2-3 - Araberara

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2-3 - Araberara
Araberara - 6 Dicembre 2013
Araberara - 6 Dicembre 2013
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» La Repubblica AUTONOMA DEL MONTE ATHOS conta oggi duemila monaci, eremiti e asceti OSPITATI in venti monasteri e una infinità di romitori isolati
Reportage
di
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MONTE ATHOS
Giorgio Fornoni
Un mondo fuori dal mondo,
un lembo di terra quasi
inaccessibile stretto tra
la montagna e il mare,
isolato da secoli e roccaforte
dell’ortodossia athonita. Su
questo gigantesco scoglio
affondato nell’azzurro
mare dell’Egeo il monaco
Atanasio, nell’anno
963, iniziò a costruire il
monastero Megisti Lavra,
il primo ai piedi del monte
Athos, la Montagna Sacra
già venerata nella Grecia
classica. Fu lui, con un colpo
di bastone, a far scaturire
dalla roccia calcarea della
montagna una vena d’acqua
limpida indispensabile
alla sopravvivenza in quel
luogo. Fu lui a richiamare
su quel promontorio solitario
generazioni di monaci
ed eremiti disposti ad
abbandonare ogni tentazione
del mondo e ogni altro
legame. Fuori dai confini
di quella che da 1000 anni
è la Repubblica autonoma
del Monte Athos restano
ancora oggi le donne, gli
animali domestici, il denaro,
e perfino le leggi dello stato
ellenico. La Repubblica
conta oggi duemila monaci,
eremiti e asceti persi in venti
monasteri e una infinità di
romitori isolati.
LA NAZIONE SENZA
ESERCITO E SENZA DONNE
“Il regno senza corona, la nazione
senza un esercito, la terra senza
donne, la ricchezza senza il denaro,
la saggezza senza scuole, la cucina
senza la carne, la preghiera senza
fine, il legame permanente col cielo, l’inno infaticabile a Cristo, la
morte senza rimpianti”. San Nicola
di Serbia definiva così quell’utopia
religiosa che stava nascendo tra la
terra e il cielo.
Mura massicce di pietra, torri
squadrate come castelli medievali,
terrazze di legno sospese ad altezze
vertiginose. Così si presentano dal
mare i primi monasteri navigando
verso Dafni, la porta d’accesso allo
stato della fede. Per entrare occorre
una autorizzazione speciale, il diamonitirion, che dà diritto ad alloggio e vitto per tre giorni soltanto.
Pater Nicolaos, il monaco che ci
accoglie, sarà il nostro accompagnatore attraverso le strade sterrate che uniscono i venti monasteri e
le skiti, cioè le abitazioni più isolate, in realtà piccole aziende agricole
indispensabili alla sopravvivenza
della comunità, previste anche dalla regola generale dell’ordine athonita. In questa caletta nascosta,
scorgiamo alcuni monaci che preparano il carico per i muli. Questo è
l’unico mezzo per rifornire dal mare
le skiti più isolate e lontane.
All’esterno c’è la luce accecante del
mare greco, un’esplosione di colori
dominata dal blu, dal bianco e dal
verde. Basta sorpassare il portale
d’accesso di un monastero per entrare di colpo in un’altra dimensione, l’oasi cercata da
generazioni di religiosi,
un mondo buio e se-
» PADRE PAYLOS
“Manca il dialogo
teologico con
la Chiesa cattolica”
(Gi.Fo.) Incontro Padre
Pavlos di Megisti Lavra,
un monaco che vive qui.
Un regno senza corona
La Scala del Cielo
greto, un labirinto di passaggi e penombre. Le chiese hanno le pareti
interamente affrescate di immagini
sacre, ci si immerge nei fumi inebrianti dell’incenso e nel salmodiare solenne dei monaci. Tra le lame
di luce che entrano dalle feritoie
delle pareti si stagliano le barbe e le
lunghe tuniche nere di chi ha trovato qui la ragione del proprio essere.
In alto incombono la figura ieratica
del Cristo Pantocrator e i lampadari dorati sospesi. Pareti mobili di legno affrescato nascondono lo spazio
sacro oltre l’altare riservato soltanto ai sacerdoti.
IL PATRIMONIO
DELLE ICONE
Il patrimonio più prezioso e venerato è rappresentato dalle icone, dipinte su lamine d’oro, con una tradizione che risale all’epoca bizantina. Davanti a loro si prostrano in
continuazione monaci e fedeli che
baciano le immagini della Madonna
col Bambino, del Cristo redentore e
dei santi della cristianità ortodossa.
La vita sul Sacro Monte non si ferma mai. Ogni monastero ha i propri orari di culto e di devozione. Già
alle 3 di mattina si odono le litanie
e i canti dei monaci, all’interno di
buie navate rischiarate soltanto
dalle fiammelle delle candele. Ma i
monaci si alzano già un’ora prima
e si preparano individualmente alla
preghiera. Le orazioni si protraggono per quattro ore. Si dedicano poi
al lavoro manuale
e verso le 14 tutti
si riuniscono
nel refettorio,
ammantato della stessa sacralità
delle loro chiese. Ci si siede attorno
a tavoli di pietra a ferro di cavallo
e in silenzio, davanti ad un pasto
frugale interamente vegetariano
che diventa anch’esso un rito rigidamente codificato. Si mangia una
volta al giorno e soltanto quando
l’Igumeno, l’abate capo del monastero, dà l’ordine, al suono di un
campanello.
IL CIBO DEVE NUTRIRE,
NON DARE PIACERE
Il pasto si consuma in fretta, perché
il cibo deve nutrire, non dare piacere. Ad un altro segnale dell’Igumeno, ci si alza e ci si dispone in
fila. Esce l’Igumeno seguito poi da
tutti i monaci in ordine gerarchico. I monaci sfilano infine davanti
all’abate fermo fuori dalla porta del
refettorio, inchinandosi, baciando
la sua mano e ricevendone una benedizione. Poche ore di riposo e ritorneranno tra gli incensi, i canti e
le candele.
Tra le immagini dipinte che scandiscono ogni passo dei monaci, nei
porticati e nei corridoi all’entrata
delle chiese, ricorre quasi ossessivo
il tema dell’Apocalisse, con diavoli,
fiamme, cavalieri, draghi e animali mostruosi. È la paura di questo
inferno a condanna delle tentazioni
materiali e terrene, che
popola il mondo interiore dei monaci e li
allontana
da qualsiasi contatto con il mondo
esterno. Una sensazione così forte
che fa loro sfuggire perfino lo sguardo di chi viene da fuori, che siano
visitatori, pellegrini o fedeli. Ortodossia significa “via giusta”, quella
scelta nello scisma d’Oriente del
1054 che divise in due la Cristianità. E “via giusta” significa per loro
anche rifiuto di qualsiasi cambiamento e ripudio di qualsiasi proposta di compromesso sul cammino
intrapreso.
GLI EREMITI SULLE ROCCE
C’è però un altro Athos, ancora
più misterioso e segreto. È quello
dei numerosi eremiti e asceti che
hanno scelto una via solitaria sulla
montagna, arroccati in grotte e romitori sulle pareti a picco sul mare
o tra le rocce più in alto. Ai loro rifugi si giunge soltanto con sentieri
vertiginosi o fragili scalette sospese
in verticale.
È impossibile incontrarli. Si possono scorgere soltanto le loro esili figure che si arrampicano tra le
rocce.
La loro scelta è stata ancora più
radicale: hanno tagliato i ponti non
soltanto col mondo ma perfino con
i loro confratelli, persi in una prospettiva che guarda ormai soltanto
all’Aldilà.
Scheda
Monte Athos
Vivete in questo mondo ma non fate parte
della massa di questo
mondo contemporaneo,
qual è la vostra opinione? “Il monaco, dal momento che diventa monaco,
si libera da alcune caratteristiche della vita da laico.
Ecco perché ha scelto di
diventare monaco, altrimenti rimarrebbe parte del
mondo comune.
Così come Gesù Cristo: si
trovava tra la gente della
sua epoca, ma non seguiva
i desideri e il modo di vivere degli altri.
Diventando monaco ci
si libera dalle cose della
vita da laico, ed è ovvio
che debba accadere così. È
una scelta personale. Non
si può diventare monaco e
seguire abitudini da laico,
non ha senso a questo punto di scegliere di diventare
un monaco”.
di smettere ogni rapporto e comunicazione con la
Chiesa Cattolica, però è
una questione che si deve
muovere attraverso processi teologici, un dialogo teologico, su una base sincera
e concreta. Assolutamente
non deve svolgersi su una
base di carattere sociale al
di fuori del carattere teologico. Il dialogo è necessario! Senza questo non si
può fare niente, altrimenti
come possiamo avvicinarci?”
Quindi
considerate
punto importante mettere tutto sulla base
teologica. “Si, diversamente ogni dibattito non
avrà successo. Proprio per
questo non si evolve la questione, mancano le basi teologiche, manca il dibattito teologico–ecclesiastico”.
Parlate di preghiera
per raggiungere la morte serena, dal momento
che istintivamente l’uo-
L
a Repubblica monastica del
Monte Athos (in greco Άγιον
Όρος, Ághion Óros) è un
territorio autonomo della Repubblica
Greca, dotato di uno statuto speciale di
autogoverno (art. 105 della Costituzione
greca). Confina per una sottile striscia di
terra con la Macedonia Centrale.
Q
ui sotto il cartello all'entrata
del Monte Athos sul divieto
d'ingresso alle donne.
Voi che parlate di
amore
e
fraternità
come mai non accettate
facilmente la riunione
con la Chiesa Cattolica? Perché questa vostra posizione dura?
“Noi accettiamo, ma su
quale base si deve porre questa accettazione?
Il dialogo deve esserci e i
rapporti si devono mettere
su basi ecclesiastiche, teologiche e non su una base
di atteggiamento sociale.
Sono ben diversi i rapporti
ecclesiastici dai rapporti
sociali. La nostra non è
una posizione che impone
mo cerca di vivere il più
possibile. Cercando allora la longevità, come
parlate voi monaci di
questo processo attraverso la preghiera per
poter cercare una condizione di felicità dopo
la morte?
Come riesce una persona a vivere con questo traguardo, secondo
la vostra esperienza
monastica?
Come è possibile poter concentrarsi su
una condizione dopo la
morte, mentre d’istinto
ogni essere umano cer-
ca di vivere e raccogliere
esperienze nell’arco della
sua vita?
“Dal momento che l’uomo
ha un limite di vita biologico
e dal momento che crede nel
dopo morte, si pone la questione sul suo comportamento. Se il monaco si dedica a
Dio, con il presupposto che
si tratta di una decisione
frutto della sua volontà ed è
una scelta che lo rende felice interiormente, e partendo
dal fatto che questa vita ha
come aspettativa la vita oltre la propria morte, cioè la
vita eterna, allora le condizioni di vita in questo mondo
passano in secondo piano. Si
tratta in ogni caso di una
fase transitoria.
Ecco perché si parla
dell’amore verso il Signore:
se il monaco vuole vivere questa esperienza è necessario liberarsi dalle caratteristiche
della quotidianità laica. Ma
non significa automaticamente una contrarietà verso
l’uomo laico. Anzi, il contrario. Dalla nostra tradizione
si hanno esempi di persone
che ritirandosi dalla vita
laica e diventando monaci
hanno dimostrato un amore
immenso per l’uomo comune.
San Vissarion ne è un esempio: egli aveva donato tutti i
suoi beni e, trovandosi sulla
strada per Alessandria, si
presentò davanti a lui una
vedova con dei bambini che
chiedeva aiuto. Per aiutarla
ha venduto sè stesso a dei pagani e con i soldi ha aiutato
la vedova a nutrire i propri
bambini. I pagani appena
saputo questo fatto si sono
meravigliati e sono divenuti
cristiani.
Anche oggi i monaci che si
sono contraddistinti per la
loro virtù, come padre Paisios, padre Efrem ed altri
ancora, hanno tutti dimostrato un amore immenso
verso il loro vicino. L’hanno
fatto con ogni persona che si
è avvicinata a loro”.
Tutte le religioni pensano che la religione
giusta sia la propria. Lei
cosa pensa sulle altre
religioni, sul buddismo,
sull’islam … Tutti credono di essere nel vero
e nel giusto, riesce ad
accettarlo? Cosa può legarvi e soprattutto, tutte
queste religioni possono
essere buone per l’ascesa
al cielo?
“Secondo la percezione cristiana, Cristo è il figlio di
Dio e la Chiesa è stata creata da Lui stesso; è per questo
che Gesù è arrivato. Questa
è la percezione di base per i
cristiani. Per le altre religioni, almeno per la maggior
parte di esse, pare che esse
siano create dagli uomini.
Anche se si guarda nel contesto teologico di alcune e che
cosa predicano questo appare come qualcosa di ovvio.
Le intenzioni e la posizione
verso le altre religioni non
devono essere offensive.
Possiamo dire che in ogni
caso ci deve essere amore anche verso persone di diversa
religione. Poi se altre religioni assumono una posizione
violenta verso il cristianesimo questo diviene più
difficile. Il Cristianesimo
ha predicato l’amore, non
esiste nel Cristianesimo la
violenza. Alcuni casi di violenza sono stati frutto delle
scelte umane e non fanno
parte della percezione vera
del Cristianesimo per quello
che è il comportamento verso
il vicino o per la diffusione
della fede.
Gli apostoli non hanno
applicato la violenza, al contrario sono stati vittime di
violenza e tanti di loro sono
dei martiri. Io non conosco
dei martiri di altre religioni a causa del Cristianesimo, se non per eventi che
non sono accaduti secondo
i principi della fede cristiana bensì per scelte politiche,
come nel caso delle Crociate
o ancora per l’immischiarsi
della Chiesa nella politica.
Queste sono delle cose che
non appartengono alla Chiesa, ci sono dei limiti nelle
sue azioni. La violenza non
fa parte della Chiesa”.
I rapporti come sono al
momento con le altre religioni?
“Non c’è una regola generica, i rapporti vengono stabiliti dalle persone. Alcune
persone sono tolleranti ed
altre troppo offensive. Oppure altre persone hanno una
certa politica per non far
vedere lo scopo che hanno in
realtà”.
Un uomo del Monte
Athos si crede uguale a
tutti gli altri o si crede
unto dal Signore?
“Non esiste distinzione fra
le persone. Tutti gli uomini
sono parte della Chiesa. La
scelta di un modo di vivere
particolare non significa una
distinzione dalle altre persone (laici), tutti siamo uguali
dinanzi a Cristo, siamo fratelli senza differenze.
Tra l’altro l’umiltà è molto importante. Se qualcuno
si vuole distinguere, deve
considerare sè stesso tra gli
ultimi. L’umiltà è una delle
virtù di base per il monaco.
Il monaco non si deve far vedere o avere delle cariche e
decidere sugli altri.
Un monaco considera il
suo vicino un fratello, uguale a lui, caso mai si presenta
molto più umile davanti agli
altri uomini. Se alla fine ci
si riesce è un altro parametro umano”. Con lui c’è Padre Maximos, che ci guarda
e chiude così: “E’ in realtà
quello che sentivo, galleggiare proprio in un mare di
felicità. Era una esperienza
indescrivibile per me stare
accanto ad una persona del
genere. La vita in realtà è
molto dura se non hai delle
persone sante come padre
Paisios, e solo dopo aver avuto l’occasione di conoscerle si
può capire il significato del
cambiamento e della gioia di
cui vi parlo”.
Quella gioia che anche il
vento trasporta nell’aria e
inebria l’anima.