Numis - Associazione Nazionale Forense

Transcript

Numis - Associazione Nazionale Forense
Redditi professionali a picco tra crisi economica,
degiurisdizionalizzazione e svalutazione
del lavoro intellettuale
di Alessandro Numis*
L’Avvocatura incontra
difficoltà nell’intercettare
le mutate esigenze della
clientela ed a competere
con la concorrenza posta
in essere da altre figure
professionali
La crisi dei redditi professionali, certificata
dai dati diffusi da Cassa Forense e dalla
rappresentazione effettuata dal Censis
nel recente “Rapporto sull’Avvocatura”,
diffuso su incarico di Cassa Forense,
rappresenta una delle problematiche di
40
maggior rilevo nel mondo forense anche perché intimamente
connessa all’altra rilevante questione che affligge l’Avvocatura,
ovvero la “questione Previdenziale”.
Le ragioni della crisi dei redditi professionali sono di diversa natura e, in particolare, possono essere individuate in fattori “esterni”
al mondo forense, come la crisi economica e la svalutazione del
lavoro intellettuale, in particolare del lavoro autonomo, nonchè
in fattori “interni”, come il processo di cd. “degiurisdizionalizzazione”.
La legge professionale si è limitata ad affermare il principio della
libera determinazione dei compensi degli avvocati, rimettendo
alle parti la possibilità di stabilire il valore della prestazione professionale, sancendo il superamento del sistema tariffario.
In realtà l’abbandono definitivo alle tariffe forensi è da ricondursi al D.L. n. 1/2012 (Decreto Liberalizzazioni) applicabile a tutte
le professioni, anche se l’intervento normativo che ha avuto il
più rilevante impatto sull’andamento dei prezzi nel “mercato
dei servizi legali” è rappresentato indubbiamente dal D.L. n.
223/2006 (cd. Decreto Bersani) ed, in particolare, dall’abrogazione dell’obbligatorietà dei “minimi” tariffari ivi prevista.
L’andamento, o meglio il decremento dei prezzi praticati e,
comunque, la continua svalutazione delle prestazioni professionali a cui assistiamo dall’anno 2006, ovvero dal venir meno
dell’obbligatorietà dei “minimi”, non può che essere considerato
come un elemento sintomatico dell’elevata concorrenzialità del
“Mercato dei Servizi Legali”, che è bene ricordare appare come
un settore già fortemente liberalizzato, sia per l’elevato numero
degli operatori (240.000 avvocati), sia per l’assenza di seri filtri
all’accesso alla professione forense.
Nel corso della XVII Legislatura sono state presentate ben due
proposte di legge d’iniziativa dei deputati (n. 3745 e n. 3854)
aventi ad oggetto una modifica dell’art. 2233 c.c., con il dichiarato intento di introdurre una disciplina “speciale” per i compensi degli avvocati, a conferma della rilevanza della questione
“reddituale” non solo per l’Avvocatura, ma per l’intero “sistema
giustizia”.
Entrambe le proposte di legge appaiono, però, incoerenti con
La profonda trasformazione in essere nella società e
nell’economia avrebbe dovuto imporre all’Avvocatura una seria ed approfondita riflessione sulla necessità di elaborare un nuovo modello di avvocato,
incentrato sulla qualità della prestazione professionale da offrire alla clientela, piuttosto che su “riserve”
di attività inserite per via normativa; in proposito la
vicenda connessa alla “riserva” di competenza dell’attività di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale, prevista dall’art. 2, VI comma, della Legge
n. 247/2012, appare emblematica non solo dell’inadeguatezza delle battaglie di retroguardia condotte
dall’Avvocatura, ma soprattutto della difficoltà di
comprendere l’evoluzione della professione forense
ed il mutato rapporto con una clientela, sempre più
informata ed esigente.
La legge di riforma professionale rappresentava,
indubbiamente, la migliore occasione per delineare
un nuovo modello di avvocato ma, a quasi cinque
anni dalla sua approvazione, non può che essere condivisa l’opinione di chi la ritiene come un’occasione
persa per intervenire, organicamente, sull’organizzazione dell’attività forense.
Sarebbe, tuttavia, ingiusto imputare solo al frettoloso legislatore del 2012 la responsabilità esclusiva
del fallimento della riforma forense, dal momento
che l’Avvocatura è arrivata impreparata all’appuntamento, senza aver condotto una seria riflessione sui
processi di profonda trasformazione in essere nella
società, nell’economia e nella giurisdizione e senza
un’adeguata elaborazione di quelle che avrebbe
potuto rappresentare le soluzioni alle problematiche
di adeguamento dell’Avvocatura alla realtà economica e sociale.
Ma, soprattutto, l’Avvocatura è arrivata all’appuntamento con la riforma senza una condivisa “visione”
sul futuro della professione e senza la possibilità di
svolgere, al suo interno, un sereno confronto sulle
trasformazioni in essere nel mondo forense.
Occorre, pertanto, che il l’ormai prossimo Congresso
Nazionale di Rimini recuperi, innanzitutto, la sua
originaria funzione di momento di “confluenza”
delle diverse anime dell’Avvocatura, che sia un luogo di reale confronto e discussione, un momento di
condivisione delle problematiche che interessano la
professione forense, l’occasione per ricreare le condizioni dello stare insieme, senza che nessuno debba
Redditi professionali a picco tra crisi economica
i principi della concorrenza ed, in particolare, si
pongono in netto contrasto con il principio di libera
determinazione degli compensi, tra l’altro, espressamente previsto dalla Legge n. 247/2012.
Entrambe le proposte di Legge mirano ad una
surrettizia reintroduzione del sistema tariffario, dal
momento che la predeterminazione del valore delle
prestazioni professionali contenuta nei “Parametri”
di cui al D.M. n. 55/2014, previste per la sola liquidazione delle spese giudiziali, viene presa a riferimento
per valutare la liceità delle determinazioni intercorse
tra il committente ed il professionista.
Appare evidente che le proposte in questione, ancora
oggetto di discussione parlamentare, rappresentano,
in ogni caso, una risposta inadeguata ad una problematica di maggiore complessità, che ha il suo fulcro
nel processo di trasformazione in essere nell’Avvocatura e, in particolare, nel superamento del modello
culturale di riferimento rappresentato dall’avvocato
generalista, che svolge la sua attività prevalente nella
giurisdizione statale.
Esigenze economiche della clientela ed esigenze
di contenimento della spesa pubblica dello Stato
hanno determinato l’inizio di un percorso (la cd.
degiurisdizionalizzazione) che tende a portare fuori
dalla giurisdizione statale la risoluzione dei conflitti
incidendo, sensibilmente, su quella che è da sempre
stata la principale attività della classe forense, non
fosse altro per la “riserva” di attività prevista dalla
legge.
La svalutazione delle prestazioni professionali è
anche il riflesso della mutata domanda di assistenza
che viene formulata dalla clientela, oramai consapevole dell’inefficienza del processo statale e che identifica l’avvocato come una concausa dell’eccessiva
durata del processo, come una voce di costo necessaria per accedere alla tutela giurisdizionale, ma non
utile alla pronta risoluzione della problematica.
E’ d’altronde innegabile che l’Avvocatura ha incontrato ed incontra delle difficoltà ad organizzare
l’attività professionale in modo da intercettare le
mutate esigenze della clientela ed a competere con
la concorrenza posta in essere da figure professionali
forse meno qualificate ma di sicuro più efficaci nel
fornire un’assistenza adeguata, anche perché non
sottoposte ad anacronistici vincoli di carattere comportamentale.
41
Redditi professionali a picco tra crisi economica
rinunciare alle proprie ragioni.
La complessità della questione “reddituale”, per i
motivi accennati in precedenza, richiede uno sforzo
collettivo nell’elaborazione di soluzioni che vadano
a configurare una vera e propria politica del reddito
che, per avere possibilità di successo, deve porsi
come obiettivo primario quello di favorire la qualità
delle prestazioni professionali.
La condivisione di tale prospettiva, ovvero ritenere
che per invertire il trend registrato nell’ultimo decennio di costante diminuzione dei redditi degli Avvocati è necessario investire nella qualità dell’offerta
professionale, consentirebbe di affrontare, liberi da
condizionamenti ideologici, le innovazioni necessarie per rendere moderna la professione forense,
contribuendo a formare una nuova identità all’Avvocatura italiana.
42
La valorizzazione delle prestazioni professionali non
può che passare attraverso l’adozione di innovazioni
quali le “specializzazioni”, un’efficace “formazione”,
l’esercizio della professione “in forma associata”, la
tutela delle “collaborazioni” professionali, che rappresentano occasioni per adeguare la professione
forense al moderno contesto economico e produttivo.
In questo contesto non appare più eludibile una
riflessione su concetto di “decoro” professionale e
sugli ostacoli alla concorrenza presenti nel codice
deontologico volti, esclusivamente, a contrastare
l’evoluzione in senso commerciale della professione, a tutto svantaggio delle giovani generazioni di
avvocati che, oramai, rappresentano numericamente
la maggioranza degli iscritti e, comunque, il futuro
della professione.
L’attenzione del legislatore, manifestata
attraverso le due “proposte di legge” oggi
all’esame del Parlamento, verso una problematica di così rilevante interesse per
l’Avvocatura, come la “questione reddituale”, non può che essere valutata positivamente ma, nel contempo, va evidenziata
l’inadeguatezza di un ennesimo sporadico
intervento normativo, tra l’altro, incoerente con i principi dell’Ordinamento, a
risolvere una questione così complessa, la
cui soluzione non può che nascere da un
serio confronto all’interno dell’Avvocatura.
*
hanno collaborato
Milena Liuzzi
Simona Guido
Giulio Fustinoni
Francesco Mazzella