Ungaretti: spettatore e attore dell`universo

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Ungaretti: spettatore e attore dell`universo
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Ungaretti: spettatore e attore dell’universo
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di Francesca Cerocchi
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e Francesca Del Guadio
Classe IV E linguistico
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Sommario
Introduzione ................................................................................................................................................ 3
Capitolo 1 ......................................................................................................................................................
1.1 Natura specchio dell’anima ................................................................................................................. 4
1.2 Ungaretti poeta veggente ..................................................................................................................... 7
Capitolo 2 ......................................................................................................................................................
2.1Trasfigurazione .................................................................................................................................... 8
2.2 Panismo .............................................................................................................................................. 9
Conclusione ............................................................................................................................................... 11
2
Introduzione
Il nostro approccio ad Ungaretti è stato complesso, non avevamo inizialmente gli strumenti adatti
per relazionarci all’autore. Come lui stesso afferma la poesia non può essere considerata tale se di
facile e quindi, essendo la sua non ricca alla vista ma nel contenuto, non è stato semplice
interpretarla e scovarne l’essenza. Siamo state ostacolate ulteriormente dalla differenza delle nostre
personalità, infatti pur essendo molto legate, spesso noi due abbiamo idee e punti di vista opposti.
Questo potrebbe essere considerato negativo ma attraverso i Colloqui Fiorentini vorremmo mostrare
come le nostre divergenze possano dar vita a qualcosa di creativo e originale, come hanno
fortificato la nostra amicizia. Dopo lunghi pomeriggi passati a cercare, parlare, leggere, interpretare
e ascoltare direttamente l’autore attraverso le interviste che ci hanno permesso di guardare in prima
persona Ungaretti, finalmente abbiamo intrapreso il percorso per sviluppare la nostra tesina e che
soprattutto ci ha trovate di comune accordo. Ci siamo domandate dove Ungaretti andasse a scovare
il segreto di cui parla assiduamente nelle sue poesie, il quale costituisce il centro della sua poetica.
Siamo state folgorate dall’essenzialità ma soprattutto delle frequenti descrizioni di paesaggi ed
elementi naturali che si materializzavano di fronte a noi verso dopo verso, trasmettendoci qualcosa
di nuovo e offrendoci una nuova percezione della realtà. Abbiamo visto Il Nostro trasformarsi in
una roccia, cadere con le foglie autunnali, viaggiare come acqua sul letto di un fiume e appassire
come un relitto e da questo momento siamo riuscite veramente a colloquiare con l’autore.
Scriveremo di come Ungaretti guardi inizialmente la natura da spettatore, specchiandosi in essa e di
come in seguito diventi la natura stessa trovando in lei e quindi in se stesso il segreto.
‘’Colle mie mani plasmo il suolo
diffuso di grilli
mi modulo
di
sommesso uguale
cuore’’ 1
1
G.Ungaretti, Annientamento, Mondadori, Verona, 1970, p.29
3
Capitolo 1
1.1Natura specchio dell’anima
In questo primo capitolo mostreremo come Ungaretti descrive la natura in modo profondo, non
come farebbe qualsiasi altro uomo ma come è in grado di fare solo un poeta. Il Nostro non si ferma
all’apparenza ma descrive la natura attribuendole sembianze umane, vi si specchia con una
disinvoltura tale da sembrare essa una sua intima confidente.
“La terra s’è velata
di tenera
leggerezza
Come una sposa
novella
offre
allibita
alla sua creatura
il pudore
sorridente di madre”2
Lo strumento che gli permette di osservare pienamente la natura in tutte le sue forme è il suo corpo
del quale il poeta utilizza al meglio tutte le potenzialità espandendo al massimo i suoi sensi.
Contemporaneamente alla natura Ungaretti descrive il paesaggio della sua anima, come se le due
cose fossero strettamente legate. Il Nostro si racconta attraverso la descrizione di diversi ambienti ai
quali associa sentimenti e stati d’animo, ma anche ricordi e situazioni vissute in passato. Un
esempio di questo è la percezione che ha l’autore dei cicli del giorno connessi alla sua anima come
scrive nella poesia Paesaggi. Possiamo osservare come questi elementi siano ricorrenti in molte sue
poesie.
2
G.Ungaretti, Prato, Mondadori, Verona, 1970, p.83
4
“MATTINA
Ha una corona di freschi pensieri,
Splende nell’acqua fiorita.
MERIGGIO
Le montagne si sono ridotte a deboli fumi e l’invadente
deserto formicola d’impazienze e anche il sonno turba
e anche le statue si turbano.
SERA
Mentre infiammandosi s’avvede ch’è nuda, il florido
carnato nel mare fattosi verde bottiglia, non è più che
madreperla.
Quel moto di vergogna delle cose svela per un momento,
dando ragione all’umana malinconia,
il consumarsi senza fine di tutto.
NOTTE
Tutto si è esteso, si è attenuato, si è confuso.
Fischi di treni partiti.
Ecco appare, non essendoci più testimoni,
anche il mio vero viso, stanco e deluso.”3
E’ evidente come alla mattina sia legato un sentimento di leggerezza e freschezza, presente anche
in “Mattina”
“M’illumino
d’immenso”4
3
4
G.Ungaretti, Paesaggio, Mondadori, Verona, 1970, p.104
G.Ungaretti, Mattina, Mondadori, Verona, 1970, p.65
5
Non a caso il titolo di questa celebre poesia di Ungaretti è “Mattina’’. Anche qui l’autore vuole
trasmettere un sentimento forte, colmo di significato, benché racchiuso in soli due versi. Infatti
descrive l’arrivo della mattina come l’arrivo di una novità che illumina e stravolge ogni cosa, che
rende l’uomo non più un essere, una parte di universo, ma immenso, grazie alla luce chiara e fresca
di un sole appena nato. Nel pomeriggio la luce diafana della mattina si tramuta in una luce calda,
che al contrario di addolcire l’anima la turba. Ungaretti vuole trasportare il lettore nel caldo torrido
del deserto, un caldo che stanca e turba il sonno. Con questa descrizione possiamo comprendere i
sentimenti dell’autore che, come il paesaggio, è turbato e non ha stabilità. Questa immagine del sole
presentata dal Nostro ritorna in poesie come “Ricordo d’Affrica” in cui il sole è un elemento che
non conserva la chiarezza delle cose.
“Il sole rapisce la città
Non si vede più
Neanche le tombe resistono molto”5
Successivamente, con l’infiammarsi del cielo e con le sfumature del tramonto, la sera porta via la
luce, con lei arriva la consapevolezza, propria della malinconia umana, che tutto è destinato a finire.
Infine diventa notte, tutto è di un unico colore: il nero. In assenza di luce nulla è più visibile e
Ungaretti finalmente può mostrare il suo viso, stanco e deluso, in assenza di testimoni, poiché esso
si confonde con il resto delle cose.
Oltre a stati d’animo e sentimenti Ungaretti descrive anche ricordi e situazioni vissute attraverso
elementi naturali. Un esempio è la poesia Soldati
“Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie”654
In questi versi il poeta ci trasmette lo stato di instabilità che ha provato in guerra, un’esperienza che
5
6
G.Ungaretti, Ricordo d’Affrica, Mondadori, Verona, 1970, p.11
G.Ungaretti, Soldati, Mondadori, Verona, 1970, p.87
6
lo ha segnato fortemente. Associa la precarietà della vita del soldato a quella delle fragili foglie
autunnali che durante questa stagione sono costantemente a rischio di cadere.
7
1.2 Ungaretti poeta veggente
La profonda percezione che ha Ungaretti della realtà che lo circonda è riconducibile all’ immagine
propria del Decadentismo di un poeta che non è più vate, come nel Romanticismo o promotore della
scienza come per l’Illuminismo, ma è considerato poeta veggente. Quindi colui che è in grado di
guardare oltre il percettibile e di scrivere di mondi invisibili agli altri, utilizzando un lessico
complesso, spesso polisemico, che rende la poesia rivelatrice di mondi che sono visibili solamente
al poeta, ma allo stesso tempo essenziale e quindi aperta ad ogni tipo di interpretazione.
“Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore del cielo”765
Da questi versi possiamo quindi dedurre come il poeta veggente sveli modi non usuali di percepire
la natura, associando sfere sensoriali diverse che difficilmente vengono accostate, mostrandosi
completamente in sintonia con essa ed arrivando, stupendo il lettore, a respirare il fresco lasciato dal
colore del cielo.
7
G.Ungaretti, Sereno, Mondadori, Verona, 1970, p.86
8
Capitolo 2
2.1 Trasfigurazione
Fino a questo momento abbiamo scritto di come Ungaretti guardi esternamente la natura e di come
vi si specchi, ma il poeta non si limita a questo. Infatti vi si immedesima sentendosi lui stesso un
elemento naturale, trasformandosi di volta in volta in qualcosa di diverso. Questa sua percezione gli
permette di avere un contatto straordinario con il Mondo, la Terra e la realtà che lo circonda, di
immergersi completamente nell’universo, così tanto da dichiararsi ubriaco di esso:
“Ora sono ubriaco
d’universo”8
Ungaretti parla nelle sue poesie proprio di trasfigurazione, da cui prende il titolo un suo scritto.
In questa poesia si nota come il poeta non si tramuti più soltanto in una nuvola trasportata dal vento
o in un frutto rosato, ma anche nello sguardo di un uomo, nei visi dei fanciulli o nei baci che
scaldano il cuore. Si può dunque affermare che il Nostro ora sia interamente parte del tutto e non si
senta minimamente limitato dal suo corpo. Anzi, è quasi come fosse in grado di liberarsi di esso per
dare alla sua anima sempre una nuova casa.
“Mi sento nei visi infantili
come frutto rosato
rovente
fra gli alberi spogli
Come una nuvola
mi filtro
nel sole
Mi sento diffuso
in un bacio
che mi consuma
e mi calma”996
8
9
G.Ungaretti, La notte bella, Mondadori, Verona, 1970, p.48
G.Ungaretti, Trasfigurazione, Mondadori, Verona, 1970, p.69
9
Ha catturato la nostra attenzione ancora una volta il tema della guerra, in questo caso trattato da
Ungaretti attraverso la trasfigurazione. Infatti il Nostro si dichiara essere un relitto, il sasso tarlato
scagliato dalla fionda del tempo, reso, dalla violenza della guerra, un insulso frammento del tutto.
Come se l’autore stesso soffrisse insieme alla terra ferita dai conflitti. Si sente una scheggia logorata
e incompleta, come se la guerra gli avesse sottratto una parte di sé e di conseguenza avesse fatto lo
stesso con il mondo.
“Ma io non sono
nella fionda del tempo
che la scaglia dei sassi tarlati
dell’improvvisata strada
di guerra”107
2.2 Panismo
Parlando di trasfigurazione abbiamo notato come questo concetto si avvicini alla corrente letteraria
del Panismo. Quest’ultimo è caratterizzato dalla profonda percezione del mondo esterno del poeta,
che crea una fusione tra l’elemento naturale e quello più specificatamente umano. “Nel Panismo
l’Io si viene a mettere in secondo piano, immergendosi completamente nella natura, ma non
nascondendosi del tutto in quanto il poeta era solito esprimere i suoi stati d’animo attraverso oggetti
naturali.”11 Uno degli autori principali aderenti al Panismo è Gabriele D’Annunzio, tra lui e
Ungaretti infatti abbiamo riscontrato concetti comuni. L’esempio più significativo è “La pioggia nel
Pineto”, nella quale anche D’Annunzio inizialmente guarda dall’esterno la pineta bagnata da una
pioggia generata da nuvole sparse, descrivendo questa con l’utilizzo di tutti i sensi, trascinando il
lettore nel paesaggio. Man mano che la narrazione prosegue, i due amanti che attraversano il bosco,
si immergono nello spirito silvestre.
“Immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;’’12
10
G.Ungaretti, Perché?, Mondadori, Verona, 1970, p.55
Wikipedia
12
G. D’Annunzio, La pioggia nel pineto, Garzanti, Varese, 2009, p.398
11
10
In seguito, come fa Ungaretti nelle sue poesie, D’Annunzio tramuta gli esseri umani in veri e propri
elementi naturali :
“Il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alveoli son come mandorle acerbe”138
E’ quindi evidente come il legame tra poeta e natura non sia proprio solamente di Ungaretti ma
anche di altri poeti, infatti risulta quasi essenziale per poter riportare in versi quel segreto che
caratterizza la poesia del Nostro.
13
G. D’Annunzio, La pioggia nel pineto, Garzanti, Varese, 2009, p.398
11
Conclusione
Attraverso questo percorso abbiamo compreso dove fosse nascosto il segreto, dove Ungaretti lo
scovasse e attraverso quali strumenti. Il segreto è quindi racchiuso nella vita stessa, nella creazione,
nella natura semplice che ci circonda quotidianamente della quale solamente il poeta sa percepire
l’essenza in maniera profonda. Insieme al Nostro abbiamo compiuto un viaggio che ci ha insegnato
quanto sia importante osservare in maniera diversa anche ciò che vediamo quotidianamente e
trovare delle risposte. Ungaretti è riuscito a far emergere il nostro porto sepolto, ad illuminare i
relitti e far rimanere vivo almeno il ricordo della loro integrità. Non vorremmo comunque far
arrivare il messaggio che il segreto sia qualcosa di banale, di semplice da trovare, abbiamo
percepito come questo enorme punto interrogativo sul mondo sia una sfida per Ungaretti e come lo
tenga vivo la costante ricerca di risposte e sia questa la causa fondamentale della poesia. Il segreto è
il motore dell’arte, il respiro del mondo.
“Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto”14
9
14
G.Ungaretti, Il Porto Sepolto, Mondadori, Verona, 1970, p.23
12
Bibliografia
G.Ungaretti, Tutte le poesie, Mondadori, Verona, 1970
Wikipedia
G.D’Annunzio, Poesie, Garzanti, Varese, 2009
13