Le nuove varietà di melo e il mercato europeo

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Le nuove varietà di melo e il mercato europeo
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SPECIALE MELO
Le nuove varietà di melo
e il mercato europeo
SILVIO PELLEGRINO - LORENZO BERRA - CRISTIANO CARLI
CReSO (Consorzio di Ricerca e Sperimentazione per l’Ortofrutticoltura piemontese) - Cuneo.
Segmentazione dell’offerta,
ricerca della qualità e
dei valori di benessere
e corretta alimentazione,
promozione della tipicità
del territorio d’origine attraverso
una più efficace comunicazione:
è questa in sintesi la ricetta
per il rilancio della melicoltura
italiana in Europa.
Ci sono tutti i presupposti
per sostenere il prodotto italiano
nel mercato globale. Il ruolo
della ricerca scientifica nella
ridefinizione di programmi
di miglioramento geneticovarietale più mirati
al raggiungimento di tali obiettivi
I
l melo è la specie frutticola più coltivata a livello mondiale (57.967.289 t
nel 2003, Faostat, 2004). La produzione è in crescita in tutto il mondo.
Non fa eccezione l’Europa, dove la
produzione è aumentata del 23,8% nel
periodo 1990-2003 (Faostat, l.c.). La
crescita più rilevante si sta verificando
in Asia, in particolare in Cina, dove la
produzione è triplicata in appena
vent’anni e continua a crescere a ritmi
vertiginosi (Sansavini et al., 2003).
Il consumo nei maggiori Paesi
occidentali è stabile. Ci si interroga
dunque sulla destinazione dell’incremento di produzione e sulla reazione dei mercati. Si prospetta una
soluzione “a doppio binario”.
L’eccellenza qualitativa (“top quality”), ottenibile con tecniche colturali avanzate nei Paesi occidentali, è riTraduzione e adattamento della relazione “Les nouvelles variétés et le marché européen” presentata alle
“Quatrièmes journées suisses de l’arboriculture fruitière”, Martigny (Svizzera), 26 et 27 gennaio 2004.
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volta ai mercati più remunerativi, non
necessariamente in Occidente, ma all’interno degli stessi Paesi “emergenti”. In questi ultimi, una minoranza di
consumatori facoltosi è interessata all’acquisto di “status symbol” (dalla
moda, all’artigianato, agli alimenti,
ecc.), che confermino di fronte alla
società l’agiatezza del consumatore
(Stainer et al., 2001).
L’espansione della melicoltura avviene soprattutto nella fascia di “qualità corrente” (“commodity”), già nell’Europa dei 25: Polonia, Repubblica
Ceca, Ungheria, ecc. Lo stesso fenomeno si verifica in Cina, dove si mira a ottenere produzioni elevate a scapito
della qualità, da destinare all’amplissimo mercato interno e già in parte ai
Paesi del Sud-Est asiatico.
Se è relativamente facile, sulla base
della dinamica degli impianti, ottenere
proiezioni affidabili delle produzioni ripartite per grandi aree a livello mondiale, ci si deve limitare a congetture per
quanto riguarda l’evoluzione del rapporto melicoltura di alta gamma/melicoltura di qualità corrente (Iglesias,
2002). Non è affatto scontato che la
Rubens® Civni*, varietà di recente
introduzione proposta nella forma del club
di produzione e diffusione in esclusiva.
tendenza attuale resti invariata. È interessante osservare l’evoluzione in atto
in aree a vocazione melicola recente,
quali ad esempio l’America Latina. A
parte il Cile, la cui qualità delle produzioni è assolutamente competitiva rispetto alle esigenze del mercato NordAmericano ed Europeo, anche il Brasile
ed altri Paesi, ritenuti inizialmente competitori di basso profilo, stanno rapidamente raggiungendo standard qualitativi di tutto rilievo.
In altre parole, la globalizzazione
in corso non si sviluppa secondo schemi prevedibili: i Paesi con bassi costi
si orientano verso la produzione di
“commodity”; i Paesi con alti costi di
produzione si specializzano verso una
melicoltura di elevata qualità. La globalizzazione si dimostra fenomeno dinamico, che nella melicoltura come
in altri settori economici, tende ad
esportare in aree vergini modelli produttivi efficienti, finalizzati all’ottenimento di prodotti per l’esportazione.
La collocazione della melicoltura
europea nel mercato globale
Di fronte alla probabilità di evoluzione del mercato sopra delineata, la
melicoltura europea ha stretti margini
di manovra. È da escludere ovviamente la produzione di “commodity”, per l’insostenibilità economica
dell’operazione. Occorre, anzi, pensare a utilizzazioni alternative per la
quota di non-qualità intrinsecamente
connessa anche ad impianti concepiti per produzioni di alta gamma (frutti danneggiati da eventi meteorici,
sviluppatisi su rami inidonei o nella
parte ombreggiata della chioma, con
contenuto qualitativo mediocre,
ecc.), già oggi separabili attraverso
dispositivi di analisi non distruttiva
applicati in linea.
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Brookfield® Baigent*,
clone fra i più interessanti del gruppo Gala.
Super Chief® Sandidge*,
nuovo clone di Red Delicious ad elevata
ed attraente colorazione.
Occorre poi ripensare la definizione della qualità, in funzione di precise
strategie di marketing. Esaminiamo alcuni punti di forza su cui possa puntare la melicoltura in Europa.
Legame frutto-territorio
È stata una delle strategie vincenti
della viti-vinicoltura. È curioso in proposito osservare come i nomi dei vini
francesi noti a livello internazionale
non siano in prima istanza nomi di vitigni o di case produttrici, ma di regioni:
Bordeaux, Bourgogne, Champagne. Il
procedimento consiste nel promuovere
il binomio “territorio-prodotto”.
L’efficacia della comunicazione è
connessa al rigoroso rispetto di disciplinari, al fine di ottenere prodotti omogenei e riconoscibili. Il territorio deve disporre di pregi naturalistici, di esperienza e tradizione, nei quali la coltura possa inserirsi armoniosamente. Ci si riferisce a veri e propri “distretti del melo”,
in cui ogni caratteristica del territorio rimandi alla coltura-simbolo e tutte le
scelte riguardanti la coltura – dalla adozione delle cultivar, alla distribuzione
sul territorio, all’agrotecnica, alle stesse
modalità di commercializzazione – siano assunte in funzione della valorizzazione del territorio.
La strategia della comunicazione
del prodotto-territorio non può prescindere dalla vocazionalità ambientale. La coltivazione del melo ad altitudini elevate consente di migliorare le caratteristiche fisico-meccaniche del prodotto: consistenza, croccantezza e succosità della polpa; l’estetica del frutto:
colorazione, sfaccettatura, forma allun-
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gata, ecc. e le proprietà dietetico-nutrizionali (Pellegrino et al., 2003). Il rapporto melicoltura-ambiente montano
presenta aspetti simbiotici, in cui entrambi i soggetti traggono vantaggi reciproci. Abbiamo evidenziato la favorevole interazione altitudine-melicoltura; esaminiamo anche il contributo della melicoltura alla valorizzazione del
territorio.
L’architettura dei frutteti che, in particolare sui declivi, assume configurazioni geometriche di frattali; i giochi di
luce ed ombra delle chiome; l’annuncio delle stagioni con la modulazione
delle fasi fenologiche (la sorprendente
fioritura bianco-rosata) sono elementi
paesaggistici di forte richiamo turistico.
Va tenuto anche presente l’arricchimento in biodiversità, rappresentata
non solo e non tanto dalla diversificazione varietale, ma dalla complessità
dell’ecosistema arboreto, nel quale, in
seguito alla applicazione dei metodi di
gestione eco-sostenibili, ha trovato rifugio una complessa catena di specie
vegetali e animali. La stessa difesa contro avversità, quali le arvicole che hanno trovato rifugio nel suolo non lavorato, può approdare a soluzioni non solo
eco-sostenibili, ma eco-arricchenti,
nella fattispecie attraverso l’introduzione o l’incremento della popolazione di
rapaci notturni.
Qualità gustativa
Il consumo di mele fresche è in regresso in tutti i Paesi occidentali. Nella
ristorazione la mela è stata sostituita –
per ragioni di comodità di consumo –
da dessert a base di latte e/o derivati
della frutta. Il consumo diretto è confinato alla ristorazione tipica o di alta
gamma e all’uso domestico, ridotto al
pasto serale. È invece in aumento il
consumo quale snack, in concorrenza
o a complemento con i prodotti da for-
Cameo® Caudle* viene proposta solo per
determinati ambienti ove ne risultino esaltati i
requisiti pomologici e qualitativi.
no, in ragione della leggerezza (l’ossessione per il peso-forma!).
È interessante, in proposito, il fenomeno di catene di distribuzione che offrono mele in apposite confezioni singole in distributori di facile accesso, dalle
scuole ai luoghi di lavoro, dalle palestre
alle case di cura. Considerate queste
nuove tendenze dei consumi, è evidente
che l’aspetto del frutto-piacere è destinato ad ulteriore crescita. Dal punto di vista varietale, occorre dunque orientarsi
verso cultivar che incontrino il gusto dei
consumatori, assecondando – dove possibile dettando – mode e tendenze di
fruizione. Si tratta di segmentare l’offerta
in funzione dei descrittori della qualità
gustativa: le polarità dolce/acidulo, croccantezza/fondenza della polpa; mentre
sono irrinunciabili i requisiti della succosità, dell’aroma e del profumo. La programmazione dei nuovi assetti varietali
non può più prescindere dai test di degustazione e di gradimento, per valutare
la risposta alle innovazioni di prodotto.
Segmentazione
Per quanto riguarda la segmentazione
dell’offerta, occorre tener conto delle preferenze dei mercati di destinazione. A
questo proposito, sono interessanti i comportamenti, talora contrastanti, dei mercati del Nord-Europa, rispetto al Sud-Europa, al Sud America, ai Paesi Arabi e all’Estremo Oriente. Nel primo caso che, sotto
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il profilo storico-sociologico, è condizionato da un approccio culturale di tipo luterano, calvinista o giansenista (substrato
culturale comune alla maggior parte delle
regioni del Nord-Italia), i consumatori
prediligono frutti aciduli e aromatici, con
polpa soda e croccante, mentre l’estetica
passa in secondo piano; anzi, spesso è
considerato fattore di pregio l’aspetto rustico, presunto indice di genuinità. I Paesi
latini, di matrice culturale cattolica, e arabi privilegiano il piacere estetico (si preferiscono mele rosse, con forme simmetriche ed allungate), il sapore dolce o equilibrato e polpa fondente, al massimo croccante-succosa (Pellegrino et al., 2001).
Per l’Estremo Oriente il requisito fondamentale è l’armonia del gusto, che mette
al bando i sapori “forti”, a vantaggio dei
toni delicati: sì quindi alla dolcezza, no
all’acidità e all’aroma pronunciato. Proprio i giapponesi hanno imposto all’attenzione dei costitutori il carattere “croccantezza”, prima con la cv Mutsu e in seguito con Fuji, che ha acquisito rilevanza
mondiale.
Frutto benessere
Il concetto del frutto-piacere ha a
che fare anche con le proprietà salutistiche della mela. Non tanto nel consumo
tradizionale, quanto nella crescita del
consumo quale snack. La concorrenzialità con i prodotti dolciari si gioca sulla
leggerezza della mela e sulle sue qualità
dietetico-nutrizionali. La mela vanta,
sotto questo profilo, una composizione
invidiabile, non ancora indagata in modo esaustivo, ma soprattutto non sufficientemente comunicata tramite i media
che influenzano il consumo (le rubriche
dei “magazine” femminili).
I punti forti della mela sono rappresentati dall’elevata ed equilibrata composizione vitaminica e di sali minerali, in pra-
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Eve® Mariri Red*, nuova proposta varietale per il gruppo Braeburn.
tica le sostanze impiegate nella formulazione di integratori alimentari artificiali di
largo consumo. Il messaggio che dovrebbe pervenire al consumatore è che “la
mela è l’integratore alimentare naturale
per eccellenza”. La composizione in polifenoli dovrebbe inoltre costituire l’oggetto
di campagne di informazione rivolte agli
operatori della salute, in modo che la comunicazione sugli effetti nutriceutici (benefici al sistema cardio-vascolare ed effetti di contrasto alla formazione di neoplasie) giunga al consumatore rafforzata dall’autorevolezza dell’intermediario.
I club di esclusiva varietale
Un aspetto innovativo, e per taluni
versi in alternativa, della valorizzazione
dei punti di forza della qualità è rappresentato dalla commercializzazione in
esclusiva di nuove cultivar, sotto forma
di club (Seguin,
2000). Il controllo
di tutta la filiera,
dalla costituzione
di una innovazione
varietale alla distribuzione al dettaglio, consente, infatti, di esercitare
un controllo sul delicato meccanismo
domanda/offerta. Si
ravvisa un’opportunità per le Organizzazioni di prodotto,
che possono assumere un ruolo propositivo. Essendo in
Crimson Crisp*, una delle nuove varietà resistenti a ticchiolatura di
grado
di concentramaggiore interesse.
re masse critiche di offerta, possono diventare soggetti attivi dell’innovazione,
commissionando a costitutori cultivar
con particolari caratteristiche, coltivandole e commercializzandole in esclusiva o con accordi di parternariato, in modo da giocare un ruolo attivo nei nuovi
scenari di mercato.
La formula prevede opzioni organizzative diverse, adattabili sia al
prodotto che si intende promuovere
quanto alla compagine associativa.
Si va dalla imprenditorialità di un’organizzazione produttiva-commerciale come Pomm’Anjou, che commercializza in esclusiva la cultivar Honey Crunch ® -Honey Crisp * , per la
quale ha stipulato un accordo diretto
con il costitutore. All’estremo opposto il caso di Pink Lady®-Cripps Pink*,
dove il promotore dell’iniziativa è
stato l’editore-vivaista. Soluzioni intermedie sono adottate da nuovi club
in formazione: Cameo ® -Caudle * e
Rubens®-Civni* (Testoni et al., 2003).
La strategia dei club si pone in alternativa alla valorizzazione del binomio territorio-prodotto, puntando
tutto sulle caratteristiche intrinseche
di una singola cultivar, sulla tracciabilità e sulla logistica assicurata dal
gruppo di produzione-commercializzazione. In tal caso è conveniente
adottare una strategia di internazionalizzazione nella distribuzione geografica della produzione, nell’intento di avvicinare la produzione ai
mercati e di attenuare l’incostanza di
produzione dovuta alle condizioni
climatiche delle singole regioni.
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La Flambloyante® - Mairac
Ambrosia*
Ariwa*
Un’intera nuova generazione di cultivar di
melo è in corso di valutazione in Europa; la
qualità del frutto è il denominatore comune di
tutti questi cloni.
Miglioramento genetico
e vecchie varietà
I programmi di miglioramento genetico hanno assunto quale obiettivo
prioritario la costituzione di cultivar
resistenti o tolleranti alle fitopatie del
melo (Crosby et al., 1992; Sansavini et
al., 2004). Al di là del dibattito sulla
durevolezza delle resistenze, che ha
di fatto limitato la diffusione su larga
scala delle cultivar TR, tali sforzi presentano una duplice valenza sotto il
profilo qualitativo (Kellerhals et al.,
1997). Il primo si collega alla ecocompatibilità della coltura del melo e
quindi alla reciproca valorizzazione
territorio-prodotto. Il secondo riguarda gli effetti sulle garanzie della sicurezza alimentare ed in definitiva del
rafforzamento del messaggio fruttobenessere. Non si ritiene di porre l’accento sugli aspetti di sicurezza alimentare come fattori di qualità, in
quanto questi dovrebbero essere recepiti come pre-requisiti per una qualsiasi forma di produzione-commercializzazione di qualità. Altrimenti detto,
la sicurezza alimentare deve restare
un fatto interno alla produzione, indipendente dall’adozione di tecniche
colturali “integrate”, biologiche o al
ricorso a cultivar dotate di resistenze a
Sonya® Nevson*
patogeni. In definitiva, non un valore
aggiunto, bensì un pre-requisito (Aldini et al., 2001).
Una considerazione a parte merita
l’ipotesi, in alcuni casi già adottata, di
recupero del germoplasma, nel segno
di un fenomeno di tendenza: la riscoperta dei sapori antichi, tradizionali e
– perché no? – anche culturali. Si tralascia il merito scientifico di salvaguardare dall’erosione genetica, mettendo al riparo in appositi “repository”, materiali che potrebbero tornare utili in futuro. L’impressione che si
ricava dalla conoscenza diretta del
germoplasma italiano è che in larga
misura non corrisponda agli attuali
criteri di frutto-piacere, utilizzabile tal
quale per grandi canali di commercializzazione.
Tuttavia, non è da trascurare l’apporto di tipicità che la coltura per
consumi “di nicchia” di varietà locali
può offrire alla caratterizzazione di un
territorio vocato alla melicoltura. Lungi dall’interferire con la diffusione di
cultivar per i grandi canali distributivi,
possono rappresentare la nota di colo-
September Wonder® Fiero*
re che il territorio offre nelle situazioni di “vente à la ferme”, per la preparazione di piatti tipici della ristorazione o per dare contenuto all’e-commerce sui siti informatici del territorio.
Un particolare impiego consiste
nel far rivivere interessanti caratteri di
sapore e rusticità, reperibili nel germoplasma, tentando di integrarli in
nuove cultivar, che presentino caratteristiche d’insieme rispondenti alle esigenze di ampi mercati, mentre il carattere “recuperato” ne costituisca l’aspetto innovativo. Molte delle cultivar
di melo che hanno recentemente conquistato la ribalta internazionale sono
frutto di tale intuizione: Pink Lady®Cripps Pink * deriva dal semplice incrocio di Golden Delicious con Lady
Williams, senz’altro pregio se non
quello della serbevolezza in tempi in
cui non esisteva la refrigerazione. Procedimenti analoghi sono stati utilizzati per Fuji (Rall’s Janet x Red Delicious) e la più recente Pinova* derivata da un incrocio in seconda generazione tra Golden Delicious e l’antica
Oldenburg.
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Conclusioni
L’analisi dell’evoluzione dei mercati internazionali suggerisce tracce di
percorsi da seguire per mantenere una
presenza della melicoltura in Europa,
nonostante i tempi di progressiva globalizzazione. Si tratta di assicurarle dimensioni e funzioni economiche sostenibili, consentendole di diventare un
elemento di valorizzazione paesaggistica, culturale e turistica di ampi territori. Se sapremo coglierne le opportunità, la globalizzazione non condurrà
ineluttabilmente a fenomeni di omogeneizzazione, ma potrà trasformarsi in
uno stimolo a valorizzare le peculiarità
del “locale” per affrontare le sfide internazionali (Sansavini et al., 2003).
In tale contesto, l’innovazione varietale assume un ruolo propulsivo nell’ideare e mettere a punto tipologie di
frutti “di tendenza”. Occorre da un lato
ridefinire gli obiettivi del miglioramento genetico, dall’altro accelerare i tempi della sperimentazione per rendere
tempestivamente accessibili le nuove
varietà (Iglesias et al., 2002).
Non mancano i segnali del cambiamento. È stata riformulata la presentazione dei risultati del Progetto italiano
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“Liste di orientamento varietale dei
fruttiferi”, basato sulle osservazioni
svolte presso centri sperimentali dislocati nelle principali aree melicole nazionali (Fideghelli et al., 2004; Donati
et al., 2004). A livello europeo, il gruppo “Apple and pear variety testing” del
Progetto Eufrin agevola lo scambio di
informazioni tra le stazioni sperimentali, mettendo a disposizione protocolli
di ricerca e favorendo i rapporti con i
costitutori di nuove varietà. I presupposti, quindi, ci sono tutti.
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