Le nuove varietà di melo e il mercato europeo
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Le nuove varietà di melo e il mercato europeo
FR -11 P34-40 SP Pellegrino 15-10-2004 11:51 Pagina 34 SPECIALE MELO Le nuove varietà di melo e il mercato europeo SILVIO PELLEGRINO - LORENZO BERRA - CRISTIANO CARLI CReSO (Consorzio di Ricerca e Sperimentazione per l’Ortofrutticoltura piemontese) - Cuneo. Segmentazione dell’offerta, ricerca della qualità e dei valori di benessere e corretta alimentazione, promozione della tipicità del territorio d’origine attraverso una più efficace comunicazione: è questa in sintesi la ricetta per il rilancio della melicoltura italiana in Europa. Ci sono tutti i presupposti per sostenere il prodotto italiano nel mercato globale. Il ruolo della ricerca scientifica nella ridefinizione di programmi di miglioramento geneticovarietale più mirati al raggiungimento di tali obiettivi I l melo è la specie frutticola più coltivata a livello mondiale (57.967.289 t nel 2003, Faostat, 2004). La produzione è in crescita in tutto il mondo. Non fa eccezione l’Europa, dove la produzione è aumentata del 23,8% nel periodo 1990-2003 (Faostat, l.c.). La crescita più rilevante si sta verificando in Asia, in particolare in Cina, dove la produzione è triplicata in appena vent’anni e continua a crescere a ritmi vertiginosi (Sansavini et al., 2003). Il consumo nei maggiori Paesi occidentali è stabile. Ci si interroga dunque sulla destinazione dell’incremento di produzione e sulla reazione dei mercati. Si prospetta una soluzione “a doppio binario”. L’eccellenza qualitativa (“top quality”), ottenibile con tecniche colturali avanzate nei Paesi occidentali, è riTraduzione e adattamento della relazione “Les nouvelles variétés et le marché européen” presentata alle “Quatrièmes journées suisses de l’arboriculture fruitière”, Martigny (Svizzera), 26 et 27 gennaio 2004. 34 FRUTTICOLTURA - n. 11 - 2004 volta ai mercati più remunerativi, non necessariamente in Occidente, ma all’interno degli stessi Paesi “emergenti”. In questi ultimi, una minoranza di consumatori facoltosi è interessata all’acquisto di “status symbol” (dalla moda, all’artigianato, agli alimenti, ecc.), che confermino di fronte alla società l’agiatezza del consumatore (Stainer et al., 2001). L’espansione della melicoltura avviene soprattutto nella fascia di “qualità corrente” (“commodity”), già nell’Europa dei 25: Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, ecc. Lo stesso fenomeno si verifica in Cina, dove si mira a ottenere produzioni elevate a scapito della qualità, da destinare all’amplissimo mercato interno e già in parte ai Paesi del Sud-Est asiatico. Se è relativamente facile, sulla base della dinamica degli impianti, ottenere proiezioni affidabili delle produzioni ripartite per grandi aree a livello mondiale, ci si deve limitare a congetture per quanto riguarda l’evoluzione del rapporto melicoltura di alta gamma/melicoltura di qualità corrente (Iglesias, 2002). Non è affatto scontato che la Rubens® Civni*, varietà di recente introduzione proposta nella forma del club di produzione e diffusione in esclusiva. tendenza attuale resti invariata. È interessante osservare l’evoluzione in atto in aree a vocazione melicola recente, quali ad esempio l’America Latina. A parte il Cile, la cui qualità delle produzioni è assolutamente competitiva rispetto alle esigenze del mercato NordAmericano ed Europeo, anche il Brasile ed altri Paesi, ritenuti inizialmente competitori di basso profilo, stanno rapidamente raggiungendo standard qualitativi di tutto rilievo. In altre parole, la globalizzazione in corso non si sviluppa secondo schemi prevedibili: i Paesi con bassi costi si orientano verso la produzione di “commodity”; i Paesi con alti costi di produzione si specializzano verso una melicoltura di elevata qualità. La globalizzazione si dimostra fenomeno dinamico, che nella melicoltura come in altri settori economici, tende ad esportare in aree vergini modelli produttivi efficienti, finalizzati all’ottenimento di prodotti per l’esportazione. La collocazione della melicoltura europea nel mercato globale Di fronte alla probabilità di evoluzione del mercato sopra delineata, la melicoltura europea ha stretti margini di manovra. È da escludere ovviamente la produzione di “commodity”, per l’insostenibilità economica dell’operazione. Occorre, anzi, pensare a utilizzazioni alternative per la quota di non-qualità intrinsecamente connessa anche ad impianti concepiti per produzioni di alta gamma (frutti danneggiati da eventi meteorici, sviluppatisi su rami inidonei o nella parte ombreggiata della chioma, con contenuto qualitativo mediocre, ecc.), già oggi separabili attraverso dispositivi di analisi non distruttiva applicati in linea. FR -11 P34-40 SP Pellegrino 15-10-2004 11:52 Pagina 36 Brookfield® Baigent*, clone fra i più interessanti del gruppo Gala. Super Chief® Sandidge*, nuovo clone di Red Delicious ad elevata ed attraente colorazione. Occorre poi ripensare la definizione della qualità, in funzione di precise strategie di marketing. Esaminiamo alcuni punti di forza su cui possa puntare la melicoltura in Europa. Legame frutto-territorio È stata una delle strategie vincenti della viti-vinicoltura. È curioso in proposito osservare come i nomi dei vini francesi noti a livello internazionale non siano in prima istanza nomi di vitigni o di case produttrici, ma di regioni: Bordeaux, Bourgogne, Champagne. Il procedimento consiste nel promuovere il binomio “territorio-prodotto”. L’efficacia della comunicazione è connessa al rigoroso rispetto di disciplinari, al fine di ottenere prodotti omogenei e riconoscibili. Il territorio deve disporre di pregi naturalistici, di esperienza e tradizione, nei quali la coltura possa inserirsi armoniosamente. Ci si riferisce a veri e propri “distretti del melo”, in cui ogni caratteristica del territorio rimandi alla coltura-simbolo e tutte le scelte riguardanti la coltura – dalla adozione delle cultivar, alla distribuzione sul territorio, all’agrotecnica, alle stesse modalità di commercializzazione – siano assunte in funzione della valorizzazione del territorio. La strategia della comunicazione del prodotto-territorio non può prescindere dalla vocazionalità ambientale. La coltivazione del melo ad altitudini elevate consente di migliorare le caratteristiche fisico-meccaniche del prodotto: consistenza, croccantezza e succosità della polpa; l’estetica del frutto: colorazione, sfaccettatura, forma allun- 36 FRUTTICOLTURA - n. 11 - 2004 gata, ecc. e le proprietà dietetico-nutrizionali (Pellegrino et al., 2003). Il rapporto melicoltura-ambiente montano presenta aspetti simbiotici, in cui entrambi i soggetti traggono vantaggi reciproci. Abbiamo evidenziato la favorevole interazione altitudine-melicoltura; esaminiamo anche il contributo della melicoltura alla valorizzazione del territorio. L’architettura dei frutteti che, in particolare sui declivi, assume configurazioni geometriche di frattali; i giochi di luce ed ombra delle chiome; l’annuncio delle stagioni con la modulazione delle fasi fenologiche (la sorprendente fioritura bianco-rosata) sono elementi paesaggistici di forte richiamo turistico. Va tenuto anche presente l’arricchimento in biodiversità, rappresentata non solo e non tanto dalla diversificazione varietale, ma dalla complessità dell’ecosistema arboreto, nel quale, in seguito alla applicazione dei metodi di gestione eco-sostenibili, ha trovato rifugio una complessa catena di specie vegetali e animali. La stessa difesa contro avversità, quali le arvicole che hanno trovato rifugio nel suolo non lavorato, può approdare a soluzioni non solo eco-sostenibili, ma eco-arricchenti, nella fattispecie attraverso l’introduzione o l’incremento della popolazione di rapaci notturni. Qualità gustativa Il consumo di mele fresche è in regresso in tutti i Paesi occidentali. Nella ristorazione la mela è stata sostituita – per ragioni di comodità di consumo – da dessert a base di latte e/o derivati della frutta. Il consumo diretto è confinato alla ristorazione tipica o di alta gamma e all’uso domestico, ridotto al pasto serale. È invece in aumento il consumo quale snack, in concorrenza o a complemento con i prodotti da for- Cameo® Caudle* viene proposta solo per determinati ambienti ove ne risultino esaltati i requisiti pomologici e qualitativi. no, in ragione della leggerezza (l’ossessione per il peso-forma!). È interessante, in proposito, il fenomeno di catene di distribuzione che offrono mele in apposite confezioni singole in distributori di facile accesso, dalle scuole ai luoghi di lavoro, dalle palestre alle case di cura. Considerate queste nuove tendenze dei consumi, è evidente che l’aspetto del frutto-piacere è destinato ad ulteriore crescita. Dal punto di vista varietale, occorre dunque orientarsi verso cultivar che incontrino il gusto dei consumatori, assecondando – dove possibile dettando – mode e tendenze di fruizione. Si tratta di segmentare l’offerta in funzione dei descrittori della qualità gustativa: le polarità dolce/acidulo, croccantezza/fondenza della polpa; mentre sono irrinunciabili i requisiti della succosità, dell’aroma e del profumo. La programmazione dei nuovi assetti varietali non può più prescindere dai test di degustazione e di gradimento, per valutare la risposta alle innovazioni di prodotto. Segmentazione Per quanto riguarda la segmentazione dell’offerta, occorre tener conto delle preferenze dei mercati di destinazione. A questo proposito, sono interessanti i comportamenti, talora contrastanti, dei mercati del Nord-Europa, rispetto al Sud-Europa, al Sud America, ai Paesi Arabi e all’Estremo Oriente. Nel primo caso che, sotto FR -11 P34-40 SP Pellegrino 15-10-2004 il profilo storico-sociologico, è condizionato da un approccio culturale di tipo luterano, calvinista o giansenista (substrato culturale comune alla maggior parte delle regioni del Nord-Italia), i consumatori prediligono frutti aciduli e aromatici, con polpa soda e croccante, mentre l’estetica passa in secondo piano; anzi, spesso è considerato fattore di pregio l’aspetto rustico, presunto indice di genuinità. I Paesi latini, di matrice culturale cattolica, e arabi privilegiano il piacere estetico (si preferiscono mele rosse, con forme simmetriche ed allungate), il sapore dolce o equilibrato e polpa fondente, al massimo croccante-succosa (Pellegrino et al., 2001). Per l’Estremo Oriente il requisito fondamentale è l’armonia del gusto, che mette al bando i sapori “forti”, a vantaggio dei toni delicati: sì quindi alla dolcezza, no all’acidità e all’aroma pronunciato. Proprio i giapponesi hanno imposto all’attenzione dei costitutori il carattere “croccantezza”, prima con la cv Mutsu e in seguito con Fuji, che ha acquisito rilevanza mondiale. Frutto benessere Il concetto del frutto-piacere ha a che fare anche con le proprietà salutistiche della mela. Non tanto nel consumo tradizionale, quanto nella crescita del consumo quale snack. La concorrenzialità con i prodotti dolciari si gioca sulla leggerezza della mela e sulle sue qualità dietetico-nutrizionali. La mela vanta, sotto questo profilo, una composizione invidiabile, non ancora indagata in modo esaustivo, ma soprattutto non sufficientemente comunicata tramite i media che influenzano il consumo (le rubriche dei “magazine” femminili). I punti forti della mela sono rappresentati dall’elevata ed equilibrata composizione vitaminica e di sali minerali, in pra- 11:52 Pagina 37 Eve® Mariri Red*, nuova proposta varietale per il gruppo Braeburn. tica le sostanze impiegate nella formulazione di integratori alimentari artificiali di largo consumo. Il messaggio che dovrebbe pervenire al consumatore è che “la mela è l’integratore alimentare naturale per eccellenza”. La composizione in polifenoli dovrebbe inoltre costituire l’oggetto di campagne di informazione rivolte agli operatori della salute, in modo che la comunicazione sugli effetti nutriceutici (benefici al sistema cardio-vascolare ed effetti di contrasto alla formazione di neoplasie) giunga al consumatore rafforzata dall’autorevolezza dell’intermediario. I club di esclusiva varietale Un aspetto innovativo, e per taluni versi in alternativa, della valorizzazione dei punti di forza della qualità è rappresentato dalla commercializzazione in esclusiva di nuove cultivar, sotto forma di club (Seguin, 2000). Il controllo di tutta la filiera, dalla costituzione di una innovazione varietale alla distribuzione al dettaglio, consente, infatti, di esercitare un controllo sul delicato meccanismo domanda/offerta. Si ravvisa un’opportunità per le Organizzazioni di prodotto, che possono assumere un ruolo propositivo. Essendo in Crimson Crisp*, una delle nuove varietà resistenti a ticchiolatura di grado di concentramaggiore interesse. re masse critiche di offerta, possono diventare soggetti attivi dell’innovazione, commissionando a costitutori cultivar con particolari caratteristiche, coltivandole e commercializzandole in esclusiva o con accordi di parternariato, in modo da giocare un ruolo attivo nei nuovi scenari di mercato. La formula prevede opzioni organizzative diverse, adattabili sia al prodotto che si intende promuovere quanto alla compagine associativa. Si va dalla imprenditorialità di un’organizzazione produttiva-commerciale come Pomm’Anjou, che commercializza in esclusiva la cultivar Honey Crunch ® -Honey Crisp * , per la quale ha stipulato un accordo diretto con il costitutore. All’estremo opposto il caso di Pink Lady®-Cripps Pink*, dove il promotore dell’iniziativa è stato l’editore-vivaista. Soluzioni intermedie sono adottate da nuovi club in formazione: Cameo ® -Caudle * e Rubens®-Civni* (Testoni et al., 2003). La strategia dei club si pone in alternativa alla valorizzazione del binomio territorio-prodotto, puntando tutto sulle caratteristiche intrinseche di una singola cultivar, sulla tracciabilità e sulla logistica assicurata dal gruppo di produzione-commercializzazione. In tal caso è conveniente adottare una strategia di internazionalizzazione nella distribuzione geografica della produzione, nell’intento di avvicinare la produzione ai mercati e di attenuare l’incostanza di produzione dovuta alle condizioni climatiche delle singole regioni. FRUTTICOLTURA - n. 11 - 2004 37 FR -11 P34-40 SP Pellegrino 15-10-2004 11:52 Pagina 39 La Flambloyante® - Mairac Ambrosia* Ariwa* Un’intera nuova generazione di cultivar di melo è in corso di valutazione in Europa; la qualità del frutto è il denominatore comune di tutti questi cloni. Miglioramento genetico e vecchie varietà I programmi di miglioramento genetico hanno assunto quale obiettivo prioritario la costituzione di cultivar resistenti o tolleranti alle fitopatie del melo (Crosby et al., 1992; Sansavini et al., 2004). Al di là del dibattito sulla durevolezza delle resistenze, che ha di fatto limitato la diffusione su larga scala delle cultivar TR, tali sforzi presentano una duplice valenza sotto il profilo qualitativo (Kellerhals et al., 1997). Il primo si collega alla ecocompatibilità della coltura del melo e quindi alla reciproca valorizzazione territorio-prodotto. Il secondo riguarda gli effetti sulle garanzie della sicurezza alimentare ed in definitiva del rafforzamento del messaggio fruttobenessere. Non si ritiene di porre l’accento sugli aspetti di sicurezza alimentare come fattori di qualità, in quanto questi dovrebbero essere recepiti come pre-requisiti per una qualsiasi forma di produzione-commercializzazione di qualità. Altrimenti detto, la sicurezza alimentare deve restare un fatto interno alla produzione, indipendente dall’adozione di tecniche colturali “integrate”, biologiche o al ricorso a cultivar dotate di resistenze a Sonya® Nevson* patogeni. In definitiva, non un valore aggiunto, bensì un pre-requisito (Aldini et al., 2001). Una considerazione a parte merita l’ipotesi, in alcuni casi già adottata, di recupero del germoplasma, nel segno di un fenomeno di tendenza: la riscoperta dei sapori antichi, tradizionali e – perché no? – anche culturali. Si tralascia il merito scientifico di salvaguardare dall’erosione genetica, mettendo al riparo in appositi “repository”, materiali che potrebbero tornare utili in futuro. L’impressione che si ricava dalla conoscenza diretta del germoplasma italiano è che in larga misura non corrisponda agli attuali criteri di frutto-piacere, utilizzabile tal quale per grandi canali di commercializzazione. Tuttavia, non è da trascurare l’apporto di tipicità che la coltura per consumi “di nicchia” di varietà locali può offrire alla caratterizzazione di un territorio vocato alla melicoltura. Lungi dall’interferire con la diffusione di cultivar per i grandi canali distributivi, possono rappresentare la nota di colo- September Wonder® Fiero* re che il territorio offre nelle situazioni di “vente à la ferme”, per la preparazione di piatti tipici della ristorazione o per dare contenuto all’e-commerce sui siti informatici del territorio. Un particolare impiego consiste nel far rivivere interessanti caratteri di sapore e rusticità, reperibili nel germoplasma, tentando di integrarli in nuove cultivar, che presentino caratteristiche d’insieme rispondenti alle esigenze di ampi mercati, mentre il carattere “recuperato” ne costituisca l’aspetto innovativo. Molte delle cultivar di melo che hanno recentemente conquistato la ribalta internazionale sono frutto di tale intuizione: Pink Lady®Cripps Pink * deriva dal semplice incrocio di Golden Delicious con Lady Williams, senz’altro pregio se non quello della serbevolezza in tempi in cui non esisteva la refrigerazione. Procedimenti analoghi sono stati utilizzati per Fuji (Rall’s Janet x Red Delicious) e la più recente Pinova* derivata da un incrocio in seconda generazione tra Golden Delicious e l’antica Oldenburg. FRUTTICOLTURA - n. 11 - 2004 39 FR -11 P34-40 SP Pellegrino 15-10-2004 11:52 Conclusioni L’analisi dell’evoluzione dei mercati internazionali suggerisce tracce di percorsi da seguire per mantenere una presenza della melicoltura in Europa, nonostante i tempi di progressiva globalizzazione. Si tratta di assicurarle dimensioni e funzioni economiche sostenibili, consentendole di diventare un elemento di valorizzazione paesaggistica, culturale e turistica di ampi territori. Se sapremo coglierne le opportunità, la globalizzazione non condurrà ineluttabilmente a fenomeni di omogeneizzazione, ma potrà trasformarsi in uno stimolo a valorizzare le peculiarità del “locale” per affrontare le sfide internazionali (Sansavini et al., 2003). In tale contesto, l’innovazione varietale assume un ruolo propulsivo nell’ideare e mettere a punto tipologie di frutti “di tendenza”. Occorre da un lato ridefinire gli obiettivi del miglioramento genetico, dall’altro accelerare i tempi della sperimentazione per rendere tempestivamente accessibili le nuove varietà (Iglesias et al., 2002). Non mancano i segnali del cambiamento. È stata riformulata la presentazione dei risultati del Progetto italiano 40 FRUTTICOLTURA - n. 11 - 2004 Pagina 40 “Liste di orientamento varietale dei fruttiferi”, basato sulle osservazioni svolte presso centri sperimentali dislocati nelle principali aree melicole nazionali (Fideghelli et al., 2004; Donati et al., 2004). A livello europeo, il gruppo “Apple and pear variety testing” del Progetto Eufrin agevola lo scambio di informazioni tra le stazioni sperimentali, mettendo a disposizione protocolli di ricerca e favorendo i rapporti con i costitutori di nuove varietà. I presupposti, quindi, ci sono tutti. BIBLIOGRAFIA Aldini A., Pellegrino S., Palara U. (2001) - Speciale melo - Le varietà per il biologico. AZBio, 1: 2932. Crosby J.A., Janick J., Pecknold P.C., Korban S.S., O’Connor P.A., RiesS.M., Goffreda J., VoordeckersA.(1992) - Breeding Apples for Scab Resistance: 1945-1990. Fruit Vars. J.,46(3): 145166. Donati F. et alii. (2003) - Valutazioni qualitative sensoriali di nuove mele di diversa provenienza. Rivista di Frutticoltura e di orticoltura 5: 65-71. Donati F., Palara U., Guerra W., Berra L. (2004) - Liste varietali dei fruttiferi – Melo. L’Informatore Agrario, LX, 24, Supplemento n. 1: 35-44. Faostat (2004) - Agriculture data. Online: http://www.fao.org. Fideghelli C., Nicotra A. 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