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IL CORPO - II, 4/5, dicembre 1995
CANE NON MANGIA CANE: LE RECENSIONI A SCALFARI
U. GALIMBERTI, «Se l’uomo si toglie la
maschera», la Repubblica, 31 ottobre 1995,
pp. 38-39 (doppia pagina centrale), ritratti di
Scalfari, Pascal, Nietzsche, Diderot.
[...] Al teatro dell’Io, dove la finzione
della maschera sostituisce la verità del volto,
Eugenio Scalfari ha dedicato il suo primo libro
di riflessioni filosofiche che ha per titolo
Incontro con l’Io (Rizzoli, 1994). In quel libro
non si discuteva di narcisismo come gran parte
della critica ha ritenuto, condizionata dall’ipnotismo delle parole in percorsi troppo rapidi
di lettura. In quel libro si discuteva di una faccia della verità, quella per cui noi ci riteniamo
autori della nostra vita. L’altra faccia, quella
per cui noi siamo vissuti dalla vita della specie
che, come « la grande danzatrice » di Goethe,
« sembra che abbia puntato tutto sull’individualità, mentre niente le importa degli individui » viene in luce in questo secondo libro.
Qui, con coraggio, si sostiene la tesi
(che i filosofi, forse per difesa del loro mestiere, hanno sempre evitato) secondo la quale il
fondamento della morale non va cercato nei
comandamenti divini e neppure nel faticoso
lavoro della ragione compiuto da tutti quegli
uomini che non hanno troppa fiducia nel cielo,
ma va cercato nei percorsi opachi e bui dell’istinto dove la specie lascia le sue tracce.
Quindi non nell’anima, ma nel corpo. [...]
Ma Scalfari, che non ha mai creduto
che i comandamenti fossero parola di Dio, perché ha sempre sospettato che dietro la parola di
Dio si nascondessero le macchinazioni degli
uomini a cui la parola di Dio serve solo a dare
la sacralità al loro arbitrio, Scalfari, dicevamo,
ha seguito finora la via dei filosofi, quella iniziata da Platone che per primo ha fondato una
morale prescindendo dai « sacri ordinamenti »,
inaugurando quella via della ragione che ha
trovato nell’Illuminismo la sua celebrazione.
[...]
Ma, al termine dell’intervista [di
Scalfari a Voltaire], quando anche il filosofo
sembra perdersi nelle zone d’ombra del suo
pensiero, l’ultimo dei suoi discepoli si congeda
dal maestro e dalla sua filosofia perché la tolleranza, che Voltaire e, prima di lui, Locke avevano indicato come fondamento della morale,
ad Eugenio Scalfari appare insufficiente. [...]
Con un lavoro paziente, simile al lavoro dell’archeologo, il nostro viandante libera
questa parola da tutte le incrostazioni con cui,
a ondate successive, la tradizione, prima cristiana e poi popolare, l’ha ricoperta rendendola irriconoscibile e, restituendola alla sua originaria natura, la trova degna di sostituire la
parola tolleranza che a suo tempo monsieur de
Voltaire gli aveva segnalato come fondamento
della morale. Scavando e sbrogliando il gioco
intricato delle radici, non la tolleranza ma la
carità riflette nella sua lucentezza quel raggio
di luce che porta sulle tracce dell’origine della
morale. [...]
Sulla traccia di Pascal, per il quale l’uomo è « miserabile », ma insieme grande perché, tra i viventi, è l’unico che « riconosce la
sua miseria », Eugenio Scalfari rende esplicito
quel che era implicito nella filosofia di
Schopenhauer. [...]
Al pari di Nietzsche (opportunamente
citato nel suo libro), Scalfari non nega che, per
esprimersi, la pulsione necessita di quella
mediazione culturale che agli occhi di
Nietzsche appare come la « menzogna millenaria necessaria per vivere », ma proprio per questo Scalfari non confonde la « menzogna » con
la « verità », i rivestimenti culturali di cui la
morale ha bisogno per esprimersi con la fonte
originaria della morale che resta naturale e
non culturale. Di qui, « la necessità di tornare
alla radice comune che la mente trasforma in
immagini, sentimento, cultura, religione »
(p.150). [...]
Eugenio Scalfari ha fatto il processo
contrario: dalla tolleranza alla carità, ma scavando in questa parola non ha trovato il messaggio cristiano, ma la natura comune dell’uomo a cui la religione cristiana, al pari di altre
religioni, ha dato il suo storico rivestimento.
Cane non mangia cane: le recensioni a Scalfari
U. GALIMBERTI, «Il dibattito sul libro di
Eugenio Scalfari. Chi ha rubato la morale
agli uomini», la Repubblica, 15 novembre
1995, pp. 38-39 (doppia pagina centrale),
foto e ritratti di Giorello, Vattimo,
Heidegger, Kant.
Se leggiamo i commenti che i filosofi
hanno dedicato al libro di Eugenio Scalfari (
Alla ricerca della morale perduta, Rizzoli ),
scopriamo che al di sotto del problema morale della convivenza tra gli uomini, messo in
gioco dalle parole « tolleranza » e « carità »
a cui Gianni Vattimo ( La Stampa 25 ottobre
) e Giulio Giorello (Corriere della Sera, 9
novembre) hanno dedicato le loro significative riflessioni, c’è un problema più radicale
che potremmo enunciare così: è ancora possibile una morale nella nostra epoca che tutti
riconoscono contrassegnata dall’egemonia
della tecnica? [...]
Queste osservazioni non colgono di
sorpresa Eugenio Scalfari che va alla ricerca
della « morale perduta » proprio perché
avverte che nel nostro tempo, il posto lasciato libero dalla morale è stato occupato dalle
normative della tecnica o, come lui le chiama, le « regole dell’arte » per cui « ciascuno
dovrà far meglio che può ciò che ha scelto di
fare, gestire con sufficiente competenza e
rigore la funzione cui è stato chiamato. La
sua moralità è questa e non può essere altra».
Che il rapporto tra la morale e la tecnica sia il nocciolo duro del libro di Scalfari
lo deduco anche dal fatto che in un editoriale che titolava: « Che sciocco fu Socrate a
bere la cicuta » ( la Repubblica, 18 giugno),
Scalfari anticipava, tra i molti temi che poi
avrebbero trovato adeguato svolgimento nel
suo libro, proprio quello relativo al rapporto
tra la morale e le normative tecniche al
punto da indurmi a scrivere un mio commento al suddetto editoriale (la Repubblica 25
giugno) [...].
Se questo è il profilo della situazione,
la morale sembra davvero « perduta ».
Andarne alla « ricerca », come vuole il titolo
del libro di Eugenio Scalfari, oggi significa:
continuare a pensare.
G. GIORELLO, «Fra l’illuminista Voltaire e
il mistico Pascal, Eugenio Scalfari rintraccia i principi morali di una Sinistra non
totalitaria. Senza carità la tolleranza vale
poco», Corriere della Sera, 9 novembre
1995, p. 33, su 7 colonne, foto di Scalfari e
ritratto di Voltaire.
[...] Sentendosi forse un illuminista
nato in ritardo di qualche secolo, Scalfari
mescola argomentazioni, sogni, ricordi in un
pamphlet di tono e gusto settecenteschi, che
però non perde d’occhio le catastrofi che sono
venute dopo e che fa tesoro insieme della
lezione di Nietzsche, il filosofo che scelse di
essere folle contro la pazzia degli uomini, e di
quella della biologia molecolare, della neurofisiologia, della psicoanalisi che hanno ricondotto alle sue radici materiali quel «fantasma
dentro la macchina » che a suo tempo
Cartesio aveva definito «sostanza che pensa
» - cioè la Mente, o l’Anima. [...]
Voltaire consigliava di rispettare gli
altri per rendere sopportabile la propria vita;
Pascal desiderava spegnersi in mezzo ai poveri per riscoprire la « radice comune » che è
alla base di sentimento, cultura e religione.
Così, anche il laico (anzi « ateo ») Scalfari
finisce coll’aspirare a quella pienezza del sé
che solo può farci ritrovare la nostra « matrice primigenia ». [...]
IL CORPO - II, 4/5, dicembre 1995
G. VATTIMO, « Nuovo libro filosofico, fra
ricerca della morale e scoperta della carità.
Scalfari, incontro con Pascal sull’orlo dell’abisso », La Stampa, 25 ottobre, 1995, su
sette colonne (2 a pagina intera), foto di
Scalfari, ritratti di Voltaire e Pascal.
Che cosa c’è di nuovo, significativamente nuovo, nel secondo libro « filosofico »
di Scalfari che va on libreria in questi giorni?
La novità relativamente più clamorosa in
Alla ricerca della morale perduta (Rizzoli) prodromo di una conversione? ma Scalfari
non è così vecchio e malandato da cominciare a prepararsi all’al di là - è la sua presa di
partito per Pascal contro Voltaire, cioè per la
morale della carità contro la morale della
semplice tolleranza. Ma in questi limiti la
novità riguarderebbe pur sempre soltanto la
persona di Eugenio Scalfari, aggiungendo
solo un tratto nuovo e forse problematico
alla sua figura pubblica. [...] Domandiamoci
piuttosto se il libro di Scalfari apporta qualcosa di nuovo agli attuali dibattiti sulla
morale.
Qualcosa di nuovo e significativo,
indipendentemente dal fatto che lo dica proprio Scalfari, qui c’è. [...] Si tratta dell’esplicito riconoscimento che non si può cercare il
fondamento della morale solo nella tolleranza, nel sentimento di simpatia per gli altri,
nella ragionevole (e mai completamente
disinteressata) scelta in modo da cementare
il legame sociale. Ebbene, oggi molta etica,
filosofica e non, si muove proprio prevalentemente in questa ottica. [...]
Scalfari sospetta profondamente di
tutte queste forme di « etica pubblica ». [...]
Le vede esposte al rischio, e ben più che al
rischio, di elevare a grande esempio morale
personaggi come Talleyrand, giustificando
cinismo e trasformismi di ogni genere. [...]
Scalfari vuole invece un fondamento più solido, e in fondo più assoluto. [...]
S. FIORI, «A lezione di filosofia con
Eugenio Scalfari. Quando la morale diventa notizia», la Repubblica, 30 gennaio 1996,
p. 30, su 4 colonne (sotto, vignetta di
Tarzan).
Roma - E se provassimo a cercare la
morale perduta in un’aula universitaria,
facoltà di Giurisprudenza? La scommessa
eccita i ragazzi, sollecita curiosità. Oggi non
sarà una lezione come le altre, al posto del
professore di Diritto civile parlerà il direttore di un grande quotidiano. [...]
Ore dieci di lunedì: Scalfari sale in
cattedra al posto di Stefano Rodotà. Che già
qualche mese ha aperto le sue lezioni di diritto civile a Beniamino Placido e Rossana
Rossanda. « Una lama di luce nel grigio di
Giurisprudenza », suggerisce adorante
Sipontina, un’allieva che proviene dalla
Magna Grecia. [...]
S. GIACOMONI, «Confronto alla Cattolica di
Milano tra Eugenio Scalfari e Giovanni
Reale. Il laico e il credente», la Repubblica,
21 marzo, 1996, su tre colonne, ritratto di
Voltaire.
Milano - Ieri mattina Eugenio
Scalfari, direttore di Repubblica, era seduto
sotto il grande crocifisso che arreda l’Aula
Pio XI dell’Università Cattolica, impegnato
a dialogare con Giovanni Reale, massimo
studioso di Platone e cattolico doc.
Si « recensivano » a vicenda. [...] Ma
l’interesse della cosa andava oltre la curiosità editoriale, oltre lo stesso successo di pubblico, in un’aula gremita fino all’inverosimile, con centinaia di studenti ad ascoltare il
dialogo in assoluto silenzio. [...]
Tra i due, [Reale e Scalfari], dal
novembre scorso, è in corso un carteggio che
Scalfari, giornalista anche quando si interroga sulle radici della morale, ha acconsentito
Cane non mangia cane: le recensioni a Scalfari
a rendere pubblico. Le lettere di novembre e
dicembre, già pubblicate su Avvenire, sono
ieri state lette dall’attore Carlo Rivolta
davanti alla folla di professori e studenti. [...]
Parole che indicano bene il clima in
cui si è svolto l’incontro. Reale giocava in
casa e voleva convincere. Certo della sua
verità, ricorreva a citazioni bellissime e
immagini poetiche a iosa. Scalfari, pur non
volendo convincere, comunicava un’impressione di forza. Quella di chi di non avere
ancora raggiunto la sua meta.