LA CONCORRENZA TRA ITALIA E CINA SUL MERCATO

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LA CONCORRENZA TRA ITALIA E CINA SUL MERCATO
CONVEGNO INDICAM
OMBRE CINESI: FINE DELLE QUOTE DI IMPORTAZIONE,
AUMENTO DEI FLUSSI DI CONTRAFFAZIONE, POSSIBILITÀ DI REGOLE CORRETTIVE
13 GIUGNO 2005
LO SCENARIO MACROECONOMICO
Intervento di Marco Fortis
(vicepresidente Fondazione Edison; docente di Economia industriale, Università Cattolica di Milano)
L’Italia è ormai in piena recessione in un contesto di debole crescita in Europa, di dinamica più positiva negli
USA e di forte espansione in Asia.
Il nostro Paese soffre di problemi strutturali, legati alla progressiva rarefazione del numero di grandi gruppi
nazionali, all’abbandono nei decenni trascorsi di settori ad alta tecnologia, aspetto che oggi non è più
controbilanciato in maniera sufficiente dalle leadership conquistate nei settori tradizionali
dell’abbigliamento-moda, dell’arredo-casa e della meccanica leggera. Emergono inoltre gravi problemi di
competitività e di perdita di produttività.
In questo quadro appare necessaria una maggiore internazionalizzazione mirata alla conquista di nuovi
mercati. Altrettanto importante è favorire la crescita dimensionale delle imprese e produrre un maggior
sforzo nell’innovazione, così come intervenire con decisione su carenze e ritardi strutturali nei costi
dell’energia, nelle reti di trasporto e nella burocrazia, nonché nella lotta all’evasione fiscale.
Ma molti settori dell’industria italiana chiedono anche un maggior impegno del Governo e dell’Europa di
fronte alla concorrenza sleale cinese. Sono necessarie misure urgenti quali: il marchio di origine obbligatorio
sui prodotti importati in Europa; l’adozione di clausole di salvaguardia e dazi compensativi antidumping a
livello europeo; pressione politica a livello internazionale per costringere la Cina a rivalutare la propria
moneta, che è oggi sottovalutata secondo gli esperti del 40-45% rispetto all’euro. Non si tratta di nostalgie
protezionistiche bensì dell’esigenza di ripristinare condizioni eque nel commercio mondiale e di applicare le
regole già previste dalla WTO.
Secondo una indagine della Fondazione Edison dal 1996 al 2004 la concorrenza cinese in Europa a danno
dell’Italia ha toccato direttamente ben 21 dei primi 40 prodotti che presentano i più elevati saldi attivi nella
bilancia commerciale italiana 1 . In tali 21 prodotti l’import della UE-15 dall’Italia è cresciuto tra il 1996 e il
2004 solo del 23% (da 17 a 20,9 miliardi di euro), mentre l’import europeo dalla Cina degli stessi prodotti è
aumentato del 251% (da 5,2 a 18,1 miliardi). Non sono dunque solo il tessile-abbigliamento e le calzature
italiane a risultare colpiti dalla concorrenza cinese, ma anche la meccanica, il mobilio, i materiali per edilizia
e persino i prodotti alimentari. Ciò avviene sia in Europa sia nel resto del mondo (soprattutto negli USA,
Sudamerica, Paesi Arabi).
Nel complesso, tra il 1996 e il 2004 la Cina ha sottratto all’Italia a livello della UE-15 circa 13 miliardi di
euro di quote di mercato nei soli 21 prodotti esaminati dalla Fondazione Edison. La Cina minaccia oggi
pressoché tutti i nostri principali settori di specializzazione, la cui occupazione diretta supera il milione e
mezzo di addetti. La situazione è tanto più preoccupante in quanto la concorrenza asimmetrica cinese si nutre
di varie forme di dumping e di un ampio ricorso alla contraffazione di prodotti e marchi del made in Italy.
Nel 2003 i 2/3 dei prodotti “falsi” sequestrati dalle dogane europee è risultato di provenienza cinese.
1
La bilancia commerciale italiana del 2004 può essere suddivisa in circa 590 prodotti in attivo con l’estero a cui si
contrappongono circa 740 prodotti in passivo. Tra questi ultimi i principali sono: oli greggi di petrolio, autoveicoli,
computer, apparecchi per telefonia e telecomunicazioni.