Le problematiche connesse alla personalizzazione del menu nell

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Le problematiche connesse alla personalizzazione del menu nell
Le problematiche connesse alla personalizzazione del menu
nell’ambito della ristorazione scolastica
Luisa Cappellina
La gestione operativa dei menu per la ristorazione scolastica è demandata a diverse
figure: in particolare per le diete speciali generalmente abbiamo un/una dietista, che si
occupa dello sviluppo del menu sulla base delle prescrizioni mediche, ed un /una
responsabile della produzione, il quale si occupa dell’organizzazione complessiva della
produzione dei pasti, sotto il profilo qualitativo e quantitativo. Il prodotto finale servito
agli utenti è, quindi, sotto la sua responsabilità.
A volte, in considerazioni delle dimensioni e/o del modello organizzativo, i due ruoli
coincidono, anche se non sempre in un’unica persona coincidono tutte le competenze
necessarie per poter gestire in tranquillità tutte le sfaccettature del servizio di
ristorazione: aspetti nutrizionali, tecnologici, merceologici, gestionali e relazionali.
Ma vediamo il dettaglio delle attività che ciascuna figura professionale svolge, e le
eventuali problematiche che possono manifestarsi per la gestione delle diete speciali
richieste a causa di allergie, intolleranze alimentari ovvero ad altre patologie che
coinvolgono l’ambito alimentare.
Innanzi tutto, vediamo cosa viene richiesto agli utenti per accedere ad una dieta
personalizzata. Tutte le P.A. richiedono una documentazione sanitaria: nella maggior
parte dei casi, si tratta di un certificato del medico curante ( in genere il medico pediatra
del S.S.N.) , il quale – sulla base della documentazione in suo possesso – esplicita una
richiesta di dieta speciale; in altri casi, è richiesto un certificato medico, non redatto dal
curante, ma da “una struttura pubblica”, quasi che il curante convenzionato con l’ASL
non sia parte integrante di una struttura pubblica. In alcuni casi, al contrario, vengono
accettati i certificati medici redatti da medici specialisti (es, dietologo, gastroenterologo,
allergologo, ecc) anche privati.
Vi sono poi P.A. le quali, nell’intento di tentare di evitare un sovraccarico di richieste, a
volte non supportate da oggettivi riscontri, eroga diete personalizzate solo previa
presentazione di test allergologici effettuati presso strutture pubbliche. Se il lato positivo
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di tale orientamento è piuttosto chiaro, purtroppo rimane la problematica di tutte quelle
situazioni dovute ad intolleranze con risultati poco significativi ai test, e altre patologie
per le quali la dietoterapia è indicata, ma i test allergologici non sono pertinenti.
Il/la Dietista, sulla base delle prescrizioni mediche, deve sviluppare il menu
personalizzato per ciascun richiedente la dieta. Come molti sanno, questo è uno dei
punti critici del processo, infatti spesso accade che i certificati prodotti siano generici,
incompleti o imprecisi, o anche che presentino prescrizioni che esulano dalle possibilità
del servizio di refezione. In questi casi è evidente che sia il medico, sia i genitori non
conoscono le componenti del servizio medesimo, in altre parole essi non sanno quale sia
il progetto alimentare che l’amministrazione ha predisposto per i propri utenti, non sono
informati ad esempio di quali tipi di alternative dietetiche la /le cucine possono
predisporre. Infatti, ciò dipende da diversi fattori: le caratteristiche delle forniture (nel
caso di gestione diretta da parte del comune), gli accordi contrattuali (nel caso di servizio
gestito da azienda specializzata), la disponibilità di strutture, impianti ed attrezzature.
Relativamente al problema della imprecisione, mi limito a ricordare che ben diverso è
trattare un’allergia piuttosto che un’intolleranza, sotto il profilo delle possibili
conseguenze in caso di presenza dell’alimento da escludere. Questo non vuol dire che ad
un soggetto intollerante vada dedicata meno attenzione, vuol dire piuttosto che per i
soggetti allergici si deve applicare assolutamente il “principio di precauzione”, che
consiste nell’eliminare qualsiasi alimento che per motivi diversi, possa anche solo fare
sospettare la presenza di residui della sostanza allergizzante; tale orientamento, è chiaro,
porta più ad escludere che ad ammettere alimenti; tuttavia, nei casi in cui ciò è
indispensabile, un maggior rigore è doveroso nei confronti dell’utente e dei suoi familiari.
Nei casi in cui il soggetto possa tollerare piccoli quantitativi dell’alimento per il quale
manifesta intolleranza, il/la Dietista dovrebbe instaurare un rapporto diretto con i
familiari, al fine di stabilire-se del caso-in quali casi concedere minori restrizioni al
bambino, e in quali al contrario applicare maggiori restrizioni.
Non dimentichiamo che il momento del pranzo è un momento socializzante per tutti i
bambini e che i soggetti allergici, sotto questo profilo, sono penalizzati; quindi uno degli
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obiettivi da porsi, oltre a quello della salubrità dell’alimento in relazione all’utente che ne
è destinatario, è anche quello di riuscire a elaborare menu che, per quanto possibile, non
siano sempre dissimili dai menu dei compagni che usufruiscono di dieta libera.
Una volta redatte le diete speciali, esse vengono inviate al/alla Responsabile di
produzione, il quale, come già accennato, predispone le attività necessarie alla
preparazione dei pasti. In realtà, i passaggi non sono così schematici e consequenziali:
infatti, lo sviluppo della dieta personalizzata, cioè la redazione di un menu –o di ricettededicati, viene effettuato, al momento del ricevimento del certificato, per tutta la durata
del menu in atto per le diete libere. Così facendo, il Responsabile di produzione,
consultando tutti i prospetti di menu, può predisporre gli ordini della merce.
Questo è un altro punto molto delicato per una gestione corretta e sicura delle diete
personalizzate, perchè il/la Dietista deve conoscere esattamente le caratteristiche
qualitative dei prodotti disponibili presso la/le cucine; d’altra parte, il/la Responsabile di
produzione, nell’effettuazione degli ordini, all’atto dell’accettazione degli alimenti ed in
tutte le fasi di produzione, deve assolutamente rispettare e verificare la composizione
qualitativa degli alimenti finali, mediante il rispetto delle ricette, o meglio, delle schede di
prodotto.
In questo senso, vorrei ricordare che la semplice elencazione degli ingredienti principali
di una preparazione e delle relative grammature, così come spesso vengono prodotte in
allegato ai menu, è puramente indicativa relativamente alla composizione dell’alimento
finale, e soprattutto insufficiente per una corretta e precisa gestione delle diete
personalizzate. Il/la Dietista non è in grado di avere la certezza degli ingredienti che in
cucina verranno utilizzati, pertanto il rischio di errore aumenta. Se poi, per un caso
sfortunato, tutte le criticità citate finora e quelle oltre esposte, dovessero sommarsi, la
possibilità di errore aumenterebbe notevolmente.
Tornando alle due figure professionali, è molto importante sottolineare la necessità di
lavorare insieme , in quanto è assolutamente necessaria la condivisione delle conoscenze
e delle competenze. Purtroppo, capita spesso di dover verificare che le diverse figure
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professionali non riescono a trovare il necessario equilibrio, né un linguaggio comune. A
peggiorare la situazione, a volte interviene un “rapporto a distanza” con l’ufficio/ il
Responsabile degli acquisti dei prodotti alimentari; nel caso in cui le scelte d’acquisto non
tengano conto di eventuali segnalazioni/necessità provenienti dalla produzione, oppure
che vengano effettuati acquisti di alimenti con caratteristiche (composizione) differenti
da quelli precedentemente forniti, la gestione delle diete personalizzate può diventare
realmente problematica.
Infine, vorrei rilevare l’importanza della definizione degli standard qualitativi degli
alimenti da acquistare, ma non solo: l’importanza che Dietista e Responsabile di
Produzione abbiano la disponibilità delle informazioni tecniche relative ai prodotti: non
solo quanto espresso in etichetta, ma anche eventuali ulteriori dichiarazioni/
certificazioni/risultati analitici, e quant’altro utile per una chiara individuazione dei
componenti dell’alimento in questione. Naturalmente, i sistemi utilizzati possono essere
diversi: dalle copie cartacee in loco, alla disponibilità on-line, ad un ufficio apposito, che
possa fornire tutte le indicazioni in tempi rapidi: questo dipende dalla struttura
organizzativa dell’Amministrazione o della Società che produce i pasti, e ciascun sistema
presenta aspetti positivi e negativi: l’obiettivo deve essere quello di fornire i dati necessari
a figure professionali che ne possano usufruire correttamente.
Ma perché questo aspetto è così importante? Come sappiamo, al giorno d’oggi, se da una
parte si è sempre più interessati a prodotti “vicini alla natura”, dall’altra, la richiesta di
prodotti semilavorati, che richiedano minor mano d’opera, è sempre più forte.
Le motivazioni di questo atteggiamento contraddittorio, nelle grandi e piccole cucine
delle ristorazioni scolastiche, sono diverse, e non dovute solo al minor quantitativo di
manod’opera necessaria per la preparazione dei pasti, in quanto il prodotto semilavorato
ha un costo maggiore, ma anche a valutazioni relative alle responsabilità connesse con le
attività di produzione degli alimenti: la tendenza è quella di spostare le lavorazioni più
“sporche”, come la mondatura degli ortaggi e dei tuberi o la sezionatura delle carni, in
stabilimenti dedicati; questa frammentazione delle fasi di lavorazione distribuisce
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diversamente le responsabilità, favorisce la specializzazione, riduce gli spazi necessari
all’interno delle cucine, concentra una serie di spese.
Relativamente alla gestione delle diete personalizzate, l’utilizzo di semilavorati può
causare l’introduzione di sostanze allergizzanti o comunque di additivi di vario genere,
pur debitamente autorizzati, per una migliore presentazione o conservabilità del
prodotto. Del resto, non dobbiamo dimenticare che i prodotti industriali più tradizionali,
dai vai tipi di conserve, ai prodotti da forno, ai salumi, o ai prodotti “pronti da cuocere”,
tanto per fare solo alcuni esempi, non sono certamente costituiti dalle sole materie
prime, ma da una serie di prodotti aggiunti, non soltanto per motivi di conservazione o
presentazione, ma anche per altri motivi: ad esempio, per dare al prodotto una
consistenza particolare, o per motivi dovuti alle tecnologie di produzione. Questi
prodotti sono spesso amati dai bambini e altrettanto spesso proposti dalle Aziende di
Ristorazione, come panacea allo scarso gradimento di altre preparazioni all’interno dei
refettori.
Purtroppo, gestire correttamente le diete personalizzate in una realtà dove i prodotti
industriali (semilavorati e pronti da cuocere) sono in forte presenza, è molto
problematico, perché l’elenco delle sostanze che li compongono è piuttosto lungo e
spesso comprendono sostanze o alimenti che appaiono frequentemente tra quelle di cui
necessita l’esclusione. Prendiamo ad esempio le proteine del latte: la loro presenza nei
prodotti industriali, come sanno coloro che non se ne possono alimentare, è fortissima e
abbraccia una gamma di prodotti molto vasta. Quindi, se sono presenti questi tipi di
prodotti, la predisposizione della dieta non si limita certamente all’esclusione di latte e
latticini. Occorre verificare che tutti gli alimenti utilizzati siano privi di derivati del latte,
ad esempio salumi, prodotti da forno, miscele di farine, sughi, salse, e così via. Occorre
ovviamente conoscere quali possano essere i diversi derivati del latte.
Naturalmente occorre anche, nei limiti previsti dall’Amministrazione, prevedere dei
prodotti alternativi, che consentano di predisporre un menu personalizzato non troppo
diverso da quello di base.
Capita di vedere che spesso, di fronte a tutte queste difficoltà, alcuni Responsabili di
produzione, optino per una soluzione drastica: individuano una ristretta serie di
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preparazioni semplici che possono andare bene per una o più diete e continuano a
proporle
indefinitamente ai propri utenti; in molti casi questi menu, oltre che
estremamente ripetitivi, sono poco equilibrati e eccessivamente restrittivi per i più. (
esempio-tipo: pasta all’olio senza formaggio, pollo ai ferri, verdura lessata, mela, anche
nel caso in cui l’utente potrebbe consumare il menu libero).
A parte i casi limite, la difficoltà nell’individuare l’esatta composizione degli alimenti
permane. Tuttavia, le recenti normative relative all’etichettatura e la cosiddetta “direttiva
allergeni” hanno segnato una svolta per quanto concerne l’indicazione dei componenti
dei prodotti alimentari, come esposto in uno degli altri interventi della giornata.
Occorre ricordare che, anche se l’introduzione di tali normative aiuta notevolmente gli
operatori e gli utenti, al momento non è possibile avere la sicurezza al 100% della
presenza o dell’assenza di un dato ingrediente all’interno di un alimento, sia come
residuo di lavorazione delle materie prime, sia come contaminante dovuto all’utilizzo di
linee di produzione non dedicate: ad esempio, è il caso della frutta secca in guscio, come
la nocciola, che può essere ritrovata in prodotti a base di cacao o cioccolata per i quali
non se ne prevede l’utilizzo. Le norme prevedono che debba essere specificata in
etichetta l’eventuale presenza di allergeni; al/alla Dietista non rimane, in tal caso, che
applicare il già citato principio di precauzione. Anche per questo motivo, l’importanza di
avere un gruppo di lavoro che comprenda professionisti in grado di valutare la
composizione degli alimenti, che conosca e sia aggiornato in merito alle tecnologie di
produzione delle sostanze alimentari, risulta fondamentale per una corretta gestione del
servizio e in particolare delle diete per regimi particolari.
Naturalmente, il problema non si risolve unicamente con la lettura delle nuove etichette,
ma occorre che all’interno delle cucine si imposti il lavoro, sotto certi aspetti, come in
un’industria alimentare: le ricette e le modalità operative per la produzione dei pasti
devono essere standardizzate ed accuratamente seguite: è impensabile, ad esempio, che
il/la Dietista disponga l’erogazione di una certa preparazione ad un soggetto allergico,
basandosi sull’assenza della sostanza allergizzante, e che poi in fase di produzione questa
venga aggiunta per motivi gastronomici senza preventiva valutazione e autorizzazione.
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E qui entra in gioco la competenza professionale dei cuochi e degli altri addetti alla
preparazione di pasti: a mio parere è indispensabile che a partire dalle scuole tecniche e
professionali, e proseguendo i diversi datori di lavoro, pubblici e privati, promuovano
corsi di formazione monotematici sugli aspetti pratici della produzione per i servizi di
Ristorazione scolastica, con particolare riferimento alle prescrizioni relative alla cucina
dietetica ( problematiche del resto presenti anche nella ristorazione socio-sanitaria), che
presenta problematiche molto sfaccettate: dalla cucina per celiaci, tra allergie, intolleranze
ed altre patologie, fino ai problemi di masticazione, le esigenze sono molteplici ed in
progressivo aggiornamento. E purtroppo occorre dire che la preparazione in generale è
piuttosto scarsa. Segnalo con piacere una inizio di attenzione, da parte della regione
Emilia Romagna, nelle proprie strutture di formazione alberghiera.
All’inizio parlavo di progetto alimentare: progettare l’alimentazione a scuola vuol dire
fondamentalmente avere degli obiettivi e fare delle scelte, che a volte possono non
coincidere con le aspettative dei più, o di coloro che non hanno – o pensano di non
avere- problemi alimentari: come impostare i menu scolastici, quali prodotti utilizzare,
sono scelte che coinvolgono tutta l’utenza. Infatti, nell’impostare il menu a dieta libera,
occorre scegliere se- o fino a che punto- proporre preparazioni costituite ciascuna da un
ristretto numero di alimenti semplici, oppure se dare ampio spazio a preparazioni
pluringredienti, che sicuramente comportano una serie di preparazioni alternative per le
personalizzazioni. E’ una scelta che dev’essere basata anche sulle potenzialità produttive
delle proprie realtà.
Anche scegliere la qualità, il tipo di alimenti che si vogliono utilizzare è importante, per la
buona gestione delle diete speciali: come abbiamo visto, maggiore è il numero ed il tipo
di trattamenti industriali che il prodotto subisce, o comunque più è trasformato,
maggiore è – potenzialmente – la possibilità che la lista degli ingredienti si allunghi.
Come abbiamo visto, vi sono sostanze che vengono aggiunte volontariamente, altre che
giungono ad un alimento come residuo di lavorazioni precedenti; altre infine, delle quali
si può solo sospettare la presenza.
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Naturalmente, questo non vuol dire che si debba necessariamente effettuare tutte le
lavorazioni in loco, oppure che l’Amministrazione apra una fattoria per il servizio di
refezione scolastica, significa invece che devono essere individuati esattamente i prodotti
più idonei per il proprio progetto alimentare.
Inoltre, diventa sempre più importante che anche all’interno di una cucina si sappia e si
possa sempre individuare la provenienza degli alimenti, e risalire all’indietro i passaggi
produttivi, al fine di poter avere la massima conoscenza del prodotto e delle sue
caratteristiche qualitative; che si sappia a quali lavorazioni è stato sottoposto e tutto
quanto necessario ed utile ad assicurare la tracciabilità dei prodotti alimentari.
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