Comunicato stampa DIPINTI TRA ROCOCO` E NEOCLASSICISMO

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Comunicato stampa DIPINTI TRA ROCOCO` E NEOCLASSICISMO
Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica
Comunicato stampa
DIPINTI TRA ROCOCO’ E NEOCLASSICISMO
DA PALAZZO CHIGI IN ARICCIA E DA ALTRE RACCOLTE
Mostra a cura di: Francesco Petrucci
Collaborazione: Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed
Etnoantropologici del Lazio
Luogo: Cavallino di Lecce
Sede: Palazzo Ducale dei Castromediano
Inaugurazione: 21 settembre 2013, ore 19
Durata: dal 22 settembre al 15 dicembre 2013
Orari: 9,30-12,30/16,30-20,00, chiuso il lunedì
Ingresso libero
Segreteria organizzativa: Ufficio Cultura 0832 617210 - 366 6385829
[email protected]
Info e prenotazione visite guidate: 320 7075429
Ufficio stampa: Ad Artes, [email protected]; 333 2700781
Catalogo: Gangemi Editore, Roma
La mostra è dedicata alla memoria di Fiammetta Luly Lemme
Sabato 21 settembre 2013, alle ore 19 nel Palazzo Ducale dei Castromediano di Cavallino di
Lecce, verrà inaugurata la mostra Dipinti tra rococo’ e neoclassicismo da Palazzo Chigi in
Ariccia e da altre raccolte.
Promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Cavallino, grazie all’impegno dell’On.le
Gaetano Gorgoni e la partecipazione del P.pe Fulco Ruffo di Calabria, la mostra si pone in
continuità ideale ed è una prosecuzione in termini didattici e storico-artistici della mostra Dipinti del
Barocco romano da Palazzo Chigi in Ariccia, tenutasi a Cavallino di Lecce tra settembre e
dicembre 2012, circoscritta alla pittura romana del Seicento.
La presente esposizione si volge invece alla pittura del Settecento, il secolo dei lumi, l’età
d’oro del Grand Tour d’Italie, che ebbe in Roma un focale centro attrattivo per artisti e
viaggiatori. Tuttavia, oltre a pittori attivi nella capitale pontificia, sono presenti in mostra anche
esponenti di altre scuole, soprattutto meridionali, provenienti o attivi nel Regno di Napoli, altro
grande centro culturale del ‘700.
Le opere esposte provengono in buona parte da Palazzo Chigi in Ariccia, sia dalla
collezione Chigi, che dalle donazioni Ferrari, Laschena e soprattutto Lemme.
La collezione Lemme, che segue l’evoluzione della pittura romana in particolare dal Rococò fino al
Neoclassicismo, costituisce la struttura connettiva del Museo del Barocco Romano di Palazzo
Chigi, che ha acquistato con la donazione dei coniugi Fabrizio e Fiammetta Lemme del 2007
particolare forza e coerenza. La mostra è dedicata alla memoria dell’avvocato Fiammetta Luly
Lemme, collezionista e storica dell’arte, scomparsa nel 2005. Sono presenti anche opere
inedite provenienti dalla collezione privata di Fabrizio Lemme, “l’avvocato dell’arte”, e da altre
raccolte.
A partire dal fondamentale contributo di Voss del 1924, basato su una visione estremamente
dilatata del Barocco che arrivava fino a Mengs, numerosi sono stati gli studi che hanno inquadrato
in maniera più specialistica e restrittiva la pittura del ‘700.
Vari studiosi hanno cercato di definire la pittura romana del secolo, tra “Barocchetto”, “Tardobarocco”, “Rococò classicista”, “Proto-neoclassicismo”, “Classicismo arcadico”, fino alla coerente
affermazione del vero e proprio Neoclassicismo, manifestatosi compiutamente a partire dagli anni
’80, con gli arrivi di Jacques-Louis David ed Antonio Canova.
Effettivamente l’eredità del Barocco fu dura a morire, come ben dimostra il capolavoro del siciliano
Francesco Manno raffigurante Carlo Marchionni presenta a Pio VI il progetto per la Sagrestia di
San Pietro, appartenuto al papa, che è una fastosa allegoria delle sue virtù.
Una prima sezione della mostra presenta alcuni ritratti di personaggi di casa Chigi, tra cui il
ritratto eseguito da Domenico Duprà del Principe Augusto Chigi in veste di Maresciallo di
Santa Romana Chiesa e Custode del Conclave, la più alta dignità laica dello Stato Pontificio che
la famiglia ha detenuto ereditariamente fino a Paolo VI. Notevoli gli autoritratti di Marco Benefial
e Francesco Trevisani, oltre ad un intenso ritratto di Laura Altieri di Pier Leone Ghezzi. Sono
presenti preziose livree di servitori e abiti d’epoca appartenuti alla famiglia Chigi.
Alcuni artisti sono esponenti della cosiddetta “scuola mista”, per la loro formazione
partenopea e romana. Paolo de Matteis, seguace a Napoli di Luca Giordano e a Roma del
Morandi, molto documentato con vari suoi quadri e pale d’altare in Puglia, è in mostra con due
dipinti, tra cui la sensuale Danae, unica sua opera sino ad oggi ricomparsa del periodo francese,
che manifesta l’influsso esercitato dal pittore napoletano su artisti come Boucher e Fragonard.
Esponenti di spicco del rococò furono Francesco Trevisani, di cui è esposta un’inedita Betsabea
al bagno, e Sebastiano Conca, artista di cultura napoletano-romana presente con quattro dipinti.
Fu allievo di entrambi Andrea Casali, attivo per molti anni in Inghilterra ove ebbe un considerevole
successo, di cui esponiamo un bozzetto per la Cappella Ottoboni in San Lorenzo in Damaso a
Roma.
Il pugliese Corrado Giaquinto, nativo di Molfetta, fu tra i massimi esponenti del rococò
italiano, attivo tra Roma, Napoli e la Spagna, ove fu chiamato come “pittore di corte”. In omaggio
alla Puglia sono presenti in mostra cinque suoi dipinti, tra cui due bozzetti inediti ed uno a lui
attribuito in questa occasione, idea preliminare per l’affresco realizzato dall’allievo siciliano Vito
D’Anna per la volta della chiesa di Santa Maria del Piliere a Palermo.
La corrente marattesca, che ebbe un grande peso sulla pittura tardo-barocca romana e
l’interpretazione in chiave classicista di quel linguaggio, è rappresentata da opere di Giuseppe
Bartolomeo Chiari e Agostino e Lorenzo Masucci, che diffusero quei modi anche oltre la metà
del secolo.
Il proto-neoclassicismo è espresso da due capolavori: Ettore e Andromaca di Francesco
Fernandi detto “L’Imperiali”, dipinto attorno al 1740 e che sembra già opera neoclassica, e
l’impressionante San Bartolomeo di Pompeo Batoni, massimo pittore del ‘700 romano e uno
dei maggiori del secolo, richiesto da committenti inglesi, tedeschi e di tutta Europa. Il dipinto, che
ripropone la rara iconografia michelangiolesca del santo che tiene la propria pelle scuoiata, è
l’unico esemplare tornato in Italia della famosa “serie degli apostoli” della collezione Merenda di
Forlì. Gli altri sono negli Stati Uniti e in Inghilterra.
Si inquadrano tra pittura tardo-barocca, rococò e classicismo, le opere in mostra di Michele
Rocca, Marco Benefial, Antonio Mercurio Amorosi, Stefano Parrocel, Domenico Antonio
Vaccaro, Paolo Monaldi, tra cui spicca la raffinata Allegoria della Pittura di Franceso Mancini,
che fu anche Principe dell’Accademia di San Luca, opera a lui appartenuta ed esposta alla
prestigiosa mostra del Pantheon del 1750.
La dinastia degli Stern, famiglia di artisti e architetti romani di origine bavarese attivi dal ‘700
al ‘900, è rappresentata da una Veduta della piazza di Corte di Ariccia di Giovanni Stern e una
elegante Diana ed Endimione di Ludovico Stern, esponendo singolarmente il quadro e il suo
bozzetto provenienti da una collezione privata inglese.
Chiudono la mostra e virtualmente il secolo le opere di Antonio Cavallucci e Giuseppe Cades,
due talentuosi e originali artisti difficilmente inquadrabili in correnti e scuole precise, sebbene attivi
nel periodo neoclassico, che rappresentano con la loro produzione il declino del Barocco e il
volgere della pittura romana verso istanze preromantiche e ottocentesche.
Accompagna l’esposizione un catalogo pubblicato da Gangemi Editore (Roma) e curato da
Francesco Petrucci.
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Il Palazzo Chigi in Ariccia
Ariccia, a pochi chilometri dalla capitale, offre un raro esempio di applicazione in un piccolo centro
dei Castelli Romani dei principi del Barocco sull’Unità delle Arti visive (urbanistica, pittura, scultura,
architettura, arti decorative), sotto la regia di Giovan Lorenzo Bernini, che tra il 1661 e il 1670 circa,
progettò e diresse la realizzazione della Piazza di Corte, della Chiesa dell’Assunta, di Porta
Romana e di Porta Napoletana, il restauro del Santuario di Galloro e la creazione di una nuova
viabilità di collegamento con la vicina Castel Gandolfo, da allora sede delle villeggiature dei papi.
Ceduto al Comune di Ariccia dal principe Agostino Chigi Albani della Rovere (1929-2002) il 29
dicembre 1988, costituisce un esempio unico di antica dimora storica rimasta inalterata nel suo
arredamento, con una particolare rilevanza per il prestigio della casata di origine senese e lo stato
di conservazione del complesso.
Il Palazzo con la frontistante “piazza di Corte”, ideata dal Bernini su commissione di papa
Alessandro VII (1655-1667), costituisce uno dei più eccezionali ed unitari complessi architettonici
del Barocco romano. Ha rappresentato la principale residenza della famiglia dopo la vendita allo
Stato nel 1917 del Palazzo Chigi di piazza Colonna a Roma, oggi sede della Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
Fruibile tramite visite guidate, è sede di mostre, concerti, convegni ed eventi culturali di varia
natura. Aperto al pubblico con il Giubileo del 2000, offre una panoramica sulla committenza Chigi,
con dipinti, affreschi, sculture e arredi soprattutto del Seicento, molti riferibili al Bernini e alla sua
cerchia.
Nel 2008 è stato invece inaugurato il Museo del Barocco, formato esclusivamente da prestigiose
donazioni confluite nella dimora negli ultimi anni, che hanno ulteriormente arricchito le collezioni
con una nuova offerta turistica e culturale. Oltre 200 i dipinti esposti nel museo, che si aggiungono
alle opere di provenienza Chigi, confermando la funzione guida di Palazzo Chigi sia a livello
nazionale che internazionale come riferimento scientifico per l’arte del Sei e Settecento romano,
per la particolare coerenza, omogeneità e sistematicità di presenze artistiche.
II nucleo originario comprende la Collezione Fagiolo, formata dal famoso storico dell’arte Maurizio
Fagiolo dell’Arco (Roma 1939-2002), grande studioso del Barocco e ideatore del Museo del
Barocco, con una panoramica sulle scuole del Seicento romano. La mostra celebra i 10 anni
trascorsi dalla sua prematura scomparsa.
Di fondamentale importanza la Collezione Lemme, la più importante quadreria privata di nuova
formazione di dipinti del Sei e Settecento romano, raccolta da Fabrizio e Fiammetta Lemme. I
coniugi Lemme nel 1998 avevano donato 30 dipinti al Museo del Louvre e 20 alla Galleria
Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma, ma la donazione ad Ariccia, con ben 128
opere, è la più prestigiosa. Sono parte integrante della collezione bozzetti e modelli per pale
d’altare e cicli decorativi di chiese e palazzi romani.
La Collezione Ferrari, raccolta da Oreste Ferrari, insigne storico dell’arte e fondatore dell’Istituto
del Catalogo e Documentazione, è formata da dipinti del Sei e Settecento romano e napoletano,
come pure la Collezione Laschena, appartenuta a Renato Laschena, già Presidente Emerito del
Consiglio di Stato. Si aggiungono poi le donazioni di Ferdinando Peretti e Luigi Koelliker, oltre a
quelle di singole opere.
In tal senso la raccolta del Museo del Barocco di Ariccia è un vero e proprio riflesso della cultura
figurativa romana, quasi uno “specchio di Roma Barocca”, con un valore intrinseco - le opere
d’arte in sé - ed uno riverberato, in quanto richiamo a fabbriche e monumenti importanti della
capitale e dello Stato Pontificio e l’ambientazione della mostra odierna nel fastoso salone barocco
di Palazzo Castromediano di Cavallino di Lecce è la più opportuna, essendo le opere inserite in un
contesto perfettamente omogeneo per epoca e cultura.
Il Palazzo Ducale Castromediano di Cavallino di Lecce
La struttura attuale dell’edificio è il risultato di una serie di ampliamenti e rimaneggiamenti avvenuti
nei secoli, principalmente al tempo di Francesco Castromediano (1598-1663) in concomitanza con
l’elevazione di Cavallino a marchesato.
Il palazzo occupa il lato nordoccidentale della piazza principale del paese; ha una pianta quadrata
ed è composto da un corpo centrale più antico e da due bracci laterali più recenti. Solo la parte
centrale, così come quella laterale destra, presenta la tipica decorazione merlata dei castelli
medievali, tanto che il palazzo appare per alcuni aspetti un fortilizio per altri una residenza
signorile. La parte posteriore è rimasta incompleta.
L'ingresso, rivolto verso settentrione, è quattrocentesco, mentre la facciata merlata col bastione
risale al XVI secolo e così pure il lato che volge ad est e l’altro corpo architettonico, a due ordini,
che prospetta sulla piazza. Al secolo successivo risale il lato nord della residenza. ove si notano
arcate di rafforzamento statico.
Nell'atrio sono collocati i due busti di Francesco e Domenico Ascanio Castromediano e una
enorme statua, denominata "il gigante", che raffigura in abiti seicenteschi il capostipite della casata
dei Castromediano, Kiliano di Limburg, nobile tedesco sceso alla metà del XII secolo in Italia
Meridionale al servizio del re Guglielmo I detto il Malo, da cui ottenne cariche e i feudi di
Pietrapertosa, Castrobelloso e Castelmezzano (Castrum medianum, da cui viene il nome della
casata) nel territorio di Potenza.
Tra i numerosi ambienti del palazzo spicca la grande galleria, considerata da diversi studiosi una
delle più belle sale delle residenze patrizie del Mezzogiorno e il primo esempio del gusto barocco
nel Salento. Il duca Francesco, dopo il matrimonio con Beatrice Acquaviva d’Aragona, fece
modificare una sala già esistente, elevandone i muri perimetrali, sostituendo la tettoia coperta di
tegole con una serie di volte a stella e commissionandone il ricco apparato decorativo. Dotata di un
pavimento realizzato in coccio pesto arricchito da piccole mattonelle smaltate verdi, nere, bianche
e gialle, che disegnano un motivo di stelle, la galleria presenta nella volta gli affreschi del leccese
Francesco Florio, raffiguranti le dodici costellazioni, purtroppo in parte mutili a causa delle offese
del tempo e dell’incuria degli uomini e di incauti lavori di consolidamento.
Numerose statue in pietra leccese, di ottima fattura, realizzate dal palermitano Carlo d’Aprile
(1621-11668) e dai suoi discepoli, decorano le pareti della galleria. Oltre ai busti dei componenti
della famiglia Castromediano, sono presenti quindici statue di soggetto allegorico e due gruppi in
cui sono raffigurati Enea, il padre Anchise e il figlio Ascanio.
Attigua al salone di rappresentanza è la cappella di Santo Stefano fatta costruire nel 1565 da don
Giovanni Antonio II Castromediano, in cui sono collocati dipinti del copertinese Gianserio Strafella
e dei suoi allievi (seconda metà XVI sec.)
In questo palazzo abitò Sigismondo Castromediano, archeologo, scrittore e patriota del
Risorgimento, che vi morì nel 1895 e al quale si deve la fondazione dell’omonimo Museo
Archeologico Provinciale di Lecce.
Oggi, dopo l’intervento di recupero realizzato negli anni 2004-2008, la galleria è sede di attività
socio-culturali.