Lucifero Si è sempre creduto che Lucifero sia stato

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Lucifero Si è sempre creduto che Lucifero sia stato
Lucifero
Si è sempre creduto che Lucifero sia stato
scacciato dal paradiso perché a un certo punto
avrebbe tentato quello che oggi definiremmo un
golpe. Lui e la sua accolita avrebbero cercato di
detronizzare il Boss e i suoi fedeli; in realtà non
è andata proprio così. Luci è sempre stato un
buontempone, uno a cui piaceva ridere e scherzare, e ogni tanto qualche battutina sul santissimo gli scappava... Poi, quando era in missione,
lontano dagli occhi di Dio, magari un peccatuccio lo faceva. Oh, che avete capito?? No, non
quel tipo di peccato: era un angelo, e anche il migliore. Aveva solo la lingua troppo lunga, tutto
qui. E se tutti quelli che hanno la lingua lunga, il
signore li scaccia... be’, non è che resta in grande compagnia...
Comunque, torniamo ai fatti. Dopo la storia
della Terra creata in sette giorni – infatti non era
venuta ’sto granché bene – Luci si era inventato una canzoncina che sbeffeggiava il santissimo, che già all’epoca non era più un ragazzino,
imputandogli il fatto di non saper più neanche
fare le palle rotonde, tant’è che la terra è schiac-
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Efriel
ciata sui poli, dove Dio teneva le mani. Il buon
Dio, che tanto umorista non era – si accorgerà
Abramo di questo – a questa storiella fece finta
di niente, ma quando Luci cominciò con quell’altra storia, quella sulla donna, il capo non ci
vide letteralmente più, e convocò il reo dinanzi
a sé. Il buon Luci aveva la lingua troppo lunga,
non solo, aveva una familiarità col capo che
nessun altro aveva, per cui si riteneva al di sopra
di qualunque punizione. “Gli do del tu” si beava
con i suoi compagni, e di questo cameratismo si
sentiva forte, sapeva che la battuta sulla donna
era pesante, ma proprio per questo piaceva da
matti. Dunque si presentò al Boss con tutte le
ali spiumate di fresco e tranquillo, come solo il
franti del libro Cuore poteva esserlo. Stava per
aprire bocca quando Dio lo zittì: “Basta, di te
non ne posso più!” tuonò, “i tuoi motteggi mi
hanno infastidito oltremodo, passi la storia della
Terra, passi la storia del buio, passi la storia che
ho inciampato nelle Alpi, ma questa sulla donna
le supera tutte, vattene e non farti più vedere.”
“Boss...”, cercò di dire Luci, ma Dio era troppo
inc...ato per stare ad ascoltare, aveva cremato
due città per molto meno e incasinato le lingue
per meno ancora; furente come la volta che aveva
sorpreso Adamo ed Eva in atteggiamenti poco
consoni all’Eden, alzò il braccio e indicò l’uscita a Luci, e quello, mesto, con le ali che strusciavano a terra, se ne andò dal paradiso e cercò
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Lucifero
di costruirsi casa in un altro posto. Però dal quel
momento ha avuto sempre il dente avvelenato
nei confronti di Dio, e tutto per una stupida battuta sulle donne! Efriel
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Quel paraculo di Abele
Quando surfeggiavo per la rete come angelo,
raccontavo storie consone alla memoria di un angelo, questa è una di quelle.
La storia, come la raccontano a noi fin da piccoli, si sedimenta nella nostra testa piano piano,
e su questo substrato cresce tutto il resto, per cui,
a forza di sentire che Abele era buono e Caino
un po’ meno, ci siamo convinti che sia stato effettivamente così. Strano a dirsi, le cose sono
andate in maniera diversa. Dopo la cacciata dall’Eden della coppia più bella del mondo, noi angeli, di tanto in tanto, portavamo qualcosa ai
due poveretti: che so, una torta alle fragole piuttosto che uno sformato di patate, tanto alla mensa
il buon Raguel non si accorgeva mai di nulla, e
noi eravamo mossi a pietà per la fine di quei
due; in fondo non era tutta colpa loro, va be’, ma
questa è un’altra storia. Torniamo ai due bimbi:
mamma Eva, come promesso da Dio, partorì nel
dolore e negli smoccolamenti due maschi, uno
dopo l’altro. Già qui sorgerebbe un problema,
ma continuiamo la cronaca spicciola: i due, più
che fratelli sembravano coltelli. Erano tanto di-
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versi che Adamo aveva preso a pedinare la povera Eva per timore che gli avesse messo le corna.
Dei due, Abele era quello che somigliava ad
Adamo: voglia di faticare zero.
Guardava le nuvole nel cielo e mormorava
cose senza senso che lui chiamava poesie. Caino,
invece, era tutto sua madre, un gran lavoratore,
un tipo curioso della natura che lo circondava,
ma non per semplice diletto, no, semplicemente studiava come usare la forza della natura a
proprio vantaggio. Abele era solito fare lunghe
passeggiate con un filo d’erba in bocca e il cappello per proteggersi dal sole; intanto Caino si
faceva il mazzo in mezzo ai campi...
Allora, per farla breve, era ovvio che tra i due
non corresse buon sangue, anche perché Abele
era sempre latitante, ci fosse una volta che la sua
fronte sudasse, eppure Dio era stato categorico,
suderete sette camice per guadagnare la pagnotta. Ma a ben vedere lì sembrava che il peccato
dovessero espiarlo Caino e mamma Eva, che intanto era rimasta incinta nuovamente. Ma dico
io, ci saranno stati sì e no quattro gatti in giro,
ma Abele dove si ficcava? Varrà la pena dire
qualcosa del panorama che si godeva dalla loro
capanna. A nord lussureggiava l’Eden, con un’aria da presa per il culo dei loro campi aridi, a est
deserto che sullo sfondo virava in deserto profondo, a sud il mare, ma lontano lontano, a
ovest, be’, a ovest la frontiera, la mitica frontie-
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Quel paraculo di Abele
ra di hollywoodiana memoria. A ovest abitavano gli unici figli dell’uomo nel raggio di miglia.
E qui vedo le bocche spalancate, ma come,
Adam ed Eve non erano gli unici uomini?
Certo, gli unici uomini figli di Dio, oh gente
sveglia, perché credete che gli ebrei si chiamino il popolo eletto? Perché Dio in persona ha
creato Adam ed Eve, cioè, prima aveva creato
Lilith, ma questa è un’altra storia. Per cui, anche
se avevano deluso il Boss, non si mischiavano
volentieri con gli altri, preferivano una vita ritirata: i Gentili, come li chiamavano loro, erano
un’altra razza. E qui cominciano le storie.
Abele aveva fatto amicizia con altri fannulloni rubacuori che frequentavano il pub in cui si
ritrovavano il sabato sera; Caino invece frequentava la bocciofila, e con gli amici gettava le basi
per una società più giusta ed equa...
Ovvio che un tipo con le idee così sovversive non fosse in grande auge verso il Boss supremo, il quale, già sappiamo, non è che fosse
un tipo malleabile. “No, visto che sono Dio, si
gioca come dico io! Se no a casa tutti che questo pianeta è mio!” Così, travestito da bocciofilo, una sera Dio entrò nel circolo, e tra un quartino e una partita con due pensionati, capì che
se non voleva guai, Caino andava fermato, solo
che non voleva fermarlo nel solito modo, no,
nel solito modo sarebbe diventato un martire
ante litteram, Dio voleva che Caino fosse liqui-
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dato in modo totale, ma soprattutto andavano liquidate le sue idee, doveva operare in modo che
solo il nome Caino suggerisse qualcosa di brutto. “Idea”, disse il Boss a noi angeli riuniti, “gli
facciamo fare una vaccata esagerata, già ma cosa?
È un gran lavoratore e tutti gli vogliono bene,
be’ tutti tutti no, Abele per esempio non è che
abbia grandi simpatie per lui. Bene, ottimo, chiamatemi Abele”. Quando Abele arrivò, Dio capì che era fatta.
Bastò fargli balenare un bel viaggetto tutto spesato con partenza pressoché immediata, e soprattutto nessuna spesa, per vedere gli occhi di
Abele illuminarsi. “Sì dai facciamo uno scherzo a Caino”, fu la sua risposta. Beato tontolone.
Dio lo infilò nel primo charter a disposizione
per le Maldive, poi pensò a Caino.
Lo trovò il mattino dopo che tirava l’aratro
nel campo dietro casa, aveva una faccia da cambiale scaduta che metà era abbastanza, e Dio
disse: “Ehi come va?” “Da schifo” rispose Caino.
“Bene, così dev’essere, un’altra volta imparate”. “Mamma e papà dove sono?” “Ma tu non
sei Dio? Quello che sa sempre tutto?” “Di’
Caino, hai voglia di un bel fuoco di sant’Antonio in mezzo alle chiappe?” “Ok ok, non scaldarti tanto, sono usciti stamattina e non torneranno fino a sera.” “E il buon Abele, dove sta?”
“‘Il buon Abele’? Miii, il buon Abele starà infrattato come suo solito per scansare la fatica”.
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Quel paraculo di Abele
“Tu non me la conti giusta” disse Dio. Caino
si fermò, alzò la testa, si tolse dalle spalle l’aratro e fissò Dio negli occhi. “Cioè?” fu la risposta. “Cioè non vedo Abele, i tuoi genitori non ci
sono, Abele non è proprio nella tua top ten degli
amici...”
Caino capiva che c’era qualcosa di strano, di
solito Dio prima di venire avvisava, uno squillo di quei tromboni che usava non era mai mancato, invece questa volta era venuto così senza
avvisare, sicuramente sapeva dove erano mamma
e papà, e sapeva pure dove fosse Abele, quindi,
visto che Caino non era proprio tonto, e due più
due fanno quattro, Dio era lì per lui. E se era lì
per lui erano guai. Aveva un altro termine in
mente al posto di guai, ma con Dio presente era
meglio non dirlo. “Allora”, insistette Dio “dov’è
Abele? Anzi, che gli hai fatto?”
Che gli hai fatto? Caino cominciò ad avere
una visione pessimistica del suo futuro, ma ancora non aveva capito dove volesse andare a
parare, intanto la voce tonante di Dio aveva radunato una piccola folla, ed è lì che Dio tirò
fuori il colpo di teatro, nella sua mano comparve una tunica insanguinata, la gettò ai piedi di
Caino e disse le cose che conosciamo; la gente
prima disse “Ohhh”, poi mormorò qualcosa, poi
qualcuno mise mano ai sassi, e il resto è storia.
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