Debito pubblico

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Debito pubblico
Il Sole 24 Ore, 3 dicembre 2013
Il debito pubblico è il «peccato originale» dell'Italia? Ma i dati dicono che cresce meno di
tutti i Paesi euro. Mentre il Pil...
di Vito Lops
Alzi la mano chi non crede che il debito pubblico sia il peccato originale dell'Italia. In effetti,
l'ammontare (oltre 2mila miliardi di euro) non è cosa da poco. Soprattutto se si considera che
impatta ogni anno nelle casse dello Stato per un ammontare di circa 85-90 miliardi di euro in
termini di interessi. Quota che viene inevitabilmente sottratta alla crescita. La montagna di interessi
cumulati è tra le principali cause della crescita del montante finale del debito, decollata in
particolare negli anni '80 dopo che i tassi di interesse sui titoli di Stato sono schizzati a seguito del
divorzio tra Tesoro e Banca d'Italia (da allora l'istituto di Via Nazionale non è più intervenuto sul
mercato primario per raffreddare i tassi di mercato).
Sta di fatto che, al di là delle cause, ora arrivano continui avvertimenti, in particolare dall'Europa, di
moltiplicare gli sforzi per ridurre l'ammontare del debito pubblico. La stessa Europa per cui
bisognerebbe tendere a un rapporto tra debito e Pil del 60%. Rapporto che a fine 2012 si è
attestato in Italia al 127% e circa all'80% nella media dei 17 Paesi dell'Eurozona (solo
Lussemburgo, Estonia e Slovacchia sono sotto la soglia del 60%).
Dal confronto di come i vari Paesi sono intervenuti per frenare l'emorragia del debito pubblico
emerge però qualche spunto interessante, che in parte sconfessa la tesi del "peccato originale del
debito pubblico".
Dal secondo trimestre del 2007 - quando è ufficialmente scoppiata la crisi dei derivati subprime e
delle banche che negli anni successivi hanno chiesto aiuto agli Stati facendo quindi incrementare il
debito pubblico che nell'Eurozona i passato dal 60 all'80% - l'Italia è il Paese che ha visto crescere
meno di tutti, nell'area euro, il debito pubblico nominale (quello che comprende anche il tasso di
inflazione). Se a metà 2007 era a 1.628 miliardi, a metà 2013 era a quota 2.076 miliardi. Si tratta di
un incremento del 27%. Nello stesso periodo il debito pubblico della Germania (dove però non
viene conteggiata la quota della Cassa depositi e prestiti che a Berlino è privata) è passato da
1.597 miliardi a 2.146 miliardi (+34%). Questo nonostante negli stessi anni la Germania abbia
generato un'inflazione inferiore di cinque punti rispetto all'Italia e abbia pagato tassi sul debito
molto più bassi dell'Italia (da qui lo spread). E la Francia? Nel frattempo ha visto crescere lo stock
di debito del 57%, anch'esso vicinissimo ai 2mila miliardi di euro. La crescita maggiore si è
registrata in Irlanda (+349%) che, non a caso, è uno dei Paesi che ha dovuto salvare
maggiormente il disastrato sistema bancario. Anche la Spagna ha registrato nel frattempo un balzo
(+137%) con il debito vicino ai 1.000 miliardi.
Certo il debito va raffrontato al Pil, perché le economie hanno grandezze diverse. Le prime tre
economie dell'Eurozona hanno superato (Italia e Germania) o sono vicinissime (Francia) la soglia
dei 2mila miliardi ma producono Pil differenti.
E soprattutto hanno prodotto Pil differenti nel corso di questi anni di crisi. Dal 2007 al 2013 (stime)
il Pil a prezzi costanti (al netto dell'inflazione) è crollato in Italia dell'8,65% mentre nello stesso
periodo è aumentato del 4,25% in Germania ed è rimasto stabile (+0,67%) in Francia (senza
dimenticare il -24% della Grecia, il -8% di Cipro e Slovenia e il -7% dell'Irlanda).
Ed è questo il motivo per cui il debito/Pil è tornato a salire in Italia. Non è stato tanto l'aumento del
debito (cresciuto meno di tutti gli altri, pur al lordo di un'inflazione più alta della media dei Paesi
virtuosi e di interessi esplosi a causa della crisi dei debiti sovrani) quanto piuttosto il calo del Pil
(che nel rapporto è al denominatore) a far incrementare il parametro sorvegliato speciale da
Bruxelles.
Incrociando questi dati emerge che le nuove misure del Governo dovrebbero soprattutto cercare di
risollevare il Pil (composto per il 60% da consumi, quindi dalla domanda interna, e per la quota
restante da spesa pubblica ed esportazioni nette) che concentrarsi unicamente sulla riduzione del
debito. Paradossalmente se il debito sarà ridotto ma il Pil continuerà a perdere colpi il parametro
debito/Pil continuerà a peggiorare, in un preoccupante circolo vizioso.
In economia vale sempre questa regola: fintanto che il Pil di un Paese cresce meno del tasso di
interesse che questo paga sul debito vuol dire che qualcosa non funziona. Ed è questo, in tutta
probabilità, il problema numero uno dell'Italia, adesso.
(fine)