttamente a don Bergami ha concluso: «Grazie don Mario per tutto quello che sei stato, per le cose che hai fatto e anche per quelle che avresti potuto fare e non hai fatto e hai accettato in qualche modo di consegnarti, nel dolore e nell’umiltà, alla presenza del Padre, alla certezza di essere amato in Cristo, alla forza dello Spirito. Ora questo Spirito ci fa sentire quanto sei vivo, quanto sei stato spiritualizzato dall’amore». progressivamente dalla sofferenza e Omelia di mons. Napolioni Al termine delle preghiere dei fedeli il Vescovo ha chiesto l’intercessione di don Mario a favore di tutto il prebisterio, perchè sia sempre più unito e capace di vera collaborazione per la diffusione del Regno di Dio. Dopo i riti di commiato, vescovi e sacerdoti hanno accompagnato il feretro sul sagrato per l’ultima benedizione. Poi si è formato il corteo funebre guidato dal parroco mons. Ferrari; l’ultimo viaggio di don Mario fra le case della sua amata Castelleone, l’ultimo viaggio verso il camposanto dove ora riposa insieme ai suoi cari. Per volere dei familiari le offerte raccolte in suo ricordo saranno devolute alla casa di riposo Brunenghi e al nuovo oratorio parrocchiale. Photogallery Biografia di don Mario Bergami Don Mario Bergami, nato a Castelleone il 30 agosto 1952, fu ordinato sacerdote il 18 giugno 1983. Dopo alcuni anni come vicerettore del Collegio Gregorio XIV, assunse, nel 1986, l’incarico di segretario dell’Istitutio diocesano per il sostentamento del Clero. Nel 1993 il trasferimento a Caravaggio come sacerdote cooperatore del Santuario di S. Maria del Fonte fino al 1997. Per alcuni anni è stato anche parroco di Luignano, frazione di Sesto Cremonese. Dal 1997 al 1999 è stato quindi responsabile dell’Ufficio amministrativo della Curia. Nel 1999 la promozione a parroco di Fiesco dove rimase fino al 2009. Da alcuni anni risiedeva a Castelleone a causa dello stato di salute, che, comunque, non gli ha impedito di continuare ad esercitare con zelo il suo ministero sacerdotale.