AR 316 p 101 - Sound and Music

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AR 316 p 101 - Sound and Music
Classica
W.A. MOZART Musica da camera per glass harmonica (Speaker’s Corner/SaM)
Devo ammettere che ogni tanto mi riesce di fare delle scoperte golose anche in un ambito
discografico molto ben frequentato come quello delle composizioni di Mozart. Avete mai
provato a produrre suono strofinando il bordo inumidito di un bel bicchiere? Il risultato è
affascinante, per la precisa intonazione possibile (riempiendo il bicchiere a vari livelli) e
per la straordinaria ricchezza di armonici, un effetto delicato e allo stesso tempo incisivo e
penetrante. Tale effetto fu citato da Galileo ed era certamente ben conosciuto quando
Benjamin Franklin inventò un vero e proprio strumento musicale basato su questo principio chiamandolo “glass harmonica”, ovvero armonica a bicchieri, nel 1761. Il dispositivo
era stato meccanizzato, consentendo a un esecutore di produrre in modo relativamente
agevole una serie di note. In tal modo è possibile suonare una melodia, producendo un
suono suggestivo che gode di un certo favore nella seconda metà del Settecento (Mozart e
poi Beetheven), con un impiego anche nella “Lucia di Lammermoor”. Mozart scrisse per
questo strumento il sublime Adagio e Rondò K 617 per un ensemble strumentale che prevede glass harmonica, flauto, oboe, viola e violoncello.
Appare in queste settimane la ristampa in vinile Speakers Corner di una bella registrazione Philips del 1977 che trova Bruno Hoffmann (grande specialista dello strumento) alla
glass harmonica. Il disco contiene anche il Quartetto K370 per oboe, violino, viola e violoncello e il Quintetto K 406 nella versione per oboe, violino, due viole e violoncello. Oboista il grande Heinz Holliger,
al flauto l’altrettanto celebre Aurele Nicolet. Siamo nel momento di massimo splendore dell’analogico, con un un suono trasparente e timbricamente sano proposto in una stampa silenziosa. Questo LP faceva parte della celebre “Mozart
Edition” che proponeva in quegli anni voluminosi cofanetti con l’integrale delle opere del salisburghese. La presenza
di solisti di altissimo profilo rende il disco un valido esempio della più godibile musica da camera, pagine certamente
piacevoli anche per chi non si ritenga un esperto del genere classico. Le sonorità dell’armonica a bicchieri risultano
eteree, gli armonici estremamente ricchi, presenti e dettagliati. Immagine ampia e voluminosa, mentre la resa degli archi è precisa e puntuale. L’oboe di Holliger è incisivo, il fraseggio disinvolto e potente, la presentazione scenica a tratti
penetrante. Un suono d’altri tempi, un grande Mozart, un ascolto capace di commuovere
anche chi come noi non ha una grande passione per il genere cameristico. Per questa volta
abbandono volentieri la “mia” grande orchestra. Da godere in un pigro pomeriggio autunnale nell’intimità della proria sala d’ascolto.
Marco Cicogna
Rock
THE CLASH The Clash (Drastic Plastic)
Sul davanti di copertina: la scritta The Clash in un arancione che pare stia per pigliare fuoco
e Simonon, Strummer e Jones in posa severa e minacciosa in uno scorcio di rovina urbana.
Sul retro: poliziotti che caricano. Dentro: un crudissimo riffarama più che di chitarre di mitra, tamburi guerrieri, cori innodici. Titoli che sobbillano ipotesi di nichilismo - “Sono così
stufo degli U.S.A.”, “Sommossa bianca”, “Odio e guerra”, “Londra brucia”, “Guardie e ladri” - quando poi, a scrostare lo spesso accento di Strummer, si intuisce che da qualche parte là sotto le macerie baluginano visioni di una vita migliore. In ogni caso: fra un urlo e un
accesso di furore, melodie smagliantemente pop che si avvinghiano alla memoria. Firmano
tutto, a parte “What’s My Name” e “Police & Thieves” (unico momento di requie con la sua
battuta in levare), Strummer e Jones, che sarà da qui in poi come dire Lennon/McCartney o
Jagger/Richards. Se non è l’album più bello del punk 1977 (titolo che spetta a “(I’m)
Stranded” dei Saints) né è quello che ebbe l’impatto maggiore (nulla poté anche solo sfiorare
“Never Mind The Bollocks” dei Sex Pistols) il debutto dei Clash è però quello che con maggiore fedeltà fotografò un anno-chiave come il rock non ne viveva dal ’67 e non ne vivrà più fino al ’91. Veniva pubblicato in aprile e andava al numero 12 nelle classifiche britanniche. Da nessuna parte in quelle americane, dacché la Epic rifiutava di stamparlo e si deciderà a farlo soltanto due anni dopo, peraltro rivedendone drasticamente la scaletta con fare errabondamente censorio
(resta “I’m So Bored With The U.S.A.”; va fuori “Protex Blue”, che tocca l’argomento tabù in era pre-AIDS del profilattico). Migliore a dire il vero la versione statunitense, che toglie quattro brani ma in compenso ne aggiunge cinque di superiore caratura (sette con i due del singolo accluso alla prima tiratura), tratti da 45 giri successivi.
Da luglio è fuori, a venti euro, questa eccellente stampa Drastic Plastic realizzata in collaborazione con la Sony. Per
quanto incredibile possa sembrare, è la prima volta che l’album “inglese” viene pubblicato ufficialmente negli Stati
Uniti. Quando leggerete queste righe sarà a giorni disponibile una riedizione Epic dell’ellepì “americano” (non è chiaro se con sette pollici o no) a circa venticinque euro.
Eddy Cilìa
Black
FUGEES The Score (Music On Vinyl)
Galeotta era la rilettura di “No Woman, No Cry”, per somma ironia operata da Clef e Pras
ove era Lauryn Hill a interpretare l’altra cover (Roberta Flack) che contribuiva a fare di “The
Score” uno dei più grandi successi non solo dell’hip hop ma del pop di sempre, diciassette
milioni di copie ed era centoventi volte quello che aveva totalizzato il disco prima dei
Fugees, “Blunted On Reality”: da lì a breve la bella Lauryn si legava sentimentalmente a
uno dei figli di Bob Marley, Rohan, e con “The Miseducation” (copertina ricalcata su
“Burnin’”), coglieva un tale successo da rendere assai improbabile l’evenienza che potesse
esserci un terzo album della posse haitiano/newyorkese. E difatti quattordici anni dopo alla
Columbia ancora lo aspettano un successore di “The Score”, ancora se lo sognano dell’altro
rap così, innervato di soul, blues e reggae, sempre orecchiabilissimo e mai banale. Appena
ristampato da Music On Vinyl in una sontuosa edizione (ovviamente doppia, visto il minutaggio) in vendita al non popolarissimo prezzo di cinquanta euro.
Eddy Cilìa
AUDIOREVIEW n. 316 novembre 2010
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