Fisiopatologia del danno encefalico da ischemia
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Fisiopatologia del danno encefalico da ischemia
Fisiopatologia del danno encefalico da ischemia/ riperfusione Autrice Dott.ssa Michela Garbagnoli Durante il processo di ischemia / riperfusione, a livello del parenchima cerebrale si embricano numerosi meccanismi fisiopatologici che determinano un danno primario, immediato, e uno secondario che, invece, si sviluppa nelle quarantotto ore successive. E’ possibile intervenire su di essi tramite l’applicazione di ipotermia moderata, che permette la riduzione del metabolismo cerebrale del 6-10% per la riduzione di ogni grado celsius inferiore ai 37°C. Figura 4: Fisiopatologia del danno da ischemia-riperfusione, Kees Polderman, Critical Care Medicine2009 [2]. Le cellule esposte a ischemia vanno incontro a processi di proteolisi e danno mitocondriale, con alterazione del metabolismo energetico e rilascio di enzimi denominati caspasi, che conducono ad apoptosi. Molti studi [1,15,16,17] dimostrano che l’ipotermia moderata previene la disfunzione mitocondriale in stadio precoce e neutralizza la morte cellulare programmata; questo effetto appare mediato dal blocco dell’attivazione delle caspasi. Figura 5: Danno mitocondriale, attivazione delle caspasi e morte cellulare. Un altro meccanismo fisiopatologico in grado di condurre all’apoptosi è la modificazione della concentrazione di ioni intracellulari; esso si realizza in quarantotto ore e può essere bloccato dalla riduzione del metabolismo legata al raffreddamento. Durante il tempo di ischemia, il calo dell’ossigenazione cerebrale comporta una riduzione dei livelli di metaboliti ad alta energia, quali l’adenosina trifosfato e la fosfocreatina: ciò comporta l’attivazione compensatoria della glicolisi anaerobia con incremento dei livelli di fosfati inorganici, lattati e idrogenioni; la conseguenza di questo processo è l’acidosi intra ed extra-cellulare. Inoltre, si verificano disfunzioni a livello della pompa cellulare sodio-potassio, ATP dipendente, dei canali del sodio, del potassio e del calcio; quindi, la perdita di ATP e l’acidosi metabolica comportano un sequestro intracellulare di calcio con conseguente ulteriore disfunzione mitocondriale e attivazione di kinasi e proteasi [1,18,19,20]. Un’altra importante conseguenza della perdita di ATP è la depolarizzazione della membrana neuronale ed il rilascio di glutammato nello spazio extracellulare; esso viene poi assorbito sia a livello pre-sinaptico che dalle cellule gliali; l’eccessiva attivazione dei recettori di membrana del glutammato comporta l’attivazione dei canali del calcio, aumentando quindi ulteriormente la concentrazione intracellulare del calcio stesso. L’attivazione persistente dei recettori del glutammato è considerata un importante mediatore nel processo che conduce alla morte delle cellule cerebrali. Le fasi chiave del processo distruttivo, come l’accumulo intracellulare di calcio, l’incremento dei recettori del glutammato ed anche il rilascio del co-agonista glicina sono mitigate dalla riduzione del metabolismo legata all’ipotermia. E’ importante sapere che tali processi distruttivi, se non adeguatamente contrastati, progrediscono per quarantotto/settantadue ore dopo l’ischemia, condizionando danno secondario [1,20]. Conseguentemente al danno primario, l’organismo attiva risposte infiammatorie ed immunologiche che inducono ulteriore distruzione cellulare. Infatti, mediatori pro-infiammatori, come il TNF a e l’interleuchina 1 vengono rilasciati in grande quantità dagli astrociti, dalla microglia e dalle cellule endoteliali. Il loro accumulo comporta un’eccessiva infiltrazione dei leucociti e dei fagociti con incremento del danno cellulare, sintesi di prodotti tossici e stimolazione della risposta immunitaria. L’ipotermia interviene riducendo il rilascio di citochine pro-infiammatorie. Altri vantaggi della riduzione della temperatura sono legati alla prevenzione sia della perossidazione dei lipidi di membrana che della produzione di leucotrieni. Inoltre, essa riduce la produzione di ossido nitrico, importante causa di amplificazione del danno cerebrale post ischemico [1,21]. Nello schema di Polderman si evidenzia come i radicali liberi, quali il superossido, il perossido di idrogeno ed il radicale idrossile siano importanti mediatori nel passaggio dalla compromissione alla morte cellulare. Essi causano infatti perossidazione dei lipidi, delle proteine e degli acidi nucleici. Riducendo il metabolismo, l’ipotermia ne decrementa significativamente la produzione. Un'altra considerazione è legata alla distruzione, legata all’ischemia, della barriera ematoencefalica, con conseguente incremento della permeabilità vascolare, che poi favorirà il successivo sviluppo di edema; l'ipotermia moderata ne riduce il processo distruttivo, rallentando quindi la formazione di edema, che è causa riconosciuta dell'aggravarsi del danno neurologico. Inoltre, l'ischemia e la riperfusione influiscono negativamente sulla fluidità e sull' integrità della membrana cellulare [1,23]. Figura 6: Meccanismi del danno ischemico. Kees Polderman, Critical Care Medicine 2009 [2]. Riportiamo lo schema di Polderman che evidenzia il potenziale ruolo della pressione intracranica nell’accentuazione del danno cerebrale, ed i fattori che contribuscono all’incremento della stessa. Figura 7: Meccanismi di genesi dell’ipertensione intracranica, Kees Polderman, Critical Care Medicine 2009 [2]. E’ ormai comprovata l’efficacia dell’ipotermia nella prevenzione/mitigazione del “thermo-pooling” cerebrale, definibile come il rialzo termico di almeno 2°C nelle aree dell'encefalo afflitte da danno neurologico. Altrettanto dimostrata dalla letteratura è l’influenza negativa che su di esso ha l’ipertermia [1,23]. Infine, l’ipotermia preserva la produzione di fosfati ad alta energia durante la fase di riperfusione dell’ encefalo [1]. Bibliografia [1] K.H. Polderman. Application of therapeutic hypothermia in the ICU: opportunities and pitfalls of a promising treatment modality. Intensive Care Medicine 2004, n.30: 556-575 [2] K.H. Polderman. Mechanisms of action, physiological effects, and complications of hypothermia. Critical Care Medicine 2009, 37 n.7 [3] C. Galenus. Opera Omnia. (129-199 AD) [4] J. Larrey. Memoirs of military service and campaigns of the French armies. 1814, pp 156-164 [5] E.H. Botterel, W.M. Lougheed, J.W. Scott, S.L. 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