Il prezzo del petrolio: un parametro di rischio politico Il tentativo delle
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Il prezzo del petrolio: un parametro di rischio politico Il tentativo delle
Il prezzo del petrolio: un parametro di rischio politico Il tentativo delle Nazioni Unite di imporre sanzioni economiche contro l’Iran, accusandolo di aver alterato il processo di arricchimento dell’uranio per poterlo destinare allo sviluppo di un proprio dispositivo esplosivo nucleare, è andato a finire con le gambe all’aria in quanto sia Cina che Russia si sono rifiutate di conformarsi. Ma anche stando così le cose, l’Iran ha acquistato di recente enormi quantità di grano, soprattutto a causa della siccità che quest’anno ha colpito significativamente il raccolto. E’ possibile che l’Iran stia facendo scorte nel caso in cui le sanzioni si materializzino? Apparentemente l’Iran ha un programma di armamento nucleare in corso che viene portato avanti in bunker sotterranei. Ma, grazie al Mossad (i servizi segreti israeliani), gli scienziati nucleari iraniani trovano abbastanza difficile recarsi al lavoro in questi giorni (6 scienziati assassinati nel corso degli ultimi 12 mesi). L’aver impedito a chiunque di fare affari con l’Iran attraverso la chiusura di servizi e facilitazioni finanziari ha certamente causato difficoltà ai Paesi asiatici che infatti acquistano grandi quantità di petrolio dall’Iran. L’ambizione nucleare dell’Iran è una funzione del suo regime, non della sua gente. Il Presidente Ahmadinejad può essere matto da legare, ma il popolo iraniano certamente non lo è. Tuttavia il rischio politico è una strada a doppio senso. Infatti nessuno si fa domande riguardo al massiccio regime militare di Israele che include capacità nucleare, ma qualcuno dovrebbe farlo. Quand’è stata l’ultima volta che i mass media hanno esaminato criticamente l’esistenza degli arsenali nucleari del Pakistan o dell’India, soprattutto in vista del fatto che quest’ultima non aderisce al Trattato di Non-Proliferazione Nucleare? E, riguardo al Pakistan, non è stato di recente che l’esercito americano vi ha fatto una visitina rapida senza controllo dei passaporti e senza passare la dogana per abbattere clandestinamente Osama bin Laden nella casa in cui si era rifugiato? Se e quando i proiettili e le bombe cominceranno a cadere su Teheran, prestate attenzione a chi sono i produttori che forniscono le munizioni, giacchè e’ probabile che la maggior parte di essi avranno avuto origine nel Regno Unito o negli USA (British Aerospace, Raytheon, Honeywell, Lockheed Martin, BAE Systems e via dicendo). Non va dimenticato che quando George W. Bush invase l’Iraq per terminare il lavoro iniziato da suo padre, fu con il pretesto di aver ricevuto delle informazioni sospette riguardo alla presenza di armi di distruzione di massa. Dieci anni dopo e oltre 100.000 iracheni morti, gli USA hanno finalmente portato a casa loro gran parte delle proprie armi di distruzione di massa. All’inizio dell’anno il Segretario americano alla Difesa ha dato l’avvertimento che “Israele potrebbe essere la prima ad attaccare”. Non è forse un comportamento che pare ripetersi? Gran parte del rischio politico globale viene misurato in base a quella che è la materia prima veramente globale: il petrolio. La Prima e la Seconda Guerra Mondiale furono strettamente interconnesse con l’uso e la fornitura di petrolio. Quando Churchill convertì la marina britannica dal carbone al petrolio durante la prima guerra mondiale, ciò si rivelò decisivo poiché fu quello che conferì una posizione di vantaggio in termini di velocità ed efficienza. La Germania ed il Giappone persero la seconda guerra mondiale principalmente perché esaurirono le loro scorte di petrolio. Ai giorni nostri il petrolio rimane il parametro più affidabile e flessibile per misurare i rischi economici e politici a livello mondiale. Al momento il prezzo del petrolio mostra una persistente preoccupazione per le tensioni in Israele, Siria e Iran. Riflette meno la debole performance dell’economia europea e riguardo alla ripresa dell’economia americana che, incidentalmente, sta diventando meno dipendente dal petrolio del Medio Oriente. La domanda è quindi la seguente: qual è la fonte del rischio geopolitico? Teheran e Damasco o Washington e Tel Aviv?