«Noi Oss lottiamo in prima linea contro solitudine ed abbandono»

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«Noi Oss lottiamo in prima linea contro solitudine ed abbandono»
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ECCELLENZE
SOCIALI
Il gruppo di Oss di Nuova Assistenza con Emanuela Fontana coordinatrice del Servizio Assistenza Domiciliare per il Settore Politiche Sociale del Comune di Vercelli.
Assistenza
Domiciliare:
parlano
assistenti
sociali
del comune
e Operatori
Socio
Sanitari
«Noi Oss lottiamo in prima linea
contro solitudine ed abbandono»
Pietro, una vita sacrificata di emarginazione, rinasce grazie alle amorevoli cure degli
operatori del SAD (Servizio di Assistenza
Domiciliare) che diventano la famiglia che
non ha mai avuto. La sua toccante storia è
ben documentata dal video “Una storia tante storie”, che meriterebbe un premio in un
Festival del cinema, per come sono stati colti
i suoi sguardi, i gesti, la sua indifesa umanità. Al di là dei dati è questo il vero valore
che emerge dal nostro incontro con il team
dell’Assistenza Domiciliare che viene erogata dal settore Politiche Sociali del Comune di
Vercelli.
In queste pagine daremo la parola all’assistente sociale Emanuela Fontana, referente del Servizio per il Comune, e agli OSS
della cooperativa “Nuova assistenza” con
la loro coordinatrice, per cogliere pienamente
le dimensioni di un lavoro quotidiano, impegnativo, di non facile gestione.
«Gli OSS non vanno confusi con le badanti
o le colf - è una delle prime cose che ci tengono a sottolineare - ma sono operatori qualificati, che si fanno carico delle esigenze a 360
gradi delle persone loro affidate».
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Il loro operato coinvolge quasi sempre
le famiglie. Una professionalità importante che si estende da umili pratiche di igiene
(come fare materialmente il bagno a un anziano) a competenze di carattere psicologico,
alla prontezza di riflessi per gestire piccole
o grandi tragedie. Una professionalità in
costante aggiornamento. Ma queste sono le
“competenze”, il vero valore aggiunto è il sapersi “prendere cura” con sollecitudine umana. Infatti da loro arriva una considerazione
molto importante che tocca le coscienze di
ognuno: «Se la gente riscoprisse il valore della solidarietà, che si è perduto, oltre ad una
qualità migliore della vita avremmo anche
un minore costo sociale».
Prima di ascoltare le testimonianze degli operatori e operatrici della cooperativa
“Nuova assistenza” di Novara che svolgono, per conto del Settore Politiche Sociali del Comune di Vercelli, il servizio
SAD abbiamo avuto l’occasione di visionare,
nell’ampio salone della “Ca dal dì” che ci
ospitava, il già citato video “Una storia tante
storie” con Pietro, e l’altro altrettanto espressivo “La cura”. Documenti realizzati per far
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Assistenza Domiciliare in pillole
Le cifre: 105 anziani a Vercelli e 16 nei
comuni convenzionati; 39 disabili in città, 6
nel circondario, 7 minori a Vercelli e 3 minori
nei paesi. In tutto 176 “servizi” che vengono
garantiti giornalmente.
Il capitolato d’intervento: Il “contratto”
che gli Oss devono rispettare prevede ben 23
diverse funzioni da svolgere, nei seguenti
ambiti: “Aiuti volti a favorire l’autosufficienza
nelle attività giornaliere”, “aiuto per il governo
dell’alloggio e delle attività domestiche”; “interventi igienico-sanitari di semplice attuazione”;
“interventi volti a favorire la socializzazione e
la vita di relazione degli utenti”, “collaborazione nel settore del segretariato sociale e dell’educazione sanitaria”.
Come si accede al servizio: L’accesso al
Servizio è regolamentato in maniera diversa a
seconda della tipologia d’utenza.
conoscere il valore umano oltre
che sociale di questo importante servizio. I video, che potete
reperire su internet, non sono
un optional ma ci permettono
di entrare direttamente nelle
case e nelle vite degli “utenti”
e delle loro famiglie. Sono storie emozionanti che si colgono
negli sguardi degli anziani che
grazie al SAD hanno superato solitudine e disagio. Spesso
la vita degli anziani, infatti, si
riduce a poche minime attività
prive di valenza sociale. Ecco,
allora, che la figura dell’Operatore Socio-sanitario (OSS)
diventa per loro un punto di riferimento importante se non il
cardine delle loro giornate.
Ne “La Cura” questo è testimoniato dai visi in attesa dietro
ai vetri, la gioia dell’incontro,
la possibilità di dialogare per
riprendere così a vivere. Visioniamo anche altri “spezzoni”
con feste, iniziative, momenti
di attività.
Un vero archivio che ha an-
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Per quanto riguarda anziani e disabili occorre presentare domanda, corredata da documentazione sanitaria e reddituale, presso
il Distretto dell’ASL VC. Viene effettuata una
visita da parte delle Commissioni di Unità di
Valutazione Geriatrica dell’Asl per gli anziani,
e dalla Unità Multidisciplinare Valutazione
Disabilità per i soggetti disabili, composte dagli Assistenti Sociali del Comune di Vercelli e
dai Medici del Distretto ASL VC che elaboreranno un progetto personalizzato: ogni persona
ha infatti bisogni diversi che vanno soddisfatti
con interventi e modalità differenti.
Le Assistenti Sociali hanno il compito di monitorare i progetti assistenziali messi in atto
attraverso l’attività degli Oss.
A causa delle limitate risorse i tempi di attesa per l’erogazione di nuovi servizi possono
anche essere lunghi.
che un valore documentario,
storico, sociologico.
«Ogni singola persona viene
vista come parte attiva di un
progetto - spiega Viviana coordinatrice Oss di “Nuova Assistenza” - poi a seconda delle
esigenze valutiamo con le assistenti sociali, che sono le prime
a prendere in carico i “casi”, il
tipo di servizio da erogare».
«L’assistente sociale garantisce il monitoraggio del progetto e valuta il paziente prima
dell’avvio del servizio - illustra
Emanuela Fontana - si collabora strettamente con il personale della cooperativa, sono loro
a essere letteralmente in prima
linea e devono saper leggere
anche i bisogni non espressi».
A chi è rivolto questo tipo
di aiuto?
«Non si tratta solo di servizio
ad una categoria specifica - continua Fontana - ma di supporto complessivo alle famiglie in
difficoltà. Quando entri in una
casa ti fai carico delle problematiche di tutto il nucleo . Non
ci occupiamo solo di persone anziane, anche disabili e minori.
Chi si accosta a queste persone
deve essere preparato ad assistere l’intera famiglia, e come
nel caso di Pietro è l’Operatore
che diventa la famiglia che non
c’è».
«Sono tante le variabili di
ogni caso - spiegano gli operatori - per noi è complicato dover entrare nelle pieghe della
solitudine e del disagio, siamo
soldatini in prima linea e dobbiamo combattere anche con
una visione distorta del nostro
ruolo, la gente ci considera purtroppo in molti casi persone di
servizio... il nostro compito è
invece di stimolare i nostri assistiti a svolgere da soli le attività della vita quotidiana, non
a pulire l’alloggio ma a fare in
modo che si ricordino di farlo...
o insegnare loro come fare».
Qual è l’ingrediente che
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non deve mai mancare nel
vostro lavoro?
«È solo con la presenza assidua che si riesce ad instaurare
un rapporto e a capire i bisogni
reali. - Spiegano Emanuela e
Viviana - Al fine di modulare
correttamente le risposte e gli
interventi è fondamentale la riunione che lo staff svolge ogni
lunedì pomeriggio che, oltre ad
avere la funzione di un mutuo
aiuto tra i collaboratori, serve
a verificare e correggere il tiro
degli interventi. Il gruppo degli
operatori ha una formazione
continua e si avvale della supervisione con uno psicologo una
volta al mese, oppure quando si
ha a che fare con situazioni urgenti. Non è un’attività lavorativa dove stacchi dei timbri...».
Intervengono gli operatori che
sottolineano: «Anche la cura
dell’igiene personale, che può
sembrare una cosa banalissima
è spesso una grande conquista,
che si ottiene con fatica. Ripetiamo, il nostro compito non è
solo o tanto “lavare l’anziano”,
ma stimolare le capacità residue»
«Nessuno entra in casa mia
se io non voglio - spiega un’altra Oss - e se io non voglio nessuno fa in casa mia quello che
vuole. C’è un “gioco del potere”
che è completamente ribaltato rispetto alla struttura. La
struttura è fatta di ritmi che
l’organizzazione dà ai ricoverati. A casa è la persona che
comanda, ed è l’operatore che
deve entrare in relazione e farsi
aprire le porte non solo di casa,
ma anche quelle del cuore, sempre con il massimo rispetto».
Ma diamo spazio alle storie
degli Oss.
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Una significativa immagine del video “La Cura”, realizzato dagli operatori SAD di Vercelli per documentare la quotidianità del loro operato nelle case di anziani e assistiti,
realizzato in maniera semplice ma emozionante, sulle note della celebra canzone di
Franco Battiato “La cura” il video è stato premiato al concorso di Nuova Assistenza
e si trova su You Tube.
Rita si sofferma su di un
caso che segue da cinque anni.
«Una giovane donna con problemi psichiatrici, emersi in seguito ad una depressione, quando
tentò addirittura il suicidio,
rimanendo poi ricoverata per
diversi anni in varie strutture.
Oggi con 46 anni affronta anche il deteriorarsi del suo fisico,
ha difficoltà di deambulazione,
ma soprattutto non riesce ad
accettare la dialisi a cui si deve
sottoporre periodicamente. Le
sono state vietate tante cose,
ogni tanto si ribella a ciò e ad
esempio dice: “un pacchetto di
sigarette me lo fumo…”. Questa
ragazza vive con la mamma che
ha un inizio di Alzheimer, così
devo gestire da sola un carico
non indifferente. Il supporto
psicologico è il cardine del nostro lavoro verso persone la cui
personalità, nella maggior parte dei casi, si evolve in modo degenerativo. Io, oggi, so come ho
lasciato questa famiglia, ma domattina non so cosa mi aspetta.
Ogni giorno è una battaglia».
Sergio ci illustra il progetto
a cui lavora, leggermente diverso dai tre ambiti principali
del SAD: «Ci sono tre alloggi in
città gestiti dalle Politiche Sociali dove vengono inserite donne che hanno subito violenze,
che a volte si sommano a trascorsi esistenziali molto travagliati. Essendo uomo ho avuto
una difficoltà iniziale a farmi
accettare, superata grazie all’ascolto, preludio alla vicinanza e
all’empatia. Trovandomi anche
a contatto con bambini devo saper dare loro anche un indirizzo
educativo. La mia soddisfazione più grande è quando strappo
un sorriso o “un grazie”, piccole cose che danno senso al nostro agire. Inoltre molte donne,
grazie all’impegno mio e dello
staff, sono riuscite a cambiare
indirizzo alla propria vita, a cogliere nuove opportunità.
Pur essendo dimore protette sono pur sempre delle case
a tutti gli effetti che devono
essere gestite, anche in questa
routine devo essere presente
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e attivo confrontandomi con
problemi linguistici e abitudini alimentari diverse, che si
assommano ai problemi che la
convivenza comporta».
Giuseppe, invece, quest’estate ha prestato servizio al
centro estivo per disabili, svoltosi alla Cascina Bargè.
«Ma erano principalmente
ragazzi non utenti della struttura. Il Centro è infatti pensato
per dare sollievo alle famiglie
che, durante il periodo estivo,
non hanno l’aiuto della scuola.
Sono ragazzi che vanno dagli
11 ai 21 anni con disabilità sia
psichiche sia motorie. Tutti i
giorni dal lunedì al venerdì con
operatori ed educatori si sono
organizzate attività ludiche,
ricreative, laboratorio musicale e artistico... abbiamo colorato, pitturato. Tanti stimoli per
esprimersi e tirar fuori quello
che di buono hanno stando insieme. Anche qui il contatto con
le famiglie è importante, ognuno di loro ha bisogno di attenzioni particolari: alcuni sono
autonomi, altri meno per esempio in piscina vestirsi, svestirsi
può risultare difficoltoso».
Cosa ti ha gratificato
maggiormente?
«Il fatto che tutti i ragazzi
avevano tanta voglia di tornare
il giorno dopo. E dire che molti
di essi ci erano stati presentati
come “casi difficili” da integrare, invece abbiamo formato un
bel gruppo. È lo spirito di squadra che conta, anche tra noi
operatori, lavorando insieme
abbiamo trasmesso sicurezza e
una serena atmosfera d’amicizia che si è subito trasferita ai
ragazzi, ciò ha portato un risul-
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tato certo e gratificante. Questa esperienza per me è stata
anche occasione per una valutazione delle risorse sul territorio, nelle nostre uscite siamo
stati dai Vigili del Fuoco, all’aeroporto... crediamo che sia utile
mettere in relazione i ragazzi
con diverse realtà».
Torniamo nell’ambito strettamente domiciliare con Angela, lei segue una signora di
85 anni con un figlio di 45 in
carico al servizio psichiatrico.
«Ogni giorno è diverso dall’altro, non so mai quello che mi
aspetta. Spesso ti trovi la casa
per aria, devi cercare di mettere in ordine per ristabilire un
ordine anche mentale. Spesso
devo responsabilizzare il figlio
chiedendogli di portar fuori
l’immondizia, ma il suo “dopo”
magari è fra tre giorni. Seguo
la signora per la spesa, le visite mediche e tante altre incombenze, ma quello che desidera
di più è parlare, confidarsi, trovare un sostegno morale. Il dialogo e l’ascolto sono fondamentali per noi, sempre nel pieno
rispetto degli spazi altrui. Io,
ufficialmente, ho in carico solo
la signora... ma il figlio è lì, fa
parte della famiglia, che faccio lo ignoro? Non posso farlo...
così a volte devo insistere perché si lavi... ci sono giorni che
va trattato come un bambino,
certi giorni invece ascolta ed è
una gran soddisfazione, altre
volte non c’è verso di ottenere
la sua attenzione. Sono situazioni delicate in cui solo la nostra formazione, con la scuola e
l’esperienza maturata, ci aiuta
a mantenere la calma e la professionalità. Avere testa e cuore è basilare per questo lavoro,
molti cominciano ma poi lasciano perché non ce la fanno».
Perché ha scelto l’assistenza a domicilio?
«Perché nel tempo stabilito
dal servizio e dalle circostanze,
vivi con una persona e fai parte della sua famiglia, è molto
più difficile che operare in una
struttura, dove hai i tuoi compiti prefissati e finisce lì».
Quali sono le difficoltà
maggiori?
«In casa siamo soli, le responsabilità sono notevoli, devi
avere la prontezza di fronteggiare qualunque situazione. Mi
è capitato di chiamare i vigili
del fuoco ad aprire la porta perché non avevamo segni di vita.
Bisogna esser preparati a trovare il proprio assistito privo
di vita e gestire con freddezza
e umanità questa spiacevole e
drammatica situazione».
Nunzia ha ben impressa la
storia di una donna di 55 anni
presa in carico in seguito ad un
ictus. «Era arrivata al punto di
non lavarsi neanche più. Ora ci
riesce, seppure con difficoltà.
Non ha nessuno e ha problemi psicologici. Ti accoglie col
sorriso poi, improvvisamente,
diventa aggressiva, tanto che
ho dovuto chiamare anche la
polizia. Per me vederla uscire
di casa pulita è un grande orgoglio, oppure quando arrivo e
mi dice “Tirami fuori qualcosa
di bello da mettermi”. Capisco
che il mio impegno ha un senso, che migliora la qualità della
sua vita».
Loretta, dei suoi 17 anni
di lavoro ricorda il caso di una
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signora che ha dovuto combattere con la solitudine dopo la
morte del marito.
«Viveva isolata anche dai parenti a causa del suo carattere.
Il decadimento progressivo l’ha
portata alla morte e io le sono
sempre stata accanto, provava
per me un affetto vero, mi cercava, voleva avermi accanto,
proprio perché la ascoltavo senza mai giudicarla. Con la figlia
non aveva confidenza e gli atteggiamenti critici nei suoi confronti la allontanavano ancor di
più. I rapporti e le tensioni familiari sono quelle più dure da
stemperare soprattutto quando
si è in presenza di casi problematici. Quando è mancata mi
sono commossa come se fosse
stata una mia parente».
Altre immagini
dal video “La Cura”,
sopra l’aiuto
nelle faccende
domestiche,
a destra il saluto
dalla finestra
aspettando
il ritorno dell’OSS.
Chiudiamo con una domanda collettiva.
Cos’è cambiato nella società rispetto all’inizio della
vostra attività?
«Da vent’anni a questa parte
abbiamo riscontrato molti più
casi di solitudine e indifferenza,
con un aumento esponenziale
dei maltrattamenti su minori
e donne, la famiglia è cambiata
in modo radicale. Sono saltate
tutte quelle cure parentali delle vecchie famiglie tradizionali,
spesso tocca proprio a noi offrire quella vicinanza e quel calore umano che si sono persi».
Il senso di una professione al servizio dei più deboli
Si deve far si come amministratori pubblici dirigenti
dei servizi e forze sociali che gli O.S.S. possano lavorare
bene per produrre qualità nella risposta come ponte tra
1a persona, la famiglia e le istituzioni: tutto ciò perché
è un lavoro di cura che incontra la sofferenza a diversi
livelli, è una sofferenza che fa male, che dà emozioni anche alla persona-operatore; il suo intervento nella casa
dell’utente è un preziosissimo “strumento di Domiciliarità”. Si deve sostenere allora tali operatori non solo con
la formazione di base, ma anche con l’aggiornamento e
la formazione permanente, perché incontrano il disagio
e la solitudine magari di un bambino, spesso entrano in
case sporche, degradate.
Mai da soli ma tra colleghi e con l’assistente sociale,
l’infermiere, l’educatore, lo psicologo, il medico di famiglia, in un disegno concertato, previsto, programmato,
fermamente voluto, di integrazione tra comparti sociali
e sanitario.
è necessario un grosso lavoro di squadra perché molte situazioni sono estremamente complesse; spesso determinano problemi etici e giuridici.
Per questo si chiede all’O.S.S. di essere “sensore del
territorio” per capire e scegliere cosa far prima, dove
Spirito sociale
collegare le risorse umane ed economiche. Prendersi
cura di queste persone è per noi O.S.S. un grande privilegio, aiutarli senza pregiudizzi fargli capire che non
sono soli: entrando nella loro vita con passi leggeri, per
non rompere l’equilibrio già esistente nel contesto familiare, ed è molto bello vedere un anziano ridere di cuore
o intonare il ritornello di una vecchia canzone.
Si incontrano persone straordinarie ed incredibili,
ognuno con la propria storia e il suo dialetto, si viene
a creare tra operatori ed utenti un rapporto bellissimo,
non comune, perché sono veramente persone speciali,
di quelli a cui si riserva volentieri un posticino in un angolo del nostro cuore, che ci fa dire: CON NOI NON
SONO MAI SOLI.
Il lavoro dell’O.S.S. è importante, di aiuto, di sostegno,
di presenza per accompagnare, per essere vicino ad un
ammalato di Alzheimer, a una persona disabile, a un anziano solo, a un bambino maltrattato.
L’O.S.S. è dunque un operatore degno del massimo
rispetto, che ha diritti ma anche dei doveri, perché è
l’operatore della razionalità, nella normalità e nel sostegno».
Gruppo operatori O.S.S.
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