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CASO CLINICO
Uno strano “diabete steroideo”
Cimino E, Disoteo OE, Bonomo M
SSD Diabetologia, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano
Storia clinica
V.M. è una giovane donna nata nel 1989, giunta alla nostra osservazione a fine 2010 per rialzo glicemico in corso
di terapia steroidea per porpora trombocitopenica autoimmune.
La paziente non ha familiarità per diabete mellito di tipo 1
(DM1) né per altre patologie autoimmuni. L’anamnesi fisiologica è nella norma, menarca regolare, non fumo,
non alcol, non farmaco-allergie, in terapia estroprogestinica da alcuni mesi al momento dell’osservazione. Nessun ricovero in passato o altre patologie croniche.
Alla fine di settembre 2010, la paziente notava la comparsa di ecchimosi cutanee e metrorragia in corso di terapia estroprogestinica.
Il 12/10/10, per la comparsa di petecchie nel cavo orale, il
medico curante prescriveva un emocromo che evidenziava
grave piastrinopenia (4000/mmc). Per questo motivo, la
paziente si presentava al pronto soccorso del nostro ospedale, dove veniva eseguito striscio periferico che evidenziava neutrofili 72%, linfociti 22%, monociti 6%, non
anomalie morfologiche a carico dei leucociti, lieve anisocitosi delle emazie, isolate piastrine di normale morfologia.
Lo specialista ematologo consultato consigliava inizio di
desametasone 40 mg e ricovero per le cure e gli accertamenti del caso.
Durante il ricovero in Ematologia, la terapia steroidea
veniva mantenuta per 5 giorni, fino al 17/10/2010,
con progressiva risalita della conta piastrinica (PLT > 100
× 109/l dal 19/10). Gli esami radiologici (Rx torace ed
ecografia addome) risultavano negativi per focolai infettivi, organomegalie e adenopatie.
Fra gli altri esami ematochimici, eseguiti durante la degenza, si riscontrava un incremento policlonale di IgG
(2030 mg/dl), anticorpi anti-piastrine (diretti e indiretti),
ENA+, Sg SS-A/RO 131,2 U/ml; Coombs diretto positivo,
aptoglobina 13 mg/dl, incremento dei reticolociti (40%)
con bilirubina e LDH nei limiti. Vitamina B12 ai limiti inferiori della norma. I restanti ematochimici risultavano nella
norma (in particolare funzionalità tiroidea e virologia).
Veniva posta diagnosi di porpora trombocitopenica autoimmune; in corso di terapia steroidea, la paziente presentava un progressivo rialzo delle glicemie (con valori
maggiori di 300 mg/dl), in un primo momento interpretato come “diabete steroideo”, per il quale veniva richiesto il nostro parere specialistico.
Esame obiettivo al ricovero
Paziente vigile, lucida collaborante, orientata spaziotempo. Apiretica.
Peso 55 kg, altezza 165 cm, BMI 20,2, PA 100/70 mmHg,
FC 68 battiti/m.
Obiettività cardiopolmonare nella norma.
Addome piano, trattabile, non dolente né dolorabile
alla palpazione superficiale e profonda. Non splenomegalia.
Cute e mucose normoidratate, ecchimosi diffuse arti inferiori.
Non edemi declivi.
Strategia diagnostico-terapeutica
Durante la visita di consulenza consigliavamo l’introduzione di terapia insulinica a basse dosi, iniziando, nel caso
specifico, con soli analoghi rapidi ai pasti, e monitoraggio stretto delle glicemie. Contemporaneamente veniva
richiesta esecuzione di HbA1c e peptide C per un migliore
Corrispondenza: dott.ssa Elena Cimino, SSD Diabetologia, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, piazza dell’Ospedale Maggiore 3, 20162 Milano • e-mail: [email protected]
Pervenuto il 17-11-2016 • Revisione del 21-11-2016 • Accettato il 21-11-2016
Parole chiave: diabete mellito di tipo 1, piastrinopenia autoimmune, diabete steroideo, sindromi polighiandolari • Key words: type 1 diabetes, idiopatic thrombocytopenia, steroid diabetes, polyglandular autoimmune syndromes
Abbreviazioni: BMI, body mass index, indice di massa corporea; CGM, continuous glucose monitoring, monitoraggio continuo del glucosio; DM1, diabete mellito di tipo 1; DS, deviazione standard; ENA, antigeni nucleari estraibili; FC, frequenza cardiaca; fT4, tiroxina libera; GAD, glutamic acid decarboxylase, decarbossilasi dell’acido glutammico; GP, glicoproteine; HbA1c, emoglobina glicata; HLA, human
leukocyte antigen, antigene leucocitario umano; IA-2, tirosina-fosfatasi; IAA, insulin autoantibody, autoanticorpi anti-insulina; Ig, immunoglobuline; ITP, immune thrombocytopenia, porpora trombocitopenica autoimmune; MAC, macroattività ambulatoriale; PA, pressione arteriosa; PGA, polyglandular autoimmune syndrome, sindromi polighiandolari autoimmuni; PLT, piastrine; S, sierico; TPO-ra,
agonisti dei recettori della trombopoietina; TSH, thyroid-stimulating hormone, ormone tireotropo; vn, valori normali; ZnT8, zinc trasporter
8, trasportatore 8 dello zinco.
G It Diabetol Metab 2016;36:256-261
Uno strano “diabete steroideo”
inquadramento clinico, anche alla luce dell’età della paziente (21 anni).
I risultati degli esami metabolici (HbA1c 6,3%, peptide C
basale/postprandiale 1,3/3,1 ng/ml) sembravano compatibili con un diabete steroideo, anche se il valore di
HbA1c poteva suggerire una situazione metabolica modestamente alterata precedente il ricovero. Alla dimissione la paziente veniva rinviata a nostra valutazione in
regime di macroattività ambulatoriale (MAC) con indicazione nel frattempo a proseguire la terapia insulinica
impostata in corso di ricovero, anche in considerazione
della necessità di mantenere la terapia steroidea.
Gli accertamenti eseguiti in MAC Diabetologia in data
22/10/2010 erano i seguenti:
– glucosio 139 mg/dl;
– HbA1c 6,5%;
– S-peptide C (a digiuno) 1,7 ng/ml (vn 0,9-6,9);
– S-anti-tireoglobulina 2 434 UI/ml (vn 1-100);
– S-anti-perossidasi tiroidea > 1000 UI/ml (vn 1-35);
– S-anticorpi anti-GAD 19,9 UI/l (vn 0,0-1,0) (dato dubbio);
– S-tireotropina (TSH) 9,86 µU/ml (vn 0,27-4,2);
– S-fT4 7,6 pg/ml (vn 9,2-17);
– HLA: DBR 01,15 DQB1 0,5. Assenza di aplotipi HLA significativi per la predisposizione al diabete;
– fundus oculi: nei limiti;
– valutazione endocrinologica per riscontro di ipotiroidismo autoimmune, impostata terapia sostitutiva con
levotiroxina.
Su questa base, anche per la presenza di indicatori di autoimmunità tiroidea a titolo elevato, si rafforzava l’ipotesi
di “diabete mellito di tipo 1” all’esordio; tuttavia la persistenza di discreta funzionalità beta-cellulare e l’incertezza
sull’affidabilità del riscontro di positività degli anti-GAD
non consentivano ancora una diagnosi di certezza. Inoltre, nel nostro ospedale non è possibile il dosaggio di an-
ticorpi IA-2 e IAA. L’utilizzo invece degli anticorpi ZnT8 nel
2010 non era ancora utilizzato nella pratica clinica.
Nel successivo follow-up, dopo la sospensione del desametasone, la paziente presentava una recidiva di piastrinopenia
che richiedeva la ripresa della terapia steroidea associata
questa volta alla somministrazione di Ig vena (50 g).
La terapia veniva proseguita con prednisone per 7 giorni
con progressiva risalita della conta piastrinica (PLT > 100
x 109/l dal quarto giorno di steroide) e un concomitante,
quanto atteso, nuovo peggioramento del controllo glicemico con necessità di reincrementare le dosi di insulina
(0,2 U/kg/24 h di solo analogo rapido lispro nei giorni
senza steroide, 1,2 U/kg/24 h di lispro + glargine durante
il ciclo di terapia).
A gennaio 2011 veniva eseguito l’ultimo ciclo di terapia
steroidea e dal febbraio 2011 veniva sospesa la terapia
insulinica a seguito della normalizzazione dei valori glicemici. A marzo 2011 stante la persistenza di valori di
euglicemia venivano ripetuti gli esami che confermavano
la positività degli anticorpi anti-GAD:
– S-anticorpi anti-GAD 23,3 UI/l (vn 0,0-1,0);
– S-peptide C (a digiuno) 1,1 ng/ml (vn 0,9-6,9);
– S-peptide C (postprandiale) 2,2 ng/ml;
– HbA1c 6,2%.
Alla visita di maggio 2011, dopo la reintroduzione di terapia steroidea per nuova recidiva di piastrinopenia, l’aumento dei valori glicemici soprattutto postprandiali
richiedeva la ripresa di terapia insulinica, con un fabbisogno massimo di 0,7 U/kg/24 h. Nel marzo 2012, stanti
le numerose recidive, veniva eseguita splenectomia, con
definitiva risoluzione della piastrinopenia.
Nei mesi successivi si osservava modesto deterioramento
del compenso glicometabolico con HbA1c = 7,3%, anche
se un monitoraggio continuo del glucosio, eseguito nel
giugno 2012, dava risultati nel complesso buoni: media
sensore 101 mg/dl (DS 27 mg/dl), tempo trascorso in
Figura 1 Tracciato di monitoraggio continuo del glucosio effettuato in giugno 2012, a distanza di 3 mesi dall’intervento di splenectomia e dalla sospensione della terapia steroidea.
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Cimino E et al.
Figura 2 Tracciati di monitoraggio continuo del glucosio effettuati annualmente, durante il follow-up ambulatoriale (A: 2013,
B: 2014, C: 2015), in assenza di terapia steroidea. Sono riportati anche il dato di HbA1c e il fabbisogno insulinico.
“range” terapeutico 70-179 mg/dl = 88% (iper: 1%,
ipo: 11%) (Fig. 1).
Si consigliava pertanto terapia regolare con insulina lispro 3-4 U ai pasti, in funzione della glicemia preprandiale. Tale trattamento consentiva alla paziente di
mantenere un buon compenso glucidico fino al marzo
2013, quando in seguito a ulteriore elevazione di HbA1c
e dei valori glicemici veniva reintrodotta anche insulina
basale (lispro protaminata). Nello stesso mese compariva
una lesione a livello del palato molle che, sottoposta a
biopsia, portava a diagnosi di lichen planus ulcerativo
mucoso; la lesione regrediva dopo trattamento con cortisone. A novembre 2013, dopo una fase di ipotiroidismo
trattato con terapia sostitutiva, emergeva ipertiroidismo
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con positività degli anticorpi anti-recettore del TSH, controllato con metimazolo, tuttora in corso.
Attualmente il quadro clinico pare stabilizzato, e può essere
definito come una sindrome polighiandolare autoimmune
(PGA) caratterizzata da DM1 e tireopatia autoimmune
(morbo di Basedow). Nella sindrome vanno evidentemente comprese anche la piastrinopenia autoimmune (risoltasi con la splenectomia) e il lichen planus, regredito
con terapia cortisonica. Il controllo glicemico si mantiene
da tempo su discreti livelli, con HbA1c sempre fuori “target”
(oscillante fra 7 e 8%), ma ottimi profili glicemici, confermati dai periodici tracciati CGM, ripetuti annualmente
(tempo trascorso in “range” terapeutico ampiamente
> 80%), e basso fabbisogno insulinico (Fig. 2).
Uno strano “diabete steroideo”
Discussione
Dal punto di vista diabetologico, il caso qui presentato,
a nostro parere, mostra diversi elementi di interesse, sia
dal punto di vista strettamente clinico sia per alcuni
aspetti più “speculativi”.
Clinicamente, l’insolita modalità di insorgenza dell’alterazione glicometabolica ha comportato qualche difficoltà
di inquadramento diagnostico, che avrebbe potuto avere
conseguenze sulle scelte terapeutiche. Si pone poi il problema della classificazione della sindrome all’interno delle
attuali categorie nosografiche, che non è immediato,
proprio perché la trombocitopenia non è fra le patologie
autoimmuni solitamente considerate nelle PGA(1-5). Anche
la lesione mucosa diagnosticata istologicamente (lichen
planus ulcerativo), per quanto di chiara patogenesi autoimmunitaria, non rientra fra le dermopatie inserite nelle
classificazioni correnti delle PGA. Infine, anche la tireopatia ha presentato un andamento non comune, con viraggio da ipotiroidismo a morbo di Basedow.
Difficoltà diagnostica iniziale
La difficoltà iniziale è stata di differenziare una diagnosi
di diabete secondario a trattamento steroideo, fondata
sul dato anamnestico (non storia di alterazione del metabolismo glucidico) e sui primi dati di laboratorio
(HbA1c non francamente patologica, iperglicemia prevalentemente postprandiale), da una forma di diabete
autoimmune.
Anche dopo una prima serie di esami specialistici, la tipizzazione della forma di diabete non è risultata immediatamente chiara. Il rilievo di ipotiroidismo autoimmune,
con alti titoli anticorpali, orientava verso una sindrome
autoimmune, ma la diagnosi di DM1 non sembrava inizialmente supportata da dati sufficienti: alla tipizzazione
HLA non risultavano aplotipi significativi per predisposizione a DM1, e il dato di C-peptidemia, a digiuno e
postprandiale, dimostrava una discreta produzione insulinica endogena. Il riscontro di positività degli anticorpi
anti-GAD è inoltre rimasto inizialmente dubbio, per una
incerta attribuzione del referto di laboratorio (giunto in ritardo, con altro nome).
Anche l’evoluzione clinica nelle prime settimane successive alla diagnosi (con iperglicemia prevalentemente postprandiale presente solo in concomitanza con i cicli di terapia steroidea) poteva essere compatibile con un diabete steroideo.
La situazione si è definitivamente chiarita solo successivamente, con la conferma della positività degli anticorpi
anti-GAD. A questo punto il quadro si è configurato
come una PGA, caratterizzata da DM1 e tireopatia autoimmune, ai quali si associavano due altre malattie autoimmuni non endocrine: la trombocitopenia e il lichen
planus.
Le sindromi polighiandolari autoimmuni
Le PGA sono un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate da autoimmunità diretta contro più di un organo
endocrino, anche se possono comprendere interessamento di organi non endocrini e forme di autoimmunità
aspecifica. Il termine era stato introdotto da Schmidt nel
1926 per una forma di tiroidite autoimmune associata a
un’insufficienza surrenalica non-tbc. Successivamente
molte altre forme di interessamento polighiandolare autoimmune sono state riconosciute, dando origine a una
notevole eterogeneità classificativa(1). La prima classificazione organica, alla quale ancora oggi si fa riferimento, è
stata proposta nel 1980 da Neufeld(2), con l’individuazione di quattro tipi di sindromi, delle quali le due più
frequenti (PGA tipo 1 e tipo 2) presentano come componente principale la malattia di Addison, assente invece
nella forma di tipo 3, dove l’elemento predominante è
la tireopatia autoimmune.
Una nuova classificazione della PGA 3, che comprende
le malattie autoimmuni intermedie e quelle non organospecifiche è stata successivamente messa a punto da Betterle e collaboratori(3). Di questa sindrome sono state così
descritte quattro diverse categorie in rapporto alla patologia concomitante con la tireopatia:
– PGA3A: tireopatia autoimmune associata a endocrinopatia autoimmune, più frequentemente il diabete
mellito di tipo 1;
– PGA3B: tireopatia autoimmune associata a gastroenterite autoimmune (gastriti autoimmuni, malattia celiaca, anemia perniciosa);
– PGA3C: tireopatia autoimmune associata a malattie
neuromuscolari e cutanee (vitiligine, alopecia, sclerosi multipla);
– PGA3D: tireopatia autoimmune associata a malattie
del collagene, vasculiti, artriti reumatoidi.
In una quarta sindrome (PGA tipo 4) sono comprese invece diverse associazioni di patologie autoimmuni non
rientranti nelle categorie precedenti(4).
L’associazione porpora trombocitopenica
autoimmune-diabete di tipo 1
Nel nostro caso l’incertezza diagnostica all’esordio è stata
aggravata anche dalla scarsa frequenza dell’associazione
trombocitopenia autoimmune-diabete di tipo 1, della
quale in letteratura sono descritti solo pochi casi.
La porpora trombocitopenica autoimmune (immune
thrombocytopenia, ITP) è una patologia caratterizzata da
piastrinopenia isolata e assenza di ogni segno o sintomo
clinico non direttamente correlabile alla piastrinopenia.
La stima di incidenza negli adulti risulta compresa fra 1,6
e 3,9 per 100.000 abitanti/anno(5). Le manifestazioni
emorragiche dell’ITP sono quelle tipiche dei difetti
primari dell’emostasi, con comparsa di petecchie ed ecchimosi cutanee e di sanguinamenti delle mucose. L’ezio-
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Cimino E et al.
patogenesi della malattia non è ancora del tutto nota.
Gli autoanticorpi anti-piastrine sono prevalentemente di
produzione splenica, generalmente rivolti verso le glicoproteine (GP) GP IIb/IIIa o GP Ib/IX presenti sulle membrane piastriniche del paziente, in particolare verso
epitopi della regione N-terminale della GP IIb. Con le attuali tecniche diagnostiche la presenza di autoanticorpi è
rilevabile in non più dell’80% dei casi: anti-GP IIb/IIIa nel
60% e anti-GP Ib/IX nel 20% circa. Oltre alla presenza di
autoanticorpi un ruolo particolare potrebbe essere giocato dai linfociti T CD8+ autoreattivi verso le piastrine, in
grado di provocare una lisi intravascolare e inibire la megacariocitopoiesi riducendo la produzione piastrinica a
livello midollare. Le terapie comprendono l’uso di corticosteroidi, Ig ev, Ig anti-D e la splenectomia. Quest’ultima è tuttora l’opzione terapeutica che offre il più alto
tasso di risposta e rimane l’opzione di scelta nell’ITP recidivante. La produzione di nuovi anticorpi monoclonali
ha indotto recentemente a proporre tentativi terapeutici
volti a evitare o rimandare il più a lungo possibile la splenectomia: in particolare si è valutato l’uso precoce di anticorpi anti-CD20 (rituximab) o degli agonisti dei
recettori della trombopoietina (TPO-ra).
La maggior parte dei pazienti affetti da ITP e DM1 finora
descritti sono di età pediatrica. Un caso descritto da von
Laer Tschudin nel 2015(6), si riferisce a un ragazzo di 13 anni con esordio di piastrinopenia autoimmune seguito
dalla comparsa di ipotiroidismo autoimmune e, 3 settimane dopo, dall’esordio di DM1. Si tratta dell’unico caso
riportato in cui il trattamento con insulina è stato sospeso
per un periodo di 28 settimane dopo la terapia con anticorpi anti-CD20 (opzione terapeutica alla quale si è ricorso dopo il fallimento della terapia con steroidi e con
immunoglobuline). Secondo gli autori l’iperglicemia inizialmente è scatenata dalla terapia cortisonica e dall’attivazione autoimmune: l’utilizzo di terapia anticorpi
anti-CD20 sembra parzialmente efficace nella prevenzione e sviluppo del diabete, ma non tanto da preservare
nel lungo periodo la funzionalità beta-cellulare.
L’impiego del rituximab in una paziente con trombocitopenia refrattaria al trattamento e DM1 è stato riportato
da Quintana et al. nel 2010(7): l’utilizzo di questi anticorpi
sembra in grado di modulare la risposta dei linfociti B interessati nel processo autoimmune di entrambe le patologie.
Altri casi pubblicati hanno riguardato l’associazione
ITP-DM1 in età pediatrica o giovanile, in una varietà di situazioni cliniche: associata a sarcoidosi(8), successivamente
a infezione da varicella(9), in presenza di autoimmunità tiroidea(10), associata a gastrite da H. pylori(11). Caratteristiche
particolari ha invece il caso presentato nel 2012 da Yasuda
et al.(12), sia per l’età adulta del paziente (54 aa) sia per l’associazione fra una trombocitopenia senza evidenza di immunoglobuline G anti-piastrine e una forma di diabete di
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Flow-chart diagnostico-terapeutica
Donna di 21 anni affetta da piastrinopenia autoimmune
all’esordio e rialzo glicemico. Tireopatia autoimmune
Anamnesi
Non familiarità per DM1.
Prima comparsa di iperglicemia in corso di
terapia steroidea per grave piastrinopenia
Contemporaneo riscontro di tireopatia
autoimmune, esordita come ipotiroidismo
e in seguito virata verso morbo di Basedow
Lichen planus cavo orale, regredito con
terapia steroidea
Esame obiettivo
Peso 55 kg, altezza 165, PA 100/70, FC 68
Obiettività cardiopolmonare nella norma
Addome piano, trattabile, non dolente
né dolorabile alla palpazione superficiale
e profonda. Non splenomegalia
Cute e mucose normoidratate, ecchimosi
diffuse agli arti inferiori
Esami
di laboratorio
Glicemia elevata inizialmente in fase
postprandiale, in seguito anche a digiuno,
HbA1c alla diagnosi in ambito non chiaramente
diabetico, in seguito innalzatasi,
stabilizzandosi fuori “range” terapeutico
Monitoraggio continuo del glucosio in corso
di terapia insulinica sempre su buoni livelli,
con oltre l’80% del tempo trascorso
in “range” terapeutico
Peptide C alla diagnosi indicativo di discreta
funzionalità beta-cellulare
Indici di autoimmunità tiroidea positivi a titolo
elevato: positività anticorpi anti-GAD confermata
con certezza solo dopo qualche settimana
dalla comparsa di iperglicemia
Conclusione
diagnostica
Sindrome polighiandolare autoimmune
di tipo 4
Strategia
terapeutica
Terapia insulinica iniziata con solo analogo
rapido ai pasti, in seguito aggiunta insulina
basale serale
Fabbisogno insulinico nettamente più elevato
in corso di cicli di terapia steroidea, ridotto
lontano dai cicli, con breve periodo
di completa sospensione
Dopo splenectomia interruzione definitiva dello
steroide, ma necessità di proseguire insulina,
basal-bolus, con fabbisogno non elevato
Tireopatia trattata inizialmente con terapia
sostitutiva; dopo viraggio in senso ipertiroideo
passaggio a terapia tireostatica
con metimazolo, tuttora in corso
Uno strano “diabete steroideo”
tipo 1 “fulminante” idiopatico, comparsi 7 gg dopo la vaccinazione anti-influenzale.
È da sottolineare che, nella maggior parte dei casi, come
anche nella nostra esperienza, la prima alterazione a
comparire è quella ematologica, seguita solo successivamente dall’iperglicemia, evidentemente favorita dallo
stress indotto dalla terapia steroidea ad alte dosi, con rapido scompenso di un’alterazione glicometabolica altrimenti destinata a evolvere più lentamente. Questo
esordio clinico anticipato, in una fase precoce dell’evoluzione clinica del danno beta-cellulare spiega probabilmente anche la buona funzionalità beta-cellulare residua
alla diagnosi, e il modesto fabbisogno insulinico riscontrato nelle fasi di sospensione dello steroide.
è importante tenere presente che il 10-25% dei soggetti
con una malattia autoimmune tende nel corso della vita
a svilupparne almeno un’altra; al fine di consentire una
diagnosi precoce di eventuali copatologie occorre quindi
monitorare regolarmente i principali parametri sierologici per le patologie immunitarie di più frequente riscontro, mantenendo un’attenta sorveglianza clinica su
sintomi e segni specifici a esse legati.
Inserimento nell’attuale classificazione
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(APS) or Multiple Autoimmune Syndromes (MAS). In: Walker SE,
Jara LJ, eds. Handbook of systemic autoimmune diseases. Endocrine manifestations of autoimmune diseases. Elseviers Publisher
2008, pp. 131-44.
4. Cutolo M. Autoimmune polyendocrine syndromes. Autoimmun
Rev 2014;13:85-9.
5. Rodeghiero F, Stasi R, Gernsheimer T, Michel M, Provan D, Arnold DM et al. Standardization of terminology, definitions and
outcome criteria in immune thrombocytopenic purpura of adults
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6. von Laer Tschudin L, Schwitzgebel VM, von Scheven-Gete A,
Blouin JL, Hoefer M, Haushild M et al. Diabetes and immune
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to anti CD20 therapy. Pediatr Diabetes 2015;16:138-45.
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type 1 diabetes. Pediatr Endocrinol Diabetes Metab 2008;14:
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thrombocytopenic purpura and type 1 diabetes mellitus-a case
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11. Culquichicón-Sánchez C, Correa R, Flores-Guevara I, Espinoza
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Nella nostra giovane paziente, l’associazione di tireopatia autoimmune e di DM1, in assenza di interessamento
surrenalico, orienterebbe verso una forma di PGA tipo
3A; tuttavia la presenza di trombocitopenia autoimmune,
solitamente non prevista nelle attuali classificazioni in associazione con il diabete, così come quella del lichen planus, non rientrante tra le dermatopatie considerate,
potrebbe configurare più correttamente una PGA tipo 4.
Conclusioni
In pazienti che presentano compromissione di una o più
ghiandole endocrine in associazione a patologie immunologiche a carico di altri apparati, la possibilità di trovarsi di fronte a una PGA deve essere sempre considerata.
Al di là del problema classificativo, il caso descritto testimonia la complessità e la varietà delle manifestazioni autoimmunitarie multisistemiche che possono associarsi e
talvolta precedere il diabete di tipo 1. La presenza di patologie di non comune riscontro, soprattutto se richiedenti una terapia steroidea sistemica, può a volte, come
in questo caso, complicare e ritardare una corretta diagnosi e tipizzazione della forma di diabete. La possibilità
di una PGA, e quindi di un diabete di tipo 1 autoimmune,
va pertanto sempre presa in considerazione in pazienti
che presentino iperglicemia concomitante con altre patologie autoimmuni, anche se non “canonicamente”
inserite nelle sindromi più frequenti. Una precisa tipizzazione della patologia diabetica, con indagini mirate ed
eventualmente ripetute nel tempo, è quindi indispensabile per potere impostare correttamente fin dall’inizio la
terapia ipoglicemizzante e il follow-up successivo. Infine
Conflitto di interessi
Nessuno.
Bibliografia
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