Nuova “coalizione dei volenterosi”: quanto legittima?
Transcript
Nuova “coalizione dei volenterosi”: quanto legittima?
17 gennaio 2013 Nuova “coalizione dei volenterosi”: quanto legittima? Paolo Guido Spinelli (*) L’intervento militare francese in Mali che si sta sviluppando in queste ore suscita qualche interrogativo non ozioso sul piano della legittimità internazionale e su quello delle strategie politiche perseguite dalla Francia sul continente africano e nel mondo. Le autorità di Parigi e la maggioranza dell’opinione pubblica transalpina ritengono che il ricorso alle armi, falliti i tentativi diplomatici esperiti nei mesi scorsi, si iscriva nella cornice multilaterale della risoluzione 2085 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, adottata il 20 dicembre 2012. E giustificano la subitaneità dell’iniziativa militare con una precisa richiesta di aiuto che sarebbe stata rivolta dal Capo dello Stato maliano ad interim Diacounda Traoré e con le implicite domande di sostegno nel frattempo pervenute da parte di altri governanti africani dei paesi limitrofi, preoccupati dai rischi di un “contagio” insiti nell’espansione del fondamentalismo islamico. Premesso che, ad avviso di chi scrive, le motivazioni politiche dell’intervento francese, e cioè la salvaguardia degli equilibri sul continente africano e il contrasto alla minaccia globale rappresentata dalla crescente aggressività dei movimenti in qualche modo legati ad al-Qaida nella fascia saehliana, sono tutt’altro che peregrine, resta poi da vedere quanto tale intervento nelle sue concrete modalità sia effettivamente in linea con il diritto internazionale. Non vi è dubbio, a tale proposito, che la citata risoluzione del Consiglio di sicurezza sia stata adottata nell’ambito del capitolo sette della Carta delle Nazioni Unite, legittimante l’uso della forza da parte degli Stati membri per intraprendere le azioni necessarie per contrastare una “grave minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali” (nel caso di specie la conquista della parte settentrionale del territorio maliano da parte di una coalizione di gruppi eterogenei, ma tutti pericolosamente vicini al terrorismo sovranazionale). Ma è pur vero che la risoluzione, a tal fine, autorizza esplicitamente non qualunque tipo di azione bensì la costituzione e il dispiegamento sul terreno di una forza multinazionale “a conduzione africana” (non escludente peraltro contributi di varia natura da parte di altri paesi estranei al continente) posta – questo è importante – sotto l’egida dell’Ecowas (Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale). Ciò secondo una tendenza, sviluppatasi in questi ultimi anni in seno all’Onu, a “subappaltare” a organizzazioni regionali l’intervento in situazioni di crisi. Ora, l’azione militare diretta di Parigi così come sembra materializzarsi in questa prima fase fatica alquanto a rientrare totalmente nello schema tracciato dalla suddetta risoluzione, ponendosi piuttosto come abbozzo di una nuova ed ennesima “coalizione dei volenterosi” cui Parigi chiama ad associarsi coloro tra gli stati che ne abbiano la possibilità e condividano l’animus pugnandi. A tale proposito gli Stati Uniti, presenti da tempo nell’area con gli usuali “consiglieri militari”, daranno il loro concorso nel settore della logistica e delle informazioni, e così dovrebbe fare con qualche Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. (*)Paolo Guido Spinelli già Ambasciatore d’Italia a Dakar. 2 ISPI - Commentary probabilità il Regno Unito. Altri paesi occidentali, tra cui la Germania, hanno invece espresso qualche riserva per l’assenza a tutt’oggi di un chiaro quadro multilaterale. Il governo italiano, dal canto suo, ha assicurato che fornirà pieno supporto logistico all’operazione francese. Quanto alla legittimazione sul piano del diritto internazionale, che potrebbe derivare dalla richiesta di aiuto rivolta direttamente alla Francia dal capo dello stato ad interim maliano, è lecito avanzare qualche dubbio di maggiore sostanza. È nota infatti la situazione confusa imperante negli ultimi mesi nella capitale Bamako a livello governativo. Le autorità istituzionali maliane (tra cui appunto il presidente Traoré, vittima di un attentato avvenuto in circostanze mai chiarite) non sembrano in realtà in grado di esercitare un effettivo controllo sul paese. Mentre i militari legati al capitano Sanogo, autore del colpo di stato dello scorso marzo, e che detengono il potere de facto tanto da avere recentemente destituito il primo ministro, si sono sempre dichiarati contrari a interventi stranieri e tanto più di matrice non africana. La volontà manifestata nella circostanza da una figura come il capo dello stato ad interim, non fornita a sua volta di piena legittimazione, resta dunque un elemento troppo debole per offrire una solida base giuridica al pur necessario, ancorché rischioso, intervento francese . Non è stata invece apertamente evocata dal governo francese, ma potrebbe esserlo nelle prossime ore, la responsibility to protect che, anche al di fuori delle previsioni della risoluzione 2085, avrebbe legittimato almeno in parte un intervento francese finalizzato dichiaratamente a soccorrere le popolazioni del Nord Mali, rimaste prive di un governo responsabile e in grado di assicurarne sicurezza e ordinato sviluppo. Resta da analizzare brevemente come si inquadra l’intervento medesimo nelle politiche condotte da Parigi negli ultimi anni sul continente africano e nel più ampio contesto internazionale. È noto come il governo francese si sia sforzato nel tentativo di conciliare il disegno di mantenere una forte influenza (politica, economica e culturale) sui territori che un tempo le appartenevano con l’opportunità di non apparire come un occhiuto gendarme dell’ordine costituito, cercando piuttosto di favorire un più diretto e concertato coinvolgimento degli africani nelle questioni di sicurezza individuale e collettiva del loro continente. Ciò in linea, del resto, con il conclamato “multilateralismo” dell’azione diplomatica della Francia nel mondo, in particolare nell’ultimo conflitto iracheno. Qui, in verità, in questa prima e inevitabilmente concitata fase del loro intervento, i francesi rischiano di apparire più come i tradizionali difensori del loro tradizionale pré carré (nella logica, per intenderci, del recente intervento pro-Ouattara in Costa d’Avorio) che come gli alfieri di un nuovo ordine mondiale teso nello sforzo collettivo di contrastare efficacemente il terrorismo internazionale. Il neocolonialismo, in buona sostanza, cacciato dalla porta dalle dichiarazioni dei vari Sarkozy e Hollande, rientrerebbe così dalla finestra alla prima occasione, o almeno questa è l’immagine che la Francia rischia di trasmettere a quei paesi che sospettano l’Occidente di un doppio standard di comportamenti. Senza considerare che, anche sul piano del multilateralismo “virtuoso”, l’azione francese, per le insufficienze dell’approccio scelto nella circostanza, rischia di lasciare a desiderare (quantunque giustificato sul piano più propriamente politico dall’urgenza della situazione). Di qui, è lecito immaginare, gli sforzi diplomatici che Parigi non mancherà certamente di intensificare nelle prossime ore in una duplice direzione. Da un lato verso la comunità internazionale per ottenere un più saldo quadro giuridico per il proprio intervento militare,anche attraverso, con tutta probabilità, nuove pronunce del Consiglio di sicurezza (sfruttando qui la sua qualità di membro permanente). Non trascurando anche, s’intende la solidarietà europea attraverso la riunione di un Consiglio straordinario Ue appositamente convocato giovedì 17 gennaio. Dall’altro lato verso, soprattutto, il continente africano nell’obiettivo di coinvolgere formalmente la stessa Cedao e di allargare il fronte dei paesi effettivamente disposti a prestare manforte nel difficile compito di risolvere presto e bene sul piano militare una questione che, altrimenti rischia di fare macchia d’olio, con conseguenze ancora imprevedibili. 3 ISPI - Commentary La ricerca ISPI analizza le dinamiche politiche, strategiche ed economiche del sistema internazionale con il duplice obiettivo di informare e di orientare le scelte di policy. I risultati della ricerca vengono divulgati attraverso pubblicazioni ed eventi, focalizzati su tematiche di particolare interesse per l’Italia e le sue relazioni internazionali. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. ISPI Palazzo Clerici Via Clerici, 5 I - 20121 Milano www.ispionline.it © ISPI 2013