atti d`ufficio
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ATTUALITÀ GIURIDICA LA FATTISPECIE CONFIGURA UNA OMISSIONE PREVISTA DALL’ART. 328 C.P.? CRITERI PRATICI DI APPLICAZIONE. UNA STORIA DI TANTI ANNI FA. Perché una storia di tanti anni fa? Perché l’ipotesi di reato prevista e disciplinata dall’art. 328 C.P. ha avuto un percorso con cosiddetto effetto a fisarmonica, dai primi anni ’90 ad oggi. Diamo preliminarmente un piccolo cenno esplicativo sulla lettera della norma. L’art. 328 richiamato, al comma primo prevede una precisa sanzione, che nello specifico non stiamo qui a commentare o valutare, nei confronti del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene e sanità risulta dovuto. Al comma secondo lo stesso articolo prevede altresì una sanzione per il pubblico ufficiale che, fuori dai casi previsti dal primo comma, entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse, richiesta chiaramente da trasmettere per iscritto, non compie l’atto richiesto dal suo ufficio o non risponde per esporre le ragioni del ritardo. Torniamo ora alla storia di cui parlavo all’inizio dell’articolo. Nei primi anni ’90 vi è stato un sovraffollamento di tutte le procure, strapiene di ricorsi relativi ad ipotesi di reato per abuso ed omissione di atti di ufficio. Sovraffollamento che all’inizio portò quasi ad un collasso per il vaglio delle singole notizie di reato, poi il tutto si sgonfiò (ecco l’effetto a fisarmonica di cui innanzi) quando le procure in assenza di elementi richiesero numerosissime archiviazioni. Perché all’inizio degli anni ’90 si determinò l’affollamento di denunce? Senz’altro la risposta la troviamo nel confronto tra una vecchia legislazione che rendeva l’operato della pubblica 10 di Raffaele Notari RIFIUTO DI ATTI D’UFFICIO ATTUALITÀ GIURIDICA amministrazione meno visibile ed una nuova legislazione improntata ai principi della trasparenza (L. 7 agosto 1990 n. 241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”). Una risposta che troviamo nella rabbia maturata negli animi di molti verso una pubblica amministrazione che chiudeva il proprio operato allo sguardo dei cittadini. Ora in ordine alla attuale fortuna applicativa dell’articolo 328, bisogna valutare le trasformazioni subite nel tempo dalla norma in questione. Essa infatti nell’originaria formulazione del codice Rocco era diretta a contenere il fenomeno di- lagante di malcostume e corruzione nella pubblica amministrazione ed era per questa ragione di portata applicativa più ampia. Oggi le cose sono diverse, l’applicazione della norma avviene entro limiti precisi e preordinati. I limiti sono evidenti e ricavabili da una interpretazione dichiarativa della norma stessa, almeno per quanto attiene il primo comma. Risulta infatti di chiara lettura che il rifiuto del pubblico ufficiale non può riferirsi ad uno qualsiasi degli atti dovuti dallo stesso, ma solamente a quelli che attengono ragioni di giustizia, di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di igiene e sanità. Cosa succede per gli altri atti che attengono materie o ragioni diverse ? Diciamo che il cittadino che ritiene di essere stato danneggiato da un atto dovuto del pubblico ufficiale, non rientrante nella ipotesi normativa indicata, potrà ricorrere in sedi diverse a seconda del ramo interessato dall’atto lesivo, ma non di certo innanzi al giudice penale per fattispecie rientrante nell’art. 328 enunciato. Problema diverso riguarda l’applicazione del secondo comma, che deve avvenire entro limiti e previsioni precise, anche in assenza di una indicazione espressa della norma. Innanzitutto l’omissione entro i trenta giorni prevista dal secondo comma dell’art. 328, può essere sostituita da una esposizione del pubblico ufficiale che giustifica le ragioni del proprio ritardo. D’altronde la ratio di questo secondo punto del capoverso dell’art. 328 è ravvisabile chiaramente in una esigenza di carattere pratico volta a consentire alla pubblica amministrazione il regolare svolgimento dei propri compiti. Sarebbe inopportuno pretendere che in trenta giorni la pubblica amministrazione debba obbligatoriamente concludere ogni procedimento in atto. Con circolare ministeriale esplicativa del 4 dicembre 1990, il Ministro della Funzione Pubblica all’epoca in carica indicava a titolo esemplificativo le principali cause di ritardo da ritener- si legittime: la particolare complessità dell’istruttoria, la necessità di acquisire pareri amministrativi o tecnici, l’elevato numero di pratiche da evadere, ecc. La Giurisprudenza poi ha chiarito un altro aspetto interpretativo ed applicativo importante. L’art. 328 nel prevedere al secondo comma il concetto di omissione, non intende riferirsi al buon andamento della pubblica amministrazione ed al suo aspetto organizzativo, ma all’agire della stessa nei rapporti con l’esterno. Non è infatti sanzionabile una omissione che dovesse concretizzarsi in una violazione dei doveri di ufficio, se questi doveri violati non hanno rilevanza all’esterno. In altre parole l’omissione dell’atto dovuto, affinché si configuri l’applicazione dell’art. 328 C.P. deve essere un atto al quale il privato, come terzo, possa essere interessato. In definitiva quindi, ai fini della giusta applicazione oggi della fattispecie astrattamente prevista dall’art. 328 C.P. occorre ricordare: per quanto riguarda il primo comma, il rifiuto dell’atto dovuto, deve espressamente attenere ragioni di giustizia, di sicurezza pubblica, di ordine pubblico o di igiene e sanità. Ricorrere avverso il rifiuto di un pubblico ufficiale, in relazione ad un atto da questi dovuto, con denuncia querela presso la Procura competente per territorio, ai sensi dell’art. 328 C.P. è perfettamente inutile e determinerà senz’altro l’archiviazione dello stesso ricorso, se non attiene le ragioni suesposte così come riportate nello stesso indicato articolo. Per quanto riguarda invece il secondo comma occorre ricordare che il pubblico ufficiale deve entro trenta giorni dalla richiesta (richiesta da fare esclusivamente per iscritto) compiere l’atto dovuto dal suo ufficio, oppure rispondere esponendo le ragioni del suo ritardo. Chiaramente l’omissione è da ritenersi tale, solo se riguarda il rapporto con l’esterno ossia se riguarda un atto al quale il privato possa essere interessato. 11