I disturbi specifici del linguaggio

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I disturbi specifici del linguaggio
Approfondimenti
I disturbi specifici del linguaggio:
percorsi evolutivi e strategie d’intervento
di Anna Fabrizi*, Mercedes Becciu**, Lucia Diomede**, Roberta Penge***
Dipartimento di Scienze Neurologiche, Psichiatriche e Riabilitative dell’Età Evolutiva - Università
La Sapienza, Roma
*Professore Associato di Neuropsichiatria Infantile
**Terapista Coordinatore di Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva
***Ricercatore di Neuropsichiatria Infantile
Il confronto tra la classificazione ICD-10 e DSM IV, e la disamina dell’eziopatogenesi, individua i differenti
sottogruppi di disturbo del linguaggio, in base alle caratteristiche sintomatologiche. I dati inerenti la
prevalenza introducono l’esposizione della ricerca, dedicata all’evoluzione dei DSL, sia nell’area delle
competenze linguistiche e cognitive, sia in quella dei problemi psicopatologici emergenti. Le conclusioni
espongono le ricadute sul piano clinico, ed evidenziano la rilevanza sia della precocità e tempestività
dell’intervento, sia di modalità d’indagine diagnostica articolate, sia della cura, che deve integrarsi su aspetti
neurolinguistici e psicopatologici, e porre attenzione all’impatto che i DSL hanno sullo sviluppo psichico del
bambino e sulle relazioni con i pari e con gli adulti.
Sul piano della programmazione clinica, infine, viene sottolineato come, anche di fronte ad un disturbo
settoriale come il DSL, sia necessario prevedere interventi integrati e mirati alle difficoltà emergenti nelle sue
diverse fasi evolutive. Precise descrizioni di strategie ed obiettivi d’intervento concludono il contributo.
CLASSIFICAZIONI ED EZIOPATOGENESI
I correnti sistemi di classificazione internazionali (ICD 10) definiscono il Disturbo Specifico del Linguaggio
(DSL) come “una condizione in cui l’acquisizione delle normali abilità linguistiche è disturbata sin dai primi
stadi dello sviluppo. Il disturbo linguistico non è direttamente attribuibile ad alterazioni neurologiche o ad
anomalie di meccanismi fisiologici dell’eloquio, a compromissioni del sensorio, a ritardo mentale o a fattori
ambientali. È spesso seguito da problemi associati quali le difficoltà nella lettura e nella scrittura, anomalie
nelle relazioni interpersonali e disturbi emotivi e comportamentali”.
In base alle caratteristiche sintomatologiche (espresse in termini di deviazione dalle attese per l’età) sono
individuati tre sottogruppi di disturbo: Disturbo dell’Articolazione dell’Eloquio, Disturbo del Linguaggio
Espressivo, Disturbo della Comprensione del Linguaggio.
Nel DSM IV la suddivisione è simile perché viene distinto il Disturbo della Fonazione dai disturbi più specifici
che vengono definiti Disturbo dell’Espressione del Linguaggio e Disturbo Misto della Espressione e della
Ricezione. Va sottolineata la differenza nella definizione di Disturbo Misto perché evidenzia efficacemente la
compromissione più totale del linguaggio, anche della produzione, quando è compromessa in modo
significativo la Comprensione Verbale.
Dal punto di vista nosografico sono state proposte dagli autori diverse classificazioni, adattate nel tempo
all’età evolutiva, a partire dalla classica differenziazione delle afasie dell’adulto, e basate su principi ora più
clinici ora più psicolinguistici (Levi et al., 1977; Bishop e Rosenbloom, 1987).
Sono stati inoltre condotti diversi sforzi nella differenziazione in sottotipi dei DSL. In particolare è stata ben
analizzata all’interno dei DSL Espressivi la diversificazione tra Disturbi Fonologici e Disturbi Semantici
(Rapin 1996; Bishop 2000). I diversi criteri di classificazione sono stati costruiti allo scopo di differenziare
bene i Disturbi dello Sviluppo Fonologico dai Disturbi Articolatori da un lato e i Disturbi dello Sviluppo
Semantico o Semantico Pragmatici dai Disturbi dello Spettro Autistico (Leonard, 1985; Bishop e Adams,
1989; Adams, 2001).
Al contrario, pochi studi sono stati sinora condotti per approfondire i diversi livelli di compromissione della
Comprensione Verbale all’interno dei Disturbi Misti, Recettivi ed Espressivi (Korkman e Hakkinen-Rihu,
1994).
Il nostro gruppo di ricerca da molti anni conduce studi sulle atipie di sviluppo della Comprensione Verbale
all’interno dei DSL nelle diverse fasi, dalla comprensione di parole, alla comprensione di frasi e di strutture
morfosintattiche (Levi et al., 1979, 1988; Levi, Fabrizi et al., 1991). In particolare, abbiamo recentemente
approfondito i diversi livelli di sviluppo atipico della comprensione verbale in fase precoce, nel controllo di
parole-nomi e parole-verbi e dei processi di decontestualizzazione nella comprensione di frasi, nel confronto
tra DSL Misti e DSL Espressivi (Fabrizi et al., 2003 b).
Dal punto di vista neurobiologico ed eziopatogenetico è necessario sottolineare che anche quelli chiamati
Disturbi Specifici o Primari del linguaggio non sono mai puri, ma spesso associati a difficoltà di
coordinazione motoria, di funzionamento cognitivo, e a disturbi dell’attenzione. La complessità dei quadri
clinici esclude la possibilità di utilizzare il deficit di working memory fonologico come causa unitaria di tutti i
DSL. Ad oggi è stata dimostrata l’importanza sia di fattori genetici che di fattori ambientali (Fabrizi et al.,
1997; Bishop, 2000). Le neuroimmagini strutturali hanno evidenziato patterns di asimmetria della corteccia
linguistica, anomalie della sostanza bianca e altre displasie corticali. Attraverso i Potenziali Evocati Uditivi è
stato dimostrato il rallentamento nel processamento degli stimoli uditivi. Le neuroimmagini funzionali sono
utilizzate sempre più spesso per comprendere meglio i processi di sviluppo e per controllare le risposte alla
terapia.
PREVALENZA ED EVOLUZIONE
La prevalenza dei DSL in età prescolare è posta da numerosi autori intorno al 6%-8% (Levi et al., 1977;
Jenkins et al., 1980; Drillien e Drummond, 1983; Stevenson, 1984; Silva, 1987, Tomblin et al., 1997), mentre
in età scolare tale prevalenza scende fino all’ 1-2%.
Qual è il destino del 4-6% che non si manifesta più come disturbo di linguaggio? Per quanti bambini il DSL
costituisce un disturbo maturativo che si risolve, spontaneamente o attraverso un intervento, entro i sei anni?
Qual è la storia clinica dei bambini con DSL il cui disturbo non si risolve, ma si trasforma?
Numerosi dati confermano che una quota dei DSL che oscilla tra il 30% e l’80% tende ad essere persistente
nel tempo come tale, ed una quota superiore al 50% tende a trasformarsi in altri disturbi neuropsicologici
(soprattutto Disturbi Specifici dell’Apprendimento, DSA) e psicopatologici (Disturbi della Affettività e della
Condotta) (Levi et al., 1977; Sechi et al., 1987; Levi e Fabrizi et al., 1992).
In generale i dati di letteratura indicano due possibili evoluzioni del DSL sul piano neuropsicologico: verso un
Disturbo Cognitivo o verso un Disturbo Specifico di Apprendimento (Johnston e Ramstad, 1983; Snowling,
2001; Bishop e Snowling, 2004).
Nel primo caso il disturbo di linguaggio determinerebbe un accesso sempre più deficitario ai livelli successivi
di maturazione del sistema cognitivo: un linguaggio poco controllato non permetterebbe di accedere alle
forme di pensiero più astratte, alle competenze logiche più mature e, più in generale, trasformare e fare
proprie le informazioni fornite dal mondo circostante.
Nel secondo caso il disturbo manterrebbe la sua settorialità, che si trasferirebbe, del tutto o in parte,
nell’acquisizione o nel controllo del codice scritto: il deficit di elaborazione dello stimolo linguistico si
riproporrebbe ad un livello superiore, in una difficoltà nel processare una nuova forma linguistica (quella della
lettura e della scrittura) che condivide con la precedente sia gli elementi costitutivi (fonemi/lettere e parole),
sia le regole di trasmissione del significato.
I disturbi psicopatologici sono generalmente riscontrati come disturbi associati, mentre in passato erano
considerati come una conseguenza tardiva di vissuti di disistima costruiti durante le ripetute esperienze di
insuccesso comunicativo, sociale e scolastico, con una componente di riverberazione di fronte agli
insuccessi da parte di genitori ed educatori. Oggi si tende ad inserire questa comorbidità nella più ampia
accezione di vulnerabilità (biologica ed ambientale) e di rischio (Mansten e Coatswoorth,1995). L’obiettivo
delle ricerche via via più recenti è stato approfondire attraverso quali collegamenti patogenetici precoci i due
ordini di disturbo (di funzionamento globale e di funzionamento specifico) possano emergere e attraverso
quali processi coesistano nel tempo.
Un disturbo come il DSL, che si presenta nelle prime fasi dello sviluppo come settoriale e che sembra
spesso ridursi spontaneamente, è pertanto un disturbo che può assumere nel tempo caratteristiche di
“stabilità”, pur attraverso una trasformazione sintomatologica, e costituire una fonte importante di disagio e di
impairment nella vita del soggetto.
La diagnosi di DSL viene ancora troppo frequentemente effettuata quando il disturbo è ormai definitivamente
strutturato, cioè quando anche per i disturbi meno gravi diventa necessario un intervento riabilitativo
prolungato ed è possibile solo in parte la prevenzione del rischio secondario.
L’alto rischio psicopatologico comune alla patologia linguistica ne impone uno studio approfondito e
costante, che colga tutte le fasi cruciali per l’evoluzione del disturbo e consenta quindi una prevenzione
secondaria adeguata.
Come per tutti i Disturbi dello Sviluppo, per i DSL vanno considerate quattro fasi come cruciali (Fabrizi et al.,
2000 a):
–
la fase di emergenza che oscilla tra i 18 e i 36 mesi quando lo sviluppo specifico atteso non si
verifica o si verifica con modalità da subito atipiche;
–
la fase di strutturazione che va dai 36 mesi ai 5 anni, quando i DSL si stabilizzano in disturbi
differenziati;
–
la fase di trasformazione verso i disturbi neuropsicologici e psicopatologici secondari, che può
evidenziarsi a partire dai 4-5 anni;
–
la fase di strutturazione del disturbo secondario, che riguarda il successivo sviluppo del bambino fino
all’adolescenza e comporta la predominanza del disturbo di apprendimento e/o del disturbo psicopatologico
sul disturbo di linguaggio.
Per discutere l’evoluzione del DSL, la rilevanza prognostica dei diversi quadri clinici di partenza, l’influenza
degli eventi di vita e degli interventi terapeutici attuati, utilizziamo in questa sede due filoni di ricerca paralleli
del nostro gruppo:
1.
L’evoluzione delle competenze linguistiche, cognitive e dell’apprendimento scolastico è stata studiata
per mezzo di un progetto longitudinale (inizialmente retrospettivo ed in seguito prospettico) su soggetti con
DSL seguiti in follow-up dal nostro Servizio per 10 anni.
2.
L’emergenza dei problemi psicopatologici e la loro evoluzione nel tempo è stata studiata attraverso
studi trasversali volti a definire l’entità e la tipologia della comorbidità tra DSL e disturbi psicopatologici,
nonché la modificabilità di queste associazioni nel tempo.
Di ciascun filone di ricerca riportiamo di seguito i risultati più significativi finora ottenuti.
L’EVOLUZIONE DEI DSL: COMPETENZE LINGUISTICHE, COMPETENZE COGNITIVE,
APPRENDIMENTO DEL LINGUAGGIO SCRITTO
a)
Attraverso uno studio catamnestico di confronto su tre casistiche randomizzate di tre diversi periodi a
partire dal 1972 (Fabrizi e Levi, 1989), è stata dimostrata la presenza di una marcata variazione
dell’evoluzione linguistica del disturbo in relazione all’epoca della diagnosi e dell’inizio dell’intervento. Dati
relativi al follow-up dei bambini seguiti presso l’Ospedale Diurno Terapeutico del nostro Centro, hanno
mostrato un’accelerazione significativa dei tempi di raggiungimento delle diverse tappe linguistiche, in
parallelo con l’abbassamento dell’età dell’intervento; tale variazione sintomatologica è tanto evidente da aver
fatto praticamente scomparire dalla casistica alcuni quadri clinici di Disfasia Evolutiva di estrema gravità ed
immodificabilità, che avevano costituito un importante polo di osservazione per la comprensione e la
classificazione dei DSL.
b)
Per individuare il rapporto esistente tra tipologia del DSL e successiva comparsa di un disturbo di
apprendimento, abbiamo indagato le competenze emergenti specifiche che caratterizzano l’evoluzione del
linguaggio verbale verso la trasformazione in linguaggio scritto nei diversi tipi di DSL (Fabrizi et al., 1993;
Penge e Diomede, 1993). Venti bambini nei quali la diagnosi di DSL Espressivo e la diagnosi per sottotipo
(Disturbi Fonologici, Disturbi Semantici) era stata posta intorno ai tre anni d’età, sono stati testati tra i 5,6 ed i
6 anni in base a tre ordini di competenze emergenti (Competenze Linguistiche, Competenze
Metalinguistiche, Competenze Metacognitive). I due sottogruppi si differenziano significativamente. Nei
bambini con DSL Fonologico tra i cinque ed i sei anni, il disturbo linguistico si esprime prevalentemente
come una difficoltà variabile di controllo dei morfemi grammaticali nella frase e di integrazione cognitivo
linguistica in compiti narrativi; sul piano metalinguistico è presente una difficoltà specifica di analisi e sintesi
fonologica, associata ad un precario controllo metalinguistico delle strutture morfosintattiche; sul piano
metacognitivo questi bambini presentano difficoltà solo quando il compito è basato esclusivamente su input
ed output linguistici. I bambini con DSL semantico manifestano ancora un problema di differenziazione
semantica e importanti difficoltà morfosintattiche che riguardano l’intera struttura frastica, soprattutto nelle
prestazioni logico-narrative; sul piano metalinguistico la caduta maggiore è nel controllo del rapporto tra
struttura profonda e struttura superficiale della frase, più evidente nei compiti di comprensione di strutture
logico-narrative; sul piano metacognitivo hanno difficoltà ad attivare strategie semantiche mirate al controllo
cognitivo dei compiti sia linguistici sia non linguistici.
c)
Per verificare il legame tra profilo linguistico al termine della scuola materna ed eventuale
trasformazione del DSL in Disturbo di Apprendimento in soggetti di lingua italiana, abbiamo raccolto, nel
corso del normale follow-up clinico negli anni dal ’90 al ’96, i dati relativi ad un gruppo di 30 bambini con
DSL, arrivati prima dei cinque anni e seguiti in follow-up fino ai nove anni. La ricerca longitudinale prevede la
prosecuzione del follow-up fino al termine della scuola dell’obbligo e quando possibile anche oltre (Penge et
al., 1996 e 1999).
Tutti i bambini presentavano, sia pure a livello diverso, una compromissione sia della competenza
fonologica, sia della competenza semantica e sintattica: 9 presentavano un disturbo “prevalentemente”
fonologico e 7 un disturbo a “prevalente” compromissione semantica e sintattica; 10 presentavano una
Comprensione Verbale compatibile con l’età cronologica, 6 una compromissione anche di questa
competenza. Quest’ultimo dato è particolarmente interessante perché dimostra ancora una volta come
all’interno del gruppo dei DSL cosiddetti Espressivi si differenzi nel tempo il diverso processo di sviluppo
della Comprensione Verbale, più armonico nei Disturbi fonologici, più atipico nei Disturbi semantici, tale da
assumere le caratteristiche spesso di un Disturbo Misto.
Per tutti i bambini è stata effettuata un’osservazione neuropsicologica nel corso dell’ultimo anno di scuola
materna. L’intero gruppo, seguito nel corso dell’anno attraverso visite di controllo e colloqui con gli
insegnanti, è stato quindi nuovamente osservato alla fine della prima elementare (E.C. = 6.9-7.8 anni). Sono
stati infine raccolti i dati emersi dalla valutazione effettuata alla fine della quarta elementare; l’iter scolastico e
riabilitativo del gruppo è stato variabile, in risposta alle necessità del singolo, ma è stato generalmente
articolato attraverso cicli riabilitativi mirati accompagnati da counseling alle famiglie ed alla scuola (Capozzi,
1987).
In ogni fase del progetto, compresa quella descritta al punto b), è stata utilizzata una batteria standardizzata
composta da prove comuni (Test Intellettivo -WPPSI, WISC-R-, Inventario Fonologico, Test di Vocabolario di
Differenziazione Semantica, Test di Comprensione Verbale –TROG–, Test di Ripetizione Frasi) integrate, per
ogni fase, da prove adatte all’Età di Sviluppo (Racconto Visivo, Racconto Orale in comprensione e
produzione, Lettura in correttezza ed in comprensione) e da prove specifiche per le competenze emergenti
(prove di classificazione categoriale, prove di ragionamento verbale, test metafonologici e metalinguistici).
La prima acquisizione del linguaggio scritto nei bambini con DSL (in assenza di caduta nell’Intelligenza
Verbale e nella Comprensione Verbale), avviene in tempi relativamente adeguati. L’acquisizione del
linguaggio scritto sembra inoltre avere un effetto positivo sulle competenze metafonologiche (che apparivano
fortemente immature prima dell’ingresso in prima elementare).
Il profilo di apprendimento risulta, a quest’età, sostanzialmente omogeneo; è possibile tuttavia individuare la
presenza di maggiori difficoltà nella decodifica fonologica che non nella comprensione del testo letto.
La presenza di una marcata difficoltà nella comprensione profonda di un testo narrativo, presente
soprattutto nei bambini con Disturbo della Comprensione Verbale, permette di prevedere, nel corso dello
sviluppo successivo, l’emergenza graduale di una maggiore compromissione della comprensione della
lettura.
Nella fase di acquisizione della tecnica è il disturbo fonologico a definire il disturbo di lettura; la presenza di
una maggiore compromissione semantico-sintattica sembra sostenere un ruolo solo negli apprendimenti più
complessi.
Durante il primo anno di scuola, quindi, tutti i bambini con DSL presentano difficoltà di apprendimento
apparentemente lievi: solo attraverso un’analisi delle strategie utilizzate e l’uso di compiti più sensibili è
possibile individuare i fattori di rischio per un successivo evidenziarsi del disturbo di lettura. In particolare
l’uso già stabilizzato di una modalità di lettura di tipo fonologico, in presenza di una compromissione a
questo livello, rappresenta un elemento prognostico sfavorevole e richiede un immediato intervento.
Analogamente, soprattutto per quei bambini che presentano una permanenza di problemi semantici e
sintattici, è importante mettere in atto, fin da quest’età, un intervento che privilegi e sostenga le attività di
comprensione, che si rileveranno altrimenti nel tempo sempre più deficitarie.
d)
All’età di nove anni, alla fine della quarta elementare, lo stesso campione presentava le seguenti
caratteristiche, piuttosto disomogenee:
– Le competenze linguistiche (espressive e recettive) apparivano generalmente adeguate sul piano
del controllo formale della frase e del periodo, mentre le competenze narrative (in produzione ed in
comprensione) si mostravano meno mature in almeno la metà dei soggetti e fortemente deficitarie per un
piccolo gruppo.
– Si osservava una buona evoluzione sul piano cognitivo, anche se è frequente rilevare un profilo
disomogeneo per la presenza di un QI Verbale inferiore al QI di Performance, che era assente nella WPPSI
a cinque anni.
– Il controllo del linguaggio scritto appariva caratterizzato dalla generale presenza di difficoltà nelle
operazioni di transcodifica, non controllate attraverso l’uso di strategie di previsione semantica.
– La programmazione di un testo scritto appariva invece estremamente variabile, sia nel controllo
formale, sia nell’esplicitazione dei contenuti, parallelamente a quanto accade nel racconto orale.
– La comprensione narrativa era migliore dopo lettura propria che non dopo lettura dell’adulto; in
questa fase evolutiva il testo scritto, probabilmente attraverso l’uso di una memoria visiva meglio organizzata
di quella orale, permette un migliore trattamento delle informazioni.
La tipologia del DSL incide significativamente sull’evoluzione a lungo termine del disturbo stesso:
• I bambini con disturbo prevalentemente semantico mostrano nel tempo una maggiore
compromissione delle acquisizioni linguistiche e scolastiche, associata ad un livello cognitivo che, pur
restando nei limiti della norma, appare inferiore a quello dei soggetti con DSL a prevalente compromissione
fonologica, sia nella Scala Totale sia in quella Verbale.
• I bambini con caduta nella Comprensione Verbale (indipendentemente dal tipo di disturbo in
produzione) presentano una caduta cognitiva prevalentemente a carico della Scala Verbale; le competenze
linguistiche appaiono più deficitarie solo sul piano narrativo; il controllo del linguaggio scritto appare
sovrapponibile a quello degli altri soggetti, con l’eccezione della comprensione del testo che appare
generalmente compromessa.
In sintesi, nell’evoluzione del DSL è possibile notare la permanenza di difficoltà linguistiche, spesso sfumate
o presenti in compiti linguistici più complessi, che affiancano e sostengono le difficoltà di apprendimento e di
uso del codice scritto. La variabilità di sviluppo osservata può essere in parte attribuita alla tipologia del
disturbo (i sottogruppi presi in esame hanno un comportamento più omogeneo), ma appare anche
secondaria a fattori esterni al disturbo (organizzazione cognitiva, neuropsicologica e affettiva di partenza) ed
al bambino (variabili familiari, ambientali e scolastiche), nonché alla possibilità di effettuare un iter
terapeutico mirato.
Il disturbo di apprendimento dei bambini con DSL appare per molti versi sovrapponibile al Disturbo Specifico
di Apprendimento primitivo (e che quindi può essere affrontato attraverso le stesse strategie di intervento),
ma se ne differenzia per la presenza di difficoltà linguistiche e metalinguistiche implicite, che vengono
spesso confuse con difficoltà di tipo cognitivo e che in esse possono evolvere.
Il progetto in corso sarà completato, nei prossimi anni, dalla verifica dell’evoluzione cognitiva, linguistica e
scolastica del campione in esame alla fine della Scuola dell’Obbligo. In questa fase, saranno aggiunti
Questionari ed Interviste Semi-Strutturate, atte a verificare, accanto alle aree già esplorate in precedenza, la
maturazione delle competenze metacognitive, la consapevolezza del proprio disturbo e le aspettative per il
futuro.
2. L’EVOLUZIONE DEI DSL: PROBLEMI PSICOPATOLOGICI EMERGENTI
Numerosi studi condotti negli ultimi decenni sia in popolazioni cliniche sia in popolazioni generali, hanno
dimostrato l’associazione costante tra disturbi di linguaggio e disturbi psichiatrici (Drillien e Drummond, 1983;
Tallal e Benasich, 2002).
Studi longitudinali hanno dimostrato:
–
una forte predittività delle difficoltà linguistiche precoci verso difficoltà emotive e comportamentali
tardive (Stevenson e Richmond,1978; Stevenson et al., 1985; Levi et al., 1977; Benasich, 1993);
–
una diversa distribuzione dei disturbi psicopatologici in base alla tipologia del disturbo linguistico
(Cantwell e Baker, 1991; Beitchman et al., 1996 e 2001).
Ricerche inverse, condotte su popolazioni di bambini con disturbi del comportamento hanno evidenziato
incidenze significative di disturbi linguistici (Jenkins et al., 1980), nonché cadute specifiche nelle competenze
linguistiche, quali difficoltà di Comprensione Verbale (Mc Gee e Silva, 1982) o difficoltà di processamento
verbale nell’ascolto dicotico.
a)
Uno studio longitudinale da noi condotto alcuni anni fa (Levi, Fabrizi et al., 1992) su una casistica di
25 bambini di 3-6 anni con DSL ha evidenziato che l’80% dei bambini presentava un disturbo
psicopatologico associato, distribuito tra disturbi della condotta oppositivo-provocatori (9 bambini) e disturbi
emotivi (5 bambini con disturbi d’ansia, 6 con disturbo di evitamento). Il disturbo psicopatologico si
manifestava in modo evidente tra i 3 e i 4 anni e tendeva ad essere stabile nel tempo, anche se i dati relativi
al follow up di questi soggetti hanno fatto ipotizzare un’emergenza del disturbo psicopatologico ad età
diverse, in base all’emergenza e allo sviluppo del disturbo linguistico.
b)
Uno studio trasversale condotto su una popolazione di bambini con DSL in età compresa tra i 9 ed i
12 anni ha evidenziato una prevalenza di problemi psicopatologici (evidenziati attraverso il CBCL,
Achenbach, 1991) maggiore delle attese per la fascia d’età; in particolare la positività era a carico della
Scala di Internalizzazione e delle Sottoscale Somatizzazione ed Ansia-Depressione; con l’andare del tempo
la maggior parte dei problemi psicopatologici sembrano pertanto organizzarsi attorno ad un polo ansiosodepressivo piuttosto che nella direzione del disturbo della Condotta.
c)
Attualmente abbiamo iniziato uno studio longitudinale su 90 bambini in cui la diagnosi di DSL è stata
effettuata in un’età compresa tra i 24 e i 36 mesi, che verranno seguiti in follow-up e valutati
sistematicamente ogni 6 mesi fino ai sei anni e con frequenza annuale negli otto anni successivi. Lo studio
ha lo scopo di verificare la predittività e la stabilità dei disturbi psicopatologici nei DSL, anche in relazione a
fattori di rischio e di resilience esterni al disturbo linguistico.
Nella prima fase del progetto abbiamo utilizzato l’approccio multiassiale della Classificazione 0-3,
accanto al nostro assessment neurolinguistico. I nostri obiettivi riguardano:
– la comprensione dei nuclei patogenetici precoci tra disturbo linguistico e disturbo psicopatologico;
– la tipologia e la distribuzione specifica dei disturbi psicopatologici nella fascia d’età considerata;
– gli eventuali collegamenti, anche in fase di emergenza, tra tipologia del disturbo linguistico e
tipologia del disturbo psicopatologico.
Il nostro campione è costituito da 90 bambini, 56 maschi e 34 femmine, di età compresa tra 24 e 36 mesi,
giunti a consultazione presso il nostro servizio per un ritardo delle acquisizioni linguistiche.
Sono stati considerati criteri di inclusione nel campione, un QI nella media per l’età, ed una diagnosi primaria
di Disturbo dell’Espressione del Linguaggio e Disturbo Misto della Ricezione ed Espressione del Linguaggio.
Lo studio prevede una procedura diagnostica multiassiale che comprende una valutazione di tre livelli di
organizzazione funzionale:
–
delle funzioni neuropsicologiche e neurolinguistiche, tramite una batteria di test in uso presso il
nostro Centro che stiamo in parte ritarando e ricategorizzando per la fascia d’età;
–
del livello cognitivo, utilizzando, in base all’età del bambino e alle difficoltà linguistiche interferenti, la
Scala di Uzighiris Hunt o la Scala d’Intelligenza Standford Binet forma L-M; la scala Leiter- R;
–
del livello di funzionamento emotivo, sulla base di:
• dati anamnestici specifici raggruppati secondo le categorie del CBCL per i bambini più piccoli
(Achenbach, 1992) nella versione italiana (Frigerio, 1999);
• osservazioni tratte dalle sedute di gioco con un’operatrice specializzata;
• analisi dei processi interattivi attraverso sedute di gioco videoregistrate con le figure di accudimento
e valutate con apposita griglia (Fabrizi et al., 2000 b).
Nella valutazione del profilo emotivo abbiamo scelto di seguire, oltre alle indicazioni più generali suggerite
dalla “Classificazione per i Disturbi Psicopatologici 0-3”, l’apposita griglia evolutiva formulata da Greenspan
(1992).
Abbiamo quindi valutato come si distribuivano i corredi sintomatologici desunti dalle diverse modalità
osservative, in base alle diagnosi psicopatologiche tratte dalla Classificazione 0-3, e in base alle diagnosi
neurolinguistiche.
Abbiamo riscontrato che in base alla distribuzione dei corredi sintomatologici e alle diagnosi dell’Asse I del
DC 0-3, il nostro campione si differenzia in 5 gruppi:
–
un gruppo di bambini che non presenta alcun sintomo psicopatologico e quindi non ha una diagnosi
psicopatologica (33%);
–
un gruppo di bambini che presentano un rischio psicopatologico, perché manifestano sintomi
anamnestici fluttuanti, confermati solo in parte dalle osservazioni specialistiche (40 %);
–
un gruppo di bambini con sintomi decisamente patologici e stabili nelle diverse modalità osservative,
in cui prevalgono comportamenti esternalizzanti di difficoltà di controllo degli impulsi inquadrabili nel
Disordine Misto dell’Espressione Emotiva (13%);
–
un gruppo di bambini con sintomi di tipo internalizzante di disinvestimento e iporeattività, per i quali
abbiamo ipotizzato la diagnosi di Depressione Infantile, consapevoli del valore ipotetico di tale diagnosi, pari
al 6%;
–
un gruppo per cui abbiamo posto la diagnosi di Disturbo d’Ansia (8%).
La distribuzione dei 5 gruppi nel campione diviso in due fasce d’età: 24-30 mesi e 31-36 mesi, evidenzia un
dato a nostro parere molto importante: i bambini senza disturbi si distribuiscono in modo paritetico tra le due
fasce d’età; al contrario, il gruppo dei rischi prevale nei bambini più piccoli, mentre i gruppi patologici
prevalgono in modo netto nella fascia dei bambini più grandi. Vale a dire che con il progredire dell’età il
disturbo psicopatologico tende a stabilizzarsi.
La distribuzione in base alla tipologia del disturbo linguistico è fortemente significativa: tra i bambini con
DSL Misto Recettivo ed Espressivo, ben il 45% presenta un disturbo psicopatologico associato, mentre il
50% presenta una condizione di rischio.
Al contrario, tra i bambini con DSL Espressivo meno del 20% ha una comorbidità psichiatrica franca e il 35
% è a rischio psicopatologico.
Sul piano dello sviluppo delle competenze linguistiche osserviamo nuovamente la tendenza ad un
peggioramento con l’età. Infatti lo sviluppo della Comprensione Verbale nella maggioranza del campione non
procede oltre la comprensione di 1 o 2 ordini situazionali semplici nel passaggio tra le due fasce d’età,
fermandosi ad una età di sviluppo compresa tra i 15 e i 18 mesi. Al contrario la Produzione Verbale sembra
progredire maggiormente con l’età anche se con un ritmo molto rallentato, e solo in una parte dei bambini,
mentre gli altri non progrediscono.
Se analizziamo l’organizzazione dei profili linguistici nei cinque gruppi vediamo che la stabilizzazione del
disturbo di linguaggio è maggiore nei gruppi patologici che nel gruppo senza disturbi psicopatologici.
I profili di funzionamento emotivo che noi abbiamo costruito per ogni gruppo evidenziano che:
–
nei gruppi che presentano un disturbo psicopatologico conclamato, nonostante l’età cronologica
media sia più alta, il livello emotivo appare molto fluttuante a partire dai livelli più bassi, ed il livello massimo
di maturità affettiva non supera i 24 mesi; la tematica della vicinanza e il recupero dopo stress comportano
maggiori difficoltà rappresentazionali;
–
nel gruppo a rischio, in cui sono compresi molti bambini di età inferiore, la fluttuazione nei livelli di
funzionamento emotivo è meno ampia e si attesta tra i 18 e i 24 mesi di sviluppo, quindi non supera una
capacità di rappresentazione semplice del pensiero emotivo;
–
nel gruppo privo di disturbi psicopatologici, che comprende bambini di età cronologica più bassa, la
fluttuazione è ampia ma in un range evolutivo più alto, compreso tra i 18 e i 30 mesi, mostrando una
maggiore potenzialità evolutiva.
Anche la valutazione dell’incidenza di fattori ambientali di stress, che abbiamo raggruppato in tre categorie –
assenza di stress psicosociale, stress singolo e cumulativo moderato, stress singolo e cumulativo severo –
evidenzia alcuni aspetti interessanti:
–
nel gruppo dei bambini senza disturbi psicopatologici soltanto quattro hanno subito fattori di stress;
–
nel gruppo a rischio su più della metà dei bambini hanno agito fattori di stress moderato;
–
i gruppi patologici si caratterizzano per l’assenza di fattori di stress moderati, mentre sono
presenti fattori di stress di grado severo, che però sembrano incidere in scarsa percentuale sui disturbi
ansioso depressivi, mentre appaiono frequenti tra i disturbi dell’espressività emotiva.
In sintesi la nostra indagine multiassiale, che pure svolgiamo da molti anni, si avvale attualmente di un uso
più sistematico di strumenti più precisi e tarati per fascia d’età, sia sul versante neurolinguistico, sia su quello
psicopatologico. Questo ci ha consentito in via preliminare alcune ipotesi patogenetiche, ma ci ha anche
suggerito alcune indicazioni operative fondamentali (Fabrizi et al., 2003 a).
Sul piano patogenetico appaiono confermati nel confronto con la nostra ricerca precedente:
–
i legami molto stretti tra disturbi linguistici e alcuni disturbi psicopatolologici, soprattutto dell’area
emotiva e comportamentale, connessi ad una difficoltà di elaborazione del pensiero verbale, mentre sono
esclusi tutti i disturbi connessi con aree di funzionamento preverbale;
–
l’insorgenza molto precoce dei disturbi psicopatologici, che hanno un picco di presenza tra i 30 e i
36 mesi, coincidente con una fase di forte rallentamento nello sviluppo linguistico, con caratteristiche di
grave atipia per la tendenza all’inversione di un rapporto congruo tra Comprensione Verbale e Produzione
Verbale;
–
la fase ad alto rischio dei bambini più piccoli, coincidente con la fase di prima emergenza del disturbo
linguistico, quando per il bambino e l’ambiente di cura cominciano ad essere inficiati in modo più significativo
gli scambi comunicativi e interattivi;
–
l’importanza di componenti multifattoriali sull’espressività del disturbo.
Sul piano operativo, questi dati ci danno maggiore forza nell’affermare che:
–
l’intervento sui DSL deve essere molto precoce e tempestivo;
–
l’indagine diagnostica deve essere condotta con una strumentazione articolata, multiassiale e
specifica per la fascia d’età;
–
l’intervento deve essere assolutamente integrato sugli aspetti neurolinguistici e sugli aspetti
psicopatologici.
CONSIDERAZIONI TERAPEUTICHE E RIABILITATIVE
La nostra analisi è stata condotta attraverso il confronto tra due precisi filoni di ricerca: da un lato
l’evoluzione a distanza dei DSL in Disturbi dell’Apprendimento e Difficoltà Cognitive, dall’altro l’emergenza
molto precoce e la tendenza alla stabilizzazione di un disagio psicopatologico strettamente connesso alla
tipologia della difficoltà linguistica.
I nostri dati dimostrano ancora una volta come il Disturbo Specifico del Linguaggio non possa essere
considerato in nessun caso un disturbo puramente settoriale, ma una patologia neuropsichiatrica complessa,
con un’eziopatogenesi multifattoriale (fattori neurobiologici e ambientali multipli), con traiettorie evolutive
caratterizzate da atipie specifiche in base alla tipologia del disturbo linguistico.
Sul piano della programmazione degli interventi questi dati sottolineano come, anche di fronte ad un disturbo
solo apparentemente settoriale come il DSL, è necessario prevedere fin da subito un intervento integrato e
mirato alle difficoltà emergenti nelle diverse fasi evolutive.
Nella fase d’insorgenza, quando il disturbo comunicativo interferisce con i processi di regolazione adattativa
e affettiva, le strategie di intervento più efficaci sono quelle basate sui principi interattivi. Le strategie di
intervento interattivo devono: attivare i processi di regolazione attraverso la condivisione interaffettiva;
stimolare strategie di controllo degli impulsi nell’attività ludica condivisa; fornire significati e modi espressivi
alle emozioni e agli affetti. Nel contempo lo scambio interattivo deve facilitare l’attivazione di processi
attentivi specifici per gli stimoli uditivi e verbali e consentire lo sviluppo della comprensione verbale, che più
della produzione verbale in fase di emergenza si presenta atipica e rallentata (Fabrizi et al., 1996).
Quando il disturbo linguistico e il disturbo psicopatologico appaiono più strutturati e stabili è necessario un
intervento teso alla rottura di un circuito maladattivo, in cui il deficit linguistico altera la rappresentazione di
sé e delle proprie emozioni nello scambio comunicativo con l’altro, mentre il disagio psichico ostacola lo
sviluppo di strategie linguistiche valide. L’intervento integrato, facilitato dalla terapia interattiva di gruppo,
deve mirare alla rappresentazione positiva di sé nello scambio intersoggettivo e deve motivare alla ricerca
attiva di strategie comunicative autonome di coping per la modificazione e l’espansione dello strumento
linguistico.
Nel passaggio dall’età pre-scolare all’età scolare l’attenzione terapeutica deve focalizzarsi sui processi
metalinguistici ed in particolare metafonologici, anche in quei bambini che sembrano aver risolto le difficoltà
linguistiche di partenza.
Nel corso dell’età scolare la presenza di un disturbo di apprendimento del codice scritto non deve far
dimenticare la difficoltà linguistica sottostante: gli interventi terapeutici mirati al disturbo emergente devono
tener conto della maggiore fragilità del canale linguistico (maggiori difficoltà metafonologiche, ma anche
semantiche e sintattiche) quale guida dei processi di lettura e scrittura; le strategie di intervento riabilitativo e
pedagogico devono continuare a sostenere l’espansione e l’uso delle competenze linguistiche (soprattutto
nel controllo del periodo e del testo), ma anche individuare i canali e/o gli strumenti alternativi che
permettano un adeguato sviluppo delle competenze cognitive e del pensiero ipotetico ed astratto.
In sintesi per tutto il percorso evolutivo l’attenzione all’impatto che il disturbo di linguaggio ha sullo sviluppo
psichico del bambino deve tradursi in interventi tempestivi e puntuali di sostegno alla strutturazione dell’io e
delle relazioni con i pari e con gli adulti.
Da ultimo è di conseguenza necessario sottolineare la complessità delle procedure diagnostiche richieste e
la specificità delle competenze necessarie per fornire un intervento integrato e modulato su problematiche
evolutive specifiche. Tali competenze richiedono caratteristiche di formazione delle figure professionali
preposte all’intervento terapeutico e riabilitativo, altamente specialistiche ed esclusivamente specifiche per le
patologie dello sviluppo.
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