in breve «Don Enzo serva da esempio

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in breve «Don Enzo serva da esempio
GIOVEDÌ 22 FEBBRAIO 2007
LA SICILIA
Gela .41
in breve
SCIOPERO DELLA FAME
Lombardo incontra il ministro
Ieri sera l’on. Lombardo ha incontrato il
ministro per l’Ambiente, Alfonso
Pecoraro Scanio, per discutere della sua
protesta per l’inquinamento di Gela.
Oggi l’eurodeputato sullo stesso tema
dovrebbe avere un incontro con i
presidenti della Camera, Fausto
Bertinotti, e del Senato, Franco Marini.
«Don Enzo serva da esempio»
Mons. Pennisi nella chiesa taglieggiata. «La sua denuncia alle forze dell’ordine smuova le coscienze»
L’ANTIDOTO
«Ritirate» le accuse al sindaco
In tempi di campagna elettorale può
succedere tutto ed il contrario di tutto.
Può accadere che un giorno prima il
sindaco sia tacciato per iscritto e con
un volantino distribuito in piazza e
affisso in luoghi strategici di essere
l’affossatore della cultura a Gela e di
fare clientelismo. Ma queste stesse
dure accuse non valgono più tre giorni
dopo. Le accuse le ha lanciate la
compagnia teatrale l’Antidoto, la stessa
che ieri mattina, dopo avere incontrato
il sindaco, per bocca di Guglielmo
Greco, ha detto che "quanto contenuto
nel volantino non vale più". Il sindaco
ha chiamato i componenti della
compagnia si è discusso di un
magazzino da assegnare alla
compagnia per conservare le scene
(all’uopo c’era l’assessore al patrimonio
Granvillano) e l’amministrazione ha
promesso anche l’avvio della stagione
popolare. "Quello che è successo - ha
detto Greco - è colpa di troppe persone
che si sono messe in mezzo per
prendersi i meriti e per non fare poi
niente. Il volantino che abbiamo fatto è
servito a farci incontrare con il sindaco
ed a chiarire le cose". A Gela, in questi
tempi di campagna elettorale, funziona
così: chi più urla, più ottiene.
FORZA ITALIA GIOVANI
«Tassa sugli scivoli da non pagare»
Il coordinamento cittadino di Forza
Italia giovani interviene in difesa di
V.G. il cittadino che con sentenza del
giudice di pace ha visto riconosciuto il
diritto a non pagare le cartelle inerenti
lo scivolo davanti la sua casa in quanto
lo scivolo è stato costruito dal Comune
senza essere stato da lui richiesto. Ma
nonostante ciò gli continuano ad
arrivare cartelle di pagamento
dall’Inpa. In una lettera al sindaco ed al
difensore civico, il vice coordinatore di
FI Carlo Varchi evidenzia che si
continua a chiedere denaro
illegittimamente ai cittadini. Forza
Italia giovani continuando di questo
passo con richieste illegali alla gente,
nella città della legalità, ha deciso di
aprire un ufficio legale a disposizione
dei cittadini che subiscono soprusi da
parte dell’amministrazione. Al
difensore civico si chiede di adoperarsi
per difendere la gente collaborando
con i cittadini e con Forza Italia giovani.
MOZIONE MUSSI-SALVI
La Folaga accusa l’assessore Cafà
Il consigliere comunale Antonio La
Folaga accusa l’assessore alla
Solidarietà sociale Paolo Cafà di avere
abusato del suo nome inserendolo in
un manifesto affisso ieri sull’iniziativa
di presentazione della mozione MussiSalvi. La presentazione avrà luogo
domenica alle 10 a Palazzo Pignatelli
con la presenza dell’on. Salvi e dell’on.
Lomaglio. Nel manifesto è stato scritto
che i compagni Paolo Cafà, Antonio La
Folaga e Rosella Belluccia
presenteranno l’iniziativa. Ma La Folaga
ieri ha smentito dicendo che non
intende aderire a quella mozione ed
che non ha dato disponibilità a
presentarla.
FARMACIE DI TURNO
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DON ROMANO E MONS. PENNISI
Ha scelto di presenziare la celebrazione
delle Ceneri nella parrocchia di San
Rocco, il vescovo mons. Michele Pennisi. Una scelta tutt’altro che casuale tenuto conto che proprio quella Chiesa,
domenica pomeriggio, è stata teatro di
un episodio estorsivo che, nel giro di
qualche ora, ha fatto il giro della Nazione. E per il luogo scelto dall’estortore
dove racimolare denaro dietro minacce di pesanti ritorsioni e perchè la vittima designata è stato il parroco, padre
Enzo Romano, la cui denuncia ha portato all’arresto di Angelo Ognissanto.
Il vescovo Pennisi, nell’esprimere solidarietà a padre Enzo anche a nome di
tutta la Diocesi, ieri sera ha presieduto
proprio a San Rocco le funzioni delle
Ceneri: una presenza volta a far sentire la sua vicinanza al parroco taglieg-
giato ed alla comunità parrocchiale.
«L’atto estorsivo perpetrato nei confronti di don Enzo - ha detto il vescovo
durante l’omelia - si inserisce nel clima
di diffusa illegalità che da tempo opprime la vita economica e sociale della
città. A Gela - ha continuato - ci sono un
certo numero di vittime di crimini come usura e pizzo che non sporgono
denuncia, ritenendola del tutto inutile.
Ciò rivela una rassegnazione ed una
sfiducia che vanificano il senso della legalità. Per contrastare questi fenomeni
criminali è necessaria una mobilitazione delle coscienze che, insieme ad
un’efficace azione istituzionale e ad un
ordinato sviluppo economico, può frenare e ridurre il fenomeno criminoso.
La decisione di don Enzo Romano di
denunciare il fatto alle forze dell’ordine
SOSPESA LA SERATA DI DISCOTECA
si inserisce in un’azione educativa che
si ribella all’illegalità. La mafia non può
essere sconfitta solo con interventi repressivi o che aiutino a superare soltanto il sottosviluppo economico: richiede,
infatti, una profonda azione educativa.
A Gela - ha concluso mons. Pennisi - si
è registrata un’accentuazione delle attività criminose, provocate anche dalla
cronica mancanza di lavoro che spesso
costringe tante famiglie a bussare alle
porte dei parroci, costretti a fronteggiare, con le poche risorse disponibili, una
vera e propria emergenza sociale».
Alla messa erano presenti tra gli altri
il sindaco Rosario Crocetta, il presidente dell’Associazione antiracket "Giordano" Renzo Caponetti che hanno voluto
testimoniare solidarietà al parroco.
IL PIZZO AL PARROCO
OGGI L’UDIENZA DI CONVALIDA
DELL’ARRESTO DI OGNISSANTO
E’ fissata per oggi l’udienza di convalida dell’arresto di Angelo Ognissanto, il sorvegliato speciale di 46
anni arrestato lunedì sera dalla polizia per avere imposto il "pizzo" al
parroco di San Rocco, Enzo Romano. Ognissanto (difeso dall’avv.
Rocco Guarnaccia) domenica
pomeriggio è piombato in sacrestia
e, dietro minacce di ritorsioni, ha
chiesto a don Enzo una tangente di
7 mila euro: somma poi ridotta a
mille con una sorta di sconto per il
clero. La denuncia del parroco è
sfociata l’indomani nel suo arresto.
D.V.
«PROCESSO MANTIDE», RICHIESTA DELL’AVV. GAGLIANO
Lite fra due gruppi di ragazzi «Maganuco venga assolto
«spegne» la musica in piazza è estraneo alle estorsioni»
Serata da discoteca in piazza San Francesco sospesa a causa di un gruppo di giovinastri. Si sono concluse così le manifestazioni inserite nel carnet stilato dall’amministrazione comunale in occasione
del "Carnevale 2007". Una festa cittadina, che ha visto scendere in piazza migliaia di persone, rovinata da un gruppo di circa 20 ragazzi.
La serata di discoteca in piazza San Francesco stava andando a "gonfia vele". Moltissimi giovani stavano ballando quando, a rovinare la festa, ci hanno
pensato dei giovastri che hanno litigato fra di loro.
Due fazioni opposte a litigare non molto lontano dal
palco occupato dai dj che stavano conducendo la serata. E così, prima una sospensione, durata qualche
minuto, in attesa che gli animi delle due fazioni si
calmassero.
Ma ricominciata la musica, le due fazioni hanno
ripreso a litigare. E questa volta per sedare gli animi, dopo aver spento la musica, sono intervenuti dei
vigili urbani che tenevano sott’occhio il nutrito
gruppo di giovinastri. A quel punto agli organizzatori non è rimasto altro che interrompere la serata.
Un incidente, invece, è avvenuto durante la sfilata. Una ragazza di 17 anni è stata investita dal piccolo carro realizzato dal Cesma e tirato a mano da un
gruppo di ragazzi. I volontari della Procivis, non tanto distanti dall’incidente, hanno subito chiamato il
medico e l’infermiere della stessa associazione, i
quali hanno subito disposto il trasferimento della
ragazza al pronto soccorso del "Vittorio Emanuele".
I medici hanno riscontrato una frattura al piede per
la ragazza, disponendone il ricovero nel reparto di
ortopedia. La prognosi è di 30 giorni.
L.M.
L’assoluzione di uno dei dieci presunti esponenti di Stidda e Cosa Nostra accusati di avere imposto il "pizzo" per un decennio alla cooperativa
agricola "Agroverde" è stata chiesta ieri al Gup di
Caltanissetta davanti al quale si è celebrato il
processo con il rito abbreviato contro gli imputati. A formulare la richiesta è stato l’avv. Antonio
Gagliano nell’interesse di Enrico Maganuco, presunto affiliato al clan degli Stiddari sospettato di
avere incassato nel nome del clan "mazzette"
dalla coop.
Incriminato con altri nove imputati nel dicembre del 2005 nell’ambito dell’operazione denominata "Mantide", per le estorsioni alla cooperativa agricola Maganuco rischia una condanna a 10
anni. Ieri l’avv. Gagliano, nel corso della sua arringa, ha escluso la partecipazione del suo assistito
in quel giro di estorsioni chiedendo al Gup di assolverlo per non avere commesso il fatto.
Oltre a Maganuco, sotto processo sono finiti
Francesco Morteo, Emanuele Cosenza, Filippo
Salvatore Faraci, Giuseppe Novembrini, Alessandro Gambuto, Luigi Incardona, Carmelo Fiorisi,
Calogero Cosenza (padre di Emanuele) ed il collaborante Rosario Trubia. Per tutti gli imputati, il
sostituto procuratore Nicolò Marino della Dda di
Caltanissetta, lo scorso 31 gennaio ha chiesto
condanne per complessivi 92 anni di prigione. Al
processo, che riprenderà il prossimo 7 marzo, sia
Stefano Italiano, ovvero il presidente della coop.
taglieggiata, che il Comune, l’associazione antiracket "Gaetano Giordano" e la Fai, sono parte civile.
D.V.
IERI LA SENTENZA. Reati ormai prescritti ma anche lacune nei racconti di pentiti
FIAMME IN VIA LORIA LAMBERTO
Traffico d’armi, tre assoluzioni
Incendiari ancora in azione
danneggiata un’autovettura
Nei primi anni Novanta avrebbero dovuto far giungere a Gela da Busto Arsizio un carico di armi e bombe a mano
il cui impiego non è stato mai chiarito.
Questo avevano raccontato alcuni collaboratori di giustizia, facendo finire
sotto processo tre persone per traffico
di armi. Sono il boss gelese Crocifisso
Rinzivillo, l’odontoiatra milanese Fabio
Castaldi e la bustocca Enrica Guerreschi, la donna con la quale Rinzivillo
intratteneva una relazione sentimentale all’epoca dei fatti.
Solo che ora le "cantate" dei collaboratori di giustizia sono apparse intrise
di lacune ai giudici del Tribunale di
Busto Arsizio e, a ciò si aggiunga, che i
fatti contestati ai tre presunti trafficanti d’armi sono ormai prescritti. Perciò, per i tre (difesi dagli avvocati Flavio
Sinatra, Dario Caliento Odilome ed Arpiselli) ieri è stata pronunziata sentenza di assoluzione così come richiesto dalla stessa Procura.
I fatti risalgono al 1993, quando in
un casolare abbandonato immerso in
una pineta di Busto Arsizio le forze
dell’ordine rinvennero un vero e proprio arsenale. Vi trovarono 5 kalashnikov, 10 mitragliette e pistole e bombe a mano. Tutto l’occorente, insomma, per compiere un’azione militare.
Dalle indagini emerse che quel casolare, trasformato in un deposito dove
occultare lontano da occhi indiscreti
quelle armi, era nella disponibilità del
boss gelese Crocifisso Rinzivillo che
Crocifisso
Rinzivillo assolto
dai giudici del
Tribunale di
Busto Arsizio
avrebbe dovuto spedirle in "madrepatria".
Qualche tempo dopo un pentito calabrese raccontò agli inquirenti di rapporti intrattenuti da Crocifisso Rinzivillo con esponenti della ’ndrangheta",
la stessa organizzazione criminale che
- a dire della "gola profonda" - aveva
fornito a Rinzivillo quell’arsenale. Ai
racconti del pentito calabrese si aggiunsero, nel prosieguo del tempo,
quelli di altri collaboranti. Ma stavolta
a vuotare il sacco furono alcuni conterranei del boss, un tempo affiliati a Cosa Nostra. In particolare Filippo Bilardi,
Emanuele Celona e Gianfranca Cammalleri raccontarono agli inquirenti
che in quegli anni Crocifisso Rinzivillo
aveva fatto giungere a Gela armi da
Busto Arsizio. Racconti rivelatisi un
toccasana nelle indagini sfociate nel
1998 nell’arresto di Rinzivillo, di Castaldi e della Guerreschi per i quali,
ieri, è stata emessa sentenza di assoluzione.
D.V.
I FAMILIARI DEI TECNICI SEQUESTRATI IN NIGERIA
«I parlamentari chiedano al Mend
la liberazione dei nostri congiunti»
Proprio nel giorno della liberazione da
parte del Mend del tecnico libanese dell’Eni Imad Saliba, le famiglie di Cosma
Russo e Francesco Arena, gli altri due
tecnici sequestrati assieme al collega libanese il 7 dicembre scorso dai guerriglieri del Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger, hanno rivolto
un appello a tutti i parlamentari italiani
affinchè si prodighino per la liberazione
dei loro congiunti. Le mogli dei due italiani rapiti chiedono, in particolare, che
i parlamentari sottoscrivano un appello
diretto al Mend affinchè gli ostaggi vengano liberati senza condizione alcuna.
«La situazione di disagio economico e
sociale del Delta del Niger è nota a tutti - sottolineano le famiglie dei due rapiti - così come è altrettanto noto che gli
ostaggi sono semplici lavoratori all’este-
ro. Occorre che il Parlamento italiano si
adoperi in tutte le direzioni per ottenere la pronta liberazione. I militanti del
Mend sapranno valutare ed apprezzare
l’appello che sarà rivolto dai parlamentari italiani».
I guerriglieri da subito hanno detto
che non avrebbero accettato riscatto in
denaro ed hanno chiesto invece la liberazione di alcuni loro leader in carcere
tra cui l’ex governatore dello stato del
Bayelsa e l’intellettuale Asari. Quest’ultimo è detenuto dal 2005 in una cella
sotterranea. Il 5 marzo Asari dovrà presentarsi dinnanzi al Tribunale nigeriano
dopo che alcune settimane fa un’altra
udienza del suo processo per tradimento è stata interrotta per tafferugli. Domenica mattina allla manifestazione
dell’Mpa sul petrolchimico, il Fronte del
Popolo siciliano «Terra e liberazione»
ha partecipato con uno striscione anti
Eni in cui si accusava il colosso industriale di sfruttamento in Nigeria come
a Gela. Nello stesso striscione si chiedeva la libertà per Asari.
Nell’ ultimo messaggio, i guerriglieri
hanno detto che non avrebbero liberato gli ostaggi prima di maggio, data dell’insediamento del nuovo governo dopo
le elezioni generali che in Nigeria si tengono in aprile.
M. C. G.
Continua l’attesa
dei parenti di
Francesco Arena
(nella foto
l’abitazione), il
tecnico Eni
sequestrato in
Nigeria
Un incendio di sospetta natura dolosa ha
danneggiato ieri notte l’autovettura di un
impiegato comunale. Si tratta della Peugeot 205
(targata CT 871870) di proprietà di Orazio Argetta,
di 62 anni. L’incendio è divampato pochi minuti
prima della mezzanotte e mezza in via Loria
Lamberto, all’altezza del civico 6 dove Argetta vive
con la sua famiglia. Le fiamme, domate dai vigili del
fuoco del locale distaccamento chiamati ad
intervenire sul posto dallo stesso impiegato
comunale, hanno danneggiato la parte anteriore
della vettura i cui danni non sono assicurati.
Sull’episodio indaga la polizia.
CASO LA MARCA, LA TESI DI LEGALE
Presunta truffa, «le Generali
non potevano non sapere»
Al Tribunale di Gela da oggi prendono il via una serie
di udienze promosse da cittadini che sarebbero stati
truffati dal promotore finanziario Giacinto
Gioacchino La Marca, che si sarebbe reso
responsabile di truffa per complessivi 20 milioni di
euro ai danni di centinaia di cittadini di Gela e del
circondario. Il primo caso che sarà trattato è quello
di un commerciante, R. G., che sarebbe stato
indotto appunto da La Marca a sottoscrivere, nella
sede gelese delle Generali Vita spa, una falsa polizza
vita a causa della quale avrebbe visto andare in
fumo 190 mila euro. Il legale di R. G, l’ avv. Lucio
Greco ha citato in giudizio per questo caso e per
altri quindici analoghi, le Generali Vita spa in quanto
la polizza di assicurazione sulla vita sarebbe stata
sottoscritta da R.G e da Giacinto Gioacchino La
Marca appunto nella sede della Generali Vita di via
Venezia, e per di più in orario di ufficio ed in
presenza del suo rappresentante. In sede
processuale si vuole dimostrare che le Generali Vita
non «potevano non sapere» e che la compagnia è
pertanto responsabile di quanto accaduto ad R. G, e
dunque deve risarcirlo con gli interessi. Giacinto
Gioacchino La Marca operava infatti nella sede
gelese della Generali Vita per la quale aveva iniziato
a lavorare nel 1995 come impiegato di secondo
livello per poi essere promosso ad agenteprocuratore. Lo stesso La Marca era stato più volte
premiato come miglior impiegato addetto alla
produzione. Cosa questa pubblicizzata nelle riviste
delle Generali. Ed il suo nome compariva pure nel
sito web ufficiale delle Generali come agenteprocuratore dell’agenzia principale di Gela-Licata.
M.C.G.