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Il Matese e l’idea del turismo ipotizzato
Alberico Bojano
Turismo è una categoria del comportamento umano praticabile in molte forme diverse, ma
che si può ricondurre all’idea di uno spostamento spaziale, per un tempo sufficiente a centrare
l’obiettivo prefissato.
Alcuni dei tipi di turismo oggi attuati presuppongono anche l’idea del viaggio, inteso
come itinerario di visite e non come semplice spostamento verso la meta, mettendo il turista
nella condizione surrogata degli avventurieri dei secoli scorsi che, come ricorda Marc Augé,
abbandonavano la propria stanzialità per andare alla ventura.
Diversi territori compresi entro i confini del massiccio del Matese e della valle del medio
Volturno hanno conosciuto, nel tempo, quote di rilevanza turistica.
Nel 1871 un deputato sardo, invitato per qualche giorno dal suo collega Achille Del
Giudice, non riesce a chiudere bocca sulla bellezza del Matese e la gustosità delle trote del
Torano, rimarcando che la realizzazione di strade e alberghi farebbero di questi monti un
luogo più bello della Svizzera.
Il prerequisito di attrattore turistico è dunque già identificato due secoli fa.
L’abile ospitalità di Del Giudice porta più volte Giovanni Nicotera, il temuto ministro
degli Interni, a soggiornare a San Gregorio con la sua figlia adottiva Silvia Pisacane. Molto si
è ipotizzato circa un legame tra la conoscenza che questa giovane aveva dei luoghi, e la
spedizione anarchica che di lì a pochi anni portò il gruppo capeggiato da Cafiero e Malatesta
nel viaggio insurrezionale da S.Lupo al lago e poi fino a Letino.
Nella seconda metà del XIX secolo le famiglie benestanti di molti paesi si erano ormai
inurbate a Napoli o Roma, tornando però a trascorrere i mesi più caldi nelle loro antiche
dimore di Prata, S.Lorenzello o Cusano Mutri.
Questi prolungati soggiorni creavano un movimento economico oltre che sociale, perché
attorno ai nuclei familiari “in villeggiatura” si addensava un microcosmo di ospiti, conoscenti,
visitatori e questuanti, oltre che fornitori di provviste e servizi, lasciando intuire ad alcuni
l’opportunità di inventarsi la nuova arte di fittacamere e locandieri.
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Alberico Bojano
Nei lunghi soggiorni i turisti hanno bisogno di svagarsi, e così nel 1900 a San Gregorio il
barone Arturo Lombardi fa costruire per i suoi ospiti un campo da tennis, uno dei primi in
Campania.
La diffusione dell’automobile spinge alla realizzazione di carrozzabili. Se ne fa carico
l’onorevole Angelo Scorciarini Coppola che, con l’aiuto dei sindaci, porta avanti il progetto di
una strada che da Piedimonte salga al lago e di lì verso Letino e, per l’altra direzione, verso il
Molise sul tracciato dell’antico tratturo della transumanza.
Meno proficuo è l’impegno per ottenere la ferrovia, che resterà per decenni una chimera.
Il progetto del 1908, ad esempio, prevede una tratta che da Vairano giunga ad Alife,
proseguendo fino a Telese, ma i campanilismi ci misero bocca, e non fu mai realizzata.
Eppure l’intuizione turistica resiste, assumendo forme diverse.
Giovanni Caso, futuro senatore della Repubblica, nel 1923 fonda i “Pionieri del Matese”
nutrito gruppo di escursionisti che promuove passeggiate in montagna, rendendo talmente
conosciuto il Matese che al Congresso Geografico Nazionale del 1927 sarà oggetto di una
rassegna fotografica con le opere del maestro Parisio.
La spinta al nascente turismo è forse ancor più sentita nel versante molisano; a Bojano
nascono gli “Scarponi del Matese” e nel 1929 il Touring Club organizza nel pianoro di
Campitello un raduno di 33 gruppi folkloristici del comprensorio.
Insomma si è ben lontani dalla compiuta imprenditoria turistica che in quello stesso tempo
segna, ad esempio, la Versilia o alcune località alpine.
Infatti negli anni ’30 San Gregorio, che già si è attestato come il baricentro di questo
movimento, arriva a censire 85 posti letto nella bella stagione, però ha una salumeria e una
sola osteria.
Archiviato il fascismo e la guerra mondiale, gli anni ’50 portano il vitale desiderio di
divertimento.
Le Terme di Telese, le manifestazioni canore a Piedimonte, le rassegne d’arte e cultura a
San Gregorio sono i luoghi dell’estate. Con una villeggiatura prolungata che spinge uno
sviluppo edilizio inaspettato. Sorgono villini eleganti, alberghi e pensioni. Nascono i dancing,
proliferano gruppi musicali. Si censiscono 600 villeggianti che per tutta l’estate soggiornano
stabilmente a San Gregorio, dove arrivano ogni sera turisti pendolari attratti dalle serate
musicali che si tengono nella Villa Luisa. E’ il giardino di famiglia allestito cento anni prima
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da Beniamino Caso, che il senatore Giovanni Caso ha donato al municipio vedendo realizzato
il suo sogno giovanile del turismo matesino.
Il motore di questa accelerazione è Teodoro Mezzullo, segretario comunale di San
Gregorio e Console del Touring Club Italiano, che porta al Matese scrittori come Paolo Buzzi,
giornalisti come Mario Stefanile e stelle dello spettacolo come Nino Taranto e Gloria
Christian.
S’intuisce che l’evento spettacolo è fine a sé stesso, in quanto necessita di infrastrutture e
servizi: molto si insiste sulla creazione di linee di trasporto per congiungere il Matese con
Napoli e Caserta, come scrive Geppino Bojano in una corrispondenza sul quotidiano Roma
del 1952, e nel giro di pochi anni il paese annovera tre alberghi, tre pensioni ed almeno
cinquanta affittacamere, appena sufficienti ad ospitare il migliaio di turisti che villeggia a San
Gregorio.
Questa località conta su le Manifestazioni Nazionali d’Arte, l’elezione di Miss Matese, il
festival d’appello della Canzone napoletana, così da farne il più potente polo d’attrazione
turistica della provincia di Caserta: un obiettivo conseguito attraverso le fatiche, come le
chiama Domenico Loffreda nel 1966, per un sempre maggiore sviluppo turistico di tutta la
zona.
Sono le estati in cui si balla con i Paladini, si ascoltano i concerti di Nancy Cuomo, in
piazza si incontra il ministro Giacinto Bosco, si sorseggia un cognac con Pino Donaggio, si
gusta una Roccia del Matese nel bar più affollato della provincia, seduti gomito a gomito con
Pietro De Vico, mentre Lucio Dalla gioca a basket sul campo dietro la chiesa nuova.
Sono una quindicina d’anni di turismo intenso e volitivo, che accende iniziative e produce
imprenditoria.
A Gallo e Letino nascono insediamenti che sfruttano il richiamo del folklore locale.
Campitello Matese sembra essere, per un po’ di tempo, un grande centro sciistico meridionale,
anche attraverso una cementificazione che stride con il paesaggio montuoso. E Bocca della
Selva annaspa nel tentativo di darsi una dignità di stazione turistica invernale.
Il vuoto politico di una pianificazione della crescita fidelizza gli elettori con la promessa
del posto fisso, lasciando avvizzire i pur apprezzabili tentativi di iniziative turistiche.
Figurarsi se può prender corpo quel processo di integrazione, culturale ma anche economico,
tra il versante campano e quello molisano, come suggerito da studiosi della levatura di
Natalino Paone, le cui parole si perdono nel nulla, sovrastate dai provincialismi che
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consentono l’apertura di cave deturpanti, di strade inutili che tagliano i fianchi delle montagne,
e dighe che alterano l’equilibrio idrogeologico.
Vista in prospettiva, questa è una storia di marginalità turistica.
Che oggi non è cambiata, mantenendo l’idea di attrarre un visitatore che ha poco tempo e
poco denaro, sfruttando le solite risorse che la natura e la storia ci hanno concesso, attraverso
offerte disorganiche che non premiano i pur lodevoli sforzi dilettantistici né gratificano i
fruitori.
Il turismo è un mestiere che non si improvvisa: il cuoco non può fare l’elettricista, il
cantante non può montare un palco. Perciò il turismo dovrebbe essere un settore con operatori
specializzati, che progettano una offerta articolata. Una proposta selezionata e di qualità.
Non c’è bisogno di venire fin sul Matese per la solita sagra paesana di cibo scadente e
musica ad alto volume. Si trovano, ovunque, lungo le strade.
La conservazione dell’ambiente e del patrimonio artistico culturale sono, invece, gli
attrattori turistici su cui il Matese può contare, predisponendo un’offerta selezionata che possa
soddisfare i bisogni degli operatori, proponendosi come risposta a una nuova richiesta
turistica.
Gli esempi già esistenti sono molti: l’oasi naturale della cipresseta di Fontegreca, il parco
geo paleontologico del dinosauro di Pietraroja, il nuovo Mucirama e il parco archeologico di
Piedimonte, l’itinerario degli anarchici che ripercorre il tragitto da S.Lupo a Letino. La
presenza di un ombrello istituzionale è invece latitante, fatto salvo, forse, solo il piano
paesistico del Molise, che ha imposto un vincolo di rispetto ai lati del regio tratturo della
transumanza, per tutelarne l’integrità.
Bisogna essere in grado di rispondere con offerte mirate alle nicchie di domanda turistica:
toccherà poi alle politiche territoriali identificare il livello qualitativo della proposta,
scegliendo tra la sagra della pizza fritta e il Festival dell’Erranza.
Ma c’è bisogno di una visione prospettica vasta, c’è bisogno di tener presente il concetto
che agire localmente è uno sforzo velleitario se, al contempo, non si pensa globalmente. Gli
insuccessi lasciano intendere che la lezione di Zygmunt Bauman non sia stata ancora ben
compresa.
Nonostante il saldo convincimento che il turismo non fa bene soltanto ai visitatori, visto
che da esso derivano infrastrutture e servizi di cui beneficiano primariamente i residenti.
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