Circolazione dei prodotti finanziari e responsabilita` degli investitori

Transcript

Circolazione dei prodotti finanziari e responsabilita` degli investitori
n
DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI
Intermediari finanziari
Circolazione dei prodotti
finanziari e responsabilità
degli investitori professionali:
il nuovo art. 100 bis Tuf
di VALERIO SANGIOVANNI
Per evitare il ripetersi degli scandali finanziari che hanno recentemente colpito centinaia di migliaia di
investitori il legislatore ha introdotto una disposizione che sancisce la responsabilità degli investitori
professionali che trasferiscono prodotti finanziari a investitori non professionali. Si tratta del nuovo art.
100 bis TUF, norma di grande rilevanza pratica.
Introduzione
L
e reazioni alla legge per la tutela del risparmio sono state molto diverse (1). Questo testo normativo è stato salutato positivamente da Salafia (2),
mentre è stato criticato duramente da Rossi (3). Al di
là, però, della valutazione che il singolo studioso può dare della riforma è difficile negare che la nuova legge ha
apportato significative modifiche (4). Il testo normativo
costituisce la risposta ad alcuni recenti scandali finanziari
(primi fra tutti Argentina, Cirio e Parmalat), che hanno
colpito numerosi investitori e che hanno avuto grande
risalto anche sui mezzi di comunicazione di massa.
Fra le tante disposizioni introdotte dalla legge per la tutela del risparmio colpisce per la sua innovatività l’art.
100 bis TUF (5), rubricato «circolazione dei prodotti finanziari». La norma si compone di due commi. L’art.
100 bis, comma 1, TUF prevede: «nei casi di sollecitazione all’investimento di cui all’art. 100, comma 1, lett.
a), e di successiva circolazione in Italia di prodotti finanziari, anche emessi all’estero, gli investitori professionali che li trasferiscono, fermo restando quanto previsto
ai sensi dell’art. 21, rispondono della solvenza dell’emittente nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali, per la durata di un anno dall’emissione. Resta fermo quanto stabilito dall’art. 2412, comma 2, del codice civile». L’art. 100 bis, comma 2, TUF
stabilisce: «il primo comma non si applica se l’intermediario consegna un documento informativo contenente
le informazioni stabilite dalla Consob agli acquirenti
che non siano investitori professionali, anche qualora la
vendita avvenga su richiesta di questi ultimi. Spetta all’intermediario l’onere della prova di aver adempiuto
agli obblighi indicati nel presente comma».
Per comprendere le ragioni che hanno spinto il legislatore italiano a introdurre una disposizione del genere,
occorre considerare che negli ultimi anni si sono susseguiti alcuni scandali finanziari di enorme portata. I casi
più significativi riguardano le emissioni di obbligazioni
effettuate dallo Stato argentino e dalle società Cirio e
Parmalat, che non sono state rimborsate, cagionando
cosı̀ danni importanti in capo agli investitori. Molti risparmiatori sono stati toccati da questi scandali. Gli investitori cercano di rifarsi sull’intermediario mediante il
quale gli strumenti finanziari sono stati acquistati. Attualmente sono in corso nei tribunali italiani centinaia,
forse migliaia, di cause di risparmiatori contro le banche
che hanno venduto gli strumenti finanziari di Argentina, Cirio e Parmalat (6). Se cosı̀ tanti investitori hanno
subito dei danni, qualcosa non ha funzionato nel siste-
Note:
(1) L. 18 dicembre 2005, n. 262. Disposizioni per la tutela del risparmio
e la disciplina dei mercati finanziari. Il testo della legge è riprodotto in
questa Rivista, 2006, 211 ss.
(2) V. Salafia, La legge sul risparmio, in questa Rivista, 2006, 143 s.
(3) G. Rossi, La legge sulla tutela del risparmio e il degrado della tecnica legislativa, in Riv. soc., 2006, 1 ss.
(4) Sulla nuova legge per la tutela del risparmio cfr. anche F. Capriglione,
Crisi di sistema ed innovazione normativa: prime riflessioni sulla nuova legge sul
risparmio (L. n. 262 del 2005), in Banca, borsa, tit. cred., 2006, I, 125 ss.
(5) Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli artt. 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52.
(6) Fra le più recenti rassegne di giurisprudenza sulle cause fra investitori
e intermediari si segnalano G. Gobbo/C.-E. Salodini, I servizi d’investimento nella giurisprudenza più recente, in Giur. comm., 2006, II, 5 ss.; A. Missaglia, Rassegna di giurisprudenza sulla tutela del risparmiatore, in Consumatori,
diritti e mercato, 2006, 136 ss. Per una panoramica sui rimedi a disposizio(segue)
LE SOCIETA’ N. 11/2006
1355
DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI
ma. Il legislatore ha cercato allora di porre rimedio a
queste falle con il nuovo art. 100 bis TUF.
La definizione dei termini utilizzati nel nuovo
art. 100 bis TUF
L’
art. 100 bis TUF si avvale di numerosi termini
tecnici. Alcuni di essi sono definiti nello stesso
TUF oppure nei regolamenti attuativi. In altri
casi manca tuttavia una definizione. L’esatta comprensione della portata della nuova disposizione presuppone
la determinazione del significato dei vocaboli utilizzati
dal legislatore.
L’art. 100 bis, comma 1, TUF prevede che «nei casi di
sollecitazione all’investimento di cui all’art. 100, comma
1, lett. a), e di successiva circolazione in Italia di prodotti finanziari, anche emessi all’estero, gli investitori
professionali che li trasferiscono, fermo restando quanto
previsto ai sensi dell’art. 21, rispondono della solvenza
dell’emittente nei confronti degli acquirenti che non
siano investitori professionali, per la durata di un anno
dall’emissione. Resta fermo quanto stabilito dall’art.
2412, comma 2, del codice civile».
Bisogna dunque partire dalla nozione di «sollecitazione
all’investimento», rinvenibile nell’art. 1, comma 1, lett.
t), TUF: «ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolto al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari» (7). La disciplina della sollecitazione all’investimento è poi contenuta negli artt. 94-101 TUF.
L’art. 100 bis TUF concerne un tipo solo di sollecitazione all’investimento, quella di cui all’art. 100, comma 1,
lett. a), TUF. L’art. 100 TUF prevede i casi di inapplicabilità delle disposizioni sulla sollecitazione all’investimento. In particolare questo articolo stabilisce che le disposizioni del presente capo (vale a dire il capo relativo
alla sollecitazione all’investimento: artt. 94-101 TUF)
non si applicano, fra le altre, alle sollecitazioni all’investimento rivolte ai soli investitori professionali come definiti ai sensi dell’art. 30, comma 2, TUF (art. 100,
comma 1, lett. a), TUF).
Ecco allora che si pone già un secondo problema definitorio. Cosa intende il legislatore per «investitore professionale»? L’art. 100, comma 1, lett. a), TUF rinvia all’art. 30, comma 2, TUF. Ma questa ultima disposizione
non definisce gli investitori professionali. Essa si limita a
stabilire che «non costituisce offerta fuori sede quella effettuata nei confronti di investitori professionali, come
definiti con regolamento della Consob, sentita la Banca
d’Italia». Ma anche nei regolamenti attuativi non si rinviene una definizione di investitore professionale. Si trova una diversa nozione, quella di «operatore qualificato» (art. 31, comma 2, Reg. n. 11522/1998 (8)) (9). La
definizione di operatore qualificato comprende due
grandi categorie di soggetti: persone fisiche (come i promotori finanziari) e persone giuridiche. La mancanza di
una definizione precisa di «investitore professionale» è
1356
LE SOCIETA’ N. 11/2006
n
stata criticata da Assonime (10). L’art. 100 bis TUF
fonda una responsabilità dell’investitore professionale
per la solvenza dell’emittente. Alle persone fisiche non
è tuttavia richiesto di presentare idonei requisiti patrimoniali. Questa associazione suggerisce allora l’introduzione di due distinte definizioni: una di «investitore
qualificato» e una di «investitore professionale». La definizione di «investitore qualificato dovrebbe rilevare ai
fini della sollecitazione e delle regole di comportamento
degli intermediari, mentre la definizione di «investitore
professionale» - che dovrebbe costituire un sottoinsieme
della prima definizione - dovrebbe rilevare ai fini dell’obbligazione di garanzia ex art. 100 bis TUF (11).
Note:
(segue nota 6)
ne dei risparmiatori sia consentito il rinvio a V. Sangiovanni, Sollecitazione
all’investimento, nullità del contratto e frode alla legge, in Giur. mer., 2006,
1389 ss.; Id., La responsabilità precontrattuale dell’intermediario finanziario nel
diritto inglese, in questa Rivista, 2006, 1173, ss.; Id., Scandali finanziari: profili
di responsabilità dell’intermediario, in Danno resp., 2006, 874, ss.; Id., La responsabilità dell’intermediario nel caso Cirio e la recente legge per la tutela del risparmio, in I Contratti, 2006, 686 ss.; Id., La nullità del contratto per inosservanza di forma nel caso delle obbligazioni argentine, in Corr. merito, 2006,
737 ss.; Id., La responsabilità dell’intermediario nel caso Parmalat e la recentissima legge per la tutela del risparmio, in questa Rivista, 2006, 605 ss. Sulla responsabilità degli intermediari cfr. A. Perrone, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv. soc., 2005, 1012 ss.; A. Pisani Massamormile, Emissioni obbligazionarie e responsabilità degli intermediari, in Banca,
borsa, tit. cred., 2005, I, 760 ss.
(7) In materia di sollecitazione all’investimento cfr. G. Ferrarini, I modi
della sollecitazione del risparmio, in Banca, borsa, tit. cred., 1991, 15 ss.; Id.,
Il carattere pubblico della sollecitazione al risparmio, in Giur. comm., 1990,
1013 ss.; G. Minervini, La Consob e la sollecitazione del pubblico al risparmio,
in Riv. dir. civ., 1989, 293 ss.
(8) Delibera Consob 1 luglio 1998, n. 11522. Regolamento di attuazione
del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli intermediari.
(9) L’art. 31, comma 2, Reg. n. 11522/1998 prevede che «per operatori
qualificati si intendono gli intermediari autorizzati, le società di gestione
del risparmio, le Sicav, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i
soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio
Stato d’origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le società e gli
enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le
società iscritte negli elenchi di cui agli artt. 106, 107 e 113 del D.Lgs. 1
settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino i possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e
controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica
competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari
espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante».
(10) Assonime, Osservazioni sul documento di consultazione in materia di attuazione dell’articolo 100 bis del Testo Unico della Finanza, in www.assonime.it, 7 s.
(11) L’interpretazione della disposizione in esame è ulteriormente complicata dal fatto che il legislatore, nell’art. 100 bis, comma 2, TUF si riferisce
all’«intermediario». La ricostruzione della nozione di «intermediario» non
è facile. Nel TUF si definisce difatti un qualcosa di diverso, cioè i «soggetti abilitati». Per «soggetti abilitati» si intendono: «le imprese di investimento, le Sgr, le società di gestione armonizzate, le Sicav nonché gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’art. 107 del T.U. bancario e le banche autorizzate all’esercizio dei servizi di investimento» (art.
1, comma 1, lett. r), TUF). Solo nel Reg. n. 11522/1998 si definiscono
(segue)
n
DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI
La legge italiana prevede dunque una disciplina particolare per le sollecitazioni all’investimento rivolte ai soli
«investitori professionali». È di queste operazioni che si
occupa l’art. 100 bis TUF. La legge per la tutela del risparmio non vieta questo tipo particolare di sollecitazioni, ma si occupa di regolarle in modo speciale. Il legislatore affronta il caso dei prodotti finanziari, anche emessi
all’estero, che circolano successivamente in Italia e vengono trasferiti a investitori non professionali. Per questa
evenienza la legge stabilisce la responsabilità degli investitori professionali che li hanno trasferiti.
L’art. 100 bis, comma 1, TUF si riferisce alle sole «sollecitazioni». Secondo la Consob questa disposizione non
va interpretata letteralmente (12). La responsabilità degli investitori professionali sussisterebbe anche in casi di
circolazione dei prodotti finanziari diversi dalla sollecitazione. Questa interpretazione sarebbe preferibile, secondo la Consob, al fine di tutelare effettivamente gli investitori non professionali. Assonime ritiene invece che,
per esigenze di certezza del diritto, non si possa interpretare cosı̀ estensivamente la disposizione (13). In particolare l’art. 100 bis TUF «non rileverà allorché gli investitori professionali acquisiscano i prodotti finanziari sulla
base di una contrattazione individuale con l’emittente» (14).
Dopo quella di «sollecitazione» e di «investitore professionale», un’ulteriore nozione su cui occorre soffermarsi
è quella di «prodotto finanziario». Dalle definizioni collocate all’inizio del TUF risulta che per prodotti finanziari si intendono «gli strumenti finanziari e ogni altra
forma di investimento di natura finanziaria» (art. 1,
comma 1, lett. u), TUF). Per «strumenti» finanziari si
intendono, fra le altre cose: «a) le azioni e gli altri titoli
rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali; b) le obbligazioni, i titoli di Stato e gli
altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali»
(art. 1, comma 2, TUF). In realtà l’ambito di applicazione dell’art. 100 bis TUF è più ristretto rispetto a
quanto appare risultare in base a questa definizione. Va
difatti tenuto presente, innanzitutto, che la nuova disposizione rinvia espressamente all’art. 2412 c.c., che disciplina i limiti all’emissione di «obbligazioni». In secondo luogo va rilevato come la norma si riferisca alla
garanzia di «solvenza» dell’emittente. La nozione di solvenza ha a che fare con la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni (cfr. l’art. 5 L. fall.: «lo
stato d’insolvenza si manifesta con inadempimenti od
altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore
non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie
obbligazioni»). Nel caso di emissione di obbligazioni societarie, l’obbligo che l’emittente assume è quello di restituire la somma capitale e di pagare gli interessi (15).
Facendo specifico riferimento alla nozione di «solvenza», si deve ritenere che l’art. 100 bis TUF disciplini solamente i cd. «titoli di debito», vale a dire quei titoli
che comportano un obbligo di rimborso delle somme
inizialmente trasferite dal debitore (16). I titoli di parte-
cipazione al capitale sono invece esclusi dall’ambito di
applicazione della disposizione perché su di essi grava il
rischio di perdita dell’investimento.
L’emissione di obbligazioni tramite veicoli esteri
E’
importante soffermarsi sull’inciso, contenuto
nella nuova disposizione di legge, secondo cui
la responsabilità sussiste con riferimento a prodotti finanziari «anche emessi all’estero». Vi sono difatti
ragioni specifiche che hanno spinto il legislatore a inserire una precisazione del genere nel testo normativo.
Per comprenderle è necessaria una digressione sulla recente giurisprudenza in materia di violazione delle disposizioni imperative che regolano la sollecitazione all’investimento.
(segue): a) la giurisprudenza italiana
sulla emissione di obbligazioni da parte
di società estere
Alcune recenti sentenze di merito si sono occupate di
un interessante profilo di nullità per contrarietà a disposizione imperativa (art. 1418 c.c.). Si tratta della possibile violazione di quelle norme cogenti che regolano la
sollecitazione all’investimento (art. 94 ss. TUF).
Note:
(segue nota 11)
gli «intermediari» o «intermediari autorizzati. Per «intermediari autorizzati» o «intermediari» si intendono: «le Sim, ivi comprese le società di cui
all’art. 60, comma 4, del D.Lgs. n. 415 del 1996, le banche italiane autorizzate alla prestazione di servizi di investimento, gli agenti di cambio, gli
intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’art. 107 del D.Lgs.
n. 385 del 1993 autorizzati alla prestazione di servizi di investimento, le
società di gestione del risparmio nella prestazione del servizio di gestione
su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, Poste Italiane S.p.A. autorizzata alla prestazione dei servizi di investimento ai sensi
del decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144, nonché le imprese di investimento e le banche comunitarie ed extracomunitarie comunque abilitate alla prestazione di servizi di investimento in Italia» (art. 25, comma 1, lett. d), Reg. n. 11522/1998).
(12) Consob, Documento di consultazione. Attuazione del nuovo art. 100 bis
del TUF, 12 maggio 2006, in www.consob.it, 5. La Consob è chiamata
dall’art. 100 bis, comma 2, TUF a stabilire le informazioni che il documento informativo deve contenere. È certamente apprezzabile che questa
autorità di vigilanza, prima di dettare regole vincolanti, abbia sentito l’esigenza di interpellare gli operatori del settore. Questa è la funzione del documento di consultazione appena citato. La Consob, in sostanza, ha commentato il nuovo art. 100 bis TUF, ha individuato le possibili soluzioni ai
principali problemi che si pongono e ha proposto un elenco di informazioni che il documento informativo dovrebbe contenere. Questo documento di consultazione è stato pubblicato sul sito della stessa autorità,
con invito a tutti gli interessati a sottoporre osservazioni. Il vantaggio di
questa procedura è che la Consob, senza vincolarsi, e gli interessati danno
origine a uno scambio di informazioni e di opinioni che serve a tutti per
comprendere meglio il significato delle nuove disposizioni.
(13) Assonime, Osservazioni, cit., 3.
(14) Assonime, Circolare n. 12/2006, in Riv. soc., 2006, 484 s.
(15) Gli interessi possono essere pagati con modalità diverse: talvolta con
liquidazione rateale (semestrale o annuale), talaltra in una unica soluzione
alla scadenza del prestito.
(16) Assonime, Circolare, cit., 487; Consob, op. cit., 3 ss.
LE SOCIETA’ N. 11/2006
1357
DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI
Si è visto come l’art. 100, comma 1, TUF escluda l’applicazione delle disposizioni sulla sollecitazione all’investimento, fra l’altro, nel caso di sollecitazioni rivolte ai
soli investitori professionali. Se la sollecitazione si rivolge a esperti la legge ritiene non necessario osservare le
disposizioni relative alla predisposizione e alla pubblicazione del prospetto. Si vuole in questo modo semplificare l’operazione. Va tenuto presente che l’osservanza di
tutti gli adempimenti in materia di sollecitazione richiede tempi piuttosto lunghi e costi relativamente elevati.
Quando gli investitori cui è rivolta l’offerta sono esperti
del settore, il legislatore ritiene insensato imporre una
procedura complicata e costosa. Il fine degli adempimenti connessi al prospetto è l’adeguata informazione
dei destinatari. Questo obiettivo perde di importanza
quando gli investitori sono operatori professionali.
La prassi ha escogitato dei meccanismi con i quali vengono aggirate le disposizioni sulla sollecitazione all’investimento. Lo stratagemma che viene utilizzato a tal fine
è il seguente: gli strumenti finanziari vengono dapprima
acquistati da investitori professionali, senza necessità di
prospetto in virtù dell’art. 100, comma 1, lett. a), TUF;
immediatamente dopo i titoli vengono rivenduti a investitori non professionali. La Consob ha avuto modo di
occuparsi di questa questione in una sua comunicazione
del 1997 (17). Si trattava del caso di una banca che intendeva acquistare a fermo tutte le obbligazioni emesse
da un Comune, per poi rivenderle alcuni giorni dopo
includendole nel paniere da proporre alla clientela.
L’autorità di vigilanza conclude nel senso che le due
operazioni poste in essere dall’intermediario vanno considerate come giuridicamente separate. La prima operazione è l’acquisto da parte della banca degli strumenti finanziari dell’emittente. La Consob si chiede se questo
acquisto configuri collocamento. Il collocamento rappresenta uno dei servizi d’investimento previsti dall’art.
1, comma 5, TUF (18). La risposta della Consob al
quesito posto dalla banca è negativa. L’intermediario,
difatti, aveva assunto solo l’obbligo di sottoscrivere le
obbligazioni, non di collocarle. La Consob conclude
dunque nel senso che il Comune non è obbligato a redigere e pubblicare un prospetto. La seconda operazione
era l’inserimento delle obbligazioni nei panieri di strumenti finanziari offerti ai clienti della banca. La Consob
si chiede se ciò configuri un’offerta al pubblico. La risposta è negativa. La Consob qualifica tale attività come un servizio non di collocamento, ma di negoziazione. Per essere più precisi si tratta, secondo l’autorità di
vigilanza, di un’attività di negoziazione in contropartita
diretta con la clientela. In definitiva la Consob, con
questa interpretazione complessiva, legittima il comportamento dell’intermediario che prima acquista gli strumenti finanziari e - immediatamente dopo - li vende ai
propri clienti non professionali. Si tratterebbe di due attività del tutto separate.
Il Tribunale di Milano si è recentemente espresso in
modo critico nei confronti della prassi appena illustrata,
1358
LE SOCIETA’ N. 11/2006
n
seppure essa sia stata avallata dalla Conob (19). La conclusione cui giunge il giudice milanese, in una sentenza
del marzo 2006, è che la violazione delle disposizioni
sulla sollecitazione all’investimento tramite la cd. offerta
indiretta è idonea a fondare una declaratoria di nullità
dei contratti per violazione del superiore principio della
integrità dei mercati. Il Tribunale di Milano ritiene che
sussistano i presupposti per considerare unitariamente le
due operazioni (prima vendita all’intermediario e poi
vendita ai clienti della banca).
La vicenda è quella, nota, delle obbligazioni Cirio. Dal
testo della sentenza si desume che nel 1999/2000 il
gruppo Cirio si trovò ad affrontare forti difficoltà finanziarie, aggravate da un’esposizione particolarmente elevata nei confronti di numerosi gruppi bancari italiani e
stranieri. Per far fronte a tali difficoltà, le società del
gruppo deliberarono di dar luogo a un consistente prestito obbligazionario di complessivi 1.125.000.000 di euro, suddiviso in varie emissioni. Tutte le emissioni erano
effettuate da emittenti di diritto lussemburghese, create
ad hoc e del tutto estranee alla Cirio italiana operante
nel settore dell’industria agro-alimentare (20). Secondo
il Tribunale di Milano il ricorso all’euro-mercato ha
consentito l’elusione del controllo delle preposte autorità nazionali e del rigido limite quantitativo previsto per
le emissioni obbligazionarie dal nostro ordinamento.
Considerati i limiti previsti dalla legge all’emissione di
obbligazioni (art. 2412 c.c.), operazioni come quelle poste in essere dal gruppo Cirio sarebbero stati improponibili nel nostro ordinamento e per questa ragione si è fatto ricorso, attraverso una società-«veicolo», a un ordinamento - come quello lussemburghese - dove è consentita l’emissione di titoli obbligazionari in misura pressoché illimitata da parte di società a ridotta capitalizzazione, con l’adozione di adempimenti minori presso le
autorità di vigilanza. Nel caso particolare la Cirio Holding Luxemboug s.a. effettuò un’emissione obbligazionaria suddivisa in due tranches, rispettivamente di
Note:
(17) Comunicazione Consob n. DAL/97006042, 9 luglio 1997, in
www.consob.it. In questa comunicazione, peraltro, si è applicato il diritto
vigente prima del TUF.
(18) L’art. 1, comma 5, TUF prevede che «per servizi di investimento si
intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio; b) negoziazione per conto terzi; c) collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente; d) gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; e) ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione».
(19) Trib. Milano 20 marzo 2006, in Danno resp., 2006, 876 ss., con nota
di V. Sangiovanni, Scandali finanziari: profili di responsabilità dell’intermediario.
(20) Il ricorso a emittenti stranieri si è verificato anche nel caso Parmalat.
Cfr., al riguardo Trib. Milano 9 novembre 2005, n. 12704, in questa Rivista, 2006, 605 ss., con nota di V. Sangiovanni, La responsabilità dell’intermediario nel caso Parmalat e la recentissima legge per la tutela del risparmio.
Dal testo di questa sentenza risulta, in particolare, che Parmalat si era avvalsa di una società di diritto olandese.
n
DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI
150.000.000 e di 50.000.000 di euro, entrambe con un
interesse del 6,25%. Il prestito venne emesso senza rating.
Secondo il Tribunale di Milano occorre dare rilievo alle
finalità complessive dell’operazione. Se risulta che i titoli vengono emessi dall’emittente e comprati dall’intermediario al fine di collocarli presso investitori non professionali non può operare l’esenzione dall’obbligo di
pubblicare il prospetto. Secondo il giudice milanese è
lecito ritenere che le offerte indirette violino sia la ratio
sia la sostanza della legge e che, in determinate circostanze, simulino una sollecitazione all’investimento.
Nella maggior parte di esse appare infatti ravvisabile un
tacito accordo fra «emittente» e «intermediario» o,
quantomeno, la consapevolezza che gli strumenti finanziari saranno ri-offerti ai clienti in tempi assai brevi se
non addirittura immediatamente.
Il Tribunale di Milano pone l’accento sulle caratteristiche complessive del comportamento delle banche. Queste hanno operato in modo non neutrale (come «negoziatori»), ma piuttosto come veri e propri «collocatori».
La banca aveva suggerito l’acquisto delle obbligazioni
Cirio rispetto ad altri strumenti finanziari. Inoltre l’offerta di questi titoli era standardizzata e non negoziata con
il singolo potenziale compratore. Le obbligazioni venivano difatti inserite in un paniere e offerte alle stesse
condizioni agli investitori presso tutti gli sportelli della
banca. Il Tribunale di Milano sottolinea, infine, la rapidità con la quale si è realizzata la vendita degli strumenti finanziari. Il complesso di queste circostanze tende a
dimostrare che l’intera operazione (primo passaggio:
emissione; secondo passaggio: acquisto da parte della
banca; terzo passaggio: vendita ai clienti di questa ultima) era finalizzata al collocamento degli strumenti finanziari presso investitori non professionali. Il Tribunale
di Milano giunge alla conclusione che i contratti sono
nulli. Ne consegue l’obbligo dell’intermediario di restituire le somme messe a disposizione per l’investimento.
Formalmente l’offerta della società del gruppo Cirio era
rivolta alle banche, ossia a investitori professionali. Nella sostanza l’offerta era rivolta ai clienti delle banche, vale a dire a investitori non professionali. L’esenzione di
cui all’art. 100, comma 1, lett. a), TUF non poteva
dunque trovare applicazione. Ne consegue che l’emittente ha violato disposizioni imperative: quelle che impongono la predisposizione e la pubblicazione del prospetto.
Occorre tuttavia chiedersi quale sia il contratto dichiarato nullo nel caso di specie. Si tratta del contratto di
collocamento fra emittente e intermediario oppure del
contratto d’investimento tra intermediario e investitore?
Il Tribunale di Milano, nella sentenza del marzo 2006,
dichiara «la nullità dei contratti di investimento di cui
è causa». Non si riesce a comprendere con certezza se
questa nullità riguardi il primo contratto, il secondo, oppure entrambi. Ad avviso di chi scrive dovrebbe essere
ritenuto nullo il contratto di collocamento. È difatti
l’accordo tra emittente e intermediario a violare disposizioni imperative. Non pare invece che il contratto d’investimento tra intermediario e investitore possa essere
dichiarato nullo. L’obbligo di predisporre e pubblicare il
prospetto incombe sull’emittente, non sull’investitore.
Ma l’emittente non è parte del contratto d’investimento.
Oltre al Tribunale di Milano, si è occupato del caso Cirio anche il Tribunale di Trani, nel gennaio 2006 (21).
Si trattava di obbligazioni, emesse sull’euro-mercato,
che erano state inizialmente assunte «a fermo» da alcune banche, le quali le avevano - successivamente - vendute a investitori istituzionali e a soggetti privati. Il Tribunale di Trani si richiama alla Banca d’Italia, la quale,
nel bollettino economico n. 41/2003, aveva chiarito
che «l’assenza del prospetto informativo previsto per le
offerte pubbliche impedisce alle banche, sia a quelle
che sottoscrivono inizialmente i titoli sia a quelle che li
acquistano dalle banche collocatrici, di sollecitare il
pubblico a comprare i valori mobiliari. Le banche possono tuttavia vendere i titoli del proprio portafoglio ai
clienti che ne facciano richiesta nell’ambito di un’attività di negoziazione per conto proprio». Il Tribunale di
Trani conclude dunque nel senso che la sequenza «assunzione a fermo - negoziazione sul mercato secondario»
è lecita e non implica violazione dell’obbligo di prospetto.
Vi è poi una terza sentenza che si occupa della possibile
violazione delle disposizioni imperative che regolano la
sollecitazione all’investimento: si tratta di una pronuncia del Tribunale di Novara del novembre 2005 (22).
Anche in questo caso oggetto del contendere erano obbligazioni Cirio. L’operazione fu strutturata in modo
piuttosto complesso, perché vi furono tre passaggi delle
obbligazioni (23). Prima fase: dall’emittente al lead manager e ai membri del consorzio di collocamento (fase
di emissione sull’euro-mercato in Lussemburgo); seconda fase: dal lead manager e dai membri del consorzio di
collocamento agli investitori professionali iniziali acquirenti (fase di collocamento presso investitori istituzionali); terza fase: dagli investitori professionali agli investitori retail (fase di negoziazione presso clienti). Il Tribunale di Novara decide come il Tribunale di Trani e in
senso opposto al Tribunale di Milano. Secondo l’autorità giudiziaria novarese il meccanismo secondo cui gli
strumenti finanziari vengono acquistati prima da investitori professionali e poi da investitori non professionaNote:
(21) Trib. Trani 31 gennaio 2006, in I Contratti, 2006, 686 ss., con nota
di V. Sangiovanni, La responsabilità dell’intermediario nel caso Cirio e la recente legge per la tutela del risparmio.
(22) Trib. Novara 17 novembre 2005, in Danno resp., 2006, 882 s., con
nota di V. Sangiovanni, Scandali finanziari: profili di responsabilità dell’intermediario.
(23) Per una descrizione del processo di emissione e di collocamento di
strumenti finanziari cfr. A. Pisani Massamormile, op. cit., 781 ss.
LE SOCIETA’ N. 11/2006
1359
DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI
li, senza necessità di predisposizione del prospetto informativo, è legittimo. Il Tribunale di Novara ritiene che
il risultato finale del collocamento di titoli obbligazionari originariamente destinati a investitori istituzionali
presso investitori non professionali non presuppone necessariamente il ricorso allo strumento sollecitatorio. Secondo questa autorità giudiziaria non sussiste «alcuna
disposizione normativa che vieti agli investitori professionali di rivendere i titoli alla clientela retail, dopo
averli acquistati in regime di esenzione dall’applicabilità
della disciplina in materia di sollecitazione».
Questa affermazione del Tribunale di Novara appare
corretta, ma è necessario fare una precisazione. Il fatto
che non ci siano disposizioni specifiche che vietano la
pratica appena illustrata non significa che emittenti e
collocatori siano liberi di architettare complesse operazioni finanziarie al fine a danneggiare gli investitori.
Quando l’offerta di uno strumento finanziario è rivolta
al pubblico, la legge - per esigenze di tutela dei risparmiatori - esige che siano adempiute certe formalità. Nel
caso delle emissioni di obbligazioni Cirio si ha la sensazione che l’operazione sia stata strutturata proprio al fine
di vendere titoli a investitori non professionali aggirando le disposizioni sulla sollecitazione all’investimento.
Nel paragrafo che segue si esaminerà pertanto la possibilità che si sia realizzata un’operazione in frode alla legge.
(segue): b) i profili di frode alla legge
La sentenza del Tribunale di Milano del marzo 2006
conclude nel senso che sono stati posti in essere contratti in frode alla legge. Il riferimento è a quanto previsto dall’art. 1344 c.c., secondo cui si reputa illecita la
causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa. L’illiceità
della causa determina nullità del contratto ai sensi dell’art. 1418, comma 2, c.c. Se la causa del contratto è illecita, l’operazione è nulla e le parti sono obbligate alle
restituzioni.
Gli elementi costitutivi della fattispecie della frode alla
legge sono due: una «norma imperativa» e un «contratto».
La «disposizione imperativa», nel caso affrontato dal
Tribunale di Milano, è data dall’art. 94 TUF. Il prospetto è finalizzato all’informazione degli investitori. Tramite la sua pubblicazione si realizza un mercato finanziario
informato e, cosı̀ facendo, si garantisce il buon funzionamento dello stesso (24). Le disposizioni sulla sollecitazione all’investimento si devono ritenere imperative
poiché il bene tutelato è di carattere pubblico.
Per l’applicazione dell’art. 1344 c.c. occorre poi un
«contratto». Qual è, nel caso affrontato dal Tribunale
di Milano, il contratto? La pronuncia dell’autorità giudiziaria milanese letteralmente, «dichiara la nullità dei
contratti di investimento di cui è causa». Dal testo della
sentenza non si comprende tuttavia con certezza se la
declaratoria di nullità concerne il contratto di collocamento oppure quello d’investimento oppure entrambi.
1360
LE SOCIETA’ N. 11/2006
n
Sono in effetti intercorse tre relazioni contrattuali: 1) il
contratto di collocamento fra emittente e intermediario;
2) il contratto d’investimento fra intermediario e investitore; 3) il contratto di compravendita delle obbligazioni Cirio fra intermediario e investitore.
Fra emittente e intermediario è stato concluso un contratto di collocamento. Ci si può dunque chiedere se tale rapporto contrattuale fra società lussemburghese e
banca italiana sia in frode alla legge. Emittente e intermediario sembrano qui, in effetti, strutturare una doppia
vendita degli strumenti finanziari (dall’emittente all’intermediario e, subito dopo, dall’intermediario agli investitori privati) finalizzata all’aggiramento delle disposizioni sulla sollecitazione all’investimento. E tuttavia, tecnicamente, non dovrebbe ricorrere alcuna «frode alla legge». Difatti è il legislatore stesso che, nel rapporto fra
emittente e intermediario, esenta dalla pubblicazione
del prospetto. Dal momento che l’emittente (società
Cirio lussemburghese) vende gli strumenti finanziari a
un investitore professionale (banca italiana), non vi è
necessità di prospetto ai sensi dell’art. 100, comma 1,
lett. a), TUF.
Il rapporto contrattuale fra emittente e intermediario
potrebbe invece essere configurato in altro modo, come
contratto «in frode a terzi». La Corte di cassazione ha
avuto modo di occuparsi di questa fattispecie (25). La
Suprema Corte ha deciso che l’intento di recare pregiudizio ad altri soggetti (nel caso affrontato dalla sentenza
del Tribunale di Milano si tratterebbe degli investitori
non professionali) non rientra di per sé nella fattispecie
del contratto in frode alla legge, sia perché il negozio in
frode alla legge è ipotesi del tutto distinta da quella del
negozio in frode ai terzi, sia perché non si rinviene nell’ordinamento una norma che stabilisca in via generale,
come per il primo caso di contratto, l’invalidità del contratto stipulato in frode ai terzi, ai quali ultimi, invece,
l’ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possono risentire dall’altrui attività negoziale. Nello specifico contesto che
qui interessa è difficile non dare rilevanza al fatto che
Note:
(24) Il buon funzionamento dei mercati mobiliari si fonda sull’informazione, che deve essere completa, corretta e tempestiva. Al riguardo cfr., fra i
tanti, F. Cavazzuti, La trasparenza dei mercati finanziari, in Banca impresa società, 2004, 419 ss.; G. Ferrarini, Informazione societaria: quale riforma dopo
gli scandali?, in Banca impresa società, 2004, 411 ss.; A. Perrone, Informazione al mercato e tutele dell’investitore, Milano, 2003. La centralità del ruolo
dell’informazione nel buon funzionamento dei sistemi finanziari è riconosciuta in ogni ordinamento. Per riferimenti al regime tedesco sia permesso
rinviare alla mia monografia, V. Sangiovanni, Die Ad-hoc-Publizität im
deutschen und italienischen Recht, Frankfurt am Main, 2003. In lingua italiana sia lecito rinviare a V. Sangiovanni, Documento d’offerta pubblica e responsabilità civile nel nuovo diritto tedesco, in Riv. dir. civ., 2004, I, 153 ss.;
Id., L’attuazione della direttiva sull’insider trading nel diritto tedesco, in Banca,
borsa, tit. cred., 2000, I, 540 ss.; Id., L’informazione cd. continua o permanente nel diritto tedesco del mercato dei capitali, in Banca, borsa, tit. cred.,
1998, I, 582 ss.
(25) Cass. 29 maggio 2003, n. 8600.
n
DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI
l’emittente versava in una grave situazione debitoria.
Dal testo della sentenza si desume che il gruppo Cirio
era indebitato nei confronti di diverse banche italiane e
straniere. Fra questi istituti di credito rientrava anche la
convenuta. Ma se il gruppo Cirio era indebitato nei
confronti degli intermediari chiamati a collocare le obbligazioni, ecco profilarsi un conflitto d’interessi. La
banca convenuta colloca gli strumenti finanziari perché
- cosı̀ facendo - consente all’emittente di incassare danari, i quali vengono utilizzati per ripianare i debiti nei
confronti dell’intermediario. L’interesse alla complessiva
operazione finanziaria è comune a emittente e intermediario. Entrambi vogliono che gli strumenti finanziari
vengano collocati e per il raggiungimento di tale fine si
accetta il rischio di un danno in capo agli investitori.
Sotto questo profilo il contratto di collocamento fra
emittente e intermediario non è tecnicamente in frode
alla legge; il contratto è invece in frode a terzi, che sono
gli acquirenti finali delle obbligazioni.
Vi è poi il secondo livello contrattuale: si tratta del
contratto d’investimento fra intermediario e investitore
non professionale. È il contratto-quadro, in esecuzione
del quale è stata poi posta in essere la compravendita
avente per oggetto obbligazioni Cirio. Nel caso affrontato dal Tribunale di Milano nel marzo 2006 non pare
sussistano i presupposti per ritenere che il contratto
d’investimento sia stato posto in essere in frode alla legge. La ragione sta nel fatto che l’investitore non intendeva eludere l’applicazione di una norma imperativa. È
possibile che il cliente non fosse nemmeno a conoscenza dell’esistenza di disposizioni cogenti che impongono
la redazione e la pubblicazione di un prospetto. Il contratto d’investimento è intercorso fra la banca, da un lato, e gli investitori, dall’altro. Perché vi sia frode in questo contratto occorrerebbe un accordo di queste parti
(intermediario e clienti) con il quale si aggira una disposizione imperativa. Ma nel caso di specie non vi è sicuramente alcun accordo in questo senso.
Anche con riferimento al terzo livello contrattuale
(contratto di vendita delle obbligazioni dall’intermediario all’investitore) non vi dovrebbe essere stata frode alla legge. La ragione risiede nel fatto che parte di questo
contratto è il cliente della banca, ma questi - si è visto non è l’autore, bensı̀ la vittima del raggiro architettato
da emittente e intermediario.
I ragionamenti appena sviluppati con riferimento alla
sentenza del Tribunale di Milano del marzo 2006 valgono anche nel caso deciso dal Tribunale di Novara nel
novembre 2005. Si tratta della stessa vicenda, vale a dire della emissione di obbligazioni Cirio. Questi strumenti finanziari vennero venduti dapprima a investitori professionali, senza necessità di prospetto, e - poi - a investitori non professionali. Come esposto sopra, pare essere stata realizzata una frode a terzi. Tutto sembra difatti
indicare che emittenti e intermediari abbiano architettato l’operazione al fine di «rifilare» gli strumenti finan-
ziari, con il danno che ne è conseguito, a investitori
non esperti.
(segue): c) conclusioni sulla emissione
di obbligazioni estere
L’esame della recente giurisprudenza consente di comprendere per quale ragione il legislatore della riforma ha
previsto che la responsabilità degli intermediari sussiste
anche nel caso di collocamento di obbligazioni estere.
Si vuole assicurare che qualcuno risponda anche quando l’emissione viene effettuata da società-veicolo straniere.
L’utilizzo di società estere offre un importante vantaggio
agli emittenti: i veicoli stranieri possono essere assoggettati a una disciplina meno stringente di quella italiana
in materia di emissione di obbligazioni. È il caso, per
esempio, delle società di diritto lussemburghese. In una
fattispecie del genere, l’operazione è assoggettata - almeno in linea di principio - alla legge del Lussemburgo (26). Il diritto lussemburghese prevede la possibilità
di emettere obbligazioni al di là dei limiti fissati dall’ordinamento italiano. Attualmente l’art. 2412, comma 1,
c.c. stabilisce che «la società può emettere obbligazioni
al portatore o nominative per somma complessivamente
non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo
bilancio approvato». Se ci si avvale di una società estera, il limite italiano tende a non essere applicabile. Ciò
costituisce un vantaggio competitivo di cui è ragionevole assumere che le imprese nostrane vogliano beneficiare (27). Per quale motivo le società italiane non dovrebbero ricorrere a meccanismi di finanziamento consentiti da legislazioni straniere? Se non lo fanno, le nostre imprese risultano svantaggiate rispetto a quelle di
altri Paesi.
L’utilizzo di un veicolo estero per l’emissione di obbligazioni, per quanto benefico per le società che se ne avvalgono, comporta però rischi maggiori per i risparmiatori. La presenza di limiti meno stringenti fa sı̀ che le
società estere tendano a emettere strumenti finanziari
più rischiosi. A garanzia del pagamento degli interessi e
della restituzione del debito vi può essere meno del
doppio del capitale e delle riserve, come richiesto dall’attuale diritto italiano. Il rischio che si verifichi una
incapacità di pagamento dell’emittente è maggiore. Nel
passato diverse società italiane si sono appositamente
avvalse di società estere perché la loro situazione patrimoniale non consentiva (o almeno non consentiva cosı̀
facilmente) l’emissione di obbligazioni secondo il diritto
italiano. È allora corretto chiedersi se il fatto di avvalerNote:
(26) Per un approfondimento della questione della legge applicabile alle
emissioni di obbligazioni cfr. S.M. Carbone, Leggi regolatrici e circolazione
in Italia di obbligazioni estere, in Banca, borsa, tit. cred., 2005, I, 424 ss.
(27) Cfr. M. Palmieri, I nuovi limiti all’emissione di obbligazioni, in Giur.
comm., 2006, I, 293, che scrive di «operazioni di shopping normativo».
LE SOCIETA’ N. 11/2006
1361
DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI
si di veicoli stranieri non configuri una violazione delle
disposizioni imperative che regolano l’emissione di obbligazioni secondo la nostra legge (art. 2410 ss.
c.c.) (28).
La responsabilità per la solvenza
I
l legislatore stabilisce dunque che gli investitori
professionali che trasferiscono prodotti finanziari rispondono della solvenza dell’emittente nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali per la durata di un anno dall’emissione. La disposizione sembrerebbe lineare nella sua formulazione,
ma - ad entrare nel dettaglio - ci si rende conto che sussistono diversi profili problematici.
Analizziamo allora la disposizione passo passo, partendo
dalla nozione di «emittente». Il TUF definisce, a dire il
vero, solo gli «emittenti quotati», vale a dire «i soggetti
italiani o esteri che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati italiani» (art. 1, comma
1, lett. w), TUF). Da questa definizione può peraltro ricavarsi quella di emittente, vale a dire il soggetto che
emette strumenti finanziari. La nozione legislativa di
emittente è estremamente ampia: si tratta sia di soggetti
che possono rivestire la forma di società (si pensi a Cirio e Parmalat) sia di Stati sovrani (come l’Argentina).
Desario ha criticato l’ambito di applicazione della disposizione per la sua eccessiva ampiezza (29). In particolare
il rischio è che piccole banche, che collocano prodotti
finanziari di enti di enormi dimensioni, si trovino a rispondere. Desario evidenzia anche il rischio che l’attività di intermediazione mobiliare degli operatori italiani
possa subire una flessione. Quando una banca nostrana
partecipa a un consorzio di collocamento, essa si trova
svantaggiata rispetto a colleghe banche di altri ordinamenti in cui non è prevista una disposizione simile all’art. 100 bis TUF. In altre parole, in occasione di emissioni di obbligazioni da parte di un emittente che potrebbe diventare insolvente, gli intermediari italiani potrebbero essere indotti ad astenersi per evitare la responsabilità. Questa conseguenza non sussiste in capo a banche di altri Paesi che non prevedono una disposizione
come l’art. 100 bis TUF. Da un lato la norma è dunque
un presidio a favore dei piccoli risparmiatori; dall’altro
essa tende a ridurre la competitività delle banche italiane sul mercato internazionale.
L’art. 100 bis, comma 1, TUF fa poi riferimento alla nozione di «solvenza» dell’emittente: gli investitori professionali rispondono della «solvenza» dell’emittente nei
confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali. L’espressione «solvenza» non è coincidente
con il termine «insolvenza». «Solvenza» è, se si vuole,
categoria del diritto civile, mentre «insolvenza» tende a
essere una categoria del diritto concorsuale. Alla solvenza si riferisce, per esempio, l’art. 1267 («garanzia della
solvenza del debitore») nel contesto della cessione dei
crediti. Solvenza è il contrario di insolvenza. «Solven-
1362
LE SOCIETA’ N. 11/2006
n
za» è la capacità di fare fronte regolarmente alle proprie
obbligazioni; «insolvenza» è l’incapacità di fare fronte
regolarmente alle proprie obbligazioni (art. 5 L. fall.).
La nozione di solvenza non viene definita nel TUF e
ciò crea qualche problema interpretativo. Questa incertezza è peggiorata dal fatto che lo stesso diritto concorsuale italiano è stato riformato molto recentemente (30). Assonime si chiede se occorra che sia dichiarata formalmente l’insolvenza affinché la disposizione operi (31). Si tratta di una domanda di centrale rilevanza,
poiché - a seconda della risposta che si dà - l’art. 100
bis, comma 1, TUF può arrivare a essere svuotato di
contenuto. La sentenza dichiarativa di fallimento viene
pronunciata dal tribunale ai sensi dell’art. 16 L. fall.
Sennonché fra le prime avvisaglie di difficoltà finanziarie e la pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento può passare un certo periodo di tempo. Una soluzione formalistica, che ponesse l’accento sulla declaratoria di insolvenza, rischia di ridurre - anche fortemente
- il reale impatto della nuova disposizione. L’insolvenza
può difatti essere dichiarata con un certo ritardo. Tenuto conto di questa circostanza appare preferibile l’altra
soluzione, quella secondo cui è sufficiente che nel periodo di tempo di un anno dall’emissione l’insolvenza si
sia manifestata.
A ciò si aggiungano due ordini di ragionamento. Innanzitutto il fallimento non è l’unica procedura concorsuale
prevista nell’ordinamento italiano. Possono talvolta sussistere i presupposti perché si apra un procedimento diverso da quello fallimentare in senso tecnico. Nel caso
delle obbligazioni Parmalat, per esempio, ha trovato applicazione la L. 18 febbraio 2004, n. 39 (32). In secondo luogo fare riferimento al solo diritto concorsuale italiano non pare appropriato. Si è già rilevato come l’emittente insolvente possa essere un soggetto estero. Ma
qui allora il discorso si complica perché bisogna stabilire
innanzitutto quale sia la legge applicabile al procedimento concorsuale. Si pensi al caso delle società-veicolo nel caso Cirio, che hanno emesso obbligazioni in
Lussemburgo. Chi è qui insolvente? Va dichiarata solo
l’insolvenza della piccola e sottocapitalizzata società di
diritto lussemburghese? Oppure l’insolvenza si estende
alla società-madre? E nel caso di insolvenza di entrambe
Note:
(28) In questo senso B. Inzitari, Le obbligazioni nel diritto civile degli affari,
Padova, 2006, 670 s.
(29) V. Desario, Nuovi scenari per il sistema bancario tra cambiamenti macroeconomici e innovazioni normative, in www.bancaditalia.it, 16 s.
(30) D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. Riforma organica della disciplina delle
procedure concorsuali a norma dell’art. 1, comma 5, della L. 14 maggio
2005, n. 80.
(31) Assonime, Osservazioni, cit., 2 s.
(32) D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, convertito con modificazioni dalla
L. 18 febbraio 2004, n. 39. Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in crisi in stato di insolvenza. Sulla applicazione di
questa legge al caso Parmalat cfr. B. Inzitari, op. cit., 661 ss.
n
DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI
le società, qual è il momento rilevante? Si tratta di problemi complessi che non si possono approfondire in
questa sede.
La legge italiana prevede che la responsabilità della
banca sia limitata a un determinato lasso di tempo: gli
investitori professionali rispondono per la durata di un
anno dall’emissione. La garanzia non ha dunque una
durata legata alla vita del titolo (33). Si immagini che
una certa obbligazione debba essere rimborsata dopo
cinque anni: la responsabilità dell’intermediario dura comunque un solo anno dall’emissione. La normativa attuale chiama l’intermediario a rispondere per il fatto
(insolvenza) dell’emittente. Rispetto a questa evenienza
in linea di principio la banca non ha alcuna responsabilità. È l’emittente che va male, non l’intermediario.
Probabilmente le difficoltà finanziarie sono ascrivibili a
cattiva gestione da parte degli amministratori, cattivo
andamento del mercato e altre circostanze simili, indipendenti dal comportamento dalla banca. La «colpa»
dell’intermediario risiede nell’avere collocato un prodotto finanziario che si è successivamente rilevato non proficuo per gli investitori. La decisione di vendere un certo prodotto finanziario viene adottata dagli investitori
professionali sulla base delle informazioni che essi stessi
riescono a recuperare in un dato momento storico. Il legislatore stabilisce che la responsabilità dura un anno.
In altre parole gli intermediari rispondono solo se i prodotti finanziari vengono rivenduti nel breve termine.
Se, al contrario, i titoli vengono trattenuti a lungo in
portafoglio (per un periodo superiore a un anno) e poi
rivenduti a investitori non professionali, non può darsi
responsabilità delle banche. Trascorso un anno dalla
emissione, gli investitori professionali tornano liberi di
cedere i prodotti finanziari senza rispondere civilmente
per l’insolvenza dell’emittente.
La previsione di una durata della responsabilità consente di comprendere le ragioni per cui il nuovo art. 100
bis TUF è stato introdotto. Come si è visto esaminando
la giurisprudenza relativa al caso Cirio, gli emittenti
hanno talvolta strutturato operazioni finanziarie in complicità con gli intermediari. Le società, indebitate con le
banche, non riescono a restituire quanto dovuto. Per recuperare queste somme strutturano, d’accordo con gli
emittenti, un’operazione di emissione di obbligazioni all’esito della quale i prodotti finanziari vengono collocati
presso i piccoli risparmiatori. Un meccanismo del genere viene ora fortemente ostacolato dall’art. 100 bis, comma 1, TUF. L’intermediario che rivende in tempi brevi
le obbligazioni risponde nei confronti degli acquirenti.
Con riguardo all’ammontare della responsabilità degli
investitori professionali, si deve ritenere che essi rispondano nei limiti del valore dell’investimento effettuato
dall’acquirente. Cosı̀, se Tizio compra prodotti finanziari
per 100.000 euro dall’intermediario Alfa, questi risponde nella misura massima di 100.000 euro, nonostante il
valore complessivo dell’insolvenza sia normalmente
molto più elevato. Se Alfa ha venduto prodotti finan-
ziari a una pluralità di investitori per un valore complessivo, si immagini, di 10 milioni di euro (all’interno di
un’operazione di emissione del valore di 100 milioni di
euro), Alfa risponderà fino a 10 milioni di euro (e non
fino a 100 milioni di euro, valore dell’intera operazione). In altre parole, l’intermediario risponde nei limiti
del proprio operato, non di tutta l’insolvenza che si è
verificata. Non pare possibile ipotizzare una forma di responsabilità solidale con gli altri collocatori.
Il rapporto fra l’art. 100 bis TUF e le regole
di condotta degli intermediari finanziari
L’
art. 100 bis, comma 1, TUF stabilisce che resta
fermo quanto previsto ai sensi dell’art. 21
TUF. Questa disposizione fissa i criteri generali
da osservarsi nella prestazione dei servizi di investimento
(cd. «regole di condotta») (34).
Dalla giurisprudenza edita in materia di responsabilità
degli intermediari finanziari risulta che le banche hanno
talvolta comprato, e immediatamente dopo rivenduto,
gli strumenti finanziari di emittenti in grave crisi. Chi
vende per professione titoli deve informarsi sulle caratteristiche dei beni che tratta e deve comunicare queste
informazioni ai clienti. Rilevante in questo contesto appare essere, in particolare, l’art. 26, comma 1, lett. e),
Reg. n. 11522/1998, secondo cui gli intermediari acquisiscono conoscenza degli strumenti finanziari offerti. Se
l’intermediario non si è informato adeguatamente, viola
questo obbligo regolamentare. Dal punto di vista economico l’acquisto di strumenti finanziari ad alto rischio
può giustificarsi quando essi vengono rivenduti immediatamente dopo ad altri soggetti, conseguendone un
guadagno. In questo modo la banca si garantisce un
guadagno (la differenza fra prezzo di acquisto e prezzo di
vendita), trasferendo il rischio-insolvenza all’acquirente.
Proprio a questo pericolo vuole ora porre rimedio il
nuovo art. 100 bis TUF. Questa disposizione è importante per il buon funzionamento dei mercati finanziari.
Essa crea un deterrente per gli intermediari. Questi, d’ora in avanti, devono verificare con estrema attenzione
le caratteristiche degli strumenti finanziari che vendono.
Se risulta difatti che l’emittente è insolvente, gli intermediari rispondono nei confronti degli acquirenti dei titoli.
L’art. 100 bis TUF non tocca il problema delle conseguenze delle violazioni delle regole di condotta. La disposizione, tuttavia, dice espressamente che resta fermo
quanto previsto dall’art. 21 TUF. La responsabilità per
Note:
(33) Consob, op. cit., 3.
(34) In materia di regole di condotta e di responsabilità degli intermediari
cfr. F. Annunziata, Regole di comportamento degli intermediari e riforme dei
mercati mobiliari, Milano, 1993; M. Lobuono, La responsabilità degli intermediari finanziari, Napoli, 1999; F. Sartori, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2004. La monografia di Sartori è stata da me recensita in www.dirittobancario.it.
LE SOCIETA’ N. 11/2006
1363
DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI
la solvenza dell’emittente non fa dunque venire meno
l’obbligo di osservare le regole di condotta: questa nuova forma di responsabilità civile in capo agli intermediari concorre con la responsabilità derivante da inosservanza dei criteri generali di comportamento.
Il documento informativo degli intermediari
L’
art. 100 bis, comma 2, TUF prevede che «il
primo comma non si applica se l’intermediario
consegna un documento informativo contenente le informazioni stabilite dalla Consob agli acquirenti che non siano investitori professionali, anche qualora la vendita avvenga su richiesta di questi ultimi.
Spetta all’intermediario l’onere della prova di aver
adempiuto agli obblighi indicati dal presente comma».
Nel commentare questa disposizione non ci si può esimere da una prima osservazione di fondo. L’art. 100 bis,
comma 2, TUF destituisce di qualsiasi rilevanza la previsione del primo comma. In dottrina si è parlato al riguardo di vero e proprio «escamotage» (35). Il primo
comma afferma la responsabilità degli investitori professionali, mentre il secondo comma esenta da tale responsabilità a condizione che si consegni un documento informativo. Si tratta di una condizione facile da soddisfare: basta predisporre un documento contenente certe
informazioni e consegnarlo. È dunque ragionevole ritenere che la pressoché totalità degli intermediari consegnerà il documento informativo agli investitori non
professionali. In questo modo, difatti, andranno esenti
da responsabilità. Come si avrà modo di specificare meglio sotto, è peraltro dubbio che la semplice consegna
del documento informativo sia idonea a escludere ogni
responsabilità degli intermediari.
Ma andiamo con ordine e iniziamo dall’esegesi del dato
normativo. L’art. 100 bis, comma 2, TUF prevede che
gli intermediari «consegnino» il documento informativo. La disposizione, tuttavia, non dice a chi competa
predisporlo. Si potrebbe sostenere la tesi secondo cui il
documento informativo va predisposto congiuntamente
da emittente e intermediario. In realtà è preferibile l’opinione secondo cui l’obbligo di redigere il documento
informativo non incombe sull’emittente (36). Nel momento in cui i prodotti finanziari vengono emessi, essi
sono destinati solo a investitori professionali. Per questa
ragione l’emittente è esonerato dal prospetto ex art.
100, comma 1, lett. a), TUF. La scelta poi di rivendere
i prodotti finanziari rientra nell’autonomia decisionale
dell’investitore professionale. Se questi intende rivenderli a investitori non professionali, dovrà premurarsi di
predisporre - da solo - il documento informativo, se
vuole evitare la responsabilità per il caso di insolvenza
dell’emittente.
La Consob ha indicato, nel suo documento di consultazione (cui dovrà peraltro fare seguito un’elencazione definitiva) (37), le informazioni che devono essere conte-
1364
LE SOCIETA’ N. 11/2006
n
nute nel documento informativo da consegnare agli investitori non professionali.
La Consob richiede che il documento informativo contenga cinque categorie di informazioni:
1. Denominazione dell’intermediario che consegna il
documento informativo e riproduzione dell’art. 100 bis
TUF;
2. Informazioni sull’emittente dei prodotti finanziari (38);
3. Informazioni sui prodotti finanziari (39);
4. Fattori di rischio che possono influire sulla capacità
dell’emittente di adempiere alle obbligazioni derivanti
dai prodotti finanziari. Indicazione dei possibili rischi finanziari (di credito, di interesse, di cambio, di liquidità,
di mercato, legale) sottesi ai prodotti finanziari;
5. Indicazione delle fonti da cui sono state tratte le informazioni rese ai sensi dei punti che precedono.
In conclusione vi è da chiedersi se la semplice consegna
del documento informativo valga a esonerare l’intermediario da responsabilità. La risposta a questo quesito dovrebbe essere negativa per due ordini di ragioni.
La prima considerazione è che le informazioni contenute nel documento informativo potrebbero non corrispondere a verità. In un caso del genere si può afferma-
Note:
(35) Cosı̀ M. Palmieri, op. cit., 320.
(36) Cfr. Consob, op. cit., 7; Assonime, Osservazioni, cit., 5.
(37) Consob, op. cit., 9 s.
(38) Si tratta di: «2.1. Denominazione e sede legale. Forma giuridica, Data di costituzione e durata se determinata; legislazione in base alla quale
opera, capitale sociale. 2.2. Descrizione del gruppo cui appartiene l’emittente o indicazione dei principali soci. 2.3. Individuazione dell’eventuale
sottoposizione dei conti dell’emittente a revisione con evidenziazione della società incaricata e dell’ultimo giudizio disponibile. 2.4. Indicazione delle attività svolte dall’emittente. 2.5 Principali dati tratti dall’ultimo bilancio dell’emittente, o indicazione del fatto che si tratta di un emittente
neo costituito. 2.6. Informazioni rese disponibili dall’emittente circa le ragioni dell’emissione e le modalità di utilizzo delle risorse raccolte. 2.7. Nel
caso in cui i prodotti finanziari siano accompagnati da una garanzia, vanno fornite sul garante la stessa tipologia di informazioni richieste sull’emittente. Vanno indicate natura e condizioni della garanzia».
(39) Si tratta di: «3.1. Tipologia di prodotto finanziario, con illustrazione
dei diritti che conferisce al titolare (compresa qualsiasi loro limitazione o
subordinazione) e delle procedure per il loro esercizio (fra l’altro, puntuale
indicazione della data di scadenza e delle modalità di ammortamento del
prestito, comprese le procedure di rimborso; indicazione circa le modalità
di determinazione del flusso cedolare). Indicazione della legislazione in base alla quale i prodotti finanziari sono stati creati. 3.2. Illustrazione dell’eventuale componente derivata presente nel prodotto finanziario, con
esemplificazione del diverso rendimento del titolo in ragione di diversi
scenari. 3.3. Data di emissione/regolamento dei prodotti finanziari. 3.4.
Ammontare totale dell’emissione. 3.5. Indicazione se si tratta di titoli al
portatore o nominativi e illustrazione di eventuali restrizioni alla libera
trasferibilità degli strumenti finanziari. 3.6. Indicazione se si tratta di prodotti negoziati in mercati regolamentati con specifica indicazione dei mercati regolamentati di quotazione. 3.7. Valuta di emissione dei prodotti finanziari. 3.8. Codice ISIN o altri analoghi codici di identificazione. 3.9.
Se siano, o meno, stati attribuiti rating all’emittente o ai suoi titoli di debito su richiesta dell’emittente o con la sua collaborazione nel processo di
attribuzione. Indicazione puntuale dei rating attribuiti e del loro significato».
n
DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO . OPINIONI
re la responsabilità dell’intermediario che, con informazioni non corrispondenti al vero, ha indotto l’acquirente
a comprare i prodotti finanziari. Qui potrebbero nascere
addirittura controversie fra emittente e intermediario.
Come si desume difatti dall’elenco di informazioni che
il documento informativo deve contenere, molte di esse
sono relative alla società che emette le obbligazioni. Si
pone allora il quesito della misura in cui l’intermediario
risponde per la veridicità di informazioni concernenti
l’emittente (40). Si immagini che il collocatore utilizzi
informazioni risultanti da bilanci o da comunicazioni al
pubblico che si rivelano poi essere false (41). In casi del
genere è stata la stessa banca ad essere ingannata e l’inganno perpetrato dell’emittente si riverbera sull’acquirente finale dei prodotti finanziari.
Vi è poi una seconda ragione che fa ritenere che l’intermediario non possa andare esente da responsabilità per
il solo fatto di avere predisposto e consegnato il documento informativo. Il nuovo art. 100 bis TUF non fa
venire meno le regole di condotta, le quali continuano
a vincolare gli intermediari. In caso di loro violazione è
possibile un’affermazione di responsabilità.
Note:
(40) V. Desario, op. cit., 17.
(41) Sull’obbligo di comunicazioni al pubblico ex art. 114 TUF cfr. V.
Sangiovanni, Ad-hoc-Publizität und Tatsachenbegriff im italienischen Recht, in
Wertpapier-Mitteilungen (WM), 2001, 1594 ss.
LE SOCIETA’ N. 11/2006
1365