Pomeriggio di primavera inoltrata in una qualunque strada alla

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Pomeriggio di primavera inoltrata in una qualunque strada alla
Pomeriggio di primavera inoltrata in una qualunque strada alla periferia di un qualunque paese del
sud degli anni '60. Il sole è rovente e morde la strada bianca.
Qualche rara millecento passa sollevando code di polvere che impasta il naso e la bocca e costringe
a sciacquarsi la gola alla fontanina pubblica. Nera, di ferro, con la manovella a molla e il fascio
littorio fuso sopra, ricordo del “fascismo popolare” delle periferie.
Pomeriggio bollente, lungo e noioso, poca ombra dai muri delle case basse, bianche di calce, povere
di mobili, secche di orpelli. Popolate da bambini e donne con la pancia gonfia e molti peli, ovunque.
Pancia gonfia di legumi e cicoria di campagna e di frutti d'amore concepiti in amplessi rubati al
tempo delle zolle e al fischio del treno che porta al Nord, “alla Svizzera” o “alla Germania” o
ancora più lontano.
E cantieri aperti ovunque, distribuiti da un architetto ubriaco e prodigo. Cantieri per placare la fame
di benessere e la rabbia di chi ha visto il lusso del bagno in casa, della doccia e del frigorifero. E lo
vuole, lo desidera, lo brama nella coda di uno sviluppo che al sud, come tutte le cose, arriva
ritardato e sgonfio.
Ultimo latte di mammelle succhiate a guance piene in altri luoghi, ultime gocce di nettare di un favo
colmato da api operose e sfortunate, alcune delle quali portano nella memoria la dolcezza del miele
odorato e, qualche volta, financo gustato.
Cantieri abusivi in una terra abusata, svuotata delle sue braccia più forti e lasciata a vecchi, bambini
e vedove bianche. Terra di facile conquista per predoni e mascalzoni, terra di padroni avidi e gretti,
avvezzi a tutelare il passato perché incapaci di immaginare il futuro. E uomini e donne indifferenti
allo sfregio, ignavi e conniventi per timore e convenienza.
È il sud visto dagli occhi di un bambino, cresciuto in mezzo alla strada bianca, giocando giochi
improbabili, a volte innocenti a volte crudeli. Con palloni di plastica acquistati alla festa del
patrono, o massacrando a fiondate innocenti lucertole e passerotti di prima piuma.
I bambini cresciuti sulle strade bianche hanno combattuto, hanno conquistato il diritto alla vita, fra
mille errori e mille sconfitte, senza risparmiarsi.
Poi è venuto il momento della stanchezza, della divisione e della frantumazione, le forze sono
crollate.
E più di cinquant'anni sono trascorsi e di nuovo il sud si svuota, di braccia e di menti. Ma il mondo
è cambiato, non ci sono più fontanine pubbliche, e le strade sono d'asfalto e di buche. Non partono
più solo gli uomini partono tutti. Uomini e donne. E qui di nuovo i vecchi e pochi bambini. Le terre
di nuovo violate da giganti ruotanti e specchi riflettenti.
Terre preda di nuovi padroni, ancora più avidi e violenti, ancora più ignoranti e prepotenti. E
l'ignavia di chi guarda attonito e senza parole.
Non abbiamo più la stessa forza per lottare, non abbiamo la stessa innocenza ma abbiamo memoria.
Possiamo dire ai bambini di oggi che è possibile, in questa terra bellissima, un futuro luminoso. È
possibile anche un presente migliore, noi ne siamo, ancora, testimoni.
Alzate la testa bambini, cittadini di oggi e non di domani. Alzate la testa e amate la terra vostra, non
perdetevi dietro trofei effimeri come lucertole e passerotti. Entusiasmatevi per quello che fate,
organizzatevi per distruggere il male che ammorba il sud, studiate come colpirlo senza pietà, questo
mostro maledetto che lascia alle masnade il diritto di abbrutire la nostra luce, questo mostro
maledetto che si chiama indifferenza.
Pino De Luca