Selezione di un catalogo di nuovi blazars nella survey a
Transcript
Selezione di un catalogo di nuovi blazars nella survey a
Ù S R T V F̀ S M, F N D F Selezione di un catalogo di nuovi blazars nella survey a multifrequenza ROXA Tesi di laurea specialistica in Scienze dell’Universo di: Sara Turriziani Relatore Esterno: Dr. Paolo Giommi Relatore Interno: Prof. Fausto Vagnetti A A 2006–2007 Twinkle, twinkle quasi-star Biggest puzzle from afar How unlike the other ones Brighter than a billion suns Twinkle, twinkle, quasi-star How I wonder what you are. - George Gamow, “Quasar” (1964) Ai miei nonni, mami, papi ed Angie Ad Alex When you’re gone The pieces of my heart are missing you - Avril Lavigne Indice Sommario 1 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar 5 1.1 Il ”Paradigma” Generale degli AGN . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 1.2 Classificazione degli AGN . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 1.3 Schemi Unificati per AGN Radio-Loud . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 1.3.1 Radio-Galassie e Blazar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 1.3.2 Effetti del Beaming relativistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 Le proprietà dei Blazar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 1.4.1 Classificazione dei Blazar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 1.4.2 Evoluzione cosmologica dei Blazar . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 Distribuzione Spettrale di Energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 1.5.1 Processi di Sincrotrone e Compton Inverso . . . . . . . . . . . . . 29 1.5.2 Modelli SSC e EC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 1.5.3 Analisi della SED . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 1.6 Considerazioni sulla “Blazar Sequence” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 1.7 Survey di Blazar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 1.7.1 Copertura dello Spazio dei Parametri . . . . . . . . . . . . . . . . 41 Perché studiare i Blazar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 1.4 1.5 1.8 2 1 Survey Radio profonde: NVSS e ATCAPMN 45 2.1 NRAO VLA SKY SURVEY . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 2.2 ATCA catalogue of compact PMN sources . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47 3 La ROSAT ALL SKY SURVEY 49 4 La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY 53 4.1 Apparato Sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 4.2 Note tecniche sugli strumenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 ii INDICE 4.3 4.4 4.5 4.6 . . . . 59 61 67 69 5 2dFGRS e 2dFQSO 5.1 2dF Galaxy Redshift Survey . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.2 2dF QSO Survey . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 73 78 6 Una panoramica generale su BROWSE 81 7 Il catalogo ROXA 7.1 Il metodo di selezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7.1.1 La cross-correlazione radio - X . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7.1.2 Selezione dei candidati Blazar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7.2 Classificazione delle controparti ottiche usando dati dalle survey SDSS e 2dF 7.2.1 Classificazione delle Sorgenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7.3 ROXA ONLINE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 83 84 84 85 86 90 8 ROXA J081009.9+384757.0 8.1 SDSS J081009.9+384757.0 e RX J0810.2+3847 8.2 Osservazioni con Swift e riduzione dati . . . . . 8.2.1 Analisi dell’immagine ottenuta con XRT 8.2.2 Analisi spettrale dati XRT . . . . . . . . 8.2.3 Risultati dalle osservazioni con UVOT . . 8.3 Analisi dei risultati . . . . . . . . . . . . . . . . 93 94 94 95 96 97 98 9 Data Processing Software . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Differenze principali tra la DR1 e le successive Data Release Dati disponibili su web della SDSS . . . . . . . . . . . . . . Problemi informatici e protocolli di trasferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Conclusioni 103 BIBLIOGRAFIA 106 A Note sulla SDSS 119 A.1 Algoritmo di selezione per i quasar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119 A.2 Conversione tra magnitudini e flussi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122 B IRAF 125 C Catalogo ROXA 127 Ringraziamenti 129 Sommario Sebbene i blazar siano numericamente solo una piccola frazione dell’intera popolazione di Nuclei Galattici Attivi, si ha sempre più evidenza che essi costituiscano la popolazione dominante di sorgenti extra-galattiche nelle bande delle microonde, X dura e gamma. Inoltre, è stato verificato che i blazar sono anche i principali contaminanti delle mappe delle fluttuazioni della radiazione cosmica di fondo (Cosmic Microwave Background, CMB; cfr. Giommi & Colafrancesco 2004; Giommi & Colafrancesco 2005; Giommi et al. 2006). Attualmente il numero totale di blazar conosciuti sta rapidamente crescendo e si attesta su circa duemila unità, ma gli osservatori spaziali dei prossimi anni, quali AGILE, GLAST e Planck, saranno in grado di rilevare diverse migliaia di oggetti di questo tipo. È quindi necessario ed auspicabile identificare nuovi campioni di blazar in modo da poterne studiare le caratteristiche multi-frequenza e le proprietà statistiche proprio in preparazione ai risultati di queste importanti missioni spaziali. La recente ampia disponibilità di grandi cataloghi astronomici multi-frequenza e dati spettrali - quali NVSS, ATCAPMN, RASS, SDSS e 2dF - può essere agevolmente sfruttata per costruire grandi campioni di blazar senza dover richiedere tempo di telescopio aggiuntivo. Questo progetto presenta il catalogo ROXA (Radio Ottico X realizzato presso ASDC; Turriziani et al. 2007), che consiste in una lista di 816 oggetti di cui 510 sono blazar confermati. Per la costruzione di ROXA, è stato dapprima assemblato, con l’ausilio del software EXOSAT/BROWSE, un catalogo di 7662 oggetti scelti in modo che avessero proprietà blazar-like attraverso una cross-correlazione tra ampie survey radio (NVSS, ATCAPMN) e X (RASS), utilizzando le magnitudini ottiche del catalogo GSC2. Si è poi studiato il sottocampione di oggetti contenute nella Data Release 4 della Sloan Digital Sky Survey (SDSS-DR4) e nelle survey 2dFQSO e 2dFGRS, per poter identificare spettroscopicamente i candidati blazar e verificare cosı̀ la validità del metodo di selezione. Il catalogo finale consta nel 62.5% di blazar confermati, nel 13% di QSO per i quali non sono disponibili informazioni spettrali nel radio e solo nel 19% dei casi i candidati sono risultati essere sicuramente di tipo non blazar. Dato che nel campione il rapporto tra QSO con spettro piatto e ripido è 254/102, si presume che la maggioranza dei QSO senza infor- 2 INDICE mazioni spettrali sia di tipo blazar. In conclusione, si può ragionevolmente affermare che l’algoritmo di selezione ha un’efficienza di circa il 70%. Il catalogo ROXA include inoltre 173 nuove identificazioni di blazar, ovvero circa il 10% dei blazar attualmente conosciuti. La soglia relativamente alta nella banda d’energia X (imposta dalla survey RASS) seleziona preferibilmente oggetti con alto rapporto f x / fr portando alla scoperta di numerosi nuovi High Energy Peaked BL Lac (HBL). Il catalogo quindi include molti nuovi target potenziali per osservazioni nelle bande GeV-TeV. In linea di principio, sarebbe possibile costruire un campione molto più vasto utile per l’identificazioni di sorgenti di foreground nelle mappe della CMB e nelle osservazioni nella banda gamma, se si applicasse questo metodo di selezione all’intero cielo e non solo a regioni limitate. Attualmente, i dati ottici maggiormente corrispondenti alle esigenze sono quelli provenienti dal progetto della SDSS. Per questo motivo si pensa di aggiornare il catalogo ROXA appena nuove release di dati della SDSS saranno disponibili. ROXA J081009.9+384757.0 (Giommi et al. 2007b), con un redshift z=3.95, è uno degli oggetti di tipo blazar tra i più significativi del campione, con una Distribuzione Spettrale di Energia fortemente inusuale. Il satellite Swift (Gehrels et al. 2004) ha permesso di confermare l’identificazione della sorgente con il blazar che quindi è uno dei più luminosi FSRQ conosciuti nella banda X, con un alto rapporto flusso X su flusso radio ( f x / fr ! 5 × 10−11 erg cm−2 s−1 Jy−1 ), tipico degli oggetti HBL, che hanno il picco del sincrotrone nella banda X. Una conseguenza importante della ipotesi plausibile che il massimo da emissione di sincrotrone di ROXA J081009.9+384757.0 si trovi nella banda X dura è che questo oggetto contraddirebbe fortemente la dichiarata anti-correlazione tra luminosità e posizione del picco del sincrotrone, spesso chiamata “Blazar Sequence” (Fossati et al. 1998; Ghisellini et al. 1998), la cui validità è stata già messa in dubbio da una serie di studi su grandi campioni di blazar selezionati in vari modi (e.g. Giommi et al. 1999, 2002a, 2006; Padovani et al. 2003; Caccianiga & Marchã 2004; Antón & Browne 2005; Nieppola et al. 2006; Landt et al. 2006; Padovani 2007). Se l’emissione da sincrotrone di ROXA J081009.9+384757.0 raggiungesse davvero il massimo nella banda X dura, allora il picco della componente Compton in uno scenario SSC (Synchrotron Self Compton) si verrebbe a trovare nella banda di energia γ. Questo oggetto è in definitiva un target molto promettente per GLAST per determinare la forma dello spettro della componente di Compton Inverso. Recentemente è stata riportata la scoperta di un blazar ad alto redshift, IGR J22517+2218 (Bassani et al. 2007), nei dati di INTEGRAL (Winkler et al. 2003), con una SED simile a quella di ROXA J081009.9+384757.0. È quindi importante comprendere se ROXA J081009.9+384757.0 è una sorgente unica o, come sembra, il prototipo di una nuova classe di AGN veramente molto luminosi. La ricerca di altri FSRQ di alto redshift, basata su un approccio multifrequenza, è quindi di rilevanza cruciale per studiare la fisica di questa INDICE 3 famiglia di sorgenti extragalattiche ed in particolare la loro abbondanza. In questo lavoro è stata utilizzata una cosmologia con parametri in accordo con i risultati del Wilkinson Microwave Anisotropy Probe (WMAP; Bennett et al. 2003): H 0 =70 km s−1 Mpc−1 , Ω M =0.3, ΩΛ =0.7 (Spergel et al. 2003). keywords: radiation mechanisms: non-thermal – galaxies: active – galaxies: blazars, Xray: galaxies: individual: ROXA J081009.9+384757.0 4 INDICE Capitolo 1 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar A journey that begins where everything ends! You can’t escape the most powerful force in the universe. - “The Black Hole” (1979) Le survey di questi ultimi anni hanno permesso di incrementare di molte unità il numero di galassie conosciute, ma di esse solo una piccola frazione esibisce (∼ 1%) fenomeni connessi ad attività nucleare (sorgenti indicate come radio-loud). Questi fenomeni sono in linea generale: 1. un nucleo (core) compatto (meno di 0.1 pc) e luminoso al punto che la sua luminosità (fino a 1047 erg s−1 ) sovrasta quella dell’intera galassia che lo ospita, che è data invece dalla somma delle emissioni di tutte le sue stelle; 2. una radiazione continua della componente nucleare che si estende dal radio ai raggi X, ed in alcuni casi nella banda di energia γ; 3. le righe di emissione nella banda ottica prodotte nelle regioni centrali non sono originate da processi stellari; 4. radiazione del continuo fortemente variabile o righe di emissione o presenza di entrambe le caratteristiche; inoltre, 5. presenza di emissione radio non termica proveniente dal centro in forma di jet. Le galassie che nelle osservazioni mostrano una o più di una di queste proprietà sono comunemente indicate come Active Galactic Nuclei (AGN), nome che enfatizza il fatto che l’attività risulta essere confinata principalmente nelle regioni centrali. 6 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar 1.1 Il ”Paradigma” Generale degli AGN La struttura approssimativa di un AGN, basata su diversi tipi di osservazioni, è riassunta in Fig. 1.1 (un adattamento dalla rassegna sugli AGN radio-loud ad opera di Urry & Padovani (1995)). L’idea alla base della classificazione è che l’emissione dalle regioni più interne dell’AGN sia altamente isotropa. Il modello attualmente riconosciuto valido per descrivere le caratteristiche osservative degli AGN include la presenza di un buco nero (M ! 10 6 − 109 M" ), situato al centro, che funge da macchina gravitazionale, attirando verso il centro il materiale circostante. A causa della conservazione del momento angolare il materiale in caduta forma un disco di accrescimento, che irradia convertendo il potenziale gravitazionale in energia termica. Si ritiene sia l’alta efficienza della trasformazione di materia in energia in un tale flusso di materia in accrescimento a permettere che gli AGN producano in volumi piccoli (∼ 10R G = 5 × 10−5 pc per un buco nero di 108 M" , in cui RG = GM/c2 è il raggio gravitazionale del buco nero) luminosità straordinarie (fino a 10 47 erg s−1 ), che sono di gran lunga più grandi di quelle osservate in processi stellari ordinari, di tipo non esplosivo. L’assunto più comune circa lo stato del plasma all’interno del disco di accrescimento è che esso sia otticamente spesso e termico. Questo implica che l’energia rilasciata si estende approssimativamente dall’ottico ai raggi X soffici con una frazione sostanziale di fotoni emessi nell’ultravioletto (UV). In aggiunta al buco nero centrale e al disco di accrescimento che lo circonda, nuvole massicce di gas si muovono rapidamente nella buca di potenziale del buco nero a distanze alquanto più grandi. Queste nuvole sono investite dalla radiazione proveniente dal disco di accrescimento e producono le intense righe di emissione caratteristiche dello spettro di un AGN (cfr. Fig. 1.3, in basso), principalmente tramite processi di fotoionizzazione ed eccitazione per collisione. Le nuvole più vicine alla sorgente centrale (∼ 0.001 − 1 pc) sono più dense (generalmente nel range di densità n ∼ 10 8 − 1012 cm−3 ) e si muovono più −1 velocemente. Queste originano le righe di emissione larghe ( > ∼ 1000 km s ) nello spettro dell’oggetto, che sono usualmente transizioni permesse. Le più importanti tra loro sono le righe dell’idrogeno dalle serie di Balmer e di Lyman e le transizioni degli ioni di carbonio e magnesio. Queste nuvole sono comunemente indicate come la broad-line region (BLR) con FWHM tipico > 1000 − 2000 km s−1 , fino a FWHM ! 10000 km s−1 . Le nuvole di gas più distanti (fino ad alcuni kpc; e.g. Schmitt & Kinney (1996); Bennert et al. (2002)) hanno velocità e densità più basse (n ∼ 103 −106 cm−3 ) e formano la cosiddetta narrow-line region (NLR) con FWHM tipico < 1000 − 2000 km s−1 . Sono permesse righe di emissione strette e, data la densità elettronica relativamente bassa (n e ∼ 1010 cm−3 ), anche righe proibite. Le più forti tra queste ultime sono le transizioni di ossigeno ionizzato e neon. 1.1 Il ”Paradigma” Generale degli AGN F 1.1. Diagramma schematico del paradigma attualmente in uso per descrivere le caratteristiche degli AGN (nota: non in scala; adattato da Urry & Padovani (1995)). Un disco d’accrescimento luminoso circonda il buco nero super-massivo centrale. Righe di emissione larghe e strette sono prodotte rispettivamente in nuvole di materiale più vicine (chiazze scure) e più distanti (chiazze chiare) dalla sorgente centrale. Un toro spesso di polvere (o un disco deformato) oscura la regione che emette righe larghe per osservazioni lungo linee di vista trasversali. Forti jet radio emettono dalla regione vicina al buco nero negli AGN radio-loud. Per un buco nero di 108 M! , il raggio gravitazionale è di ∼ 10−5 pc, il disco di accrescimento emette principalmente da ∼ 3 − 100 × 10−5 pc, la regione responsabile delle righe d’emissione larghe è localizzata entro ∼ 5 − 50 × 10−3 pc dal buco nero ed il raggio del toro di polvere è probabilmente di ∼ 0.1 pc. La regione in cui sono prodotte le righe d’emissione strette si estende approssimativamente da 1 a alcuni 10 3 pc e i jet radio sono stati osservati su scale da 0,1 a diverse volte 100 kpc. 7 8 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar Dato che non si osservano righe di emissione larghe in tutti gli AGN, ma quasi sempre righe strette, si ipotizza l’esistenza di un toro (o disco deformato) spesso di polvere. Si assume che il toro di polvere sia localizzato esternamente al disco di accrescimento e che escluda la BLR per certe orientazioni dell’AGN rispetto la linea di vista. Una forte evidenza che esso esista effettivamente viene da osservazioni dirette di righe di emissione larghe polarizzate nella luce polarizzata diffusa di numerosi AGN (Antonucci & Miller 1985; Cohen et al. 1999; Lumsden et al. 2001). In oggetti radio-loud si ha la presenza aggiuntiva di un jet relativistico, in direzione circa perpendicolare al disco, che produce una forte anisotropia e amplificazione dell’emisione del continuo (“relativistic beaming”). Questi jet sono fiotti di plasma (probabilmente per la maggior parte elettroni e positroni o elettroni e protoni) che sono collimati ed accelerati da un forte campo elettromagnetico, quindi irradiano per processi di sincrotrone. I jet emettono da regioni vicine al buco nero centrale e alimentano lobi estesi a distanze davvero molto grandi (fino a diverse centinaia di kpc) da entrambi i lati rispetto alla sorgente centrale. In generale, le diverse componenti dominano a diverse lunghezze d’onda: il jet è preponderante per l’emissione a frequenze radio e γ (sebbene contribuisca anche all’emissione in altre bande), il disco di accrescimento è ritenuto un forte emettitore nella banda ottica/UV/X soffice, mentre il materiale assorbente emetterà prevalentemente nell’infrarosso (IR). È dunque evidente che una comprensione piena del fenomeno AGN potrà venire soltanto da studi multifrequenza. 1.2 Classificazione degli AGN Storicamente, le righe di emissione hanno fornito il primo importante criterio di classificazione. Sulla base degli spettri ottici e UV, gli oggetti con righe di emissione larghe (FW H M > 2000 Kms−1 ) sovrapposte ad un continuo luminoso sono stati classificati come sorgenti di Tipo 1, mentre le sorgenti di Tipo 2 includono quegli AGN i cui spettri mostrano solo righe strette e un continuo debole. Le differenze del continuo in queste due classi sono state spiegate con successo come un mero effetto di orientazione, causato dalla presenza di materiale assorbente (generalmente si fa riferimento ad un “toro” di polvere come spiegato nel paragrafo 1.1) lungo alcune linee di vista che oscura le regioni centrali. In oggetti di Tipo 1, le regioni nella buca di potenziale del buco nero non sono nascoste dal toro, per cui si può osservare direttamente l’emissione dal disco e dalla BLR. In oggetti di Tipo 2, queste regioni invece sono oscurate dal toro, che assorbe parte dell’emissione del disco (da cui un continuo più debole) e dunque è visibile solo la radiazione proveniente dalle regioni più esterne, ovvero dalla NLR. Le galassie di Seyfert e le radio-galassie possono 1.3 Schemi Unificati per AGN Radio-Loud 9 avere spettri di entrambi i tipi, mentre alcuni Quasar di Tipo 2 sono stati scoperti soltanto di recente (Franceschini et al. 2000). In questa classificazione un posto speciale è occupato dalla classe degli oggetti BL Lacertae (BL Lac), caratterizzati da una peculiare debolezza od anche dall’assenza (equivalent width EW < 5 Å) delle righe di emissione e della presenza di un forte continuo non termico. Un’altra suddivisione importante è quella che si basa sulla preponderanza o meno della emissione radio rispetto a quella ottica. La definizione del rapporto tra flusso radio a 5 GHz e flusso ottico nella banda B, R = F5 /F B , permette di distinguere tra AGN Radio-Loud e Radio-Quiet nel caso in cui R sia rispettivamente maggiore o minore di 10. Forti jet relativistici sono presenti solo negli oggetti radio-loud, sebbene flussi uscenti di materia a velocità alte ma non relativistiche (∼ 0.1c) sembrino essere presenti anche in oggetti radio-quiet, fenomeno indicato come BAL (presenza di Broad Absorption Lines in spettri UV-ottici). Le sorgenti radioloud costituiscono il 10% dell’intera popolazione di AGN (Ivezić et al. 2002). Gli spettri IR-ottico-UV di AGN radio-quiet e radio-loud sono molto simili (e.g., Francis et al. 1993), suggerendo cosı̀ che la componente termica sia pressappoco la stessa in entrambe le classi. Attualmente, ancora non è ben chiaro se la bimodalità osservata sia un’effettiva dicotomia (Xu et al. 1999) all’interno della popolazione degli AGN oppure, al contrario, sia soltanto apparente e frutto di un qualche bias di tipo osservativo. La seconda interpretazione sembra essere sostenuta da survey recenti che hanno trovato una vasta popolazione di sorgenti deboli “intermedie”, non osservate in studi precedenti (Helfand et al. 1999). Le due cause di anisotropia, i.e. l’oscuramento della luce dall’infrarosso all’ultravioletto da parte di gas otticamente spesso e polvere e l’irraggiamento relativistico da jet radio, sono entrambe importanti per gli oggetti radio-loud su cui si focalizzerà l’attenzione nel prosieguo del capitolo. 1.3 Schemi Unificati per AGN Radio-Loud La simmetria complessa e non sferica costruita dal motore centrale ha portato a classificare gli AGN in molte tipologie apparentemente differenti. All’interno della classe degli AGN di tipo radio-loud, attualmente gli oggetti si differenziano nelle classi di quasar, BL Lac e radio-galassie. Gli AGN Radio-Loud sono le sorgenti che esibiscono le strutture radio più spettacolari. Le radio-galassie raggiungono le dimensioni lineari più grandi e i loro spettri (ottici) mostrano solo righe di emissione deboli (quando presenti). Quindi, si ritiene che queste sorgenti siano orientate in modo che i loro jet radio si trovino a grandi angoli rispetto alla linea di vista. La loro BLR è dunque presumibilmente oscurata dall’ipotizzato toro di 10 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar materiale assorbente. Una eccezione in questo ambito è rappresentata dalle Broad Line Radio Galaxies (BLRG), cosı̀ classificate sulla base della loro apparenza estesa in immagini ottiche dirette. Tuttavia, è attualmente largamente accettato che che queste galassie siano semplicemente dei quasar di bassa luminosità trovati preferibilmente a basso redshift dove è possibile osservare la galassia ospite (e.g., Vagnetti & Spera 1994; Hardcastle et al. 1998; Dennett-Thorpe & Marchã 2000). Storicamente, le radio-galassie sono state classificate in due diverse tipologie morfologiche (Fanaroff-Riley Tipo I, FRI e Fanaroff-Riley Tipo II, FRII) da Fanaroff & Riley (1974), che hanno trovato una correlazione tra la morfologia e la potenza radio di queste galassie. Sulla base dei loro studi si distingue tra radio-galassie FRI e FRII se la luminosità osservata è rispettivamente sotto o sopra la cosiddetta “luminosity break” pari a L 178MHZ ∼ 2 × 1025 W Hz−1 . Le loro morfologie radio tipiche sono schematizzate in Fig. 1.2. Nel caso di radio-galassie FRI (riquadro in alto) si osservano jet radio simmetrici con l’intensità più alta vicino il nucleo e che decrescono allontanandosi da esso scomparendo in una debole nebulosità diffusa. Le sorgenti FRII, invece, hanno le luminosità radio più alte, di gran lunga superiori rispetto alla galassia ospite, e mostrano jet più collimati portando alla definizione di regioni di emissione radio estesa (“lobi”), che includono zone luminose prominenti (dette “hot spots”). I jet sono spesso troppo deboli per essere osservati. È stato successivamente compreso che la luminosità radio critica che separa i due gruppi di radio-galassie aumenta con la luminosità ottica della galassia ellittica ospite (Owen & Ledlow 1994). Le sorgenti FRI generalmente non mostrano forti righe di emissione, mentre le FRII comprendono Narrow Line Radio Galaxies (NLRG) e Broad Line Radio Galaxies (BLRG). L’origine della dicotomia FRI/FRII è ancora un problema molto discusso. Molti autori hanno collegato le differenze morfologiche principalmente alla transizione da un jet inizialmente supersonico (forse relativistico), ma relativamente debole a un flusso transonico/subsonico che decelera sostanzialmente a causa del fenomeno di entrainment con il plasma termico dentro la regione interna (∼ 1 K pc) della galassia ospite ellittica (De Young 1993; Bicknell 1995; Kaiser & Alexander 1997). Un approccio alternativo postula che le radio-galassie FRI e FRII differiscano principalmente sull’importanza della spinta del fascio relativa ai parametri di base del mezzo (Gopal-Krishna & Wiita 2001). In questa versione dello scenario di decelerazione, è posta l’enfasi sul rallentamento dell’avanzata dell’hot spot alla fine del jet piuttosto che sul rallentamento della parte preponderante del flusso all’interno del jet. In contrasto, altri hanno argomentato in favore di differenze più fondamentali che esistono tra le due classi, coinvolgendo la natura del motore centrale, come la massa del buco nero e la sua rotazione, o anche la possibilità che la composizione del plasma nel jet sia differente (Celotti et al. 1993; Baum et al. 1995; Reynolds et al. 1996; Meier 1999; Ghisellini & Celotti 2001). 1.3 Schemi Unificati per AGN Radio-Loud F 1.2. Immagini radio dei due tipi di radio-galassie. Riquadro in alto: una radio-galassia FRI (bassa luminosità e jet diffusi le cui luminosità superficiali scendono allontanandosi dal centro). Riquadro in basso: una radio-galassia FRII (maggiore luminosità e lobi ben delineati con luminosi hot spot). Da Urry & Padovani (1995). 11 12 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar Gli AGN radio-loud sono anche classificati sulla base delle loro proprietà spettrali radio; infatti, all’interno della classe dei quasar si distingue tra “Steep Spectrum Radio Quasar” (SSRQ) e “Flat Spectrum Radio Quasar” (FSRQ) quando l’indice spettrale radio, α r (Fν ∝ ν−αr ), ad alcuni GHz risulta essere rispettivamente maggiore o minore di 0.5. Gli spettri radio differenti sono indice della loro distinta morfologia: gli SSRQ hanno nuclei radio più deboli e mostrano radio-lobi estesi (spettro ripido) simili a quelli delle radio-galassie (sebbene in scala ridotta), mentre i FSRQ sono generalmente maggiormente polarizzati e dominati dal nucleo rispetto agli SSRQ e mostrano anche un’alta variabilità. Inoltre i FSRQ sono distinti in altri sottogruppi per le loro proprietà osservative: High Polarization Quasar (HPQ), Optical Violent Variable (OVV), Core Dominated Quasar (CDQ). Queste proprietà spesso sono tutte presenti e sono anche associate a moti superluminali, alte temperature di brillanza ed emissione su larga banda (dal radio alla banda di energia γ), suggerendo che si tratti di manifestazioni diverse sottese da un unico processo fisico, che ora è riconosciuto essere la beamed emission. Infatti, gli spettri radio piatti delle sorgenti compatte sono di solito interpretate come risultato della somma di spettri di sincrotrone delle diverse componenti lungo il jet, ciascuna auto-assorbita ad una determinata frequenza. Nei FSRQ questa emissione è aumentata da effetti di beaming col risultato di dominare sull’emissione estesa, caratterizzata da uno spettro ripido. Una piccola frazione degli AGN radio-loud è caratterizzata da proprietà spettrali molto peculiari, con assenza di forti righe di emissione o di assorbimento (EW < 5 Å nello spettro ottico), rendendo difficile la determinazione dei loro redshift. Sono chiamati oggetti “BL Lac” , dal nome del prototipo di questa classe, BL Lacertae. Un modello unificato per i BL Lac (Padovani & Giommi 1995) propone uno scenario in cui BL Lac scoperti in survey radio o X (rispettivamente indicati come RBL e XBL) appartengono alla stessa popolazione di base e sono distinti solo dal picco della loro emissione di sincrotrone nella loro Distribuzione Spettrale di Energia (SED). Oggetti con il massimo dell’emissione di sincrotrone a bassa energia (tipicamente nell’Infrarosso) si trovano generalmente in survey radio, LBL (Low Energy Peaked BL Lac), mentre gli oggetti più rari che hanno il picco del sincrotrone nella banda UV/X sono chiamati HBL (High Energy Peaked BL Lac) e sono prevalentemente selezionati in survey X, dove è emesso il massimo della loro potenza di sincrotrone. A parte i caratteristici spettri featureless, molto poco distingue i BL Lac dai FSRQ: entrambi mostrano nuclei radio, spettri radio piatti, alta polarizzazione (spesso più alta nei BL Lac), moto superluminale, alte temperature di brillanza e variabiltà forte e rapida. La sola altra differenza è che oggetti di tipo HBL sono maggiormente frequenti nei BL Lac. Attualmente si ritiene che i BL Lac ed i FSRQ appartengono alla stessa classe, in quanto le loro proprietà osservative sono ben spiegate dall’emissione di plasma relativistico che si 1.3 Schemi Unificati per AGN Radio-Loud 13 muove in direzione dell’osservatore e si indica con “blazar” tutti quegli AGN con un jet di plasma che emette a piccoli angoli rispetto alla linea di vista. Il termine ‘blazar’ è stato inventato da Ed Spiegel nel 1978 e combina le parole BL (Lac) e (qu)asar. Il suo uso in letteratura è tuttavia riconducibile probabilmente alla rassegna di polarizzazione ottica in oggetti extra-galattici di Angel & Stockman (1980). Nel seguito, quindi, si indicheranno sia i FSRQ che i BL Lac come blazar. Una sottoclasse di BL Lac simile ai SSRQ, indicando BL Lac orientati ad angoli intermedi, non è attualmente conosciuta (i BL Lac selezionati nella banda X erano stati inizialmente presi in considerazione come candidati ma sono stati in seguito esclusi, vedi sezione 1.4.1). 1.3.1 Radio-Galassie e Blazar I BL Lac ed i FSRQ sono sorgenti radio intense caratterizzate dai loro spettri ottici distinti. Questo è spiegato in Fig. 1.3. Mentre nei BL Lac si osservano righe d’emissione deboli o del tutto assenti e la loro emissione del continuo è generalmente modellizzabile con una legge di potenza o con una parabola logaritmica, i FSRQ esibiscono forti righe di emissione sia strette che larghe. Lo schema di unificazione corrente cerca di combinare le radio-galassie con i BL Lac ed i quasar, assumendo che gli ultimi siano radio-galassie (la “parent population”) in cui il jet è diretto molto vicino alla linea di vista. Effetti relativistici amplificano il continuo non termico prodotto nel jet, originando tutte le caratteristiche osservative tipiche di questi oggetti. In particolare, gli oggetti BL Lac sono visti come la controparte beamed delle radio-galassie FRI e i quasar delle FRII. Dato che lo schema di unificazione è basato sull’anisotropia dell’emissione del jet indotta dal beaming relativistico (cfr. sezione 1.3.2), esso implica direttamente che tutte le proprietà isotrope (i.e. indipendenti dalla orientazione) di BL Lac e quasar, ovvero emissione radio estesa, luminosità delle righe di emissione strette, luminosità e tipologia della galassia ospite e ambiente, debbano essere simili a quelle della loro ipotizzata “parent population”. A questo riguardo, gli AGN radio-loud si trovano generalmente in galassie ellittiche luminose (e.g., McLure et al. 1999; Urry et al. 2000), il che sostiene l’ipotesi unificatrice di blazar e radio-galassie in generale ma non fornisce un test in particolare sulle associazioni BL Lac/FR I e quasar/FR II. Studi sulle proprietà ambientali degli AGN radio-loud sono in qualche modo inconcludenti. FRII e quasar si trovano in ammassi di ricchezza simile (e.g., Wold et al. 2000). D’altra parte, lo studio di Wurtz et al. (1997) ha trovato per un campione relativamente ampio di BL Lac (45 sorgenti) che i loro ambienti sembrano essere più simili a quelli di quasar e delle FRII che delle FRI. Tuttavia, non è chiaro se gli ambienti delle FRI e FRII differiscano. Prestage & Peacock (1988), analizzando un campione di ∼200 radio 14 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar F 1.3. Spettri ottici dei Blazar. I riquadri in alto ed in basso mostrano, rispettivamente, l’oggetto HBL SHBL J124149.3-145558 ed il quasar 1RXS 130350.539503 osservati nella Sedentary Survey. Lo spettro senza righe del BL Lac spesso rende difficile il calcolo del redshift, se non impossibile. Dall’altra parte, gli spettri dei quasar sono caratterizzati da tipiche righe di emissione sia larghe che strette. sorgenti a redshift z < 0.25, hanno trovato che le radio-galassie FRI si trovano in ammassi più ricchi rispetto alle FRII. Ma con studi a redshift più alto i loro ambienti risultano essere simili (Hill & Lilly 1991). Studi più recenti, sebbene su campioni molto più ridotti di AGN radio-loud, concludono che essi abbiano gli stessi ambienti anche a basso redshift (z ! 0.2) (McLure & Dunlop 2001). Ad ogni modo un risultato comune a tutti questi studi è che le proprietà degli ammassi in cui risiedono i vari tipi di AGN radio-loud sono contenute in un ampio range. Se si prende in considerazione invece la loro emissione radio estesa e le luminosità dalle righe strette, si ottiene una discrepanza. Si trova che i quasar hanno potenze radio estese (e morfologie) analoghe a quelle tipiche delle radio-galassie FRII (e.g., Murphy et al. 1993; Fernini et al. 1997). I BL Lac, tuttavia, possono avere potenze radio estese tipiche 1.3 Schemi Unificati per AGN Radio-Loud 15 di entrambe le morfologie di radio-galassie, i.e. FRI e FRII (e.g., Kollgaard et al. 1992; Murphy et al. 1993; Cassaro et al. 1999; Rector & Stocke 2001). Parlando invece di righe di emissione strette, esse sono relativamente deboli o assenti nelle radio-galassie FRI come nei BL Lac (che tra l’altro è uno dei loro criteri di definizione). D’altra parte, i quasar hanno (per definizione) forti righe di emissione strette, mentre queste possono essere sia intense che deboli nelle radio-galassie FRII (e.g., Laing et al. 1994; Tadhunter et al. 1998). Appare quindi problematico considerare i BL Lac unicamente come controparti beamed delle radio-galassie FRI. Un’altra predizione importante dello schema di unificazione è che le proprietà statistiche della ”parent population” devono essere simili alle proprietà della popolazione beamed, una volta che sia stato preso in considerazione il beaming. In particolare, a causa del piccolo angolo di vista il numero totale di sorgenti beamed deve essere piccolo rispetto al numero delle sorgenti ”parent”. Un test meglio rifinito è basato sulla predizione che, la funzione di luminosità della ”parent population” sotto gli effetti del beaming si trasformi nella funzione di luminosità della popolazione beamed (attesa). Lo studio dell’ultima condizione richiede la disponibilità di campioni completi ben definiti sia di sorgenti della “parent population” che di quella beamed, pertanto è piuttosto delicato. Tuttavia questa costituisce una delle evidenze più robuste in favore del modello di unificazione. Applicando questa condizione alla funzione di luminosità di un campione statisticamente ben definito, Urry & Padovani (1995) hanno calcolato le proprietà del beaming della popolazione dei blazar: gli autori hanno cosı̀ trovato che il fattore di Lorentz Γ si trova nell’intervallo 5 < Γ < 40 sia per le radio-galassie FRI che per le FRII. Si nota in particolare che questo risultato è in accordo con misure di moti superluminali (Vermeulen & Cohen 1994). Urry & Padovani (1995) hanno applicato lo stesso modello anche alle funzioni di luminosità radio osservate per i quasar (sia FSRQ che SSRQ) e di radio-galassie FRII dal 2 Jy sample (per la descrizione del campione cfr. 1.7). Un test simile dello schema unificante BL Lac/FRI è molto più sottile. I BL Lac, infatti, non solo sono molto più rari dei quasar e quindi campioni completi permettono una bassa statistica, ma risulta anche spesso difficile determinare il loro redshift a causa dei loro spettri quasi featureless, quando non impossibile. Pur tuttavia, comparando le funzioni di luminosità di BL Lac e radio-galassie FRI a frequenze radio, ottiche ed X, si ottiene un buon accordo con l’ipotesi del beaming, entro gli errori (Padovani & Urry 1990, 1991; Urry et al. 1991). 1.3.2 Effetti del Beaming relativistico Come arguito in primis da Rees (1966), il plasma all’interno dei jet degli AGN radio-loud si muove a velocità relativistiche e in questo modo trasporta efficientemente l’energia dalle vicinanze del buco nero super-massivo ai lobi distanti. Questo, tuttavia, ha forti implicazioni 16 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar per l’osservatore che vede il jet relativamente a piccoli angoli come si ritiene sia nel caso di BL Lac e quasar. Si immagini una sorgente che emette isotropicamente nel suo sistema di riferimento di quiete K # . Conseguentemente, nel sistema di riferimento dell’osservatore K, in cui la sorgente è vista muoversi a velocità altamente relativistiche (β = v/c ∼ 1), si verificano tre effetti (adattato da Rybicki & Lightman 1979): 1. Aberrazione della luce: la distribuzione angolare della radiazione è fortemente piccata in avanti (vedi grafico in basso). In particolare, dato che per una particella in un campo magnetico velocità ed accelerazione sono perpendicolari (in K # ), i fotoni emessi osservati in K formano un angolo ! dato da sin φ = 1/Γ, dove Γ = 1/ (1 − β2 ) è il fattore di Lorentz della particella accelerata. Questo significa che in K metà dei fotoni sono concentrati in un cono di semiapertura ∼ 1/Γ e non sono irradiati su tutto angolo solido disponibile pari a 2π. 2. Tempo di arrivo dei fotoni: Gli intervalli d’emissione e del tempo d’arrivo dei fotoni (rispettivamente, ∆te e ∆ta ) sono differenti. Nel sistema di riferimento dell’osservatore K si ha ∆ta = ∆te (1 − β cos φ) (in pratica, l’effetto Doppler). Se si misura ∆t e# in K # , ∆te = Γ∆te# portando a ∆ta = Γ(1 − β cos φ)∆te# ≡ ∆te# /δ, dove δ è il fattore Doppler. 3. Blueshift in frequenza: Dato che le frequenze sono inverse dei tempi, si ha ν = δν # . A causa del primo effetto si osserva che l’intensità del jet risulta drammaticamente aumentata se il suo vettore velocità è allineato vicino la linea di vista. A questo effetto si fa riferimento con il termine di ‘beaming’ o ‘Doppler boosting’. In particolare, dato che I ν /ν3 è un invariante relativistico, si ottiene per l’intensità specifica osservata I ν (ν) = δ3 Iν# ! (ν# ) e l’integrazione sulla frequenza dà I = δ 4 I # . In maniera analoga, si trova per il flusso ricevuto, assumendo che lo spettro dell’emissione di sincrotrone possa essere approssimato da una 1.4 Le proprietà dei Blazar 17 legge di potenza della forma F ν# ! ∝ (ν# )−α , Fν = δ p+α Fν# ! (ν) con p = 3 e 2 nel caso di un sorgente in moto isotropa e di un jet continuo, rispettivamente. Casi più complicati sono possibili (Lind & Blandford 1985). L’effetto del beaming è massimizzato per angoli di vista φ = 0◦ , nel qual caso δ ! 2Γ a . Il secondo effetto predice l’osservazione di un apparente moto superluminale per oggetti con jet orientati ad angoli molto piccoli come indicato per primo dal lavoro di Rees (1966). 1.4 Le proprietà dei Blazar Storicamente, la classificazione degli AGN si è basata principalmente su caratteristiche osservative e ciò ha portato alla proliferazione di diverse classi di oggetti, in modo confuso e poco organico. Tutte le sorgenti di questo tipo, tuttavia, possono essere viste come parte di un paradigma in cui gli AGN sono divisi in Thermal Emission Dominated (TED) AGN b , nei quali la radiazione emessa è in gran parte generata dal meccanismo di accrescimento su un buco nero super-massivo, e Non-Thermal Emission Dominated (NTED) AGN c , in cui l’emissione osservata è in larga parte non termica ed è generata da un jet di materiale che si allontana dal nucleo a velocità relativistiche (e.g. Giommi & Colafrancesco 2005). Inquadrati all’interno di questo scenario, i blazar sono un piccolo sottoinsieme di NTED AGN in cui il jet è allineato vicino la linea di vista, il che rende la loro emissione fortemente amplificata da effetti relativistici (come proposto in origine da Blandford & Rees 1978). I blazar sono il più raro (∼ 5%) ed estremo tipo conosciuto degli AGN osservati. Sebbene i blazar siano dunque una minuta frazione della popolazione totale di Nuclei Galattici Attivi, si ha sempre più evidenza che essi costituiscano la popolazione extra-galattica dominante nelle bande di energia delle microonde, X dura e gamma. È stato inoltre dimostrato che i blazar sono i principali contaminanti nelle mappe delle fluttuazioni della radiazione cosmica di fondo (Cosmic Microwave Background, CMB; cfr. Giommi & Colafrancesco 2004; Giommi & Colafrancesco 2005; Giommi et al. 2006). Attualmente il numero totale di blazar conosciuti sta rapidamente crescendo e si attesta su circa duemila unità, ma gli osservatori spaziali AGILE, GLAST e Planck riusciranno a rilevare diverse migliaia di oggetti di questo tipo. È dunque auspicabile in preparazione di queste missioni identificare nuovi campioni di blazar in modo da studiarne le caratteristiche multi-frequenza e le proprietà statistiche. Si riconosce una sorgente come blazar se mostra le proprietà generalmente associate a emissione da beam allineato, quali: a fenomeni di de-amplificazione relativistica hanno luogo per angoli più grandi di φ √ arccos (Γ − 1)(Γ + 1) b AGN Dominati da Emissione Termica c AGN Dominati da Emissione Non Termica = 18 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar • emissione forte e rapidamente variabile in tutte le bande d’energia dello spettro elettromagnetico, dal radio ai GeV, qualche volta anche nei TeV; • emissione radio dominata dal core con indice spettrale piatto; moto superluminale delle regioni radio compatte; • la presenza di un jet su uno dei lati (è supposta l’esistenza anche di un jet dall’altro lato, ma con emissione fortemente de-amplificata da effetti relativistici); • infine, alte temperature di brillanza (T b ∼ 1011 − 1018 K), vicino a od anche oltre il limite Compton (T b ≈ 1012 ). Si è visto che quelle sorgenti che inizialmente mostrano di possedere solo alcune di queste proprietà, in osservazioni successive mostrano anche le altre, rafforzando l’ipotesi che esse siano essenzialmente caratteristiche del tutto equivalenti ed inseparabili, riconducibili ad un unico processo fisico, ovvero radiazione prodotta in jet relativistici, in cui il plasma si muove a velocità relativistiche a piccoli angoli dalla linea di vista. Questa interpretazione è alla base dello schema unificato per gli AGN radio-loud (Urry & Padovani 1995). Le prime due proprietà sono state fondamentali nella “ricerca” di oggetti blazar, dimostrando che oggi costituiscono lo strumento più potente per selezionarli nei campioni di grandi survey, in cui è molto alto il numero di candidati. Infatti, essendo tra gli oggetti extra-galattici più brillanti nelle due bande di energia più accessibili oltre quella ottica, i.e. radio e X, la cross-correlazione tra cataloghi radio ed X è attualmente uno dei mezzi più efficaci di selezione di nuovi campioni, e.g. la Deep X-ray Radio Blazar Survey (DXRBS) (Perlman et al. 1998; Landt et al. 2001; Padovani et al. 2007) e la Sedentary Survey of High Energy Peaked BL Lac (Giommi et al. 1999, 2005; Piranomonte et al. 2007; Giommi et al. 2007). Un’altra caratteristica spesso osservata è la polarizzazione. Questi oggetti mostrano polarizzazione lineare (> 1 − 2%) ed un ampio range di livelli di polarizzazione nella banda ottica, variando da quasi zero (< 1%, compatibile con i livelli indotti dalla polvere) fino a 50-60%. Poiché però ci sono sorgenti che presentano tutte le caratteristiche del fenomeno blazar eccetto la polarizzazione nella banda ottica, la polarizzazione non è considerata più tra le proprietà che definiscono il fenomeno, sebbene la maggioranza dei blazar abbia flussi ottici polarizzati ad un livello > 3% (Kühr & Schmidt 1990). Identificando i blazar con quegli AGN in cui il jet punta in direzione dell’osservatore, è necessaria una revisione critica di definizioni e caratteristiche delle sottoclassi dei blazar, focalizzando l’attenzione sulle differenze fisiche intrinseche tra di esse. I blazar, infatti, esistono in diverse tipologie, il che pone l’annoso problema di identificare le ragioni fisiche che sottendono alle loro caratteristiche osservative. Le distinzioni principali si basano sulla forma delle righe di emissione e sulle proprietà dell’emissione del continuo su larga banda. 1.4 Le proprietà dei Blazar 19 1.4.1 Classificazione dei Blazar Storicamente, i blazar sono stati divisi in FSRQ e oggetti di tipo BL Lac (sezione 1.3). Il primo BL Lac ad essere scoperto, che ha dato poi nome all’intera classe di oggetti, è stato BL Lacertae (BL Lac). Questo era un oggetto radio compatto e fortemente variabile che era stato identificato inizialmente con una stella da Hoffmeister nel 1929. Tuttavia, il suo spettro ottico era piuttosto inusuale, poichè era featureless e l’emissione del continuo saliva ripidamente alle lunghezze d’onda infrarosse. Per questo motivo, BL Lac attirò da subito le attenzioni dei ricercatori; una spiegazione del suo spettro fu possibile solo quando vennero scoperti i quasar OVV e si comprese che le loro proprietà multifrequenza, quali alta polarizzazione e rapida variabilità, erano essenzialmente simili: in questo contesto, lo spettro di BL Lac venne semplicemente spiegato ipotizzando l’emissione da un Dopplerboosted jet (Blandford & Rees 1978). Successivamente, sono stati trovati oggetti simili e Strittmatter et al. (1972) ha suggerito che essi costituissero una nuova classe di sorgenti extra-galattiche. Tuttavia, sebbene un jet beamed che sovrastasse l’emissione della galassia ospite riuscisse a spiegare bene la mancanza di righe di assorbimento e la peculiare forma del continuo dei BL Lac, non era in grado di fornire una spiegazione convincente per l’assenza anche delle righe di emissione forti tipiche degli spettri dei quasar. Il lavoro di Blandford & Rees (1978) è stato il primo a postulare che i BL Lac siano le controparti fortemente beamed dei quasar, il che spiega le loro esigue righe di emissione, ma in seguito non è stata trovata nessuna ulteriore evidenza a sostegno di questo scenario. Quindi, trovare tale spiegazione e comprendere in questo modo la connessione tra i BL lac ed i quasar è diventato (e lo è ancora) uno dei problemi più rilevanti nell’ambito della fisica degli AGN radio-loud . Per esempio, i jet astrofisici sembrano essere associati con i processi di accrescimento, come avviene in generale per buchi neri super-massivi. La mancanza delle righe di emissione nei BL Lac potrebbe essere dovuta alla mancanza di nuvole di materia che emettano lungo la linea di vista o del disco di accrescimento o di entrambi. Tutte queste diverse possibilità, se risultassero vere, avrebbero forti implicazioni sulla comprensione della fisica degli AGN. Le nuvole di materia che emettono lungo la linea di vista per la maggior parte forniscono il materiale che viene poi accresciuto e l’esistenza di dischi di accrescimento senza queste nuvole porrebbe seri problemi alle teorie sulla formazione dei dischi di accrescimento. Se, tuttavia, non esistesse un disco di accrescimento nei BL Lac, sarebbe necessario rivedere i modelli attualmente comunemente accettati per la formazione di jet relativistici (e.g. Blandford & Znajek 1977). In questo contesto, i BL Lac assumono una importanza cruciale per la comprensione del meccanismo che porta alla formazione di potenti jet in alcuni AGN, meccanismo strettamente connesso alla dicotomia radio-loud/radio-quiet. 20 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar F 1.4. Il valore del Ca H&K break vs. la larghezza equivalente nel sistema di riferimento di quiete delle righe d’emissione osservata più intensa per sorgenti radio-loud dal 200mJy sample. Le frecce stanno ad indicare gli upper limits. La linea diagonale rappresenta l’incremento simulato della intensità della riga di emissione con la diminuzione dell’emissione non termica da jet per il BL Lac 3C 371 ed è stata suggerita per separare i BL Lac (a sinistra della retta) dai FSRQ (a destra della retta). L’area racchiusa dalla retta tratteggiata corrisponde ai valori della larghezza equivalente Wλ ≤ 5 Å e i valori del Ca H&K break C ≤ 0.25 proposti da Stocke et al. (1991) per classicare i BL Lac (da Marchã et al. (1996)). In origine, i BL Lac sono stati definiti come radio sorgenti compatte altamente polarizzate e fortemente variabili con spettri completamente featureless, ovvero assenza sia di righe di emissione che di assorbimento (Strittmatter et al. 1972). Tuttavia, si è scoperto che i BL Lac possano avere temporanemente delle deboli righe di emissione (e.g. Ulrich 1981; Sitko & Junkkarinen 1985; Corbett et al. 1996), specialmente quando sono osservati in un faint state, e questo ha cominciato a rendere maggiormente confusa la loro distinzione dai quasar. Quindi, le prime survey che hanno costruito campioni notevoli e completi di BL Lac, 1 Jy radio survey e Einstein Medium Sensitivity Survey (EMSS) nella banda X, hanno introdotto un limite ben definito sulla larghezza delle loro righe di emissione. La 1 Jy radio survey ha definito i suoi BL Lac come sorgenti radio compatte con spettro piatto (αr ≤ 0.5) e larghezza equivalente delle righe di emissione nel sistema di riferimento di quiete Wλ < 5 Å. Lo spettro radio piatto ha assicurato che questi oggetti fos- 1.4 Le proprietà dei Blazar 21 sero veramente dominati dal nucleo e quindi beamed. Le altre due proprietà dei blazar, i.e. forte polarizzazione e forte variabilità, non sono state incluse come prerequisiti per la classificazione. Per contro, la survey X EMSS, non ha utilizzato nessuna informazione radio per classificare i suoi oggetti come BL Lac (tenendo conto dell’esistenza di BL Lac radio-quiet che emettessero X, che non sarebbero stati altrimenti trovati) ed ha scelto un limite simile alla 1 Jy radio survey per la larghezza equivalente delle righe di emissione nel sistema di riferimento dell’osservatore (5Å ) per separare i BL Lac dagli AGN con righe di emissione (Stocke et al. 1991). Per assicurare un beaming sostanziale e separare cosı̀ i BL Lac dalle radio-galassie in ammassi che erano sorgenti X non risolte e dalle galassie normali, nella EMSS si richiedeva un valore del Ca H&K break inferiore al 25%. Questa richiesta era basata sulla scoperta che questa caratteristica di assorbimento stellare era in media ∼ 50% per galassie ellittiche non attive (Dressler & Shectman 1987). Per quanto riguarda la polarizzazione (Stocke et al. 1991; Jannuzi et al. 1994) e variabilità (Heidt & Wagner 1998), si è visto che i BL Lac di EMSS hanno valori più bassi quelli tipici dei BL Lac del campione della 1 Jy radio survey. Tuttavia, similmente al caso della 1 Jy radio survey, queste caratteristiche non erano incluse nei criteri di classificazione. La EMSS, essendo un campione di sorgenti X serendipite da pointed observations, copriva un’area di ∼ 700 gradi quadri con limite per il flusso X nella banda 0.3 - 3.5 keV pari ad alcuni 10 −13 erg cm−2 s−1 ed ha scoperto 44 BL Lac (Stocke et al. 1991; Morris et al. 1991; Rector et al. 2000). Marchã et al. (1996) hanno revisionato poi lo schema di classificazione per i BL Lac introdotta da EMSS e 1 Jy radio survey. Questi autori hanno utilizzato un campione di radio sorgenti con spettro piatto di basso redshift (con flussi di f r ≥ 200 mJy a 8.4 GHz e V ≤ 17 mag) per indagare le differenze ”naturali” tra i BL Lac e altre sorgenti radio con spettro piatto non affette da criteri di classificazione pre-imposti. Basandosi sui loro studi, hanno compreso che ogni sorgente con valori di Ca H&K break C ≤ 40% aveva probabilmente una extra componente di emissione non termica e quindi poteva essere classificata come blazar. In aggiunta a questo, hanno fatto notare che la forza delle righe di emissione negli AGN radio-loud dipende fortemente dal contributo non termico del jet e, quindi, dal valore del Ca H&K break. Hanno poi simulato l’incremento della larghezza equivalente con la diminuzione del continuo non termico (i.e aumento di valore per il Ca H&K break) per la riga di emissione più forte, Hα (λ = 6562Å ) dell’oggetto BL Lac classico 3C 371 ed hanno ottenuto una retta nel piano Ca H&K break-larghezza equivalente (Fig. 1.4). Questa retta obliqua insieme alla retta costante C = 40% definisce una regione triangolare in questo piano, che, come suggerivano questi autori, potrebbe essere un valido criterio di classificazione atto a separare i BL Lac sia dalle radio-galassie (oggetti con C > 40%) che dai quasar (a destra della retta obliqua). I BL Lac selezionati seguendo questi criteri 22 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar estesi vengono indicati come ’candidati BL Lac’ per distinguerli da quelli che soddisfano le richieste classiche usate da EMSS e 1 Jy radio survey. In seguito, Scarpa & Falomo (1997) hanno mostrato che c’è una continuità nel continuo ottico e nella luminosità della riga del Mg II (λ = 2798Å ) tra BL Lac e FSRQ e ha ipotizzato invece l’esistenza di due popolazioni di blazar dal punto di vista della forza delle righe di emissione. La separazione piuttosto arbitraria tra i blazar proposta da Marchã et al. (1996) e i risultati di Scarpa & Falomo (1997) hanno reso fortemente necessaria la revisione dei criteri di classificazione dei blazar. Landt et al. (2002, 2003) hanno utilizzato un campione omogeneo di blazar dalla DXRBS, i.e., un campione selezionato con modalità uniformi e non affette da bias, per ricavare uno schema di classificazione su basi fisiche. In particolare, questi autori hanno mostrato che la distribuzione della larghezza equivalente per la riga di emissione stretta [O III] (λ = 5007Å ) risulta essere bimodale negli AGN radio-loud ed hanno proposto una separazione più fisica di questa classe in sorgenti con righe di emissione dell’[O III] intrinsecamente deboli e forti (rispettivamente AGN radio-loud dubbed weak- e strong-lined). Dato che la larghezza equivalente delle righe di emissione negli AGN radio-loud dipende fortemente dall’orientazione, con oggetti aventi i loro jet vicini alla linea di vista che mostrano valori più piccoli, questi autori hanno infine proposto di usare a questo scopo un piano di larghezze equivalenti [O II] (λ = 3727Å) - [O III] (λ = 5007Å) (vedi Fig. 1.5). Questo piano consente di districarsi tra effetti di orientazione e variazioni intrinseche e di separare i blazar dalle radio-galassie nelle due classi. Questa revisione è attualmente di particolare interesse poiché diverse survey abbastanza grandi di blazar (che impiegano lo schema di classificazione di Marchã et al. (1996)) sono state realizzate, come e.g. la “Sedentary Survey of High energy Peaked BL Lac” (Giommi et al. 1999, 2005; Piranomonte et al. 2007; Giommi et al. 2007), la “DXRBS” (Perlman et al. 1998; Landt et al. 2001; Padovani et al. 2007), la “RGB (ROSAT All Sky Survey [RASS]-Green Bank) survey” (Laurent-Muehleisen et al. 1998, 1999) e la “REX (Radio Emitting X-ray sources) survey” (Caccianiga et al. 1999, 2000). 1.4.2 Evoluzione cosmologica dei Blazar L’evoluzione cosmologica delle proprietà dei blazar è stata studiata su pochi campioni abbastanza grandi. Finora, è stato stabilito che i FSRQ evolvono positivamente, sia in campioni selezionati nel radio che nell’X (come mostrato da Wolter & Celotti (2001) con il primo campione selezionato in X di FSRQ). Un metodo semplice per individuare l’evoluzione in un campione completo di oggetti è l’applicazione di un test V/V m (Schmidt 1968). Questo test si basa sul rapporto tra il 1.4 Le proprietà dei Blazar 23 F 1.5. Le larghezze equivalenti nel sistema di riferimento di quiete di [O III] (λ = 5007Å) Vs [O II] (λ = 3727Å) per oggetti dalle survey DXRBS e 2 Jy. I cerchi pieni, i quadrati vuoti e le stelline rappresentano le sorgenti con valori del Ca H&K break rispettivamente di C = 0, 0 < C < 0.25 e C > 0.25. Le frecce stanno ad indicare gli upper limits. Le linee tratteggiate e punteggiate rappresentano i siti simulati per gli oggetti con C > 0 e C = 0. La linea continua separa gli AGN weak-lined (sotto la linea) da quelli strong-lined come definiti in Landt et al. (2003). volume degli oggetti in relazione al redshift massimo permesso nella survey, z max . Se si ha un campione di n oggetti, dei quali ciascun oggetto occupa un volume V i , e questo oggetto viene osservato (a causa dei limiti della survey) fino ad un volume V max,i , ne segue che la media n 1 " Vi * += · Vmax n i=1 Vmax,i V (1.1) avrà un valore nell’intervallo [0,1]. Il valore atteso per un campione uniformemente distribuito nello spazio è *V/V m + = 0.5. L’area della survey non è importante per questo valore, perché Vi /Vmax,i = d3p /d3p,max con d p la distanza propria del redshift z dell’oggetto e 24 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar d p,max il valore proprio per zmax . Quindi, il lavoro di Avni & Bahcall (1980) ha esteso il test a campioni con limiti multipli di flusso usando V e /Va . Qui Ve è il volume, che è racchiuso dall’oggetto, e Va è il volume accessibile (vedi Fig. 1.6), in cui l’oggetto può essere trovato (e.g. dovuto ad un limite di flusso nella survey). Quindi anche survey con differenti limiti in flusso in varie bande di energia possono essere combinate dal V e /Va -test. F 1.6. Il volume accessibile è calcolato per ciascun oggetto individualmente. Risultati dalla letteratura indicano una evoluzione maggiore per quasar selezionati in X, sebbene consistente a 2σ (per il 2 Jy sample, V/V m = 0.64 ± 0.04, mentre per FSRQ selezionati in X V/Vm = 0.76 ± 0.06, Urry & Padovani (1995); Wolter & Celotti (2001)). Meno chiara la tendenza dei BL Lac; tuttavia sembra esserci una differenza tra le due classi: gli LBL mostrano una evoluzione leggermente positiva, consistente con nessuna evoluzione a 2σ (V/Vm = 0.60 ± 0.05, da 1 Jy sample di Stickel et al. (1991)), abbastanza simile con gli FSRQ selezionati in radio. Invece, gli HBL mostrano una evoluzione negativa, più o meno allo stesso livello in σ, (V/V m = 0.399 ± 0.057, Rector et al. (2000)), indicando che gli oggetti X brillanti sono meno luminosi o meno numerosi ad alto redshift. 1.5 Distribuzione Spettrale di Energia Una delle altre principali differenze tra i blazar sta nella loro Distribuzione Spettrale di Energia globale. Dato che essi emettono in tutte le bande dello spettro elettromagnetico, è essenziale considerare e studiare la loro emissione in maniera globale. Lo strumento principe che permette questo tipo di analisi è la cosiddetta Distribuzione Spettrale di Energia (“Spectral Energy Distribution”, SED). In Fig. 1.7 è mostrata la SED di un tipico BL Lac. Essa è stata costruita ricercando informazioni ottenute in varie bande, ottenute da strumenti 1.5 Distribuzione Spettrale di Energia 25 differenti ed in epoche differenti e delinea l’emissione globale della sorgente. Generalmente è disegnata nel piano log(νF ν ) vs log(ν); in questo modo il grafico fornisce direttamente le informazioni dell’output relativo di energia in ciascuna banda di frequenze. F 1.7. La SED di un tipico blazar: 3C279. Grazie ai risultati dell’Energetic Gamma Ray Experiment Telescope (EGRET, 100 MeV - 10 GeV) e dei telescopi Cherenkov (> 250 GeV), è oggi noto che la SED dei blazar è caratterizzata da due ampi picchi, il primo nei mm fino ad energie nella banda X, il secondo nella banda di energia dal MeV al TeV. Questi due picchi risultano essere correlati, se il primo è nei mm, il secondo è ad energie dell’ordine del MeV, mentre quando il primo è nella banda X, il secondo è ad energie GeV-TeV. Lo scenario attualmente più in uso è descritto dal processo di Compton Inverso, probabilmente prodotto dalla stessa popolazione di elettroni responsabile della radiazione di sincrotrone, come suggerito dalla variabilità spesso correlata. In questo “scenario Compton”, i modelli proposti differiscono nella geometria adottata (modelli di jet con una zona omogenea o disomogenei), nella natura dei fotoni bersaglio che vengono diffusi a energie più alte dal processo di Compton Inverso, o in entrambi. Infatti, i fotoni possono essere gli stessi prodotti localmente (Synchrotron Self Compton models, o 26 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar SSC, Maraschi et al. (1992); Bloom & Marscher (1996)), oppure essi provengono dall’ambiente “esterno” (i.e. fuori dalla regione che emette γ, External Compton models, o EC; Dermer & Schlickeiser (1993)). Con l’ausilio della SED, è possibile studiare le proprietà dell’emissione dei blazar, perché permette di considerare l’intero output radiativo in un modo comprensibile e di estrarre i parametri fondamentali per testare i modelli di emissione (vedi 1.5.2). Tra questi, i parametri principali che si diversificano nei blazar sono la luminosità bolometrica, il rapporto tra i picchi dell’emissione di sincrotrone e del Compton Inverso (“Compton Dominance”, Lc /L s ) e la posizione (in frequenza) dei due picchi. I FSRQ emettono il massimo della loro potenza di sincrotrone nei mm-vicino la banda ottica, mostrano una forte “Compton Dominance” (fino a 100) e sono caratterizzati dalle più alte luminosità bolometriche. I BL Lac abbracciano un ampio range di energie di picco, dall’IR (LBL) ad energie UV/X (HBL), e mostrano “Compton Dominance” e luminosità più basse. Come mostrato in Fig. 1.8, all’interno dello spettro di energia di ampia banda dei blazar, la regione X è particolarmente importante dato che a queste energie possono essere viste (e sono state viste) una varietà di diverse componenti spettrali. Queste includono la componte Compton piatta ed in salita, la transizione tra i due regimi e la coda di alta energia del picco dello spettro di sincrotrone che è prodotto da elettroni molto energetici, a volte estremi. Fino a tempi recenti, il quadro dato da survey X e radio presentava un’apparente bimodalità nella distribuzione di queste sorgenti, con gli oggetti selezionati nel radio prevalentemente di tipo LBL e quelli selezionati in X principalmente di tipo HBL. Attualmente, tuttavia, la compilazione di nuovi cataloghi di blazar basati sulla correlazione di survey radio ed X (come DXRBS e RGB) sta rivelando uno scenario maggiormente continuo e un range più armonioso nelle frequenze dei picchi. Per esempio, tutti gli FSRQ vicini conosciuti hanno SED simili a quelle degli LBL. Tuttavia, ora c’è una crescente evidenza che le survey profonde recenti, come e.g. la DXRBS, debbano contenere HFSRQ, ovvero FSRQ con picco di sincrotrone ad alte energie, le controparti strong-lined degli HBL (Padovani 2002; Padovani et al. 2003). Questo potrebbe dunque significare che gli AGN in generale producano jet relativistici con un ampio range di cut-off spettrali di energie e ciò ha implicazioni notevoli per la comprensione di formazione e fisica dei jet. Dato che la costruzione di una SED ben campionata richiede molte osservazioni a diverse frequenze, compito non facile per grandi campioni, è importante avere alcuni parametri che possano fornire indicazioni sulle caratteristiche della SED. Indicatori di questo tipo sono per esempio gli indici spettrali α ro , αox e αrx : dato che differenze di forma della SED implicano diverse relazioni tra flussi a frequenze fissate (che sono per convenzione 5 GHz, 5500 Å e 1 keV), questi indici cambiano di conseguenza, quindi permettono una prima identificazione della tipologia di blazar unicamente da suoi flussi monocromatici della sor- 1.5 Distribuzione Spettrale di Energia 27 F 1.8. La Distribuzione Spettrale di Energia dei BL Lac è mostrata come una sequenza di spettri di Synchrotron Self Compton che raggiungono il massimo ad energie differenti. Oggetti la cui componente di sincrotrone ha il picco a basse energie sono detti LBL e il massimo della loro potenza di radiazione di sincrotrone è nella banda IR-Ottica, mentre i cosiddetti High energy peaked BL Lac (HBL) raggiungono il massimo nella banda UV o X. Non è noto quanto lontano vada la sequenza di νpeak . Se essa continuasse fino ad energie molto alte, potrebbe accadere che in oggetti veramente estremi (UHBL) la componente di sincrotrone raggiunga anche la banda γ. Da notare che per la stessa luminosità di picco, la potenza radio diminuisce di ordini di grandezza nell’andare da LBL a HBL e possibilmente ad UHBL. gente in esame a quelle tre frequenze (una volta effettuata la correzione-K d ). I diversi tipi di blazar (e di AGN) occupano diverse regioni nel piano α ro − αox (Fig. 1.9). Questo permette Se si osservano le sorgenti con un filtro centrato su una lunghezza d’onda λ0 e di ampiezza ∆λ, la luce che cade nella banda sarà stata emessa alla lunghezza d’onda λe = λ0 /(1 + z) in una banda di ampiezza ∆λe = ∆λ0 /(1 + z). In altre parole, con uno stesso filtro si misurano flussi emessi in bande diverse a redshift diversi. Questo effetto si può facilmente correggere se si conosce lo spettro della sorgente. Questa è chiamata correzione-K ed è necessaria ad esempio per rendere confrontabili le magnitudini di un catalogo di galassie. Chiaramente la bontà della correzione dipenderà dalla capacità di distinguere le sorgenti con spettri di tipo diverso. d 28 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar anche di studiare in che modo i diversi campioni osservativi tendano a selezionare i diversi tipi di oggetti. F 1.9. Diagramma αox − αro di 1,362 AGN per cui dati radio, ottici ed X sono disponibili dalla letteratura (Padovani et al. 1997). I cerchi vuoti rappresentano i BL Lac; i triangoli vuoti i radio quasar, gli asterischi le radio-galassie e i quadrati pieni gli altri tipi di AGN che emettono righe. La retta tratteggiata αro = 0.2 è la retta che si assume separare le popolazioni di AGN radio-loud e radio-quiet. Davvero pochi BL Lac cadono al di sotto di questa linea. La retta continua rappresenta il sito di αrx = 0.56, che è equivalente a rapporto flusso X su flusso radio fx / fr = 3 × 10−10 erg cm−2 s−1 Jy−1 . La regione triangolare delimitata dalle due rette (etichettata HBL zone) include principalmente BL Lac (dettagli nel testo). Nei paragrafi seguenti si riassumeranno brevemente i concetti di base e le equazioni usate per comprendere e modellizzare l’emissione dei blazar. Quindi, verranno riconsiderate le equazioni basilari in uso per sottolineare come si possano porre dei limiti sui diversi modelli dalle quantità osservate. 1.5 Distribuzione Spettrale di Energia 29 1.5.1 Processi di Sincrotrone e Compton Inverso Radiazione di Sincrotrone Una particella carica di energia γmc2 che si muove in una regione con un campo magnetico B perde energia irradiando con uno spettro di frequenza che ha il picco intorno a 4 ν ≈ λ2 νL (1.2) 3 dove νL è la frequenza di Larmor (= eB/2πmc). La potenza emessa dalla particella, essendo * è α l’angolo tra la velocità *v e il campo magnetico B, P s = 2σT c U B γ2 β2 sin α2 (1.3) dove σT è la sezione d’urto Thompson e U B (= B2 /8π) la densità di energia del campo magnetico. Per una distribuzione isotropa di elettroni la media sugli angoli di pitch porta all’espressione per il cooling rate medio degli elettroni: 4 Ė syn = σT c U B γ2 β2 3 (1.4) Per una popolazione di elettroni, assunta una distribuzione di energia a legge di potenza N(γ) = N0 γ−n tra γ1 e γ2 , l’emissività totale si calcola integrando eq. 1.4 su N(γ), ottenendo j syn (ν) = B1+α N0 ν−α (1.5) dove α = (n − 1)/2. Una distribuzione a legge di potenza delle particelle irradianti corrisponde a un profilo a legge di potenza dello spettro emesso. Lo spettro emesso si estende fino alla frequenza massima ν max , data da νmax ∼ γ22 νL . Dato che gli elettroni assorbono anche fotoni di energia approssimativamente simile a quella che emettono, una data popolazione di elettroni può auto-assorbire parte della radiazione di sincrotrone che produce. La frequenza a cui la profondità ottica è ≥ 1 viene indicata come la frequenza di auto-assorbimento ν t . In questo caso, lo spettro risultante sarà ∝ ν 2 o 5 ν 2 , nel caso che ci sia o meno l’equilibrio termico. Al di sopra di ν t , invece, la regione è otticamente sottile per cui lo spettro è dato da eq. 1.5. Emissione da Compton Inverso Nel processi Compton Inverso, un elettrone di energia γm e c2 urta un fotone di frequenza ν e lo diffonde a frequenza più alta ν c : νc ∼ 4 2 γ ν 3 (1.6) 30 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar Questa equazione è valida nel limite Thompson, i.e. fin quando l’energia del fotone, nel sistema di riferimento di quiete per l’elettrone, è inferiore all’energia corrispondente alla massa dell’elettrone (γhν ≤ 511keV). A energie più alte, la diffusione non è più elastica nel sistema di riferimento di quiete dell’elettrone e bisogna utilizzare la sezione d’urto di Klein-Nishina. Un elettrone che si muove in un bagno isotropo di fotoni vedrà metà dei fotoni (tutti quelli con θ ≥ π/2) provenienti dall’interno di un cono di angolo 1/γ, a causa del beaming. Tutti i fotoni diffusi dall’elettrone all’interno di un angolo π/2 nel suo sistema di riferimento di quiete, saranno emessi in un angolo di 1/γ nella direzione del moto nel sistema di riferimento dell’osservatore. Facendo la media su tutti gli angoli, il cooling rate medio per l’elettrone si ottiene dalla differenza tra la potenza incidente e quella diffusa. Per un campo isotropo di fotoni, è 4 (1.7) Ė = σT c Urad γ2 β2 3 dove U rad è la densità d’energia della radiazione “iniziale”. Per una distribuzione di energia a legge di potenza per gli elettroni (∝ γ −n ), l’emissività totale per campo monocromatico di fotoni di energia ε 0 è jIC (εc ) = 1 (4/3)α τc Urad εc −α ( ) 4π 2 R/c ε0 ε0 (1.8) dove R/c è approssimativamente il tempo scala di fuga dei fotoni, τ c = σT N0 R è il numero totale del numero di fotoni diffusi, U rad /ε0 è la densità d’energia della radiazione “iniziale”, εc /ε0 è il guadagno per diffusione e α = (n − 1)/2 è l’indice spettrale. Di nuovo, come nel processo di sincrotrone, una distribuzione di energia a legge di potenza per le particelle si mappa in uno spettro emesso a legge di potenza, con la stessa pendenza per i processi di sincrotrone e Compton Inverso. Per un campo monocromatico di fotoni, l’emissività si ottiene integrando l’eq. 1.8 sul range di frequenza dei fotoni “iniziali”: jIC (εc ) = 1 (4/3)α τc −α ε 4π 2 R/c c # ε2 ε1 Urad (ε) −α ε dε ε (1.9) Da notare che ε1 e ε2 in generale non corrispondono alle energie minima e massima dello spettro dei fotoni “iniziali”, ma dipendono da ε c . Infatti, per un fotone di data energia εc , non tutta ε dei fotoni “iniziali” può essere diffusa a quella energia, ma solo quelli per cui gli elettroni esistono in modo che ε= 3 εc . 4 γ2 (1.10) 1.5 Distribuzione Spettrale di Energia 31 1.5.2 Modelli SSC e EC Come visto in precedenza, la SED dei blazar è comunemente spiegata, rispettivamente per il picco di bassa e di alta energia, in termini delle emissioni di sincrotrone e Compton Inverso, verosimilmente da una singola popolazione elettronica. In questo scenario teorico, la differenza principale tra i vari modelli è la natura dei fotoni “iniziali” per il processo di Compton Inverso. I modelli Synchrotron Self Compton (Maraschi et al. 1992) assumono che i fotoni iniziali siano gli stessi fotoni prodotti localmente dall’emissione di sincrotrone degli elettroni. Al contrario, i modelli External Compton prendono in considerazione fotoni prodotti esternamente al jet (Sikora et al. 1994). Nei paragrafi successivi, verranno esaminate le equazioni base per questi due scenari. Restringendo l’analisi al caso omogeneo, si assume (per entrambi gli scenari) che la radiazione sia emessa da un jet singolo di dimensione R, che emette isotropicamente nel suo sistema di riferimento di quiete e con un campo magnetico intrecciato B. Γ è il fattore di Lorentz globale della massa indistinta di materia come viene vista nel sistema di riferimento dell’osservatore e γ è il fattore di Lorentz di una singola particella nel sistema di riferimento del jet. Synchrotron Self Compton (SSC) In questo scenario, c’è una singola popolazione di elettroni che produce fotoni attraverso il meccanismo di Compton Inverso. Quindi, gli stessi elettroni “lavorano” due volte originando una dipendenza quadratica dell’emissività rispetto alla densità degli elettroni. Per una distribuzione isotropa dell’energia degli elettroni, la densità di energia U dei fotoni irradiati per sincrotrone nel sistema comovente può essere espressa tramite la luminosità di sincrotrone L(ε): U(ε) ! 3R 3R L(ε) = 4π j syn (ε) 4c V 4c (1.11) dove 3R/4c è il tempo medio per un fotone di uscita da una regione di raggio R. Sostituendo i rispettivi termini e notando che l’indice spettrale α è lo stesso, si ha: jS S C ∝ R N02 B1+α ν−α lnΛ (1.12) dove Λ = ε2 /ε1 . Come atteso, l’emissività è proporzionale al quadrato della densità elettronica. La frequenza massima dei fotoni diffusi, nel sistema di riferimento del jet, è νmax ! 4 2 γ νs 3 max (1.13) 32 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar Dato che il cooling rate per entrambi i processi ha la stessa dipendenza dai parametri (eccettuata la densità elettronica), il rapporto di luminosità dei due picchi è dato da U syn LC Ė c = = LS UB Ė syn (1.14) Compton Inverso da fotoni prodotti esternamente (Externally Produced Photons, EC) In questo scenario, gli elettroni diffondono fotoni prodotti esternamente rispetto alla regione di emissione. Sono stati avanzati diversi modelli, in base all’origine dei fotoni “iniziali”: essi possono provenire direttamente dal disco di accrescimento (Dermer et al. 1992) o possono essere riprocessati e isotropizzati da elettroni liberi intorno il disco, sia nelle nuvole della BLR che nella polvere della NLR (Sikora et al. 1994). I diversi casi risultano in diversi spettri dei fotoni “iniziali”. Se si considera il caso in cui la BLR riprocessa una frazione ξ della luminosità del disco (Sikora et al. 1994), la densità di energia della radiazione esterna può essere stimata dalla relazione ξLdisk Lext ! (1.15) Uext ! 2 4πr c 4πr2 c dove r è la distanza della BLR dal nucleo. Nel sistema comovente la massa indistinta di materia sperimenterà un incremento di energia a causa del beaming # Uext ! Γ2 Uext (1.16) Usando questa relazione in eq. 1.9, si ottiene l’emissività nel sistema comovente. Nel caso in cui la distribuzione spettrale dei fotoni “iniziali” abbia un massimo intorno all’energia ε0 , si possono approssimare i fotoni “iniziali” come monocromatici. Si ha quindi j#EC (ε#c ) ∝ N0 Γα+1 Uext ε#c −α ( ) ε0 ε0 (1.17) La frequenza massima dei fotoni diffusi, nel sistema comovente, è ε#max ! 4 2 γ Γ ε0 3 max (1.18) dove γmax è la massima energia della distribuzione elettronica. Riassumendo le varie relazioni per l’energia degli elettroni che emettono al picco (γ peak ), la frequenza del massimo del sincrotrone è νS = 4 2 γ δ νL 3 b (1.19) 1.5 Distribuzione Spettrale di Energia 33 dove νL = 2.8 × 106 B Hz è la frequenza Larmor. La frequenza osservata del picco Compton è nei due scenari 4 (1.20) νS S C ! γb2 νS 3 4 νEC ! γb2 Γ δ ν0 (1.21) 3 dove ν0 è la frequenza della radiazione esterna. È utile anche scrivere qui le dipendenze dei flussi da alcuni parametri base, per i due meccanismi: FS ∝ δ4 N0 B2 (1.22) FS S C ∝ δ4 N02 B2 F EC ∝ δ4 N0 Uext (1.23) (1.24) Con l’aumento della densità elettronica o del campo magnetico aumenta il flusso SSC, mentre l’aumento della luminosità di disco o del fattore di Lorentz globale Γ (e di conseguenza δ) fa aumentare maggiormente il flusso EC. 1.5.3 Analisi della SED I parametri principali che si possono derivare dalle SED sono le frequenze dei picchi del sincrotrone e del Compton Inverso (ν S e νC ) e le loro luminosità LS e LC . La grandezza della regione che emette R, invece, può essere ricavata misurando il tempo scala della variabilità imposta dalla condizione di causalità: R ≤ δctvar 1+z (1.25) Nello scenario SSC, queste quantità permettono di verificare il modello. Infatti, i parametri relativi alla sorgente importanti per il modello SSC sono di base quattro, ovvero R, γ peak , B e δ. Attraverso i tempi scala di variabilità , è possibile esprimere R come funzione di δ. Si determina direttamente γ peak dal rapporto tra le frequenze dei due picchi, dato che γ peak = ( 3νC 1/2 ) 4νS (1.26) Introducendo queste relazioxni nell’equazione per la frequenza di sincrotrone e la ‘Compton Dominance”, si può scrivere Bδ = B2 δ6 = ν2S νC (e/2πme c) 2L2S 2 L c3 tvar C (1 + z)2 (1.27) (1.28) 34 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar che consentono di determinare sia B che δ dalle quantità osservate. Nello scenario SSC, quindi, con le incertezze derivanti la presenza di dati non simultanei, è possibile fissare inequivocabilmente i parametri SSC dalle caratteristiche principali della SED (più l’informazione sulla variabilità). Lo scenario EC, invece, è meno verificabile, poiché ha tre parametri aggiunti ai precedenti (Lext , Rext e νext ) e non è possibile separare B e δ, dato che 3νC 4νext )1/2 (1.29) B νS νext = δ νC (e/2πme c) (1.30) γ peak δ = ( Sono quindi necessarie delle ipotesi sulla natura del campo di fotoni esterno. Per gli FSRQ la radiazione esterna è prodotta probabilmente dalla BLR, che può essere approssimata da una radiazione di corpo nero che raggiunge il massimo ad energie ottiche-UV (νext ∼ 1015 Hz). La luminosità può essere prodotta dalle righe degli spettri o da processi termici UV. Il parametro meno stringente è la dimensione della BLR, che si deduce generalmente da risultati su oggetti radio-quiet, da programmi di monitoraggio per la misura della variabilità delle righe larghe (Kaspi et al. 2000). Nominalmente, per verificare i modelli (in particolare, SSC) e ottenere parametri fisici, è sufficiente avere una SED abbastanza ben campionata, ovvero con informazioni sui picchi del sincrotrone e del Compton. Tuttavia, i valori più significativi per i parametri sono quelli che si ottengono da dati simultanei, i.e. quando è disponibile una “immagine” della SED di un blazar in un determinato momento. Questo attualmente è stato fatto per pochissime sorgenti, quindi, in generale, la modellizzazione per la maggior parte delle sorgenti conosciute viene fatta con SED storiche, raccogliendo tutti i dati disponibili. Dato che la luminosità e la frequenza dei due massimi varia nel tempo, i parametri del modello ottenuti in questi casi dipendono da quando e come l’informazioni spettrali sono determinate (osservazioni singole o dati mediati nel tempo, stato della sorgente durante osservazioni di massimi di bassa o alta energia, etc.). Vale la pena ricordare anche che una delle assunzioni principali dei modelli cosiddetti “standard” è che entrambi i picchi sono prodotti dalla stessa popolazione di elettroni. Questo sembra essere confermato negli HBL e in oggetti estremi, dove spesso si osserva una stretta correlazione tra le due assunzioni. Tuttavia, questo potrebbe non essere il caso per altri tipi di blazar (e.g. FSRQ): un ulteriore scenario possibile è che l’emissione Compton sia dominata dalla radiazione da una popolazione di elettroni che differisce da quella che irradia per sincrotrone (e.g. Costamante 2001). 1.6 Considerazioni sulla “Blazar Sequence” 35 1.6 Considerazioni sulla “Blazar Sequence” L’esistenza di una “Blazar Sequence” è stata inizialmente ipotizzata in un articolo del 1998 (Fossati et al. 1998), che ha analizzato il grafico della potenza emessa vs. ν peak per tre campioni di blazar, i.e. 2 Jy FSRQ sample, Einstein Slew BL Lac sample, 1 Jy BL Lac sample, trovando una apparente anti-correlazione e . Ghisellini et al. (1998) hanno inquadrato poi la suddetta anti-correlazione in uno scenario teorico, in cui essa è il risultato del bilancio tra accelerazione e cooling delle particelle, in cui si considera che nelle sorgenti che emettono con potenze maggiori la densità di energia è più alta e quindi le particelle hanno maggiore probabilità di perdere energia e sono di conseguenza soggette ad un maggior cooling, che si trasferisce in valori più bassi di ν peak . La “Blazar Sequence” fa delle predizioni specifiche molto stringenti, ovvero 1. dato che i FSRQ raggiungono potenze maggiori rispetto ai BL Lac, l’esistenza di un’anti-correlazione tra potenza e ν peak implica che non dovrebbero esistere HFSRQ, i.e. FSRQ con alti valori di νpeak ; 2. dato che sorgenti di bassa luminosità sono più numerose rispetto a quelle di alta luminosità, l’anti-correlazione tra potenza e ν peak implica che gli HBL sarebbero più numerosi degli LBL. Questo fatto ha due implicazioni fisiche rilevanti: la prima puramente demografica, importante, ad esempio, in survey profonde, la seconda pone delle forti posizioni per la fisica dei jet. La validità di questo scenario è stata più volte messa in discussione negli anni da una serie di studi (e.g. Giommi et al. 1999, 2002a, 2006; Padovani et al. 2003; Caccianiga & Marchã 2004; Antón & Browne 2005; Nieppola et al. 2006; Landt et al. 2006; Giommi et al. 2007b; Padovani 2007). In particolare, Padovani (2007) effettua una serie di semplici test utilizzando i dati osservativi recenti per verificare la fondatezza della teoria: 1. controllo dell’anti-correlazione potenza vs. ν peak ; 2. scoperta di almeno un oggetto “proibito”, che si posiziona al di fuori dello schema proposto dall’anti-correlazione (i.e. alto ν peak - alta potenza o basso νpeak - bassa potenza o entrambe le categorie di sorgenti “proibite”); 3. conteggio delle sorgenti per verificare se gli HBL siano veramente più numerosi degli LBL. L’esito dei test è negativo per la “Blazar Sequence”, in quanto Padovani (2007) dimostra che non esiste nessuna anti-correlazione tra potenza e ν peak nei blazar, una volta presi e per la descrizione dei campioni cfr. sezione 1.7 36 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar in considerazione gli effetti di selezione dei campioni. Inoltre, sono stati trovati oggetti al di fuori della sequenza, sia nelle regioni di basso ν peak - bassa potenza che di alto νpeak alta potenza. È stata trovata anche la classe “mancante” di sorgenti FSRQ, che hanno il picco del sincrotrone nella banda UV/X. Inoltre, contrariamente alle predizioni della “Blazar Sequence”, tutti i dati osservativi sono consistenti con l’idea che la sottoclasse degli HBL costituisca una minoranza (∼ 10% dei BL Lac). Ne segue che la “Blazar Sequence” non può essere valida, almeno nella sua forma più semplice. Rimane un punto ancora da chiarire, ovvero il motivo per cui la frequenza massima del picco del sincrotrone nei FSRQ sembra essere ∼ 10-100 volte più piccola di quella raggiunta dai BL Lac. Una possibile eccezione a questa regola sembra essere però ROXA J081009.9+384757.0 (Giommi et al. 2007b, cfr. anche Capitolo 8). 1.7 Survey di Blazar Proprio a causa della loro orientazione peculiare rispetto alla linea di vista, i blazar formano una classe molto rara di oggetti, in pratica solo ∼ 5% di tutti gli AGN osservati (Padovani 1997). Conseguentemente, fino a tempi recenti, tutti i campioni esistenti di blazar erano estratti da survey caratterizzate da una piccola copertura del cielo o da limiti in flusso relativamente alti o da entrambi. Questi campioni di blazar “classici” sono: • 1 Jy BL Lac sample, copertura del cielo pari a 9.81 sr, flussi radio f 5GHz > 1Jy, indice spettrale radio tagliato a αr ≤ 0.5, V < 20; il campione completo include 34 oggetti (Stickel et al. 1991; Rector & Stocke 2001) • EMSS BL Lac sample, copertura del cielo pari a ∼ 700 gradi quadri, flussi X-ray −13 erg cm−2 s−1 , il campione totale include 44 oggetti (Stocke f0.3−3.5keV > ∼ 2 × 10 et al. 1991; Morris et al. 1991; Rector et al. 2000). • Einstein Slew BL Lac sample, copertura del cielo pari a ∼ 10 sr, flussi X f 0.2−4keV > ∼ 2 × 10−11 erg cm−2 s−1 ; il campione completo consta di 51 oggetti (Perlman et al. 1996). • 2 Jy FSRQ sample, copertura del cielo pari a 9.81 sr, flussi radio f 2.7GHz > 2Jy, il campione completo composto da 52 oggetti (Wall & Peacock 1985; di SeregoAlighieri et al. 1994). Gran parte della comprensione corrente del fenomeno blazar si basa proprio su questi campioni, il che vuol dire su un numero relativamente piccolo di sorgenti intrinsecamente 1.7 Survey di Blazar 37 luminose. In altri termini, cosı̀ è stata campionata solo la punta dell’iceberg della popolazione dei blazar, quindi risulta evidente la necessità di campioni di blazar più profondi ed ampi per poter studiare a fondo le caratteristiche e le proprietà dell’intera popolazione. Attualmente, molti gruppi di ricerca si sono concentrati sul problema della compilazione di campioni di blazar grandi e profondi. Molti di questi campioni sfruttano il fatto che i blazar sono sorgenti relativamente forti sia radio che X ed usano quindi un criterio di selezione “doppia” radio/X (al contrario di quanto avvenuto nei campioni cosiddetti “classici”). Un’altra differenza risiede nel processo di identificazione: infatti, lavorando con cataloghi fino a ∼ 1, 000 sorgenti, si può ottenere uno spettro ottico per ciascuna di esse ed identificare quindi i blazar. Al contrario, con i cataloghi vasti e profondi attualmente disponibili, > 100, 000 sorgenti e raggiungendo in alcuni casi i milioni di oggetti, questa procedura con ∼ diventa difficilmente praticabile senza poter accedere a facilities dedicate o a risorse illimitate. Da qui la necessità di incrementare l’efficienza dei metodi di selezione (e.g., attraverso metodi di cross-correlazione) per restringere il numero di candidati blazar a numeri di più facile “gestione”. Le survey principali più grandi e profonde completate ed in via di completamento in questi ultimi anni sono: BL Lac • “Sedentary” Survey; usa un criterio di selezione radio (NVSS)/X-ray (RASS)/ottico (APM, COSMOS); limiti della survey sono un taglio f 1.4GHz > 3.5 mJy, f0.1−2.4keV > ∼ 10−12 erg cm−2 s−1 ; oltre alla selezione dell’indice spettrale a due punti, α rx < 0.56, ∼ αro > 0.2, per selezionare una regione popolata da High-energy peaked BL Lac (HBL) ad un livello di confidenza di ∼ 85%. Il campione include 150 HBL, il 100% identificati (Giommi et al. 1999, 2005; Piranomonte et al. 2007; Giommi et al. 2007); • DXRBS (Deep X-ray Radio Blazar Survey); usa un metodo di selezione (GB6, PMN)/X > 50mJy, f (WGA [ROSAT PSPC]); limiti della survey sono f 5GHz ∼ 0.1−2.4keV ≥ 2 × −14 −2 −1 10 erg cm s , con un taglio nell’indice spettrale radio α r ≤ 0.7; il campione statisticamente completo consta di 24 oggetti (44 nell’intero campione, in cui non si rispetta il limite radio e si non tiene conto del problema dell’assorbimento in determinate regioni di molti fotoni dovuto al wobbling del ROSAT PSPC) ed è quasi > 94%) al Gennaio 2007 (Perlman et al. 1998; Landt completamente identificato ( ∼ et al. 2001; Padovani et al. 2007); • RGB (ROSAT All Sky Survey [RASS]-Green Bank) sample; utilizza una selezione radio (GB6)/X (RASS), con un limite ottico; limiti della survey sono f 5GHz > ∼ 20 mJy, −13 −2 −1 f0.1−2.4keV > erg cm s , B < 18; il campione statisticamente completo ∼ 3 × 10 38 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar consta di 33 oggetti più brillanti di O = 18.0 mag (127 BL Lac totali nell’intero campione), di cui il ∼ 94% risultano identificati (Laurent-Muehleisen et al. 1998, 1999); • REX (Radio-Emitting X-ray) sample; usa criterio di selezione radio (NVSS)/X (RO−14 SAT PSPC); limiti della survey sono f1.4GHz > 5 mJy, f0.1−2.4keV > ∼ 3 × 10 erg cm−2 s−1 ; il campione include 72 oggetti, ∼ 30% sono identificati; un sotto−13 erg cm−2 s−1 e B ≤ 20.5, è campione di ∼ 55 oggetti con f0.1−2.4keV > ∼ 4 × 10 identificato a ∼ 90% (Caccianiga et al. 1999, 2000); • CLASS (Cosmic Lens All Sky Survey) sample; usa un criterio di selezione radio (GB6, NVSS), con un limite ottico; limiti della survey sono f 5GHz > 30 mJy, R < 17.5, con un taglio nell’indice spettrale radio α r < 0.5. Il campione include 47 sorgenti ed è identificato a ∼ 70% (Marchã et al. 2001; Caccianiga et al. 2002; Caccianiga & Marchã 2004); • FIRST Flat Spectrum sample; usa una selezione radio (FIRST, GB6), con un limite ottico; limiti della survey sono f1.4GHz > 35 mJy, f5GHz > 20 mJy, B < 19, con un taglio nell’indice spettrale radio α r < 0.5. Il campione include 87 sorgenti ed è identificato a ∼ 84% (Laurent-Muehleisen et al. 1999; Fossati 2005); • RASS-ASDC 1 Jy samplef ; usa una selezione radio (NVSS)/X (RASS); limiti della −14 erg cm−2 s−1 . Il campione include survey sono f1.4GHz > 1 Jy, f0.1−2.4keV > ∼ 8 × 10 ∼ 25 candidati, di cui ∼ 93% risultano identificati (Giommi et al. 2002b); • HRX-BL Lac sample; usa un criterio di selezione radio (NVSS)/X (RASSBSC); limiti −14 erg cm−2 s−1 . Il campione della survey sono f1.4GHz > mJy, f0.5−2.0keV > ∼ ×10 include ∼ 104 BL Lac identificati (Beckmann et al. 2003); • Optically identified BL Lacertae objects from the Sloan Digital Sky Survey; usa una selezione ottica, sulla base delle caratteristiche tipiche dei BL Lac, cercando oggetti extra-galattici con spettri quasi-featureless nella Second Data Release dellaSloan Digital Sky Survey (SDSS-DR2; Abazajian et al. 2004) senza moto proprio nel catalogo USNO-B (Monet et al. 2003) per costruire un campione di 386 candidati BL Lac. Sulla base dei loro colori i candidati sono suddivisi in 240 probabili e 146 meno probabili (Collinge et al. 2005); In realtà non si tratta di una survey davvero profonda. Il suo scopo era di creare l’equivalente del 1 Jy sample senza tagli pre-imposti su larghezza equivalente o αr ma principalmente utilizzando la Distribuzione Spettrale di Energia per trovare BL Lac. f 1.7 Survey di Blazar 39 • The 2QZ BL Lac survey (2BL); usa una selezione ottica di sorgenti identificate da due survey di oggetti puntiformi con eccesso UV, la 2-degree field (2dF) e la 6-degree field (6dF) quasi-stellar object (QSO) Redshift Survey (2QZ e 6QZ). Comprende 52 oggetti senza moto proprio apparente, nel range di magnitudini 16.0 < B J < 20.0 (Londish et al. 2002, 2007). F 1.10. Campionamento del piano flusso radio-flusso X da parte di diverse survey di BL Lac (da Padovani (2002)). I segmenti continui spessi rappresentano i cosiddetti limiti “hard” delle survey, mentre quelli sottili rappresentano i flussi raggiunti in una banda diversa da quella usata per la selezione. Le sorgenti appartenenti ad una data survey occupano una regione del piano il cui angolo in basso a sinistra è indicato dall’intersezione dei segmenti spessi e sottili, come esemplificato per DXRBS (linee brevi tratteggiate). La retta tratteggiata più lunga invece divide gli HBL dagli LBL, mentre le regioni tratteggiate rappresentano le regioni “proibite”, dove nessun BL Lac è mai stato trovato finora. Flat-spectrum Radio Quasar • Parkes 0.25 Jy sample; usa un criterio di selezione radio (PKS); limite della survey è f2.7GHz > 250 mJy, con un taglio nell’indice spettrale radio α r ≤ 0.4; 444 sorgenti, 100% identificate (Jackson et al. 2002; Hook et al. 2003; Wall et al. 2005); • DXRBS sample; usa un metodo di selezione (GB6, PMN)/X (WGA [ROSAT PSPC]); −14 erg cm−2 s−1 , con un > 50mJy, f limiti della survey sono f5GHz ∼ 0.1−2.4keV ≥ 2 × 10 40 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar taglio nell’indice spettrale radio α r ≤ 0.7; il campione statisticamente completo consta di 129 oggetti (200 nell’intero campione) ed è quasi completamente identificato > 94%) al Gennaio 2007 (Perlman et al. 1998; Landt et al. 2001; Padovani et al. (∼ 2007); • CLASS sample; usa un criterio di selezione radio (GB6, NVSS), con un limite ottico; limiti della survey sono f5GHz > 30 mJy, R < 17.5, con un taglio nell’indice spettrale radio αr < 0.5. Il campione include 100 sorgenti ed è identificato a ∼ 70% (Marchã et al. 2001; Caccianiga et al. 2002); • FIRST Flat Spectrum sample; usa una selezione radio (FIRST, GB6), con un limite ottico; limiti della survey sono f1.4GHz > 35 mJy, f5GHz > 20 mJy, B < 19, con un taglio nell’indice spettrale radio α r < 0.5. Il campione include 332 sorgenti ed è identificato a ∼ 84% (Laurent-Muehleisen et al. 1999; Fossati 2005). Un caso particolare è A Northern Survey of Gamma-Ray Blazar Candidates (SowardsEmmerd et al. 2005), che ricerca candidati blazar che abbiano proprietà simili a quelle dei blazar osservati da EGRET, per avere un campione di controparti per i puntamenti del satellite GLAST. Sowards-Emmerd et al. (2005) usano una selezione tramite una Figuradi-Merito (FoM) nella banda radio di sorgenti dallo spettro piatto (dati estratti dalla CLASS a 3.5cm, che ha come flusso limite radio 140 mJy) per avvalersi poi di telescopi ottici per osservazioni spettroscopiche di follow-up. Ad oggi, su 710 candidati sono stati identificati 167 oggetti, di cui il 95% sono risultati essere BL Lac o FSRQ. In questo contesto, è importante il lavoro di raccolta svolto da Massaro et al. (2005), che ha messo insieme i dati disponibili nelle varie bande per i blazar noti nell’intervallo 0h-6h. Lo scopo del catalogo, che con la pubblicazioni di ulteriori 3 volumi coprirà l’intero cielo, è organizzare la lista più completa attualmente disponibile di blazar confermati da poter poi utilizzare per studi statistici sulle proprietà dei blazar, sulla loro evoluzione ed assemblare altresı̀ una vasta lista di SED di blazar differenti per investigarne i meccanismi di emissione. Inoltre, questa lista costituirà il campione di base per l’identificazione di sorgenti γ rivelate dal LAT di GLAST. I blazar sono suddivisi in BL Lac, candidati BL Lac, FSRQ e “Uncertain Type”, se in possesso di una SED peculiare o di tipologia “intermedia”. Il primo volume Massaro et al. (2005) contiene informazioni multibanda e SED per 443 sorgenti (190 BL Lac e candidati BL Lac, 227 FSRQ, 26 “Uncertain Type”). Attualmente è in via di completamento il secondo volume. La previsione è che il catalogo dell’intero cielo conterrà presumibilmente ∼ 2400 sorgenti blazar. 1.7 Survey di Blazar 41 F 1.11. Campionamento del piano flusso radio-flusso X da parte di diverse survey di FSRQ (da Padovani (2002)). I segmenti continui spessi rappresentano i cosiddetti limiti “hard” delle survey, mentre quelli sottili rappresentano i flussi raggiunti in una banda diversa da quella usata per la selezione. Le sorgenti appartenenti ad una data survey occupano una regione del piano il cui angolo in basso a sinistra è indicato dall’intersezione dei segmenti spessi e sottili, come esemplificato per DXRBS (linee brevi tratteggiate). La retta tratteggiata più lunga invece divide gli HFSRQ (high-energy peaked FSRQ) dai LFSRQ (low-energy peaked FSRQ), mentre le regioni tratteggiate rappresentano le regioni “proibite”, dove nessun FSRQ è mai stato trovato finora. 1.7.1 Copertura dello Spazio dei Parametri È importante stimare a quali regioni dello spazio di parametri siano sensibili le varie survey, per poter capire quali limiti stringenti esse possano o non possano porre sulla demografia dei blazar. Dato che i criteri di selezione doppia (radio/X) della maggior parte delle nuove survey ed il fatto che i campioni “classici” di blazar erano selezionati o nel radio o in X, Padovani (2002) ha analizzato come alcuni di questi campioni coprono il piano flusso radioflusso X. I risultati di questo lavoro sono mostrati in Fig. 1.10 per i BL Lac ed in Fig. 1.11 per gli FSRQ. Ciascuna survey è caratterizzata da uno o due limiti in flusso (segmenti spessi), mentre il flusso più basso raggiunto da un campione in una banda diversa da quella usata per la selezione è indicata da un segmento sottile. Per esempio, la survey EMSS BL Lacs raggiunge fx ∼ 2 × 10−13 erg cm−2 s−1 (segmento spesso), che è il flusso X limite per la 42 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar selezione (in realtà, esiste più di un flusso limite in X, data la natura “serendipita” della survey). Un limite in una banda risulta in un limite nell’altra ed in questo caso il BL Lac più debole della survey ha un flusso radio pari a f r ∼ 1 mJy (segmento sottile). Le sorgenti di una data survey occupano una regione nel piano flusso radio-flusso X il cui angolo in basso a sinistra è mostrato nelle figure. Tenendo in considerazione queste figure, Padovani (2002) ha mostrato che è fondamentale comprendere cosa le diverse survey possano stabilire o meno e quali siano i loro limiti e limitazioni. In particolare, le survey con più di un flusso limite possono fornire un quadro completo della popolazione di blazar solo se i limiti aggiuntivi sono relativamente vicini ad uno dei bordi della regione occupata dai blazar nello spazio dei parametri. Un certo numero di survey completate negli ultimi anni o attualmente ancora in via di completamento sta indagando sui blazar più comuni, meno luminosi e potrà svelare il grosso della popolazione dei blazar. Tuttavia, prima di trarre conclusioni sulla demografia dei blazar, è opportuno aver cura di prendere in considerazione le limitazioni di queste survey e quali regioni dello spazio dei parametri dei blazar stanno campionando. 1.8 Perché studiare i Blazar Abbiamo visto che le caratteristiche tipiche dei blazar e la presenza di emissione amplificata consentono di studiare in maniera più approfondita la regione centrale degli AGN, rendendo quindi possibile indagare sui meccanismi attualmente poco conosciuti responsabili dell’estrazione di energia non termica dal buco nero supermassivo e della collimazione e accelerazione dei jet relativistici. In aggiunta, i blazar sono sorgenti ideali per studi multifrequenza poiché la loro emissione si distribuisce su almeno 20 ordini di grandezza dello spettro elettromagnetico, dalla banda radio ai raggi γ di alta energia. Osservazioni ripetute consentono di raffinare i modelli teorici dei meccanismi di emissione della radiazione per poter comprendere soprattutto le caratteristiche principali di questa classe di oggetti. Inoltre, annoverata tra queste caratteristiche peculiari, esiste un problema aperto concernente l’evoluzione dei BL Lac. È stato documentato che i BL Lac hanno proprietà cosmologiche che differiscono sia da quelle dei FSRQ che da tutte le altre categorie di AGN. In pratica, sebbene gli studi siano basati su un esiguo numero di campioni, oltretutto di piccole dimensioni (30-50 sorgenti), è stato visto che gli LBL non mostrano evoluzione, mentre gli HBL sembrano mostrare un’evoluzione negativa, ovvero sono meno numerosi oppure meno luminosi ad alto redshift. È interessante far notare come le loro proprietà cosmologiche rendano gli HBL unici nel 1.8 Perché studiare i Blazar 43 panorama delle sorgenti extragalattiche in quanto differiscono totalmente da quelle mostrate dagli AGN broad emission line, sia di tipo radio-loud che radio-quiet, per i quali invece è stata trovata una evoluzione fortemente positiva. È opportuno far notare però che questi risultati sono ad un livello di significatività non molto elevato. Quindi sono sicuramente indispensabili ulteriori indagini che si basino su grandi campioni di BL Lac per poterne studiare meglio le caratteristiche evolutive. Un’altra importante discussione in atto concerne la separazione tra i blazar e le radio galassie cosı̀ come quella della divisione dei blazar in sottoclassi (BL Lac e FSRQ), che attualmente non è basata su solidi argomenti fisici. Un passo verso una classificazione dei blazar stringente dal punto di vista fisico potrebbe venire dalla selezione dei blazar in termini dell’aspetto globale della Distribuzione Spettrale di Energia, cosı̀ da tener conto delle proprietà della loro emissione totale. I blazar sono anche sorgenti totalmente “imprevedibili” ed esibiscono variabilità su quasi tutti i tempi scala e lunghezze d’onda. Un articolo Sky&Telescope degli anni ’80 li ha per questo soprannominati “viscious little dots”. È quindi importante uno studio approfondito su questa classe di sorgenti per capire cosa può essere considerato “normale” per ciascun oggetto. Infine, nonostante la densità spaziale relativamente bassa di questo tipo di sorgenti, la forte emissione sull’intero spettro elettromagnetico rende i blazar dei plausibili candidati a contribuire in maniera significativa ai fondi cosmici extra-galattici a quelle frequenze in cui il meccanismo di accrezione non produce molta radiazione. Questi fondi extra-galattici saranno quindi composti in larga parte da radiazione non termica generata in ambienti di tipo sincrotrone/Compton Inverso. In particolare, i blazar sono le sorgenti extra-galattiche dominanti nella regione delle microonde, dove è localizzato il picco della CMB. Infatti, radio sorgenti di questo tipo mostrano un andamento spettrale che non differisce molto da quello dello spettro della CMB prima e dopo il suo picco di potenza nel range di frequenza 50-200 GHz. Per questo motivo i blazar possono “contaminare” le mappe della CMB ed essere quindi confusi con fluttuazioni della CMB se sono abbastanza luminosi da essere rivelati da esperimenti di CMB (per dettagli, Giommi & Colafrancesco 2004; Giommi & Colafrancesco 2005; Giommi et al. 2006). 44 Proprietà Generali degli AGN Radio-Loud e Caratteristiche dei Blazar Capitolo 2 Survey Radio profonde: NVSS e ATCAPMN So Einstein was wrong when he said God does not play dice. Consideration of black holes suggests, not only that God does play dice, but that He sometimes confuses us by throwing them where they can’t be seen. - Stephen Hawking 2.1 NRAO VLA SKY SURVEY NRAO è un osservatorio radioastronomico americano gestito a Charlottesville (Virginia, USA), che annovera tra i suoi strumenti un radiotelescopio a Green Bank e il Very Large Array (VLA). Il VLA è un grande radio-interferometro fondato sul principio della sintesi di apertura, situato nei pressi di Socorro, New Mexico. Usa 27 paraboloidi, ognuno di 25 m di apertura, disposti lungo un binario a forma di Y, con due bracci lunghi 21 m e l’altro 18.9 m. Ha una risoluzione massima di 0.05 arc sec ad una lunghezza d’onda di 1.3 cm e di 1 arc sec alla lunghezza d’onda di 6 cm. Vale la pena a questo punto spendere due parole per descrivere il principio di sintesi di apertura: si tratta di un tecnica radioastronomica, sviluppata intorno al 1950 in Inghilterra ed Australia a , per far simulare ad un gruppo di radiotelescopi la potenza di uno strumento di diametro molto maggiore. Varie antenne paraboliche, intera Il primo telescopio ad usare questo accorgimento costruttivo fu il telescopio Ryle 46 Survey Radio profonde: NVSS e ATCAPMN connesse a coppie, sono collegate elettronicamente per osservare la stessa parte del cielo. In conseguenza della rotazione terrestre, ogni coppia traccia un anello che simula quello di un’antenna più grande, con un diametro pari a quello della distanza tra le due antenne. Alcune antenne possono essere mobili, in modo da simulare radiotelescopi di diametri diversi. Quindi mentre la Terra ruota, la schiera di radiotelescopi esplora un arco corrispondente a una parte della superficie di un ”supertelescopio” inesistente con un apertura di vari chilometri. Le informazioni ricevute da tutti i telescopi della schiera vengono registrate e poi combinate per mezzo di un computer per riprodurre un’immagine del cielo (una sintesi) corrispondente all’immagine che produrrebbe un tale supertelescopio. In pratica la simulazione non è mai perfetta, ma in questo modo si può comunque ottenere un’informazione decisamente superiore a quella che potrebbe produrre un qualsiasi strumento della schiera, considerato isolatamente. Il catalogo NVSS copre il cielo Nord di DEC b = −40 ◦ (82% della sfera celeste) a 1.4 GHz. I principali dati prodotti da NVSS sono: 1. un set di 2326 ”cubi” continui di 4 ◦ x 4 ◦ con tre piani contenenti immagini Stokes I,Q ed U; 2. un catalogo di quasi 2 milionic di sorgenti discrete più forti di una densità di flusso S di circa 2.5 mJy. 3. set processati di dati (u,v). Ogni immagine grande è stata costruita da più di 100 ”istantanee” più piccole. Tutti i set di dati (u,v) editi e calibrati per singola sorgente usati per produrre le ”istantanee”, che hanno contribuito alle immagini più grandi, sono state combinate in un singolo (u ,v) file multi-sorgenti per gli utenti che hanno interesse a studiare i dati alla base delle immagini. Le immagini hanno tutte una risoluzione angolare FWHM di 45 arc sec per produrre la sensibilità per la brillanza superficiale necessaria per la completezza e l’accuratezza fotometrica. Le rms delle loro fluttuazioni in luminosità sono approssimativamente di 0.45 mJy/beam = 0.14 K (Stokes I) e di 0.29 mJy/beam = 0.09 K (Stokes Q ed U). Le incertezze rms in RA e DEC variano da < 1 arc sec per le 400,000 sorgenti più forti (S>15 mJy) a 7 arc sec per le sorgenti più deboli rilevabili (S = 2.3 mJy). Il limite di completezza è circa 2.5 mJy. NVSS è stato realizzato per fornire un servizio alla comunità astronomica e i dati principali, il software per l’utente ed eventuali update sono stati distribuiti via World-Wide Web da un b c declinazione J2000.0 più di 1.8 milioni nell’intera survey 2.2 ATCA catalogue of compact PMN sources 47 anonimo FTP appena sono stati prodotti e verificati. Per informazioni più complete su NVSS, fare riferimento al sito ufficiale : http://www.cv.nrao.edu/nvss/ Una panoramica esauriente su NVSS si può trovare in Condon et al. (1998). 2.2 ATCA catalogue of compact PMN sources L’Australia Telescope National Facility (ATNF) sostiene la ricerca nel campo della radioastronomia in Australia. Amministrato dal CSIRO, Australia’s national scientific research organisation, è sovvenzionato dal governo australiano. L’ATNF gestisce l’Australia Telescope, che si compone del Australia Telescope Compact Array (ATCA) a Narrabri e dei radio telescopi Parkes, vicino Alectown, e Mopra, vicino Coonabarabran. Questi telescopi possono essere utilizzati insieme come un long baseline array per la Very Long Baseline Interferometry. L’Australia Telescope Compact Array (ATCA), al Paul Wild Observatory, è un radiointerferometro a sintesi di apertura (come il VLA). È un array di 6 antenne da 22 m. È localizzato a 25 km ad ovest della città di Narrabri nella zona rurale a circa 500 km a nord-est di Sydney. Tra le principali caratteristiche di ATCA si segnala la sua capacità di operare in banda larga. Attualmente l’ATCA è in una fase di upgrade significativo: si stanno infatti installando nuovi sistemi riceventi che permetteranno osservazioni a frequenze tra 30 e 50 GHz, ovvero in lunghezze d’onda tra 6 e 10 mm. Questa sarà la prima volta per un telescopio a sintesi di apertura nell’emisfero australe. Lo stesso sito ospita anche il Sydney University Stellar Interferometer (SUSI), gli IPS Space Services e la stazione di astrosismologia solare della Università di Birmingham. L’ATCA catalogue of compact PMN (Parkes-MIT-NRAO) sources in Tasker (2000) è una lista di posizioni di sorgenti compatte PMN misurare dall’ATCA da Niven Tasker nel Febbraio 1995. Il catalogod contiene misurarioni di posizioni e flussi per le diverse sorgenti a 4800 MHz e a 8640 MHz. d disponibile sul sito http://www.atnf.csiro.au/resources/catalogues/pmn atca 48 Survey Radio profonde: NVSS e ATCAPMN Capitolo 3 La ROSAT ALL SKY SURVEY I believe that only scientists can understand the universe. It is not so much that I have confidence in scientists being right, but that I have so much in nonscientists being wrong. - Isaac Asimov ROSAT ha condotto la prima panoramica del cielo nei raggi X soffici (0.1 - 2.4 keV; 100 - 5 Å) e nell’estremo ultravioletto (0.025 - 0.2 keV; 500 - 60 Å) utilizzando telescopi per imaging (Trümper 1983; Aschenbach 1988; Wells et al. 1990; Kent et al. 1990). ROSAT è l’acronimo per Röntgenstrahlen Satellit (satellite nei raggi X). È un satellite in comproprietà tedesca-britannica-americana per l’astronomia X, lanciato il 1 giugno 1990. Ha visto la prima luce il 16 giugno 1990 (Truemper et al. 1991). Le successive 6 settimane sono state dedicate alla fase di calibrazione e verifica, ma già includevano una piccola frazione della sky survey. La parte principale della survey è iniziata il 30 luglio 1990 ed è durata fino al 25 gennaio 1991. Una striscia del cielo che non era stata coperta dalle osservazioni, a causa di problemi operativi in gennaio, era stata successivamente osservata nel Febbraio e nell’Agosto 1991. L’exposure time totale della survey è di 1.031x10 7 s o 119.36 giorni. I dati ottenuti fino al 1991 sono alla base dei cataloghi BSC (Bright Source Catalogue) e FSC (Faint Source Catalogue). La strategia alla base della survey di ROSAT era di osservare il cielo in grandi cerchi i cui piani erano orientati approssimativamente in maniera perpendicolare alla direzione del sole. Come risultato, l’exposure time variava da circa 400 s a 40000 s, rispettivamente all’e- 50 La ROSAT ALL SKY SURVEY F 3.1. ROSAT ALL Sky Survey in coordinate galattiche. I diversi colori indicano la diversa esposizione delle aree di cielo osservato: l’exposure time varia da circa 400 s a 40000 s, rispettivamente all’eclittica equatoriale ed ai poli. clittica equatoriale ed ai poli. Durante i passaggi attraverso le zone aurorali e all’Anomalia Sud Atlantica, era necessario spegnere i Position Sensitive Proportional Counters (PSPC), il che ha comportato una diminuzione dell’esposizione per parti di cielo. Per exposure time superiore a 50 secondi la copertura del cielo era pari al 99.7% per osservazioni fino al 1991. Il ROSAT All-Sky Survey Bright Source Catalogue (RASS-BSC, o 1RXS) deriva dalla all-sky survey durante la prima metà dell’anno 1990/91 della missione ROSAT. Il catalogo contiene 18811 sorgenti tali che abbiano: - il ROSAT PSPC count-rate fino a 0.05 cts s−1 nella banda di energia 0.1 -2.4 keV; - la detection likelihood pari a 15; - almeno 15 conteggi. Le 18811 sorgenti sono state sottoposte sia ad una procedura di validazione automatica sia ad un processo di verifica per ispezione visuale nel quale sono stati verificati i risultati dello standard processing per il 94% delle sorgenti. Il restante 6% è stato analizzato con metodi interattivi ed è stato assegnato un flag alle sorgenti nei seguenti casi: - sorgenti vicine; - sorgenti con errori posizionali; - sorgenti estese; - sorgenti che mostrano una struttura complessa di emissione; 51 - sorgenti ”mancate” dal software di analisi standard. Sono inoltre disponibili immagini in banda larga (0.1 -2.4 keV) per le sorgenti flagged come estese, con emissione complessa o con errori posizionali. Sono forniti per ciascuna sorgente il nome ROSAT, la posizione in coordinate equatoriali, l’errore della posizione, l’exposure time, due hardness-ratio con i relativi errori, l’estensione, la la likelihood dell’estensione, la detection likelihood e il raggio di estrazione della sorgente. Il catalogo presenta una copertura del cielo del 92% ad un limite di brillanza pari a 0.1 cts s−1 (8,547 sorgenti). La tabella delle possibili identificazioni dei candidati e le immagini in banda larga sono disponibili in formato elettronico (Voges et al. 1999) a . Il ROSAT All-Sky Survey Faint Source Catalogue (RASS-FSC) (Voges et al. 2000a) deriva dalla all-sky survey della missione ROSAT nella banda di energia 0.1-2.4 keV e contiene 105 924 sorgenti, costituendo l’estensione “debole” naturale del RASS-BSC. Le sorgenti hanno almeno 6 fotoni ed una detection likelihood, -ln (1-P), pari almeno a 7, dove P rappresenta la probabilità di rilevamento della sorgente. Nel catalogo sono forniti per ciascuna sorgente il nome ROSAT, la posizione in coordinate equatoriali con il relativo errore, il count rate della sorgente ed il suo errore, il count rate del background, l’exposure time, la data di osservazione, due hardness-ratio con i relativi errori, l’estensione, la likelihood dell’estensione e la detection likelihood. La tabella delle possibili identificazioni dei candidati e le immagini in banda larga sono disponibili in formato elettronico (Voges et al. 2000b) b . http://wave.xray.mpe.mpg.de/rosat/catalogues/rassbsc http://wave.xray.mpe.mpg.de/rosat/catalogues/rass-fsc/ o anche via ftp anonimo (host ftp.xray.mpe.mpg.de, directory rosat/catalogues/rass-fsc) a b 52 La ROSAT ALL SKY SURVEY Capitolo 4 La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY Some day you will find me Caught beneath the landslide In a champagne supernova in the sky - Noel Gallagher Le caratteristiche principali della Sloan Digital Sky Survey sono ampiamente riassunte in Stoughton et al. (2002) (nel seguito indicato come EDR paper); in essa sono descritti i mezzi con cui i dati della survey sono distribuiti alla comunità astronomica; inoltre contiene informazioni esaustive sull’hardware usato per ottenere i dati, il software usato per processarli, le quantità misurate per ciascun oggetto ed è in grado di fornire una panoramica sulle proprietà dei dati della EDR (Early Data Release), una primitiva distribuzione di dati che ha analizzato circa 462 gradi quadri, rilevando 14 milioni di oggetti ed all’incirca 54008 spettri. La SDSS è una survey ottica fotometrica e spettroscopica che si propone di mappare metà del cielo Nord e qualche piccola fascia del cielo Sud (quindi si tratta in totale di approx. un quarto della Sfera Celeste, 10000 gradi quadri circa), producendo una quantità di dati che si stima in 15 TB e collezionando gli spettri di all’incirca 10 6 galassie, 100000 quasar, 30000 stelle e 30000 fortunose scoperte. Nel luglio 2001, la SDSS ha distribuito alla comunità scientifica i primi dati ufficiali, noti come EDR appunto, ottenuti dopo il cosiddetto periodo di commissionamento, durante il quale sono stati testati i vari apparati e le varie procedure del sistema di campionamento e analisi dei dati. Nel Marzo 2003 è stata divulgata la DR1 (Abazajian et al. 2003), circa il 20% dell’intera survey, nel Marzo 2004 la DR2 (Abazajian 54 La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY et al. 2004), che copre un’area di cielo pari circa al 35% del progetto della SDSS, il 27 settembre 2004 la DR3 (Abazajian et al. 2005), nel luglio 2005 la DR4 (Adelman-McCarthy et al. 2006) ed infine nel luglio 2006 la DR5 (Adelman-McCarthy et al. 2007a). La SDSS ha completato la prima fase di operazioni (SDSS-I) nel giugno 2005. In 5 anni, SDSS-I ha ottenuto immagini di oltre 8,000 gradi quadri di cielo in cinque bande passanti, scoprendo circa 200 milioni di oggetti celesti e misurando gli spettri di oltre 675,000 galassie, 90,000 quasars ed 185,000 stelle. Questi dati hanno supportato studi che spaziano dalla ricerca di asteroidi e stelle vicine alla struttura su larga scala dell’Universo. La SDSS è entrata in una nuova fase, SDSS-II, che finirà nel giugno 2008. Con un consorzio che include attualmente 25 istituti del mondo, SDSS-II porterà avanti tre survey distinte: la Sloan Legacy Survey, SEGUE e la Sloan Supernova Survey , per rispondere a quesiti fondamentali sulla natura dell’Universo, l’origine di quasar e galassie e la formazione e l’evoluzione della nostra Galassia, la Via Lattea. In particolare, la Sloan Legacy Survey comprenderà una scansione continua di 7,500 gradi quadri del Cielo Nord ad alta latitudine, un totale di 740 gradi quadri della Calotta Sud Galattica (3 stripes) e gli spettri di 860,000 galassie e di 105,000 quasars. SEGUE (Sloan Extension for Galactic Understanding and Exploration) mapperà invece la struttura della Via Lattea. Infatti, anche se ad alta latitudine, la SDSS ha compiuto tantissime scoperte sulla Galassia, rivelando nuove strutture nell’alone stellare galattico. SEGUE includerà 3,500 gradi quadri di nuova fotometria, una parte della quale su una griglia regolare che estesa sul Piano Galattico e alcuni campionamenti di strutture come il Sagittarius Dwarf Tidal Stream. SEGUE otterrà anche gli spettri di 240,000 stelle, con accuratezza per la velocità radiale tipicamente di 10 km s−1 e per l’abbondanza chimica tipicamente di 0.3 dex. Questi dati getteranno nuova luce sulla struttura della Galassia, sulla formazione dei suoi componenti principali e sui processi stellari che producono gli elementi della tavola periodica. La Sloan Supernova Survey si propone di scoprire diverse centinaia di supernovae di Tipo Ia per misurare la storia dell’espansione dell’Universo. Nei tre mesi in cui la Calotta Sud Galattica è visibile per l’osservazione, la survey scansionerà ripetutamente un’area di 300 gradi quadri per scoprire e misurare oggetti variabili e supernovae. Le scoperte di supernovae vengono immediatamente annunciate per permette il follow-up con altri telescopi. Grazie alla sua combinazione di apertura e campo di vista, il telescopio SDSS-II si trova ad essere posizionato in maniera unica per scoprire supernovae nel range di redshift 0.1-0.4, colmando la lacuna tra survey locali e survey esistenti pianificate a redshift maggiori. Dopo una sola stagione di operazioni, la Sloan Supernova Survey ha scoperto 139 supernovae di Tipo Ia confermate, uno dei campioni più vasti mai compilati di supernovae in un singolo programma osservativo. Il dataset complessivo sarà fondamentale per studiare 4.1 Apparato Sperimentale 55 le proprietà della Energia Oscura, e allo stesso modo indagherà su molti aspetti della fisica delle supernovae e la variabilità intrinseca dei quasar. Il 28 giugno 2007 la SDSS ha rilasciato 10 Tb di dati con la prima release della seconda fase operativa, la DR6 (Adelman-McCarthy et al. 2007b). Prima di esaminare le differenze tra le varie distribuzioni di dati attualmente disponibili, che non riguardano solo una diversa copertura della Sfera Celeste, si ritiene opportuno fornire una breve descrizione dell’hardware e del software della SDSS. 4.1 Apparato Sperimentale Brevemente, la survey utilizza un telescopio dedicato di 2.5 m, con un campo visuale di 3 ◦ , situato presso l’APOa , New Mexico. Il telescopio ha montati due strumenti: una fotocamera CCD che raccoglie i dati in modo Drift-Scan (noto anche come TDI b ) quasi simultaneamente in cinque bande fotometriche (ugriz) c e un paio di doppi spettrografi che usano fibre ottiche per raccogliere simultaneamente 640 spettri di oggetti opportunamente selezionati dai dati fotometrici. Le immagini fotometriche sono prese durante notti di condizioni ottimali (buon seeingd , luna nuova), mentre la spettroscopia è fatta in quelle notti che si possono considerare meno che perfette. I dati sono fotometricamente calibrati utilizzando un ulteriore telescopio di 20 pollici di diametro e , noto come PTf o MTg , localizzato vicino al sito del telescopio principale. I dati sono quindi processati attraverso una serie di pipelinesh interdipendenti, che scoprono gli oggetti nelle immagini, misurano le loro proprietà, applicano una serie di calibrazioni fotometriche e astrometriche, selezionano gli oggetti che poi successivamente saranno sottoposti alla spettroscopia, estraggono e calibrano gli spettri e ricavano redshift e tipo spettrale dagli spettri. Il sistema di acquisizione dei dati registra le informazioni dalla fotocamera CCD, dagli spettrografi e dal PT; i dati sono successivamente trasferiti via nastro magnetico e un picApache Point Observatory Time Delay Integration c approx. copre una banda da 3000 a 11000 Å d qualità della visione e 0.5 m f Photometric Telescope g Monitor Telescope h pipeline: programma computerizzato che processa dati digitalizzati con lo scopo di estrarre da essi un certo tipo di informazioni a b 56 La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY F 4.1. Schema dell’interno del telescopio SDSS. Fonte: SDSS colo volume del campione è spedito su internet i . Ciascun sistema fa uso di report filesj per seguire le osservazioni. 4.2 Note tecniche sugli strumenti Dato che il telescopio SDSSk dovrà mappare un quarto dell’intero cielo, esso deve produrre immagini a fuoco di un grande campo visivo. Molti telescopi moderni, come i maestosi telescopi Keck di 10 m alle Hawaii, sono utilizzati per osservare piccole regioni alla volta. Per poter osservare un’ampia area del cielo in una sola volta, il telescopio SDSS ha richiesto pertanto una differente e complessa tecnologia costruttiva. L’interno del telescopio è dominato da due specchi riflettenti. La luce viene riflessa dagli specchi in un sistema di messa a fuoco, che include due lenti correttive per minimizzare la distorsione. Il diagramma in Figura 4.1 mostra come la luce incidente colpisce lo specchio primario del diametro di 2.5 m, rimbalza indietro e colpisce lo specchio secondario più piccolo (1.08 m), quindi è riflessa indietro attraverso un foro nello specchio principale. La luce passa attraverso la prima lente correttiva e successivamente attraverso la seconda lente sul piano della fotocamera. Il telescopio può prendere immagini nettamente a fuoco da un’area di 3 ◦ , pari al diametro di 30 lune piene. Sebbene il suo progetto sembri quello di un tipico telescopio Cassegrain, le superfici degli specchi hanno una forma differente e il sistema di focalizzazione usa un elemento N.d.A. ovviamente solo i collaboratori SDSS hanno la password per accedere a questi primi dati archivi k N.d.A. con questa dicitura ci si riferisce al telescopio del diametro di 2.5 m i j 4.2 Note tecniche sugli strumenti 57 correttivo addizionale. La sistemazione del telescopio è altrettanto unica. Molti telescopi sono tenuti dentro una cupola, che possiede una piccola apertura per l’osservazione. Tuttavia, questo congegno spesso fa sı̀ che il calore rimanga intrappolato all’interno della cupola durante il giorno. Quando il calore è ceduto durante la notte, la sua fuga causa turbolenze d’aria che offuscano le immagini riprese dal telescopio. Per ovviare questo inconveniente, il telescopio SDSS è completamente rimosso dal suo sito e porta con sé una sua protezione contro il ventol . In aggiunta al telescopio principale, SDSS usa il PT per monitorare i sottili cambiamenti della temperatura e della pressione atmosferica durante lo svolgimento della survey. Queste informazioni consentono agli astronomi di calibrare la luminosità di un oggetto, misurata con il telescopio principale. La fotocamera CCDm montata sul telescopio SDSS è probabilmente la più complessa fotocamera mai costruita. Essa consiste di due array: uno fotometrico che include 30 2048 x 2048 SITe/Tektronix CCD, con pixels di 24 µm, ciascuno di 2 pollici quadrati, con un’area fotografica effettiva di 720 cm2 , ed uno astrometrico che usa 24 400 x 2048 CCD con gli stessi pixels. Lo strumento è quindi un mosaico di 54 CCD sul piano focale del telescopio principale. I 30 rivelatori fotometrici sono disposti in 6 colonne di 5 chip ciascuna in modo che due scansioni successive coprano una striscia di cielo ampia 2.5 ◦ . Gli scienziati hanno rinchiuso ciascuna colonna di 5 dispositivi in un dewar n . Per aumentare la sensibilità, ciascun dewar è raffreddato con azoto liquido a −80 ◦ C. Ciascun CCD è composto da oltre quattro milioni di elementi ”fotografici”, che emettono elettroni quando viene assorbita la luce. Gli elettroni sono a loro volta amplificati in segnali elettronici che possono essere digitalizzati, registrati su nastri magnetici ed infine introdotti in un computer. Una notte di osservazione produce circa 200 GB di dati su una dozzina di nastri. Ciascuna delle cinque file di CCD riceve la luce attraverso un filtro di differente colore, cosı̀ ciascuna fila registra la luminosità di un oggetto in un colore diverso. I 24 CCD astrometrici, invece, sono montati sulla periferia del piano focale; essendo chip più piccoli, il tempo di esposizione effettivo è di solo 11 secondi, cosı̀ la survey può osservare stelle più luminose senza saturazione. Le posizioni di queste stelle luminose o sono necessarie per confrontare gli oggetti presenti nei cataloghi astrometrici usati da astrom p . una scatola metallica tutt’intorno il tubo del telescopio si tratta di sensori elettronici per il rilevamento della luce in silicio chiamati Charge-Coupled Devices (dispositivi ad accoppiamento di carica) n camera a vuoto sigillata o dette anche candele standard p vedi la sezione DATA PROCESSING SOFTWARE l m 58 La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY F 4.2. Fotocamera CCD. Fonte: SDSS Il disegno in Figura 4.2 mostra schematicamente una panoramica della fotocamera CCD. Diversamente dalle fotocamere tipiche, questa non scatta fotografie ferme. Anzi, il telescopio è ”parcheggiato” in una posizione fissa e, mentre la Terra ruota, il cielo si muove dentro la fotocamera dall’alto verso il basso. Gli elettroni emessi dalla luce incidente si muovono lungo i CCD alla stessa velocità con cui il cielo si sposta dentro la fotocamera, assicurando che il segnale provenga sempre dagli stessi oggetti. Quando un elettrone in movimento urta il bordo del CCD, viene ”letto” attraverso gli amplificatori. Questa estrazione è fatta continuamente e produce come risultato lunghe, strette righe, dette strips, del cielo fotografato in una osservazione. Dato che c’è un certo spazio tra i CCD, per poter avere un’immagine completa, il telescopio deve essere spostato di un poco e viene fotografata una seconda strip, leggermente sfasata rispetto alla prima. Una coppia di strips è quindi combinata in una singola stripe, che non ha spazi vuoti. Ulteriori informazioni sulla fotocamera CCD della SDSS si possono trovare in Gunn et al. (1998). Ci sono due spettrografi identici, entrambi permanentemente montati sul retro del telescopio SDSS. Gli astronomi SDSS forano una lastra di alluminio, detta plate nella nomenclatura SDSS, in 640 punti: ciascun foro corrisponde alla posizione di un oggetto selezionato per la spettroscopia, i.e una stella, una galassia, un quasar. In ciascun foro viene 4.3 Data Processing Software 59 poi alloggiato un cavo a fibre ottiche. Ciascuno spettrografo monta 320 fibre, tutte in silice UV-enhanced con un diametro interno di 180 µm. Le fibre catturano la luce da 640 oggetti simultaneamenteq e le inviano ai due spettrografi, che la separano nei diversi colori che la compongono e gli spettri risultanti sono quindi registrati usando opportuni CCD. Il range spettrale è tra 3800-9200 Å con una risoluzione di 1800-2100, utilizzando sottili 2048x2048 CCD Tektronix con pixels di 24 µm. Per migliorare la risoluzione dei dati spettrografici, la luce da ciascun oggetto è separata in una metà blu ed una metà rossa e lo spettro di ciascuna metà è registrato da un CCD separato. La separazione è ottenuta da un ”separatore di radiazione” con una speciale membrana, che riflette la metà blu mentre permette la trasmissione della metà rossa. Dato che la luce è stata separata, ogni osservazione spettroscopica origina quattro immagini: una rossa e una blu per lo spettrografo #1 ed analogamente per lo spettrografo #2. r Ciascun canale spettrografico (blu o rosso) è stato ottimizzato dopo che parte dell’ottica era stata corretta per piccole deviazioni di fabbricazione dai valori designati. Conseguentemente, ciascuno spettrografo risulta essere differente nei dettagli. I vari plates sono posizionati sul piano focale del telescopio, proprio come la fotocamera CCD. In una notte di buone condizioni per la spettroscopia, gli astronomi usano dai sei ai nove plates, ottenendo gli spettri di 5000 oggetti. 4.3 Data Processing Software È opportuno a questo punto fornire alcune informazioni sulla nomenclatura utilizzata dagli scienziati SDSS per descrivere i dati per poter poi comprendere come i dati sono processati. Il numero run designa una singola scansione continua del cielo da parte della fotocamera CCD della SDSS e una stripe è il cerchio massimo coperto da un run, ampia 2.5 ◦ . Tipicamente una scansione dura alcune ore. Ogni stripe si compone di due strips, separate in declinazione Nord/Sud cosı̀ che le scansioni sovrapposte delle sei colonne della fotocamera CCD coprono completamente la stripe. Una scanline sono i dati da un singolo set di CCD che investiga la stessa area di cielo. Ciascun set di 5 CCD è alloggiato in un singolo dewar: ogni dewar ha 6 set di CCD separati da circa l’80% della larghezza del CCD. L’area di cielo osservata dalle 6 colonne della fotocamera, dette anche camcols, è chiamata strip. Una data area di cielo è fotografata da due scansioni successive, bilanciata dalla larghezza di un CCD circa, per riempire una stripe. Il flusso dei dati di un singolo CCD in una scanline è tagliata 48 delle 640 fibre disponibili sono assegnate all’osservazione di oggetti spettroscopici standard per poter eseguire successivamente la calibrazione degli spettri registrati r per registrare le quattro immagini si usano 4 CCD del tipo specificato in precedenza q 60 La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY in una serie di frames di 2048 x 1489 pixels e si sovrappongono del 10% con i frames adiacenti. I frames nei 5 filtri della stessa parte di cielo sono indicati col nome di field. I dati dall’APO sono trasferiti al Fermilab via corriere espresso per essere processati e calibrati. All’APO si producono tre differenti gruppi di dati: - i dati acquisiti dalla fotocamera CCD; - i dati proveniente dal PT; - gli spettri registrati dagli spettrografi. I dati fotometrici sono processati con gli ”imaging pipelines”: astrom s esegue la calibrazione astrometrica; pspt caratterizza il comportamento della PSF u come funzione del tempo e della posizione nel piano focale; framesv trova, separa e misura le proprietà degli oggetti: poiché le informazioni per ciascun oggetto sono contenute in cinque frames, uno per filtro, in questo modo si processano insieme i frames di un unico field; nfcalib w applica le calibrazioni fotometriche agli oggetti. Questa calibrazione fa uso dei risultati del telescopio fotometrico processati con mtpipex . La combinazione tra psp e frames è a volte indicata come photoy . Run fotometrici individuali che si sovrappongono sono preparati per la spettroscopia nel seguente modo: resolve seleziona una primitiva risoluzione per gli oggetti che cadono in un’area di sovrapposizione; targetz seleziona gli oggetti per le osservazioni spettroscopiche; plateaa specifica le posizioni dei plates sulla sfera celeste e le posizioni dei punti in cui si perforerà ciascun plate per il successivo inserimento delle fibre spettroscopiche. I dati spettroscopici sono prima estratti e calibrati con spectro2d ab , quindi classificati con spectro1dac , che determina i redshift di assorbimento e di emissione e misura le righe astrometric pipeline postage stamp pipeline u Point Spread Function v frames pipeline w final calibration pipeline x monitor telescope pipeline y photometric pipeline z target selection pipeline aa plate pipeline ab 2d pipeline ac 1d pipeline s t 4.4 Differenze principali tra la DR1 e le successive Data Release 61 in ciascuno spettro. Le diverse release della SDSS hanno utilizzato successive versioni dei vari pipelines; i collaboratori SDSS continuano a sviluppare i vari programmi per il processamento dei dati, cercando soprattutto di migliorare i problemi conosciuti e le tecniche di calibrazione fotometrica. 4.4 Differenze principali tra la DR1 e le successive Data Release La DR1, cosı̀ come in precedenza EDR, confrontava ciascun oggetto della SDSS con l’oggetto più vicino in USNO-A2.0ad , utilizzando un raggio di confronto di 30 arc sec; DR2, invece, utilizza USNO-B1.0ae con un raggio di confronto di 1 arc sec. C’erano alcuni bug in DR1, risolti nella DR2 (dettagli in Abazajian et al. 2004): - calcolo errato di RA, ascensione retta, e DEC, declinazione, per quegli oggetti che erano rilevati solo nel filtro r, e.g. nane brune fredde e quasar con redshift superiore a 5.7; - calcolo errato delle magnitudini modello: l’immagine di ciascun oggetto rilevato in ciascuno dei cinque filtri durante la fotometria viene fittato con i profili radiali esponenziale e di De Vaucouleurs, con arbitrario rapporto tra gli assi e inclinazione, convoluto con il locale PSF. Tuttavia, questi fit usavano un modello incorretto di PSF, la qual cosa aveva causato errori sistematici nei parametri dei fit, specialmente per oggetti di piccola dimensione. Miglioramenti ulteriori nella DR2 rispetto alla DR1 riguardano principalmente i moti ad USNO-A2.0 è un catalogo di 526280881 stelle basato su una rimessa in ordine sistematica delle scansioni PMM (Precision Measuring Machine), che erano la base per USNO-A1.0. La maggiore differenza tra A2.0 e A1.0 sta nel fatto che mentre A1.0 usa Guide Star Catalog (Lasker et al. 1987) come punto di riferimento, A2.0 usa ICRF realizzato dall’USNO ACT Catalog (Urban et al. 1997). A2.0 fornisce informazioni sul moto proprio usando le POSS I. Per maggiori informazioni cfr. Monet & et al. (1998). ae USNO-B1.0 è un catalogo di tutto il cielo che raccoglie informazioni su posizione, moto proprio, magnitudini in varie bande passanti ottiche per 1042618261 oggetti derivati da 3643201733 diverse osservazioni. Si presuppone che sia completo fino a V=21, con accuratezza astrometrica di 0.2 arc sec a J2000, accuratezza fotometrica di 0.3 magnitudini e un’accuratezza dell’85% nel distinguere stelle da oggetti non prettamente stellari. USNO-B1.0 fornisce moti propri e posizioni basandosi su varie survey fotografiche Schmidt, principalmente POSS I e POSS II. Per informazioni più dettagliate cfr. Monet et al. (2003). 62 La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY propri e radiali di stelle e il deblendingaf di galassie luminose. Eccetto la copertura del cielo, i pipeline ed i database sono identici in DR5, DR4, DR3 e DR2. Quindi, la DR5 si può considerare con buona approssimazione un vero e proprio “superset” della DR4, che è un “superset” della DR3, che è a sua volta un “superset” della DR2. La DR2 include la rielaborazione di tutti i dati inclusi nella DR1 e di quei dati della EDR che hanno superato i criteri di qualità dei dati nella survey ufficiale. La DR6 è la prima release dalla DR2 ad avere cambiamenti significativi nel processing software, includendo miglioramenti nella calibrazione fotometrica, nella riduzione spettroscopica e per la prima volta offre nel catalogo parametri standard per atmosfere stellari, quali [Fe/H], log(g) e Te f f , e misure di indici di riga relativi a caratteristiche comuni alla velocità radiale di ciascuna stella. I cambiamenti maggiormente significativi nella spettrofotometria includono: - uma migliore spettrofotometria, ora calibrata sulle magnitudini di PSF non su quelle di filtro. La scala del flusso spettrofotometrico risulta quindi più brillante di 0.35 mag ovvero del 25%. - disponibilità di prodotti aggiuntivi quali esposizioni individuali di 15 minuti e spettri di cielo. Inoltre l’algoritmo per le dispersioni di velocità è stato modificato (cfr. Bernardi 2007) ed sono disponibili stime migliori di velocità radiali delle stelle. Inoltre, sono presenti nel database per la prima volta i risultati di due codici indipendenti per la stima del redshift e classificazione spettrale. Le principali caratteristiche dei dati distribuiti da SDSS con la DR4, i cui dati sono stati utilizzati nel presente lavoro di tesi, sono invece riassunte nelle tabelle delle pagine seguenti: i dati fotometrici in Tabella 4.1, quelli spettroscopici in Tabella 4.2. In aggiunta, la DR4 per la prima volta contiene 276 plates “extra” e “special”: - 61 “extra” combinazioni plate/MJD che sono osservazioni ripetute di 52 plates distinti della survey principale; - 206 distinti “special” plates, che sono osservazioni ripetute di target spettroscopici, per la maggior parte nella calotta sud, che sono stati selezionati della collaborazione SDSS per una serie di programmi scientifici specializzati (da notare che alcuni di questi plates sono esterni alla area sottoposta a scansione fotometrica dalla DR4); af processo per cui oggetti sovrapposti nelle immagini sono separati 4.4 Differenze principali tra la DR1 e le successive Data Release 63 - infine, 9 “extraspecial” osservazioni ripetute di “special” plates. Tra i problemi noti dalla DR2 e non risolti nella DR4 uno riguarda il filtro u. Esso ha una naturale perdita verso il rosso a 7100 Å che si suppone di bloccare con una membrana a interferenza. Tuttavia, nel vuoto del dewar, il taglio in lunghezza d’onda della membrana è spostato verso il rosso (vedi EDR paper), permettendo a parte di questa perdita di passare. L’estensione di questa contaminazione è diversa per ciascuna colonna della fotocamera CCD. Non è ancora completamente chiaro se si tratta di un effetto deterministico; c’è una certa evidenza che sia variabile da un run all’altro in condizioni simili in una data colonna della fotocamera. C’è una grande dispersione nella perdita verso il rosso per le stelle più rosse. Inoltre ci sono diversi buchi, holes nella nomenclatura SDSS, nella versione BEST del database che non si ritrovano nella versione TARGET ag, dovuto al fatto che l’ultima versione di photo finisce in time-out per molti fields che versioni precedenti del pipeline processavano senza problemi. In altre parole, se il pipeline fosse stato eseguito per un tempo più lungo, avrebbe portato a termine l’operazione con successo. Distribuzioni future includeranno questi dati. Gli oggetti rilevati nei fields segnati come holes ah non sono stati inclusi nella DR4. Uno studio del weak lensing con i dati fotometrici SDSS (Mandelbaum et al. 2005) ha scoperto un sistematico decremento del 5% nella densità numerica di oggetti deboli entro 90” di galassie luminose (r < 18). È stato scoperto che questo è dovuto ad una sovrastima del fondo cielo nelle vicinanze di oggetti luminosi, che ovviamente influenzerà tutte le quantità fotometriche misurate negli oggetti deboli, inclusa la classificazione come stelle o galassie. Maggiormente luminoso l’oggetto, maggiore sarà la sovrastima del fondo cielo; infatti, restringendosi a galassie di foreground più luminose di r = 16, la densità numerica di galassie più deboli risulta essere il 10% sotto la media. L’effetto è attribuibile al modo in cui sono stimati i livelli di fondo cielo nella SDSS: le isofote deboli più esterne di una galassia luminosa possono causare un bias verso valori più alti nella stima dei valori del fondo cielo (cfr. Stoughton et al. 2002). Si tratta di un problema rilevante per quegli studi che riguardano correlazioni nelle posizioni di oggetti brillanti con oggetti deboli, in quanto causa l’introduzione di una anticorrelazione spuria nelle scale affette dal problema. Inoltre esso riguarda anche la fotomeper la definizione di BEST e TARGET vedi la sezione successiva: DATI DISPONIBILI SU WEB DELLA SDSS ah 10 gradi quadri: 0.3% nella DR4 ag 64 La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY tria delle galassie brillanti stesse (cfr. Lauer et al. 2007; Bernardi et al. 2007; Lisker et al. 2007). Gli scienziati della SDSS stanno correntemente studiando il modo più opportuno di modificare i pipelines fotometrici per risolvere il problema. È stato recentemente riportato inoltre che stelle con colori estremi possono avere fotometria inconsistente a causa delle piccole differenze nella risposta fotometrica per diverse camcols (Ivezić et al. 2007). È stato rilevato un bug nel codice per la misura delle righe (in uso dalla DR3 in poi) che assegna valore nullo alla larghezza equivalente di alcune righe di emissione, anche se la riga è stata rilevata in maniera significativa. I dati in EDR e DR1 erano nominalmente corretti per l’assorbimento galattico. La spettrometria in DR2/DR3 è stata largamente migliorata rispetto alla DR1, ma gli spettri finali calibrati in DR2/DR3 non sono corretti per l’arrossamento galattico di foreground (che è stimato essere molto piccolo, con un valore mediano di 0.034 per E(B-V) su tutta la survey). Questo non è stato modificato per le successive data release. Si segnalano infine dei mismatch tra i dati spettroscopici e fotometrici: in effetti, per svariate ragioni, una piccola frazione di oggetti con spettroscopia non ha una controparte nel database fotometrico BEST. Inoltre, la DR4 non contiene informazioni fotometriche per alcuni degli ” plates. Anche la DR5 contiene 361 “extra” e “special” plates, una frazione dei quali non si trova nei dati fotometrici del database BEST. Per rendere disponibili questi dati fotometrici aggiuntivi, insieme alla DR5 è stata distribuita la DRsup (DR supplemental). Ugualmente per la DR6 ( 467 “extra” e “special” plates), che è stata distribuita insieme alla DR6sup. Ulteriori note sulla SDSS si trovano in Appendice A. 4.4 Differenze principali tra la DR1 e le successive Data Release F 4.3. Proiezione di Aitoff in coordinate equatoriali dell’area sottoposta a fotometria nella DR4. Fonte: SDSS T 4.1. DR4 - FOTOMETRIA Area Esaminata 6670 gradi quadri Catalogo di Immagini 180 milioni di oggetti unici Volume dei Dati immagini 7.5 TB cataloghi (DAS, formato fits )1.5 TB cataloghi (CAS, SQL database)3.0 TB Lunghezze d’onda medie u = 3551Å g = 4686 Å r = 6165 Å i = 7481 Å z = 8931 Å Magnitudini limite (95% della ripetibilità del rilevamento di sorgenti puntiformi) u = 22.0 g = 22.2 r = 22.2 i = 21.3 z = 20.5 Ampiezza del PSF mediana = 1.4 in r Calibrazione Fotometrica r = 2% u-g= 3% g-r= 2% r-i= 2% i-z=3% Astrometria < 0.1 rms per coordinata 65 66 La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY F 4.4. Proiezione di Aitoff in coordinate equatoriali dell’area sottoposta a spettroscopia nella DR4. Fonte: SDSS T 4.2. DR4 - SPETTROSCOPIA Area Spettroscopica 4783 gradi quadri Banda 3800-9200 Å Risoluzione 1800 Rapporto Segnale-rumore >4 per pixel at g=20.2 Accuratezza Redshift 30 km/sec rms per il main galaxy sample (da osservazioni ripetute) Magnitudini Limite per la selezione dei campioni Galassie: Petrosian r <17.77 Quasar: PSF i <19.1 Catalogo Spettroscopico Volume dei Dati 849,920 spettri, classificati in 565,715 Galassie 67,382 Quasar (redshift <2.3) 9,101 Quasar (redshift >2.3) 102,714 Stelle 50,373 stelle tipo M ed oltre 44,363 spettri di cielo 10,272 classe oggetti non identificati spettri calibrati (2d) 51 GB spettri, redshift, misure sulle righe (1d) 140 GB 4.5 Dati disponibili su web della SDSS 67 F 4.5. Panoramica sui dati e la loro distribuzione per SDSS EDR. La colonna più a sinistra contiene tutti i tipi di dati disponibili. La seconda colonna contiene i server che immagazzinano i dati. Notare che non tutti i dati prodotti si trovano su ciascuno dei server. La terza colonna contiene le interfacce previste per questi server. La scelta dell’interfaccia da usare si basa sui risultati che si vogliono ottenere, elencati nella quarta colonna. Fonte: EDR paper 4.5 Dati disponibili su web della SDSS Nella Figura 4.5 sono riassunti i prodotti finali dei dati per fotometria e spettroscopia, i tre database server usati per presentare questi dati alla comunità astronomica e le interfacce utenti sviluppate per aiutare gli astronomi a trattare e a lavorare effettivamente con i dati. La figura si riferisce all’EDR ma per le successive release ci sono poche differenze strutturali che saranno menzionate in seguito. I ‘”data products” descritti in figura sono: • ”Image Parameters”, ovvero posizioni, flussi e forme di tutti gli oggetti rilevati; • ”Spectroscopic Parameters”, ovvero redshift, classificazione spettrale e righe misurate per ciascun oggetto; • ”Color Images”, ovvero immagini JPEG costruite dai dati fotometrici nelle bande g, r ed i; • ”Images”, ovvero immagini FITS dei frames corrette dei cinque filtri, una mask che registra come ciascun pixel è stato utilizzato negli imaging pipelines, immagini bin- 68 La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY ned 4x4 dei frames corretti dopo che sono stati rimossi gli oggetti rilevati, immagini ”atlas”, che includono tutti i pixel significativi di ogni oggetto rilevato e le immagini GIF degli spettri, con le caratteristiche identificate ai ; • ”Spectra”, ovvero gli spettri, sottratti dal cielo, calibrati sul flusso e sulle lunghezze d’onda, con errori e maschere; • ”Other Data Products”, ovvero il numero degli oggetti caricati sui database, le sintesi delle condizioni d’osservazione per i fields fotometrici e per i plates spettroscopici, etc. F 4.6. L’organizzazione dello skyServer Sono stati costruiti tre database per immagazzinare le immagini e i dati spettroscopici: 1. il Catalog Archive Server, nel seguito CAS contiene i parametri fotometrici e spettroscopici misurati per tutti gli oggetti. È stato costruito con un object-oriented database server; ai righe di emissione, redshift, classificazione spettrale 4.6 Problemi informatici e protocolli di trasferimento 69 2. lo skyServer contiene informazioni del tutto identiche, ma è stato costruito con un relational database server: esso è stato progettato soprattutto a scopo divulgativo ed include sezioni per bambini, studenti delle scuole superiori o semplici appassionati di astronomia, cosı̀ come tool per professionisti (cfr. Fig 4.6); 3. il Data Archive Server, nel seguito DAS, è costruito come il CAS con un objectoriented database server e contiene tutti gli altri prodotti dei dati della survey, ovvero le immagini, gli spettri calibrati, etc. I dati in un database sono contenuti in Tables, organizzate in righe e colonne. Nel CAS sono state definite Views sulle Tables, che rappresentano uno speciale sottoinsieme della Table originaria. Molte Tables hanno uno o più indici che permettono di accelerare le ricerche sulle Tables stesse. Functions e Procedures contengono un certo numero di parametri per eseguire una sequenza di comandi predefinita. Generalmente, i loro nomi hanno f o sp come prefissi. Un elenco completo delle Tables, con il tipo di dati contenuti in ciascuna di esse, si trova nella sezione Schema Browser dello skyServer. Inoltre nelle DR4, DR5 e DR6 c’è una nuova Table nel CAS, photAuxAll, che contiene errori e covarianze per ascensione retta e declinazione cosı̀ come le coordinate galattiche per tutti gli oggetti. 4.6 Problemi informatici e protocolli di trasferimento Per eseguire ricerche con il CAS occorre utilizzare il protocollo SQL aj, il linguaggio ”ufficiale” dei database. Si possono però usare IQS ak e SQSal , due interfacce grafiche per la ricerca di dati fotometrici e spettroscopici. Dalla DR2 in poi sono parte integrante del CAS. Per ciascuna release esistono due diverse versioni del database fotometrico implementati nel CAS: BEST e TARGETam. BEST è il database di default e contiene i dati fotometrici del catalogo della più alta qualità possibile al tempo della distribuzione dei dati. TARGET contiene i dati fotometrici degli oggetti al momento in cui Target è stato eseguito. Se nuove osservazioni o calibrazioni migliori sono disponibili, i dati fotometrici sono riprocessati e confluiscono nel BEST database, ma non vengono riprocessati con Target. TARGET pertanto contiene i dati fotometrici congelati al tempo della selezione per la spettroscopia. Il CAS permette di visualizzare i risultati delle query in formato .html o di scaricarli in file .xtm o .csv. Le due Form Query, IQS e SQS, possono eseguire al massimo query con un time-out di 3600 secondi e che contengano al massimo 500000 oggetti, listati per righe. Per Structure Query Language Imaging Query Server al spectro Query Server am per amore di precisione: BESTDR4 e TARGETDR4 per la DR4 aj ak 70 La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY query più lunghe sul sito della DR4 è stato costruito un settore apposito: CasJobs Batch Query Services, dove l’utente crea un account, MyDB, con il quale può fare query in SQL di qualunque dimensione e senza limiti di tempo. Il risultato delle ricerche è scaricato nell’account MyDB. Ci sono altre interfacce web per effettuare query SQL al CAS, ma hanno tutte problemi di time-out e di numero di oggetti. Tra le interfacce web si segnala Navigate che, date RA e DEC, ritorna un’immagine a colori centrata nella posizione inserita, che volendo può essere facilmente stampata. Inoltre permette, tramite il tasto Explore, di ottenere tutte le informazioni fotometriche e spettroscopiche relative all’oggetto in esame. Un altro tool di facile utilizzo e che supporta una interfaccia grafica è radial search, che permette di ottenere la fotometria nelle cinque bande SDSS di oggetti osservati nelle vicinanze delle coordinate immesse dall’utente. Alternativamente si possono scaricare alcuni clients per effettuare query direttamente al CAS, come SDSS Query Analyzer (sdssQA), un GUI SQL query tool, che non ha problemi di time-out, ma può al massimo dare risultati di 18000 righe, SDSS Command Line Query Tool, uno script per operare SQL query dalla command-line oppure skyserver.el, che invece permette di fare SQL query da un emacs buffer. Il DAS contiene tutti i prodotti dei dati della survey, dalle immagini agli spettri. È accessibile via http a http://das.sdss.org/DR4/data o con la password dr4 tramite il server rsync a rsync://[email protected]/DR4. I file e le directories dentro DAS sono designati dai parametri identificatori SDSS dei dati desiderati: run/rerun/camcol/field per la fotometria; plate/MJD an /fiberIDao per la spettroscopia. Il modo più semplice di ottenere queste designazioni è di usare IQS o SQS. Mentre per la DR1 era possibile avere un link diretto con la DAS retrieval form per eseguire il download dei dati, gli utenti dalla DR2 in poi devono salvare i risultati della query in file .csv e fare manualmente l’upload su DAS retrieval form ap . Piccoli set di risultati possono essere scaricati come archivi .tar o .zip, mentre set più ampi (dai 10 file in su) devono essere scaricati utilizzando il protocollo rsync. Selezionato rsync come protocollo di download, quando i dati sono pronti, all’utente viene chiesto di scaricare un file chiamato sdss-rsync.lis nella directory locale in cui si vogliono poi immagazzinare i dati. Quindi nella Konsole di Linux si sceglie il path della directory scelta per il download e si esegue al prompt : ..>rsync -vtrLPR –copy-unsafe-links –include-from=sdss-rsync.lis rsync://dr4@rsync. sdss.org/DR4/ ./ per poter ricevere i file. Il sistema viene connesso al sever rsync SDSS che richiede una password, che è semplicemente ”dr4”. Il tempo di attesa varia in proporzione al numero di dati richiesti e agli utenti tempo giuliano d’osservazione numero identificativo della fibra che ha eseguito la spettroscopia dell’oggetto ap http://das.sdss.org/DR4-cgi-bin/DAS an ao 4.6 Problemi informatici e protocolli di trasferimento 71 collegati con il server rsync SDSS per scaricare i dati. Possono volerci anche alcune ore per scaricare i dati richiesti: per 10000 file, ad esempio, si impiega un’ora-un’ora e mezzo. Rsync è spesso installato per default su sistemi Unix o Linux aq , altrimenti può essere scaricato al sito http://samba.anu.edu.au/ftp/rsync/ per poi provvedere all’installazione nel sistema operativo; gli utenti Windows, invece, non possono scaricare ed eseguire direttamente rsync: infatti, deve essere prima installato cygwin, un emulatore di linux, scaricabile gratuitamente al sito http://www.cygwin.com/, che lavora sui sistemi Windows 32-bit da Windows 95 in poi con l’eccezione di Windows CE. Utenti Macintosh con OSX possono scaricare ed installare rsync come gli utenti Unix, mentre gli utenti con OS9.x non possono sfortunatamente utilizzare questo protocollo. Inoltre il server DAS ha un time-out di 20 minuti: non si possono processare query che impieghino più di 20 minuti. In questo caso, conviene spezzare la richiesta in richieste più piccole in modo che possano essere processate dal DAS. Indicativamente, se si sceglie rsync come metodo di download, la richiesta di 100 file è processata in 5 secondi, quella di 5000 file in 11 minuti, mentre richiedere 10000 file supera i 20 minuti prescritti perciò la richiesta va in time-out. Se si selezionano archivi .tar o .zip come metodo di download, il processamento della richiesta è sensibilmente più lungo, motivo per il quale si possono richiedere al massimo 10 file. In DR4, cosı̀ come in DR3 e DR2, mancano i redshift fotometrici per le galassie, che sono stati invece calcolati e caricati nel CAS per la DR5 e la DR6. Con la DR5 inoltre sono costruite delle coverage mask che permettono ai ricercatori interessati alla large-scale structure di calcolare agevolmente spettri di potenza e quantità correlate. aq per esempio, su Red Hat Linux 7.2 72 La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY Capitolo 5 2dFGRS e 2dFQSO A long time ago in a galaxy far, far away... - Star Wars (1977) Il Two Degree Field system (‘2dF’), il cui schema è mostrato in Fig. 5.1, è sicuramente lo strumento astronomico più complesso in dotazione all’Advanced Technology Telescope (ATT), e forse anche al mondo. È stato progettato per consentire l’acquisizione simultanea di fino a 400 spettri di oggetti in ogni punto in un campo del cielo entro 2 ◦ . Consta di un correttore di grande campo, un compensatore per la dispersione atmosferica, una gru robotica per il posizionamento di fibre ottiche a 0.3” e due spettrografi che possono allocare ciascuno 200 fibre per produrre spettri a bassa e media risoluzione. Un meccanismo rotolante con due plates di campo permette che il campo successivo sia configurato mentre il primo viene osservato. 5.1 2dF Galaxy Redshift Survey La 2dF Galaxy Redshift Survey (2dFGRS; Colless et al. 2001) è la survey spettroscopica principale ad approfittare delle potenzialità uniche del complesso 2dF costruito all’AngloAustralian Observatory. La 2dFGRS è integrata dalla 2dF QSO Survey (2dFQSO; Shanks et al. 2000). La 2dFGRS ha ottenuto spettri per 245591 oggetti, principalmente galassie, più luminose di una magnitudine nominale limite corretta per l’estinzione pari a B j=19.45. Sono stati inoltre misurati redshift affidabili (i.e con parametro quality ≥ 3) per 221414 galassie. Le 74 2dFGRS e 2dFQSO F 5.1. Schema del Two Degree Field system (‘2dF’), progettato per l’acquisizione simultanea di fino a 400 spettri di oggetti in un campo del cielo entro 2 ◦ . Consta di un correttore di grande campo, un compensatore per la dispersione atmosferica, una gru robotica per il posizionamento di fibre ottiche a 0.3” e due spettrografi che possono allocare ciascuno 200 fibre per produrre spettri a bassa e media risoluzione. Un meccanismo rotolante con due plates di campo permette che il campo successivo sia configurato mentre il primo viene osservato. galassie coprono un’area approssimativa di 1500 gradi quadri selezionati dalla estesa APM Galaxy Surveya in tre regioni: una strip “North Galactic Pole” (NGP), una strip “South Galactic Pole” (SGP) e campi “random” intorno alla strip SGP (cfr. Fig. 5.2). In Fig. 5.3 invece è mostrata la distribuzione delle galassie nella survey completata. I dati della survey sono stati utilizzati per studiare una serie di problemi fondamentali concernenti la formazione delle galassie e la cosmologia. Tra questi risultati si possono segnalare: • Una misura accurata dello spettro di potenza del clustering delle galassie su scale fino a 300h−1 Mpc, che permettono determinazioni precise della densità totale di massa dell’universo e della frazione barionica (Percival et al. 2001). La APM Galaxy Survey (Sutherland et al. 1988) contiene posizioni, magnitudini, grandezza e forme per circa 3 milioni di galassie selezionate dalle lastre fotografiche della UKST (UK Schmidt Telescope) Survey realizzata al complesso APM (Automatic Plate Measuring) a Cambridge, UK. L’UKST Survey ha fotografato tutto il cielo Sud utilizzando l’emulsione Kodak III-aJ con un’ampia banda passante blu, B j . La magnitudine limite tipica è B j = 22. Gran parte del cielo Sud è stato fotografato dall’UKST anche con l’emulsione III-aF e un filtro rosso, R. a 5.1 2dF Galaxy Redshift Survey 75 F 5.2. L’area coperta dalla 2dF Galaxy Redshift Survey è approssimativamente di 1500 gradi quadri selezionati dalla APM Galaxy Survey (in rosso) in tre regioni: una strip NGP, una strip SGP e campi random intorno alla strip SGP. I campi individuali della survey sono evidenziati da cerchi neri vuoti nella proiezione di Aitoff. L’equatore galattico è indicato da una linea verde. • Misura della distorsione del disegno di clustering nello spazio del redshift, che pone limiti indipendenti sulla densità totale di massa e sulla distribuzione spaziale della materia oscura (Peacock et al. 2001; Hawkins et al. 2003). • Un nuovo upper limit molto forte sulla massa totale del neutrino (Elgarøy et al. 2002) • In combinazione ad osservazioni della CMB, misure precise della costante di Hubble e della densità barionica, oltre all’evidenza dell’esistenza di una costante cosmologica non nulla (energia oscura) e limiti sulla equazione di stato di quest’ultima (Efstathiou et al. 2002; Percival et al. 2002). • Prime misure dirette del parametro di bias delle galassie, sia da correlazioni ad alto ordine nella distribuzione delle galassie (Verde et al. 2002) e dal confronto con lo spettro di potenza della CMB (Lahav et al. 2002). • Una caratterizzazione della funzione di luminosità delle galassie sia nell’ottico (Norberg et al. 2002b) che nell’infrarosso (Cole et al. 2001), con la misura nel primo caso del rate di formazione stellare attuale e nel secondo della funzione di massa stellare delle galassie. • Distribuzione delle galassie in funzione della luminosità totale della brillanza superficiale centrale (Cross et al. 2001). • Funzioni di luminosità per galassie di diversi tipi spettrali, sia nel campo (Folkes et al. 1999; Madgwick et al. 2002) che in ammassi (De Propris et al. 2003). 76 2dFGRS e 2dFQSO F 5.3. Distribuzione proiettata delle galassie nella survey completata, in funzione del redshift e dell’ascensione retta; le variazioni nella densità delle galassie con l’ascensione retta sono attribuibili a variazioni della larghezza effettiva delle strips NGP e SGP. • Variazione delle proprietà di clustering delle galassie in funzione della luminosità (Norberg et al. 2002a) e del tipo spettrale (Madgwick et al. 2003). • Limite alla storia cosmica di formazione stellare dallo spettro della galassia media nell’universo locale (Baldry et al. 2002) e dipendenza ambientale dei rate di formazione di galassie nelle vicinanze degli ammassi (Lewis et al. 2002). • Proprietà e funzioni di luminosità di radio-sorgenti di vario tipo (Sadler et al. 2002; Magliocchetti et al. 2002). • Proprietà di ammassi di galassie presedentemente identificati nella survey e stime dinamiche delle masse degli ammassi (De Propris et al. 2002). La final release della 2dFGRS comprende i seguenti elementi: • cataloghi fotometrici per intera survey (source catalogues), che contengono dati per 382323 sorgenti; • cataloghi spettroscopici per 245591 oggetti, con parametri spettroscopici quali redshift e tipo spettrale; • il database che permette la ricerca nei dati della release pubblica; • il software survey mask che permette di determinare se una data regione è coperta dalla survey, oltre alla magnitudine limite ed alla completezza della survey alla posizione desiderata; 5.1 2dF Galaxy Redshift Survey 77 • documentazione e materiali aggiuntivi quali immagini e filmati disponibili on-line. In particolare il database della 2dFGRS consta principalmente di tre parti: 1. Un set di FITS file, uno per ciascun oggetto del catalogo delle sorgenti (il catalogo fotometrico di input), che contiene tutte le informazioni relative a ciascuna sorgente osservata, le osservazioni spettroscopiche e le analisi successive. 2. Un Mini SQL (mSQL) database, che contiene tutti i parametri per ciascun oggetto e permette di effettuare ricerche complesse e di costruire sottoinsiemi di sorgenti, oltre al recupero di spettri e immagini per gli insiemi selezionati. 3. Una interfaccia www, che permette di organizzare ricerche nel database mSQL in diversi modi con differenti possibilità di output. Nel database finale dei FITS file ci sono 382323 oggetti, ciascuno associato al proprio FITS file. A ciascuna sorgente osservata è assegnato un numero seriale (SEQNUM) e il nome del FITS file associato all’oggetto è proprio questo numero seriale. Ciascun FITS file ha una parte principale contenente tutti i dati del catalogo delle sorgenti relative all’oggetto (in formato di keyword FITS) e una sky chart DSS (Digital Sky Survey) dell’oggetto stesso. La versione WWW del database contiene altresı̀ ulteriori immagini SuperCOSMOS. Le successive estensioni del FITS file contengono le osservazioni spettroscopiche e i parametri ottenuti per l’oggetto, in ordine cronologico. Ciascuna estensione spettrale contiene lo spettro dell’oggetto, l’array della varianza spettrale, lo spettro del medio cielo sottratto dallo spettro dell’oggetto osservato e varie keyword FITS che riportano informazioni inerenti l’osservazioni spettroscopica e i parametri derivati quali il redshift e la qualità dello spettro stesso. Molti file contengono diverse estensioni spettrali che corrispondono ad osservazioni ripetute della stessa sorgente. L’interfaccia WWW del database può visualizzare i risultati della ricerca nel database in formato HTML, oppure come file di testo compresso (gzipped ASCII) contente i parametri selezionati nella ricerca od ancora come archivio compresso (gzipped tarfile) dei file FITS degli oggetti selezionati nella ricerca. Se i risultati vengono visualizzati come tabella HTML, è possibile selezionare gli oggetti in maniera interattiva, in modo da poter accedere alle immagini ed agli spettri contenuti nel database. Se è stato possibile effettuare misure di redshift dagli spettri, il plot di ciascuno spettro evidenzia le caratteristiche spettrali predominanti al redshift associato con lo spettro. 78 2dFGRS e 2dFQSO Ulteriori informazioni sul contenuto del database possono essere trovati in Colless et al. (2001), che descrive la data release da 100k. Tuttavia, la release finale include cambiamenti e aggiunte rispetto alla data release da 100K. In particolare, il catalogo delle sorgenti nella release finale è maggiormente ”pulito” rispetto alla data release da 100k. Documentazioni aggiuntive ed aggiornamenti sulla survey e sul suo database sono disponibili sul sito http://www.mso.anu.edu.au/2dFGRS/Public/Release/Database/DBdescription.html 5.2 2dF QSO Survey F 5.4. La survey copre due strips in declinazione di 75 ◦ ×5 ◦ nel South Galactic Pole ed in una regione equatoriale vicino al North Galactic Pole. I campi individuali della survey sono evidenziati da cerchi neri vuoti. L’equatore galattico è indicato da una linea verde. I puntini neri indicano i QSO noti prima dell’inizio della survey (dal catalogo Veron-Cetty & Veron (2000). La 2dF QSO Survey (2dFQSO (2QZ); Shanks et al. 2000) copre due strips in declinazione di 75 ◦ × 5 ◦ , nel South Galactic Pole a declinazione −30 ◦ nel range di ascensione retta da 21h40 a 03h15 (SGP strip) ed in una regione equatoriale (declinazione 0 ◦ ) vicino al North Galactic Pole nella regione di ascensione retta da 09h50 a 14h50 (NGP strip o strip equatoriale), come mostrato in Fig. 5.4. La survey 2QZ è limitata in flusso nella banda B j . Le magnitudini sono determinate dalle scansioni APM delle lastre fotografiche UKST. Limite della survey sono 25 < B j < 20.85, mentre la più luminosa 6dF QSO Redshift Survey (6QZ) ha limiti 16.0 < B j < 18.25. La selezione per colore è stata fatta nel piano u − B j B j − r (cfr. Fig. 5.5). Anche in questo caso le osservazioni sono state effettuate presso l’Anglo-Australian Telescope con l’ausilio del sistema spettrografico multi-oggetto 2-degree Field. La parte più luminosa della survey - 6dF QSO Redshift Survey (6QZ) - è stata portata avanti con 5.2 2dF QSO Survey 79 F 5.5. La selezione per colore nella 2dFQSO è stata fatta nel piano u − B j B j − r. Nel plot in figura i candidati QSO sono quelli rappresentati dai punti al di sotto o a sinistra della linea tratteggiata. I punti doppi blu indicano i QSO già noti. l’UK Schmidt Telescope con l’ausilio dello spettrografo multi-oggetto 6-degree Field, che permette invece di ottenere fino a 150 spettri per oggetti in un campo di 6 ◦ di diametro. Già nel 2000, con i suoi 6000 redshift di quasar, la survey 2QZ era la più grande e completa survey di QSOs mai realizzata. Scopo della survey, completata nel 2002, era di ottenere spettri e redshift per 25000 QSO, per avere un miglioramento di un ordine di magnitudine nella statistica di clustering per i QSO. La survey completa non solo permette di studiare la funzione di luminosità dei quasar e la sua evoluzione, ma anche di porre dei limiti stringenti sul valore di Ω o dalla misura dell’evoluzione del clustering dei QSO, di mettere limiti sulla costante cosmologica tramite un test geometrico diretto e di determinare la forma dello spettro di potenza delle fluttuazioni fino a scale di 1000 Mpc. 80 2dFGRS e 2dFQSO Capitolo 6 Una panoramica generale su BROWSE Science is organized knowledge. Wisdom is organized life. - Immanuel Kant (1724-1804) BROWSE è un programma che utilizza un sistema di gestione di database per selezionare dati da tavole contenenti informazioni e quindi eseguire operazioni di analisi sui dati estratti. Il nome del programma riflette il fatto che esso permette agli astronomi di avere uno strumento per “scorrere, leggere scorrendo”, in inglese “browse” per l’appunto, grandi volumi di dati, selezionandoli o scartandoli a seconda della necessità. È enfatizzata la visualizzazione dei dati in modo da poter ottenere una stima immediata della qualità dei dati, delle proprietà delle sorgenti e delle caratteristiche generali. BROWSE è stato originariamente creato per permettere l’accesso al database di EXOSAT, che contiene i risultati e i prodotti dei dati dalla missione EXOSAT a(1983-1986). BROWSE usa un DBMSb sviluppato dal team di EXOSAT ed è ottimizzato per ricerche astronomiche (e.g. ricerca per coordinate). Esso si basa su un software DBMS originale sviluppato all’inizio della missione EXOSAT da P. Giommi e M. White come parte del programma che esaminava le sorgenti scoperte da EXOSAT. Ulteriori e successivi sviluppi hanno portato ad aggiungere strumenti per l’analisi dati al pacchetto iniziale, come, ad esempio, pgplot sviluppato alla Caltech, che provvede una interfaccia grafica. Negli anni novanta BROWSE a b European Space Agency’s X-ray astronomy mission Database Management System 82 Una panoramica generale su BROWSE è stato adottato da HEASARCc, che ha continuato il suo sviluppo come ambiente per la gestione di database, in collaborazione con l’ESA. Le funzioni di BROWSE includono: • ricerche per coordinate, nome o altri parametri; • visualizzare i valori dei parametri; • graficare i valori dei parametri e di file di dati; • creazione di sottocampioni dalla tabella principale del database; • stabilire correlezioni (relazioni) tra le tabelle; • ricerca di file di dati; • analisi di file di dati selezionati; • un’interfaccia SQL. Per caricare un nuovo database su BROWSE si deve scrivere un programma in fortran 77 che legge i dati da un file ASCII e li trasferisce dentro BROWSE. Il programma fortran ha come nome load nomedatabase.f; per costruire il database è necessario un altro file nomedatabase par.dat, che contiene la lista dei parametri implementati nel database e il relativo formato. I parametri possono essere di tipo numerico o sotto forma di stringhe di caratteri; BROWSE permette di caricare valori numerici del tipo integer*2, integer*4, real*4, real*8, mentre le stringhe devono avere una lunghezza compresa tra c*2 e c*254. Per utilizzare l’interfaccia SQL basta scrivere sql al prompt di BROWSE. Il protocollo SQL viene utilizzato per creare le tabelle (database) e per creare gli indici una volta caricato un nuovo database: gli indici permettono di accedere alle entry d del database ordinandole per il parametro che è indicizzato. Sono utili per effettuare ricerche rapide all’interno del database; i parametri utilizzati di frequente come indici sono le coordinate, il nome e il tempo. Gli indici del database sono scritti in un file del tipo index nomedatabase.xco . c d High Energy Astrophysics Science Archive Research Center (NASA) le differenti righe della tabella Capitolo 7 Il catalogo ROXA The greatest discoveries of science have always been those that forced us to rethink our beliefs about the universe and our place in it. - Robert L. Park, in The New York Times, 7 December 1999 La recente ampia disponibilità di grandi cataloghi astronomici multi-frequenza e dati spettrali - quali NVSS, ATCAPMN, RASS, SDSS e 2dF - può essere agevolmente sfruttata per costruire grandi campioni di blazar senza dover richiedere tempo di telescopio aggiuntivo. In questo capitolo si presenta il catalogo ROXA (Radio Ottico X realizzato presso ASDC; Turriziani et al. 2007), che consiste in una lista di 816 oggetti di cui 510 sono blazar confermati. Il catalogo include inoltre 173 nuove identificazioni di blazar, ovvero circa il 10% dei blazar attualmente conosciuti. 7.1 Il metodo di selezione Per definire il campione si è fatto ampio uso della disponibilità di grandi cataloghi astronomici e dell’esistenza di servizi on-line che consentono un semplice accesso a finding chart e magnitudini. Il metodo si presenta del tutto analogo a quello utilizzato per la costruzione di DXRBS (Perlman et al. 1998; Landt et al. 2001; Padovani et al. 2007) e Sedentary Survey (Giommi et al. 1999, 2005; Piranomonte et al. 2007; Giommi et al. 2007) e si schematizza in tre passi: 84 Il catalogo ROXA 1. prima, una cross-correlazione tra survey radio e X (NRAO VLA Sky Survey (NVSS; Condon et al. 1998), ATCAPMN (ATCA catalogue of compact PMN sources in Tasker (2000)) e ROSAT All Sky Survey (RASS; Voges et al. 1999; Voges et al. 2000a,b). 2. A ciascun match radio/X-ray, sono state assegnate le magnitudini ottiche dal Guide Star Catalog (GSC2; Lasker et al. 1995; McLean et al. 2000). 3. Per tutti i match radio/X sono stati calcolati gli indici spettrali ottico-X (α ox ) e radioottico (αro ) e sono state selezionate solo le sorgenti con i valori dei parametri α ox e αro all’interno della cosiddetta blazar area (per maggiori dettagli, e.g. Perlman et al. 1998; Giommi et al. 1999; Landt et al. 2001; Padovani et al. 2007). 7.1.1 La cross-correlazione radio - X Come per la Sedentary Survey (Giommi et al. 1999, 2005; Piranomonte et al. 2007; Giommi et al. 2007) e DXRBS (Perlman et al. 1998; Landt et al. 2001; Padovani et al. 2007), è stato utilizzato il software EXOSAT/BROWSE per cross-correlare i cataloghi NVSS e RASS. La cross-correlazione ha usato un raggio di 1 arcmin, risultando in 16.596 match. Il campione è stato ristretto a quelle sorgenti con latitudine Galattica | b| > 20 o trovando 12.988 candidati. Sono state selezionate solo quelle con ∆ rx < 2.5σrx , dove σrx = ! σ2x + σ2r è l’incertezza totale legata alla posizione (radio+X) e ∆ rx è la distanza tra le posizioni radio e X. Questa procedura ha trovato 9663 oggetti. È stata inoltre stimata la percentuale di coincidenze spaziali accidentali per oggetti non correlati, con una operazione di shifting delle coordinate di tutte le sorgenti in uno dei cataloghi di un valore fisso e ripetendo la procedura di cross-correlazione con gli stessi parametri. In questo modo si è appurato che solo nell’ 1- 2 % dei casi si potrebbe trattare di associazioni spurie. 7.1.2 Selezione dei candidati Blazar Per ciascun match RASS-NVSS, sono state ricercate le magnitudini delle controparti ottiche con l’ausilio del catalogo GSC2. Nel caso in cui non fosse presente nessuna sorgente GSC2 entro i pochi arcosecondi dell’incertezza della posizione NVSS, è stato assunto che la controparte ottica dovesse essere più debole di Jmag=19.5, approssimativamente il limite in flusso della GSC2 (McLean et al. 2000). Nei rarissimi casi nei quali era presente più di un oggetto della GSC2, è stato scelto inizialmente l’oggetto più brillante quale controparte ottica. 7.2 Classificazione delle controparti ottiche usando dati dalle survey SDSS e 2dF 85 È stato utilizzato il software EXOSAT/BROWSE per assegnare ai candidati blazar il flusso a 5 GHz attraverso cross-correlazioni con diversi cataloghi radio, quali NORTH6cm (Becker et al. 1991), GB6 (Gregory et al. 1996) e Parkes-MIT-NRAO (PMN; Griffith & Wright 1993). Per quelle sorgenti con nessun informazione disponibile sul flusso a 5 GHz, esso è stato −αrm , con α stimato come F 5Ghz = F1.4GHz × ( 20 rm pari a 0.25, che è il valore medio che si 6 ) assume per sorgenti con lo spettro piatto. I flussi ottici e nella banda X sono stati corretti per l’assorbimento Galattico e per la correzione-K dipendente dal redshift. Alle sorgenti di cui non era stato possibile ottenere informazioni sul redshift è stato assegnato un redshift tipico pari al valore medio del redshift trovato in sorgenti con lo stesso rapporto tra flusso X e radio ( fx / fr ). Per costruire il campione di candidati blazar sono stati calcolati gli indici spettrali otticoX (αox ) e radio-ottico (αro ) e sono stati selezionati le sorgenti con α ro > 0.2, regione del diagramma αox -αro dove si localizzano la maggior parte dei blazar (e.g. Giommi et al. 1999, per dettagli). È stato deciso di rilassare la condizione di radio-loudness α ro > 0.2 a αro > 0.1 (dove αro e αox sono gli usuali effettivi indici spettrali definiti tra le frequenze nel rest-frame di 5 GHz, 5000 Å e 1 keV) per gli oggetti che non hanno una controparte ottica nel catalogo GSC2, dato che un lower limit in Jmag genera un lower limit in α ro . L’algoritmo di selezione ha prodotto un campione di 7662 candidati blazar. La Fig. 7.1 mostra la distribuzione degli oggetti del campione nel diagramma α ro αox , mentre nella Fig. 7.2 le 7662 sorgenti sono visualizzate in coordinate Galattiche. La distribuzione spaziale non uniforme in quest’ultimo grafico rispecchia la sensibilità della survey RASS, che era più alta intorno alle coordinate dell’eclittica, e il più alto limite in flusso radio del catalogo ATCAPMN a declinazioni a sud di -40 o . 7.2 Classificazione delle controparti ottiche usando dati dalle survey SDSS e 2dF Per tutte le sorgenti nel campione in sono stati utilizzati i servizi on-line offerti dalla SDSS (nello specifico, lo SkyServer-Radial search) per ottenere le misurazioni SDSS (ascensione retta, declinazione e magnitudini nei filtri u’ g’ r’ i’ z’) per ciascun oggetto ottico rilevato entro 6 arcsec da ciascuna posizione NVSS. È stato trovato che 2.353 sorgenti RASS+NVSS hanno controparti ottiche nella SDSS- 86 Il catalogo ROXA F 7.1. blazar La distribuzione αox – αro per l’intero campione dei 7.662 candidati DR4 (incluse alcune controparti ottiche multiple, nel seguito MOC a ). È stato quindi utilizzato lo SkyServer DR4 Spectroscopic Query (utilizzando il parametro proximity con un raggio di 10 arcsec) e servizi online del DAS per acquisire gli spettri per ciascuna sorgente. Sono stati utilizzati i parametri SDSS precedentemente scaricati dallo SkyServer-Radial search per ottenere parametri spettrali e file relativi agli oggetti classificati come galaxy, star o unknown dai pipelines SDSS. Sono stati identificati 669 spettri tra le 2353 controparti ottiche SDSS. In maniera del tutto analoga sono stati cercati oggetti che avessero controparti ottiche nei database 2dFGRS e 2dFQSO. Questa ulteriore operazione ha dato come risultato l’acquisizione di spettri e stime di magnitudine B j per altri 199 oggetti da 2dFGRS e per 94 da 2dFQSO (incluse MOC). 7.2.1 Classificazione delle Sorgenti Tutti i candidati con MOC sono stati associati a un singolo oggetto ottico tramite una procedura di ispezione visuale che si è avvalsa dei servizi online offerti da NVSS, ESO e NED. a acronimo per Multiple Optical Counterparts 7.2 Classificazione delle controparti ottiche usando dati dalle survey SDSS e 2dF 87 F 7.2. Le coordinate Galattiche dei 7.662 candidati blazar sono mostrate in proiezione di Aitoff Per ciascuna sorgente è stata cross-correlata la finding chart ottica (ESO e SuperCOSMOS Survey) con le posizioni RASS and NVSS e con la posizione nel catalogo FIRST (White et al. 1997) quando disponibile. In questo modo è stato possibile scegliere la migliore controparte ottica per ciascun candidato blazar. Inoltre, sono state escluse quelle sorgenti che nella RASS avevano una estensione superiore ai 30 arcsec. Questa condizione non è stata però applicata per le osservazioni con meno di 20 fotoni dato che in questi casi l’incertezza nella stima dell’estensione in X diventa troppo grande. Sono state costruite le SED e analizzati gli spettri ottici, con il calcolo del CaH&K quando necessario, per classificare propriamente ciascun oggetto (la larghezza equivalente delle righe di emissione negli AGN radio-loud dipende fortemente dal contributo dall’emissione non termica del jet e, conseguentemente, sul valore del Ca H&K break (Marchã et al. 1996; Scarpa & Falomo 1997)). Sorgenti con dati fotometrici della SDSS, sebbene non selezionati per la spettroscopia dai pipelines SDSS, sono rimasti nel campione nei casi in cui essi erano già noti in letteratura come riportato in NED. Le stime automatizzate del redshift da parte di SDSS e 2dF e successive classificazioni spettrali sono risultate poco attendibili per diversi oggetti di tipo BL Lac a causa dell’assenza di righe di emissione. Quando possibile, sono stati ricalcolati i redshift con l’uso di IRAF analysis package (Tody 1986, 1993). Si è deciso di definire anche delle classi di transizione (transition classes) per quelle sorgenti che mostrano proprietà in comune a due classificazioni standard. Per quello che concerne le Radio Galassie ed i BL Lac le sorgenti sono state definite essere: • BL Lac se L x > 1044 erg s−1 o Ca H&K < 0.4 o entrambi 88 Il catalogo ROXA T 7.1. Statistica del Catalogo ROXA Oggetti Noti Oggetti Nuovi Totale Campione % BL LAC 182 60 242 29.7% FSRQ 147 99 246 30.1% oggetti di transizione BL Lac/FSRQ 1 7 8 1.0% candidati BL LAC 7 7 14 1.7% blazars confermati 337 173 510 62.5% oggetti di transizione R.G./BL Lac 0 24 24 3.0% oggetti di transizione R.G./FSRQ 0 2 2 0.2% Radio-Galassie 24 8 32 3.9% SSRQ 59 43 102 12.5% QSO RL 60 50 110 13.5% Galassie NELG 12 2 14 1.7% BLRG 2 0 2 0.2% altro 18 2 20 2.5% Totale 512 304 816 100% • Radio Galassia se Ca H&K > 0.4 E L x < 5 × 1043 erg s−1 • oggetto di transizione Radio Galassia/BL Lac se Ca H&K > 0.4 E L x compreso tra 5 × 1043 e 1044 erg s−1 Inoltre altre transition classes sono state definite per quegli oggetti che mostrano proprietà ottiche borderline rispetto la loro classificazione standard. Si tratta di oggetto di transizione BL Lac/FSRQ e di oggetto di transizione R.G./FSRQ. A questo punto sono stati ricalcolati i parametri α ro e αox stimando Vmag come segue: • per oggetti SDSS: V = g’ - 0.55(g’ - r’) - 0.03 • per oggetti 2dF: V = B j + 0.5 • per oggetti osservati sia dalla SDSS che dalla 2dF sono state utilizzate le magnitudini SDSS. Il catalogo finale ROXA include 816 oggetti, 510 dei quali sono blazar confermati (i.e. 62.5%). 110 sorgenti tra le restanti (il 13% del totale) sono QSO confermati (dagli spettri 7.2 Classificazione delle controparti ottiche usando dati dalle survey SDSS e 2dF 89 ottici SDSS o 2dF) ma attualmente non è disponibile il loro indice spettrale radio e quindi rimangono candidati blazar. Solo il 19% dei candidati è risultato essere di tipo non blazar. La Tabella 7.1 riassume la statistica della classificazione delle sorgenti. La prima colonna della Tabella 7.1 contiene la classificazione, la seconda colonna riporta il numero di oggetti noti (ovvero sorgenti già classificate in letteratura), la terza colonna il numero di oggetti nuovi (classificati in questo lavoro di tesi per la prima volta), la quarta riporta il numero totale di oggetti e l’ultima colonna dà le percentuali rispetto all’intero campione. La dicitura blazar confermati include BL Lac, FSRQ, oggetti di transizione BL Lac/FSRQ e candidati BL Lac. Con altro si comprendono diverse categorie di sorgenti di tipo non blazar, quali stelle e vari tipi di galassie (Normali, Starburst e Seyfert). Si mette in risalto l’identificazione di ben 173 nuovi blazar. F 7.3. La distribuzione nel diagramma αro – αox dei blazar confermati nella ROXA. I simboli indicano: % – BL Lac, % – FSRQ, • – HFSRQ, ⊕ – BL Lac/FSRQ, + – candidato BL Lac, x – candidato HFSRQ La Fig. 7.3 riporta la distribuzione degli indici multi-banda dei blazar confermati nel catalogo ROXA. In Tabella C.1 è riportata la prima pagina della versione cartacea del catalogo ROXA, 90 Il catalogo ROXA che sarà presto disponibile in formato elettronico anche presso il sito del Centre de Donnes astronomiques de Strasbourg (CDS)b . 7.3 ROXA ONLINE Il catalogo ROXA è attualmente disponibile online sul sito dell’ASDC: http://www.asdc.asi.it/roxa/public.php (Fig. 7.4). F 7.4. Pagina web del catalogo ROXA La tabella online non viene però caricata dal browser indicizzata in RA, ma parzialmente indicizzata in RA. Per procedere all’ordinamento diretto c , utilizzando la freccia ⇑ in alto a sinistra della colonna della RA; la freccia in alto a destra della colonna ⇓, invece, permette di ottenere l’ordinamento inversod . Come si può vedere tutte le colonne prevedono la possibilità di effettuare l’ordinamento diretto o inverso. Inoltre le colonne di redshift, magnitudini nei filtri SDSS gr, Vmag, B j e flusso radio hanno un’altra piccola icona, ”Stat”, che apre una window con alcuni parametri di rilevanza statistica e con relativo istogramma http://cdsweb.u-strasbg.fr/ dal più piccolo al più grande d dal più grande al più piccolo e massimo e minimo valore, media matematica, deviazione standard, shewness e curtosi b c 7.3 ROXA ONLINE 91 per il parametro listato nella colonna in esame. Il sito permette non solo di esaminare la tabella, ma anche di scaricarla in formato LATEX o testo. Inoltre, la seconda colonna “SHOW SED” permette di vedere la Distribuzione Spettrale di Energia di ogni singola sorgente costruita raccogliendo tutti i dati disponibili in letteratura. 92 Il catalogo ROXA Capitolo 8 ROXA J081009.9+384757.0 Not only is the universe stranger than we imagine, it is stranger than we can imagine. - Sir Arthur Stanley Eddington Come visto nella sezione 1.6, per spiegare le differenti SED osservate in campioni di blazar selezionati nel radio e in X Fossati et al. (1998) hanno proposto che i blazar formino una sequenza in cui l’energia del massimo del sincrotrone sia anticorrelata con la luminosità dell’oggetto. Ghisellini et al. (1998) hanno inserito questa ipotesi all’interno di un impianto teorico in cui la sequenza sarebbe il risultato del bilancio competitivo tra l’accelerazione delle particelle ed il raffreddamento radiativo. In questo scenario, quindi, solo oggetti BL Lac di bassa potenza posso raggiungere il massimo dell’energia del sincrotrone nella banda X, mentre l’energia del picco non può andare molto oltre il range di frequenza IR per i FSRQ. Al contrario, la sorgente ROXA J081009.9+384757.0 (Giommi et al. 2007b) osservata da Swift (Gehrels et al. 2004) è risultata essere uno dei più luminosi FSRQ conosciuti nella banda X (ROXA J081009.9+384757.0= SDSS J081009.9+384757.0) con un alto rapporto flusso X su flusso radio ( fx / fr ! 5 × 10−11 erg cm−2 s−1 Jy−1 ), tipico degli oggetti HBL, che hanno il picco del sincrotrone nella banda X. Si descrivono nei successivi paragrafi i risultati dell’osservazione di Swift e se ne discute l’impatto sull’ipotesi della “blazar sequence”. 94 ROXA J081009.9+384757.0 8.1 SDSS J081009.9+384757.0 e RX J0810.2+3847 SDSS J081009.9+384757.0 è una sorgente ad alto redshift (z=3.95) che coincide con la sorgente radio compatta FIRST J081009.9+384756, che ha un flusso radio di 27-30 mJy a 1.4 GHz (dai dati delle survey FIRST e NVSS; White et al. 1997; Condon et al. 1998) e di 22 mJy a 5GHz (dai dati del catalogo GB6; Gregory et al. 1996). La Fig. 8.1 mostra lo spettro ottico della sorgente in esame (preso da Sloan Digital Sky Survey (SDSS) archive, Data Release 3, Abazajian et al. 2005) che ha chiaramente le caratteristiche di assorbimento della Lyman α forest, insieme a righe di emissione forti di Idrogeno, Ossigeno e Carbonio, che sono tipiche dei QSO ad alto redshift. Dato che l’indice spettrale radio della sorgente FIRST J081009.9+384756 è piatto (essendo α1.4−5.GHz ! 0.2, f (ν) ∝ ν−α ) e il rapporto tra emissione radio ed ottica è α ro = 0.48, si può ragionevolmente classificare SDSS J081009.9+384757.0 come un FSRQ. Prochaska et al. (2005) hanno studiato che SDSS J081009.9+384757.0 è un sistema di assorbimento damped Lyman-α con nuvole di materiale assorbente localizzate a redshift z=1.69, 3.0, 3.2 e 3.9. È stata stimata la pendenza del continuo ottico-ultravioletto come α o ! 0.5, (rappresentata dalla linea tratteggiata in Fig. 8.1) assumendo che il flusso minimo tra le righe del CIV e del SiIV a ∼ 7200 Å, ( ∼ 1450 Å nel sistema di riferimento di quiete per il QSO), è l’emissione del continuo come nel composite QSO spectrum realizzato da Vanden Berk et al. (2001). A causa della presenza di forti righe di emissione non è semplice associare un errore a questa pendenza. Le linee tratteggiate in Fig. 8.1, corrispondenti a αo = 1.8 e αo = 0.2, rappresentano limiti conservativi alla pendenza del continuo che verranno utilizzati in seguito in questo capitolo. La posizione di SDSS J081009.9+384757.0 è entro l’errore di RX J0810.2+3847, una delle sorgenti della ROSAT All Sky Survey (RASS, Brinkmann et al. 2000) ed è inclusa nel catalogo di blazar ROXA (Turriziani et al. 2007, cfr. Capitolo 7). L’associazione tra il quasar SDSS J081009.9+384757.0 (magnitudine r = 19.7) con la sorgente X RASS è tuttavia incerta a causa della presenza di un oggetto molto più luminoso entro l’errore di posizione della sorgente X, i.e SDSS J081010.9+384745.6, una late type star di magnitudine r=17.3. Il flusso X della sorgente RX J0810.2+3847 è ! 10 −12 erg cm−2 s−1 nella banda di energia 0.1-2.4 keV. 8.2 Osservazioni con Swift e riduzione dati Il satellite Swift , multi-frequency Gamma Ray Burst observatory (Gehrels et al. 2004), ha osservato RX J0810.2+3847 come un fill-in target il 3 Marzo 2006. Queste sono brevi esposizioni effettuate quando il satellite non è impegnato in osservazioni di Gamma Ray 8.2 Osservazioni con Swift e riduzione dati 95 F 8.1. Lo spettro ottico di ROXA J081009.9+384757.0. La linea tratteggiata disegnata alla destra della riga Lyman α è una stima dell’emissione del continuo basata sul composite QSO spectrum template realizzato da Vanden Berk et al. (2001). Le linee punteggiate rappresentano limiti conservativi alla pendenza del continuo (dettagli nel testo). Burst (GRB). Swift ha a bordo tre diversi strumenti: il Burst Alert Telescope (BAT, Barthelmy et al. 2005) sensibile nella banda di energia 15-150 keV, lo X-Ray Telescope (XRT, Burrows et al. 2005) sensibile nella banda 0.2-10.0 keV ed in grado di misurare la posizione di sorgenti X con precisione di alcuni secondi d’arco, e l’UV and Optical Telescope (UVOT, Roming et al. 2005). Scopi dell’osservazione erano: i) confermare l’associazione della emissione X con il FSRQ ad alto redshift SDSS J081009.9+384757.0, ii) misurarne lo spettro X tra 0.3 e 10 keV, ed infine iii) ottenere dati ottici-X simultanei. 8.2.1 Analisi dell’immagine ottenuta con XRT Swift XRT è stato utilizzato in modalità full imaging Photon Counting mode per l’intera durata della osservazione (5991 secondi). La riduzione dei dati è stata quindi effettuata utilizzando il software XRTDAS (v1.7.1) sviluppato all’ASI Science Data Center (ASDC) e distribuito come parte dell’HEAsoft 6.0.4 package, da NASA High Energy Astrophysics Archive Research Center (HEASARC). I dati cleaned level-2 sono stati successivamente analizzati con l’ausilio di XIMAGE package. Una sorgente X puntiforme è stata chiaramente individuata a R.A. (J2000.0)=08h 10m 10.2s Dec (J2000.0) = +38◦ 47# 55.3## con un net count rate di (3.2 ± 0.2) × 10−2 cts/s. La posizione XRT ed il suo errore associato (4 ## , 90% Moretti et al. 2006), mostrato in Fig. 8.2 96 ROXA J081009.9+384757.0 F 8.2. Immagine ottica dall’archivio SDSS che copre la regione circolare di errore di 22 arco secondi associata alla sorgente X RX J0810.2+3847. La regione d’errore di Swift XRT molto più piccola (4 arcsec) associa senza ombra di dubbio la sorgente X al flat spectrum radio quasar SDSS J081009.9+384757.0. sovraimposto all’immagine ottica dall’archivio SDSS, sono pienamente consistenti con la posizione di SDSS J081009.9+384757.0 e permettono di escludere la più luminosa stella di tipo late quale controparte della emissione X. Dato che SDSS J081009.9+384757.0 risulta essere l’unica sorgente radio-ottica all’interno del piccolo errore di XRT, si può concludere che questo quasar costituisce la controparte ottica delle sorgenti radio ed X. 8.2.2 Analisi spettrale dati XRT L’osservazione con XRT ha rilevato soltanto 200 conteggi, ne consegue che i fit dell’analisi spettrale risultano essere scarsamente stringenti. Sono stati selezionati fotoni con grades nel range 0-12 e sono stai usati i parametri di screening di default per generare file di eventi level 2 cleaned. Lo spettro XRT nella banda 0.3-10 keV è stato estratto da una regione circolare intorno la sorgente con raggio di 20 pixels, che includono il 90% dei fotoni emessi dalla sorgente. Lo spettro è stato rebinned in modo da includere almeno 30 fotoni per ciascun canale, per poter utilizzare la statistica del χ2 . La procedura di fitting spettrale è stata realizzata con XSPEC 11.3 package (Arnaud 1996) e, data la statistica devvero ridotta, i dati sono stati modellizzati solo con una legge di potenza. Come primo approccio è stato fissato l’assorbimento a bassa energia al valore Galattico (N H =5 × 1020 cm−2 ) in direzione della sorgente (Dickey & Lockman 1990). Il 8.2 Osservazioni con Swift e riduzione dati 97 best fit dà come risultato un photon index pari a Γ = 1.5 ± 0.2 ed un reduced χ 2 di 1.0 (3 d.o.f.). Dato che SDSS J081009.9+384757.0 è un damped Lyman α system con una significativa quantità di materiale localizzata a redshift tra 1.69 e 3.9 (Prochaska et al. 2005), è atteso un eccesso di assorbimento alla basse energie comparato al valore Galattico. È stato quindi effettuato un fit dello spettro lasciando N H come parametro libero ed ottenendo quali valori del best fit NH = (8 ± 7) × 1020 cm−2 e Γ = 1.7 ± 0.4. Chiaramente, la statistica disponibile non è abbastanza buona da poter fornire limiti stringenti su entrambi i paramentri spettrali. Il flusso non assorbito tra 2 e 10 keV è ! 10−12 erg cm−2 s−1 , simile a quello osservato da ROSAT, corrisponde alla luminosità X isotropa molto grande di 1.5 × 10 47 erg s−1 . Osservazioni X di altri quasar ad alto redshift con osservazioni ROSAT, ASCA e BeppoSAX hanno mostrato che un assorbimento significativo nella banda X soffice è una caratteristica comune dei quasar radio loud (Cappi et al. 1997; Fiore et al. 1998; Fabian et al. 2001). Questo implica che la luminosità intrinseca di ROXA J081009.9+384757.0 potrebbe essere più alta di quanto ora riportato e che la sua pendenza spettrale X potrebbe essere più ripida di Γ = 1.7. In questo caso anche il valore vero del rapporto f x / fr potrebbe essere persino più grande di quello osservato. 8.2.3 Risultati dalle osservazioni con UVOT UVOT (Roming et al. 2005) è un telescopio da 30 cm equipaggiato con due grism a e sei filtri a banda larga (V, B, U, UVW1, UV M2, ed UVW2). Durante l’osservazione di Swift , UVOT ha ottenuto una serie di immagini in ciascuno dei filtri disponibili. Il tempo di esposizione è stato di 462 secondi nel filtro V e di 402 secondi nel filtro B. I filtri UV non hanno raccolto dati utili poiché in queste bande la sorgente in esame è fortemente interessata dall’assorbimento Lyman α. Mentre tutte le sorgenti brillanti visibili nell’immagine SDSS, inclusa la stella latetype e le sorgenti luminose a nord e a sud della regione circolare dell’errore di ROSAT (vedi Fig. 8.2), sono state chiaramente rilevate nelle immagini di UVOT nei filtri V e B, SDSS J081009.9+384757.0 non è stato rilevato neanche nel maggiormente sensibile filtro B. Lower limit alla magnitudine di SDSS J081009.9+384757.0 sono V > 17.9 e B > 20.4. Il limite nel filtro V è in qualche modo più alto di quello ottenuto con immagini a esposizioni simili perché in questo caso l’immagine è risultata essere particolarmente rumorosa. Il grism è l’accoppiamento di un reticolo di diffrazione in trasmissione e di un prisma sottile. Il reticolo può essere inciso direttamente sul prisma o incollato. L’elemento disperdente in questo caso è il reticolo, mentre il prisma ha il solo compito di riallineare la direzione della lunghezza d’onda centrale dello spettro in uscita (generalmente il primo ordine) nella direzione dell’asse ottico. a 98 ROXA J081009.9+384757.0 8.3 Analisi dei risultati La sorgente ROXA J081009.9+384757.0 è stata scoperta come un candidato blazar con alto fx / fr e alta luminosità nella survey a multifrequenza ROXA (Turriziani et al. 2007). L’associazione tra emissione radio, ottica ed X nel caso di ROXA J081009.9+384757.0 era tuttavia incerta a causa della presenza nella regione d’errore della sorgente X RX J0810.2+3847 di due controparti ottiche plausibili. L’osservazione con il satellite Swift ha stabilito senza ombra di dubbio che SDSS J081009.9+384757.0 è la controparte ottica corretta della sorgente X di ROSAT e che, di conseguenza, ROXA J081009.9+384757.0 è un blazar ad alto redshift con fx / fr ! 5 × 10−11 erg cm−2 s−1 Jy−1 (∼ 2.5 × 10−11 nel sistema di riferimento di quiete del quasar) e che quindi, αrx ≈ 0.65. Una simile grande emissione X, comparata al flusso radio, anche tenendo conto delle correzione-K, è stata osservata cosı̀ lontano solo in una frazione esigua di blazar (meno dell’1% della popolazione, vedi Fig. 4 di Giommi et al. (2006), vedi anche Padovani et al. (2003)), in grande maggioranza in oggetti BL Lacertae, con emissione di sincrotrone ad altissime energie. ROXA J081009.9+384757.0 è il primo FSRQ di alta luminosità a mostrare queste caratteristiche spettrali a banda larga estreme. In Fig. 8.3 è riportata la SED di ROXA J081009.9+384757.0, costruita combinando i dati simultanei di XRT e gli upper limit di UVOT con dati non simultanei radio (FIRST, NVSS e GB6), ottici (dalle magnitudini SDSS), dati da ROSAT e upper limit da WMAP nelle microonde. Questi upper limit sono stati calcolati dai dati di WMAP three-year (Hinshaw et al. 2007) considerando che le mappe di fluttuazioni in tutti i canali di WMAP non mostrano alcun eccesso nella posizione della sorgente e misurando il rumore locale in una regione circolare vicina di 1 grado di diametro (De Bernardis, comunicazione privata). I flussi ottici derivati dalle magnitudini SDSS z, i e r (non sono state usate le misure nei filtri g ed u dal momento che queste sono fortemente influenzate dall’assorbimento della Lyman α forest) sono consistenti con gli upper limit di UVOT (in particolare con il valore B) e descrivono un continuo piatto con una potenza che è inferiore rispetto a quella nelle frequenze X, implicando che la SED globale non può avere un picco vicino la banda ottica. La SED dal radio alla banda X di ROXA J081009.9+384757.0 mostrata in Fig.8.3 può essere descritta da una sola componente, ben approssimabile da una legge di potenza, che curva solo dopo l’UV (linea tratteggiata) e raggiunge la banda X con un photon index ancora piuttosto piatto. Questo è anche sostenibile considerando che l’emissione nella banda X soffice potrebbe essere più grande di quella mostrata in Fig.8.3 a causa della presenza probabile di assorbimento intrinseco ed intergalattico (vedi par. 8.1 e 8.2.2). Questa semplice descrizione suggerisce che l’emissione sia probobilmente causata da radiazione di sincrotrone con una potenza che raggiunge il massimo ad energie superiori di 10 keV (∼ 50 keV nel sistema di riferimento di quiete). Questa è una energia estremamente alta che è stata osservata in rari casi durante forti flare solo in blazar vicini con luminosità 8.3 Analisi dei risultati 99 F 8.3. La SED (Spectral Energy Distribution) di ROXA J081009.9+384757.0 realizzata utilizzando i dati radio dalle survey radio NVSS, FIRST e GB6, upper limit nelle microonde (a 23, 33, 41, 61 and 94 GHz) ricavate da dati WMAP three-year, fotometria ottica dalla SDSS, dati X da ROSAT (cerchi pieni) e Swift XRT (diamanti vuoti) e upper limit di UVOT nei filtri V e B. I rettangoli disegnati nelle microonde rappresentano il range in flusso a 1 σ e quello massimo osservato da blazar in cui l’emissione X è dovuta a radiazione da Compton Inverso (vedi testo per dettagli). Le linee continue nella banda ottica rappresentano la stima migliore e gli upper limit conservativi per la pendenza del continuo (cfr. anche Fig. 8.1). di almeno di due ordini di grandezza inferiori a quella di ROXA J081009.9+384757.0 (e.g. MKN501, Pian et al. 1998; Massaro et al. 2004). La copertura della SED con dati limitati, tuttavia, lascia aperte possibili spiegazioni alternative circa l’origine dell’emissione su larga banda mostrata da questa sorgente: in particolare, non si può escludere che l’emissione X sia dovuta a diffusione per Compton Inverso sia in scenari di tipo SCC che in quelli con Compton esterno. In questi casi bisogna considerare la possibilità che il picco della emissione di sincrotrone si troverebbe nell’infrarosso lontano con associata una potenza dell’ordine di ∼ 10 −12 erg cm−2 s−1 (vedi la curva punteggiata in Fig. 8.3) dove non sono attualmente disponibili misure, anzi con i dati esistenti non possono essere calcolati neanche degli utili upper limit. Tuttavia, si ritiene che questa possibilità sia poco plausibile in quanto in questo caso: i) lo spettro ottico si troverebbe nella parte della componente di sincrotrone che scende rapidamente con una pendenza α o maggiore di 2, che è solo marginalmente consistente con lo spettro ottico della sorgente (vedi Fig. 8.3) anche senza de-arrossare lo spettro (cfr. sezione 8.1); ii) il rapporto f x / fr di ROXA J081009.9+384757.0 è molto più grande rispetto a quello di blazar conosciuti con spettro X da Compton Inverso (e.g. Giommi et al. 2006; Giommi et al. 2007a); iii) in Fig. 100 ROXA J081009.9+384757.0 F 8.4. La SED di ROXA J081009.9+384757.0 (cfr. Fig. 8.3) è disegnata insieme a quella di 3C454.3 dopo essere stata opportunamente riscalato per accordarsi con il fusso radio ed il redshift di quest’ultimo blazar. I cerchi pieni grandi sono i flussi osservati durate il violento flare di 3C454.3 nel Maggio 2005, mentre i simboli più piccoli sono dati storici non simultanei presi dalla letteratura (cfr. Giommi et al. 2006, per dettagli). 8.3 i rettangoli disegnati nelle microonde rappresentano il flusso aspettato (±1σ: rettangolo continuo e nel range completo di osservazione: rettangolo tratteggiato) da rapporti osservati tra flussi in banda X e nelle microonde in un grande campione di sorgenti individuate da WMAP (Giommi et al. 2006; Giommi et al. 2007a) quando l’emissione X è originata dal processo di Compton Inverso; iv) se si ipotizza che l’emissione X sia dovuta a fotoni che, con frequenze originarie nelle microonde o nell’infrarosso lontano, siano diffusi ad energie più alte da meccanismo Compton, si ritiene che la SED raggiunga un massimo nell’infrarosso lontano. In questo caso lo spettro di bassa energia di ROXA J081009.9+384757.0, per essere consistente con gli upper limit di WMAP, dovrebbe appiattirsi fortemente dopo la banda radio (cm) e diventare fortemente invertito nelle microonde (Fig.8.3). L’assunzione che l’emissione X da ROXA J081009.9+384757.0 non sia dovuta a radiazione di sincrotrone implica che questa sorgente debba essere caratterizzata da una SED globale peculiare con i rapporti fx / fr e fx / f94GHz ordini di grandezza più grandi che nei blazar di tipo LBL tradizionali e con uno spettro fortemente invertito dalle microonde all’infrarosso lontano. Quindi ROXA J081009.9+384757.0 dovrebbe essere considerata un blazar inusuale o verosimilmente il prototipo di una nuova classe di AGN radio loud. Una ulteriore possibilità è ipotizzare che ROXA J081009.9+384757.0 sia stata osservata durante un flare ottico e X estremamente violento come quello di 3C454.3 nel Maggio 8.3 Analisi dei risultati 101 2005 (Pian et al. 2006; Giommi et al. 2006). Per testare questa ipotesi è stata disegnata in Fig. 8.4 le SED di entrambe le sorgenti dopo aver opportunamento scalato il flusso di ROXA J081009.9+384757.0 in modo da accordarsi con il flusso radio ed il redshift di 3C454.3. Sebbene i flussi ottici ed X riscalati siano ancora sostanzialmente maggiori di quelli di 3C454.3, non si può escludere la presenza di un flare ancora più forte. Tuttavia, questa spiegazione risulta essere poco attendibile poiché sia il flusso ottico che quello X di 3C454.3 durante il flare del 2005 hanno mostrato variazioni di grandi fattori su tempi scala di ore o di giorni mentre ROXA J081009.9+384757.0 è stata osservata approssimativamente allo stesso livello di flusso in osservazioni separate di anni sia nell’ottico (la sorgente era chiaramente visibile vicina alla magnitudine limite delle POSS, R ! 20, ed è stata poi rilevata come oggetto con magnitudine r = 19.7 nella SDSS) e nella banda X da ROSAT e Swift . F 8.5. La SED di ROXA J081009.9+384757.0 di Fig. 8.3 (convertita in luminosità) viene mostrata sovraimpressa allo schema della ”Blazar sequence” di Fossati et al. (1998). La conclusione più plausibile sembra essere quindi che ROXA J081009.9+384757.0 sia il primo FSRQ di alta luminosità con picco del sincrotrone nella banda X dura. La sua luminosità X, pari a ∼ 1.5 × 1047 erg/s, una delle più grandi mai osservate in ciascun AGN, è stata osservata essere rimasta praticamente costante ed invariata tra le osservazioni di ROSAT e Swift che sono separate tra loro di ∼ 10 anni. Una conseguenza importante della ipotesi plausibile che il massimo da emissione di sincrotrone di ROXA J081009.9+384757.0 si trovi nella banda X dura è che questo oggetto contraddirebbe fortemente la dichiarata anti-correlazione tra luminosità e picco del sincrotrone, spesso chiamata “Blazar Sequence” (Fossati et al. 1998; Ghisellini et al. 1998) (vedi Fig.8.5). Si ricorda che la validità di questo scenario è stata già messa in dubbio da una 102 ROXA J081009.9+384757.0 serie di studi su grandi campioni di blazar selezionati in vari modi (e.g. Giommi et al. 1999, 2002a, 2006; Padovani et al. 2003; Caccianiga & Marchã 2004; Antón & Browne 2005; Nieppola et al. 2006; Landt et al. 2006; Padovani 2007, cfr. anche sezione 1.6). Se l’emissione da sincrotrone di ROXA J081009.9+384757.0 raggiungesse davvero il massimo nella banda X dura, allora il picco della componente Compton in uno scenario SSC si verrebbe a trovare nella banda di energia γ. Questo oggetto è in definitiva un target molto promettente per GLAST per determinare la forma dello spettro della componente di Compton Inverso. La possibilità che un tale picco di sincrotone di alta energia sia dovuto a un beaming Doppler molto alto, del tipo δ > 50, non risulta essere soddisfacente perché il continuo ottico sarebbe cosı́ intenso da sopraffare le righe di emissione, che invece sono molto pronunciate. Se il beaming fosse invece più tipico degli oggetti tipo blazar (e.g. δ ! 10), allora ROXA J081009.9+384757.0 sarebbe in grado di accelerare elettroni fino ad energie nel TeV e sarebbe quindi simile a sorgenti vicine HBL osservate in questa banda di energia. I dati attualmente disponibili non permettono di descrivere la SED della sorgente ROXA J081009.9+384757.0 con una copertura tale che sia sufficiente a stabilire con certezza la sua natura. Studi futuri dettagliati (sia osservativi che teorici) su un oggetto cosı̀ peculiare potranno dunque fare luce sulla sua energetica, gli effetti relativistici e l’impatto cosmologico. È anche importante comprendere se si tratta di una sorgente unica o del prototipo di una nuova classe di AGN veramente molto luminosi. La ricerca di altri FSRQ di alto redshift, basata su un approccio multifrequenza, è quindi di rilevanza cruciale per studiare la fisica di questa famiglia di sorgenti extra-galattiche ed in particolare la loro abbondanza. Recentemente, è stata riportata la scoperta da parte di INTEGRAL b di un blazar ad alto redshift (IGR J22517+2218, Bassani et al. 2007), con una SED simile a quella di ROXA J081009.9+384757.0. INTErnational Gamma-Ray Astrophysics Laboratory (INTEGRAL) è una missione della Agenzia Spaziale Europea per l’esploazione del cielo nella banda di energia dai 15 keV ai 10 MeV con monitoraggio simultaneo delle sorgenti nella bande X (4-35 keV) ed ottica (banda V, 550 nm). INTEGRAL ha a bordo quattro strumenti, dei quali due principali, ovvero un Imager (IBIS) ed uno Spettrometro (SPI) e due per il monitoring, i.e. un monitor X ed una camera ottica (Winkler et al. 2003). b Capitolo 9 Conclusioni Long words name little things. All big things have little names, such as life and death; peace and war; or dawn, day, night, love, home. Learn to use little words in a big way - It is hard to do. But they say what you mean. When you don’t know what you mean, use big words: They often fool little people. SSC Booknews, July 1981 In questo lavoro di tesi è stato presentato il catalogo ROXA (Radio Optical X-ray ASDC; Turriziani et al. 2007, cfr. Capitolo 7), che consiste in una lista di 816 oggetti di cui 510 sono blazar confermati e 173 sono nuove identificazioni. Risultato particolare del catalogo è la sorgente ROXA J081009.9+384757.0 (Giommi et al. 2007b, cfr. Capitolo 8), che per le sue peculiarità spettrali si pone al di fuori dello scenario teorico della “Blazar Sequence” postulato quasi dieci anni fa (Fossati et al. 1998; Ghisellini et al. 1998) e potrebbe essere il capostipite di una nuova classe di blazar molto luminosi. Il catalogo ROXA è stato estratto da un campione di 7662 oggetti selezionati, attraverso una procedura di cross-correlazione tra NVSS, ATCAPMN, RASS ed il catalogo ottico GSC2, in modo che avessero proprietà simili a quelle dei blazar conosciuti nel diagramma αro -αox . Il metodo di selezione, già usato per le survey DXRBS e Sedentary, è stato successivamente testato, tramite l’analisi approfondita degli oggetti del campione dei candidati per i quali era disponibili gli spettri ottici osservati dalle survey SDSS DR4, 2dFGRS e 2dFQSO. Sono state costruite ed analizzate le SED e gli spettri degli oggetti in modo da poterli classificare e l’operazione ha confermato la validità dell’algoritmo di selezione. 104 Conclusioni Il catalogo finale consta nel 62.5% di blazar confermati, nel 13% di QSO per i quali non sono disponibili informazioni spettrali nel radio (e che quindi rimangono candidati), e solo nel 19% dei casi le sorgenti sono risultate essere sicuramente di tipo non blazar. Dato che il rapporto tra QSO con spettro piatto e ripido è 254/102 (per dettagli, Tabella 7.1 ), si presume che la maggioranza dei QSO senza informazioni spettrali sia di tipo blazar. In conclusione, si può ragionevolmente affermare che l’algoritmo di selezione abbia un’alta efficienza (∼ 70%). Inoltre, il catalogo contribuisce in maniera sostanziale alla identificazione di nuovi blazar, trovando 173 nuove sorgenti di tipo blazar, ovvero circa il 10% dei blazar attualmente conosciuti. Il metodo utilizzato per la costruzione del catalogo ROXA è complementare ai lavori di Sowards-Emmerd et al. (2005) e Collinge et al. (2005), poiché questi autori hanno utilizzato approcci mono-banda mentre l’algoritmo di selezione qui presentato ha un approccio multibanda. Sowards-Emmerd et al. (2005) hanno selezionato radio sorgenti dallo spettro piatto per avvalersi poi di telescopi ottici per osservazioni spettroscopiche di follow-up, mentre l’approccio multi-banda utilizzato per la costruzione del catalogo ROXA, combinato ai dati disponibili dalle survey SDSS, 2dFQSO e 2dFGRS, non ha richiesto tempo aggiuntivo di telescopio. Inoltre, la selezione nella sola banda radio ha portato alla scoperta principalmente di sorgenti di tipo LBL, mentre i limiti utilizzati nella selezione del catalogo ROXA, dominati dal flusso limite relativamente alto nella banda X della RASS, ha favorito la scoperta di oggetti di tipo HBL dato che essi emettono il massimo della loro potenza di sincrotrone nelle vicinanze o all’interno della banda X. Questo bias nei confronti di sorgenti di tipo HBL è stato rafforzato dalla richiesta di eccesso ultravioletto nella selezione di oggetti da osservare spettroscopicamente dai pipelines della SDSS (cfr. A.1; Richards et al. 2002). La presenza di HBL permette a ROXA di contribuire con nuovi candidati per le osservazioni GeV/TeV. Il catalogo ROXA è anche complementare al lavoro di Collinge et al. (2005), che ricercava oggetti extra-galattici con spettri quasi-featureless nella Second Data Release della Sloan Digital Sky Survey (SDSS-DR2; Abazajian et al. 2004) senza moto proprio nel catalogo USNO-B (Monet et al. 2003) per costruire un campione di candidati BL Lac. Tuttavia, per poter confermare la classificazione sono necessarie ulteriori informazioni in altre bande dello spettro elettromagnetico, motivo per il quale per la costruzione del catalogo ROXA si è optato per una selezione multi-frequenza. Sebbene le selezioni nel radio e nella banda X possano introdurre dei bias, l’alta efficienza dell’algoritmo ha consentito di scoprire numerose nuove sorgenti di tipo blazar. Con Sowards-Emmerd et al. (2005) si condivide l’obiettivo di costruire cataloghi di blazar più ampi possibile da poter usare come target per le osservazioni delle prossime 105 missioni spaziali di alta energia (e.g. AGILE e GLAST). È tra i progetti futuri la richiesta di osservazioni radio di alta frequenza per misurare la pendenza spettrale dei 110 QSO che hanno attualmente informazioni radio ad una singola frequenza ed anche per misurare in maniera più dettagliata gli spettri nucleari dei 102 QSO dallo spettro ripido, in quanto la ripidità dei loro spettri potrebbero essere dovute ai contributi delle componenti radio estese. In principio, applicando questo metodo di selezione all’intero cielo e non solo a regioni limitate, sarebbe possibile costruire un campione molto più grande da poter utilizzare per l’identificazione di sorgenti di foreground che contaminano le mappe della CMB e i dati nella banda gamma (cfr. Giommi et al. 2006). Attualmente, i dati ottici maggiormente adatti al tale scopo sono quelli della SDSS: è quindi previsto l’aggiornamento del catalogo ROXA non appena nuove release di dati saranno disponibili dalla SDSS. ROXA J081009.9+384757.0 (Giommi et al. 2007b), con un redshift z=3.95, è uno degli oggetti di tipo blazar tra i più significativi del campione, con una Distribuzione Spettrale di Energia fortemente inusuale. Il satellite Swift (Gehrels et al. 2004) ha permesso di confermare l’identificazione della sorgente con il blazar che quindi è uno dei più luminosi FSRQ conosciuti nella banda X, con un alto rapporto flusso X su flusso radio ( f x / fr ! 5 × 10−11 erg cm−2 s−1 Jy−1 ), tipico degli oggetti HBL, che hanno il picco del sincrotrone nella banda X. Una conseguenza importante della ipotesi plausibile che il massimo da emissione di sincrotrone di ROXA J081009.9+384757.0 si trovi nella banda X dura è che questo oggetto contraddirebbe fortemente la dichiarata anti-correlazione tra luminosità e picco del sincrotrone, spesso chiamata “Blazar Sequence” (Fossati et al. 1998; Ghisellini et al. 1998) (cfr. anche Fig.8.5 e sezione 1.6), la cui validità è stata già messa in dubbio da una serie di studi su grandi campioni di blazar selezionati in vari modi (e.g. Giommi et al. 1999, 2002a, 2006; Padovani et al. 2003; Caccianiga & Marchã 2004; Antón & Browne 2005; Nieppola et al. 2006; Landt et al. 2006; Padovani 2007). Se l’emissione da sincrotrone di ROXA J081009.9+384757.0 raggiungesse davvero il massimo nella banda X dura, allora il picco della componente Compton in uno scenario SSC (Synchrotron Self Compton) si verrebbe a trovare nella banda di energia γ. Questo oggetto è in definitiva un target molto promettente per GLAST per determinare la forma dello spettro della componente di Compton Inverso. Recentemente è stata riportata la scoperta di un blazar ad alto redshift, IGR J22517+2218 (Bassani et al. 2007), nei dati di INTEGRAL (Winkler et al. 2003), con una SED simile a quella di ROXA J081009.9+384757.0. È quindi importante comprendere se ROXA J081009.9+384757.0 sia una sorgente unica o, come sembra, il prototipo di una nuova classe di AGN veramente molto luminosi. La ricerca di altri FSRQ di alto redshift, basata 106 su un approccio multifrequenza, è quindi di rilevanza cruciale per studiare la fisica di questa famiglia di sorgenti extra-galattiche ed in particolare la loro abbondanza. Ci si aspetta che nuovi oggetti di questo tipo saranno presumibilmente scoperti nei dati del BAT (Barthelmy et al. 2005) di Swift e di IBIS (Ubertini et al. 2003) di INTEGRAL, il che renderà possibile studiare in maniera approfondita (sia dal punto di vista osservativo che teorico) le caratteristiche peculiari di questi oggetti nello spazio dei parametri e fare luce dunque sulla loro energetica, gli effetti relativistici e l’impatto cosmologico. Bibliografia Abazajian, K., Adelman-McCarthy, J. K., Agüeros, M. A., et al. 2004, AJ, 128, 502 Abazajian, K., Adelman-McCarthy, J. K., Agueros, M. A., et al. 2005, AJ, 129, 1775 Abazajian, K., Adelman-McCarthy, J. K., Agüeros, M. A., et al. 2003, AJ, 126, 2081 Adelman-McCarthy, J. K., Agüeros, M. A., Allam, S. S., et al. 2006, APJS, 162, 38 Adelman-McCarthy, J. K., Agüeros, M. A., Allam, S. S., et al. 2007a, APJS, October 2007, in press Adelman-McCarthy, J. K., Agüeros, M. A., Allam, S. S., et al. 2007b, arXiv:astroph/0707.3413 Angel, J. R. P. & Stockman, H. S. 1980, ARA&A, 18, 321 Antón, S. & Browne, I. W. A. 2005, MNRAS, 356, 225 Antonucci, R. & Miller, J. S. 1985, ApJ, 297, 621 Arnaud, K. A. 1996, in Astronomical Society of the Pacific Conference Series, Vol. 101, Astronomical Data Analysis Software and Systems V, ed. G. H. Jacoby & J. Barnes, 17–+ Aschenbach, B. 1988, Appl. Opt., 27, 1404 Avni, Y. & Bahcall, J. N. 1980, ApJ, 238, 800 Baldry, I. K., Glazebrook, K., Baugh, C. M., et al. 2002, ApJ, 569, 582 Barthelmy, S., Barbier, L. M., Cummings, J., et al. 2005, Space Science Reviews, 120, 95 Bassani, L., Landi, R., Malizia, A., et al. 2007, submitted to ApJ Baum, S. A., Zirbel, E. L., & O’Dea, C. P. 1995, ApJ, 451, 88 Becker, R. H., White, R. L., & Edwards, A. L. 1991, APJS, 75, 1 108 Beckmann, V., Engels, D., Bade, N., & Wucknitz, O. 2003, A&A, 401, 927 Bennert, N., Falcke, H., Schulz, H., Wilson, A. S., & Wills, B. J. 2002, ApJ, 574, L105 Bennett, C. L., Bay, M., Halpern, M., et al. 2003, ApJ, 583, 1 Bernardi, M. 2007, AJ, 133, 1954 Bernardi, M., Hyde, J. B., Sheth, R. K., Miller, C. J., & Nichol, R. C. 2007, AJ, 133, 1741 Bicknell, G. V. 1995, ApJS, 101, 29 Blandford, R. D. & Rees, M. J. 1978, in Pittsburgh Conference on BL Lac Objects, ed. A. M. Wolfe (University of Pittsburgh, Pittsburgh), 328 Blandford, R. D. & Znajek, R. L. 1977, MNRAS, 179, 433 Bloom, S. D. & Marscher, A. 1996, ApJ, 461, 657 Brinkmann, W., Laurent-Muehleisen, S. A., Voges, W., et al. 2000, A&A, 356, 445 Burrows, D., Hill, J. E., Nousek, J. A., et al. 2005, Space Science Reviews, 120, 165 Caccianiga, A., Maccacaro, T., Wolter, A., Della Ceca, R., & Gioia, I. M. 1999, ApJ, 513, 51 Caccianiga, A., Maccacaro, T., Wolter, A., Della Ceca, R., & Gioia, I. M. 2000, A&AS, 144, 247 Caccianiga, A. & Marchã, M. J. 2004, MNRAS, 348, 937 Caccianiga, A., Marchã, M. J., Antón, S., Mack, K.-H., & Neeser, M. J. 2002, MNRAS, 329, 877 Cappi, M., Matsuoka, M., Comastri, A., et al. 1997, ApJ, 478, 492 Cassaro, P., Stanghellini, C., Bondi, M., et al. 1999, A&AS, 139, 601 Celotti, A., Maraschi, L., Ghisellini, G., Caccianiga, A., & Maccacaro, T. 1993, ApJ, 416, 118 Cohen, M. H., Ogle, P. M., Tran, H. D., Goodrich, R. W., & Miller, J. S. 1999, AJ, 118, 1963 Cole, S., Norberg, P., Baugh, C. M., et al. 2001, MNRAS, 326, 255 Colless, M., Dalton, G., Maddox, S., et al. 2001, MNRAS, 328, 1039 109 Collinge, M., Strauss, M., Hall, P., et al. 2005, AJ, 129, 2542 Condon, J. J., Cotton, W. D., Greisen, E. W., et al. 1998, AJ, 115, 1693 Corbett, E. A., Robinson, A., Axon, D. J., et al. 1996, MNRAS, 281, 737 Costamante, L. 2001, PhD thesis, Università degli Studi di Milano, Blazars at High Energies: BeppoSAX Observastions and TeV Candidate Sources Cross, N., Driver, S. P., Couch, W., et al. 2001, MNRAS, 324, 825 De Propris, R., Colless, M., Driver, S. P., et al. 2003, MNRAS, 342, 725 De Propris, R., Couch, W. J., Colless, M., et al. 2002, MNRAS, 329, 87 De Young, D. S. 1993, ApJ, 405, L13 Dennett-Thorpe, J. & Marchã, M. J. 2000, A&A, 361, 480 Dermer, C. D. & Schlickeiser, R. 1993, ApJ, 416, 458 Dermer, C. D., Schlickeiser, R., & Mastichiadis, A. 1992, A&A, 256, L27 di Serego-Alighieri, S., Danziger, I. J., Morganti, R., & Tadhunter, C. N. 1994, MNRAS, 269, 998 Dickey, J. & Lockman, F. 1990, ARA&A, 28, 215 Dressler, A. & Shectman, S. A. 1987, AJ, 94, 899 Efstathiou, G., Moody, S., Peacock, J. A., et al. 2002, MNRAS, 330, L29 Elgarøy, Ø., Lahav, O., Percival, W. J., et al. 2002, Physical Review Letters, 89, 061301 Fabian, A. C., Celotti, A., Iwasawa, K., & Ghisellini, G. 2001, MNRAS, 324, 628 Fanaroff, B. L. & Riley, J. M. 1974, MNRAS, 167, 31 Fernini, I., Burns, J. O., & Perley, R. A. 1997, AJ, 114, 2292 Fiore, F., Elvis, M., Giommi, P., & Padovani, P. 1998, ApJ, 492, 79 Folkes, S., Ronen, S., Price, I., et al. 1999, MNRAS, 308, 459 Fossati, G. 2005, in Revista Mexicana de Astronomia y Astrofisica, vol. 27, Vol. 23, Revista Mexicana de Astronomia y Astrofisica Conference Series, ed. S. Torres-Peimbert & G. MacAlpine, 68–76 110 Fossati, G., Maraschi, L., Celotti, A., Comastri, A., & Ghisellini, G. 1998, MNRAS, 299, 433 Franceschini, A., Bassani, L., Cappi, M., et al. 2000, A&A, 353, 910 Francis, P. J., Hooper, E., & Impey, C. 1993, AJ, 106, 417 Gehrels, N., Chincarini, G., Giommi, P., et al. 2004, ApJ, 611, 1005 Ghisellini, G. & Celotti, A. 2001, A&A, 379, L1 Ghisellini, G., Celotti, A., Fossati, G., Maraschi, L., & Comastri, A. 1998, MNRAS, 301, 451 Giommi, P., Blustin, A. J., Capalbi, M., et al. 2006, A&A, 456, 911 Giommi, P., Capalbi, M., Cavazzuti, E., et al. 2007a, A&A, 468, 571 Giommi, P. & Colafrancesco, S. 2004, A&A, 414, 7 Giommi, P. & Colafrancesco, S. 2005, Experimental Astronomy, 20, 31 Giommi, P., Colafrancesco, S., Cavazzuti, E., Perri, M., & Pittori, C. 2006, A&A, 445, 843 Giommi, P., Massaro, E., Padovani, P., et al. 2007b, A&A, 468, 97 Giommi, P., Menna, M. T., & Padovani, P. 1999, MNRAS, 310, 465 Giommi, P., Padovani, P., Perri, M., Landt, H., & Perlman, E. 2002a, in Blazar Astrophysics with BeppoSAX and Other Observatories, ed. P. Giommi, E. Massaro, & G. Palumbo, 133 Giommi, P., Perri, M., Piranomonte, S., & Padovani, P. 2002b, in Blazar Astrophysics with BeppoSAX and Other Observatories, ed. P. Giommi, E. Massaro, & G. Palumbo, 123 Giommi, P., Piranomonte, S., Perri, M., Landt, H., & Padovani, P. 2007, in preparation Giommi, P., Piranomonte, S., Perri, M., & Padovani, P. 2005, A&A, 434, 385 Gopal-Krishna & Wiita, P. J. 2001, A&A, 373, 100 Gregory, P. C., Scott, W. K., Douglas, K., & Condon, J. J. 1996, ApJS, 103, 427 Gregory, P. C., Scott, W. K., Douglas, K., & Condon, J. J. 1996, APJS, 103, 427 Griffith, M. R. & Wright, A. E. 1993, AJ, 105, 1666 Gunn, J. E., Carr, M., Rockosi, C., et al. 1998, AJ, 116, 3040 111 Hardcastle, M. J., Alexander, P., Pooley, G. G., & Riley, J. M. 1998, MNRAS, 296, 445 Hawkins, E., Maddox, S., Cole, S., et al. 2003, MNRAS, 346, 78 Heidt, J. & Wagner, S. J. 1998, A&A, 329, 853 Helfand, D. J., Becker, R., Gregg, M., et al. 1999, American Astronomical Society Meeting, 195, 1701 Hill, G. J. & Lilly, S. J. 1991, ApJ, 367, 1 Hinshaw, G., Nolta, M. R., Bennett, C. L., et al. 2007, ApJS, 170, 288 Hook, I. M., Shaver, P. A., Jackson, C. A., Wall, J. V., & Kellermann, K. I. 2003, A&A, 399, 469 Ivezić, Z., Menou, K., Knapp, G. R., et al. 2002, AJ, 124, 2364 Ivezić, Ž., Smith, J. A., Miknaitis, G., et al. 2007, AJ, 134, 973 Jackson, C. A., Wall, J. V., Shaver, P. A., et al. 2002, A&A, 386, 97 Jannuzi, B. T., Smith, P. S., & Elston, R. 1994, ApJ, 428, 130 Kaiser, C. R. & Alexander, P. 1997, MNRAS, 286, 215 Kaspi, S., Smith, P. S., Netzer, H., et al. 2000, ApJ, 533, 631 Kent, B. J., Reading, D. H., Swinyard, B. M., Spurrett, P. H., & Graper, E. B. 1990, in Presented at the Society of Photo-Optical Instrumentation Engineers (SPIE) Conference, Vol. 1344, EUV, X-ray, and Gamma-ray instrumentation for astronomy; Proceedings of the Meeting, San Diego, CA, July 11-13, 1990 (A92-20226 06-35). Bellingham, WA, Society of Photo-Optical Instrumentation Engineers, 1990, p. 255-266., ed. H. S. Hudson & O. H. Siegmund, 255–266 Kollgaard, R. I., Wardle, J. F. C., Roberts, D. H., & Gabuzda, D. C. 1992, AJ, 104, 1687 Kühr, H. & Schmidt, G. D. 1990, AJ, 99, 1 Lahav, O., Bridle, S. L., Percival, W. J., et al. 2002, MNRAS, 333, 961 Laing, R. A., Jenkins, C. R., Wall, J. V., & Unger, S. W. 1994, in The First Stromlo Symposium: The Physics of Active Glaxies, ed. G. V. Bicknell, M. A. Dopita, & P. J. Quinn (A.S.P., San Francisco), 201 Landt, H., Padovani, P., & Giommi, P. 2002, MNRAS, 336, 945 112 Landt, H., Padovani, P., & Giommi, P. 2003, submitted to MNRAS Landt, H., Padovani, P., Perlman, E. S., et al. 2001, MNRAS, 323, 757 Landt, H., Perlman, E. S., & Padovani, P. 2006, ApJ, 637, 183 Lasker, B. M., Jenkner, H., & Russell, J. L. 1987, NASA STI/Recon Technical Report N, 88, 30547 Lasker, B. M., McLean, B. J., Jenkner, H., Lattanzi, M. G., & Spagna, A. 1995, in in ESA SP-379, Future Possibilities for Astrometry in Space, ed. v. L. F. . G. T.-D. Perryman M.A.C., 137 Lauer, T. R., Faber, S. M., Richstone, D., et al. 2007, ApJ, 662, 808 Laurent-Muehleisen, S., Urry, C. M., Fossati, G., & Becker, R. 1999, in NOAO Proposal ID #1999A-0114, 114–+ Laurent-Muehleisen, S. A., Kollgaard, R., Feigelson, E. D., Brinkmann, W., & Siebert, J. 1999, ApJ, 525, 127 Laurent-Muehleisen, S. A., Kollgaard, R. I., Ciardullo, R., et al. 1998, ApJS, 118, 127 Lewis, I., Balogh, M., De Propris, R., et al. 2002, MNRAS, 334, 673 Lind, K. R. & Blandford, R. D. 1985, ApJ, 295, 358 Lisker, T., Grebel, E. K., Binggeli, B., & Glatt, K. 2007, ApJ, 660, 1186 Londish, D., Croom, S. M., Boyle, B. J., et al. 2002, MNRAS, 334, 941 Londish, D., Croom, S. M., Heidt, J., et al. 2007, MNRAS, 374, 556 Lumsden, S. L., Heisler, C. A., Bailey, J. A., Hough, J. H., & Young, S. 2001, MNRAS, 327, 459 Lupton, R. H., Gunn, J. E., & Szalay, A. S. 1999, AJ, 118, 1406 Madgwick, D. S., Hawkins, E., Lahav, O., et al. 2003, MNRAS, 344, 847 Madgwick, D. S., Lahav, O., Baldry, I. K., et al. 2002, MNRAS, 333, 133 Magliocchetti, M., Maddox, S. J., Jackson, C. A., et al. 2002, MNRAS, 333, 100 Mandelbaum, R., Hirata, C. M., Seljak, U., et al. 2005, MNRAS, 361, 1287 Maraschi, L., Ghisellini, G., & Celotti, A. 1992, ApJ, 397, L5 113 Marchã, M. J., Caccianiga, A., Browne, I. W. A., & Jackson, N. 2001, MNRAS, 326, 1455 Marchã, M. J. M., Browne, I. W. A., Impey, C. D., & Smith, P. S. 1996, MNRAS, 281, 425 Massaro, E., Perri, M., Giommi, P., Nesci, R., & Verrecchia, F. 2004, A&A, 422, 103 Massaro, E., Sclavi, S., Giommi, P., Perri, M., & Piranomonte, S. 2005, Aracne editrice, 1 McLean, B., Greene, G. R., Lattanzi, M. G., & Pirenne, B. 2000, in in ASP Conf. Ser., ADASS IX, ed. V. C. . C. D. Manset N., Vol. 216, 145–148 McLure, R. J. & Dunlop, J. S. 2001, MNRAS, 321, 515 McLure, R. J., Kukula, M. J., Dunlop, J. S., et al. 1999, MNRAS, 308, 377 Meier, D. L. 1999, ApJ, 522, 753 Monet, D. & et al. 1998, in The PMM USNO-A2.0 Catalog. (1998), 0–+ Monet, D. G., Levine, S. E., Canzian, B., et al. 2003, AJ, 125, 984 Moretti, A., Perri, M., Capalbi, M., et al. 2006, A&A, 448, 9 Morris, S. L., Stocke, J. T., Gioia, I. M., et al. 1991, ApJ, 380, 49 Murphy, D. W., Browne, I. W. A., & Perley, R. A. 1993, MNRAS, 264, 298 Nieppola, E., Tornikoski, M., & Valtaoja, E. 2006, A&A, 445, 441 Norberg, P., Baugh, C. M., Hawkins, E., et al. 2002a, MNRAS, 332, 827 Norberg, P., Cole, S., Baugh, C. M., et al. 2002b, MNRAS, 336, 907 Owen, F. N. & Ledlow, M. J. 1994, in The First Stromlo Symposium: The Physics of Active Galaxies, ed. G. V. Bicknell, M. A. Dopita, & P. J. Quinn (A.S.P., San Francisco), 319 Padovani, P. 1997, in Very High Energy Phenomena in the Universe, ed. Y. Giraud-Hèraud & J. Trâ Thanh Vân, 7 Padovani, P. 2002, in Blazar Astrophysics with BeppoSAX and Other Observatories, ed. P. Giommi, E. Massaro, & G. Palumbo, 101 Padovani, P. 2007, Astrophysics and Space Science, 190 Padovani, P. & Giommi, P. 1995, ApJ, 444, 567 Padovani, P., Giommi, P., & Fiore, F. 1997, MmSAI, 68, 147 114 Padovani, P., Giommi, P., Landt, H., & Perlman, E. S. 2007, ApJ, 662, 182 Padovani, P., Perlman, E., Landt, H., Giommi, P., & Perri, M. 2003, ApJ, 588, 128 Padovani, P. & Urry, C. M. 1990, ApJ, 356, 75 Padovani, P. & Urry, C. M. 1991, ApJ, 368, 373 Peacock, J. A., Cole, S., Norberg, P., et al. 2001, Nature, 410, 169 Percival, W. J., Baugh, C. M., Bland-Hawthorn, J., et al. 2001, MNRAS, 327, 1297 Percival, W. J., Sutherland, W., Peacock, J. A., et al. 2002, MNRAS, 337, 1068 Perlman, E. S., Padovani, P., Giommi, P., et al. 1998, AJ, 115, 1253 Perlman, E. S., Stocke, J. T., Schachter, J. F., et al. 1996, ApJS, 104, 251 Pian, E., Foschini, A., Beckmann, V., et al. 2006, A&A, 449, L21 Pian, E., Vacanti, G., Tagliaferri, G., et al. 1998, ApJL, 492, 17 Piranomonte, S., Perri, M., Giommi, P., Landt, H., & Padovani, P. 2007, A&A, 470, 787 Prestage, R. M. & Peacock, J. A. 1988, MNRAS, 230, 131 Prochaska, J. X., Herbert-Fort, S., & Wolfe, A. M. 2005, ApJ, 635, 123 Rector, T. A. & Stocke, J. T. 2001, AJ, 122, 565 Rector, T. A., Stocke, J. T., Perlman, E. S., Morris, S. L., & Gioia, I. M. 2000, AJ, 120, 1626 Rees, M. 1966, Nature, 211, 468 Reynolds, C. S., Fabian, A. C., Celotti, A., & Rees, M. J. 1996, MNRAS, 283, 873 Richards, G. T., Fan, X., Newberg, H. J., et al. 2002, AJ, 123, 2945 Roming, P. W. A., Kennedy, T. E., Mason, K. O., et al. 2005, SSRv, 120, 143 Rybicki, G. B. & Lightman, A. P. 1979, Radiative Processes in Astrophysics (John Wiley & Sons, New York) Sadler, E. M., Jackson, C. A., Cannon, R. D., et al. 2002, MNRAS, 329, 227 Scarpa, R. & Falomo, R. 1997, A&A, 325, 109 115 Schmidt, M. 1968, ApJ, 151, 393 Schmitt, H. R. & Kinney, A. L. 1996, ApJ, 463, 498 Shanks, T., Boyle, B. J., Croom, S., et al. 2000, in ASP Conf. Ser. 200: Clustering at High Redshift, ed. A. Mazure, O. Le Fèvre, & V. Le Brun, 57–+ Sikora, M., Begelman, M. C., & Rees, M. J. 1994, ApJ, 421, 153 Sitko, M. L. & Junkkarinen, V. T. 1985, PASP, 97, 1158 Sowards-Emmerd, D., Romani, R. W., Michelson, P. F., Healey, S. E., & Nolan, P. L. 2005, ApJ, 626, 95 Spergel, D. N., Verde, L., Peiris, H. V., et al. 2003, APJS, 148, 175 Stickel, M., Fried, J. W., Kühr, H., Padovani, P., & Urry, C. M. 1991, ApJ, 374, 431 Stocke, J. T., Morris, S. L., Gioia, I. M., et al. 1991, ApJS, 76, 813 Stoughton, C., Lupton, R. H., Bernardi, M., et al. 2002, AJ, 123, 485 Strittmatter, P. A., Serkowski, K., Carswell, R., et al. 1972, ApJ, 175, L7 Sutherland, W. J., Maddox, S. J., Efstathiou, G. P., & Loveday, J. 1988, in Bulletin of the American Astronomical Society, Vol. 20, Bulletin of the American Astronomical Society, 1035–+ Tadhunter, C. N., Morganti, R., Robinson, A., et al. 1998, MNRAS, 298, 1035 Tasker, N. 2000, Identifications from the PMN Southern Survey (Ph. D. Thesis) Tody, D. 1986, in Instrumentation in astronomy VI; Proceedings of the Meeting, Tucson, AZ, Mar. 4-8, 1986. Part 2 (A87-36376 15-35). Bellingham, WA, Society of Photo-Optical Instrumentation Engineers, 1986, p. 733., ed. D. L. Crawford, 733–+ Tody, D. 1993, in ASP Conf. Ser. 52: Astronomical Data Analysis Software and Systems II, ed. R. J. Hanisch, R. J. V. Brissenden, & J. Barnes, 173–+ Truemper, J., Hasinger, G., Aschenbach, B., Braeuninger, H., & Briel, U. G. 1991, Nature, 349, 579 Trümper, J. 1983, Advances in Space Research, 2, 241 Turriziani, S., Cavazzuti, E., & Giommi, P. 2007, A&A, in press 116 Ubertini, P., Lebrun, F., Di Cocco, G., et al. 2003, A&A, 411, L131 Ulrich, M. H. 1981, A&A, 103, L1 Urban, S., Corbin, T., & Wycoff, G. 1997, in Bulletin of the American Astronomical Society, Vol. 29, Bulletin of the American Astronomical Society, 1306–+ Urry, C. M. & Padovani, P. 1995, PASP, 107, 803 Urry, C. M., Padovani, P., & Stickel, M. 1991, ApJ, 382, 501 Urry, C. M., Scarpa, R., O’Dowd, M., et al. 2000, ApJ, 532, 816 Vagnetti, F. & Spera, R. 1994, ApJ, 436, 611 Vanden Berk, D. E., Richards, G. T., Bauer, A., et al. 2001, AJ, 122, 549 Verde, L., Heavens, A. F., Percival, W. J., et al. 2002, MNRAS, 335, 432 Vermeulen, R. & Cohen, M. 1994, ApJ, 430, 467 Veron-Cetty, M.-P. & Veron, P. 2000, A catalogue of quasars and active nuclei (A catalogue of quasars and active nuclei, 9th ed. Garching: European Southern Observatory (ESO), 2000, ESO Scientific Report no. 19.) Voges, W., Aschenbach, B., Boller, T., et al. 2000a, IAU Circ., 7432, 3 Voges, W., Aschenbach, B., Boller, T., et al. 2000b, VizieR Online Data Catalog, 9029, 0 Voges, W., Aschenbach, B., Boller, T., et al. 1999, A&A, 349, 389 Wall, J. V., Jackson, C. A., Shaver, P. A., Hook, I. M., & Kellermann, K. I. 2005, A&A, 434, 133 Wall, J. V. & Peacock, J. A. 1985, MNRAS, 216, 173 Wells, A., Abbey, A. F., Barstow, M. A., et al. 1990, in Presented at the Society of Photo-Optical Instrumentation Engineers (SPIE) Conference, Vol. 1344, EUV, X-ray, and Gamma-ray instrumentation for astronomy; Proceedings of the Meeting, San Diego, CA, July 11-13, 1990 (A92-20226 06-35). Bellingham, WA, Society of Photo-Optical Instrumentation Engineers, 1990, p. 230-243. Research supported by SERC., ed. H. S. Hudson & O. H. Siegmund, 230–243 White, R., Becker, R., Helfand, D., & Gregg, M. 1997, ApJ, 475, 479 Winkler, C., Courvoisier, T. J.-L., Di Cocco, G., et al. 2003, A&A, 411, L1 Wold, M., Lacy, M., Lilje, P. B., & Serjeant, S. 2000, MNRAS, 316, 267 Wolter, A. & Celotti, A. 2001, A&A, 371, 527 Wurtz, R., Stocke, J. T., Ellingson, E., & Yee, H. K. C. 1997, ApJ, 480, 547 Xu, C., Livio, M., & Baum, S. 1999, AJ, 118, 1169 Appendice A Note sulla SDSS Equipped with his five senses, man explores the universe around him and calls the adventure Science. - Edwin Powell Hubble A.1 Algoritmo di selezione per i quasar Un piccolo cenno merita l’algoritmo di selezione dei quasar per la spettroscopia ottica utilizzato dalla SDSS, descritto in Richards et al. (2002). I candidati a quasar sono selezionati tramite i loro colori non stellari nella fotometria a larga banda (ugriz) e cercando gli oggetti non risolti nel radio catalogo della FIRST. L’algoritmo automatico è sensibile per i quasar a redshift minore di 5.8. Sorgenti estese sono lo stesso selezionate come possibili quasar con lo scopo di investigare l’evoluzione degli AGN all’estremità debole della funzione di luminosità. Oltre a selezionare quasar ”normali”, il progetto dell’algoritmo è tale da renderlo sensibile a scoprire AGN atipici come BAL a quasar e quasar fortemente arrossati. La completezza dell’algoritmo è presupposta essere del 90%, mentre la sua efficienza b è migliore del 65%. Il bilancio tra completezza ed efficienza è molto delicato: essendoci nei dati molte più stelle che quasar, migliorare l’efficienza implica il non selezionare oggetti in regioni dello spazio dei colori in cui si trovano sia stelle che QSO, ma ciò porta inevitabilmente ad avere una diminuzione nella completezza. A differenza di altre survey di quasar, l’algoritmo di selezione dei quasar è stato realizzato prima che fossero acquisiti molti dei a b Broad Absorption Line rapporto tra quasar effettivi e quasar candidati F A.1. Curve dei filtri (ugriz). Fonte: EDR paper dati fotometrici; inoltre, era stato richiesto che l’algoritmo dovesse essere completamente automatizzato e che operasse su un singolo oggetto per volta indipendentemente dalla presenza di altri oggetti. La banda passante di lunghezze d’onda dei filtri utilizzati nella SDSS consentirebbe di selezionare quasar fino a redshift oltre 6. L’algoritmo automatizzato qui descritto però necessita l’esistenza del flusso in almeno due bande, il che impone un limite superiore per il redshift intorno a 5.8, basato sulla trasmissione minima tra le curve dei filtri i e z a 8280 Å a cavallo dell’emissione Lyman α. È possibile utilizzare i dati della survey per scoprire quasar ad alto redshift studiando tutti quegli oggetti rilevati solo nel filtro z. Tuttavia una ricerca del genere va oltre le possibilità della survey proprio come l’efficienza di una selezione automatica di oggetti rilevati nel solo filtro z è troppo bassa; ricerche di quasar di redshift molto alto richiede una spettroscopia al di là delle operazioni standard della SDSS. All’estremità di basso redshift, il progetto del filtro u e il gap tra i filtri u e g sono stati scelti in modo da enfatizzare la differenza tra oggetti le cui Distribuzioni Spettrali di Energia (SED) seguono una legge di potenza, come i quasar di redshift inferiore a 2.2, e oggetti che sono fortemente influenzati dal decremento di Balmer, come le stelle di tipo A, che sono storicamente le prime ”contaminanti” nelle survey multicolore dei quasar a basso redshift. Le curve dei filtri SDSS sono in Figura A.1. Brevemente, l’algoritmo di selezione dei quasar è strutturato come segue: 1. oggetti con flussi problematici e/o spurii sono rifiutati; 2. le sorgenti puntiformi non risolte sono confrontate con gli oggetti nel catalogo FIRSTc senza riferimento al loro colore; 3. le sorgenti rimaste dopo il primo passo sono comparate con la distribuzione di stelle e galassie non attive in due distinti spazi di colore a tre dimensioni, uno per i candidati a quasar di basso redshift, basato sui colori (ugri) d ; l’altro, per i candidati a quasar di alto redshift è basato invece sui colori (griz) e . Nello spazio quadridimensionale dei colori SDSS, le stelle in particolare appartengono ad un luogo di punti unidimensionale, che è stato esplicitamente modellato e sarà tenuto fisso per tutta la durata della survey. Tutti quegli oggetti che giacciono fuori dalle regioni di colore popolate da stelle e galassie ”normali” sono selezionati per la successiva spettroscopia se soddisfano una serie di altri criteri, quali tagli in magnitudine. È importante evidenziare che durante il processo di selezione non viene segnata alcuna linea di demarcazione tra i quasar e i loro cugini meno luminosi, ovvero le galassie di Seyfert: infatti, oggetti che hanno colori di AGN a basso redshift sono selezionati per la spettroscopia anche se sono risolti. Questa politica è in contrasto con quella di altre survey di quasar, nelle quali si scartano usualmente gli oggetti estesi, imponendo cosı̀ un limite inferiore alla distribuzione dei redshift della survey. Nella SDSS il termine quasar è spesso usato come sinonimo di AGN; in effetti, i dati SDSS completi serviranno per verificare se la tradizionale separazione fatta in letteratura tra quasar e galassie di Seyfert abbia realmente motivo di esistere. L’algoritmo seleziona oggetti più deboli di i = 15. Per la selezione nello spazio (ugri) si prendono in considerazione gli oggetti fino ad i = 19.1, mentre per gli oggetti selezionati nello spazio (griz) la ricerca è spinta fino a i = 20.2. Basandosi sull’esperienza delle precedenti survey multicolore e dai dati del periodo di commissionamento della SDSS, è noto che esistono regioni dello spazio dei colori che pur essendo fuori del luogo dei punti ”stellare” sono popolati soprattutto da altri oggetti che non da quasar. Inoltre ci sono regioni popolate da quasar che l’algoritmo cosı̀ strutturato non analizzerebbe. Quindi sono state definite alcune regioni dello spazio i cui oggetti sono esplicitamente esclusi o inclusi. Sono scartati tutti quegli oggetti, che si trovano in tre regioni dello spazio: la regione tipicamente dominata dalle nane bianche (WD), la regione dalle stelle di tipo A (A stars) e la regione occupata da coppie di stelle rosso-blu non risolte, generalmente formate da stelle il confronto è fatto entro un raggio di 2 arc sec (u - g), (g - r), (r - i) e (g - r), (r - i), (i - z) c d di tipo M e nane bianche (WD+M). La regione di inclusione ”mid-z” tiene invece conto delle intersezioni tra il luogo dei punti ”stellare” e quello che potrebbe essere definito come ”luogo dei punti dei quasar” per quasar di redshift tra 2.5 e 3.0. Questa inclusione ha diminuito l’efficienza dell’algoritmo, ma altrimenti non sarebbe stato possibile investigare questo range di redshift. L’algoritmo cosı̀ descritto è operativo dal 24 Agosto 2001; tutti gli spettri registrati con questa versione finale del codice costituiscono le basi per il campione statistico di quasar della SDSS. A.2 Conversione tra magnitudini e flussi È necessaria una nota sul particolare sistema di magnitudini usate nella SDSS, espresse come magnitudini asinhf , qualche volta chiamate informalmente ”luptitudes” . La transformazione da misure di flusso lineari a magnitudini asinh è designata per essere virtualmente identica alle magnitudini astronomiche standard g ad alto S/Nh , ma devia dal comportamento a basso S/N ed anche a valori negativi del flusso, dove il logaritmo nelle magnitudini Pogson fallisce. Dettagli sulle ”luptitudes” possono essere trovati in Lupton et al. (1999). Qui si vogliono fornire solo le equazioni di trasformazione nei due diversi sistemi per un confronto immediato: Pogson mag = −2.5 ∗ log10 ( f ) fo (A.1) asinh f 2.5 f mag = − ∗ [asinh( o ) + ln(b)] ln10 2b (A.2) dove b è il ”softening parameter” per la banda fotometrica in questione ed è dato per completezza in Tabella A.1. Le magnitudini SDSS sono magnitudini AB. Il sistema AB è definito cosı̀ che ciascun filtro ha una densità di flusso di punto zero di 3631 Jy i . Per ottenere la densità di flusso dai dati SDSS, occorre invertire la relazione (A.2) ed esprimere ffo in funzione della magnitudine. Quindi, la densità di flusso S è semplicemente: seno iperbolico inverso magnitudini Pogson h rapporto segnale-rumore i 1 Jy = 1 Jansky = 10−26 W Hz−1 m−2 = 10−23 erg s−1 Hz−1 cm−2 f g T A.1. SOFTENING PARAMETER Filtro u g r i z b 1.4 10−10 0.9 10−10 1.2 10−10 1.8 10−10 7.4 10−10 Magnitudine di flusso zero 24.63 25.11 24.80 24.36 22.83 S = 3631Jy ∗ f fo m(f/f0 = 10b) 22.12 22.60 22.29 21.85 20.32 (A.3) Quindi bisognerebbe applicare la correzione dell’offset di punto zero tra il sistema SDSS e il sistema AB. Questa correzione non è del tutto nota, ma è stato stimato che i flussi ottenuti nell’ipotesi che i due sistemi siano coincidenti possono avere un errore sistematico al massimo del 10%. Appendice B IRAF Facts are not science - as the dictionary is not literature. - Martin H. Fischer IRAF - Image Reduction and Analysis Facility - è un prodotto dei National Optical Astronomy Observatories (NOAO) ed è stato sviluppato per la comunità astronomica sebbene ricercatori di altri campi scientifici hanno trovato IRAF molto utile per l’image processing in generale. IRAF fornisce agli utenti infatti un ampio numero di image tools. In tutte le distribuzioni di IRAF è incluso il NOAO science software, i.e. tool di analisi, riduzione fotometrica e spettroscopica. Il “core” di IRAF consente all’utente di utilizzare un’ampia gamma di image processing tools con un’interfaccia di comandi in linea. I comandi di IRAF, chiamati tasks, sono eseguiti per svolgere diverse funzioni; l’utente può agire sul parameter file di ciascun task per modificare l’output del task stesso. Le caratteristiche del sistema includono tra l’altro: • un ambiente indipendente dal sistema host; • interfaccia a linea di comando; • I/O di file immagine tipo FITS; • diversi ambienti di programmazione per l’utente; • visualizzazione di grafici e immagini di tipo interattivo. Sotto l’ambiente IRAF è possibile installare dei packages aggiuntivi, detti layered packages. Tra i più famosi ed utilizzati si ricordano STSDAS e XRAY, rispettivamente per l’analisi dei dati da Hubble Space Telescope e da ROSAT. IRAF è disponibile gratuitamente per il download da internet e funziona su una vasta selezione di piattaforme VMS e UNIX-based. Appendice C Catalogo ROXA Every great advance in science has issued from a new audacity of imagination. - John Dewey Nella pagina seguente è riportata in versione cartacea la prima pagina del catalogo ROXA (Tabella C.1). La Tabella completa è attualmente disponibile in formato elettronico sul sito dell’ASDCa e sarà presto disponibile anche presso il Centre de Donnes astronomiques de Strasbourg (CDS)b . Essa contiene le coordinate delle sorgenti e alcune proprietà quali il redshift, il flusso a 1,4 GHz (NVSS) e a 5 GHz in mJy, la magnitudine SDSS nel filtro g’, la magnitudine 2dF B j , il flusso X (RASS) in erg cm−2 s−1 ed altri valori d’interesse quali fx / fr ,CaH&K break e le luminosità radio e X, oltre alla classificazione. I nomi delle sorgenti, listati nella prima colonna di ogni pagina della tabella, sono del tipo ROXA JHHMMSS.s+DDMMSS.sc, dove le coordinate sono quelle ottiche calcolate dalle survey SDSS e 2dF. Per gli oggetti osservati in entrambe le survey si è optato per i valori SDSS in quanto maggiormente accurati. Nella colonna della classificazione sono stati utilizzati i seguenti apici [ a ]: - *: nuova classificazione per gli oggetti classificati in maniera diversa in letteratura; - @: nuovo oggetto (mai identificato prima di questo lavoro); - z : oggetti che hanno redshift ricalcolati in questa tesi. http://www.asdc.asi.it/roxa/public.php http://cdsweb.u-strasbg.fr/ c le coordinate sono troncate non arrotondate a b T C.1. The ROXA - Radio Optical X-ray ASDC Blazar Sample Source name ROXA J000132.8+145608.0 ROXA J000345.1-110818.4 ROXA J000416.6-290235.0 ROXA J000558.4-275858.1 ROXA J000559.2+160948.9 ROXA J000622.6-000424.3 ROXA J001130.4+005751.8 ROXA J001339.1-322443.8 ROXA J002300.6+144656.6 ROXA J002430.1-292855.3 ROXA J002435.8-123541.8 ROXA J002824.1-292413.1 ROXA J002903.7-283324.1 ROXA J003514.6+151504.1 ROXA J003552.9-091150.1 ROXA J003555.4+155317.9 ROXA J003626.8+001303.6 ROXA J004016.3-271912.5 ROXA J004052.3-290215.6 ROXA J004213.5+150915.2 ROXA J004351.1-282740.8 ROXA J005041.2-092905.1 ROXA J005132.5-301950.4 ROXA J005252.5-282554.9 ROXA J005427.7-341949.8 ROXA J005829.2-285907.4 a z 0.40 1.57 0.55 0.62 0.45 1.04 1.49 0.26 0.39 0.41 0.19 0.95 0.41 0.00 1.00 1.16 0.56 0.00 0.26 1.15 0.84 0.00 0.26 1.64 0.11 0.22 B j mag 0.0 0.0 18.2 18.0 0.0 0.0 0.0 18.5 0.0 17.5 18.8 18.4 19.1 0.0 0.0 0.0 0.0 18.0 18.5 0.0 18.9 0.0 19.3 18.5 18.2 19.1 g’ mag 19.1 20.0 0.0 0.0 15.4 20.0 20.4 0.0 20.5 0.0 0.0 0.0 0.0 16.9 19.9 17.3 20.2 0.0 0.0 21.1 0.0 16.4 0.0 0.0 0.0 0.0 Radio flux 1.4 GHz mJy 315.4 354.1 16.1 309.1 805.3 3898.2 167.3 155.7 7.5 2923.9 62.3 7.6 9.9 18.8 93.8 440.7 609.0 160.6 49.5 156.8 53.3 814.7 17.5 224.8 52.6 30.4 Radio flux 5 GHz mJy 156.0 118.0 0.0 0.0 0.0 0.0 140.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 153.0 0.0 0.0 0.0 116.0 0.0 931.0 0.0 0.0 0.0 0.0 X-ray flux fx / fr Lx Lr erg cm−2 s−1 9.90E-13 3.70E-13 1.20E-12 1.00E-12 8.70E-12 6.20E-13 5.40E-13 4.70E-13 8.30E-13 4.20E-12 4.00E-13 1.30E-12 3.60E-13 7.30E-12 5.00E-13 5.80E-13 4.20E-13 5.00E-12 6.80E-13 7.00E-13 3.60E-13 5.00E-12 8.80E-13 4.90E-13 7.10E-13 6.00E-13 erg cm−2 s−1 Jy−1 6.35E-12 3.14E-12 1.01E-10 4.37E-12 1.46E-11 2.15E-13 3.86E-12 4.08E-12 1.50E-10 1.94E-12 8.68E-12 2.31E-10 4.91E-11 5.25E-10 7.20E-12 3.79E-12 9.32E-13 4.21E-11 1.86E-11 6.03E-12 9.13E-12 5.37E-12 6.79E-11 2.95E-12 1.82E-11 2.67E-11 erg s−1 5.55E+44 5.90E+45 1.47E+45 1.65E+45 6.49E+45 3.54E+45 7.59E+45 9.76E+43 4.31E+44 2.46E+45 4.24E+43 6.03E+45 2.15E+44 0.00E+00 2.64E+45 4.40E+45 5.30E+44 0.00E+00 1.44E+44 5.18E+45 1.22E+45 0.00E+00 1.88E+44 8.73E+45 2.21E+43 8.53E+43 erg s−1 Hz−1 1.77E+33 5.64E+34 1.97E+32 5.09E+33 6.01E+33 2.23E+35 2.35E+34 3.23E+32 3.89E+31 1.71E+34 6.61E+31 3.52E+32 5.92E+31 0.00E+00 4.95E+33 3.34E+34 7.68E+33 0.00E+00 1.05E+32 1.16E+34 1.80E+33 0.00E+00 3.73E+31 4.01E+34 1.63E+31 4.32E+31 CaH&K 0.43 0 0 Classification a SSRQ* SSRQ* QSO RL FSRQ SSRQ SSRQ FSRQ R.G./BL Lac* BL Lac@ SSRQ* R.G./BL Lac* QSO RL* QSO RL BL Lac z QSO RL SSRQ* SSRQ BL Lac QSO RL FSRQ* FSRQ* BL Lac z BL Lac candidate@ FSRQ* R.G./FSRQ* R.G./BL Lac* *: new classification for those objects differently classified in literature; @: new object (never identified before this work); z : objects with newly estimated redshifts * Ringraziamenti Questo lavoro si basa in parte su dati dai cataloghi 2dF, SDSS, NVSS, ROSAT, GSC2, GB6, Parkes-MIT-NRAO (PMN), NORTH6cm e relativi servizi on-line. Dati aggiuntivi sono stati ottenuti dal NASA/IPAC Extragalactic Database (NED) e dall’ASI Science Data Center (ASDC). Funding for the SDSS and SDSS-II has been provided by the Alfred P. Sloan Foundation, the Participating Institutions, the National Science Foundation, the U.S. Department of Energy, the National Aeronautics and Space Administration, the Japanese Monbukagakusho, the Max Planck Society, and the Higher Education Funding Council for England. The SDSS is managed by the Astrophysical Research Consortium for the Participating Institutions. The Participating Institutions are the American Museum of Natural History, Astrophysical Institute Potsdam, University of Basel, Cambridge University, Case Western Reserve University, University of Chicago, Drexel University, Fermilab, the Institute for Advanced Study, the Japan Participation Group, Johns Hopkins University, the Joint Institute for Nuclear Astrophysics, the Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology, the Korean Scientist Group, the Chinese Academy of Sciences (LAMOST), Los Alamos National Laboratory, the Max-Planck-Institute for Astronomy (MPIA), the Max-Planck-Institute for Astrophysics (MPA), New Mexico State University, Ohio State University, University of Pittsburgh, University of Portsmouth, Princeton University, the United States Naval Observatory, and the University of Washington. IRAF is distributed by the National Optical Astronomy Observatories, which are operated by the Association of Universities for Research in Astronomy, Inc., under cooperative agreement with the National Science Foundation. Vorrei ringraziare sentitamente il Dott. Paolo Giommi per avermi coinvolto in questo ambizioso progetto scientifico e per i suoi innumerevoli insegnamenti. Ringrazio poi di cuore Elisabetta Cavazzuti, mia compagna d’avventura, per il supporto costante e paziente nello svolgimento di un lavoro di cosı̀ ampio respiro, soprattutto ogniqualvolta si sono presentati ostacoli da superare. Ringrazio il Prof. Fausto Vagnetti per avermi lasciato la più completa autonomia nella scelta dell’argomento di tesi e per avermi sostenuto durante tutto il percorso di laurea spe- cialistica. Per il supporto ed i consigli ricevuti in questi anni i miei pensieri sono anche rivolti ai Prof. Berrilli, Buonanno ed Egidi. Ringrazio altresı̀ lo staff dell’ASDC per il materiale ed il software messo gentilmente a disposizione per la realizzazione di questo progetto e per la disponibilità incontrata durante lo svolgimento dello stesso. In particolare, ricordo Francesca Tamburelli (DATASPAZIO) e la sua disponibilità nell’avermi aiutato a risolvere alcuni problemi con le librerie di HEASOFT. Voglio qui ringraziare anche Silvia Piranomonte per avermi gentilmente fornito spiegazioni utilissime per effettuare calcoli spettroscopici con l’ausilio di IRAF. Ringrazio inoltre il Prof. Enrico Massaro e il Dott. Sergio Colafrancesco per le proficue discussioni scientifiche in merito ad alcuni degli oggetti del campione. Un grazie al Dott. Paolo Padovani per le librerie in fortran per svolgere calcoli cosmologici e per aver fornito la referenza per il catalogo ATCAPMN. Si ringrazia il Prof. De Bernardis per gli upper limit di WMAP-3yr per ROXA J081009.9+384757.0. Un ringraziamento speciale va alla mia famiglia, che mi ha sempre spronata a dare il meglio di me in ogni circostanza ed ha sempre avuto fiducia nelle mie capacità. Ringrazio mio padre per essersi sempre adattato ai miei orari ed ai miei spostamenti e mia madre che si presa sempre cura di me. Ringrazio mia sorella, per aver cercato di restituirmi il sorriso nei giorni più tristi con i suoi motti di spirito. Ringrazio i miei nonni perché con la loro semplicità e buon cuore hanno sempre festeggiato i piccoli e grandi traguardi della mia vita. Ringrazio le mie amiche Chiara e Francesca, per essere state al mio fianco ed aver cercato di condividere con me gioie e dolori. Grazie alla loro amicizia sono riuscita a ritrovare gli stimoli per andare avanti anche nei momenti più bui. Infine, un pensiero speciale per Alex, che per me è stato come un fratello: l’affetto che mi ha sempre dimostrato mi ha fatto capire che gli angeli esistono e che nella vita li puoi incontrare ogni giorno, quando meno te lo aspetti.