Circolazione dei prodotti finanziari e responsabilita` degli investitori
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Circolazione dei prodotti finanziari e responsabilita` degli investitori
n DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI Intermediari finanziari Circolazione dei prodotti finanziari e responsabilità degli investitori professionali: il nuovo art. 100 bis Tuf di VALERIO SANGIOVANNI Per evitare il ripetersi degli scandali finanziari che hanno recentemente colpito centinaia di migliaia di investitori il legislatore ha introdotto una disposizione che sancisce la responsabilità degli investitori professionali che trasferiscono prodotti finanziari a investitori non professionali. Si tratta del nuovo art. 100 bis TUF, norma di grande rilevanza pratica. Introduzione L e reazioni alla legge per la tutela del risparmio sono state molto diverse (1). Questo testo normativo è stato salutato positivamente da Salafia (2), mentre è stato criticato duramente da Rossi (3). Al di là, però, della valutazione che il singolo studioso può dare della riforma è difficile negare che la nuova legge ha apportato significative modifiche (4). Il testo normativo costituisce la risposta ad alcuni recenti scandali finanziari (primi fra tutti Argentina, Cirio e Parmalat), che hanno colpito numerosi investitori e che hanno avuto grande risalto anche sui mezzi di comunicazione di massa. Fra le tante disposizioni introdotte dalla legge per la tutela del risparmio colpisce per la sua innovatività l’art. 100 bis TUF (5), rubricato «circolazione dei prodotti finanziari». La norma si compone di due commi. L’art. 100 bis, comma 1, TUF prevede: «nei casi di sollecitazione all’investimento di cui all’art. 100, comma 1, lett. a), e di successiva circolazione in Italia di prodotti finanziari, anche emessi all’estero, gli investitori professionali che li trasferiscono, fermo restando quanto previsto ai sensi dell’art. 21, rispondono della solvenza dell’emittente nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali, per la durata di un anno dall’emissione. Resta fermo quanto stabilito dall’art. 2412, comma 2, del codice civile». L’art. 100 bis, comma 2, TUF stabilisce: «il primo comma non si applica se l’intermediario consegna un documento informativo contenente le informazioni stabilite dalla Consob agli acquirenti che non siano investitori professionali, anche qualora la vendita avvenga su richiesta di questi ultimi. Spetta all’intermediario l’onere della prova di aver adempiuto agli obblighi indicati nel presente comma». Per comprendere le ragioni che hanno spinto il legislatore italiano a introdurre una disposizione del genere, occorre considerare che negli ultimi anni si sono susseguiti alcuni scandali finanziari di enorme portata. I casi più significativi riguardano le emissioni di obbligazioni effettuate dallo Stato argentino e dalle società Cirio e Parmalat, che non sono state rimborsate, cagionando cosı̀ danni importanti in capo agli investitori. Molti risparmiatori sono stati toccati da questi scandali. Gli investitori cercano di rifarsi sull’intermediario mediante il quale gli strumenti finanziari sono stati acquistati. Attualmente sono in corso nei tribunali italiani centinaia, forse migliaia, di cause di risparmiatori contro le banche che hanno venduto gli strumenti finanziari di Argentina, Cirio e Parmalat (6). Se cosı̀ tanti investitori hanno subito dei danni, qualcosa non ha funzionato nel siste- Note: (1) L. 18 dicembre 2005, n. 262. Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari. Il testo della legge è riprodotto in questa Rivista, 2006, 211 ss. (2) V. Salafia, La legge sul risparmio, in questa Rivista, 2006, 143 s. (3) G. Rossi, La legge sulla tutela del risparmio e il degrado della tecnica legislativa, in Riv. soc., 2006, 1 ss. (4) Sulla nuova legge per la tutela del risparmio cfr. anche F. Capriglione, Crisi di sistema ed innovazione normativa: prime riflessioni sulla nuova legge sul risparmio (L. n. 262 del 2005), in Banca, borsa, tit. cred., 2006, I, 125 ss. (5) Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli artt. 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52. (6) Fra le più recenti rassegne di giurisprudenza sulle cause fra investitori e intermediari si segnalano G. Gobbo/C.-E. Salodini, I servizi d’investimento nella giurisprudenza più recente, in Giur. comm., 2006, II, 5 ss.; A. Missaglia, Rassegna di giurisprudenza sulla tutela del risparmiatore, in Consumatori, diritti e mercato, 2006, 136 ss. Per una panoramica sui rimedi a disposizio(segue) LE SOCIETA’ N. 11/2006 1355 DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI ma. Il legislatore ha cercato allora di porre rimedio a queste falle con il nuovo art. 100 bis TUF. La definizione dei termini utilizzati nel nuovo art. 100 bis TUF L’ art. 100 bis TUF si avvale di numerosi termini tecnici. Alcuni di essi sono definiti nello stesso TUF oppure nei regolamenti attuativi. In altri casi manca tuttavia una definizione. L’esatta comprensione della portata della nuova disposizione presuppone la determinazione del significato dei vocaboli utilizzati dal legislatore. L’art. 100 bis, comma 1, TUF prevede che «nei casi di sollecitazione all’investimento di cui all’art. 100, comma 1, lett. a), e di successiva circolazione in Italia di prodotti finanziari, anche emessi all’estero, gli investitori professionali che li trasferiscono, fermo restando quanto previsto ai sensi dell’art. 21, rispondono della solvenza dell’emittente nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali, per la durata di un anno dall’emissione. Resta fermo quanto stabilito dall’art. 2412, comma 2, del codice civile». Bisogna dunque partire dalla nozione di «sollecitazione all’investimento», rinvenibile nell’art. 1, comma 1, lett. t), TUF: «ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolto al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari» (7). La disciplina della sollecitazione all’investimento è poi contenuta negli artt. 94-101 TUF. L’art. 100 bis TUF concerne un tipo solo di sollecitazione all’investimento, quella di cui all’art. 100, comma 1, lett. a), TUF. L’art. 100 TUF prevede i casi di inapplicabilità delle disposizioni sulla sollecitazione all’investimento. In particolare questo articolo stabilisce che le disposizioni del presente capo (vale a dire il capo relativo alla sollecitazione all’investimento: artt. 94-101 TUF) non si applicano, fra le altre, alle sollecitazioni all’investimento rivolte ai soli investitori professionali come definiti ai sensi dell’art. 30, comma 2, TUF (art. 100, comma 1, lett. a), TUF). Ecco allora che si pone già un secondo problema definitorio. Cosa intende il legislatore per «investitore professionale»? L’art. 100, comma 1, lett. a), TUF rinvia all’art. 30, comma 2, TUF. Ma questa ultima disposizione non definisce gli investitori professionali. Essa si limita a stabilire che «non costituisce offerta fuori sede quella effettuata nei confronti di investitori professionali, come definiti con regolamento della Consob, sentita la Banca d’Italia». Ma anche nei regolamenti attuativi non si rinviene una definizione di investitore professionale. Si trova una diversa nozione, quella di «operatore qualificato» (art. 31, comma 2, Reg. n. 11522/1998 (8)) (9). La definizione di operatore qualificato comprende due grandi categorie di soggetti: persone fisiche (come i promotori finanziari) e persone giuridiche. La mancanza di una definizione precisa di «investitore professionale» è 1356 LE SOCIETA’ N. 11/2006 n stata criticata da Assonime (10). L’art. 100 bis TUF fonda una responsabilità dell’investitore professionale per la solvenza dell’emittente. Alle persone fisiche non è tuttavia richiesto di presentare idonei requisiti patrimoniali. Questa associazione suggerisce allora l’introduzione di due distinte definizioni: una di «investitore qualificato» e una di «investitore professionale». La definizione di «investitore qualificato dovrebbe rilevare ai fini della sollecitazione e delle regole di comportamento degli intermediari, mentre la definizione di «investitore professionale» - che dovrebbe costituire un sottoinsieme della prima definizione - dovrebbe rilevare ai fini dell’obbligazione di garanzia ex art. 100 bis TUF (11). Note: (segue nota 6) ne dei risparmiatori sia consentito il rinvio a V. Sangiovanni, Sollecitazione all’investimento, nullità del contratto e frode alla legge, in Giur. mer., 2006, 1389 ss.; Id., La responsabilità precontrattuale dell’intermediario finanziario nel diritto inglese, in questa Rivista, 2006, 1173, ss.; Id., Scandali finanziari: profili di responsabilità dell’intermediario, in Danno resp., 2006, 874, ss.; Id., La responsabilità dell’intermediario nel caso Cirio e la recente legge per la tutela del risparmio, in I Contratti, 2006, 686 ss.; Id., La nullità del contratto per inosservanza di forma nel caso delle obbligazioni argentine, in Corr. merito, 2006, 737 ss.; Id., La responsabilità dell’intermediario nel caso Parmalat e la recentissima legge per la tutela del risparmio, in questa Rivista, 2006, 605 ss. Sulla responsabilità degli intermediari cfr. A. Perrone, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv. soc., 2005, 1012 ss.; A. Pisani Massamormile, Emissioni obbligazionarie e responsabilità degli intermediari, in Banca, borsa, tit. cred., 2005, I, 760 ss. (7) In materia di sollecitazione all’investimento cfr. G. Ferrarini, I modi della sollecitazione del risparmio, in Banca, borsa, tit. cred., 1991, 15 ss.; Id., Il carattere pubblico della sollecitazione al risparmio, in Giur. comm., 1990, 1013 ss.; G. Minervini, La Consob e la sollecitazione del pubblico al risparmio, in Riv. dir. civ., 1989, 293 ss. (8) Delibera Consob 1 luglio 1998, n. 11522. Regolamento di attuazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli intermediari. (9) L’art. 31, comma 2, Reg. n. 11522/1998 prevede che «per operatori qualificati si intendono gli intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le Sicav, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio Stato d’origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli artt. 106, 107 e 113 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino i possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante». (10) Assonime, Osservazioni sul documento di consultazione in materia di attuazione dell’articolo 100 bis del Testo Unico della Finanza, in www.assonime.it, 7 s. (11) L’interpretazione della disposizione in esame è ulteriormente complicata dal fatto che il legislatore, nell’art. 100 bis, comma 2, TUF si riferisce all’«intermediario». La ricostruzione della nozione di «intermediario» non è facile. Nel TUF si definisce difatti un qualcosa di diverso, cioè i «soggetti abilitati». Per «soggetti abilitati» si intendono: «le imprese di investimento, le Sgr, le società di gestione armonizzate, le Sicav nonché gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’art. 107 del T.U. bancario e le banche autorizzate all’esercizio dei servizi di investimento» (art. 1, comma 1, lett. r), TUF). Solo nel Reg. n. 11522/1998 si definiscono (segue) n DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI La legge italiana prevede dunque una disciplina particolare per le sollecitazioni all’investimento rivolte ai soli «investitori professionali». È di queste operazioni che si occupa l’art. 100 bis TUF. La legge per la tutela del risparmio non vieta questo tipo particolare di sollecitazioni, ma si occupa di regolarle in modo speciale. Il legislatore affronta il caso dei prodotti finanziari, anche emessi all’estero, che circolano successivamente in Italia e vengono trasferiti a investitori non professionali. Per questa evenienza la legge stabilisce la responsabilità degli investitori professionali che li hanno trasferiti. L’art. 100 bis, comma 1, TUF si riferisce alle sole «sollecitazioni». Secondo la Consob questa disposizione non va interpretata letteralmente (12). La responsabilità degli investitori professionali sussisterebbe anche in casi di circolazione dei prodotti finanziari diversi dalla sollecitazione. Questa interpretazione sarebbe preferibile, secondo la Consob, al fine di tutelare effettivamente gli investitori non professionali. Assonime ritiene invece che, per esigenze di certezza del diritto, non si possa interpretare cosı̀ estensivamente la disposizione (13). In particolare l’art. 100 bis TUF «non rileverà allorché gli investitori professionali acquisiscano i prodotti finanziari sulla base di una contrattazione individuale con l’emittente» (14). Dopo quella di «sollecitazione» e di «investitore professionale», un’ulteriore nozione su cui occorre soffermarsi è quella di «prodotto finanziario». Dalle definizioni collocate all’inizio del TUF risulta che per prodotti finanziari si intendono «gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria» (art. 1, comma 1, lett. u), TUF). Per «strumenti» finanziari si intendono, fra le altre cose: «a) le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali; b) le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali» (art. 1, comma 2, TUF). In realtà l’ambito di applicazione dell’art. 100 bis TUF è più ristretto rispetto a quanto appare risultare in base a questa definizione. Va difatti tenuto presente, innanzitutto, che la nuova disposizione rinvia espressamente all’art. 2412 c.c., che disciplina i limiti all’emissione di «obbligazioni». In secondo luogo va rilevato come la norma si riferisca alla garanzia di «solvenza» dell’emittente. La nozione di solvenza ha a che fare con la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni (cfr. l’art. 5 L. fall.: «lo stato d’insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni»). Nel caso di emissione di obbligazioni societarie, l’obbligo che l’emittente assume è quello di restituire la somma capitale e di pagare gli interessi (15). Facendo specifico riferimento alla nozione di «solvenza», si deve ritenere che l’art. 100 bis TUF disciplini solamente i cd. «titoli di debito», vale a dire quei titoli che comportano un obbligo di rimborso delle somme inizialmente trasferite dal debitore (16). I titoli di parte- cipazione al capitale sono invece esclusi dall’ambito di applicazione della disposizione perché su di essi grava il rischio di perdita dell’investimento. L’emissione di obbligazioni tramite veicoli esteri E’ importante soffermarsi sull’inciso, contenuto nella nuova disposizione di legge, secondo cui la responsabilità sussiste con riferimento a prodotti finanziari «anche emessi all’estero». Vi sono difatti ragioni specifiche che hanno spinto il legislatore a inserire una precisazione del genere nel testo normativo. Per comprenderle è necessaria una digressione sulla recente giurisprudenza in materia di violazione delle disposizioni imperative che regolano la sollecitazione all’investimento. (segue): a) la giurisprudenza italiana sulla emissione di obbligazioni da parte di società estere Alcune recenti sentenze di merito si sono occupate di un interessante profilo di nullità per contrarietà a disposizione imperativa (art. 1418 c.c.). Si tratta della possibile violazione di quelle norme cogenti che regolano la sollecitazione all’investimento (art. 94 ss. TUF). Note: (segue nota 11) gli «intermediari» o «intermediari autorizzati. Per «intermediari autorizzati» o «intermediari» si intendono: «le Sim, ivi comprese le società di cui all’art. 60, comma 4, del D.Lgs. n. 415 del 1996, le banche italiane autorizzate alla prestazione di servizi di investimento, gli agenti di cambio, gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’art. 107 del D.Lgs. n. 385 del 1993 autorizzati alla prestazione di servizi di investimento, le società di gestione del risparmio nella prestazione del servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, Poste Italiane S.p.A. autorizzata alla prestazione dei servizi di investimento ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144, nonché le imprese di investimento e le banche comunitarie ed extracomunitarie comunque abilitate alla prestazione di servizi di investimento in Italia» (art. 25, comma 1, lett. d), Reg. n. 11522/1998). (12) Consob, Documento di consultazione. Attuazione del nuovo art. 100 bis del TUF, 12 maggio 2006, in www.consob.it, 5. La Consob è chiamata dall’art. 100 bis, comma 2, TUF a stabilire le informazioni che il documento informativo deve contenere. È certamente apprezzabile che questa autorità di vigilanza, prima di dettare regole vincolanti, abbia sentito l’esigenza di interpellare gli operatori del settore. Questa è la funzione del documento di consultazione appena citato. La Consob, in sostanza, ha commentato il nuovo art. 100 bis TUF, ha individuato le possibili soluzioni ai principali problemi che si pongono e ha proposto un elenco di informazioni che il documento informativo dovrebbe contenere. Questo documento di consultazione è stato pubblicato sul sito della stessa autorità, con invito a tutti gli interessati a sottoporre osservazioni. Il vantaggio di questa procedura è che la Consob, senza vincolarsi, e gli interessati danno origine a uno scambio di informazioni e di opinioni che serve a tutti per comprendere meglio il significato delle nuove disposizioni. (13) Assonime, Osservazioni, cit., 3. (14) Assonime, Circolare n. 12/2006, in Riv. soc., 2006, 484 s. (15) Gli interessi possono essere pagati con modalità diverse: talvolta con liquidazione rateale (semestrale o annuale), talaltra in una unica soluzione alla scadenza del prestito. (16) Assonime, Circolare, cit., 487; Consob, op. cit., 3 ss. LE SOCIETA’ N. 11/2006 1357 DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI Si è visto come l’art. 100, comma 1, TUF escluda l’applicazione delle disposizioni sulla sollecitazione all’investimento, fra l’altro, nel caso di sollecitazioni rivolte ai soli investitori professionali. Se la sollecitazione si rivolge a esperti la legge ritiene non necessario osservare le disposizioni relative alla predisposizione e alla pubblicazione del prospetto. Si vuole in questo modo semplificare l’operazione. Va tenuto presente che l’osservanza di tutti gli adempimenti in materia di sollecitazione richiede tempi piuttosto lunghi e costi relativamente elevati. Quando gli investitori cui è rivolta l’offerta sono esperti del settore, il legislatore ritiene insensato imporre una procedura complicata e costosa. Il fine degli adempimenti connessi al prospetto è l’adeguata informazione dei destinatari. Questo obiettivo perde di importanza quando gli investitori sono operatori professionali. La prassi ha escogitato dei meccanismi con i quali vengono aggirate le disposizioni sulla sollecitazione all’investimento. Lo stratagemma che viene utilizzato a tal fine è il seguente: gli strumenti finanziari vengono dapprima acquistati da investitori professionali, senza necessità di prospetto in virtù dell’art. 100, comma 1, lett. a), TUF; immediatamente dopo i titoli vengono rivenduti a investitori non professionali. La Consob ha avuto modo di occuparsi di questa questione in una sua comunicazione del 1997 (17). Si trattava del caso di una banca che intendeva acquistare a fermo tutte le obbligazioni emesse da un Comune, per poi rivenderle alcuni giorni dopo includendole nel paniere da proporre alla clientela. L’autorità di vigilanza conclude nel senso che le due operazioni poste in essere dall’intermediario vanno considerate come giuridicamente separate. La prima operazione è l’acquisto da parte della banca degli strumenti finanziari dell’emittente. La Consob si chiede se questo acquisto configuri collocamento. Il collocamento rappresenta uno dei servizi d’investimento previsti dall’art. 1, comma 5, TUF (18). La risposta della Consob al quesito posto dalla banca è negativa. L’intermediario, difatti, aveva assunto solo l’obbligo di sottoscrivere le obbligazioni, non di collocarle. La Consob conclude dunque nel senso che il Comune non è obbligato a redigere e pubblicare un prospetto. La seconda operazione era l’inserimento delle obbligazioni nei panieri di strumenti finanziari offerti ai clienti della banca. La Consob si chiede se ciò configuri un’offerta al pubblico. La risposta è negativa. La Consob qualifica tale attività come un servizio non di collocamento, ma di negoziazione. Per essere più precisi si tratta, secondo l’autorità di vigilanza, di un’attività di negoziazione in contropartita diretta con la clientela. In definitiva la Consob, con questa interpretazione complessiva, legittima il comportamento dell’intermediario che prima acquista gli strumenti finanziari e - immediatamente dopo - li vende ai propri clienti non professionali. Si tratterebbe di due attività del tutto separate. Il Tribunale di Milano si è recentemente espresso in modo critico nei confronti della prassi appena illustrata, 1358 LE SOCIETA’ N. 11/2006 n seppure essa sia stata avallata dalla Conob (19). La conclusione cui giunge il giudice milanese, in una sentenza del marzo 2006, è che la violazione delle disposizioni sulla sollecitazione all’investimento tramite la cd. offerta indiretta è idonea a fondare una declaratoria di nullità dei contratti per violazione del superiore principio della integrità dei mercati. Il Tribunale di Milano ritiene che sussistano i presupposti per considerare unitariamente le due operazioni (prima vendita all’intermediario e poi vendita ai clienti della banca). La vicenda è quella, nota, delle obbligazioni Cirio. Dal testo della sentenza si desume che nel 1999/2000 il gruppo Cirio si trovò ad affrontare forti difficoltà finanziarie, aggravate da un’esposizione particolarmente elevata nei confronti di numerosi gruppi bancari italiani e stranieri. Per far fronte a tali difficoltà, le società del gruppo deliberarono di dar luogo a un consistente prestito obbligazionario di complessivi 1.125.000.000 di euro, suddiviso in varie emissioni. Tutte le emissioni erano effettuate da emittenti di diritto lussemburghese, create ad hoc e del tutto estranee alla Cirio italiana operante nel settore dell’industria agro-alimentare (20). Secondo il Tribunale di Milano il ricorso all’euro-mercato ha consentito l’elusione del controllo delle preposte autorità nazionali e del rigido limite quantitativo previsto per le emissioni obbligazionarie dal nostro ordinamento. Considerati i limiti previsti dalla legge all’emissione di obbligazioni (art. 2412 c.c.), operazioni come quelle poste in essere dal gruppo Cirio sarebbero stati improponibili nel nostro ordinamento e per questa ragione si è fatto ricorso, attraverso una società-«veicolo», a un ordinamento - come quello lussemburghese - dove è consentita l’emissione di titoli obbligazionari in misura pressoché illimitata da parte di società a ridotta capitalizzazione, con l’adozione di adempimenti minori presso le autorità di vigilanza. Nel caso particolare la Cirio Holding Luxemboug s.a. effettuò un’emissione obbligazionaria suddivisa in due tranches, rispettivamente di Note: (17) Comunicazione Consob n. DAL/97006042, 9 luglio 1997, in www.consob.it. In questa comunicazione, peraltro, si è applicato il diritto vigente prima del TUF. (18) L’art. 1, comma 5, TUF prevede che «per servizi di investimento si intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio; b) negoziazione per conto terzi; c) collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente; d) gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; e) ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione». (19) Trib. Milano 20 marzo 2006, in Danno resp., 2006, 876 ss., con nota di V. Sangiovanni, Scandali finanziari: profili di responsabilità dell’intermediario. (20) Il ricorso a emittenti stranieri si è verificato anche nel caso Parmalat. Cfr., al riguardo Trib. Milano 9 novembre 2005, n. 12704, in questa Rivista, 2006, 605 ss., con nota di V. Sangiovanni, La responsabilità dell’intermediario nel caso Parmalat e la recentissima legge per la tutela del risparmio. Dal testo di questa sentenza risulta, in particolare, che Parmalat si era avvalsa di una società di diritto olandese. n DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI 150.000.000 e di 50.000.000 di euro, entrambe con un interesse del 6,25%. Il prestito venne emesso senza rating. Secondo il Tribunale di Milano occorre dare rilievo alle finalità complessive dell’operazione. Se risulta che i titoli vengono emessi dall’emittente e comprati dall’intermediario al fine di collocarli presso investitori non professionali non può operare l’esenzione dall’obbligo di pubblicare il prospetto. Secondo il giudice milanese è lecito ritenere che le offerte indirette violino sia la ratio sia la sostanza della legge e che, in determinate circostanze, simulino una sollecitazione all’investimento. Nella maggior parte di esse appare infatti ravvisabile un tacito accordo fra «emittente» e «intermediario» o, quantomeno, la consapevolezza che gli strumenti finanziari saranno ri-offerti ai clienti in tempi assai brevi se non addirittura immediatamente. Il Tribunale di Milano pone l’accento sulle caratteristiche complessive del comportamento delle banche. Queste hanno operato in modo non neutrale (come «negoziatori»), ma piuttosto come veri e propri «collocatori». La banca aveva suggerito l’acquisto delle obbligazioni Cirio rispetto ad altri strumenti finanziari. Inoltre l’offerta di questi titoli era standardizzata e non negoziata con il singolo potenziale compratore. Le obbligazioni venivano difatti inserite in un paniere e offerte alle stesse condizioni agli investitori presso tutti gli sportelli della banca. Il Tribunale di Milano sottolinea, infine, la rapidità con la quale si è realizzata la vendita degli strumenti finanziari. Il complesso di queste circostanze tende a dimostrare che l’intera operazione (primo passaggio: emissione; secondo passaggio: acquisto da parte della banca; terzo passaggio: vendita ai clienti di questa ultima) era finalizzata al collocamento degli strumenti finanziari presso investitori non professionali. Il Tribunale di Milano giunge alla conclusione che i contratti sono nulli. Ne consegue l’obbligo dell’intermediario di restituire le somme messe a disposizione per l’investimento. Formalmente l’offerta della società del gruppo Cirio era rivolta alle banche, ossia a investitori professionali. Nella sostanza l’offerta era rivolta ai clienti delle banche, vale a dire a investitori non professionali. L’esenzione di cui all’art. 100, comma 1, lett. a), TUF non poteva dunque trovare applicazione. Ne consegue che l’emittente ha violato disposizioni imperative: quelle che impongono la predisposizione e la pubblicazione del prospetto. Occorre tuttavia chiedersi quale sia il contratto dichiarato nullo nel caso di specie. Si tratta del contratto di collocamento fra emittente e intermediario oppure del contratto d’investimento tra intermediario e investitore? Il Tribunale di Milano, nella sentenza del marzo 2006, dichiara «la nullità dei contratti di investimento di cui è causa». Non si riesce a comprendere con certezza se questa nullità riguardi il primo contratto, il secondo, oppure entrambi. Ad avviso di chi scrive dovrebbe essere ritenuto nullo il contratto di collocamento. È difatti l’accordo tra emittente e intermediario a violare disposizioni imperative. Non pare invece che il contratto d’investimento tra intermediario e investitore possa essere dichiarato nullo. L’obbligo di predisporre e pubblicare il prospetto incombe sull’emittente, non sull’investitore. Ma l’emittente non è parte del contratto d’investimento. Oltre al Tribunale di Milano, si è occupato del caso Cirio anche il Tribunale di Trani, nel gennaio 2006 (21). Si trattava di obbligazioni, emesse sull’euro-mercato, che erano state inizialmente assunte «a fermo» da alcune banche, le quali le avevano - successivamente - vendute a investitori istituzionali e a soggetti privati. Il Tribunale di Trani si richiama alla Banca d’Italia, la quale, nel bollettino economico n. 41/2003, aveva chiarito che «l’assenza del prospetto informativo previsto per le offerte pubbliche impedisce alle banche, sia a quelle che sottoscrivono inizialmente i titoli sia a quelle che li acquistano dalle banche collocatrici, di sollecitare il pubblico a comprare i valori mobiliari. Le banche possono tuttavia vendere i titoli del proprio portafoglio ai clienti che ne facciano richiesta nell’ambito di un’attività di negoziazione per conto proprio». Il Tribunale di Trani conclude dunque nel senso che la sequenza «assunzione a fermo - negoziazione sul mercato secondario» è lecita e non implica violazione dell’obbligo di prospetto. Vi è poi una terza sentenza che si occupa della possibile violazione delle disposizioni imperative che regolano la sollecitazione all’investimento: si tratta di una pronuncia del Tribunale di Novara del novembre 2005 (22). Anche in questo caso oggetto del contendere erano obbligazioni Cirio. L’operazione fu strutturata in modo piuttosto complesso, perché vi furono tre passaggi delle obbligazioni (23). Prima fase: dall’emittente al lead manager e ai membri del consorzio di collocamento (fase di emissione sull’euro-mercato in Lussemburgo); seconda fase: dal lead manager e dai membri del consorzio di collocamento agli investitori professionali iniziali acquirenti (fase di collocamento presso investitori istituzionali); terza fase: dagli investitori professionali agli investitori retail (fase di negoziazione presso clienti). Il Tribunale di Novara decide come il Tribunale di Trani e in senso opposto al Tribunale di Milano. Secondo l’autorità giudiziaria novarese il meccanismo secondo cui gli strumenti finanziari vengono acquistati prima da investitori professionali e poi da investitori non professionaNote: (21) Trib. Trani 31 gennaio 2006, in I Contratti, 2006, 686 ss., con nota di V. Sangiovanni, La responsabilità dell’intermediario nel caso Cirio e la recente legge per la tutela del risparmio. (22) Trib. Novara 17 novembre 2005, in Danno resp., 2006, 882 s., con nota di V. Sangiovanni, Scandali finanziari: profili di responsabilità dell’intermediario. (23) Per una descrizione del processo di emissione e di collocamento di strumenti finanziari cfr. A. Pisani Massamormile, op. cit., 781 ss. LE SOCIETA’ N. 11/2006 1359 DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI li, senza necessità di predisposizione del prospetto informativo, è legittimo. Il Tribunale di Novara ritiene che il risultato finale del collocamento di titoli obbligazionari originariamente destinati a investitori istituzionali presso investitori non professionali non presuppone necessariamente il ricorso allo strumento sollecitatorio. Secondo questa autorità giudiziaria non sussiste «alcuna disposizione normativa che vieti agli investitori professionali di rivendere i titoli alla clientela retail, dopo averli acquistati in regime di esenzione dall’applicabilità della disciplina in materia di sollecitazione». Questa affermazione del Tribunale di Novara appare corretta, ma è necessario fare una precisazione. Il fatto che non ci siano disposizioni specifiche che vietano la pratica appena illustrata non significa che emittenti e collocatori siano liberi di architettare complesse operazioni finanziarie al fine a danneggiare gli investitori. Quando l’offerta di uno strumento finanziario è rivolta al pubblico, la legge - per esigenze di tutela dei risparmiatori - esige che siano adempiute certe formalità. Nel caso delle emissioni di obbligazioni Cirio si ha la sensazione che l’operazione sia stata strutturata proprio al fine di vendere titoli a investitori non professionali aggirando le disposizioni sulla sollecitazione all’investimento. Nel paragrafo che segue si esaminerà pertanto la possibilità che si sia realizzata un’operazione in frode alla legge. (segue): b) i profili di frode alla legge La sentenza del Tribunale di Milano del marzo 2006 conclude nel senso che sono stati posti in essere contratti in frode alla legge. Il riferimento è a quanto previsto dall’art. 1344 c.c., secondo cui si reputa illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa. L’illiceità della causa determina nullità del contratto ai sensi dell’art. 1418, comma 2, c.c. Se la causa del contratto è illecita, l’operazione è nulla e le parti sono obbligate alle restituzioni. Gli elementi costitutivi della fattispecie della frode alla legge sono due: una «norma imperativa» e un «contratto». La «disposizione imperativa», nel caso affrontato dal Tribunale di Milano, è data dall’art. 94 TUF. Il prospetto è finalizzato all’informazione degli investitori. Tramite la sua pubblicazione si realizza un mercato finanziario informato e, cosı̀ facendo, si garantisce il buon funzionamento dello stesso (24). Le disposizioni sulla sollecitazione all’investimento si devono ritenere imperative poiché il bene tutelato è di carattere pubblico. Per l’applicazione dell’art. 1344 c.c. occorre poi un «contratto». Qual è, nel caso affrontato dal Tribunale di Milano, il contratto? La pronuncia dell’autorità giudiziaria milanese letteralmente, «dichiara la nullità dei contratti di investimento di cui è causa». Dal testo della sentenza non si comprende tuttavia con certezza se la declaratoria di nullità concerne il contratto di collocamento oppure quello d’investimento oppure entrambi. 1360 LE SOCIETA’ N. 11/2006 n Sono in effetti intercorse tre relazioni contrattuali: 1) il contratto di collocamento fra emittente e intermediario; 2) il contratto d’investimento fra intermediario e investitore; 3) il contratto di compravendita delle obbligazioni Cirio fra intermediario e investitore. Fra emittente e intermediario è stato concluso un contratto di collocamento. Ci si può dunque chiedere se tale rapporto contrattuale fra società lussemburghese e banca italiana sia in frode alla legge. Emittente e intermediario sembrano qui, in effetti, strutturare una doppia vendita degli strumenti finanziari (dall’emittente all’intermediario e, subito dopo, dall’intermediario agli investitori privati) finalizzata all’aggiramento delle disposizioni sulla sollecitazione all’investimento. E tuttavia, tecnicamente, non dovrebbe ricorrere alcuna «frode alla legge». Difatti è il legislatore stesso che, nel rapporto fra emittente e intermediario, esenta dalla pubblicazione del prospetto. Dal momento che l’emittente (società Cirio lussemburghese) vende gli strumenti finanziari a un investitore professionale (banca italiana), non vi è necessità di prospetto ai sensi dell’art. 100, comma 1, lett. a), TUF. Il rapporto contrattuale fra emittente e intermediario potrebbe invece essere configurato in altro modo, come contratto «in frode a terzi». La Corte di cassazione ha avuto modo di occuparsi di questa fattispecie (25). La Suprema Corte ha deciso che l’intento di recare pregiudizio ad altri soggetti (nel caso affrontato dalla sentenza del Tribunale di Milano si tratterebbe degli investitori non professionali) non rientra di per sé nella fattispecie del contratto in frode alla legge, sia perché il negozio in frode alla legge è ipotesi del tutto distinta da quella del negozio in frode ai terzi, sia perché non si rinviene nell’ordinamento una norma che stabilisca in via generale, come per il primo caso di contratto, l’invalidità del contratto stipulato in frode ai terzi, ai quali ultimi, invece, l’ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possono risentire dall’altrui attività negoziale. Nello specifico contesto che qui interessa è difficile non dare rilevanza al fatto che Note: (24) Il buon funzionamento dei mercati mobiliari si fonda sull’informazione, che deve essere completa, corretta e tempestiva. Al riguardo cfr., fra i tanti, F. Cavazzuti, La trasparenza dei mercati finanziari, in Banca impresa società, 2004, 419 ss.; G. Ferrarini, Informazione societaria: quale riforma dopo gli scandali?, in Banca impresa società, 2004, 411 ss.; A. Perrone, Informazione al mercato e tutele dell’investitore, Milano, 2003. La centralità del ruolo dell’informazione nel buon funzionamento dei sistemi finanziari è riconosciuta in ogni ordinamento. Per riferimenti al regime tedesco sia permesso rinviare alla mia monografia, V. Sangiovanni, Die Ad-hoc-Publizität im deutschen und italienischen Recht, Frankfurt am Main, 2003. In lingua italiana sia lecito rinviare a V. Sangiovanni, Documento d’offerta pubblica e responsabilità civile nel nuovo diritto tedesco, in Riv. dir. civ., 2004, I, 153 ss.; Id., L’attuazione della direttiva sull’insider trading nel diritto tedesco, in Banca, borsa, tit. cred., 2000, I, 540 ss.; Id., L’informazione cd. continua o permanente nel diritto tedesco del mercato dei capitali, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, I, 582 ss. (25) Cass. 29 maggio 2003, n. 8600. n DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI l’emittente versava in una grave situazione debitoria. Dal testo della sentenza si desume che il gruppo Cirio era indebitato nei confronti di diverse banche italiane e straniere. Fra questi istituti di credito rientrava anche la convenuta. Ma se il gruppo Cirio era indebitato nei confronti degli intermediari chiamati a collocare le obbligazioni, ecco profilarsi un conflitto d’interessi. La banca convenuta colloca gli strumenti finanziari perché - cosı̀ facendo - consente all’emittente di incassare danari, i quali vengono utilizzati per ripianare i debiti nei confronti dell’intermediario. L’interesse alla complessiva operazione finanziaria è comune a emittente e intermediario. Entrambi vogliono che gli strumenti finanziari vengano collocati e per il raggiungimento di tale fine si accetta il rischio di un danno in capo agli investitori. Sotto questo profilo il contratto di collocamento fra emittente e intermediario non è tecnicamente in frode alla legge; il contratto è invece in frode a terzi, che sono gli acquirenti finali delle obbligazioni. Vi è poi il secondo livello contrattuale: si tratta del contratto d’investimento fra intermediario e investitore non professionale. È il contratto-quadro, in esecuzione del quale è stata poi posta in essere la compravendita avente per oggetto obbligazioni Cirio. Nel caso affrontato dal Tribunale di Milano nel marzo 2006 non pare sussistano i presupposti per ritenere che il contratto d’investimento sia stato posto in essere in frode alla legge. La ragione sta nel fatto che l’investitore non intendeva eludere l’applicazione di una norma imperativa. È possibile che il cliente non fosse nemmeno a conoscenza dell’esistenza di disposizioni cogenti che impongono la redazione e la pubblicazione di un prospetto. Il contratto d’investimento è intercorso fra la banca, da un lato, e gli investitori, dall’altro. Perché vi sia frode in questo contratto occorrerebbe un accordo di queste parti (intermediario e clienti) con il quale si aggira una disposizione imperativa. Ma nel caso di specie non vi è sicuramente alcun accordo in questo senso. Anche con riferimento al terzo livello contrattuale (contratto di vendita delle obbligazioni dall’intermediario all’investitore) non vi dovrebbe essere stata frode alla legge. La ragione risiede nel fatto che parte di questo contratto è il cliente della banca, ma questi - si è visto non è l’autore, bensı̀ la vittima del raggiro architettato da emittente e intermediario. I ragionamenti appena sviluppati con riferimento alla sentenza del Tribunale di Milano del marzo 2006 valgono anche nel caso deciso dal Tribunale di Novara nel novembre 2005. Si tratta della stessa vicenda, vale a dire della emissione di obbligazioni Cirio. Questi strumenti finanziari vennero venduti dapprima a investitori professionali, senza necessità di prospetto, e - poi - a investitori non professionali. Come esposto sopra, pare essere stata realizzata una frode a terzi. Tutto sembra difatti indicare che emittenti e intermediari abbiano architettato l’operazione al fine di «rifilare» gli strumenti finan- ziari, con il danno che ne è conseguito, a investitori non esperti. (segue): c) conclusioni sulla emissione di obbligazioni estere L’esame della recente giurisprudenza consente di comprendere per quale ragione il legislatore della riforma ha previsto che la responsabilità degli intermediari sussiste anche nel caso di collocamento di obbligazioni estere. Si vuole assicurare che qualcuno risponda anche quando l’emissione viene effettuata da società-veicolo straniere. L’utilizzo di società estere offre un importante vantaggio agli emittenti: i veicoli stranieri possono essere assoggettati a una disciplina meno stringente di quella italiana in materia di emissione di obbligazioni. È il caso, per esempio, delle società di diritto lussemburghese. In una fattispecie del genere, l’operazione è assoggettata - almeno in linea di principio - alla legge del Lussemburgo (26). Il diritto lussemburghese prevede la possibilità di emettere obbligazioni al di là dei limiti fissati dall’ordinamento italiano. Attualmente l’art. 2412, comma 1, c.c. stabilisce che «la società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato». Se ci si avvale di una società estera, il limite italiano tende a non essere applicabile. Ciò costituisce un vantaggio competitivo di cui è ragionevole assumere che le imprese nostrane vogliano beneficiare (27). Per quale motivo le società italiane non dovrebbero ricorrere a meccanismi di finanziamento consentiti da legislazioni straniere? Se non lo fanno, le nostre imprese risultano svantaggiate rispetto a quelle di altri Paesi. L’utilizzo di un veicolo estero per l’emissione di obbligazioni, per quanto benefico per le società che se ne avvalgono, comporta però rischi maggiori per i risparmiatori. La presenza di limiti meno stringenti fa sı̀ che le società estere tendano a emettere strumenti finanziari più rischiosi. A garanzia del pagamento degli interessi e della restituzione del debito vi può essere meno del doppio del capitale e delle riserve, come richiesto dall’attuale diritto italiano. Il rischio che si verifichi una incapacità di pagamento dell’emittente è maggiore. Nel passato diverse società italiane si sono appositamente avvalse di società estere perché la loro situazione patrimoniale non consentiva (o almeno non consentiva cosı̀ facilmente) l’emissione di obbligazioni secondo il diritto italiano. È allora corretto chiedersi se il fatto di avvalerNote: (26) Per un approfondimento della questione della legge applicabile alle emissioni di obbligazioni cfr. S.M. Carbone, Leggi regolatrici e circolazione in Italia di obbligazioni estere, in Banca, borsa, tit. cred., 2005, I, 424 ss. (27) Cfr. M. Palmieri, I nuovi limiti all’emissione di obbligazioni, in Giur. comm., 2006, I, 293, che scrive di «operazioni di shopping normativo». LE SOCIETA’ N. 11/2006 1361 DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI si di veicoli stranieri non configuri una violazione delle disposizioni imperative che regolano l’emissione di obbligazioni secondo la nostra legge (art. 2410 ss. c.c.) (28). La responsabilità per la solvenza I l legislatore stabilisce dunque che gli investitori professionali che trasferiscono prodotti finanziari rispondono della solvenza dell’emittente nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali per la durata di un anno dall’emissione. La disposizione sembrerebbe lineare nella sua formulazione, ma - ad entrare nel dettaglio - ci si rende conto che sussistono diversi profili problematici. Analizziamo allora la disposizione passo passo, partendo dalla nozione di «emittente». Il TUF definisce, a dire il vero, solo gli «emittenti quotati», vale a dire «i soggetti italiani o esteri che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati italiani» (art. 1, comma 1, lett. w), TUF). Da questa definizione può peraltro ricavarsi quella di emittente, vale a dire il soggetto che emette strumenti finanziari. La nozione legislativa di emittente è estremamente ampia: si tratta sia di soggetti che possono rivestire la forma di società (si pensi a Cirio e Parmalat) sia di Stati sovrani (come l’Argentina). Desario ha criticato l’ambito di applicazione della disposizione per la sua eccessiva ampiezza (29). In particolare il rischio è che piccole banche, che collocano prodotti finanziari di enti di enormi dimensioni, si trovino a rispondere. Desario evidenzia anche il rischio che l’attività di intermediazione mobiliare degli operatori italiani possa subire una flessione. Quando una banca nostrana partecipa a un consorzio di collocamento, essa si trova svantaggiata rispetto a colleghe banche di altri ordinamenti in cui non è prevista una disposizione simile all’art. 100 bis TUF. In altre parole, in occasione di emissioni di obbligazioni da parte di un emittente che potrebbe diventare insolvente, gli intermediari italiani potrebbero essere indotti ad astenersi per evitare la responsabilità. Questa conseguenza non sussiste in capo a banche di altri Paesi che non prevedono una disposizione come l’art. 100 bis TUF. Da un lato la norma è dunque un presidio a favore dei piccoli risparmiatori; dall’altro essa tende a ridurre la competitività delle banche italiane sul mercato internazionale. L’art. 100 bis, comma 1, TUF fa poi riferimento alla nozione di «solvenza» dell’emittente: gli investitori professionali rispondono della «solvenza» dell’emittente nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali. L’espressione «solvenza» non è coincidente con il termine «insolvenza». «Solvenza» è, se si vuole, categoria del diritto civile, mentre «insolvenza» tende a essere una categoria del diritto concorsuale. Alla solvenza si riferisce, per esempio, l’art. 1267 («garanzia della solvenza del debitore») nel contesto della cessione dei crediti. Solvenza è il contrario di insolvenza. «Solven- 1362 LE SOCIETA’ N. 11/2006 n za» è la capacità di fare fronte regolarmente alle proprie obbligazioni; «insolvenza» è l’incapacità di fare fronte regolarmente alle proprie obbligazioni (art. 5 L. fall.). La nozione di solvenza non viene definita nel TUF e ciò crea qualche problema interpretativo. Questa incertezza è peggiorata dal fatto che lo stesso diritto concorsuale italiano è stato riformato molto recentemente (30). Assonime si chiede se occorra che sia dichiarata formalmente l’insolvenza affinché la disposizione operi (31). Si tratta di una domanda di centrale rilevanza, poiché - a seconda della risposta che si dà - l’art. 100 bis, comma 1, TUF può arrivare a essere svuotato di contenuto. La sentenza dichiarativa di fallimento viene pronunciata dal tribunale ai sensi dell’art. 16 L. fall. Sennonché fra le prime avvisaglie di difficoltà finanziarie e la pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento può passare un certo periodo di tempo. Una soluzione formalistica, che ponesse l’accento sulla declaratoria di insolvenza, rischia di ridurre - anche fortemente - il reale impatto della nuova disposizione. L’insolvenza può difatti essere dichiarata con un certo ritardo. Tenuto conto di questa circostanza appare preferibile l’altra soluzione, quella secondo cui è sufficiente che nel periodo di tempo di un anno dall’emissione l’insolvenza si sia manifestata. A ciò si aggiungano due ordini di ragionamento. Innanzitutto il fallimento non è l’unica procedura concorsuale prevista nell’ordinamento italiano. Possono talvolta sussistere i presupposti perché si apra un procedimento diverso da quello fallimentare in senso tecnico. Nel caso delle obbligazioni Parmalat, per esempio, ha trovato applicazione la L. 18 febbraio 2004, n. 39 (32). In secondo luogo fare riferimento al solo diritto concorsuale italiano non pare appropriato. Si è già rilevato come l’emittente insolvente possa essere un soggetto estero. Ma qui allora il discorso si complica perché bisogna stabilire innanzitutto quale sia la legge applicabile al procedimento concorsuale. Si pensi al caso delle società-veicolo nel caso Cirio, che hanno emesso obbligazioni in Lussemburgo. Chi è qui insolvente? Va dichiarata solo l’insolvenza della piccola e sottocapitalizzata società di diritto lussemburghese? Oppure l’insolvenza si estende alla società-madre? E nel caso di insolvenza di entrambe Note: (28) In questo senso B. Inzitari, Le obbligazioni nel diritto civile degli affari, Padova, 2006, 670 s. (29) V. Desario, Nuovi scenari per il sistema bancario tra cambiamenti macroeconomici e innovazioni normative, in www.bancaditalia.it, 16 s. (30) D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell’art. 1, comma 5, della L. 14 maggio 2005, n. 80. (31) Assonime, Osservazioni, cit., 2 s. (32) D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, convertito con modificazioni dalla L. 18 febbraio 2004, n. 39. Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in crisi in stato di insolvenza. Sulla applicazione di questa legge al caso Parmalat cfr. B. Inzitari, op. cit., 661 ss. n DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI le società, qual è il momento rilevante? Si tratta di problemi complessi che non si possono approfondire in questa sede. La legge italiana prevede che la responsabilità della banca sia limitata a un determinato lasso di tempo: gli investitori professionali rispondono per la durata di un anno dall’emissione. La garanzia non ha dunque una durata legata alla vita del titolo (33). Si immagini che una certa obbligazione debba essere rimborsata dopo cinque anni: la responsabilità dell’intermediario dura comunque un solo anno dall’emissione. La normativa attuale chiama l’intermediario a rispondere per il fatto (insolvenza) dell’emittente. Rispetto a questa evenienza in linea di principio la banca non ha alcuna responsabilità. È l’emittente che va male, non l’intermediario. Probabilmente le difficoltà finanziarie sono ascrivibili a cattiva gestione da parte degli amministratori, cattivo andamento del mercato e altre circostanze simili, indipendenti dal comportamento dalla banca. La «colpa» dell’intermediario risiede nell’avere collocato un prodotto finanziario che si è successivamente rilevato non proficuo per gli investitori. La decisione di vendere un certo prodotto finanziario viene adottata dagli investitori professionali sulla base delle informazioni che essi stessi riescono a recuperare in un dato momento storico. Il legislatore stabilisce che la responsabilità dura un anno. In altre parole gli intermediari rispondono solo se i prodotti finanziari vengono rivenduti nel breve termine. Se, al contrario, i titoli vengono trattenuti a lungo in portafoglio (per un periodo superiore a un anno) e poi rivenduti a investitori non professionali, non può darsi responsabilità delle banche. Trascorso un anno dalla emissione, gli investitori professionali tornano liberi di cedere i prodotti finanziari senza rispondere civilmente per l’insolvenza dell’emittente. La previsione di una durata della responsabilità consente di comprendere le ragioni per cui il nuovo art. 100 bis TUF è stato introdotto. Come si è visto esaminando la giurisprudenza relativa al caso Cirio, gli emittenti hanno talvolta strutturato operazioni finanziarie in complicità con gli intermediari. Le società, indebitate con le banche, non riescono a restituire quanto dovuto. Per recuperare queste somme strutturano, d’accordo con gli emittenti, un’operazione di emissione di obbligazioni all’esito della quale i prodotti finanziari vengono collocati presso i piccoli risparmiatori. Un meccanismo del genere viene ora fortemente ostacolato dall’art. 100 bis, comma 1, TUF. L’intermediario che rivende in tempi brevi le obbligazioni risponde nei confronti degli acquirenti. Con riguardo all’ammontare della responsabilità degli investitori professionali, si deve ritenere che essi rispondano nei limiti del valore dell’investimento effettuato dall’acquirente. Cosı̀, se Tizio compra prodotti finanziari per 100.000 euro dall’intermediario Alfa, questi risponde nella misura massima di 100.000 euro, nonostante il valore complessivo dell’insolvenza sia normalmente molto più elevato. Se Alfa ha venduto prodotti finan- ziari a una pluralità di investitori per un valore complessivo, si immagini, di 10 milioni di euro (all’interno di un’operazione di emissione del valore di 100 milioni di euro), Alfa risponderà fino a 10 milioni di euro (e non fino a 100 milioni di euro, valore dell’intera operazione). In altre parole, l’intermediario risponde nei limiti del proprio operato, non di tutta l’insolvenza che si è verificata. Non pare possibile ipotizzare una forma di responsabilità solidale con gli altri collocatori. Il rapporto fra l’art. 100 bis TUF e le regole di condotta degli intermediari finanziari L’ art. 100 bis, comma 1, TUF stabilisce che resta fermo quanto previsto ai sensi dell’art. 21 TUF. Questa disposizione fissa i criteri generali da osservarsi nella prestazione dei servizi di investimento (cd. «regole di condotta») (34). Dalla giurisprudenza edita in materia di responsabilità degli intermediari finanziari risulta che le banche hanno talvolta comprato, e immediatamente dopo rivenduto, gli strumenti finanziari di emittenti in grave crisi. Chi vende per professione titoli deve informarsi sulle caratteristiche dei beni che tratta e deve comunicare queste informazioni ai clienti. Rilevante in questo contesto appare essere, in particolare, l’art. 26, comma 1, lett. e), Reg. n. 11522/1998, secondo cui gli intermediari acquisiscono conoscenza degli strumenti finanziari offerti. Se l’intermediario non si è informato adeguatamente, viola questo obbligo regolamentare. Dal punto di vista economico l’acquisto di strumenti finanziari ad alto rischio può giustificarsi quando essi vengono rivenduti immediatamente dopo ad altri soggetti, conseguendone un guadagno. In questo modo la banca si garantisce un guadagno (la differenza fra prezzo di acquisto e prezzo di vendita), trasferendo il rischio-insolvenza all’acquirente. Proprio a questo pericolo vuole ora porre rimedio il nuovo art. 100 bis TUF. Questa disposizione è importante per il buon funzionamento dei mercati finanziari. Essa crea un deterrente per gli intermediari. Questi, d’ora in avanti, devono verificare con estrema attenzione le caratteristiche degli strumenti finanziari che vendono. Se risulta difatti che l’emittente è insolvente, gli intermediari rispondono nei confronti degli acquirenti dei titoli. L’art. 100 bis TUF non tocca il problema delle conseguenze delle violazioni delle regole di condotta. La disposizione, tuttavia, dice espressamente che resta fermo quanto previsto dall’art. 21 TUF. La responsabilità per Note: (33) Consob, op. cit., 3. (34) In materia di regole di condotta e di responsabilità degli intermediari cfr. F. Annunziata, Regole di comportamento degli intermediari e riforme dei mercati mobiliari, Milano, 1993; M. Lobuono, La responsabilità degli intermediari finanziari, Napoli, 1999; F. Sartori, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2004. La monografia di Sartori è stata da me recensita in www.dirittobancario.it. LE SOCIETA’ N. 11/2006 1363 DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI la solvenza dell’emittente non fa dunque venire meno l’obbligo di osservare le regole di condotta: questa nuova forma di responsabilità civile in capo agli intermediari concorre con la responsabilità derivante da inosservanza dei criteri generali di comportamento. Il documento informativo degli intermediari L’ art. 100 bis, comma 2, TUF prevede che «il primo comma non si applica se l’intermediario consegna un documento informativo contenente le informazioni stabilite dalla Consob agli acquirenti che non siano investitori professionali, anche qualora la vendita avvenga su richiesta di questi ultimi. Spetta all’intermediario l’onere della prova di aver adempiuto agli obblighi indicati dal presente comma». Nel commentare questa disposizione non ci si può esimere da una prima osservazione di fondo. L’art. 100 bis, comma 2, TUF destituisce di qualsiasi rilevanza la previsione del primo comma. In dottrina si è parlato al riguardo di vero e proprio «escamotage» (35). Il primo comma afferma la responsabilità degli investitori professionali, mentre il secondo comma esenta da tale responsabilità a condizione che si consegni un documento informativo. Si tratta di una condizione facile da soddisfare: basta predisporre un documento contenente certe informazioni e consegnarlo. È dunque ragionevole ritenere che la pressoché totalità degli intermediari consegnerà il documento informativo agli investitori non professionali. In questo modo, difatti, andranno esenti da responsabilità. Come si avrà modo di specificare meglio sotto, è peraltro dubbio che la semplice consegna del documento informativo sia idonea a escludere ogni responsabilità degli intermediari. Ma andiamo con ordine e iniziamo dall’esegesi del dato normativo. L’art. 100 bis, comma 2, TUF prevede che gli intermediari «consegnino» il documento informativo. La disposizione, tuttavia, non dice a chi competa predisporlo. Si potrebbe sostenere la tesi secondo cui il documento informativo va predisposto congiuntamente da emittente e intermediario. In realtà è preferibile l’opinione secondo cui l’obbligo di redigere il documento informativo non incombe sull’emittente (36). Nel momento in cui i prodotti finanziari vengono emessi, essi sono destinati solo a investitori professionali. Per questa ragione l’emittente è esonerato dal prospetto ex art. 100, comma 1, lett. a), TUF. La scelta poi di rivendere i prodotti finanziari rientra nell’autonomia decisionale dell’investitore professionale. Se questi intende rivenderli a investitori non professionali, dovrà premurarsi di predisporre - da solo - il documento informativo, se vuole evitare la responsabilità per il caso di insolvenza dell’emittente. La Consob ha indicato, nel suo documento di consultazione (cui dovrà peraltro fare seguito un’elencazione definitiva) (37), le informazioni che devono essere conte- 1364 LE SOCIETA’ N. 11/2006 n nute nel documento informativo da consegnare agli investitori non professionali. La Consob richiede che il documento informativo contenga cinque categorie di informazioni: 1. Denominazione dell’intermediario che consegna il documento informativo e riproduzione dell’art. 100 bis TUF; 2. Informazioni sull’emittente dei prodotti finanziari (38); 3. Informazioni sui prodotti finanziari (39); 4. Fattori di rischio che possono influire sulla capacità dell’emittente di adempiere alle obbligazioni derivanti dai prodotti finanziari. Indicazione dei possibili rischi finanziari (di credito, di interesse, di cambio, di liquidità, di mercato, legale) sottesi ai prodotti finanziari; 5. Indicazione delle fonti da cui sono state tratte le informazioni rese ai sensi dei punti che precedono. In conclusione vi è da chiedersi se la semplice consegna del documento informativo valga a esonerare l’intermediario da responsabilità. La risposta a questo quesito dovrebbe essere negativa per due ordini di ragioni. La prima considerazione è che le informazioni contenute nel documento informativo potrebbero non corrispondere a verità. In un caso del genere si può afferma- Note: (35) Cosı̀ M. Palmieri, op. cit., 320. (36) Cfr. Consob, op. cit., 7; Assonime, Osservazioni, cit., 5. (37) Consob, op. cit., 9 s. (38) Si tratta di: «2.1. Denominazione e sede legale. Forma giuridica, Data di costituzione e durata se determinata; legislazione in base alla quale opera, capitale sociale. 2.2. Descrizione del gruppo cui appartiene l’emittente o indicazione dei principali soci. 2.3. Individuazione dell’eventuale sottoposizione dei conti dell’emittente a revisione con evidenziazione della società incaricata e dell’ultimo giudizio disponibile. 2.4. Indicazione delle attività svolte dall’emittente. 2.5 Principali dati tratti dall’ultimo bilancio dell’emittente, o indicazione del fatto che si tratta di un emittente neo costituito. 2.6. Informazioni rese disponibili dall’emittente circa le ragioni dell’emissione e le modalità di utilizzo delle risorse raccolte. 2.7. Nel caso in cui i prodotti finanziari siano accompagnati da una garanzia, vanno fornite sul garante la stessa tipologia di informazioni richieste sull’emittente. Vanno indicate natura e condizioni della garanzia». (39) Si tratta di: «3.1. Tipologia di prodotto finanziario, con illustrazione dei diritti che conferisce al titolare (compresa qualsiasi loro limitazione o subordinazione) e delle procedure per il loro esercizio (fra l’altro, puntuale indicazione della data di scadenza e delle modalità di ammortamento del prestito, comprese le procedure di rimborso; indicazione circa le modalità di determinazione del flusso cedolare). Indicazione della legislazione in base alla quale i prodotti finanziari sono stati creati. 3.2. Illustrazione dell’eventuale componente derivata presente nel prodotto finanziario, con esemplificazione del diverso rendimento del titolo in ragione di diversi scenari. 3.3. Data di emissione/regolamento dei prodotti finanziari. 3.4. Ammontare totale dell’emissione. 3.5. Indicazione se si tratta di titoli al portatore o nominativi e illustrazione di eventuali restrizioni alla libera trasferibilità degli strumenti finanziari. 3.6. Indicazione se si tratta di prodotti negoziati in mercati regolamentati con specifica indicazione dei mercati regolamentati di quotazione. 3.7. Valuta di emissione dei prodotti finanziari. 3.8. Codice ISIN o altri analoghi codici di identificazione. 3.9. Se siano, o meno, stati attribuiti rating all’emittente o ai suoi titoli di debito su richiesta dell’emittente o con la sua collaborazione nel processo di attribuzione. Indicazione puntuale dei rating attribuiti e del loro significato». n DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI re la responsabilità dell’intermediario che, con informazioni non corrispondenti al vero, ha indotto l’acquirente a comprare i prodotti finanziari. Qui potrebbero nascere addirittura controversie fra emittente e intermediario. Come si desume difatti dall’elenco di informazioni che il documento informativo deve contenere, molte di esse sono relative alla società che emette le obbligazioni. Si pone allora il quesito della misura in cui l’intermediario risponde per la veridicità di informazioni concernenti l’emittente (40). Si immagini che il collocatore utilizzi informazioni risultanti da bilanci o da comunicazioni al pubblico che si rivelano poi essere false (41). In casi del genere è stata la stessa banca ad essere ingannata e l’inganno perpetrato dell’emittente si riverbera sull’acquirente finale dei prodotti finanziari. Vi è poi una seconda ragione che fa ritenere che l’intermediario non possa andare esente da responsabilità per il solo fatto di avere predisposto e consegnato il documento informativo. Il nuovo art. 100 bis TUF non fa venire meno le regole di condotta, le quali continuano a vincolare gli intermediari. In caso di loro violazione è possibile un’affermazione di responsabilità. Note: (40) V. Desario, op. cit., 17. (41) Sull’obbligo di comunicazioni al pubblico ex art. 114 TUF cfr. V. Sangiovanni, Ad-hoc-Publizität und Tatsachenbegriff im italienischen Recht, in Wertpapier-Mitteilungen (WM), 2001, 1594 ss. LE SOCIETA’ N. 11/2006 1365