manuale del consulente di agricoltura biologica

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manuale del consulente di agricoltura biologica
ES/07/LLP-LdV/TOI/149026
MANUALE DEL CONSULENTE DI
AGRICOLTURA BIOLOGICA
Edizione italiana
a cura di BIOCERT
MANUALE DEL CONSULENTE
DI AGRICOLTURA BIOLOGICA
Edizione italiana
a cura di BIOCERT
Il presente manuale è stato elaborato nell’ambito del
Programma comunitario per l’apprendimento permanente
Progetto multilaterale di trasferimento dell’innovazione Leonardo da Vinci
ECOLEARNING - ES/07/LLP-LdV/TOI/149026
La versione italiana è stata curata da:
© BIOCERT Associazione
Via Tasso 169 i – 80127 Napoli – Italia
Tel. +39 081 7613830 Fax 081 7612734
[email protected]
www.biocert.it
Edizioni Biocert – Napoli, 2008
Il presente progetto è finanziato con il
sostegno della Commissione europea.
L'autore è il solo responsabile di questa
pubblicazione e la Commissione declina ogni
responsabilità sull'uso che potrà essere fatto
delle informazioni in essa contenute.
INDICE
INTRODUZIONE ………………..…………………………………
5
CAPITOLO 1. COMPETENZE GESTIONALI …………………..
9
1.1. Gestire la conversione dal convenzionale
al biologico ………………………………………….……
1.1.a. Normativa dell’agricoltura biologica
1.1.b. Standards internazionali
1.1.c. Piano di riconversione
1.1.d. bilancio energetico dell’azienda
1.2. La tracciabilità della filiera agroalimentare …………
1.2.a. La normativa sulla tracciabilità degli alimenti
1.2.b. Certificazione della tracciabilità nella filiera
agroalimentare
1.2.c. Controllo sugli OGM
1.3. Certificazione di qualità, tipicità, sociale
ed ambientale ……………………………………………
1.3.a. Certificazione di qualità
1.3.b. Certificazione di tipicità
1.3.c. Certificazione sociale ed ambientale
1.4. Multifunzionalità …………………………………………
1.4.a. Agriturismo
1.4.b. Gestione del paesaggio
1.4.c. Fattorie didattiche
9
27
35
43
CAPITOLO 2. COMPETENZE COMMERCIALI ………………. 49
2.1. Strategie di Marketing ………………………………… 50
2.1.a. Canali di vendita dei prodotti biologici
2.1.b. Agricoltura biologica e marketing territoriale
2.2. Marketing e nuove tecnologie ………………………. 61
2.3. Etichettatura delle produzioni da agricoltura
Biologica ………………………………………………… 64
2.3.a. legislazione internazionale sull’etichettatura
delle produzioni biologiche
2.3.b. etichettatura Fair-trade
CAPITOLO 3. COMPETENZE PRODUTTIVE …………………. 68
3.1. Principi dell’agricoltura biologica ………………..….. 68
3.1.a. Approccio olistico
3.1.b. Principi di salute, ecologia, equità sociale, cautela
3.2. Gestione della fertilità del suolo ………………………. 70
3.2.a. Fertilità del suolo
3.2.b. Compostaggio e riciclaggio della biomassa
3.2.c. Rotazioni e consociazioni
3.2.d. Fertilizzanti autorizzati
3.3. Difesa fitosanitaria ……………………………………….. 80
3.3.a. Prevenzione
3.3.b. Controllo biologico
3.3.c. Controllo della flora spontanea
3.3.d. Prodotti autorizzati
3.4. Produzioni e trasformazioni agroalimentari ……...….101
3.4.a. Produzioni vegetali
3.4.b. Produzioni animali
3.4.c. Conservazione e trasformazione degli alimenti
CONCLUSIONI ………………………………………………………132
GLOSSARIO …………………………………………………………133
BIBLIOGRAFIA / SITI INTERNET …………………...…………… 146
INTRODUZIONE
Questo manuale rappresenta l’adattamento e l’evoluzione del lavoro
realizzato nel 2006 con il progetto comunitario Leonardo da Vinci
“Forecologia” (numero di riferimento ES/03/B/F/PP-149080). La
presente versione è il frutto del lavoro di un team di esperti
appartenenti ad organizzazioni di diversi Paesi europei: Spagna
(IFES-Instituto de Formación y Estudios Sociales, UPA-Unión de
Pequeños Agricultores y Ganaderos, Formación 2020 S.A.), Bulgaria
(AGROLINK), Italia (Associazione Biocert), Svezia (STPKC-Swedish
TelePedagogic Knowledge Center), Germania (BFW - Centro di
Competenza Europa), Portogallo (Escola Superior Agrária de Ponte
de Lima), Romania (ARAD-Associazione rumena per l’agricoltura
sostenibile), Ungheria (MÖGÉRT-Associazione Ungherese per
l’Agricoltura biologica).
Il manuale è stato messo a punto nell’ambito del progetto comunitario
per l’apprendimento permanente Leonardo da Vinci “Ecolearning”
(numero di riferimento ES/07/LLP-LdV/TOI/149026).
Il manuale si propone di fornire al tecnico agricolo le conoscenze di
base necessarie per operare nel settore dell’agricoltura biologica.
Per essere realmente utile ai tecnici che intendono prestare la loro
consulenza agli operatori del settore agro-biologico questo manuale
prende in considerazione tutti i principali aspetti collegati alle attività
agricole ed include preziosi suggerimenti a livello tecnico,
amministrativo e commerciale.
Quella del “Consulente di agricoltura biologica” è la figura
professionale che più di ogni altra può divenire un importante punto di
riferimento per lo sviluppo rurale sostenibile dei territori europei. Essa
avrà il compito di guidare, con competenza, l’agricoltore, l’allevatore
ed il trasformatore nel processo di riconversione produttiva e nel
successivo mantenimento del metodo biologico. Richiedendo il
biologico un approccio di tipo sistemico e complesso, il consulente
dovrà avere una conoscenza chiara e completa delle problematiche
ambientali, agricole e commerciali. Dovrà inoltre essere in grado di
coadiuvare gli operatori nell’espletamento dei numerosi adempimenti
formali richiesti dalla normativa internazionale, comunitaria, nazionale
e locale, che è tra l’altro in continua evoluzione (nel manuale si
riportano molte fonti dalle quali è possibile ricevere gli aggiornamenti
normativi).
Vediamo di seguito una breve descrizione dei contenuti del manuale.
1. Un primo capitolo dedicato alle problematiche gestionali
tratta gli aspetti della conversione aziendale al biologico, della
certificazione delle produzioni sulla base della normativa europea
5
e degli standards IFOAM, l’attività degli Enti di certificazione, la
tracciabilità e la certificazione di filiera, gli strumenti di supporto
alle attività delle aziende agricole biologiche. Il consulente dovrà
conoscere l’eco-sistema in cui si inserisce l’azienda agricola e le
relazioni esistenti tra le diverse forme di vita. Egli dovrà essere
consapevole del fatto che l’azienda agricola biologica deve avere
un ciclo chiuso ed usare risorse locali. La sua consulenza dovrà
essere finalizzata proprio al contenimento dell’uso di inputs
esterni (mezzi tecnici, energia, ecc.), avendo sempre ben
presente il contesto territoriale in cui svolge la propria attività.
Grazie alla sua consulenza l’agricoltore potrà svolgere più
facilmente la propria attività, adeguandola nel contempo a precisi
schemi di certificazione agroalimentare.
2. Un secondo capitolo tratta le problematiche relative alla
commercializzazione delle produzioni da agricoltura
biologica. Il consulente di agricoltura biologica dovrà essere in
grado di fornire consulenze qualificate sul marketing dei prodotti
biologici e dovrà pertanto conoscere la tecnica di attuazione delle
indagini di mercato, i canali di vendita delle produzioni
agroalimentari, la selezione dei fornitori e dei compratori, le regole
del mercato, il marketing territoriale e le tecniche di
comunicazione. Il consulente dovrà conoscere l’uso delle nuove
tecnologie per un marketing innovativo (e-commerce, web
marketing, e mail marketing). Egli avrà inoltre una conoscenza
approfondita della normativa comunitaria sull’etichettatura delle
bio-produzioni.
3. Un terzo capitolo tratta gli aspetti produttivi. Il consulente di
agricoltura biologica dovrà essere infatti in grado di fornire
all’agricoltore l’assistenza tecnica necessaria ad un corretto avvio
della fase di conversione ed alla successiva gestione delle attività.
Per fare questo egli dovrà tener conto del dettato normativo e
fornire all’operatore tutte le informazioni necessarie per la sua
corretta applicazione. Sarà quindi necessario analizzare con
attenzione la situazione di partenza dell’azienda, intervistando il
suo responsabile tecnico e definendo insieme il piano di
riconversione.
4. Chiude il manuale un glossario con i principali termini utilizzati
in agricoltura biologica.
6
In definitiva quella del Consulente di agricoltura biologica è una
professione a 360°, che richiede abilità diversificate al fine di garantire
all’operatore una consulenza realmente efficace e qualificata, sia dal
punto di vista tecnico che amministrativo/gestionale.
Il consulente dovrà essere in grado di garantire la corretta
applicazione in azienda del metodo di produzione biologico, nel
rispetto della complessa normativa vigente; questo potrà avvenire
solo grazie ad un’approfondita conoscenza delle norme che
regolamentano i diversi aspetti dell’attività produttiva.
Dovrà inoltre essere sempre tenuto presente che l’agricoltura
biologica rappresenta il punto di arrivo di un percorso che, a seconda
delle caratteristiche di partenza (esperienza dell’operatore, tipologia
aziendale, agroecosistema, ecc.), potrà rivelarsi più o meno lungo,
difficoltoso o agevolmente percorribile. Il consulente non dovrà mai
forzare le tappe naturali che porteranno l’operatore, l’azienda agricola
e l’ambiente circostante a formare un tutt’uno indissolubile, in armonia
sia al proprio interno che con le realtà esterne.
7
8
CAPITOLO 1. COMPETENZE GESTIONALI
1.1. Gestire la conversione aziendale dal convenzionale al
biologico
1.1.a. Normativa dell’agricoltura biologica
Per partire con il piede giusto nella lettura del presente manuale è
necessario precisare subito che l’agricoltura biologica costituisce la
principale forma di approccio olistico allo sviluppo rurale sostenibile,
oltre che l’applicazione concreta del nuovo modello agricolo europeo.
Il consulente non deve quindi lasciarsi prendere esclusivamente dalla
pur importante conoscenza della normativa di riferimento, ma deve
sforzarsi di comprendere fino in fondo la vera sostanza dell’agricoltura
biologica, a prescindere dalle formalità, per poterla poi trasmettere in
modo efficace all’agricoltore. La stessa Commissione Europea ha di
recente fatto delle scelte importanti, basilari per il futuro assetto
agricolo europeo, sostenendo anche economicamente l’applicazione
dei principi della “multifunzionalità” e dell’”eco-condizionalità” nella
gestione delle aziende agricole, al fine di preservare i territori, i
prodotti agricoli tradizionali e le culture locali. “Le riforme della PAC
del 2003 e del 2004 rappresentano due tappe fondamentali sulla via
del miglioramento della competitività e dello sviluppo sostenibile
dell’attività agricola nell’Unione europea e tracciano il quadro di
riferimento delle riforme future. Le riforme successive hanno
contribuito alla competitività dell’agricoltura europea riducendo le
garanzie di sostegno dei prezzi e incoraggiando l'adeguamento
strutturale. L’introduzione dei pagamenti diretti disaccoppiati
incoraggia i produttori a reagire ai segnali del mercato conseguenti
alla domanda dei consumatori, anziché a contare su incentivi legati
alla quantità. Le norme della condizionalità, che includono gli aspetti
ambientali, la sicurezza alimentare, la salute e il benessere degli
animali, rafforzano la fiducia dei consumatori e la sostenibilità
ambientale dell’attività agricola” 1.
La normativa europea sull’agricoltura biologica apre nuove strade per
i produttori agricoli, consentendo lo sviluppo di un’agricoltura
rispettosa dell’ambiente, in grado di ottenere alimenti sicuri e di
qualità. Il primo regolamento comunitario che ha disciplinato in modo
completo ed univoco, per tutti i Paesi dell’Unione Europea, il metodo
di produzione biologico degli alimenti è stato il Reg. CEE n° 2092/91.
1
Decisione del Consiglio (2006/144/EC) del 20 Febbraio 2006 relativa agli
“Orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di
programmazione 2007-2013)”, nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea
L 55/20, 25.2.2006.
9
Dopo una lunga serie di aggiornamenti ed integrazioni, Il regolamento
2092/91 è stato sostituito dalla normativa entrata in vigore il 1°
gennaio 2009, costituita dal Reg. CE 834/20072 e dalle norme
attuative contenute nel Reg. CE n° 889/20083.
E’ inoltre da evidenziare che stiamo parlando di un sistema fondato su
base volontaria, il cui logo può essere usato in aggiunta ad altri
marchi, pubblici o privati, che servano ad identificare le produzioni da
agricoltura biologica. In tutta l’Unione Europea per etichettare come
biologico un prodotto, esso deve innanzitutto essere conforme al
dettato normativo, che ne stabilisce i requisiti minimi per la
produzione, trasformazione ed importazione da Paesi terzi, comprese
le procedure per il controllo e la certificazione, l’etichettatura e la
commercializzazione. Questo tipo di etichettatura potrà essere
utilizzata solo da quei produttori i cui sistemi produttivi e le cui
produzioni siano state controllate e dichiarate conformi alla normativa
comunitaria. Un primo logo che contraddistingue le produzioni da
agricoltura biologica è stato definito a livello europeo sin dall’anno
2000. La nuova normativa dispone però l’istituzione di un nuovo logo,
che sarà in seguito definito e diverrà obbligatorio a partire dal 1° luglio
2010 (Reg. CE N° 967/20084).
Il logo può essere applicato esclusivamente sui prodotti trasformati in
cui almeno il 95% degli ingredienti provenga a sua volta da agricoltura
biologica, e la cui lavorazione, confezionamento ed etichettatura siano
avvenute nell’Unione Europea o in un Paese con un sistema di
certificazione equivalente a quello europeo.
2
Regolamento (CE) N. 834/2007 del Consiglio del 28 giugno 2007, pubblicato
sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea n. L 189/1 del 20.07.2007,
relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che
abroga il Regolamento (CEE) n° 2092/91.
3
Regolamento (CE) N. 889/2008 della Commissione del 5 settembre 2008,
pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea n. L 250/1 del
18.09.2008, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n.
834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei
prodotti biologici, per quanto riguarda la produzione biologica, l'etichettatura e
i controlli.
4
Regolamento (CE) N. 967/2008 del Consiglio del 29 settembre 2008,
pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea n. L 264/1 del
3.10.2008, recante modifica del regolamento (CE) n. 834/2007 relativo alla
produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici.
10
Immagine 1: vecchio logo europeo per le produzioni da agricoltura biologica
In base al principio europeo di sussidiarietà è stato inoltre stabilito che
ogni nazione è responsabile dell’applicazione e del monitoraggio del
proprio sistema di controllo del biologico. Modalità operative,
supervisione e sistema sanzionatorio sono stabiliti a livello locale.
Ogni Paese è responsabile dell’applicazione delle norme comunitarie
sul territorio nazionale. Le produzioni biologiche importate dai Paesi
terzi devono essere state prodotte, lavorate e certificate nel rispetto di
standards equivalenti a quelli comunitari.
La normativa europea prevede che ogni Stato membro debba
provvedere all’implementazione di un sistema di controllo ed
all’istituzione di un’Autorità che supervisioni l’operato degli Enti di
certificazione (i quali devono comunque operare sulla base degli
standards internazionali EN 45011 o ISO 65).
Gli operatori che intendono produrre, trasformare od importare
prodotti da agricoltura biologica devono “notificare” l’inizio della loro
attività ad uno degli Enti di certificazione accreditati, oltre che alla
competente Autorità di controllo nazionale. Lo schema di
certificazione prevede che l’operatore debba fornire una precisa
descrizione dell’unità di produzione, identificare in modo chiaro i
magazzini, le aree di raccolta ed i luoghi di confezionamentolavorazione. Successivamente alla prima notifica di inizio attività di
produzione con il metodo biologico, l’operatore deve comunicare
annualmente all’Ente di certificazione il programma di produzione
aziendale.
11
Tabella 1: Elenco degli Enti di certificazione accreditati in Italia
Nome
cod.
UE
Recapito
Associazione Suolo e Salute
ITASS
via Paolo Borsellino, 12/B
61032 Fano (Pu)
Tel. e fax 0721 860543
E-mail [email protected]
sito Internet
www.suoloesalute.it
Istituto per la Certificazione Etica
e Ambientale - ICEA
ITICA
Via Nazario Sauro, 2
40121 – Bologna
Tel. 051/272986
Fax 051/232011
E-mail [email protected]
Istituto Mediterraneo di
Certificazione - IMC
ITIMC
Via C. Pisacane 53
60019 – Senigallia (An)
Tel. 071-7928725/7930179
Fax 071-7910043
E-mail [email protected]
sito Internet www.imcert.it
Bioagricert
ITBAC
Via dei Macabraccia, 8
40133 Casalecchio Di Reno (Bo)
Tel. 051-562158
Fax. 051-564294
E-mail [email protected]
sito Internet
www.bioagricert.org
Consorzio Controllo Prodotti
Biologici - CCPB
ITCPB
Via Jacopo Barozzi 8
40126 – Bologna
Tel. 051-254688-6089811
Fax 051-254842
E-mail [email protected]
sito internet www.ccpb.it
12
CODEX S.r.l.
ITCDX
Via Duca degli Abruzzi, 41
95048 Scordia (Ct)
Tel. 095-650634/716
Fax. 095-650356
E-mail [email protected]
sito internet www.codexsrl.it
Q.C. & I. International Services
ITQCI
Villa Parigini
Località Basciano
55035 Monteriggioni (Si)
Tel. 0577/327234
Fax. 0577/329907
E-mail [email protected]
sito Internet www.qci.it
Ecocert Italia
ITECO
Corso Delle Province 60
95127 - Catania
Tel. 095/442746 - 433071
Fax 095/-505094
E-mail
[email protected]
sito Internet
www.ecocertitalia.it
BIOS
ITBSI
Via M. Grappa 37
36063 Marostica (Vi)
Tel. 0424/471125
Fax: 0424/476947
E-mail [email protected]
sito Internet www.certbios.it
Eco System International
Certificazioni S.r.l.
ITECS
Via Monte San Michele 49
73100 Lecce
Tel. e Fax 0832-311589
E-mail [email protected]
sito Internet www.ecosystemsrl.com
BIOZOO - S.r.l.
ITBZO
Via Chironi 9
07100 Sassari
Tel. e Fax : 079-276537
BIOZERT - zertifizierung
IT-
13
Auf dem Kreuz 58
okoligisch erzeutger produkte*
BZT
D-86512 - UGSBURG
Tel. +49(0)821.3467650
Fax +49(0)821.3467655
E-mail [email protected]
sito Internet www.biozert.de
INAC - International Nutrition
and Agricolture Certification*
ITINC
Rudolf-Herzog-Weg 32
D-37213 WITZENHAUSEN
Tel. +49(0)5542.911400
Fax +49(0)5542.911401
E-mail [email protected]
sito Internet www.inaccertification.com
IMO - Institut für marktökologie*
ITIMO
Paradiesstrasse 13
D-78462 KONSTANZ
Tel. +49(0)7531.915273
Fax +49(0)7531.915274
E-mail [email protected]
sito Internet www.imo.ch
QC&I – Gesellschaft für kontrolle
und zertifizierung von
Qualitätssicherungssystemen
GMBH*
ITQCI
Gleuelerstrasse 286
D-50935-KÖLN
Tel. +49(0) 221 943 92-09
Fax +49(0) 221 943 11
sito Internet www.qci.de
*accreditati solo per la provincial di Bolzano
14
Il Sistema di certificazione prevede che l’operatore descriva nel
dettaglio il processo produttivo, che dovrà poi essere verificato,
approvato e costantemente controllato dall’Ente di certificazione,
anche attraverso il prelievo e l’analisi di campioni di prodotto, sia in
azienda che nei luoghi di trasformazione e commercializzazione.
L’obiettivo del sistema di certificazione, attraverso le verifiche iniziali
ed il monitoraggio successivo, è quello di fornire al consumatore una
certificazione certa ed indipendente delle produzioni ottenute nel
rispetto della normativa vigente sull’agricoltura biologica.
L’Attività degli Enti di certificazione è sostenuta grazie al pagamento
da parte degli operatori controllati di una quota di controllo, stabilita
sulla base delle dimensioni e della tipologia produttiva dell’azienda. In
ogni caso la quota di controllo deve permettere di coprire tutte le
spese sostenute dall’Ente di certificazione per lo svolgimento delle
attività di controllo e certificazione.L’operatore che intende conseguire
la certificazione delle produzioni deve seguire la seguente procedura:
1. Trasmettere la Notifica di inizio dell’attività di produzione con
il metodo biologico all’Autorità nazionale competente ed all’Ente
di certificazione scelto tra quelli in possesso del formale
accreditamento. Successivamente alla trasmissione della notifica
iniziale, l’operatore dovrà prontamente comunicare tutte le
variazioni che dovessero intervenire riguardo ai dati del legale
rappresentante dell’azienda, alle unità di produzione, alle tipologie
produttive, ai luoghi di produzione ed alla superficie coltivata, ai
metodi di produzione, ai processi produttivi ed alla tipologia dei
prodotti. L’operatore deve inoltre comunicare tutti i cambiamenti
relativi alla superficie aziendale, quali ad es. acquisizioni e
cessioni di terreno, variazioni del titolo di possesso.
2. Valutazione iniziale della documentazione, i documenti
trasmessi dall’operatore saranno controllati dall’Ente di
certificazione per una prima verifica formale. In caso di esito
negativo, perché incompleta o non conforme, il responsabile del
controllo informerà prontamente l’operatore circa le mancanze e
le non conformità, chiedendogli eventualmente di integrare la
documentazione entro un determinato lasso di tempo. Superato il
termine prefissato, qualora l’Ente di certificazione non dovesse
ricevere la documentazione integrativa, dovrà ritenersi nulla la
richiesta di ingresso nel sistema di controllo del biologico.
3. Prima visita ispettiva, il tecnico ispettore dell’Ente di
certificazione dovrà verificare che le unità produttive,
l’organizzazione e la gestione del processo produttivo siano
conformi al dettato normativo. Il tecnico ispettore dovrà
consegnare all’operatore i registri aziendali, spiegando nel
15
dettaglio le modalità di inserimento delle informazioni relative a
tutte le operazioni praticate, ai mezzi tecnici utilizzati ed alle
produzioni commercializzate.
4. Ingresso dell’operatore nel Sistema di controllo, sarà deciso
dalla Commissione di certificazione, in seguito alla valutazione
della documentazione aziendale e della relazione d’ispezione
trasmessa dal tecnico.
5. Attestato di conformità, riporterà l’esito positivo della
valutazione, la tipologia produttiva aziendale, il codice assegnato
all’operatore, la data di validità dell’attestato.
6. Programma Annuale di Produzione, dovrà essere trasmesso
dall’operatore all’Ente di certificazione entro il 31 gennaio di ogni
anno, su apposita modulistica definita dall’Autorità nazionale
responsabile del controllo. Solo per il primo anno in cui viene
effettuata la notifica di inizio attività il Programma potrà essere
trasmesso in ogni momento, comunque non oltre 30 gg. dalla data
di ricevimento della comunicazione di ingresso nel Sistema di
controllo. In ogni caso ciascuna variazione significativa al
programma dovrà essere prontamente comunicata all’Ente di
certificazione. Per le aziende zootecniche e gli apicoltori sottoposti
a controllo sono previste modulistiche equivalenti, che dovranno
comunque essere inviate all’Ente di certificazione negli stessi
termini sopra riportati.
7. Programma Annuale di Lavorazione, dovrà essere trasmesso
dal responsabile del centro di confezionamento/lavorazione, il
quale dovrà riportarvi tutti i prodotti che intende processare, sia
nel suo impianto che, eventualmente, in quello di terzi, in
conformità con la normativa del biologico.
8. Certificato delle produzioni ed autorizzazione alla stampa
delle etichette, ogni operatore ammesso nel Sistema di controllo
del biologico può richiedere all’Ente di certificazione il certificato
delle produzioni ottenute e l’autorizzazione alla stampa delle
relative etichette.
L’operatore è responsabile del corretto utilizzo della documentazione
e dei materiali derivanti dall’attività di controllo e certificazione.
L’operatore assoggettato al Sistema di controllo dovrà in generale
rispettare la normativa nazionale e comunitaria del biologico,
compilare la documentazione richiesta dall’Ente di certificazione,
consentire agli ispettori di accedere ai centri aziendali ed alla
documentazione di supporto (per esempio fatture, registri IVA, ecc.),
consentire agli ispettori di controllare tutti i prodotti ed i materiali che si
rendessero necessari, sia di origine vegetale che animale, e tutti gli
ingredienti, sia di origine agricola che extra-agricola, oltre ad
16
impegnarsi a comunicare ogni sostanziale cambiamento che dovesse
intervenire rispetto a quanto in precedenza dichiarato.
Dal punto di vista normativo va anche evidenziato che l’Unione
Europea supporta le aziende biologiche con apposite “Misure
Agroambientali”, definite prima dal Regolamento CEE n° 2078/92 e
poi dal Regolamento CE n° 1257/1999. Nel 2003, I programmi agroambientali hanno riguardato circa la metà di tutta la superficie agricola
europea coltivata con il metodo biologico nell’Europa a 15 stati. Il
numero delle aziende biologiche ed in conversione supportate è stato
di ca. 86.000, ossia ca. il 64% del totale delle aziende biologiche
europee5. Il regolamento stabilisce che gli agricoltori devono
impegnarsi ad adottare il metodo biologico almeno per un
quinquennio ed in cambio ricevono un contributo determinato sulla
base dell’ordinamento colturale e della superficie coltivata.
1.1.b. Standards internazionali
La Federazione Internazionale dei Movimenti di Agricoltura Biologica
(IFOAM) è un’ente privato, fondato nel 1972 per promuovere
l’agricoltura biologica. L’IFOAM associa in tutto il mondo oltre 700
organizzazioni, rappresentative delle diverse realtà nazionali del
biologico, degli Enti di certificazione, delle aziende di
commercializzazione e dei trasformatori; può quindi considerarsi la più
grande e rappresentativa federazione del settore.
Esistendo nel mondo numerosi standards produttivi, il termine
“biologico” viene spesso ad assumere significati diversi a seconda del
Paese in cui ci si trova, risulta pertanto determinante il ruolo
armonizzante svolto dalle norme IFOAM, che definiscono i principi
generali, le raccomandazioni, le regole di base del settore e
rappresentano lo stato dell’arte mondiale del metodo di produzione
agricolo biologico, riferimento fondamentale per gli Enti di
certificazione ma anche per gli stessi Enti di standardizzazione ed
accreditamento. Queste norme svolgono anche la funzione di evitare
che l’uso dei molteplici standards nazionali finisca per divenire un
ostacolo alla libera circolazione delle produzioni da agricoltura
biologica6.
L’IFOAM supporta invece lo sviluppo di standards locali in linea con
gli obiettivi delle norme di base IFOAM. Gli standards internazionali e
quelli locali possono così essere armonizzati proprio grazie al
5
Rapporto della Commissione Europea (G2 EW – JK D(2005) “Agricoltura
biologica nell’Unione Europea – Fatti ed immagini”, Bruxelles, 3 Novembre
2005.
6
Le Norme IFOAM sono disponibili sul sito: www.ifoam.org.
17
processo centralizzato di
trasparente.
approvazione, attuato in modo equo e
Immagine 2: logo IFOAM
Le linee guida per l’armonizzazione delle produzioni agricole sono
state anche dettate dalla FAO (Food and Agriculture Organization) e
dal W.H.O. (World Health Organization). Queste linee guida risultano
preziose per l’elaborazione delle nuove normative e regolamentazioni
del settore. In particolare la Commissione del Codice Alimentare,
operante nell’ambito di un programma congiunto FAO/WHO partito
nel 1991 (con la partecipazione anche dell’IFOAM e di Istituzioni
europee), ha elaborato le linee guida per la produzione, la
trasformazione, l’etichettatura e la commercializzazione delle
produzioni ottenute con il metodo biologico. Le disposizioni del Codice
Alimentare sono perfettamente in linea con gli standards dell’IFOAM e
con la normativa europea del biologico. Le linee guida sulle produzioni
da agricoltura biologica rappresentano il fondamento di una serie di
norme e programmi operativi attivati in diversi Paesi (a cominciare
dalla stessa regolamentazione comunitaria). Queste linee guida ci
dicono come ottenere prodotti da agricoltura biologica, in grado di
rassicurare anche i consumatori circa la loro qualità e la bontà del
processo produttivo. Il Codice costituisce un’importate base per
l’armonizzazione della normativa internazionale e per incrementare la
fiducia dei consumatori. Sarà anche importante per l’applicazione del
principio di equivalenza nell’ambito del WTO. Le linee guida per il
biologico contenute nel Codice Alimentare saranno regolarmente
aggiornate almeno ogni quattro anni, così come stabilito all’interno
dello stesso Codice7.
E’ opportuno ricordare che esistono anche leggi e marchi nazionali
predisposti da molte nazioni europee, risalenti a volte a periodi
7
Ulteriori informazioni sul Codice Alimentare sono disponibili sul sito internet
www.codexalimentarius.net. Si consiglia anche di consultare il sito Internet
della FAO dedicato all’agricoltura biologica: www.fao.org/organicag.
18
antecedenti all’entrata in vigore della regolamentazione comunitaria.
In qualche Paese le associazioni degli operatori dell’agricoltura
biologica hanno anche formulato standards privati e schemi di
certificazione, ancor prima della pubblicazione delle norme nazionali e
comunitarie. Spesso sono proprio questi marchi privati ad avere la
maggior fiducia da parte dei consumatori (ne esistono ad es. alcuni
molto conosciuti in Inghilterra, Italia, Danimarca, Austria, Ungheria,
Svezia, Svizzera). In Europa tutti gli operatori (produttori,
trasformatori, importatori) interessati ad utilizzare questi marchi privati
aggiuntivi devono rispettare oltre alla disciplina comunitaria anche i
rispettivi standards privati. Questi richiedono infatti un controllo ed una
certificazione aggiuntiva.
Alcuni Enti di certificazione, in possesso dell’accreditamento dei
Ministeri dell’agricoltura americani e giapponesi, possono offrire alle
aziende agricole europee una certificazione valida per esportare i loro
prodotti negli Stati Uniti ed in Giappone. Queste certificazioni sono:
NOP8 - National Organic Programme (Tabella 2) per gli Stati Uniti e
JAS9 - Japanese Agricultural Standard (Tabella 3), per il Giappone.
Il “Servizio di Accreditamento Internazionale del Biologico” (IOAS) è
un ente non-profit indipendente registrato in Delaware – Stati Uniti,
che si occupa dell’accreditamento internazionale degli enti di
certificazione del biologico, sulla base di uno schema di
accreditamento volontario10. Lo “IOAS” assicura nel Mondo
l’applicazione del programma di accreditamento IFOAM, che è un
sistema globale in grado di garantire il rispetto e la corretta
applicazione da parte degli enti di certificazione delle norme del
biologico, il tutto è finalizzato al superamento delle barriere
transnazionali e ad un reciproco riconoscimento della certificazione
del biologico.
8
http://www.ams.usda.gov/nop/indexIE.htm
http://www.maff.go.jp/soshiki/syokuhin/hinshitu/e_label/index.htm
10
http://www.ioas.org
9
19
Tabella 2: Il programma nazionale americano sul biologico (National Organic
Programme - NOP)
Il programma nazionale americano sul biologico (NOP) è stato implementato
definitivamente il 21 ottobre 2002, sotto la direzione del Servizio Marketing
Agricolo, una sezione del Dipartimento di stato per l’agricoltura degli Stati Uniti
(USDA). Il NOP è una legge federale che prevede per tutti i prodotti biologici il
rispetto di standards comuni e lo stesso sistema di certificazione.
Le basi del programma nazionale per il biologico
Il NOP ha sviluppato gli standards nazionali ed ha stabilito un sistema di certificazione del biologico fondato sulle
indicazioni dei 15 membri del Comitato nazionale per gli standards del biologico (NOSB). Il NOSB è nominato dal
Segretario di stato per l’agricoltura e comprende rappresentanti delle seguenti categorie: produttori agricoli;
trasformatori, consumatori, ambientalisti, scienziati e Enti di certificazione. Oltre a considerare le indicazioni del
NOSB, l’USDA nell’elaborazione di queste norme ha tenuto anche conto dei sistemi di certificazione
precedentemente adottati dagli Stati e dai privati. Le norme del NOP sono flessibili al fine di potersi adattare al gran
numero di produzioni agricole esistenti in ogni regione degli Stati Uniti.
Cosa stabiliscono le norme NOP?
Le norme proibiscono l’uso nella produzione e nella trasformazione dei prodotti biologici di Organismi geneticamente
modificati, delle radiazioni, dei fanghi da acque reflue. Come regola generale sono consentite tutte le sostanze
naturali (non chimiche di sintesi), mentre sono vietati tutti i prodotti chimici di sintesi. Tutte le eccezioni a queste
regole sono contenute in un elenco valido a livello nazionale, contenuto in un’apposita sezione del regolamento.
Le norme di produzione e trasformazione interessano le produzioni biologiche, la raccolta spontanea,
l’allevamento biologico, il condizionamento e la trasformazione dei prodotti agricoli biologici. Le produzioni biologiche
sono ottenute senza l’uso di pesticidi chimici, fertilizzanti derivati dal petrolio o dai fanghi delle acque reflue: Gli
animali allevati con il metodo di produzione biologico devono essere alimentati con mangimi biologici ed avere libero
accesso a spazi aperti. Non sono consentiti antibiotici ed ormoni per lo sviluppo.
Le norme di etichettatura sono basate sulla percentuale di ingredienti biologici contenuti nel prodotto.
−
Prodotti etichettati "100% biologico" devono contenere solo ingredienti prodotti con il metodo biologico. Essi
possono essere contrassegnati con il marchio del biologico USDA.
−
Prodotti etichettati "biologico" devono contenere almeno il 95% di ingredienti biologici. Essi possono essere
contrassegnati con il marchio del biologico USDA.
−
Prodotti trasformati che contengono almeno il 70% ingredienti biologici possono riportare la frase "prodotto
con ingredienti biologici" e mettere in evidenza sull’etichetta fino a tre ingredienti biologici o gruppi di alimenti
biologici. Per esempio nel caso di una zuppa fatta con almeno il 70% di ingredienti biologici e precisamente
con i soli vegetali biologici può essere contrassegnata come “fatta con piselli, patate e carote biologiche” o
“fatto con vegetali biologici”. Tali prodotti non possono essere contrassegnati con il marchio del biologico
USDA.
−
Prodotti trasformati che contengono meno del 70% di ingredienti biologici non possono riportare in etichetta
il termine “biologico” ma possono identificare nell’elenco degli ingredienti quelli provenienti da agricoltura
biologica.
Le norme di certificazione stabiliscono i requisiti che devono possedere le produzioni ed i trasformati ottenuti con il
metodo biologico per essere etichettati come tali dall’Ente di certificazione accreditato dall’USDA. Tra la
documentazione che deve fornire l’operatore controllato c’è anche il piano di gestione dell’azienda biologica. Questo
piano descrive, tra l’altro, tecniche e sostanze utilizzate nel processo produttivo, la descrizione delle operazioni
colturali e delle procedure messe in atto per prevenire la contaminazione dei prodotti biologici con quelli
convenzionali. Le norme di certificazione determinano inoltre i controlli da effettuarsi direttamente in azienda.
Sono esentati dalla certificazione i produttori ed i trasformatori che sviluppano un giro d’affari annuo per i prodotti
biologici superiore a $ 5.000. Essi possono etichettare i loro prodotti come biologici se rispettano le norme, ma non
possono utilizzare il marchio del biologico USDA.
Le norme di accreditamento stabiliscono i requisiti che un ente deve possedere per diventare Ente di certificazione
riconosciuto dall’USDA. Esse servono innanzitutto a stabilire se un Ente di certificazione svolge la propria attività in
modo corretto ed imparziale. L’ente deve dimostrare di impiegare personale con esperienza adeguata ed abilitato a
controllare e certificare gli operatori biologici, adottando tutte le misure necessarie per prevenire conflitti di interesse
e garantire una rigorosa riservatezza sulle informazioni assunte nell’espletamento del controllo.
I prodotti agricoli importati possono essere venduti negli Stati Uniti solo se sono certificati dagli Enti di
certificazione accreditati presso l’USDA. Quest’ultimo ha provveduto ad accreditare Enti di parecchi paesi stranieri.
Esiste anche la possibilità che, su richiesta di un governo straniero, l’USDA provveda a riconoscere gli Enti di
certificazione di quel paese, qualora le norme di accreditamento risultassero equivalenti a quelle americane.
20
Tabella 3: JAS - Japanese Agricultural Standard
Lo standard JAS per le produzioni agricole e le trasformazioni agroalimentari è stato creato nel 2000
sulle basi delle linee guida sulle produzioni, trasformazioni, etichettatura e vendita degli alimenti biologici,
fissate dalla Commissione del Codex Alimentarius.
Il sistema di certificazione JAS è stato completato dal novembre 2005 con le norme sugli allevamenti
biologici, le trasformazioni dei prodotti zootecnici biologici e l’alimentazione biologica degli animali.
Possono applicare il marchio JAS sulle loro produzioni solo quelle aziende che sono controllate e certificate
dagli Enti di certificazione iscritti nell’apposito Registro giapponese o da Enti di certificazione di altri paesi
che adottano standards equivalenti a quelli giapponesi.
Le norme JAS per le produzioni biologiche richiedono che, a partire dal 1° aprile 2001 (termine esteso poi al
2002) tutti I prodotti etichettati come biologici siano certificati da un Ente di certificazione giapponese o
straniero registrato presso il Ministero dell’Agricoltura e riportino in etichetta oltre al logo JAS anche il nome
dell’Ente di certificazione autorizzato.
Solo gli enti autorizzati possono rilasciare l’autorizzazione agli operatori di riportare nell’etichetta delle loro
produzioni il marchio JAS.
Il marchio JAS in quanto marchio di qualità è stato introdotto per garantire il mercato ed i consumatori
giapponesi.
Il Governo giapponese riconosce il regolamento europeo equivalente al proprio. Ossia i criteri per la
certificazione e gli standards di riferimento per gli operatori del biologico che vogliono esportare i propri
prodotti biologici in Giappone utilizzando il marchio JAS, sono gli stessi adottati nella Comunità Europea. Le
norme "JAS" però in un caso escludono un prodotto ammesso invece già dal Reg. CEE2092/91 (allegato
IIB) per il trattamento fogliare del melo: il cloruro di calcio. Le regole previste dal JAS presentano inoltre
alcune limitazioni. Per esempio non includono le bevande alcoliche e i prodotti di origine animale, compresi i
prodotti apistici. La normativa prevede che solo l’attività di trasformazione (etichettatura) e
commercializzazione sia controllata da un Organismo di Certificazione Giapponese o estero (RFCO)
riconosciuto dal MAFF. Rispettando comunque il regime di controllo Comunitario, il produttore ed il
venditore finale devono accertarsi che anche gli ingredienti (dei fornitori) e le materie prime (dei subfornitori) siano certificate secondo il Reg. comunitario.
Rispetto al Reg. comunitario le uniche differenze riguardanti l’etichettatura dei prodotti sono le seguenti:
se nel prodotto finito sono presenti ingredienti biologici e in conversione, dovrà essere specificato
quali sono biologici e quali in conversione. L’UE, invece, non permette l’impiego di materie prime in
conversione nella preparazione di prodotti multi ingrediente.
il marchio JAS deve sempre comparire sull’etichetta. Se il prodotto non presenta il marchio JAS, non
potrà portare diciture del tipo: biologico, produzione biologica, completamente biologico, biologico
estero, quota biologica X%, o qualsiasi altro riferimento al metodo di produzione biologico (anche se
scritto in lingua inglese = organic).
se il prodotto finito non può riportare in etichetta il marchio JAS, ma i suoi ingredienti sì, è consentito
scrivere, per esempio: insalata contenente verdure biologiche, oppure ketchup che contiene
pomodoro biologico.
Le norme "JAS" richiedono la presenza in azienda di due figure distinte, il “Responsabile del processo
produttivo” e il “Responsabile della verifica di conformità del prodotto prima della vendita” (grading). Solo
nelle aziende agricole i due ruoli possono essere ricoperti da una unica persona. Il responsabile del grading
decide quali partite e lotti di prodotto sono realmente conformi al metodo biologico secondo le norme JAS e
quali no per qualsiasi motivo.
Tale figura sarebbe utile anche ai fini della conformità al Reg. comunitario poichè l’operatore è obbligato a
comunicare all’ente di controllo qualsiasi dubbio sulla conformità del prodotto sospendendo la
commercializzazione in attesa delle verifiche. (Fonte ICEA).
21
1.1.c. Piano di riconversione produttiva
La normativa comunitaria definisce tutti i requisiti che deve possedere
un’azienda agricola per passare al biologico, compreso il rispetto del
periodo di conversione, che normalmente è di due anni per le colture
erbacee e di tre anni per quelle arboree. L’Ente di certificazione può
anche decidere di allungare od abbreviare questo periodo, che
comunque non potrà mai scendere al di sotto di un anno. Dal punto di
vista tecnico la conversione rappresenta quel periodo in cui l’azienda,
in precedenza gestita con tecniche convenzionali, pone le basi per
una corretta e proficua adozione del metodo di produzione biologico.
Possiamo definire come “conversione burocratica” quella durante la
quale i prodotti non possono essere etichettati come provenienti da
agricoltura biologica e come “conversione agronomica” quella che si
pone l’obiettivo di mettere a punto in azienda il metodo di produzione
biologico dal punto di vista tecnico. L’operatore biologico e / o il suo
tecnico consulente devono porre molta attenzione nella definizione dei
tempi e delle modalità della riconversione agronomica. La normativa
consente all’azienda anche di convertire al biologico solo una parte
della superficie, ma proibisce la coltivazione contemporanea della
stessa varietà e/o l’allevamento della stessa specie sia con il metodo
convenzionale che biologico.
L’obiettivo del Piano di conversione è quello di guidare gli operatori
durante il periodo della riconversione produttiva. Esso deve
innanzitutto “fotografare” la situazione aziendale iniziale, al fine di
poter analizzare tutte le informazioni acquisite, utili alla definizione
delle migliori soluzioni tecniche da adottare. Quando operatori e
consulenti si incontrano per definire il lavoro da intraprendere è
importante che pensino già all’agricoltura biologica come un metodo
di produzione e non come un semplice processo di sostituzione dei
mezzi tecnici chimici con quelli naturali. Se questo concetto non sarà
realmente condiviso da subito, sarà molto facile in seguito incorrere in
errori e fallimenti.
Va comunque sempre tenuto a mente che per convertire al biologico
un’azienda bisogna innanzitutto ripristinare la fertilità del suolo e
ristabilire l’equilibrio complessivo all’interno dell’agro-ecosistema.
Riportiamo di seguito i principali fattori da valutare attentamente nel
piano di conversione.
• Storia dei singoli appezzamenti – È importante assumere
informazioni il più possibile esaustive circa le pratiche agricole
adottate in passato e gli eventuali problemi riscontrati, riportando
22
•
•
•
•
•
nel dettaglio rotazioni e successioni colturali degli ultimi anni,
mezzi tecnici utilizzati (fertilizzanti, erbicidi, pesticidi, etc.),
lavorazioni effettuate, principali problematiche fitosanitarie ed ogni
altro problema o fatto rilevante riscontrato in passato.
Stato del suolo – L’analisi iniziale del suolo è importante per
l’elaborazione di un appropriato piano di concimazione. Il bilancio
umico (confronto tra la sostanza organica mineralizzata e quella
apportata tramite gli interventi agronomici e di fertilizzazione)
costituisce
un’informazione
strategica
per
consentire
l’elaborazione di un piano di coltivazione equilibrato, con interventi
di fertilizzazione mirati a potenziare la fertilità del suolo, che è alla
base del metodo dell’agricoltura biologica.
Contesto socio-ambientale – L’operatore deve conoscere
l’ambiente in cui opera e l’eventuale presenza in zona di altre
aziende biologiche. In questo modo egli potrà scambiare
informazioni e ricevere consigli da parte degli altri agricoltori.
Potrà inoltre entrare in contatto con i punti vendita e gli acquirenti
interessati alle sue produzioni, i contoterzisti e gli altri soggetti che
potrebbero aiutarlo nello svolgimento del lavoro.
Conoscenze ed abilità dell’operatore – Queste informazioni
risultano strategiche per la definizione dei tempi e dei metodi di
introduzione delle innovazioni in azienda e dell’eventuale
necessità di ricorrere ad aiuti esterni. Determinante risulta essere
anche la spinta motivazionale dell’operatore, se infatti egli non è
convinto delle scelte che compie queste sono destinate al
fallimento. Questo vale naturalmente anche per i dipendenti e gli
eventuali contoterzisti, che vanno continuamente motivati ed
informati sulle tecniche adottate.
Attrezzatura disponibile in azienda e disponibilità ad investire
– L’attuazione delle scelte agronomiche dipende naturalmente
oltre che dalla convinzione dell’operatore anche dalla disponibilità
delle attrezzature necessarie (in azienda o in zona) e dalla
disponibilità ad investire. In questo risulta determinante il ruolo dei
consulenti esperti, in grado di suggerire le soluzioni alternative ed
indirizzare le scelte dell’operatore.
Vincoli – Alcuni ostacoli di natura organizzativa od ambientale
possono condizionare le scelte tecniche e richiedere molta
attenzione supplementare per il raggiungimento degli obiettivi.
Quelli più frequenti sono: ostacoli ambientali e politici, presenza di
strade a scorrimento veloce o di altre fonti di inquinamento,
mancanza di centri servizi, mancanza di contributi regionali.
23
Tutte le informazioni raccolte servono a definire il piano di
conversione che includerà le soluzioni tecniche più opportune per
l’azienda.
Il Piano di conversione serve anche ad evidenziare come
nell’agricoltura biologica ogni intervento non sia fine a se stesso
ma abbia una moltitudine di funzioni. Gli interventi saranno efficaci
solo se saranno rispettati gli equilibri nel suolo e nell’eco-sistema.
1.1.d. Bilancio energetico aziendale
Dal punto di vista aziendale è importante analizzare il suo fabbisogno
e rendimento energetico, al fine di valutarne l’influenza sui
cambiamenti climatici (effetto serra) e ridurre il consumo di energia
non rinnovabile. In linea generale il bilancio energetico dell’azienda
agricola biologica consiste nel determinare quanta energia non
rinnovabile viene utilizzata per ottenere un certo prodotto agricolo,
quantificare l’energia contenuta nel prodotto stesso e verificarne il
potere energetico. Queste analisi applicate all’azienda agricola
permettono di:
− Quantificare l’energia mobilizzata e consumata;
− Misurare l’efficienza energetica del sistema di produzione.
Queste analisi vengono generalmente svolte a livello aziendale,
considerando l’intero flusso energetico (inputs e outputs).
Esistono numerosi collegamenti tra le pratiche agricole, l’effetto serra
ed il consumo di energia non rinnovabile. Ad esempio incrementando
la superficie investita a prato-pascolo permanente abbiamo un
risparmio energetico (riduzione della meccanizzazione – minori
consumi di energia fossile) e la riduzione dell’emissione dei gas che
provocano l’effetto serra.
La gestione della problematica dell’impatto delle attività agricole
sull’ambiente richiede una buona conoscenza dei principi agronomici
fondamentali ed un approccio globale alla gestione dell’agroecosistema. Un utile strumento a disposizione del Consulente di
agricoltura biologica è il Sistema “DIALECTE”: un metodo di analisi
agro-ambientale sviluppato in Francia dalla Solagro11 ed ampiamente
collaudato in anni di applicazione. Esso comprende tre elementi
principali: un questionario (per la raccolta delle informazioni aziendali),
un foglio di calcolo elettronico (per la determinazione degli indicatori
agro-ambientali), un sistema di rappresentazione (numerico e grafico)
dell’impatto ambientale delle attività aziendali. Uno degli obiettivi
principali del sistema di diagnosi agro-ambientale è quello di offrire
agli agricoltori sensibili alle problematiche ambientali un servizio di
consulenza (individuale o di gruppo) in grado di supportarne le scelte
11
www.solagro.org.
24
gestionali. Essi hanno infatti bisogno di strumenti concreti e di facile
utilizzo in grado di valutare l’impatto ambientale dei metodi e delle
tecniche di produzione. Il sistema DIALECTE permette sia di valutare
l’introduzione in azienda di pratiche e metodi eco-sostenibili, che di
valutare e monitorare gli effetti dei cambiamenti introdotti.
1.2. La tracciabilità della filiera agroalimentare
Occorre innanzitutto premettere che per “Filiera agroalimentare” si
intende l’insieme definito delle organizzazioni (od operatori) con i
relativi flussi materiali che concorrono alla formazione, distribuzione,
commercializzazione e fornitura di un prodotto agroalimentare. Il
termine di filiera individua, in questo contesto, tutte le attività ed i flussi
che hanno rilevanza critica per le caratteristiche del prodotto (Norma12
UNI 10939:2001). Per rendere efficace un “Sistema di tracciabilità”
alla sua base deve esserci un “patto di filiera”, cioè l’accordo che un
soggetto capo-filiera stringe con gli altri anelli della catena per definire
le responsabilità e le specificità delle materie prime, dei semilavorati e
dei flussi materiali. In tale patto devono essere definiti
l’organizzazione che coordina la filiera e gestisce il sistema di
rintracciabilità, il prodotto che deve essere identificato nelle e tra le
organizzazioni coinvolte, le modalità e responsabilità per la gestione
dei dati e della documentazione di processo. La tracciabilità di filiera
comporta la raccolta dei dati “dal campo alla tavola”, al fine di
comprendere le variabili produttive e qualitative, il comportamento del
prodotto durante la sua conservazione, il controllo dei costi di
produzione, le responsabilità interne (operatori) ed esterne (clienti e
fornitori). Tale massa di informazioni deve essere gestita mediante
veri e propri “sistemi informativi di filiera” con vari punti di accesso (al
pubblico, all’autorità sanitaria e agli organismi di certificazione, ai
responsabili tecnici e al management aziendale) nell’ottica di una
precisa volontà di trasparenza, per consolidare il rapporto di fiducia
con tutti gli operatori della filiera produttiva e distributiva e con il
consumatore finale. Per raggiungere questi obiettivi i documenti
principali da predisporre sono:
a) il Disciplinare Tecnico (o Manuale) di tracciabilità della filiera, il
cui principio è quello di scrivere tutto ciò che si fa (… e poi fare
quello che si è scritto!) per garantire la tracciabilità della filiera.
b) il Sistema Documentale che è composto da procedure operative,
procedure tecniche, istruzioni di lavoro e modulistica che le singole
12
Questa norma è stata emanata dall’UNI - Ente Nazionale Italiano di
Unificazione (www.uni.it).
25
aziende della filiera devono adottare per garantire il corretto
funzionamento del sistema di tracciabilità.
c) lo Schema di Certificazione che indica le regole tramite le quali
l’organismo di controllo e gli operatori di filiera si interfacciano per
garantire la conformità del prodotto alla norma di riferimento.
d) il Diagramma di Flusso che rappresenta lo schema in cui si
individuano le varie fasi da cui è composto il processo produttivo e
si evidenziano i punti critici per la perdita di tracciabilità; è quindi il
documento che descrive la storia di una unità di prodotto (intesa
come il lotto minimo che si avvicini il più possibile alla singola
confezione di prodotto).
e) il Piano dei Controlli, documento che ordina tipo e modalità delle
operazioni da effettuare per la verifica delle specifiche del prodotto
durante il ciclo produttivo (prelievo campioni, analisi chimiche,
laboratori, ecc..). Tali verifiche vengono condotte normalmente sia
dall’azienda capo-filiera che da un ente terzo, nel caso di
certificazione. Naturalmente per le filiere agrobiologiche
fondamentale risulta l’attività svolta degli Organismi di controllo e
certificazione, autorizzati dalle singole Autorità nazionali in
conformità al regolamento comunitario. Questi Organismi operano
infatti sulla base di manuali operativi altamente specializzati,
impostati in modo tale da garantire un controllo di filiera completo
in tutte le sue fasi.
1.2.a. La normative sulla tracciabilità degli alimenti
Possiamo distinguere quattro principali tipologie normative che
riguardano la tracciabilità nel settore agroalimentare:
1. le norme comunitarie cogenti (regolamenti),
2. le norme comunitarie di indirizzo (libro verde, libro bianco),
3. le norme volontarie elaborate dagli organismi di normazione
internazionali,
4. le norme nazionali.
Essendo queste ultime delle semplici attuazioni di regolamenti
comunitari o espressione di particolari esigenze locali, nella presente
trattazione ci soffermeremo esclusivamente sulle norme internazionali
(cogenti, di indirizzo, volontarie).
Dando seguito al libro verde sui principi generali della legislazione in
materia alimentare, la Commissione Europea ha pubblicato il “Libro
bianco sulla sicurezza alimentare”, individuando ben 80 azioni da
attuarsi negli anni successivi per migliorare la sicurezza alimentare
“dai campi alla tavola”. In particolare viene ribadita l’esigenza di
proporre un nuovo quadro giuridico che coprirà l'intera catena
alimentare, compresa la produzione di mangimi per gli animali, che
26
stabilirà un elevato livello di protezione della salute dei consumatori e
attribuirà in modo chiaro la responsabilità primaria di una produzione
alimentare sicura alle industrie, ai produttori e ai fornitori. Si
istituiranno appropriati controlli ufficiali sia a livello nazionale che
europeo. Una questione importante sarà costituita dalla possibilità di
rintracciare i prodotti lungo tutta la catena alimentare. Un elemento
importante sarà dato dalla capacità di prendere misure di
salvaguardia rapide ed efficaci onde rispondere ad emergenze
sanitarie che si manifestino in qualsiasi punto della catena alimentare.
Dopo due anni dalla pubblicazione del Libro bianco è stato approvato
dal Parlamento europeo e dal Consiglio del 28 gennaio 2002 il Reg.
CE 178/2002, che stabilisce i principi ed i requisiti generali della
legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza
alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. Il
regolamento definisce tra l’altro, al punto 15 dell’art. 3 il concetto
stesso di tracciabilità, intesa come “… la possibilità di ricostruire e
seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale
destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o
atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso
tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della
distribuzione…”. All’art. 18 viene inoltre disposta “… in tutte le fasi
della produzione, della trasformazione e della distribuzione la
rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla
produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a
entrare a far parte di un alimento o di un mangime”. Nello stesso
articolo viene altresì stabilito che gli operatori devono essere in grado
di individuare i loro fornitori e le imprese alle quali hanno fornito i
propri prodotti, e devono disporre di sistemi e di procedure che
consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti che le
richiedano, tutte le informazioni. Viene inoltre prescritto che gli
alimenti o i mangimi immessi sul mercato della Comunità debbano
essere adeguatamente etichettati o identificati per agevolarne la
rintracciabilità.
1.2.b. La certificazione della tracciabilità nella filiera agroalimentare
La certificazione di conformità è “l’atto mediante il quale una terza
parte indipendente dichiara che, con ragionevole attendibilità, un
determinato prodotto o servizio è conforme ad una specifica norma e
soddisfa i requisiti specificati”. La definizione mette in evidenza gli
elementi essenziali e necessari del processo di certificazione: requisiti
specificati/documentati
ed
un
organismo
di
certificazione
indipendente, competente ed imparziale. La Norma UNI 10939:2001
“Sistema di rintracciabilità nelle filiere agroalimentari–Principi generali
27
per la progettazione e l’attuazione” è una norma quadro che definisce
i principi e specifica i requisiti per l’attuazione di un sistema di
rintracciabilità di filiera in tutti i casi in cui si voglia documentare la
storia di un prodotto e le specifiche responsabilità. Questa norma non
intende imporre l’uniformità dei sistemi di rintracciabilità: la definizione
dell’ampiezza e della profondità della filiera agroalimentare è lasciata
all’impresa “capofiliera” in funzione delle parti che intervengono nella
realizzazione del prodotto. Anche le modalità interne di tracciabilità
del prodotto, passando dalle materie prime ai semilavorati, sono
definite nell’ambito della singola filiera in funzione delle proprie
capacità, attitudini e sviluppo tecnologico. Per ciascun prodotto è
dunque la relativa filiera che stabilisce estensione e modalità della
tracciabilità, prendendo a riferimento i requisiti della linea guida UNI
10939:2001 e formalizzandoli nel “Disciplinare di Filiera” che diventa
così il riferimento per le operazioni di controllo e certificazione.
La certificazione della tracciabilità di filiera attesta che è garantita e
documentata la rintracciabilità del prodotto lungo tutte le fasi della sua
elaborazione, secondo quanto previsto dal Disciplinare di riferimento
(predisposto dall’azienda seguendo la Norma UNI 10939:2001). Un
particolare schema di certificazione, adottato da alcuni enti prima
ancora dell’emissione della norma UNI 10939, è la Certificazione di
Filiera Controllata. Questa attesta, in accordo con il Disciplinare
Tecnico di riferimento, che è garantita e documentata la rintracciabilità
del prodotto lungo tutte le fasi di elaborazione, e che le caratteristiche
igienico sanitarie del prodotto sono gestite lungo tutta la filiera. Di
conseguenza mentre la Certificazione della tracciabilità di Filiera
documenta la storia di un prodotto e le specifiche responsabilità
attraverso l’identificazione e la registrazione dei flussi materiali e delle
organizzazioni che concorrono alla formazione, commercializzazione
e fornitura del prodotto, la Certificazione di Filiera Controllata, oltre al
requisito della rintracciabilità, garantisce la progettazione, la
pianificazione e l’attuazione coordinata della sicurezza igienico
sanitaria sull’intera filiera. Principale obiettivo di questi tipi di
certificazione è quello di dare maggiore trasparenza alla relazione tra
sistema produttivo e consumatore: in questo modo la rintracciabilità di
filiera e la filiera controllata possono essere, oltre che strumento
tecnico di controllo, uno strumento di rassicurazione e fiducia. Altra
finalità riguarda la sicurezza: i pericoli ed i relativi punti critici di
controllo sono individuati e gestiti presso ogni azienda della filiera
(azienda agricola , trasporto, trasformazione, distribuzione). In caso di
rischio e di danno per la salute dei consumatori, il controllo della filiera
e la rintracciabilità dovrebbero consentire l’identificazione e
l’isolamento delle aziende a rischio, senza coinvolgere nel sospetto e
28
in provvedimenti restrittivi un intero comparto. Il settore
agroalimentare è quindi sempre più stimolato dalle odierne tendenze
ed esigenze dei mercati e del consumatore ad operare in un contesto
di filiera sufficientemente armonico e coordinato: solo sulla base di
azioni pianificate e coordinate sarà infatti possibile fornire all’utente le
garanzie e la qualità che questi si aspetta, in tema di sicurezza
alimentare.
L’Unione Europea ha stabilito, con il Regolamento 178/2002,
l’obbligatorietà a partire da gennaio 2005 dell’adozione di un sistema
di tracciabilità per le filiere agroalimentari.
La tracciabilità e la trasparenza possono inoltre divenire degli
importanti strumenti di marketing, in particolare per i prodotti da
agricoltura biologica che sin dal 1991 sono assoggettati ad un sistema
di controllo e certificazione, regolamentato da severe norme
comunitarie e nazionali.
1.2.c. Controllo degli OGM
Da sempre in agricoltura l’uomo ha realizzato incroci tra piante volti a
migliorarne le caratteristiche e l’adattabilità al territorio.
Con l’ingegneria genetica, negli ultimi decenni, si è invece avviato
qualcosa di diverso, che oltrepassa le frontiere naturali arrivando a
rimescolare geni appartenenti a organismi totalmente diversi, che
possono anche non avere alcun tipo di parentela genetica. Da questa
manipolazione genetica si ottengono organismi con caratteristiche
proprie: sono gli ormai noti OGM, (definiti dall’art.2 della DIR.
2001/18/CE)13.
Parlare oggi di OGM e di Ingegneria Genetica richiede una riflessione
di carattere sociale, economico, politico e, non ultimo, etico.
Non sono molti gli studi disponibili sull’argomento e la gran parte
riguarda ricerche riconducibili alle stesse multinazionali che
producono OGM.
L’utilizzo degli OGM è promosso come la via da percorrere per
risolvere il problema della fame nei Paesi in via di sviluppo, grazie alla
maggiore produttività delle piante transgeniche. Ma, così come molti
economisti (tra cui il premio Nobel Amartya Sen) fanno osservare, il
13
DIR. 2001/18/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del
12 marzo 2001 sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi
geneticamente modificati e che abroga la dir. 90/220/CeE del consiglio.
All’art. 2 definisce gli OGM come “un organismo, diverso dall’essere umano,
il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto
avviene in natura, con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica
naturale” (europa.eu.int/eur-lex/pri/it/
oj/dat/2001/l_106/l_10620010417it00010038.pdf).
29
problema della fame nel mondo non è un problema di produzione, ma
di distribuzione e di povertà.
Gli studi scientifici indipendenti mostrano come, in realtà, nessuno dei
benefici attribuiti alle colture GM si sia verificato, mentre appaiono in
tutta la loro gravità i seri danni derivanti da queste pratiche e le loro
ripercussioni sulla salute umana, sulla sicurezza dell’ambiente, sul
rispetto dei popoli e dei loro valori, e naturalmente sugli agricoltori,
sempre più dipendenti da erbicidi e pesticidi, con costi di produzione
insostenibili.
Il diffondersi dell’ingegneria genetica non può far altro che contribuire
ad aumentare l’insicurezza alimentare. Essa, infatti, è causa della
perdita della biodiversità, sia perché si basa sull’aumento di
produzioni monoculturali, sia perché sempre di più si utilizza una
tecnologia chiamata "terminator"14 che disabilita geneticamente il
seme rendendolo incapace di germinare (i semi sono sterili e non
possono essere riutilizzati per nuovi raccolti). Sono nuove forme di
dipendenza, monopoli che tendono a rafforzare sempre più la
posizione delle multinazionali; infatti, i contadini non solo sono
obbligati al pagamento delle royalties riconosciute per il diritto
brevettale sulle sementi, ma in più, data la sterilità dei semi GM, si
ritrovano costretti a pagarli di anno in anno, senza poterli
autoriprodurre.15 “La ricchezza dei poveri è sottratta con violenza
attraverso nuovi e astuti mezzi quali il brevetto della biodiversità e la
conoscenza indigena” afferma Vandana Shiva16 che continua: “La
conoscenza dei poveri è trasformata in proprietà delle grandi industrie
globali, e si arriva al punto in cui i poveri devono pagare per semi e
medicine che essi stessi hanno elaborato e hanno utilizzato per
sopperire alle loro necessità di cibo e cure mediche”.
14
Agli inizi di aprile 2006 in Brasile si è riunita la Convenzione per la Diversità
Biologica, che ha adottato una “moratoria mondiale per la sperimentazione
e commercializzazione di Terminator”.
15
Il diritto di brevetto sta danneggiando enormemente i piccoli agricoltori,
anche quelli che non hanno mai usato semi GM: si pensi al caso di Percy
Schmeiser, il coltivatore canadese che, accusato di aver violato il brevetto
Monsanto utilizzando illegalmente colza OGM senza pagare le sementi, è
stato poi condannato dalla Corte Suprema canadese al pagamento di una
multa di $ 400.000, nonostante fosse vittima di inquinamento genetico. Si
tratta di una sentenza shock che tende a cancellare i diritti degli agricoltori e
che, soprattutto, riconosce alle multinazionali il diritto a reclamare il
pagamento delle loro royalties anche quando gli OGM arrivano
casualmente nei campi dei contadini.
16
www.vshiva.net
30
Per questo proteste si stanno levando contro gli OGMs, reclamando
che i geni di esseri umani, animali o piante rappresentano gli elementi
fondanti di un patrimonio universale non commercializzabile che non
può diventare oggetto di presunte invenzioni industriali.
In sintesi i rischi ambientali più riconosciuti sono:
• la trasmissione del “gene nuovo” dalla pianta modificata a piante
della stessa specie o affini attraverso la diffusione del polline;
• il trasferimento del “gene nuovo” ai microrganismi del suolo;
• la perdita della biodiversità favorita dalla diffusione e utilizzo di
pochi semi transgenici uguali in tutto il mondo con conseguente
scomparsa di specie attualmente esistenti;
• l’aumento dell’utilizzo di pesticidi legato alle nuove caratteristiche
di tolleranza indotta geneticamente nelle piante;
• la selezione di insetti resistenti al carattere inserito nella pianta
modificata geneticamente.
Gli standard IFOAM (International Federation of Organic Agriculture
Movements) stabiliscono l’esclusione categorica degli OGM e di tutti i
prodotti contenenti OGM, dall’intero sistema produttivo Biologico. I
rischi
per
l’agricoltura
biologica
di
essere
contaminata
dall’applicazione del transgenico, possono presentarsi in diversi
momenti della produzione, sia per contaminazione da polline che per
il trasporto dei semi ad opera degli insetti o del vento. Uno studio
svolto dalla Soil Association17 raccoglie le esperienze degli agricoltori
nord americani ed evidenzia come uno dei problemi più grandi,
causato dall’uso di OGM, consista nella diffusa contaminazione del
settore agrario e alimentare. Essa si è verificata a tutti i livelli della
catena alimentare, dalla produzione delle sementi alla produzione
degli alimenti. Dove le colture GM sono state commercializzate, la
contaminazione è giunta ad un livello tale che è diventato molto
difficile reperire linee sementiere libere da OGM.
L’ente Statunitense per l’Agricoltura Biologica, che certifica i prodotti
biologici, ha dichiarato che la contaminazione GM di mais, colza e
soia è ormai così estesa che, a loro avviso, per gli agricoltori nel Nord
America non è più possibile produrre sementi GM-free. Persino le
multinazionali hanno ammesso che la purità genetica assoluta oggi è
irraggiungibile.
Questo dimostra come sia difficile accettare la coesistenza dei due tipi
di colture e come sia ancora più difficile tutelare i consumatori che
scelgono di non consumare prodotti OGM o da essi derivati.
A questo scopo il Parlamento Europeo ha prodotto una normativa
specifica che va a stabilire il sistema europeo di tracciabilità e di
17
www.soilassociation.org
31
etichettatura degli OGMs. Il Regolamento in oggetto è il
N.1830/200318 che all’art. 1 si prefigge l’obiettivo “di istituire un quadro
normativo della tracciabilità dei prodotti contenenti OGM, o da essi
costituiti o derivati, allo scopo di facilitare un’accurata etichettatura, il
monitoraggio degli effetti sull’ambiente e sulla salute...” “…in modo da
assicurare ad operatori e consumatori un’informazione accurata che
permetta loro di esercitare un’effettiva libertà di scelta…” così come si
afferma nel quarto considerando del regolamento, che continua
richiedendo “..requisiti simili sia per gli alimenti che per i mangimi
ottenuti da OGM per evitare di interrompere la continuità delle
informazioni qualora l’uso finale dei prodotti sia modificato”.
Il sistema di tracciabilità permetterà di seguire, passo dopo passo, le
movimentazioni dei prodotti OGM attraverso la filiera produttiva e
distributiva e in più permetterà il ritiro di prodotti dal mercato, qualora
si constatino imprevisti effetti nocivi per la salute dell’uomo o degli
animali oppure per l’ambiente. La normativa richiede agli operatori del
settore di trasmettere e conservare le informazioni inerenti i prodotti
per un periodo di cinque anni dopo ciascuna transazione.
Altro obbligo previsto è quello di far figurare sull’etichetta dei prodotti,
preconfezionati e non, contenenti OGM la dicitura “Questo prodotto
contiene organismi geneticamente modificati” o “Questo prodotto
contiene [nome dell’organismo] geneticamente modificato”.
Ciò che lascia perplessi di questa legge è il fatto che non preveda gli
stessi obblighi per quei prodotti in cui siano contenute tracce di OGM
in proporzioni non superiore all’0,9%, purchè tale presenza sia
accidentale o tecnicamente inevitabile.
La Commissione europea rimanda agli Stati Membri, conformemente
al principio di sussidiarietà, l’obbligo di fissare e attuare le misure di
gestione della coesistenza attraverso la Raccomandazione
2003/556/CE19 che fissa orientamenti per l’elaborazione di apposite
strategie nazionali.
Questo non convince il movimento biologico, convinto della necessità
della tolleranza zero, che vede nella volontà della Commissione di
18
REGOLAMENTO (CE) N. 1830/2003 DEL PARLAMENTO EUROPEO E
DEL CONSIGLIO del 22 settembre 2003 concernente la tracciabilità e
l'etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di
alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché
recante modifica della direttiva 2001/18/CE (europa.eu.int/eur-lex/pri/it/
oj/dat/2003/l_268/l_26820031018it00240028.pdf).
19
RACCOMANDAZIONE (2003/556/CE) DELLA COMMISSIONE del 23 luglio
2003 recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori
pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali
e biologiche (europa.eu.int/eur-lex/pri/it/ oj/dat/2003/l_189/l_18920030729it00360047.pdf).
32
equiparare la soglia di tolleranza di presenza di OGM nei prodotti
biologici a quella prevista per il convenzionale, un modo per mettere
in pratica la difficile coesistenza e per evitare che ogni coltivatore
biologico contaminato possa ricorrere in tribunale e chiedere i danni
causati dalla de-certificazione del prodotto a causa della
contaminazione secondo il principio comunitario del “chi inquina
paga”.
Ancora più disarmante è stata la recente decisione della
Commissione di non elaborare una nuova normativa europea sulla
coesistenza tra le colture geneticamente modificate e l’agricoltura
convenzionale e biologica, che ha spinto il movimento degli agricoltori
a presentare, in occasione del Summit di Vienna 2005 dedicato al
biotech, dal titolo "La libertà di scelta", una Dichiarazione per una
Europa OGM free.
Diverse le richieste presentate nel documento:
• garantire ai consumatori e coltivatori il diritto a cibi e agricolture
libere da OGM;
• promuovere lo sviluppo di intere regioni OGM free;
• la precedenza dell’agricoltura non transgenica sulla più dubbia
produzione con OGM;
• individuare e perseguire i responsabili delle contaminazioni, siano
essi produttori o semplici consumatori di OGM.
La speranza è che la Commissione accolga le istanze presentate,
considerando che nell’Europa dei 25, una regione su tre chiede che il
suo territorio sia libero da OGM. A gennaio 2006, 172 regioni e più di
3400 autorità locali europee si erano già dichiarate aree libere da
OGM. Lo hanno fatto attraverso l’approvazione di leggi regionali o
dichiarazioni che esprimono la volontà dei loro cittadini a tenere gli
OGM fuori dal proprio territorio. Ma con l’attuale legislazione europea,
gli enti locali non possono perseguire gli obiettivi dichiarati,
nonostante essi, essendo più vicini alle preoccupazioni dei cittadini,
dovrebbero avere l’ultima parola in merito20. “E’ una questione di
democrazia - ha detto Rudi Anschober, ministro per l'ambiente e la
protezione dei consumatori dell'Alta Austria - perché il 90% dei
cittadini europei non ne vuol sapere di consumare prodotti OGM”.
1.3. Certificazione di qualità, tipicità, sociale ed ambientale
L’attenzione da parte dei consumatori verso la qualità e la tipicità dei
prodotti, la sicurezza alimentare, l’impatto ambientale delle produzioni
e la responsabilità sociale verso i lavoratori, ha spinto, sempre di più,
organismi privati e governativi alla produzione di disciplinari che
individuano precisi standards da rispettare. Questi hanno l’obiettivo di
20
www.gmofree-europe.org/PDFs/ Leaflets/Leaflet_Italianouter.pdf
33
fornire un “marchio di garanzia”- la cosiddetta certificazione – che le
aziende possono utilizzare per dimostrare alla collettività il rispetto di
determinati principi e regole.
In questo capitolo cercheremo di dare una visione della maggior parte
di quei sistemi di certificazione che, prefiggendosi di rispondere alle
esigenze dei consumatori, permettono alle aziende che sostengono
tali impegni, di trarne legittimi vantaggi. Infatti, una gestione
trasparente degli aspetti sociali e ambientali è indice di corretta
gestione generale e buona salute complessiva dell'azienda, e
contribuisce a ridurre il rischio finanziario legato all'investimento,
permettendo alle imprese che operano in un’ottica di sostenibilità di
garantirsi i giusti profitti, attraverso un’attenta politica di marketing.
1.3.a. Certificatione di qualità
La qualità dei prodotti21 e dei servizi, la loro continua rispondenza a
capitolati, norme e specifiche tecniche sono oggi esigenze strategiche
essenziali per la conquista ed il mantenimento di maggiori quote di
mercato.
La definizione di un Sistema di Gestione per la qualità22 e la sua
certificazione in conformità alle Norme ISO 9001 rappresentano
requisiti indispensabili e sicuri fattori di successo in uno scenario
globale caratterizzato da un elevato livello di concorrenza.
I Sistemi di Gestione per la qualità sono moderni strumenti che
consentono alle aziende il raggiungimento di tali obiettivi, se
organizzati in linea con le relative norme nazionali ed internazionali
(serie ISO 9000).
La conformità del Sistema di Gestione per la qualità aziendale con tali
norme è di conseguenza la migliore garanzia sulla capacità
21
La certificazione di prodotto attesta che un prodotto o un servizio risponda
ai requisiti prefissati e descritti da un documento normativo di riferimento.
La certificazione di prodotto ha quindi come riferimento tanti documenti
normativi quanti sono i prodotti o servizi oggetto della certificazione. La
certificazione di prodotto permette di apporre sulla confezione del prodotto
stesso, il marchio di conformità, che include il logo dell'Organismo di
certificazione.
22
È l'insieme della struttura organizzativa, delle procedure e delle risorse
necessari a definire e conseguire gli obiettivi di qualità aziendale. La
gestione per la qualità è responsabilità di tutti i livelli direttivi e la sua
attuazione coinvolge tutto il personale. I metodi e gli strumenti utilizzati, per
verificare lo standard qualitativo, sono la Garanzia della Qualità e il
Controllo della Qualità (tutte le attività e le procedure tecnico - operative
attuate per assicurarsi che un prodotto o un servizio rispetti gli standard
qualitativi).
34
dell'azienda di soddisfare i requisiti di qualità. La certificazione in
conformità alle Norme ISO 9000, rilasciata da un Ente terzo
indipendente riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, è
pertanto diventata indispensabile alle aziende per poter guadagnare
la fiducia dei committenti e del mercato.
L’applicazione di un sistema di qualità secondo la norma ISO
9001\2000 ad una azienda biologica, per quanto detto, risulta essere
un passaggio di naturale evoluzione nella organizzazione aziendale,
infatti l’azienda biologica, in quanto tale, già adotta una struttura
organizzativa basata su una visione per processi, ed una modulistica
che rispetta già pienamente i dettami della norma di riferimento per
certificare un sistema di qualità, ovvero la ISO 9001\2000.
La volontà di gestire a livello di eccellenza un servizio in un’ottica di
miglioramento
continuo,
potrebbe
manifestarsi
attraverso
l’implementazione
di
un
sistema
di
Gestione
Integrato
Qualità/Ambiente e Sicurezza. Un sistema integrato favorisce la
massimizzazione dell’efficienza del servizio offerto, garantendo che
non si verifichino sovrapposizioni inutili e diseconomie. Peraltro
l’implementazione di un Sistema Integrato è favorito dalla radice
comune delle norme ISO 9000, ISO 14001 dalla quale deriva una
impostazione pressoché similare.
Per quanto detto, la naturale evoluzione nell’organizzazione aziendale
di una azienda biologica medio-grande è dar luogo ad un sistema di
qualità secondo la norma ISO 9001\2000, per poi adottare Sistemi di
Gestione Integrati Qualità – Ambiente e non da ultimo orientarsi alla
Certificazione Etica, oltre che certificare, laddove possibile, anche la
tipicità dei prodotti.
1.3.b. Certificatione di tipicità
Con la riforma di medio termine della Politica Agricola Comunitaria, la
qualità dei prodotti agroalimentari sta assumendo un ruolo sempre più
rilevante. Il numero dei prodotti registrati, senza considerare vini ed
alcolici, è arrivato a 727 e continua a crescere. Per migliorare e
rendere più efficiente la procedura di registrazione sono state
emanate nuove norme23 tendenti alla semplificazione e che
chiariscono il ruolo degli Stati membri.
I marchi di qualità (DOP, IGP, STG) sono dei marchi collettivi che
permettono di identificare un prodotto tipico ottenuto da un’azienda
che, presentando determinate caratteristiche produttive ed ambientali,
aderisce ad un preciso sistema di controllo. Per ottenere un marchio
collettivo è infatti necessario sottoporsi ad un rigoroso disciplinare
23
Regolamento del Consiglio (CE) N. 510/2006 del 20 Marzo 2006 e
Regulamento del Consiglio (CE) N. 509/2006 del 20 March 2006.
35
produttivo. I prodotti sui quali si vuole applicare il marchio devono
preventivamente essere stati controllati e certificati da un Organismo
di controllo che ne garantisca la conformità.
La Denominazione di Origine Protetta (DOP) è il nome di una
regione, di un luogo determinato, che serve a designare i prodotti
agroalimentari, con esclusione di quelli alcolici, originari di tale area, le
cui caratteristiche siano derivate dall’ambiente geografico,
comprensivo dei fattori naturali ed umani, e la cui trasformazione ed
elaborazione avvenga nell’area geografica delimitata (Reg. CEE n°
2081/92).
Immagine 3: logo DOP
L’Indicazione Geografica Protetta (IGP) è il nome di una regione, di
un luogo determinato, che serve a designare prodotti originari di tale
area, di cui una determinata qualità, la reputazione o un’altra
caratteristica possa essere attribuita all’origine geografica e la cui
produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengano nell’area
delimitata (Reg. CEE n° 2081/92).
36
Immagine 4: logo IGP
La Specialità Tradizionale Garantita (STG) o Attestazione di
Specificità garantita (AS) è il marchio collettivo che designa un
prodotto agroalimentare che ha delle caratteristiche (specificità) che lo
distinguono nettamente da altri prodotti o alimenti analoghi
appartenenti alla stessa categoria (Reg. CEE n° 2082/92). Un
prodotto STG non è legato ad uno specifico territorio di origine ma ad
una composizione , ad un metodo di produzione tradizionale, per cui
qualsiasi produttore europeo che rispetti le prescrizioni previste può
utilizzare tale marchio.
Immagine 5: logo STG
37
L’Unione Europea ha inoltre destinato ulteriori risorse volte a
promuovere la partecipazione degli agricoltori ai sistemi di
certificazione e realizzare nuove campagne di sensibilizzazione dei
consumatori, coinvolgendo anche le loro associazioni. La legislazione
attribuisce ai consorzi di tutela dei marchi grande potere di controllo e
promozione. Inoltre le produzioni tipiche vengono sempre più
considerate un patrimonio economico e culturale da proteggere con
accordi internazionali sui diritti intellettuali.
I principali obiettivi delle azioni europee del settore sono: la diffusione
di uno stile alimentare europeo, la valorizzazione su larga scala delle
produzioni tipiche, la creazione di itinerari gastronomici, l’avvio di
campagne di educazione alimentare rivolte ai giovani sui legami tra
cibo e territorio oltre alla corretta interpretazione delle etichette.
1.3.c. Certificazione sociale ed ambientale
La certificazione sociale24 ed ambientale25 delle aziende è una pratica
sempre più diffusa, essa cerca di rispondere all’esigenza delle
aziende di dimostrare l’impegno assunto nei confronti dei clienti, degli
azionisti e della collettività. Caratteristica principale della miriade di
certificazioni oggi presenti è la volontarietà, vale a dire le aziende
liberamente decidono di rispettare dei disciplinari, stabiliti da enti
governativi e non-governativi, nei quali vengono indicati gli standard
da seguire nei processi produttivi o per i prodotti.
Le organizzazioni di riferimento e gli ambiti in cui si implementano
processi di certificazione sono tantissimi, per darne una visione
complessiva di seguito proponiamo un elenco (tabella n°4).
24
In questo ambito, particolare importanza ha assunto l’iniziativa di SAI
(Social Accountability International), ente che a livello mondiale definisce i
requisiti – la norma SA 8000 – atti ad evidenziare la correttezza sociale
delle aziende, www.sa-intl.org .
25
In ambito ambientale, gli standards ISO della serie 14000 sono le
specifiche per la Gestione Ambientale, riconosciute a livello internazionale,
sviluppate dai comitati internazionali dell'ISO (International Organization for
Standardization), www.iso.ch . Simile ad esso, ma differente sotto molti
aspetti, è l’EMAS - Eco-Management and Audit Scheme. Al sistema,
definito dal Regolamento (CE) n. 761/2001, aderiscono gli Stati membri
della Unione Europea e quelli dello spazio economico europeo,
http://europa.eu.int/comm/environment/emas/index_en.htm .
38
Molte di queste organizzazioni hanno dato luogo all’Alleanza26
Internazionale di Accreditamento e Etichettatura Sociale ed
Ambientale (ISEAL Alliance27). Tale Alleanza fornisce standards
credibili e valutazioni di conformità sviluppando la capacità di costruire
strumenti per rafforzare le attività dei membri e per la promozione di
certificazioni ambientali e sociali credibili come politica legittima nel
commercio globale e nello sviluppo. I membri dell’ISEAL hanno
sviluppato standards internazionali di riferimento nei loro rispettivi
campi. Questi standards si focalizzano sul commercio equo sulla
pesca ornamentale, la gestione delle foreste, l’agricoltura biologica, la
pesca in acque dolci e in mare aperto, la responsabilità sociale, e
l’agricoltura sostenibile. L’ISEAL, dal suo canto, ha dato luogo al
Codice delle Buone Pratiche per la messa a punto di Standards
Ambientali e Sociali28, fornendo così un benchmark per assistere le
organizzazioni che stabiliscono gli standards e migliorare il loro
sviluppo, armonizzando i loro processi. Gli standards condividono le
seguenti caratteristiche:
• devono essere stabiliti sulla base di un bisogno genuino;
• sono volontari, iniziative in settori privati che non agiscono come
barriere tecniche al commercio;
• ciascuno si focalizza sulle migliori pratiche sociali e ambientali di
produzione nei loro rispettivi campi;
• sono sviluppati e aggiornati attraverso un processo di
consultazione ampia degli stakeholder;
• tengono conto delle realtà ecologica, culturale, ed economica
delle parti del mondo nelle quali esse operano;
• sono metodi standards di processo e produzione (PPM) che
stabilisce come un prodotto deve essere prodotto piuttosto che le
caratteristiche del prodotto stesso;
• incorporano sia elementi di performance che di gestione di base
per migliorare le pratiche di gestione così come la sostenibilità di
lungo periodo;
26
Si differenziano i membri a pieno titolo: Fairtrade Labelling Organizations,
Forest Stewardship Council, International Federation of Organic Agriculture
Movements, Marine Aquarium Council, Marine Stewardship Council,
Rainforest Alliance, Social Accountability International; dai membri
associati: Chemonics International, Global Ecolabelling Network, Institute
for Agriculture and Trade Policy.
27
www.isealalliance.org .
28
Per la versione completa in inglese del Codice:
http://www.isealalliance.org/documents/pdf/P005_PD4_Jan06.pdf.
39
•
c’è una cultura di un continuo miglioramento per la sistemazione
dell’evoluzione delle migliori pratiche e il miglioramento della
partecipazione degli stakeolder.
I programmi di certificazione e di accreditamento dei membri
dell’ISEAL hanno i seguenti elementi in comune:
¾ i servizi di certificazione e di accreditamento hanno l’obiettivo di
osservare i criteri internazionalmente accettati per le procedure
operative. Questi criteri sono la Guida ISO/IEC 61 e 17011 per le
organizzazioni di accreditamento e la Guida ISO/IEC 62 o 65 per
le organizzazioni di certificazione;
¾ le valutazioni di certificazione sono assicurate da una terza parte
indipendente che non ha interessi acquisiti nel risultato.
¾ la certificazione aperta a tutti gli applicanti che si adattano
all’universo di prodotti e allo scopo geografico del programma di
certificazione;
¾ l’accreditamento è aperto a tutte le organizzazioni di certificazione
che rispettano i criteri obiettivi e di trasparenza stabiliti dal
programma di accreditamento;
¾ la certificazione e l’accreditamento degli operatori sono obiettive e
trasparenti;
¾ i membri dell’organizzazione hanno la gestione delle strutture che
salvaguarda l’imparzialità, l’efficacia isolando le loro decisioni di
certificazione o di accreditamento dalle altre attività;
¾ i membri dell’organizzazione facilitano il commercio attraverso il
rilascio di veritieri programmi internazionali di accreditamento che
sono operativi globalmente.
È importante rilevare, che il Codice, nella parte che riguarda le
procedure per lo sviluppo degli standards, sottolinea la necessità di
garantire la disponibilità degli standards finali al più basso costo
possibile e di prevedere l’assistenza delle parti con legittimi vincoli
finanziari per ottenere rilevanti documenti. Le procedure messe in
campo, si dice, devono rendere disponibili copie di note, standards e
altri materiali di riferimento al più basso costo possibile.
Nella parte che riguarda l’effettività, la rilevanza e l’armonizzazione
internazionale si evidenzia la necessità di tenere in conto le differenze
regionali e locali nelle capacità tecnologiche, economiche, sociali ed
ecologiche delle realtà e, dove rilevanti, delle conoscenze tradizionali.
Infine, nella parte che riguarda la partecipazione nei processi di
sviluppo degli standards particolare attenzione deve essere data ai
bisogni dei paesi in via di sviluppo e alle piccole e medie imprese.
Questo dovrebbe essere garantito attraverso la previsione da parte
degli enti che mettono a punto gli standards, nei bilanci
programmatici, di fondi che garantiscano la partecipazione dei gruppi
40
svantaggiati, direttamente toccati dall’implementazione dello standard.
Nel caso non fosse possibile, altri mezzi dovranno essere previsti per
facilitare la partecipazione attraverso anche comunicazioni e
notificazioni a distanza dei loro interessi lesi dai processi di
standardizzazione.
Queste previsioni all’interno del Codice evidenziano la volontà
massima, espressa dalle organizzazione, di sviluppare processi
inclusivi che tengano conto delle diverse possibilità di accesso dei
soggetti interessati, in modo da rendere davvero partecipativi i
processi di standardizzazione e armonizzazione dei sistemi produttivi.
Tabella 4: Organizzazioni internazionali di riferimento per la certificazione sociale ed
ambientale.
AccountAbility, istituto della responsabilità sociale e ambientale, istituto internazionale non profit
che promuove lo sviluppo sostenibile attraverso la creazione di un standard assicurativo e una
struttura basilare di responsabilità29.
British Standard Institute è un ramo del BSI Group, si occupa di standardizzare norme che
vanno dalla proprietà intellettuale alle tecniche specifiche per la protezione personale30.
Commercio Justo Mexico A.C. ente che promuove il commercio equo per i piccoli produttori
messicani, stabilendo standard di equità31.
Certified Organic Association of British Columbia (COBAC) è un’associazione di certificatori
della provincia della Colombia Britannica in Canada. Il BC Programma di Certificazione Biologica
adotta i Principi delle Agricoltura Biologica stabiliti dall’IFOAM32.
European Environmental Citizens Organisation for Standardization (ECOS) promuove
l’integrazione di aspetti ambientali negli standard tecnici volontari pubblicati dall’ European
Standard Organiisation CEN (Commissione Europea per la standardizzazione), CENELEC
(Commissione Europea per la standardizzazione elettrotecnica) e la ETSI (Istituto per gli standard
della telecomunicazione)
Fairtrade Labelling Organisations International (FLO) è un’organizzazione mondiale per la
standardizzazione e certificazione del Commercio Equo33.
Forest Stewardship Council (FSC) è un’organizzazione internazionale non-profit che supporta
una gestione delle foreste mondiali ambientale appropriata. Gli enti accreditati certificano i prodotti
che rispettano i Criteri e gli Standard per l’amministrazione delle Foreste34.
Forest Stewardship Council of Canada (FSC Canada) è un’iniziativa nazionale responsabile
dello sviluppo di standard regionali da raccomandare per l’adozione del FSC35.
Global Ecolabelling Network (GEN) è un’associazione non-profit che implementa, promuove e
sviluppa l’”ecolabelling” di prodotti e servizi36.
29
Lo standard AA1000 fornisce le linee guida per la stipula di assicurazioni, è
il primo standard Assicurativo non proprietario, ovvero in open source che
copre l’intera gamma di performance di un organizzazione per lo sviluppo
sostenibile, www.accountability.org.uk.
30
www.bsi-global.com
31
www.comerciojusto.com.mx
32
www.certifiedorganic.bc.ca
33
www.fairtrade.net
34
www.fscoax.org
35
www.fsccanada.org
36
www.gen.gr.jp
41
Gree Seal è un’associazione non-profit che cerca di promuovere un ambiente più salutare e pulito
identificando e promuovendo prodotti e servizi che causano un minor inquinamento tossico e
rifiuti, conserva le risorse e gli habitat, e minimizza il riscaldamento globale e la riduzione
dell’ozono37.
Green-e è un programma di certificazione delle energie rinnovabili amministrato dal non-profit
Centro delle Soluzioni per le Risorse (CRS)38.
International Federation of Organic Agricolture movements (IFOAM) è un’organizzazione di
movimenti per l’agricoltura biologica il cui scopo principale è la creazione di Standards di Base
che insieme ai Criteri di Accreditamento per gli enti di Certificazione costituiscono appunto le
norme IFOAM. Le Norme sono la base del Sistema di Garanzia del Biologico dell’IFOAM39.
International Organization for Standardization (ISO) è una rete di istituti nazionali di
standardizzazione, è il più grande sviluppatore di standards40.
Marine Aquarium Council (MAC) è una organizzazione non-profit che stabilisce standard e
certifica per la collezione e la cura dei prodotti marini ornamentali. Gli Standards sono
accompagnati dalla Guida delle Buone Pratiche41.
Marine Stewardship Council (MSC) è un organizzazione non-profit che ha sviluppato standards
ambientali per la pesca sostenibile (msc Standards) e usa un marchio che premia le pratiche e le
gestioni di una pesca ambientalmente responsabile42.
Social Accountability International (SAI) è un’organizzazione non-profit che si dedica allo
sviluppo, all’implementazione ed alla verifica di standards volontari sulla responsabilità sociale. È
l’ente che ha sviluppato la SA800043.
Sustainable Agricolture Network (SAN) è una coalizione di gruppi di conservazione
dell’America Latina che lavora con il Programma di Agricoltura Sostenibile dell’Alleanza della
Foresta Pluviale. La SAN usa gli stessi standards generali ma adatta gli indicatori ai rispettivi
paesi44.
Worldwilde Responsible Appareal Production (WRAP) è una corporazione dedicata alla
promozione ed alla certificazione di prodotti legali, umani ed etici. I principi standard si possono
evincere dal Programma di Certificazione della Produzione Responsabile Mondiale di Abiti45.
37
www.greenseal.org
www.resource-solutions.org
39
www.ifoam.org
40
www.iso.ch
41
www.aquariumcouncil.org
42
www.msc.org
43
www.sa-intl.org
44
www.rainforest-alliance.org/programs/cap/index.html
45
www.wrapapparel.org
38
42
1.4. Multifunzionalità
Concretamente il principio della multifunzionalità, sancito anche dalla
riforma di medio termine della Politica Agricola Comunitaria, si traduce
nell’avvio di attività di turismo rurale, di valorizzazione dei paesaggi
(con attivazione di sentieri, percorsi di osservazione della natura,
ecc.), di fattorie didattiche.
1.4.a. Agriturismo
Nell’ambito del turismo rurale, l’agriturismo offre agli agricoltori la
concreta opportunità di unire alla diversificazione delle attività una
migliore valorizzazione della produzione e del patrimonio immobiliare.
Gli interessi agricoli e la tutela dell’ambiente sono strettamente
collegati in tale attività. L’agriturismo può rappresentare inoltre per
l’agricoltore un mezzo per far fruttare gli investimenti da esso attuati
per la gestione dell’ambiente a beneficio della collettività.
Riguardo al target di tale attività, va considerato che il consumatore di
turismo rurale è attirato dalla varietà dei paesaggi agricoli, dalla fauna
e dalla flora, la cui conservazione costituisce a sua volta un prerequisito indispensabile per preservare il richiamo turistico delle zone
rurali che sovente implica tecniche agricole più costose o meno
redditizie. In termini percentuali, l'agriturismo costituisce ancora oggi
una minima parte del turismo rurale, ma può rappresentare
un'opportunità in numerose regioni, il turismo in azienda agricola è
una tipica attività che permette di far crescere esponenzialmente il
valore aggiunto di una azienda, attraverso la vendita diretta dei
prodotti agricoli e creando ricchezza mediante la valorizzazione del
patrimonio edilizio aziendale. Sarà compito del gestore agrituristico
individuare correttamente le condizioni di riuscita: analisi del livello e
della redditività degli investimenti, professionalità nell'accoglienza,
partecipazione alle reti locali e nazionali di commercializzazione e di
promozione, sviluppo di nuove attività turistiche nell'azienda agricola o
in collaborazione con altre strutture.
Le aziende agricole biologiche possono rivestire un ruolo di primo
piano nel settore agrituristico. A tal proposito, va segnalata l’opera
dell’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica - AIAB, la quale
ha messo a punto un disciplinare per gli agriturismi bio-ecologici ed un
sistema innovativo per la loro cerificazione e classificazione, che si
basa essenzialmente su requisiti obbligatori (criteri minimi necessari
per poter usufruire del marchio) e requisiti facoltativi (necessari per la
determinazione della classe di merito espressa da un numero di
margherite che va da 1 a 5).
43
Immagine 6: logo degli agriturismi bio-ecologici e loro classificazione
Ogni azienda agrituristica aderente al circuito, viene controllata da
ispettori qualificati, che ne verificano il grado di rispondenza ai
requisiti individuati nel disciplinare AIAB (Associazione Italiana per
l’Agricoltura Biologica). La “classe di merito” (immagine 6) è
sottoposta ad un aggiornamento annuale ed è calcolata in base alla
media aritmetica dei punteggi attribuiti in ciascuna delle seguenti
“Aree tematiche” definite dettagliatamente nel disciplinare:
9 Area Attività Produttive (punteggi maggiori alle aziende
biologiche che producono prodotti tipici o rientranti nei presidi
Slow Food);
9 Area Servizi Naturalistici e Didattici (punteggi maggiori agli
agriturismi che tra i servizi offerti propongano anche laboratori
didattico-dimostrativi
sull’agricoltura
biologica,
percorsi
naturalistico-didattici adeguatamente segnalati, musei della civiltà
contadina, visite in Aree protette, osservazione della fauna);
9 Area Tutela dell’Ambiente e delle Risorse Naturali (punteggi
maggiori alle aziende che prestino attenzione alla conservazione
del paesaggio e della biodiversità sia vegetale che animale);
9 Area Strutture Ricettive (punteggi maggiori agli agriturismi ben
integrati nel territorio, costruiti secondo le regole della bio-edilizia,
limitando al massimo l’inquinamento elettromagnetico, acustico,
luminoso ed il consumo di fonti energetiche non rinnovabili);
9 Area Dotazioni e Servizi Ricettivi (punteggi maggiori agli
agriturismi che facilitano l’accesso ai portatori di handicap e
prevedano spazi comuni da adibire a biblioteca, info-point sugli
usi locali, etc.);
9 Area Relazioni con il Territorio (punteggi maggiori agli
agriturismi che, in rete con le altre realtà del territorio,
44
promuovono attività culturali legate al territorio, campagne
informative, corsi di artigianato tipico);
9 Area Servizi Turistici (punteggi maggiori agli agriturismi che
prevedono l’accompagnamento degli ospiti, anche stranieri, alla
scoperta del territorio, l’intrattenimento dei bambini, percorsi
sportivi a piedi, a cavallo, in bicicletta);
9 Area Ristorazione e Vendita Prodotti (punteggi maggiori agli
agriturismi che privilegiano la ricerca, lo studio e la divulgazione
della cultura alimentare locale e della cucina tipica regionale, con
punti vendita aziendali);
9 Area Trasporti e Viabilità (punteggi maggiori agli agriturismi che
organizzano sistemi di trasporto collettivo degli ospiti, limitando il
traffico veicolare all’interno della struttura e predisponendo
apposite piste ciclabili e percorsi pedonali).
Un’evoluzione recente del sistema messo in piedi per gli agriturismi
bio-ecologici è rappresentato dal “BIO-SENTIERO CAMPANIA”, un
itinerario eco-turistico che unisce tutta la Campania del biologico,
attraverso eco-villaggi, Città del bio, aziende agrituristiche, aree
demaniali certificate, siti ambientali di rilievo per la conservazione
della biodiversità e delle tradizioni locali. I siti attraversati dal biosentiero sono valutati e classificati con un sistema “Agro-ambientalesensoriale” messo a punto dall’AIAB Campania, partendo dai principi
generali contenuti nella “Carta dei principi per un turismo sostenibile
nelle aree rurali” definita nel 2001 dall’AIAB nell’ambito delle attività
del progetto Leonardo da Vinci "Formazione Eco-turismo", nella quale
viene anche precisato che la conservazione e il recupero degli
elementi naturali e della diversità biologica costituiscono un
prerequisito essenziale per il turismo ecologico: “… le attività turistiche
devono essere sostenibili dal punto di vista ambientale, economico,
sociale e culturale. Ciò significa che devono essere ecologicamente
sostenibili nel lungo periodo, economicamente fattibili ed accettabili
dal punto di vista sia etico che sociale”.
Tutti gli indicatori fino ad oggi utilizzati per la valutazione dei siti ecoturistici non comprendevano però lo “Studio delle interazioni sensoriali
tra uomo e spazio attraverso una prospettiva pluridisciplinare,
artistica, tecnico-scientifica”.
Grazie alla collaborazione con un’associazione spagnola specializzata
in questo lavoro è stato possibile definire un nuovo paniere di
indicatori da applicare nella valutazione dei siti da inserire nel biosentiero, in grado di agevolare l’individuazione dei valori estetici,
sensoriali, originali e autentici delle diverse aree. E’ possibile in tal
modo tenere nel debito conto le variabili che intervengono nelle
reazioni affettive di fronte all’ambiente, acquisendo dati relativi alle
45
modalità e capacità di percezione dei diversi gruppi di persone (turisti,
abitanti ed esperti) rispetto ai paesaggi visivi e sonori individuati nei
siti del bio-sentiero.
Concretamente questa metodologia di lavoro permette di:
1. individuare luoghi, momenti, situazioni ed elementi sensoriali
capaci di generare risposte emozionali di gradevolezza;
2. individuare elementi che, per il loro valore soggettivo, devono
essere conservati per le generazioni future come parte di un
patrimonio estetico-sensoriale (culturale o naturale) di un sito;
3. individuare i principali suoni che si possono ascoltare/percepire in
un sito (ad es. suono delle campane, eco naturale);
4. individuare il livello di gradevolezza prodotto dagli stimoli sonori,
visivi, olfattivi e climatici presenti in un sito;
5. determinare il grado di “molestia” prodotto dagli stimoli sonori
visuali, olfattivi e climatici presenti in un sito;
6. Studiare l’evoluzione del paesaggio sonoro durante tutto l’anno
(suoni ascoltabili nelle varie stagioni);
7. studiare le principali caratteristiche dello spazio sonoro presente
nei vari siti (orizzonte acustico, segnali sonori, suoni di sottofondo,
relazione segnale/sottofondo…);
8. Caratteristiche di interazione tra spazio sonoro e spazio visuale
(congruente - incongruente immagine–suono).
I metodi comunemente utilizzati nella valutazione sensoriale del
paesaggio sono di due tipi: la valutazione da parte del visitatore (in
situ) o in laboratorio, ricorrendo all’utilizzo di stimoli visuali e/o sonori
ed a procedimenti nei quali si utilizzano descrizioni verbali del
paesaggio. Partendo da queste metodologie si elaborano ad es.
questionari con domande aperte e chiuse, che permettono una
valutazione obiettiva e precisa degli aspetti sensoriali (principalmente
sonori e visuali) dell’”intorno”. Il metodo si basa sullo sviluppo di
procedimenti scientifici che aiutano ad interpretare in forma sistematica
e rigorosa le reazioni soggettive di fronte agli stimoli ambientali
(significati, simbolismi, comportamenti in relazione all’ambiente…). In
questo modo si configurano le caratteristiche del paesaggio sensoriale
(fondamentalmente visuale e sonoro) stabilendo un punteggio che
permette di dare un valore globale ed assoluto ad ogni sito. In buona
sostanza si tratta di selezionare quei luoghi in cui l’uomo, in quanto
parte della natura, può trovare le condizioni ideali per vivere in
armonia, manifestando quello stato generale di benessere
comunemente definito “stare bene”.
1.4.b. Gestione del paesaggio
L’Attività dell’uomo ha portato ad una progressiva scomparsa degli
ambienti naturali, con conseguente depauperamento della qualità
46
ambientale dei territori ed una diminuzione della biodiversità. Nelle
aree rurali questa semplificazione degli ecosistemi ha portato ad un
aumento dei problemi collegati alla gestione delle attività produttive
(ad es. la necessità di ricorrere all’uso sempre maggiore di inputs
esterni nel ciclo produttivo agricolo). Così pure mentre in natura
troviamo i predatori naturali (insetti o microrganismi) che limitano
naturalmente (controllo biologico) il diffondersi degli insetti dannosi
per le piante, negli agro-ecosistemi assistiamo alla distruzione degli
habitat naturali dei predatori (siepi, cespugli, ecc.) che oggi
sopravvivono in piccole popolazioni del tutto insufficienti a garantire il
controllo biologico. Con l’agricoltura biologica normalmente riusciamo
invece a ricostruire un ecosistema complesso. L’approccio sistemico,
tipico del metodo biologico, consente all’azienda di: aumentare le
specie coltivate introducendo buone rotazioni colturali, mantenere
buoni livelli produttivi nel rispetto delle norme territoriali, allevare
animali garantendo una buona gestione delle risorse naturali e della
terra. La combinazione di produzioni diverse consente di gestire nel
migliore dei modi le risorse naturali, rispettando i processi naturali.
Tornando al moderno concetto di paesaggio, esso
parte dal
significato geografico ma tende direttamente all’ecologia ed è quindi
molto più complesso da interpretare. Il paesaggio viene quindi inteso
come ecosistema, anzi come insieme di ecosistemi di una sezione
della biosfera. L’ambiente è dato dall’insieme degli elementi fisici,
biotici ed umani che compongono la faccia terrestre.
Questo concetto di paesaggio riveste un importante ruolo ecologico
ed ha modificato i tradizionali obiettivi della pianificazione territoriale.
La corretta pianificazione del paesaggio rurale è di vitale importanza
per l’intero territorio, perché proprio a causa delle sue caratteristiche
esso risulta particolarmente esposto al rischio di riduzione della
biodiversità.
Per fare una buona pianificazione territoriale è innanzitutto necessario
condurre un’indagine sulle sue caratteristiche fisiche, biotiche e
sociali. Solo dopo la valutazione dei risultati dell’indagine sarà
possibile effettuare gli interventi sul territorio, volti a:
• Preservare gli elementi naturali ancora esistenti;
• Ricreare ecosistemi funzionali (la creazione nell’ambiente rurale di
siepi, frangivento alberati, strisce inerbite ed ogni altra struttura
permanente vivente è conosciuta con il termine “infrastruttura
ecologica” e riveste grande importanza per la prevenzione delle
malattie delle piante e dei danni collegati alle condizioni
atmosferiche).
• Intervenire sui fattori che limitano lo sviluppo della fauna selvatica.
• Sviluppare la qualità ambientale del territorio.
47
1.4.c. Fattorie didattiche
Negli ultimi anni molte aziende biologiche hanno proposto attività
didattiche per le scuole ed altri gruppi di utenza. Il network46 delle
fattorie didattiche promuove esperienze di scambio, promozione
comune, rispetto di norme comportamentali (una carta di principi
viene sottoscritta da tutti i titolari delle aziende aderenti al network),
sviluppo di materiali didattici (per esempio posters, opuscoli).
Possiamo distinguere tre categorie principali di fattorie didattiche.
•
“aziende aperte” (in cui gli
agricoltori
propongono
visite aziendali, durante le
quali spiegano i principi di
salvaguardia ambientale e
alimentazione naturale che
sono
alla
base
dell’agricoltura biologica);
•
“aziende
didattiche”
(nelle quali i visitatori
vengono coinvolti in attività
di
produzione
e
trasformazione agricola);
•
“aziende scuola” (in cui
vengono
proposte
settimane verdi al fine di
coinvolgere i visitatori in
attività
didattiche,
da
svolgersi sia nell’azienda
ospitante che in altre realtà
limitrofe, oltre che percorsi
curriculari sulle tematiche
dell’agricoltura,
della
conservazione della natura
e della cultura in generale).
46
Immagini 7-7bis:
visita a una fattoria didattica e campagna
pubblicitaria AIAB sulle Bio-fattorie
Per esempio in Italia un network di fattorie didattiche biologiche è gestito
dall’AIAB: http://www.aiab.it/nuovosito/biofattorie; grande successo riscuote
pure l’iniziativa “campagna amica” promossa dalla Coldiretti che punta su
multifunzionalità ed eco-sostenibilità delle aziende agricole.
48
CAPITOLO 2. COMPETENZE COMMERCIALI
Il mercato è fatto dai consumatori che sono, in generale, mutevoli e
reagiscono emotivamente alle informazioni che ricevono dai media,
com’è di recente successo quando a seguito di scandali alimentari è
notevolmente aumentata la domanda di prodotti biologici.
“Dalla fine del 2002, l’agricoltura biologica conta in Europa su 5.8
millioni di ettari e ca. 190.000 imprese. Circa il 4% della superficie
agricola europea è coltivata biologicamente, con punte del 10% ed
oltre in qualche Paese, per un mercato che vale annualmente più di
11 bilioni di euro. Il più grande mercato dei prodotti biologici è quello
tedesco, con uno share maggiore del 30% del volume totale del
mercato europeo (ca. 3,5 bilioni di €), seguono il Regno Unito (1.6 bio
€), l’Italia (1.4 bio €) e la Francia (1.2 bio €). La Danimarca è invece
prima per la spesa procapite di prodotti biologici che ammonta a 60 €,
mentre per la Svezia arriva a ca 45 €, 41 € per l’Austria, 40 € per la
Germania. In molti altri paesi europei la spesa pro-capite per I prodotti
biologici è comunque maggiore di 20 €: Belgio (29 €), Olanda (26 €),
Francia (25 €), Regno Unito e Italia (24 €)47.
Questo trend positivo è legato a diverse ragioni:
• perdita di fiducia nei prodotti convenzionali, alla luce di molteplici
scandali alimentari;
• desiderio di non trovare residui di pesticidi nel piatto;
• desiderio di mangiare alimenti privi di organismi geneticamente
modificati;
• richiesta di standards sempre più elevati a garanzia del benessere
animale;
• domanda di protezione e rispetto ambientale;
• desiderio di salvaguardare l’ambiente dalla contaminazione con
organismi geneticamente modificati;
• fiducia nel sistema di certificazione e nelle norme dell’agricoltura
biologica.
• salvaguardia della salute degli operatori agricoli.
L’importanza dell’aspetto commerciale trova riscontro anche nel Piano
di Azione Europeo per l’Agricoltura Biologica48, dove le principali
proposte operative della Commissione Europea si rivolgono proprio
allo “sviluppo di una guida informativa sul mercato delle bio47
Commissione Europea - Direzione Generale dell’Agricoltura e dello
Sviluppo rurale, Report « Organic farming in the European Union – Facts
and Figures», Bruxell, 2005.
48
COM(2004)415 final - Bruxell, 10.06.2004.
49
produzioni, con l’obiettivo di aumentare nei seguenti modi la fiducia
dei consumatori: fornendo loro maggiori informazioni, effettuando
maggiore promozione del metodo sia tra i consumatori che tra gli
operatori, incentivando l’uso del marchio europeo, anche a garanzia
dei prodotti importati, creando più trasparenza sui diversi standards,
aumentando la reperibilità dei prodotti, realizzando indagini statistiche
da usare come strumento di marketing. La prima linea di azione
prevista dal Piano comunitario riguarda inoltre proprio il mercato dei
prodotti biologici e prevede di: “… Modificare il Regolamento
comunitario n° 2826/2000 (promozione del mercato interno) il quale
darà alla Commissione la possibilità di promuovere direttamente
campagne informative/promozionali sul biologico. Avviare una
campagna europea pluriennale per informare consumatori, istituzioni
pubbliche, scuole ed altri attori chiave della filiera agroalimentare sui
vantaggi dell’agricoltura biologica, specialmente dal punto di vista
ambientale, ed aumentare la conoscenza dei prodotti da agricoltura
biologica e del marchio europeo. Avviare campagne informative e
promozionali rivolte a categorie mirate quali quelle dei consumatori
occasionali e delle mense pubbliche. Incrementare le collaborazioni
della Commissione con gli Stati membri e le Organizzazioni
professionali al fine di sviluppare nuove strategie per la realizzazione
delle suddette campagne.
2.1. Strategie di marketing
I bassi prezzi delle produzioni agricole e l’aumento dei costi di
distribuzione, anche nel settore biologico, spingono l’agricoltore a
cercare nuove strade per raggiungere la redditività delle produzioni49.
Solo una piccola parte del prezzo finale pagato dal consumatore per
un prodotto biologico va al produttore. La maggior parte viene
distribuita nei passaggi intermedi e nella fase di commercializzazione.
Risulta quindi evidente che tutte le occasioni di incontro diretto tra
produttore e consumatore rappresentano un grosso vantaggio per
entrambe le parti, in termini di costi, conoscenza reciproca e crescita
culturale. La creazione di queste opportunità rappresenta un
passaggio essenziale per lo sviluppo dell’agricoltura biologica quale
modello di sviluppo sostenibile. Fondamentale per l’agricoltore
biologico risulta essere la partecipazione alle fiere del settore, dove
può non solo esporre i propri prodotti e concludere accordi
commerciali, ma anche entrare in contatto diretto con nuovi fornitori.
49
Cristina Grandi (IFOAM Liaison Office presso la FAO), Alternative Markets
for Organic Product, Proceedings of International roundtable “Organic
Agriculture and Market Linkages”, organizzato dalla FAO e da IFOAM,
Roma, Novembre 2005.
50
Nella tabella seguente riportiamo una breve scheda delle due più
importanti fiere del biologico, il Biofach in Germania ed il SANA in
Italia.
Tabella 5: BIOFACH, la fiera mondiale dell’agricoltura biologica
Norimberga (GERMANIA), Febbraio
Il BioFach, la fiera mondiale del biologico che si svolge ogni anno in febbraio a Norimberga, in
Germania, si caratterizza per la sua vivacità, internazionalità ed alto tasso di innovatività. Può
contare annualmente su 2100 espositori, due terzi dei quali stranieri, e più di 37.000 visitatori
provenienti da oltre 110 nazioni. Il BioFach è patrocinato dall’IFOAM (la Federazione
Internazionale dei Movimenti di Agricoltura Biologica) che ne stabilisce i criteri di ammissione e
garantisce la qualità dei prodotti esposti. L’orgazizzazione del BioFach promuove inoltre eventi sul
biologico in altri quattro continenti: Giappone, Stati Uniti, Sud Africa, Cina. Lo sviluppo di nuovi
mercati del biologico rappresenta una grande opportunità per molte imprese del settore.
Naturalmente anche in questi paesi devono essere stabilite regole precise se si vuole ottenere uno
sviluppo del biologico al pari di quello registrato in Europa. In ognuno esistono regole diverse su
commercializzazione, linee guida per la produzione e tutta la normativa di riferimento va
uniformata, anche a vantaggio di una maggiore trasparenza per i consumatori. Le imprese hanno
bisogno di consulenza qualificata su come operare nei diversi paesi in conformità al loro disposto
normativo e il Biofach rappresenta un’ottima occasione informativa e di scambio di opinioni ed
esperienze. La fiera internazionale di Norimberga conosce il mercato ed offre anche una
panoramica completa sulle innovazioni del settore a livello mondiale. L’Ente fiere di Norimberga ed
il Ministero Federale per l’Alimentazione, l’agricoltura Ministry for Food, Agriculture and Consumer
Protectione la tutela dei consumatori (BMELV) sono i promotori della fiera, organizzata in
collaborazione con l’Associazione tedesca per il commercio e l’industria (AUMA). Agli espositori
sono offerte numerose soluzioni organizzative e la possibilità di partecipare a convegni e forum.
Data la grossa affluenza in fiere le aziende interessate devono però pianificare per tempo la loro
partecipazione, soprattutto quelle che intendono stabilire contatti proficui con le organizzazioni
operanti sui mercati dell’Asia, del Nord America e del Sud America, con le quali è possibile
realizzare incontri mirati.
Accordi commerciali in fiera (fonte: NürnbergMesse)
---http://www.biofach.de
51
Tabella 6: SANA, la fiera italiana dell’agricoltura biologica
Bologna (ITALIA), Settembre
SANA, l’esposizione italiana di rilievo internazionale dei prodotti naturali (alimentazione, salute, ambiente)
è uno dei principali eventi del mondo del naturale:
• 85,000 mq di spazi espositivi
• 16 padiglioni espositivi
• 1,600 espositori, di cui 400 esteri provenienti da 45 Paesi d’Europa, U.S.A, Asia, Oceania, Africa
• 70,000 visitatori – di cui 50.000 operatori professionali
• 3.500 operatori stranieri provenienti da 50 Paesi di tutto il mondo
• 77 convegni
• 900 giornalisti presenti in fiera di cui 100 stranieri.
La macro-area dell'Alimentazione, radice storica del Salone, occupa 8 padiglioni dedicati ai prodotti
biologici e tipici certificati. Qui sono presenti produttori di tutte le Regioni italiane e delegazioni ufficiali di
molti Paesi stranieri, dalla "A" di Argentina alla "U" di Uganda passando per l'Austria, il Brasile, la
Germania, la Tunisia, ecc.
I sei padiglioni dedicati alla Salute comprendono tutti i prodotti, le tecniche e gli strumenti utili al
raggiungimento di un benessere olistico in chiave naturale: dai prodotti erboristici e fitoterapici ai cosmetici
naturali, dalle medicine non convenzionali ai centri di benessere.
Vivere “al naturale” significa anche dedicare attenzione all’ambiente in cui si vive e lavora, agli abiti che si
indossano e all’impatto ambientale di tutti gli oggetti e le apparecchiature di uso quotidiano. Le tecniche e i
prodotti per l'edilizia sostenibile, l’arredamento e l’abbigliamento ecologici e i tessuti naturali trovano nel
settore Ambiente il luogo più adatto per esprimere un atteggiamento eco-compatibile a 360°, nel pieno
rispetto dell’ambiente e della nostra salute. Due i padiglioni dedicati all'ambiente.
SANA, sempre attenta al perseguimento dello sviluppo di una cultura ecologica anche tra I più giovani, ha
creato in cooperazione con l’Ente fiere di Bologna la prima fiera dedicate al gioco ed all’educazione ecocompatibile dei più piccoli: SANALANDIA. Qui, sotto la
guida di esperti educatori e la sorveglianza dei
genitori, gli under 12 si sbizzarriscono fra giochi,
percorsi, laboratori didattici e svariate attività ludicoeducative mirate ad instillare nei più piccoli il seme
della loro importantissima “coscienza ecologica”.
Letture e spettacoli incentrate sulle tematiche
ecologiche si svolgono in speciali teatri naturali ed
all’interno di speciali capanne di legno. Associazioni
ed aziende offrono alimenti biologici di stagione e
giocattoli costruiti in materiali eco-compatibili.
SANA, oltre che appuntamento commerciale e
immancabile momento di business, è caratterizzato da
una fortissima valenza culturale. Il calendario dei convegni ospita ogni anno decine di congressi,
workshop e tavole rotonde che riscuotono l'interesse di migliaia di operatori del settore, italiani e stranieri,
e del pubblico. Ai numerosi convegni in calendario si aggiungono le iniziative speciali di cui SANA si fa
ogni anno promotore: mostre-evento che accendono i riflettori su settori emergenti e nuovi "eco-trend".
La disponibilità di una vetrina completa di prodotti di qualità, la valenza culturale del Salone e l’attualità dei
temi trattati richiamano ogni anno la presenza di centinaia di giornalisti italiani ed esteri. Grazie a loro, i
messaggi di SANA e dei suoi protagonisti vengono diffusi attraverso quotidiani, periodici, radio, televisioni
e Internet. SANA ha sempre operato per far conoscere ai consumatori ed alle istituzioni I prodotti biologici
di qualità e questo è potuto avvenire grazie alla partecipazione di migliaia di espositori e centinaia di
giornalisti ed opinion leader che hanno contribuito a sviluppare il mercato del biologico sia a livello
nazionale che internazionale. L’esposizione contribuisce attivamente insieme ai produttori, alle loro
associazioni ed alla grande distribuzione alla diffusione della corretta informazione sui vantaggi del
biologico rispetto all’ambiente ed alla salute, incidendo sui comportamenti dei consumatori, che risultano
sempre più attenti alle loro scelte alimentari. Il biologico avvicina inoltre i consumatori ai luoghi di
produzione, favorendo lo sviluppo rurale ed incentivando la “filiera corta” e la multifunzionalità dell’azienda
agricola. Questo è lo spirito della fiera e di tutti gli operatori che vi partecipano.
--http://www.sana.it
52
2.1.a. Canali di vendita dei prodotti biologici
Nel settore dell’agricoltura biologica si discute molto sulle
problematiche connesse al commercio. Inizialmente si discuteva
molto se entrare o meno nella grande distribuzione, oggi le tematiche
di attualità sono la filiera corta, i punti vendita aziendali, la ristorazione
collettiva (in particolare mense scolastiche, ospedali, ecc.), il
commercio equo e solidale.
C’è una domanda crescente di prodotti biologici da parte del settore
del catering e della ristorazione. Il numero di ristoranti, caffè e bar che
servono prodotti biologici è in aumento. I governi nazionali inoltre
incoraggiano la somministrazione di prodotti biologici nelle mense
degli enti pubblici. Aumenta in particolare il numero delle scuole che
usano ingredienti biologici per la preparazione dei pasti. Per esempio
alla fine del 2001 molti comuni italiani, ca. 340, hanno individuato
l’offerta di alimenti biologici quale requisito preferenziale nelle gare di
appalto per l’affidamento dei servizi mensa scolastici. Alcune regioni
hanno anche sostenuto economicamente le scuole che hanno
intrapreso questa strada. Comunque, sia nella ristorazione collettiva
pubblica che in quella privata, l’introduzione degli alimenti biologici
deve essere sostenuta con campagne informative rivolte ai
consumatori, in particolare ai bambini ed ai genitori.
Vi sono molte leggi che incentivano i comuni, le scuole, gli enti
pubblici, i gestori delle mense e della ristorazione in generale
(ristoranti e self-service inclusi) ad effettuare scelte di qualità nella
gestione dei servizi di catering. Alcuni dei requisiti previsti dalle
norme, che prevedono anche una loro certificazione da parte di enti
terzi, riguardano:
• Materie prime (biologiche, possibilmente con certificazione rilasciata
da un ente accreditato IFOAM, provenienti dal mercato locale o dal
commercio equo e solidale).
• Tipologia e gestione del servizio (sono preferite la cucina
tradizionale, la gestione centralizzata e la vicinanza degli impianti di
preparazione al luogo di somministrazione dei pasti).
• Stoviglie, contenitori ed imballaggi (la plastica è vietata; vetro,
metallo e terracotta sono preferiti; carta e cartone sono previsti in
certi casi).
• Prodotti detergenti (biodegradabili con basso impatto ambientale e,
ove possibile, in possesso della certificazione Ecolabel o biologica)
• Gestione dei rifiuti (raccolta differenziata e quando possibile
compostaggio della frazione organica).
• Informazione/formazione (informazioni chiare agli utenti e, di
rimando, alle loro famiglie; adeguata formazione del personale).
53
Gli Enti pubblici sono i maggiori consumatori d’Europa, spendendo
circa il 16% del prodotto interno lordo (che è una somma equivalente
al PIL della Germania!). Possono quindi contribuire pesantemente allo
sviluppo sostenibile, orientando il loro potere di acquisto verso beni e
servizi che rispettano l’ambiente.
Gli acquisti “Verdi” possono essere considerati un esempio concreto
di come orientare il mercato. Promuovendo gli appalti Verdi gli Enti
pubblici possono sostenere le industrie con incentivi reali per lo
sviluppo delle tecnologie pulite. Per qualche settore l’impatto può
essere veramente significativo, considerata l’elevata quota di mercato
che occupano gli acquisti pubblici.
La Commissione Europea ha predisposto un manuale50 per aiutare gli
Enti pubblici a promuovere appalti pubblici eco-compatibili e
sviluppare una politica degli acquisti verdi. Esso illustra in modo
pratico le possibilità e le soluzioni offerte dalla normativa comunitaria
per l’elaborazione di gare di appalto pubbliche che tengano conto
dell’eco-sostenibilità degli acquisti. Il manuale51 è disponibile sul sito
web della Commissione dedicato al Green Public Procurement, il
quale contiene ulteriori informazioni pratiche, compresi links e contatti.
L’agricoltura biologica può contribuire concretamente allo sviluppo
economico locale ed alla sua diversificazione, sviluppando l’identità e
la promozione del territorio e rivitalizzando sia le comunità rurali che le
città. Per esempio in Italia diversi anni fa l’AIAB (Associazione Italiana
per l’Agricoltura Biologica) ha promosso la costituzione di un network,
chiamato “Città del Bio”52, aperto a tutte le pubbliche amministrazioni
che intendono investire in politiche di supporto all’agricoltura biologica
in quanto modello di sviluppo sostenibile del territorio.
50
Commission of the European Communities, Handbook on environmental
public procurement, Brussels, 18.8.2004 – SEC(2004) 1050.
51
http://europa.eu.int/comm/environment/gpp/
52
www.cittadelbio.it
54
Immagine 8: Logo Città del Bio
L’introduzione degli alimenti biologici all’interno delle mense
pubbliche, a cominciare da quelle scolastiche, sta diventando uno dei
primi campi di attività del network delle Città del Bio, contestualmente
all’educazione alimentare. Il network promuove anche i Bio-distretti
rurali, che non sono nuove entità amministrative ma un
coordinamento di Enti che opera per la conversione sostenibile del
territorio e la valorizzazione delle sue tipicità e bio-eccellenze. Essi
sono degli strumenti di programmazione territoriale in grado di
promuovere nuovi investimenti coinvolgendo gli stake-holders (sia
pubblici che privati) in progetti di promozione dell’agricoltura biologica,
del turismo rurale, dell’artigianato locale e delle imprese ecocompatibili. Un esempio di bio-distretto è quello costituito in Italia in
provincia di Salerno, denominato “Bio-distretto Cilento”, al quale
hanno aderito molti comuni (tutti facenti parte del network delle Città
del Bio”, coordinati dall’Associazione Italiana per l’Agricoltura
Biologica. La progettualità comune avviata dai componenti del Biodistretto ha già portato alla valorizzazione delle più importanti filiere
produttive del territorio (maiale nero, fico bianco del Cilento, miele,
fagiolo, olio) ed ha attivato finanziamenti regionali e provinciali che
hanno consentito l’avvio di diversi progetti, quale quello delle Biospiagge. Quest’ultimo prevede di valorizzare la tipicità e la biodiversità del territorio attraverso la creazione di bio-sentieri in grado di
condurre i turisti dalle spiagge alle aree rurali interne, attraversando
aree protette, aziende agricole ed agriturismi, alla scoperta delle
antiche tradizioni e dei mestieri dimenticati.
Va comunque precisato che il consulente europeo dell’agricoltura
biologica deve conoscere tutti i canali commerciali del biologico
esistenti nei vari territori, al fine di guidare al meglio l’agricoltore nella
giusta collocazione del proprio prodotto.
L’importanza dei canali di vendita differisce notevolmente nei diversi
Stati membri dell’Unione Europea e, spesso, anche nelle diverse aree
dei singoli Paesi. Così mentre in Belgio, Germania, Grecia, Francia
Lussemburgo, Irlanda, Italia, Olanda e Spagna, prevale nettamente la
vendita diretta e quella in negozi specializzati (anche se negli ultimi
anni lo share della vendita nella grande distribuzione è notevolmente
aumentato) in Danimarca, Finlandia, Svezia, Regno Unito, Irlanda,
Ungheria e Repubblica Ceca, la gran parte delle vendite avviene nei
supermercati (>60%) ed in negozi di alimentari non specializzati nel
biologico. Gli esperti sono convinti che nei Paesi dove i prodotti
55
biologici sono venduti principalmente attraverso i supermercati la
quota di mercato è e rimarrà più alta rispetto agli altri stati53.
La vendita diretta in tutte le sue forme riveste però una grande
importanza sia per i produttori che per i consumatori, e non va
pertanto sottovalutata, bensì sostenuta ed incentivata. I vantaggi per il
consumatore sono i seguenti: riduzione dei prezzi, rispetto della
stagionalità e della freschezza dei prodotti, conoscenza dei prodotti e
del territorio di origine. Vantaggi per il produttore: aumento del profitto,
rapporto diretto con il consumatore, attuazione del nuovo ruolo
dell’agricoltore (guardiano del territorio),
vendita di prodotti e varietà locali.
Ci sono diverse tipologie e modalità di
vendita diretta:
• “agricoltori in città”: mercatini locali,
gruppi di acquisto (ad es. campagna
“G.O.D.O. a cura dell’AIAB), eventi
promozionali;
• “cittadini in azienda”: punti vendita
aziendali,
agriturismi,
fattorie
didattiche, ecc..
La vendita diretta e gli spacci aziendali sono molto importanti nelle
aree rurali, specialmente se abbinati ad attività agrituristica ed alla
ristorazione locale.
53
Rapporto della Commissione Europea (G2 EW – JK D(2005)
“Organic farming in the European Union – Facts and Figures”,
Bruxelles, 3 Novembre 2005.
56
Immagine 9: esempio di punto vendita aziendale, presso l’azienda biologica
“Vannulo” a Capaccio (SA) - Italia
Immagine 10: esempio di “agricoltori in città”: il mercatino del biologico
di Pisciotta (SA) - Italia
57
Per contro la Grande distribuzione può commercializzare quantitativi
di prodotto ben maggiori rispetto ai punti vendita aziendali, alle
erboristerie ed ai negozi specializzati nel biologico ed ha il pregio di
far avvicinare al biologico un gran numero di consumatori. Qualche
supermercato svolge anche attività promozionale del biologico,
facendo degustare i prodotti e distribuendo materiale informativo. Il
numero dei supermercati che vendono il biologico è in aumento in
tutta Europa. Va comunque sottolineato che nel mondo del biologico
sono molti coloro che non vedono di buon occhio la vendita nei
supermercati, che rappresentano comunque dei centri di potere che
decidono, spesso a discapito dei produttori, prezzi e quantitativi di
merce da vendere, oltre a reinvestire i notevoli guadagni in attività non
sempre etiche.
Una soluzione migliore può essere rappresentata dai “supermercati
biologici”, possibilmente a loro volta certificati sia secondo le norme
del biologico che di quelle del Commercio Equo e solidale. Essi
stanno di recente nascendo un po’ in tutti i Paesi, sono caratterizzati
da un offerta estremamente ampia di prodotti e da superfici espositive
maggiori di 300 m². Questo canale distributivo assomma i vantaggi dei
supermercati
convenzionali
(maggiori
volumi
di
vendita,
avvicinamento al biologico di nuova utenza) a quelli dei punti vendita
specializzati nel biologico (maggiori informazioni per il consumatore,
competenza nell’approvviggionamento e nella vendita degli alimenti
biologici.
Molti consumatori continuano comunque a preferire un altro tipo di
punto vendita, più vicino ai produttori, e la filiera corta (con indubbi
maggiori vantaggi anche per le stesse aziende agricole).
In
considerazione del disposto normativo comunitario molti controlli
vengono effettuati nei punti vendita dalle Autorità preposte ed i
consumatori continuano a richiedere sempre più controlli severi ed
imparziali, in particolare su frutta e verdura. A tal riguardo si precisa
che dal 2005 anche i punti vendita devono assoggettarsi ad un
sistema di controllo e certificazione. Di conseguenza gli Enti di
certificazione del biologico hanno implementato specifiche procedure
per il controllo e la certificazione dei punti vendita, finalizzate alla
verifica della loro conformità alle norme comunitarie. Queste
procedure riguardano:
• La particolarità dell’attività di vendita delle produzioni biologiche;
• L’informazione che deve essere fornita dal commerciante al
consumatore;
• L’assicurazione che deve fornire il commerciante sull’effettiva
biologicità del prodotto venduto;
58
•
La necessità di garantire i consumatori ed accrescere la loro
fiducia verso i prodotti certificati.
Tutto questo viene controllato dagli ispettori e certificato dagli Enti
accreditati, che assicurano il rispetto da parte del punto vendita di tutti
i requisiti previsti dalla legge.
Prima ancora che a garantire i consumatori, la certificazione serve agli
stessi commercianti per evitare errori e situazioni di concorrenza
sleale. Inoltre il controllo di filiera, dal produttore al consumatore,
assicura una verifica su tutti i punti critici del processo produttivo,
prevenendone i conseguenti rischi.
2.1.b. Agricoltura biologica e marketing territoriale
L’Agricoltura biologica è un potente strumento di marketing territoriale,
in grado di agire in modo incisivo sullo sviluppo sostenibile del
territorio e sulla sua diversificazione produttiva, contribuendone a
sviluppare una precisa identità ed originalità. Nel complesso
l’applicazione del modello di sviluppo biologico può consentire di
rivitalizzare le aree rurali e le città.
L’agricoltura biologica è la dimostrazione concreta di come sia
possibile conciliare lo sviluppo di un territorio con la tutela ambientale
e la salvaguardia della salute degli operatori e dei cittadini. Per
esempio in Italia esiste il network delle “Città del Bio”54, che riunisce le
amministrazioni locali che intendono investire in politiche di sviluppo
sostenibile fondate sull’agricoltura biologica che da metodo di
produzione agricola diviene una proposta culturale, collegata al
territorio. Si tratta quindi di passare dalla “conversione aziendale” alla
“conversione del territorio”, pensando globalmente, sviluppando
nuove attività economiche, predisponendo “Progetti d’Area” e
costituendo Bio-distretti in grado di valorizzare più settori economici
(agricoltura, artigianato, turismo, ecc.).
L’introduzione degli alimenti biologici nelle mense scolastiche è una
delle prime attività che devono sviluppare i comuni aderenti alla rete
delle Città del Bio, promuovendo nel contempo azioni di educazione
alimentare e sensibilizzazione al consumo etico, con immediate
ripercussioni positive sul mercato locale delle produzioni tipiche e
biologiche, oltre che sulla salute dei cittadini.
Il network promuove inoltre I “Bio-Distretti rurali”, che non sono nuove
entità amministrative, ma strutture di coordinamento che svolgono il
ruolo di individuare attività e risorse per lo sviluppo sostenibile del
territorio. Si tratta di strumenti di concertazione territoriale che
prevedono la cooperazione pubblico-privato, con il coinvolgimento di
tutti gli stake-holders del territorio, che operano con l’obiettivo di
54
www.cittadelbio.it
59
promuovere il modello biologico, il turismo rurale, l’artigianato locale e
lo sviluppo delle piccole e medie imprese, spingendo all’adozione di
sistemi di certificazione biologica, etica ed ambientale.
Tabella 7: Il Bio-Distretto Cilento
Il progetto di costituzione del Bio-Distretto, in seguito al successo del Forum programmatico, ha subito un
forte impulso organizzativo/operativo, che ha portato i promotori a darsi i seguenti obiettivi:
•
Far aderire tutti i Comuni del Distretto al circuito delle “Città del Bio” ed all’Associazione Italiana per
l’Agricoltura Biologica;
•
Spingere gli operatori agricoli del territorio ad accelerare i tempi di riconversione al biologico, al fine di
aumentare le bio-produzioni del distretto;
•
Avviare una serie di consulenze per la messa a punto dei disciplinari produttivi del Bio-distretto;
•
Avviare una rete di promozione delle produzioni agricole dell’Area attraverso convenzioni con i
ristoranti e l’avvio di Mercatini del Biologico, a cominciare dal Comune di Pisciotta;
•
Dare entro un anno una forma giuridica autonoma al Bio-Distretto;
•
Realizzare nel periodo estivo un’iniziativa di forte impatto sul territorio e di grande richiamo turistico: le
Bio-Spiagge. L’iniziativa ha coinvolto tutti gli operatori turistici dei comuni di Ascea, Casal Velino,
Pisciotta ed è stata realizzata con la collaborazione dell’AIAB e dell’Osservatorio su Tipicità e Bio
eccellenza Mediterranea della Provincia di Salerno, grazie anche al co-finanziamento della Regione
Campania nell’ambito del programma “Costiera dei Fiori”.
SVILUPPI FUTURI
•
Apertura nel Bio-Distretto di Bio-presidi;
•
Valorizzazione nei ristoranti del distretto del “Paniere dei prodotti tipici e delle bio-eccellenze della
provincia di Salerno”, con particolare riguardo alle specificità cilentane.
--http://www.biodistretto.it
60
2.2. Marketing e nuove tecnologie
La filiera produttiva agrobiologica rappresenta un tipico settore
orientato dal consumatore, il quale richiede trasparenza e controllo in
tutte le fasi del processo produttivo/distributivo. Uno slogan ricorrente
è: comprare locale, biologico e in fiera55.
La tracciabilità e la trasparenza rappresentano delle preziose chiavi di
marketing per le produzioni biologiche. L’Unione Europea, a partire
dalla pubblicazione del Regolamento n° 178/2002, ha stabilito norme
precise sull’adozione dei sistemi di tracciabilità, che dal 2005 sono
divenute obbligatorie anche per le aziende agricole. Il marketing delle
produzioni agroalimentari “tracciate” è caratterizzato dalla diffusione di
informazioni sul processo stesso, dalla efficiente comunicazione dei
dati sulla tracciabilità e da ogni altra informazione sull’origine del
prodotto. Tutte queste informazioni vengono registrate in un sistema
informatico sulla produzione, disponibile per i consumatori. Tutto
questo fornisce un elevato valore aggiunto ai prodotti ed apre nuove
prospettive di marketing.
Le potenzialità sono enormi, in considerazione dell’immagine e del
valore rappresentato dalla disponibilita per ogni prodotto di una
completa e trasparente documentazione di riferimento.
Lo strumento tecnologico utilizzato per consentire un’agevole fruizione
del servizio è generalmente un portale di Internet navigabile
attraverso un normale browser (tipo Explorer, Netscape, ecc.), che
consente al consumatore di acquisire tutte le informazioni desiderate
semplicemente digitando sulla tastiera un codice riportato in etichetta.
Questo dà all’utente la sensazione di essere presente “virtualmente”
all’interno dell’azienda, potendo controllare anche in che modo è stato
prodotto l’alimento che si ritrova sulla tavola.
55
Nadia El-Hage Scialabba (Food and Agriculture Organization delle Nazioni
Unite), Global Trends in Organic Agriculture Markets and Countries’
demand for FAO assistance, Atti della Tavola rotonda internazionale
“Organic Agriculture and Market Linkages”, organizzata dalla FAO e
dall’IFOAM, Roma, Novembre 2005.
61
Immagine 11: esempio di portale Internet sulla tracciabilità
delle produzioni biologiche
Nell’agricoltura pre-industriale la vendita dei prodotti agricoli era
basata sul contatto diretto tra produttore e consumatore, il quale
conosceva sempre la provenienza degli alimenti. La globalizzazione
dei mercati ha creato invece una distanza enorme, sia fisica che
mentale. Ultimamente si è tentato di ridurre questa distanza attraverso
la tracciabilità di filiera, che utilizzando anche di strumenti informatici
consente al consumatore di conoscere tutti i passaggi intermedi e di
risalire al produttore. Anche le azioni di marketing sono notevolmente
cambiate nel corso degli anni. Il 20° secolo si è caratterizzato per il
grande successo delle produzioni di massa, con lo scopo di vendere
lo stesso prodotto al più alto numero di consumatori. Adesso è il
momento delle personalizzazioni, dei “prodotti fatti solo per te”, che
anche se vengono in realtà prodotti su larga scala possono subire con
l’aiuto delle nuove tecnologie personalizzazioni basate sulle esigenze
individuali. Il trend attuale è per il marketing “one-to-one”, che ha
l’obiettivo di vendere di più (anche più prodotti) ad un singolo
acquirente. Il direct marketing, la vendita diretta dei prodotti agricoli,
ha avuto un forte impulso con la diffusione dell’informatica. Un metodo
di vendita millenario grazie alle nuove tecniche dell’informazione, ed
in particolare ad Internet ed alla diffusione del web, ha consentito di
fare acquisti direttamente da casa. L’uso di Internet è diventato anche
fondamentale nello stabilire contatti diretti tra partners commerciali
(B2B = Business to Business), nel procurare contratti e nella logistica.
62
Fare web-marketing vuol dire personalizzare prodotti, servizi e prezzi.
Il punto è: soddisfare le richieste individuali al più basso prezzo
possibile, grazie ai grossi volumi di merce movimentata.
Con l’E-commerce i rapporti diretti di vendita avvengono attraverso il
computer e con l’ausilio di particolari software che assicurano la
conclusione delle transazioni. La difficoltà maggiore è rappresentata
dalla consegna del prodotto a casa dell’acquirente, che può risultare
costosa, anche in termini logistici.
In linea di massima va però considerato che l’utilizzo degli strumenti di
marketing alternativo spesso ha portato ad una riduzione dei prezzi al
consumo e ad un incremento dei guadagni dell’agricoltore. Senza
considerare il grande vantaggio che si offre al consumatore di
conoscere con precisione l’azienda di produzione. C’è chiaramente
una una grande differenza qualitativa tra i sistemi di marketing diretto
e quelli anonimi dei mercato di massa. Il contatto diretto (anche se
attuato in maniera “virtuale”) produttore-consumatore permette di
stabilire forti contatti con i territori di produzione (che magari saranno
un giorno anche visitati dal consumatore) e consente di comprendere
meglio cos’è il metodo di produzione biologico.
Immagine 12: esempio di E-commerce: www.eurorganicshop.com
63
2.3. Etichettatura
2.3.a. Legislazione internazionale sull’etichettatura delle
produzioni biologiche
É possibile far riferimento al metodo di produzione biologico
esclusivamente nelle etichette e nella pubblicità dei prodotti ottenuti
rispettando la normativa comunitaria di riferimento e solo qualora
l’operatore si sia assoggettato al sistema di controllo previsto dalla
stessa normativa. Dovrà inoltre essere riportato in etichetta l’apposito
codice rilasciato all’operatore dall’Organismo di controllo, e
quest’ultimo dovrà anch’esso risultare facilmente individuabile,
riportandone in etichetta il codice univoco di identificazione
assegnatogli dalle Autorità competenti.
Da quanto sopra esposto ne deriva che la legge determina in modo
puntuale ed inequivocabile come deve essere etichettato un prodotto
da agricoltura biologica. I consumatori possono acquistare questi
prodotti etichettati come biologici con la certezza che prima della loro
immissione in commercio sono stati opportunamente e
scrupolosamente controllati da un Ente di certificazione in possesso di
tutti i requisiti necessari per svolgere al meglio il proprio lavoro. Gli
Enti di controllo e certificazione hanno proprio la funzione di verificare
(e certificare) se gli operatori, nell’intero processo produttivo, hanno
rispettato o meno quanto disposto dalla legge vigente. Gli Enti di
certificazione sono a loro volta continuamente controllati dalle Autorità
statali, al fine di verificarne la correttezza del lavoro.
L’etichettatura e la pubblicità degli alimenti può far riferimento al
metodo di produzione biologico esclusivamente quando almeno il
95% degli ingredienti di origine agricola sono a loro volta provenienti
da agricoltura biologica. Gli alimenti possono contenere quindi fino al
5% di ingredienti prodotti con il metodo convenzionale, ma solo
qualora questi ingredienti non siano disponibili sul mercato
comunitario del biologico (allegato VIII del regolamento comunitario n°
889/2008 elenca i suddetti ingredienti).
Nel periodo di conversione (due anni per le colture erbacee e tre anni
per le colture arboree) può essere utilizzata l’indicazione “Prodotto da
agricoltura biologica in conversione”, a condizione che siano passati
almeno 12 mesi di periodo di conversione prima della raccolta del
prodotto che si intende vendere.
Il regolamento CE n° 331/2000 ha istituito il logo europeo che
contrassegna le produzioni da agricoltura biologica. L’utilizzo del logo
è facoltativo. Gli operatori lo utilizzano su base volontaria, qualora le
loro produzioni rispettino i requisiti di legge. Il logo e la dicitura di
64
conformità al regime di controllo CE possono essere utilizzati solo
sulle produzioni conformi al regolamento comunitario, quando
vengono soddisfatte le seguenti condizioni:
• contengono per almeno il 95% ingredienti prodotti secondo il metodo
biologico;
• sono stati sottoposti durante l’intero processo di produzione e di
preparazione al regime di controllo previsto dal regolamento; ciò
implica che gli operatori coinvolti nelle operazioni di produzione
agricola, trasformazione, imballaggio ed tichettatura del prodotto
siano sottoposti a tale regime di ispezione;
• sono venduti direttamente in imballaggi sigillati o sono immessi nel
mercato come prodotti alimentari in imballaggi preconfezionati;
• riportano sull’etichetta il nome e/o la ragione sociale del produttore,
preparatore o venditore, nonché il numero di codice dell’organismo
di controllo.
Le disposizioni del regolamento comunitario prevedono altresì
l’obbligo di soddisfare determinate condizioni a livello di pubblicità
relativa ai prodotti dell’agricoltura biologica. Tali disposizioni mirano a
garantire che la pubblicità non comprometta le misure di trasparenza
previste per l’etichettatura dei prodotti.
Va ricordato che la direttiva 84/450/CEE del Consiglio in materia di
pubblicità ingannevole, vieta qualsiasi pubblicità che induca in errore i
consumatori o che leda la concorrenza. Tale direttiva prevede inoltre
l’obbligo per ciascuno Stato membro di dotarsi di mezzi adeguati ed
efficaci per vietare la pubblicità ingannevole. In particolare la
legislazione stabilisce che non possono essere riportate in etichetta
diciture che possano far pensare al consumatore che il prodotto da
agricoltura biologica garantisa maggiori qualità organolettiche,
nutrizionali o di salubrità. In altre parole non è permesso dire che il
prodotto biologico è più buono o di qualità superiore rispetto a quelli
convenzionali. In considerazione del fatto che il biologici prevede un
controllo di processo e non di prodotto, sono anche da evitare frasi del
tipo "Esente da OGM" o "Esente da pesticidi”, alle quali vanno
preferite frasi del tipo “Le norme di agricoltura biologica vietano
l’utilizzo di tecniche di ingegneria genetica” o "l’agricoltura biologica
non fa ricorso a prodotti chimici di sintesi come pesticidi e fertilizzanti”.
La Corte di Giustizia Europea ha stabilito in due pronunciamenti del
14.7.2005 che il termine "bio" è protetto quale indicazione
dell’agricoltura biologica in tutte le lingue europee. Questo perché in
passato si è molto speculato sul termine bio, usato impropriamente
soprattutto in Spagna, dove veniva utilizzato anche per
contrassegnare produzioni eco-compatibili ottenute con metodi diversi
da quelli stabiliti dalla normativa comunitaria di riferimento. È quindi
65
importante sottolineare che, anche se esistono molteplici metodi di
produzione agricola eco-compatibile (ad es. l’agricoltura integrata),
l’unico che può vantarsi di un riconoscimento europeo è quello
dell’Agricoltura biologica, in quanto è il solo regolamentato ed è
sottoposto ad un rigoroso regime di controllo e certificazione uguale in
tutti gli stati membri dell’Unione Europea.
2.3.b. Etichettatura dei prodotti del commercio equo e solidale
“Fair Trade” è una partnership commerciale, fondata sul dialogo, la
trasparenza ed il rispetto, che garantisce l’applicazione del principio
dell’equità negli scambi commerciali a livello internazionale.
Il successo del commercio equo e solidale si è registrato soprattutto
negli ultimi anni (nel 2004 si è raggiunto in Europa un giro di affari di
ben 660.000.000 €), con la diffusione del marchio e l’ingresso nel
settore di molte nuove imprese commerciali. Il marchio Fair-trade
garantisce che un determinato prodotto è stato ottenuto rispettando i
diritti dei produttori svantaggiati (in particolare di quelli dei territori in
via di sviluppo) e dei lavoratori (garantendo ad es. il non utilizzo di
lavoro nero o minorile).
Immagine 13: il logo Fair-trade
In Europa operano attualmente quattro organizzazioni commerciali:
− “FLO” - Fair Trade Labelling Organizations International,
− “IFAT” - International Fair Trade Association,
− “EFTA” - European Fair Trade Association,
− “NEWS!” - Network of European Worldshops.
L’Organizzazione mondiale “ombrello” (che riunisce un gran numero
di operatori) è “FLO”, nata dall’unione di due organizzazioni: FLOCert, uno dei più grandi enti di certificazione operanti nel settore della
certificazione sociale ed ambientale (che controlla e certifica circa 420
organizzazioni di produttori in 50 paesi), e FLO e.V., un’associazione
multi-stakeholder che riunisce 20 organizzazioni (dette anche
“National Initiatives”). Essa sviluppa ed aggiorna gli standards del
settore ed assiste i produttori nell’ottenimento e nel mantenimento
della certificazione, con l’obiettivo di agevolarne l’accesso al mercato.
IFAT è un’associazione che riunisce 300 organizzazioni di 60 diversi
paesi; i membri sono cooperative di produttori, associazioni,
66
compagnie di import – export, commercianti, network nazionali e
regionali ed Organizzazioni di supporto al Fair Trade.
EFTA è un’associazione di 11 organizzazioni di importatori operanti in
nove paesi.
NEWS! È un network di 15 associazioni nazionali di negozi
specializzati, che rappresentano circa 2.400 punti vendita in tredici
paesi.
Sin dal 1996, la cooperazione tra questi quattro network internazionali
ha consentito uno sviluppo considerevole del settore. Con l’acronimo
FINE (ottenuto dalle prime lettere di Flo, Ifat, News! and Efta) operano
insieme, riunendosi regolarmente, per coordinare il loro lavoro. FINE è
particolarmente impegnata nell’integrazione dei diversi sistemi di
controllo del Fair Trade esistenti a livello mondiale.
I prodotti Fair-trade raggiungono i consumatori in molti modi, ma il più
importante è rappresentato dai “worldshops” (i negozi del commercio
equo e solidale) e dai supermercati (i prodotti Fair Trade sono
disponibili in circa 57.000 supermercati nell’Europa a 25 stati).
67
CAPITOLO 3. COMPETENZE PRODUTTIVE
3.1. Principi di agricoltura biologica
3.1.a. Approccio olistico alla produzione
In accordo con il Codice Alimentare si può affermare che l’agricoltura
Biologica è un sistema olistico di gestione della produzione che
persegue l’equilibrio dell’eco-sistema, la salvaguardia della
biodiversità, il rispetto dei cicli naturali e dell’attività biologica del
suolo. I metodi di produzione biologica privilegiano l’uso di tecniche
agricole all’eccessivo utilizzo di inputs extra aziendali, in
considerazione del fatto che caratteristiche locali richiedono sistemi
locali di gestione. Per far fronte alle diverse esigenze produttive
bisogna far ricorso, dove possibile, a metodi agronomici, biologici e
meccanici, in antitesi all’utilizzo indiscriminato di mezzi tecnici..
3.1.b Principi di salute, ecologia, giustizia e cautela.
Dopo un intenso processo partecipato, nel settembre 2005
l’Assemblea generale IFOAM di Adelaide - Australia – ha approvato i
nuovi (aggiornati) Principi di Agricoltura Biologica56, che riportiamo
nella tabella seguente (si consiglia di consultare la versione originale
in lingua inglese, scaricabile dal sito ufficiale IFOAM).
Tabella 8: Principi dell’agricoltura biologica, elaborati dall’IFOAM
Dopo un intenso processo partecipativo, nel settembre 2005,
l’Assemblea generale IFOAM svoltasi ad Adelaide in Australia ha
approvato la revisione dei “Principi di agricoltura biologica” *.
Questi principi sono le radici dalle quali cresce e si sviluppa
l’agricoltura biologica.
Principio della salute
L’Agricoltura Biologica deve sostenere e rafforzare la salute del suolo, delle piante, degli animali,
degli esseri umani e del pianeta come un insieme unico ed indivisibile.
Questo principio sottolinea che la salute degli individui e delle comunità non può prescindere
dalla salute degli ecosistemi – suoli sani producono raccolti sani che favoriscono la salute degli
animali e della gente.
La salute è la totalità e l’integrità dei sistemi viventi. Non è semplicemente l’assenza di malattia,
ma il mantenimento del benessere fisico, mentale, sociale ed ecologico. L’immunità, la resistenza
e la rigenerazione sono caratteristiche fondamentali della salute.
Il ruolo dell’agricoltura biologica, sia nell’attività agricola, che nella lavorazione, la distribuzione o
il consumo, è di sostenere e rafforzare la salute degli ecosistemi e degli organismi, dal più piccolo
abitante del suolo fino agli esseri umani. Particolarmente, l’agricoltura biologica intende produrre
cibi nutrienti, di alta qualità, che favoriscono il benessere e la prevenzione delle malattie. In
quest’ottica andrebbe evitato l’uso di fertilizzanti, pesticidi, medicine veterinarie ed additivi
alimentari per animali che possano avere effetti dannosi sulla salute.
56
Le Norme IFOAM per le produzioni e le trasformazioni biologiche. Ed.
IFOAM, Bonn, 2005 (www.ifoam.org).
68
Principio dell’ecologia
L’Agricoltura Biologica deve basarsi su sistemi e cicli ecologici viventi, lavorare con essi, emularli
ed aiutarli a sostenersi.
Questo principio radica l’agricoltura biologica all’interno dei sistemi ecologici viventi. Afferma che
la produzione deve essere basata su processi ecologici e di riciclo. Il nutrimento ed il benessere
sono ottenuti mediante l’ecologia dell’ambiente produttivo specifico. Per esempio, nel caso delle
colture si tratta del suolo vivente; per gli animali dell’agro-ecosistema; per i pesci e gli organismi
marini dell’ambiente acquatico.
I sistemi colturali, pastorali e di raccolta spontanea devono adattarsi ai cicli ed agli equilibri
ecologici esistenti in natura. Questi cicli sono universali anche se si manifestano in modo diverso
a seconda degli eco-sistemi locali. La gestione biologica deve essere adattata alle condizioni,
all’ecologia, alla cultura ed alle dimensioni locali. Gli inputs esterni vanno ridotti attraverso la
riutilizzazione, il riciclo e la gestione efficiente di materiali ed energia, al fine di mantenere e di
migliorare la qualità dell’ambiente e di preservare le risorse.
L’agricoltura biologica deve raggiungere l’equilibrio ecologico tramite la progettazione di sistemi
agricoli, la creazione di habitat ed il mantenimento della diversità genetica ed agraria. Coloro che
producono, trasformano, commerciano o consumano prodotti biologici devono proteggere
l’ambiente comune, tenendo conto del paesaggio, del clima, degli habitat, della biodiversità,
dell’aria e dell’acqua.
Principio dell’equità solidale
L’Agricoltura Biologica deve svilupparsi su rapporti che assicurino equità e solidarietà nei
confronti dell’ambiente comune e delle necessità della vita.
L’equità solidale è caratterizzata dall’eguaglianza, dal mutuo rispetto, dalla giustizia e dalla tutela
di un mondo condiviso, sia nelle relazioni tra le persone che in quelle delle persone con gli altri
esseri viventi.
Questo principio stabilisce che coloro che sono impegnati nell’agricoltura biologica devono
gestire le relazioni umane in modo tale da assicurare equità solidale a tutti i livelli ed a tutte le
parti interessate: agricoltori, lavoratori, trasformatori, distributori, commercianti e consumatori.
L’agricoltura biologica deve assicurare una buona qualità di vita a tutti coloro che ne sono
coinvolti e contribuire alla sovranità alimentare ed alla riduzione della povertà. Essa mira alla
produzione di una fornitura sufficiente di alimenti ed altri prodotti di buona qualità.
Questo principio stabilisce pure che gli animali possano avere condizioni e opportunità di vita che
rispettino la loro fisiologia, il loro comportamento naturale ed il loro benessere.
Le risorse naturali ed ambientali usate per la produzione e il consumo dovrebbero essere gestite
in un modo socialmente ed ecologicamente giusto e dovrebbero essere preservate per le
generazioni future. L’equità solidale richiede che i sistemi di produzione, distribuzione e
commercio siano aperti ed equi, e che tengano conto dei reali costi ambientali e sociali.
Principio della cautela
L’Agricoltura Biologica deve essere gestita in modo precauzionale e responsabile al fine di
proteggere la salute ed il benessere delle generazioni presenti e future e dell’ambiente.
L’agricoltura biologica è un sistema vivente e dinamico che risponde a esigenze e condizioni
interne ed esterne. Chi pratica l’agricoltura biologica può aumentare l’efficienza e la produttività,
ma senza compromettere la salute ed il benessere degli esseri viventi e dell’ambiente. Di
conseguenza, le nuove tecnologie devono essere valutate con attenzione ed i metodi
attualmente in uso sottoposti a revisione. Tenuto conto della conoscenza degli ecosistemi e
dell’agricoltura, è necessario prestare la dovuta cautela preventiva.
Questo principio afferma che la precauzione e la responsabilità sono sono concetti chiave nelle
scelte di gestione, di sviluppo e di tecnologie nell’agricoltura biologica. La scienza è necessaria
per assicurare che l’agricoltura biologica sia sana, sicura e rispettosa dell’ambiente. Tuttavia, la
conoscenza scientifica da sola non è sufficiente. L’esperienza pratica, la saggezza e le
conoscenze tradizionali ed indigene accumulate, soluzioni valide e collaudate nel tempo.
L’agricoltura biologica deve prevenire rischi maggiori tramite l’adozione di tecnologie appropriate
ed il rifiuto di quelle imprevedibili, quale l’ingegneria genetica. Le decisioni devono riflettere i
valori ed i bisogni di tutti coloro che potrebbero subirne gli effetti, attraverso dei processi
trasparenti e partecipativi.
______
* Le Norme IFOAM per le produzioni e le trasformazioni biologiche, Ed. IFOAM, Bonn, 2005
(www.ifoam.org).
69
3.2. Gestione della fertilità del suolo
“La conservazione della fertilità del suolo è la prima condizione da
rispettare in un sistema permanenete di gestione agricolo”; con
queste parole nel 1940 il famoso agronomo inglese Albert Howard57
poneva le fondamenta del metodo dell’agricoltura biologica.
3.2.a. Fertilità del suolo
La fertilità è la capacità del suolo di mantenere nel lungo periodo la
sua capacità produttiva; essa deve essere conservata e, se possibile,
incrementata.
Il metodo biologico non consente di utilizzare fertilizzanti chimici. Gli
inputs esterni sono infatti sostituiti con specifiche tecniche colturali,
che consentono di preservare ed incrementare nel lungo periodo la
fertilità del suolo.
Di grande importanza è la tipologia e la quantità di sostanza organica
presente nel suolo, perchè la disponibilità di sostanza organica
insieme a quella di acqua ed ossigeno (a livello radicale) determina la
disponibilità di nutrienti per le piante coltivate.
La fertilità e l’attività biologica del suolo devono essere preservate ed
incrementate attraverso:
a) Coltivazione di leguminose, piante da sovescio e piante con
apparato radicale profondo, inserite in un’appropriata rotazione
colturale pluriennale;
b) Incorporazione di letame da allevamenti biologici, tenendo
presente il limite da rispettare di 170 kg N/ha/anno;
c) Incorporazione di altro materiale organico proveniente da aziende
biologiche, conforme al disposto normativo comunitario.
3.2.b. Compostaggio e riciclaggio delle biomasse
Nelle aziende biologiche l’apporto di nutrienti alle piante coltivate è
garantito dal riciclaggio aziendale delle biomasse (compostaggio). Le
aziende chimiche intensive hanno invece abbandonato da tempo i
metodi tradizionali e naturali di riciclaggio delle biomasse, con
conseguente degradazione dei suoli, desertificazione ed aumento
della suscettibilità delle piante alle malattie ed agli attacchi degli
insetti.
“Il compostaggio offre la possibilità di trasformare in risorse aziendali
gli scarti di produzione e fornisce grandi benefici quali l’incremento
57
Sir Albert Howard, An Agricultural Testament, Oxford University
Press, 1940
70
della fertilità dei suoli con conseguente aumento della produttività,
aumento della biodiversità, riduzione dei rischi ecologici e
salvaguardia dell’ambiente.”58.
Durante il compostaggio la sostanza organica grezza viene
trasformata in particelle più grandi di humus. I risultati dipendono dalle
condizioni iniziali e dal materiale utilizzato (di origine animale e/o
vegetale) e dalla microfauna presente nel cumulo. Partecipano alla
decomposizione della sostanza organica diversi microbi e specie
animali.
In una prima fase mesofila, la temperature si innalza notevolmente, il
pH aumenta ed il ruolo dei funghi e dei microrganismi risulta
fondamentale. In una seconda fase termofila, vengono rapidamente
trasformate le sostanze più degradabili, la temperature raggiunge i
valori massimi 60-70°C, i batteri termofili prendono il posto dei funghi,
ed il pH diviene alcalino e l’ammoniaca viene liberata dalle proteine.
Quando il processo accelera e conseguentemente la temperatura
diminuisce rimangono solo i materiali più resistenti, il cumulo entra
nella terza fase, raffreddandosi. In quel momento i funghi termofili
rientrano in azione per decomporrere la cellulosa e le altre particelle
più grandi. Questa fase continua ancora per qualche settimana.
La lunga fase finale della Maturazione, richiede alcuni mesi, durante i
quali funghi, batteri e actinomiceti rivestono un ruolo chiave nella
produzione di humus o acidi umici. Anche i macrorganismi
ricompaiono nel cumulo e contribuiscono a formare azoto
direttamente assimilabile. Al termine del processo si ottiene compost
maturo, contraddistinto dal caratteristico odore di terra, prodotto dal
gran numero di actinomiceti che lo abitano. Durante il processo di
compostaggio il cumulo deve essere costantemente areato perchè,
contrariamente alla maturazione del letame, si basa su processi
aerobici.
3.2.c. Rotazioni colturali, sovesci e consociazioni
Con la “rotazione” le colture si succedono sullo stesso
appezzamento di terreno, ritornando al punto di partenza dopo un
certo periodo di tempo (due, tre, quattro, cinque… anni). Lo scopo è
quello di non “stancare” il suolo ed impedire lo sviluppo delle
infestanti e dei parassiti specializzati.
La pratica della concimazione verde (sovescio) consiste nel
seminare singole colture erbacee (ad es. favino) o miscugli di più
specie, senza l’obiettivo di raccoglierne i prodotti ma allo scopo di
58
R.V. Misra and R. N. Roy, On-farm composting methods, FAO, Rome, 2002
(www.fao.org).
71
interrare le piante per incorporare nel terreno biomassa verde ed
incrementare in questo modo la fertilità e la riserva nutrizionale per le
colture successive. Si tratta di una pratica colturale di facile
attuazione, in grado di dare ottimi risultati, fondamentale soprattutto
per quelle aziende che non hanno allevamenti e pascoli in rotazione.
Il sovescio fornisce grandi quantità di azoto a costi relativamente
bassi. L’esempio di sovescio più diffuso è quello effettuato con il
favino, ma possono essere usate anche graminacee, crocifere ed
altre specie erbacee.
L’importanza di questa tecnica colturale non è però legata al solo
aspetto fertilizzante, ma anche alla protezione del suolo, al
miglioramento della sua struttura, al controllo della flora spontanea e
delle malattie, alla salvaguardia delle falde freatiche. In breve
possiamo dire che le colture da sovescio servono a migliorare la
struttura fisica e chimica del suolo (le radici penetrano nel suolo
areandolo ed aumentandone la capacità idrica), lo proteggono
dall’erosione, ne salvaguardano le falde freatiche, incrementano la
disponibilità di principi nutritivi, stimolano l’attività biologica,
permettono di controllare la diffusione delle piante spontanee e
contribuiscono al bilancio umico.
Consociazione è la coltivazione contemporanea sullo stesso
appezzamento di due o più colture, praticata al fine di sfruttare le
sinergie positive esistenti tra alcune piante e la loro capacità
allelopatica. Quest’ultima consiste nell’immissione nell’ambiente di
sostanze in grado di intervenire sulla fisiologia di parassiti e/o piante
di altre specie al fine di limitarne o esaltarne lo sviluppo. Le colture
intercalari avendo spesso esigenze diverse e complementari, riescono
inoltre meglio ad assorbire ed a convertire in biomassa vegetale le
risorse disponibili (quali acqua, luce, elementi nutritivi). La più
efficiente utilizzazione delle risorse disponibili, rispetto alle coltivazioni
specializzate, va inoltre a vantaggio della stabilità dell’agroecosistema, diminuendo sprechi e perdite. Le consociazioni
influiscono positivamente sull’agro-ecosistema anche in altri modi:
incremento della biodiversità, maggiore resistenza alle perturbazioni,
protezione delle piante dai predatori specializzati, contenimento della
flora spontanea, miglioramento della qualità delle produzioni e
riduzione dei danni all’ambiente che normalmente provocano le
colture arabili. Vediamo un esempio: “Leguminose da granella, come i
piselli, in combinazione con i cereali si completano a vicenda per
soddisfare i bisogni alimentari degli animali; le leguminose forniscono
proteine ed i cereali carboidrati. Essi possono essere sia raccolti
72
contemporaneamente (e quindi miscelati e somministrati direttamente
agli animali come mangime) sia raccolti ed usati separatamente” 59.
3.2.d. Fertilizzanti autorizzati
Nelle aziende biologiche viene ridotto al minimo l’utilizzo di inputs
extra-aziendali (eccezionalmente possono essere impiegati solo quelli
autorizzati dagli Organismi di controllo) ed allo stesso tempo non è
consentito utilizzare prodotti chimici di sintesi.
Un elenco completo dei fertilizzanti utilizzabili solo in caso di
autentica necessità nelle aziende agricole biologiche è stato
predisposto e più volte aggiornato dalla Commissione Europea. Nel
testo del regolamento sono contenute ulteriori indicazioni.
Questi prodotti non sono però sempre reperibili con facilità. Per
questo il Ministero dell’Agricoltura italiano richiede alle ditte produttrici
/ distributrici di comunicare e di depositare un campione di etichetta
presso l’Istituto Nazionale per la Nutrizione delle piante e, dopo aver
effettuato tutte le verifiche necessarie, l’Istituto provvede
periodicamente ad aggiornare la lista delle imprese e dei prodotti
idonei all’impiego in biologico60. L’elenco pubblicato, noto come
“Registro dei Fertilizzanti per l’Agricoltura Biologica”, contiene i
fertilizzanti le cui comunicazioni hanno superato le fasi di verifica.
L’elenco viene costantemente aggiornato.
Il Consulente di agricoltura biologica dovrà conoscere tutto questo, in
particolare nelle aree mediterranee, dove le condizioni climatiche
inducono una più rapida mineralizzazione della sostanza organica e
gli allevamenti purtroppo non sono diffusi in tutte le aziende, con
conseguente necessità di ricorrere ai prodotti fertilizzanti autorizzati. Il
consulente deve però fare il possibile per fornire all’agricoltore le
conoscenze necessarie per ristabilire l’armonia e l’equilibrio
nell’agroaecosistema, alla lunga l’unico metodo possibile per poter
applicare efficacemente, con soddisfazione, il sistema agricolo
biologico.
59
Julia Kinane e Michael Lyngkjær, Biosystems Dept., Risø, in Darcof eNews
(Centro danese per la ricerca in agricoltura biologica), www.darcof.dk.
60
www.isnp.it/fertab_eng/index.htm
73
Tabella 9: Estratto dell’Allegato I del Reg. (CE) n° 889/2008 (Prodotti per la
concimazione e l’ammendamento)
N.B. il presente estratto è stato elaborato a titolo puramente indicativo, si rimanda alla normativa
ufficiale per la versione completa ed aggiornata dell’Allegato I.
Concimi ed ammendanti
Nome
Descrizione; requisiti in materia di
composizione; condizioni per l’uso
Letame da allevamenti estensivi, escrementi compostati e liquidi, residui fungaie
Letame
Prodotto costituito dal miscuglio di escrementi animali e da materiali
vegetali (lettiera)
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Indicazione delle specie animali.
Letame essiccato e deiezioni
avicole disidratate
Proveniente unicamente da allevamenti estensivi ai sensi dell’articolo 6
paragrafo 5 del Reg CE n° 2328/91, modificato dal Reg CE n° 3669/93.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Indicazione delle specie animali.
Deiezioni animali compostate,
inclusa la pollina e il letame
Proveniente unicamente da allevamenti estensivi ai sensi dell’articolo 6
paragrafo 5 del Reg CE n° 2328/91.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Indicazione delle specie animali.
Escrementi liquidi di animali
(liquame, urina, ecc.)
Proibiti se provenienti di allevamenti industriali.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Indicazione delle specie animali.
Proibiti se provenienti di allevamenti industriali.
La composizione iniziale del substrato deve essere limitata ai prodotti del
presente elenco.
Residui di fungaie
Concimi di origine animale ad alto potere concimante
Deiezioni di vermi (vermicompost)
e di insetti
Guano
I prodotti o sottoprodotti di origine
animale citati di seguito:
Farina di sangue
Polvere di zoccoli
Polvere di corna
Polvere di ossa, anche
degelatinata
Farina di pesce
Farina di carne
Pennone
Lana
Pellami (vedere condizioni a lato)
Pelli e crini
Prodotti lattiero-caseari
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Pellami: Concentrazione massima in mg/kg di material secca di cromo
(VI):0 (limite di determinazione)
Concimi ricavati da rifiuti domestici, piante e ammendanti
Rifiuti domestici compostati o
fermentati
Miscela di materiali vegetali
compostata o fermentata
Prodotto ottenuto da miscele di materiali vegetali sottoposte a
compostaggio o a fermentazione anaerobica per la produzione di bio-gas.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
74
Torba
Prodotti e sottoprodotti organici di
origine vegetale per la
fermentazione (ad es.: farina di
panelli di semi oleosi, guscio di
cacao, radichette di malto, ecc.).
Alghe e prodotti a base di alghe
Impiego limitato all’orticoltura (colture orticole, floricole, arboricole, vivai).
Se ottenuti direttamente mediante:
- processi fisici comprendenti disidratazione, congelamento e macinazione;
- estrazione con acqua o soluzione acida e/o alcalina;
- fermentazione.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Legname non trattato chimicamente dopo l’abbattimento.
Legname non trattato chimicamente dopo l’abbattimento.
Proveniente da legname non trattato chimicamente dopo l’abbattimento.
Segatura e trucioli di legno
Cortecce compostate
Cenere di legno
Concimi composti da minerali e ammendanti
Argille (per es. perlite, vermiculite,
ecc.)
Fosfato naturale tenero
Fosfato allumino-calcico
Scorie di defosforizzazione
Sale grezzo di potassio (ad es.
Kainite, silvinite, ecc.)
Solfato di potassio, che può
contenere sale di magnesio.
Borlande ed estratti di borlande
Carbonato di calcio di origine
naturale (ad es.: creta, marna,
calcare macinato, litotamnio,
maerl, creta fosfatica, ecc.)
Magnesio e carbonato di calcio di
origine naturale (ad es. Creta
magnesiaca, calcare magnesiaco
macinato, ecc.)
Solfato di magnesio (ad es.:
kieserite)
Soluzione di cloruro di calcio
Solfato di calico (gesso)
Fanghi industriali provenienti da
zuccherifici
Zolfo elementare
Prodotto definito dalla Direttiva 76/116/CEE, modificata dalla Direttiva
89/284/CEE.
Tenore di Cadmio inferiore o pari a 90mg/kg di P2O5
Prodotto definito dalla Direttiva 76/116/CEE, modificata dalla 89/284/CEE.
Tenore di Cadmio inferiore o pari a 90mg/kg di P2O5
Impigo limitato ai terreni basici (pH>7.5)
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Prodotto ottenuto dal sale grezzo di potassio mediante un processo di
estrazione fisica e che può contenere anche Sali di magnesio.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Escluse le borlande estratte con Sali ammoniacali.
Unicamente di origine naturale.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Trattamento fogliare su melo, dopo che sia stata messa in evidenza una
carenza di calcio.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Prodotto definito dalla Direttiva 76/116/CEE, modificata dalla Direttiva
89/284/CEE
Unicamente di origine naturale.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Prodotto definito dalla Direttiva 76/116/CEE, modificata dalla Direttiva
89/284/CEE.
Oligolelementi
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Oligoelementi inclusi nella Direttiva 89/530/CEE
Cloruro di sodio
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Unicamente salgemma.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di
controllo.
Farina di roccia
75
3.2.d. Lavorazioni del terreno
Le principali funzioni svolte dalle lavorazioni sono le seguenti:
preparare il letto di semina creando le condizioni migliori per
l’interramento e la germinazione dei semi, arieggiare il terreno
migliorandone la penetrazione da parte delle radici e favorendo lo
sviluppo della microfauna utile, incorporare nel terreno i concimi
organici ed i residui colturali, massimizzare gli effetti delle
concimazioni organiche, controllare la diffusione di malerbe e
parassiti.
I suoli coltivati con il metodo convenzionale (intensivo), utilizzando
lavorazioni profonde ed intensive, perdono le loro qualità e riducono
drasticamente la loro fertilità. La soluzione è quella di cambiare
radicalmente l’approccio alle lavorazioni. Specialmente nelle aree
mediterranee, dove l’erosione e la desertificazione rappresentano
problemi sempre più concreti ed attuali, la scelta di ricorrere ad
attrezzi ed a metodi di lavorazione a basso impatto ambientale diviene
obbligatoria se si vuole preservare la fertilità dei suoli agricoli. Le
tecniche di coltivazione del terreno devono essere inoltre strettamente
correlate alle rotazioni colturali ed ai piani di concimazione praticati.
Le lavorazioni possono essere effettuate con tre categorie di attrezzi:
• Rovesciatori: tagliano il suolo in fette regolari che vengono
rovesciate più o meno completamente, portando alla luce strati di
terreno che prima si trovavano ad una certa profondità. L’uso
dell’aratro, specialmente in agricoltura biologica, andrebbe ridotto
al minimo e solo quando strettamente necessario (ad es. dopo la
coltivazione di piante che compattano il suolo ed incrementano la
pressione delle infestanti). L’aratura non dovrebbe comunque
superare i 30 cm.
• Discissori: provocano dei tagli nel profilo colturale conferendogli
zollosità e sofficità, senza interferire sulla normale stratigrafia.
• Rimescolatori: disgregano energicamente il terreno in zolle più
piccole, provocando il rimescolamento dello strato interessato
dalla lavorazione.
Gli attrezzi senza dubbio più utilizzati in agricoltura biologica e più
presenti nelle aziende agricole sono gli estirpatori, che lavorano ad
una profondità di 30 cm e gli erpici rotanti, che lavorano ad una
profondità di circa 15 cm e mescolano il primo strato del terreno.
76
Immagine 15: Erpice rotante in
azione
Immagine 14: estirpatore
L’estirpatura è un classico lavoro preparatorio ed esplica due funzioni
fondamentali:
• riduce la zollosità e la cavernosità del terreno, operando sotto la
superficie, in modo tale da rendere il profilo più uniforme ed in
grado di mantenere un favorevole rapporto tra fase liquida e fase
aeriforme dello stesso;
• porta in superficie le radici ed i rizomi delle malerbe che saranno
così meglio esposte all’azione dell’aria e del sole.
Questa operazione, solitamente eseguita alla fine dell’inverno,
conferisce al terreno uno stato di buona sofficità.
In commercio esiste una vasta gamma di estirpatori, ma
fondamentalmente si tratta quasi sempre di strumenti che possiedono
una serie di bracci, più o meno ricurvi, rigidi o elastici, tenuti assieme
da un telaio e spesso muniti di vanghetta all’estremità inferiore. Sono
proprio tali bracci e le relative vanghette, che penetrano nel terreno ed
esplicano l’azione suddetta allorché l’attrezzo viene trascinato dalla
motrice.
I vibrocoltivatori, invece, operano per mezzo di una barra a sezione
quadrata o cilindrica, trascinata sulla superficie del terreno. La
vibrazione di questa barra, provvista di dischi e lame, porta in
superficie le zolle più grossolane, rompendole, ed interrando le
particelle più fini.
77
Immagine 16: Vibrocoltivatore
Un’altra operazione tipica delle aziende biologiche è l’erpicatura, che
normalmente ha un carattere preparatorio, ma può essere talora
eseguita come intervento con la coltura in atto.
Gli scopi dell’erpicatura sono dunque molteplici:
• affinamento delle zolle per la preparazione definitiva del letto di
semina;
• sostituzione dell’aratura;
• distruzione delle malerbe;
• interramento dei residui colturali, dei concimi o di alcuni tipi di
sovescio.
Ne consegue che, sia in relazione alle molteplicità delle condizioni
pedoclimatiche che al loro utilizzo, i tipi di erpice sono moltissimi e di
varie tipologie, in modo da rispondere, di volta in volta, alle esigenze
dell’agricoltore.
Gli erpici a dischi , per esempio, sono utili per una prima sminuzzatura
delle zolle e l’interramento dei residui colturali; gli erpici rompicrosta e
gli erpici strigliatori sono utili per il controllo delle malerbe in orticoltura
e nei seminativi, per disgregare l’eventuale crosta superficiale
formatasi in seguito a piogge o irrigazioni battenti e, in caso di
necessità, per aerare il terreno ed aumentare, di conseguenza, la
mineralizzazione nel terreno.
Un altro attrezzo utile e molto utilizzato, specialmente in orticoltura
biologica, è la vangatrice. Quest’ultima è una macchina non
eccessivamente pesante e non richiede, dunque, grandi potenze per il
funzionamento, è in grado di smuovere il terreno a profondità
costante, incorporando la sostanza organica presente in superficie e
non produce suola di lavorazione.
Una lavorazione altrettanto utilizzata nelle aziende biologiche è la
rincalzatura. Questa lavorazione consiste nell’addossare un certo
quantitativo di terreno al piede delle piante coltivate, utilizzando una
zappatrice o, più frequentemente, attraverso l’uso di aratri assolcatori
muniti di doppio versoio.
78
Gli scopi che essa si propone sono molteplici e variano a seconda
della coltura. I principali sono:
• Lotta alle malerbe;
• protezione dal gelo (ad es. nelle viti appena innestate, e per le
patate precoci);
• protezione contro l’inverdimento dei tuberi e contro attacchi di
peronospora (nelle patate);
• imbianchimento dei prodotti da commerciare (finocchi, sedani,
radicchi, ecc.).
Un’attrezzatura caratterizzante e indispensabile per ogni azienda
agricola biologica, infine, è il trinciatutto. Lo sminuzzamento dei residui
colturali, così come quello della biomassa prodotta da un erbaio da
sovescio, facilita, infatti, le operazioni di interramento e la
disgregazione della massa interrata, grazie ad una maggior superficie
a contatto col terreno e con i microrganismi terricoli.
Il consulente di agricoltura biologica deve anche conoscere bene i
diversi tipi di lavorazione che normalmente si praticano nelle aziende
biologiche, che riassumiamo di seguito.
• Lavorazione a due strati - É un tipo di lavorazione che permette
di smuovere in profondità il terreno, rivoltandone nel contempo
esclusivamente la parte più superficiale, senza stravolgerne
quindi la naturale stratigrafia. Normalmente viene effettuata una
prima fessurazione del terreno per mezzo di attrezzi discissori (ad
es. ripuntatore) ed il rivoltamento degli strati superficiali per mezzo
di un’aratura leggera o di una frangizollatura. Lo stesso risultato si
può ottenere con un unico passaggio, e con un notevole risparmio
di tempo, con l’aratro ripuntatore, un tipo di aratro provvisto di
denti ripuntatori che agiscono in profondità (almeno 50 cm.). La
forma e l’inclinazione dei denti ripuntatori, condiziona la risalita
delle zolle e lo sforzo di trazione. Il dente dritto ha una maggior
richiesta di potenza rispetto al dente curvo o inclinato, ma limita la
risalita delle zolle e, ove presenti, dei sassi. Questo tipo di
lavorazione ha il vantaggio di velocizzare le operazioni, ma ha
come limite il costo e l’elevata potenza richiesta per la sua
esecuzione, ammortizzabile solo su grandi estensioni.
• Lavorazione superficiale - Si realizza con aratri polivomere
quando si è in presenza di residui colturali da interrare o con
coltivatori o estirpatori, alla profondità di 25-30 cm, con residui
colturali scarsi o trinciati molto finemente. L’aratura, pur
garantendo un migliore interramento dei residui, richiede un
numero maggiore di passaggi, per il necessario affinamento. A
parità di profondità, l’intervento con attrezzi discissori è più rapido
79
e conveniente dal punto di vista del consumo energetico, ma
richiede una discreta potenza della trattrice.Per il rivoltamento
degli strati superficiali è necessario un passaggio con frangizolle e
per la rifinitura serve un erpice rotante o l’utilizzo di attrezzi
combinati. In presenza di abbondanti residui colturali non
pienamente interrati al primo passaggio, sono da preferire attrezzi
con denti disposti su più file con ampia luce rispetto alla superficie
del terreno. Ciò per evitare ingolfamenti.
• Minima coltivazione - Il presupposto per realizzare una
lavorazione che non interessi più dei primi 10-15 cm di terreno, è
l’assenza di compattamenti e suole di lavorazione, che
ostacolerebbero lo sviluppo radicale e conseguentemente
provocherebbero asfissia. In terreni sciolti si sostituisce l’aratro
con il coltivatore a denti elastici o con il frangizolle abbinato ad
erpici a palette rotanti in grado di preparare direttamente il letto di
semina. In terreni pesanti è necessario utilizzare macchine capaci
di penetrare nel terreno, favorendone un primo sgretolamento, e
successivamente impiegare un frangizolle o una zappatrice
rotativa. In qualche caso si può effettuare, anche con il solo
passaggio di erpici a dischi, di peso elevato e con dischi di ampio
diametro, che garantiranno l’interramento dei residui colturali. In
linea generale, peso dell’attrezzo e dimensioni dei dischi devono
aumentare in modo proporzionale alla “pesantezza” del terreno.
L’utilizzo dell’erpice a dischi è particolarmente interessante dato
che ha un’alta capacità di lavoro, limitata richiesta di energia e
non provoca suole di lavorazione. La lavorazione minima è una
tecnica che può essere convenientemente utilizzata, come detto,
se non si evidenziano sintomi di compattamento ed asfissia. Essa
può essere alternata, ogni tre o quattro anni, con una lavorazione
a due strati o un intervento con attrezzi discissori a profondità
superiori a quella abituale.
Grande importanza assume infine il momento d’intervento: è
fondamentale effettuare le lavorazioni quando il terreno è in tempera,
ossia quando non è né troppo secco né troppo umido e si lascia
lavorare col minimo dello sforzo, producendo il miglior risultato tecnico
possibile.
3.3. Difesa fitosanitaria
In agricoltura biologica viene attuata in tre modi: a) salvaguardia della
fertilità e della salute del suolo, b) pratiche agronomiche, c) scelta del
tempo di intervento. Sono inoltre importanti la conoscenza delle
caratteristiche pedoclimatiche dell’azienda e la presenza in campo,
almeno settimanale, dell’agricoltore, il quale dovrà attentamente
osservare lo sviluppo delle colture e l’andamento generale
80
dell’azienda nel suo complesso ed in relazione all’ambiente
circostante.
3.3.a. Prevenzione
Il controllo delle avversità è basato sulla prevenzione e sull’adozione
di opportune tecniche agronomiche. La prevenzione degli attacchi
funginei e degli insetti deve iniziare dalla scelta della migliore
rotazione colturale possibile, da praticare su suoli ricchi di sostanza
organica, completata da una fertilizzazione equilibrata. Vanno poi
scelte le specie e le varietà autoctone che meglio si adattano
all’ambiente pedoclimatico esistente in azienda. È evidente che l’uso
di varietà locali consente di avere una maggiore adattabilità e
resistenza delle piante coltivate. Naturalmente particolare attenzione
andrà riservata alla scelta del materiale di propagazione che dovrà
essere sano e di buona qualità. In caso di dubbi è comunque sempre
meglio disinfettare i semi immergendoli per dieci minuti in una
soluzione all’ 1% di solfato di rame o miscelandoli con carbonato di
rame.
Una buona fertilità di base e la presenza di macro e micro elementi
nel suolo consentirà inoltre di prevenire le situazioni di stress nelle
piante, circostanza che le predisporrebbe agli attacchi funginei.
Le lavorazioni del terreno influiscono notevolmente sulla protezione
delle piante dagli attacchi parassitari. Per esempio un’aratura
superficiale espone le radici delle infestanti all’aria distruggendole,
oltre a facilitare l’eliminazione di molti insetti dannosi da parte dei loro
predatori naturali (ad es. gli uccelli). Le lavorazioni estive aiutano ad
eliminare le popolazioni di insetti dannosi e riducono la presenza di
nematodi. La rimozione dei residui di coltivazione consente poi di
interrompere il cicli vitale di alcuni parassiti.
In agricoltura biologica le rotazioni colturali rivestono poi grande
importanza per il contenimento della flora spontanea e dei patogeni
che vivono nel suolo, quali i nematodi. Lo scopo delle rotazioni è
anche quello di rendere il suolo più elastico ed impedire la
specializzazione dei parassiti e delle infestanti. È dimostrato che la
monocoltura determina un incremento dell’attacco delle crittogame, il
cui controllo è estremamente difficoltoso.
Un Agro-ecosistema con barriere naturali (siepi), boschi, canali e
pascoli assicura a tutti i livelli un’elevata biodiversità, che contribuisce
al mantenimento della complessità e dell’equilibrio all’interno dei
campi coltivati.
3.3.b. Lotta biologica
In natura ogni specie animale o vegetale ha degli antagonisti
(predatori, parassiti, patogeni o competitori) che contribuiscono ad
impedirne la proliferazione incontrollata. Le popolazioni naturali di
81
predatori (ad es. coccinelle, crisope, mantide religiosa, vespe,
fitoseidi) e parassiti (per esempio Ditteri, Tachinidi, Nematodi) sono
importanti per ridurre le infestazioni dei parassiti. Di norma un livello
minimo di attacco viene tollerato per attrarre e sviluppare i nemici
naturali.
La lotta biologica consiste proprio nell’uso di questi “nemici naturali”
per contenere le popolazioni di fitofagi entro limiti accettabili e, di
riflesso, nell’incremento del numero di specie all’interno
dell’agroecosistema, che diviene maggiormente complesso e quindi
più stabile.
Principali agenti utilizzati nella lotta biologica
•
Insetti entomofagi. Sono gli agenti più utilizzati nella lotta
biologica e sono classificati in predatori e parassitoidi, agiscono in
modo completamente diverso ma altrettanto efficace contro i
fitofagi (insetti che si nutrono di parti delle piante).
•
Predatori: organismi che attaccano e si nutrono di più individui
della popolazione di fitofagi. Alcuni ausiliari sono predatori per
tutta la durata del loro ciclo vitale (fitoseidi, miridi, coccinellidi,
antocoridi), altri solo allo stadio larvale. I predatori si dividono
ulteriormente in: predatori specialisti, che vivono a spese di una
sola o di un ristretto numero di specie, e predatori generalisti o
polifagi che possono predare diverse specie. Le specie polifaghe
sono considerate meno adatte di quelle monofaghe, perchè in
presenza di alternative abbondanti possono anche disdegnare il
fitofago che si intende combattere. In generale i predatori
presentano un vantaggio rispetto ai parassitoidi, in quanto ogni
individuo si nutre di un certo numero di prede nell’arco della
propria vita e, diversamente dai parassitoidi, sono attivi anche
nella fase iniziale quando cercano e consumano numerose prede.
Tra i predatori più diffusi ci sono crisope, sirfidi, ecc..
•
Parassitoidi - Sono organismi che vivono a spese dell’ospite
causandone la morte. Si tratta quasi sempre di insetti, le cui
femmine depongono un uovo all’interno (endoparassiti) o sopra
(ectoparassiti) il corpo dell’ospite. Alla nascita la larva si alimenta
dei tessuti dell’insetto parassitizzato fino allo sfarfallamento
dell’adulto, pronto a dare inizio a una nuova generazione. I
parassitoidi sono generalmente Imenotteri e Ditteri e possono
parassitizzare diverse tipologie di insetti in ambienti diversi, per
questo sono molto utilizzati nella lotta biologica.
•
Parassiti (nematodi). Differiscono dai parassitoidi in quanto
vivono a spese dell’ospite, causandogli danni più o meno gravi,
82
ma non ne provocano la morte. Nonostante questo hanno
dimostrato di essere degli ottimi agenti di lotta biologica, tanto che
esistono in commercio numerosi preparati a base di nematode,
utilizzati anche in orticoltura e nel giardinaggio. Quelli più utilizzati
appartengono al genere Steinernema (Neoaplectana) e
Heterorhabditis. Questi si sono dimostrati efficaci nel controllo
delle larve di Othiorrhinchus sulcatus e di sciarids diptera.
Agiscono per contatto, riuscendo ad infettare l’ospite
attraversandone la cuticola o penetrando da altre aperture naturali
e la loro azione sugli insetti è condotta in simbiosi con I batteri del
genere Xenorhabdus. Quando questi batteri vengono rilasciati
all’interno dell’ospite, ne provocano la setticemia. I nematodi sono
soggetti alla disidratazione e sensibili ai raggi UV, sono pertanto
utilizzati per il contenimento degli insetti terricoli.
•
Agenti patogeni (batteri, virus, funghi) - microrganismi che
sono in grado di causare nel fitofago una malattia mortale. Virus e
batteri agiscono in seguito ad ingestione danneggiando
solitamente gli organi intestinali dell’insetto, mentre i funghi
penetrano nel fitofago dalla cuticola moltiplicandosi a spese degli
organi interni. L’agente patogeno più diffuso e conosciuto è il
Bacillus thuringiensis. È un batterio aerobico, sporiforme,
disponibile in varie forme (kurstaki, aizawai, israeliensis and
tenebrionis). Queste differiscono per la specificità della loro
azione: le prime due agiscono sulle larve di lepidotteri, la terza
sulle larve delle zanzare, la quarta sulle larve di Leptinotarsa
decemlineata. Al momento della sporulazione il microrganismo
produce una tossina che interagisce con le glicoproteine della
membrana delle cellule intestinali dell’insetto provocando il blocco
dei muscoli dell’apparato digerente e la interruzione della
nutrizione. Nei formulati commerciali generalmente è presente
solo la tossina, che agisce esclusivamente per ingestione. Per
essere efficace è quindi necessario che l’insetto si nutra per un
certo periodo sulla superficie della pianta trattata. La selettività di
Bacillus thuringiensis è molto elevata ed esplica pienamente la
sua efficacia quando viene utilizzato sui primi stadi larvali. Si
conoscono numerosi virus entomopatogeni, che sono
caratterizzati da un’elevata specificità, infettano l’insetto
solitamente allo stato di larva ed agiscono per ingestione. La loro
azione non è immediata per cui i fitofagi infettati sono in grado di
nutrirsi ancora per un certo periodo, causando ulteriori danni. Il
virus più utilizzato è il virus della granulosi, attivo su Cydia
pomonella, ma sono disponibili altri microrganismi attivi su diverse
specie di fitofagi.
83
•
Competitori si tratta di organismi che competono con l’organismo
patogeno per la colonizzazione di una parte della pianta coltivata.
Gli organismi competitori non arrecano però danni alla pianta
coltivata. Gli organismi competitori sono generalmente funghi che
entrano in competizione con altri funghi. In alcuni casi, ad
esempio nel caso del cancro del castagno (Endothia parasitica) si
tratta di ceppi ipovirulenti dello stesso fungo parassita.
•
Vertebrati, anche se sono troppo polifagi per un uso sistematico
nella lotta biologica, in diverse occasioni risultano utili per il
controllo dei parassiti. Basti pensare che una rondine si ciba
giornalmente di circa 7000 esemplari tra mosche, zanzare ed altri
insetti. Altri vertebrati particolarmente attivi sono i ricci (si nutrono
di ogni sorta di insetti), i topiragno (divorano grosse quantità di
insetti, ragni, anellini, molluschi), i rospi (mangiano insetti, ragni,
lumache, ecc.), le civette (si nutrono di insetti quali coleotteri,
lepidotteri notturni, ortotteri) ed i pipistrelli (predano mosche,
zanzare, lepidotteri notturni).
•
Altri metodi di lotta biologica, che meritano di essere citati,
prevedono l’uso dei feromoni (trappole per la cattura massale,
confusione sessuale) e la tecnica del Maschio sterile.
Quest’ultima conosciuta anche come “lotta autocida” ha dato a
livello sperimentale risultati molto soddisfacenti, ma è applicabile
solo su larga scala e in concomitanza di condizioni ambientali
molto particolari. Si tratta di impedire la riproduzione della specie
infestante introducendo nell’ambiente un sufficiente numero di
individui resi sterili. Perché la tecnica possa essere applicata con
successo devono verificarsi le seguenti condizioni: la densità
iniziale della popolazione da controllare deve essere
relativamente bassa; la specie deve effettuare un unico
accoppiamento; la popolazione deve essere coinvolta
integralmente, condizione che si verifica con trattamenti su scala
molto vasta o in caso di ambienti circoscritti ed isolati (es. isole).
3.3.c. Controllo della flora spontanea
Nell’agricoltura convenzionale con il termine “infestanti” ci si riferisce a
diverse specie erbacee che nascono spontaneamente nei campi
coltivati, ostacolando lo sviluppo della coltura principale, e con il
termine “diserbo" viene identificata la lotta a queste infestanti. Queste
definizioni naturalmente non valgono per l’agricoltura biologica, che
attribuisce un ruolo fondamentale all’agroecosistema ed alla
conservazione al suo interno della biodiversità. Questo approccio fa sì
che la flora spontanea non sia considerata solo un ostacolo allo
sviluppo delle piante coltivate ma rivesta un ruolo positivo nelle
84
relazioni tra le piante coltivate e l’ambiente in cui esse vivono (suolo,
flora, fauna). Quindi In agricoltura biologica le espressioni “flora
spontanea” e “gestione della flora spontanea” sostituiscono
rispettivamente quelle di “piante infestanti” e “diserbo”, utilizzate
nell’agricoltura convenzionale. In questo modo viene posta maggiore
enfasi sugli aspetti agronomici piuttosto che sugli interventi specifici di
lotta alle infestanti.
Il ruolo della flora spontanea – Vediamo innanzitutto quali possono
essere gli aspetti negativi (normalmente i soli considerati
nell’agricoltura convenzionale). La flora spontanea compete con le
piante coltivate nell’approvviggionamento dell’acqua, della luce e del
nutrimento. Può inoltre inquinare il raccolto e contribuire alla
creazione di un micro-clima umido, ideale per lo sviluppo di molti
patogeni, oltre a poter essere essa stessa ospite intermedio dei
patogeni. Analizziamo ora gli effetti positivi dell’azione svolta dalla
flora
spontanea.
Offre
ospitalità
agli
insetti
utili
e
contemporaneamente rappresenta per gli insetti fitofagi un cibo
alternativo alla coltura principale. Previene l’erosione del suolo, ne
migliora la struttura, riduce la perdita di nutrienti per lisciviazione e, nel
caso delle leguminose, contribuisce a fissare nel suolo l’azoto
presente nell’atmosfera. Va inoltre considerato che dall’osservazione
della flora spontanea è possibile ricavare preziose informazioni sulle
caratteristiche fisiche e chimiche del suolo, la sua reazione, la
tessitura, la presenza di elementi, l’eventuale esistenza di una suola
di lavorazione. Una corretta gestione della flora spontanea può ridurre
al minimo gli effetti negativi, massimizzandone allo stesso tempo
quelli positivi. Questo significa imparare ad accettare la presenza di
alcune infestanti nel campo coltivato ed a ciò si lega strettamente il
concetto di soglia di danno o di intervento ovvero la quantità di piante
spontanee al di sotto della quale la coltura non riporta danni e non
sono necessari interventi di controllo. La definizione della soglia è
variabile in funzione delle specie considerate e della singola
situazione aziendale.
Gli interventi possibili per una corretta gestione delle spontanee sono
diversi, ma il concetto fondamentale per un valido controllo è che la
coltura deve essere:
¾ ben insediata,
¾ in grado di competere vigorosamente con la flora spontanea,
¾ capace di coprire rapidamente il terreno.
E’ dimostrato infatti che una volta che la coltura ha coperto la fila, sia
l’emergenza dei semi che la crescita delle plantule di spontanee è
notevolmente ridotta. In conseguenza di ciò le specie che
presenteranno maggiori problemi sono quelle che hanno una
85
germinazione lenta. Per queste specie, quando è possibile, è meglio
preferire il trapianto alla semina. Per lo stesso motivo tutti gli
accorgimenti agronomici volti ad accelerare la germinazione (bagno
dei semi, irrigazioni, copertura con tessuto non tessuto, ecc.) hanno
un effetto positivo sul controllo delle erbe spontanee.
I metodi per la gestione della vegetazione spontanea possono essere
distinti in metodi indiretti e metodi diretti. Entrambi sono volti a limitare
il numero di piante spontanee o a spostare l’equilibrio
dell’agroecosistema in favore sia della coltura che di quella flora
spontanea con minori caratteristiche di competitività.
Tra i metodi preventivi le rotazioni colturali hanno una grande
importanza. Le monosuccessioni o le rotazioni troppo strette creano
infatti, nel corso del tempo, le condizioni per proliferazioni incontrollate
della flora spontanea. Al contrario rotazioni corrette e sufficientemente
lunghe, pur non essendo risolutive, permettono un miglior controllo
delle spontanee, che non hanno la possibilità di adattarsi e
selezionarsi e i cui cicli sono disturbati da lavorazioni colturali, epoche
di raccolta e competitività della coltura principale diverse anno per
anno.
Un altro metodo preventivo è la falsa semina. Consiste nella normale
preparazione del letto di semina e in un’eventuale irrigazione (in
assenza di precipitazioni) a cui però non fa seguito la distribuzione del
seme. Si favorisce così la germinazione degli organi di propagazione
delle “infestanti” prima che la coltura sia in campo. Quando la flora
spontanea ha raggiunto lo stadio di cotiledoni o di prime foglie vere si
interviene con una lavorazione superficiale per eliminare le plantule.
Durante questa operazione è necessario non rimescolare gli strati di
terreno per evitare di riportare in superficie nuovi semi. Per questo
motivo la seconda lavorazione può essere sostituita da un intervento
di pirodiserbo (vedi oltre).
E’ anche importante limitare lo stock di semi presente in campo e
la conseguente proliferazione di specie non desiderate evitando l’uso
di sementi inquinate ed utilizzando per la fertilizzazione solo letame e
liquame maturi. Un periodo di maturazione sufficientemente lungo
consente di abbattere il potere germinativo dei semi presenti in questi
fertilizzanti.
Nella gestione delle infestanti ha mostrato una buona efficacia anche
il metodo delle cover crops, che consiste nell’impianto di una coltura,
non necessariamente destinata al raccolto, nei mesi in cui solitamente
il terreno rimane nudo. Si impedisce così la proliferazione e la
disseminazione di infestanti nel periodo in cui non vi sono altre colture
in atto, inoltre si può favorevolmente utilizzare la capacità che hanno
alcune piante, come ad esempio la segale, di ridurre la capacità di
86
germinazione dello stock di semi presenti nel terreno attraverso la
produzione di sostanze allelopatiche. Le cover crops hanno un effetto
favorevole oltre che nel controllo delle piante spontanee, anche nel
riciclaggio dei nutrienti, nella riduzione dell’erosione dei suoli,
nell’incrementare il tenore in sostanza organica e, nel caso si tratti di
leguminose, aumentano il tenore in azoto del terreno. Una volta
sfalciate le cover crops possono essere interrate oppure utilizzate
come pacciamatura verde. Nel secondo caso si ha riduzione
dell’emergenza delle infestanti, minor evaporazione dal suolo, che
rimane più fresco nei mesi estivi e lento rilascio dei nutrienti.
Effetti simili possono essere ottenuti facendo ricorso ad altri materiali
pacciamanti, come materiali plastici (polietilene nero a bassa densità
in particolare), materiali plastici biodegradabili a base di amido di
mais, prodotti a base di cellulosa o di cellulosa e torba e pacciamature
vegetali (paglia o cippato).
Immagine 17: differenti tipi di pacciamatura
Il polietilene è il materiale più usato, per la facilità di posa, la
resistenza meccanica, la capacità di trattenere il calore, il discreto
effetto precocizzante e, naturalmente, il buon controllo delle
spontanee. Gli svantaggi di questo materiale sono le difficoltà di
87
smaltimento a fine campagna e il divieto o la limitazione di utilizzo
imposto da alcuni disciplinari. Le plastiche biodegradabili e i materiali
a base di cellulosa risolvono il problema dello smaltimento, ma non
sempre la loro durata è sufficiente ad assicurare nel tempo un effetto
sufficiente nel controllo delle piante spontanee. Inoltre, soprattutto la
carta, sono soggetti a frequenti rotture. L’utilizzo di materiali vegetali
presenta il vantaggio di migliorare le caratteristiche fisico-chimiche del
suolo e, secondo alcuni autori, di contenere il numero di fitofagi, ma
non ha effetti precocizzanti ed ha costi di realizzazione più alti.
Tabella 10: Tipi di materiali pacciamanti disponibili sul mercato
PRODOTTO
COMMERCIALE
Molti
TerraStar
MATERIALE
Carta
Cellulosa
Amido +
Mater-Bi
Molti
Plastica
biodegradabile
Fogli di
polietilene
USO
Vegetali che
devono essere
puliti quando
raccolti quali
lattuga e
finocchio
Granuli da
spargere sulle
piantine appena
trapiantate o allo
stadio vegetativo
della terza foglia
Comparabile con
la carta; può
essere usato
anche per i
cetrioli.
Vegetali che
devono essere
puliti quando
raccolti quali
lattuga e
finocchio così
come cetrioli,
zucchini e altre
colture protette
VANTAGGI (+) E
SVANTAGGI (-)
+ Biodegradabile
+ Soffoca efficacemente le
piante spontanee
+ Raccolta pulita e asciutta
- Soggetta a rottura durante
l’applicazione
- Si degrada troppo
rapidamente sui bordi
+ Biodegradabile
+ Soffoca efficacemente le
piante spontanee (>4 mesi)
+ Dosaggi modulabili
+ Facile da applicare
- Costoso
+ Biodegradabile
+ Economico e leggero
+ Non si strappa facilmente
- Applicazione difficile
+ Facile da applicare
+ Soffoca efficacemente le
piante spontanee
+ raccolta pulita
+ economico
- Non eco-compatibile
- Deve essere rimosso dopo la
coltivazione, ma
l’operazione è difficoltosa
- Costi di smaltimento elevati
Fonte: FIBL, 2005
Tra i metodi diretti per la gestione delle spontanee il posto principale è
occupato dalle lavorazioni del terreno.
Le attrezzature utilizzate devono essere accomunate da alcune
caratteristiche:
88
¾ la regolazione delle spontanee che deve essere efficace sia
sull’interfila che vicino alla fila senza danneggiare la coltura,
¾ la polivalenza, ovvero l’efficacia nei confronti di piante con differenti
modalità di propagazione,
¾ la capacità di unire all’azione sulla pianta anche quella di rottura
della crosta e di arieggiamento del terreno,
¾ l’elevata capacità di lavoro oraria per contenere i tempi di intervento
e i costi di gestione.
Si impiegano attrezzature ad organi fissi (erpice a maglie, strigliatore
e sarchiatrice), ad organi rotanti trainati (sarchiatrice a denti rotanti)
oppure ad organi rotanti mossi dalla presa di potenza (spazzolatrice,
fresa multipla interfilare ed erpice a denti rotanti).
Immagine 18: esempio di spazzolatrice
Per piccoli appezzamenti o in condizioni particolari non vanno
dimenticati gli attrezzi manuali, di limitata importanza nelle colture
estensive, ma utilizzabili in orticoltura, in piccole aziende familiari o in
serra. La possibilità di combinare l’azione di diverse attrezzature, di
agire sulla loro regolazione e di modificare la forma degli organi
lavoranti (montando diversi tipi di utensili) consente un assortimento
molto vasto di soluzioni. Per identificare la più idonea al singolo caso
aziendale si dovrà tener conto del tipo di coltura su cui si deve
89
intervenire, dell’ampiezza delle superfici da trattare, di grado e tipo di
infestazione, dello stadio di sviluppo della flora avventizia e della
coltura, delle caratteristiche fisiche e del contenuto di acqua del suolo,
della necessità di operare sia sulla fila che nell’interfila.
Un discorso a parte merita il pirodiserbo, ovvero il controllo delle
piante spontanee per mezzo del calore. L’esposizione delle piante ad
alte temperature determina nei tessuti vegetali uno shock termico, con
conseguente
disorganizzazione
delle
membrane
cellulari,
denaturazione delle proteine, inattivazione degli enzimi e,
complessivamente, alterazione irreversibile della funzionalità del
vegetale che muore per disseccamento nel giro di due-tre giorni. La
pianta quindi, anche se esposta alla fiamma diretta, non subisce una
combustione ma piuttosto una “lessatura” dei tessuti immediatamente
evidenziabile dal mutamento di colore del vegetale e dall’aspetto
flaccido e traslucido che assumono le foglie. L’efficacia del pirodiserbo
dipende da numerosi fattori.
La presenza di villosità sulle foglie o la loro succulenza, riduce
l’efficacia dell’intervento, così come la presenza di cuticole o strati
protettivi. Le piante rizomatose o con altri organi di riproduzione
sotterranei possono essere danneggiate nelle loro parti aeree ma non
in quelle ipogee, che ne garantiranno la sopravvivenza.
Anche eventuali irregolarità del suolo, deviando la fiamma, modificano
l’efficacia del trattamento, come pure un eccesso di umidità attorno
alle piante da trattare. Ma il fattore che maggiormente condiziona
l’efficacia del pirodiserbo è certamente lo stadio di sviluppo delle
piante trattate. Quanto più tardivamente si effettua l’intervento tanto
minore sarà la sua efficacia, per la maggior resistenza al calore dei
tessuti della pianta “adulta”. Lo stadio migliore per interventi di
pirodiserbo corrisponde generalmente alla seconda – quarta foglia
vera del vegetale da trattare. Su colture erbacee il pirodiserbo può
essere utilizzato in pre semina o in pre emergenza sfruttando i diversi
tempi di germinazione delle spontanee e della coltura. La possibilità di
interventi in post emergenza è legata alla maggiore o minore
sensibilità della coltura al calore e spesso è necessario utilizzare
schermi di protezione. Le attrezzature più diffuse, sono a fiamma
libera, alimentate a GPL, meno diffusi gli apparecchi a infrarossi,
microonde, elettrici o a generazione di vapore. Si tratta comunque di
una tecnica piuttosto costosa, specie se estesa all’intera superficie
coltivata, per cui è consigliabile abbinarla ai tradizionali interventi
meccanici.
In generale le macchine mosse dalla presa di potenza risultano più
efficaci contro le specie perenni, ma sono controindicate in suoli male
90
o poco strutturati, perché tendono a peggiorarne ulteriormente la
struttura.
Su terreni leggeri e poco tendenti al compattamento si ottengono
buoni risultati con le strigliatrici, purchè le piante da eliminare non
siano troppo sviluppate: la massima efficacia di intervento si ha allo
stadio di foglie cotiledonari e su specie non stolonifere (che anzi
potrebbero essere avvantaggiate dall’impiego di queste macchine).
Gli erpici strigliatori si sono mostrati particolarmente adatti al controllo
delle infestanti nei cerali autunno-vernini. Un passaggio a fine inverno
riduce significamene la presenza di infestanti, favorisce l’accestimento
e accelera i processi di mineralizzazione della sostanza organica,
contribuendo alla nutrizione azotata delle piante.
Le spazzolatrici si adattano a terreni di diversa tessitura, non
formando suola di lavorazione. Le condizioni migliori di impiego si
hanno su suoli asciutti ma non secchi, pena la formazione di
polverosità eccessiva, e su piante ai primissimi stadi vegetativi.
L’azione sradicante delle spazzole è infatti piuttosto blanda ed
efficace solo su piante con apparato radicale superficiale. Se la flora
spontanea ha già raggiunto stadi di sviluppo avanzato l’effetto sarà
lesivo e devitalizzante, ma non definitivo.
In presenza di specie sia annuali che perenni e su terreni duri i
risultati migliori si ottengono con la sarchiatrice a denti fissi. La
sarchiatrice a denti rotanti è invece ideale per il controllo delle annuali,
anche se, in presenza di compattamento del terreno, deve essere
associata a un rompitraccia. Bisogna sottolineare che, in ogni caso,
l’azione di contenimento della flora spontanea è pienamente efficace
solo quando la scelta dell’attrezzatura più idonea è accompagnata
dalla accuratezza nella sua regolazione e dalla tempestività di
intervento.
3.3.d. Prodotti consentiti
La regolamentazione comunitaria tratta il corretto approccio da tenere
nella difesa delle piante, che consiste in primo luogo nell’adozione di
adeguate pratiche agronomiche: “La lotta contro i parassiti, le malattie
e le piante infestanti si impernia sul seguente complesso di misure:
scelta di specie e varietà adeguate; programma di rotazione
appropriato; coltivazione meccanica; protezione dei nemici naturali dei
parassiti, grazie a provvedimenti ad essi favorevoli (ad esempio siepi,
posti per nidificare, diffusione di predatori); eliminazione delle malerbe
mediante bruciatura. Possono essere utilizzati i prodotti di cui
all'allegato II soltanto in caso di pericolo immediato che minacci le
colture”.
Per queste ragioni, l’utilizzo di molti dei prodotti elencati richiede una
preventiva autorizzazione da parte degli Enti di controllo. La versione
91
iniziale dell’elenco non è risultata però completa di tutti i prodotti
utilizzati in agricoltura biologica nei diversi paesi dell’Unione Europea,
per cui si sono resi necessari numerosi aggiornamenti successivi, e
probabilmente altri ne necessiteranno.
Tabella 11: Estratto dell’Allegato II del Reg. CEE n° 889/2008 (prodotti autorizzati
per la protezione delle piante)
1. PRODOTTI FITOSANITARI
Condizioni generali applicabili per tutti i prodotti composti o contenenti le sostanze
attive appresso indicate:
Impiego in conformità ai requisiti comunitari;
Soltanto in conformità delle disposizioni specifiche della normativa sui prodotti
fitosanitari applicabile nello Stato membro in cui il prodotto è utilizzato [ove
pertinente (*)].
I Sostanze di origine vegetale o animale
Descrizione, requisiti di composizione,
Nome
condizioni per l’uso
Azadiractina estratta da
Azadirachta indica (albero del
Neem)
(*) Cera d’api
Gelatina
(*) Proteine idrolizzate
Insetticida.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di controllo.
Protezione potatura.
Insetticida.
Sostanze attrattive.
Solo in applicazioni autorizzate in combinazione con altri prodotti adeguati del
presente allegato II, parte B.
Lecitina
Fungicida.
Oli vegetali (per es.: olio di
Insetticida, acaricida, fungicida ed inibitore della germogliazione.
menta, olio di pino, olio di
carvi).
Piretrine estratte da
Insetticida.
Chrysanthemum
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di controllo.
cinerariaefolium
Quassia estratta da Quassia
Insetticida, repellente.
amara
Rotenone estratto da Derris
Insetticida.
spp., Lonchocarpus spp. e
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di controllo.
Terphrosia spp.
(*) In alcuni Stati membri i prodotti contrassegnati (*) non sono considerati prodotti fitosanitari e non sono soggetti alle
disposizioni della legislazione in materia di prodotti fitosanitari.
II Microrganismi utilizzati nella lotta biologica contro i parassiti
Nome
Descrizione, requisiti di composizione,
condizioni per l’uso
Microrganismi (batteri, virus e
Solo prodotti non modificati geneticamente ai sensi della Direttiva 90/220/CEE (1).
funghi), ad es. Bacillus
thuringensis, Granulosis virus,
ecc.
(1) GU n° L 117 dell’8.5. 1990, pag. 15.
III Sostanze da utilizzare solo in trappole e/o distributori automatici
Condizioni generali:
Le trappole e/o i distributori automatici devono impedire la penetrazione delle sostanze nell’ambiente ed il contatto
delle stesse con le coltivazioni in atto;
Le trappole devono essere raccolte dopo l’utilizzazione e riposte al sicuro.
Nome
Descrizione, requisiti di composizione,
condizioni per l’uso
(*) Fosfato diammonio
Sostanza attrattiva.
Metaldeide
Soltanto in trappole.
Dal 31 Marzo 2006 non può essere più utilizzato.
92
Feromoni
Piretroidi (solo deltametrina o
lambdacialotrina)
Sostanze attrattive; sostanze che alterano il comportamento sessuale.
Solo in trappole e distributori automatici.
Insetticida.
Solo in trappole con sostanze specifiche attrattive.
Solo contro Batrocera oleae e Ceratitis capitata wied.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di controllo.
(*) In alcuni Stati membri i prodotti contrassegnati (*) non sono considerati prodotti fitosanitari e non sono soggetti alle
disposizioni della legislazione in materia di prodotti fitosanitari.
IIIa Preparati da spargere in superficie tra le piante coltivate
Nome
Descrizione, requisiti di composizione,
condizioni per l’uso
Ortofosfato di ferro (III)
Molluschicida
IV. Altre sostanze di uso tradizionale in agricoltura biologica
Nome
Descrizione, requisiti di composizione,
condizioni per l’uso
Rame, nella forma di
idrossido di rame, ossicloruro
di rame, solfato di rame
(tribasico), ossido rameoso
Fungicida.
Dal 1° gennaio 2006 nel limite massimo di 6 kg di rame/ettaro/anno, fatte salve
disposizioni specifiche più restrittive previste dalla legislazione sui prodotti
fitosanitari dello Stato membro in cui il prodotto sarà utilizzato.
Per le colture perenni gli Stati membri possono disporre, in deroga al disposto del
paragrafo precedente, che i tenori massimi siano applicati come segue:
- il quantitativo massimo utilizzato a decorrere dal 23 marzo 2002 fino al 31
dicembre 2006 non deve superare 38 kg di rame per ettaro;
- a decorrere dal 1° gennaio 2007 il quantitativo massimo che può essere
utilizzato ogni anno sarà calcolato detraendo i quantitativi effettivamente utilizzati
nei quattro anni precedenti dal quantitativo totale massimo di, rispettivamente,
36, 34, 32 e 30 kg di rame per ettaro per gli anni 2007, 2008, 2009, 2010 e per
gli anni successivi..
(*) Etilene
Sale di potassio di acidi grassi
(sapone molle)
(*) Allume di potassio (Calinite)
Zolfo calcico (polisolfuro di
calce)
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di controllo.
Sverdimento delle banane.
Insetticida.
Prevenzione della maturazione delle banane.
Fungicida, insetticida, acaricida.
Solo per trattamenti invernali degli alberi da frutto, degli olivi e della vite.
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di controllo.
Insetticida, acaricida.
Insetticida, acaricida.
Solo su alberi da frutta, viti, olivi e colture tropicali (ad esempio banani).
Necessità riconosciuta dall’Organismo di controllo o dall’Autorità di controllo.
Permanganato di potassio
Fungicida, battericida.
Solo su alberi da frutta, olivi e viti.
(*) Sabbia di quarzo
Repellente.
Zolfo
Fungicida, acaricida, repellente.
(*) In alcuni Stati membri i prodotti contrassegnati (*) non sono considerati prodotti fitosanitari e non sono soggetti alle
disposizioni della legislazione in materia di prodotti fitosanitari.
Olio di paraffina
Oli minerali
2. PRODOTTI PER LA LOTTA CONTRO I PARASSITI NEI LOCALI DI
STABULAZIONE E NEGLI IMPIANTI:
•
Prodotti elencati nella sezione 1;
•
Rodenticidi.
DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI PRODOTTI
BIOLOGICO PER LA DIFESA DELLE PIANTE
•
USATI
NEL
AZADIRACTINA estratta dall’albero di origine asiatica
Azadirachta indica (“Albero del Neem”), è usata come insetticida.
Agisce per ingestione ed è antagonista dell’ormone ecdysone,
93
impedendo la riproduzione degli insetti. Non è attiva su uova ed
adulti e su alcuni insetti agisce come antifeedant. L’Azadiractina
ha un ampio raggio d’azione, agendo su Homoptera, Lepidoptera,
Diptera, Coleoptera e altri, acari inclusi. Ha inoltre un effetto
sicuro contro funghi e batteri. È usata in orticoltura, frutticoltura,
vivaismo e su piante ornamentali. Non è tossica per gli animali
vertebrati, mentre può essere fitotossica se usata in alte dosi.
Dosaggi e compatibilità: in gran parte dipende dalle formulazioni,
approssimativamente 25-50 g/ha di Azadiractina. Può essere
utilizzata in abbinamento alle Piretrine, virus, Bt, saponi molli.
•
OLI VEGETALI (olio di menta, olio di pino, olio di cumino), sono
composti da sostanze naturali derivate da varie parti delle piante
quali fiori, semi e frutti. Molti oli contengono acidi oleici e linoleici.
Normalmente gli oli vegetali e quelli minerali vengono utilizzati in
abbinamento a fungicidi e pesticidi, migliorandone l’applicazione e
la durata. Gli oli vegetali hanno azione insetticida sugli insetti e le
loro uova. Esercitano inoltre un’azione repellente. Sono efficaci
contro afidi, Coccidi, Diaspidi e acari. Campo di applicazione:
viticoltura, frutticoltura, orticoltura. Bassa tossicità sui mammiferi.
Gli oli vegetali non sono selettivi e quindi oltre ad agire sugli insetti
dannosi, ad alti dosaggi, possono compromettere l’esistenza
anche degli insetti antagonisti (utili). Dosaggio e compatibilità:
normalmente 200-300 ml/hl se adoperati come additivi e 1-3 g/hl
se usati come insetticidi. Gli oli vegetali possono essere miscelati
con la maggior parte dei dei prodotti utilizzati nel biologico.
•
PIRETRINE (estratte dal Chrysanthemum cinerariaefolium), sono
insetticidi naturali ricavati dalle piante del Crysanthemum,
coltivate principalmente in Kenya, Tanzania e Tasmania. Vengono
ottenuti dai fiori opportunamente essiccati e lavorati. Il principio
attivo è costituito da sei molecole conosciute come piretrine, che
sono fotosensibili e rapidamente ossidate se esposte all’aria ed
alla luce. Per aumentarne la stabilità alcuni preparati aggiungono
sostanze stabilizzanti (per esempio PPBO piperonilbutoxyd). Le
piretrine agiscono come insetticidi da contatto. Attaccano il
sistema nervoso degli insetti, paralizzandoli in pochi secondi. Il
tempo di azione letale dipende dai dosaggi utilizzati. Alcuni insetti
possono metabolizzare le piretrine rendendo inefficace la loro
azione. Per questo le piretrine possono essere attivate con PPBO,
che inibisce la disintossicazione dal principio attivo e rende quindi
più efficace il trattamento. Le Piretrine hanno un ampio spettro di
azione e sono efficaci contro Omeotteri, Lepidotteri, Coleopteri
Ditteri ed hanno anche un’azione limitata verso gli acari. Campo di
94
applicazione: orticoltura, piante ornamentali, oltre che per la
conservazione delle derrate alimentari. Presentano bassa
tossicità verso i mammiferi, mentre sono dannose per i pesci, i
rettili e gli anfibi. Le Piretrine non sono selettive e possono
risultare dannose per le api ed altri insetti utili. Non sono
fitotossiche. Dosaggi: normalmente 70-100 ml/hl.
•
QUASSIA (estratta dalla Quassia amara), è un insetticida
naturale derivato dall’albero della Quassia amara, originario del
Suriname, e dal Picrasma excelsa (Quassia giamaicana). I
principi attivi sono quassina e neoquassina. La Quassia, oltre ad
essere una pianta medicinale, è usata come repellente per cani e
gatti. Agisce sul sistema nervoso, sia per contatto che per
ingestione. Presentando una persistenza limitata la sua azione è
piuttosto ridotta. Campo di applicazione: orticoltura, frutticoltura,
viticoltura, silvicoltura, giardinaggio. Presenta bassa tossicità.
•
ROTENONE (estratto da Derris spp., Lonchocarpus spp. e
Tephrosia spp.). Il Rotenone è un alcaloide, isolato per la prima
volta nel 1895. É estratto dalle radici di alcune piante tropicali
della famiglia delle leguminose: Derris elliptica, Derris spp.,
Lonchocarpus utilis, Tephrosia spp. Il Rotenone è soggetto a
rapida decomposizione se esposto alla luce ed all’aria. La sua
persistenza è pertanto limitata a 2-3 giorni in estate e 5-6 in
primvera. Il principio attivo è molto tossico se inalato, meno se
ingerito. La finezza del prodotto determina il suo livello di tossicità.
Il Rotenone può essere stabilizzato con acido fosforico ed agisce
per contatto ed ingestione, inibendo l’attività mitocondriale. Ha un
ampio spettro d’azione, agendo contro lepidotteri, ditteri,
coleotteri, ecc.. Presenta anche un’azione limitata contro gli afidi.
Campo di applicazione: orticoltura, frutticoltura, giardinaggio, oltre
che contro mosche e zanzare. É anche usato in medicina
veterinaria contro le mosche di Hypoderma. Il Rotenone presenta
bassa tossicità sui mammiferi, mentre è molto tossico sui pesci. É
un insetticida non selettivo ma non è pericoloso per le api.
Dosaggi e compatibilità: normalmente in orticoltura 100 g/ha di
principio attivo. Il periodo di carenza è di 10 giorni. Non è
compatibile con le sostanze alcaline.
•
GRANULOSIS VIRUS (CpGV), questo virus è utilizzato contro la
Cydia pomonella delle mele ed è anche attivo contro altri
Lepidotteri. CpGV agisce per ingestione e per questo motivo deve
essere adoperato al momento giusto sulle larve di Cydia. I raggi
ultravioletti possono inattivare il virus, pertanto è raccomandata
l’applicazione all’alba o al tramonto. Questo virus è specifico
95
contro sei specie di Tortricidae, la più importante delle quali è
Cydia pomonella. Campo di applicazione: melo, pero e noci.
Tossicità: principio attivo selettivo, non tossico per gli altri insetti;
non è fitotossico. Dosaggio e compatibilità: non va miscelato con
altre sostanze alcalino-sensibili.
•
BACILLUS THURINGIENSIS. In agricoltura biologica è il più
diffuso preparato a base di batteri. Il batterio è presente
naturalmente nel terreno e le sue proprietà insetticide sono
conosciute sin dagli anni sessanta. Ci sono molti tipi di Bt ed è
utilizzato in molti campi. Durante la sporulazione produce tossine
(la più importante è la delta-endotoxin) che rappresentano il
principio attivo del formulato. Le Pro-tossine vengono attivate
nell’intestino degli insetti, con conseguente effetto letale. Il
formulato è selettivo ed inoffensivo sui vertebrati che hanno una
reazione intestinale acida. Il Bt è attivo soltanto per ingestione.
Per questa ragione viene spruzzato sugli insetti nocivi durante lo
stadio larvale, quando sono esposti in quanto si alimentano in
superficie. Una volta che la tossina viene rilasciata nell’intestino,
l’intero apparato digerente viene paralizzato è l’insetto non può
più nutrirsi. La morte interviene in poche ore o, al massimo, entro
tre giorni. I diversi tipi di Bt sono specifici per determinate famiglie
o specie di insetti: il Bacillus thuringiensis var kurstaki è attivo
contro molte specie di Lepidotteri; il Bacillus t. var tenebrionis è
attivo contro molte specie di Coleotteri; il Bacillus t. var israelensis
è attivo contro le zanzare. Campo di applicazione: orticoltura,
viticoltura, frutticoltura, olivicoltura, piante ornamentali, silvicoltura.
Non è tossico per i vertebrati. Svolge un’azione specifica e non è
dannoso per gli altri insetti. Non è fitotossico. Dosaggi e
compatibilità: molto dipende dai formulati, normalmente da 0,5 a 2
kg/ha di preparato commerciale. Non deve essere miscelato con
prodotti alcalini.
•
SALI DI POTASSIO DI ACIDI GRASSI (sapone molle). Questo
prodotto, conosciuto anche come sapone molle di potassio (o
sapone di Marsiglia) si ottiene miscelando oli vegetali e sostanze
alcaline quali soda e idrossido di potassio. Oltre a venire
normalmente usato come detersivo, questo prodotto è adoperato
in agricoltura come insetticida. Una sua importante peculiarità è
quella di essere completamente biodegradabile (viene
metabolizzata dai batteri presenti nel suolo). Il sale di potassio
viene utilizzato come insetticida, come additivo di altri prodotti per
la difesa delle piante e contro funghi ed infestanti. Miscelato con
altri insetticidi, quali rotenone e piretrine, ne aumenta il potere
96
adesivante, aumentandone di conseguenza la persistenza. Il
sapone molle agisce come insetticida di contatto, danneggiando
la cuticola degli insetti; viene anche usato per eliminare la melata
e le secrezioni degli afidi. Viene adoperato contro gli insetti fitofagi
con sottile esoscheletro, quali afidi, tripidi e aleurodidi. É attivo
anche contro gli acari. Campo di applicazione: melo pero, vite,
piante aromatiche, verdure e piante ornamentali. Non presenta
tossicità verso vertebrati ed insetti impollinatori. Dosaggi e
compatibilità: in miscela con altri insetticidi ca. 300 g/hl, usato da
solo ca 1000 g/hl. Non va usato con acque dure.
•
ZOLFO CALCICO (POLISOLFURO DI CALCE) viene usato
come insetticida e fungicida. Il principio attivo è lo zolfo sotto
diverse forme. Agisce come insetticida da contatto, data la
causticità del preparato. É anche efficace contro la cocciniglia. Un
effetto secondario di questo insetticida è l’asfissia. Il Polisolfuro ha
anche un’azione fungicida data la presenza dello zolfo. Campo di
applicazione: insetti - Diaspididae (Quadraspidiotus perniciosus,
Diaspis pentagona and D. leperii). É attivo anche sulle uova di
acari. Crop protection: contro oidio, cancro della bolla della pesca
e altre malattie. Campo di applicazione: agrumi, pesca, mela,
albicocca, ciliegio, vite, olivo. La sostanza è irritante se inalata e
se viene in contatto diretto con gli occhi o la pelle. I polisolfuri
sono anche tossici per qualche predatore di afidi. Considerata la
loro alcalinità possono risultare fitotossici, provocando bruciature
negli organi vegetativi. Per questo vengono utilizzati
preferibilmente in inverno. Dosaggio e compatibilità: per i
trattamenti invernali è suggerito sulle drupacee un dosaggio di 16
– 17 kg/hl; per le mele e le pere di 20-22 kg/hl. Il polisolfuro di
calce è altamente corrosivo per gli ingranaggi dell’attrezzatura
irroratrice. Bisognerà quindi attentamente risciacquarla dopo l’uso.
•
OLI MINERALI (oli bianchi, oli di petrolio, oli di paraffina), sono
derivati dalla distillazione del petrolio ad alte temperature,
arricchito di idrogeno ed infine estratto con solventi. Le condizioni
di estrazione influenzano notevolmente la composizione e gli
effetti agronomici degli oli minerali. Essi agiscono principalmente
per asfissia, soffocamento degli insetti e delle loro uova. Hanno
anche un’azione repellente. Agiscono per contatto diretto
principalmente su piccoli insetti, come diaspidi, cocciniglie, afidi,
psilla e acari. Possono agire anche contro oidio ed infestanti (in
considerazione della loro fitotossicità). Campo di applicazione:
frutticoltura, orticoltura, piante ornamentali, vivaismo. In modo
modesto possono causare problemi ai mammiferi, mentre sono
97
dannosi per gli insetti. Dosaggi e compatibilità: 1-3 kg/hl come
insetticida e 200-300 ml/hl come additivo. Tempo di carenza: 20
giorni. Incompatibile con lo zolfo, è pertanto necessario
distanziare gli interventi di almeno 15 giorni.
•
SOSTANZE UTILIZZATE NELLE TRAPPOLE
− FEROMONI – sono sostanze prodotte dagli insetti che
consentono la comunicazione chimica tra individui della
stessa specie.
Agiscono sui comportamenti sessuali.
Possono essere riprodotti artificialmente in laboratorio e
quindi venir utilizzati in agricoltura per il monitoraggio, la
cattura massale ed il disorientamento degli insetti,
opportunamente collocati in apposite trappole. Monitoraggio: i
feromoni vengono collocati nelle trappole per verificare la
presenza degli insetti nel campo coltivato (in particolare per i
lepidotteri). Cattura massale: l’obiettivo è quello attrarre e
catturare il maschio di alcune specie di insetti, in apposite
trappole dove vengono soppressi con mezzi fisici o chimici
inseriti nella trappola stessa. Sistema efficace contro
lepidotteri e ditteri, come ad es. la mosca dell’olivo.
Confusione: consiste nell’immettere larghe quantità di
feromoni al fine di “confondere” il maschio di alcune specie,
diminuendo così il numero di accoppiamenti. Questo metodo,
viene utilizzato con successo nel controllo della carpocapsa,
della tignola e tignoletta dell’uva, della cidia e dell’anarsia del
pesco. Si ricorda che nel biologico l’uso dei feromoni è
ammesso solo nelle trappole o nei distributori automatici.
− FOSFATO DI AMMONIO – Questo concime (= FOSFATO
BIAMMONICO) è utilizzato come esca nelle trappole per la
cattura massale della mosca della frutta e dell’olivo. Le
mosche adulte vengono attratte dall’odore di ammonio.
− METALDEIDE è usato in agricoltura contro i molluschi.
Agisce sul sistema nervoso, in seguito ad ingestione. Il
prodotto deve essere distribuito intorno al campo da
proteggere dalle lumache, oltre che nelle interfile. Campo di
applicazione: orticoltura e floricoltura, sia in pieno campo che
in serra. Il Metaldeide è tossico per gli uomini ed i mammiferi
in generale, per i pesci e gli insetti impollinatori. Non è invece
tossico se distribuito in forma pellettata. Si consiglia
comunque
di
usare
la
massima
cautela
nella
somministrazione, in quanto i pellets contenenti metaldeide
sono attrattivi per i cani e per diverse specie di avicole.
Questa sostanza va quindi applicata in trappole contenenti
98
anche un repellente per animali. É innocuo invece per le
piante. Dosaggio: 5-15 kg/ha.
− PROTEINE IDROLIZZATE – sono utilizzate come attrattivi,
solo in combinazione con altri insetticidi, per il controllo delle
mosche dell’olivo nella fase adulta, quando necessitano
proprio di proteine per la loro dieta. Gli insetti vengono
eliminati grazie all’azione congiunta dell’insetticida e delle
proteine ad azione attrattiva. In agricoltura biologica possono
essere utilizzate solo in trappole con bio-pesticidi ed alcuni
piretroidi. Range di azione: Bactrocera oleae, Ceratitis
capitata, Ragholetis cerasi. Campo di applicazione: olivo,
agrumi e ciliegio. Non presentano effetti negativi
sull’ambiente. Eventuali danni possono essere provocati dal
tipo di insetticida al quale vengono miscelate. Dosaggio:
soluzione all’1%.
− PIRETROIDI (solo deltametrina o lambdacialometrina) – Si
tratta di pesticidi di sintesi con struttura simile alle piretrine
naturali, ma con molecole stabili alla luce e solubili in solventi
organici. Per questa ragione sono molto più persistenti delle
omologhe sostanze naturali. I piretroidi agiscono per contatto
e ingestione, uccidendo in pochi minuti gli insetti catturati nelle
trappole. Il loro utilizzo in agricoltura biologica è consentito
unicamente in trappole contro la Batrocera oleae e la Ceratitis
capitata. Molti insetti sono sensibili ai piretroidi, come ad es. i
coleotteri, i lepidotteri, i ditteri, le locuste, le cavallette e gli
acari. Campo di applicazione: frutticoltura, olivicoltura.
Tossicità: relativamente bassa per i mammiferi, ma alta per i
pesci e gli impollinatori.
DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI ANTICRITTOGAMICI
•
RAME – I prodotti a base di rame sono largamente utilizzati per le
loro proprietà fungicide e battericide, sotto forma di diversi
formulati, i più diffusi sono: solfato di rame, idrossido, ossicloruro
e ossido di rame. Il principio attivo è rappresentato dallo ione
metallico (Cu++). I formulati in grado di liberare il rame metallico si
ottengono per miscelazione del rame con diversi composti61:
Rame metallo + Carbon. di Sodio
Rame metallo + Soda
Rame metallo + Acetato di Calcio
Rame metallo + Cloruro di Rame
Rame metallo + Calce
Rame metallo + Acido Solforico
61
Æ Poltiglia Borgognona
Æ Idrossido di Rame
Æ Acetato di Rame
Æ Ossicloruro di Rame
Æ Carbonato di Rame
Æ Solfato di Rame+Calce Æ Poltiglia Bordolese
V. Vizioli, A. Clemente, L. Peris, Prodotti per la fertilizzazione e la difesa
delle colture usati in agricoltura biologica, Edizioni Soleco, Perugia, 1998.
99
Il rame agisce per contatto diretto, inducendo la denaturazione di
enzimi e proteine delle membrane cellulari. Inibisce inoltre la
germinazione delle spore. La persistenza e l’efficacia del
trattamento dipendono dalla solubilità ed adesività del prodotto
utilizzato. Riguardo all’adesività i più diffusi formulati possono
essere classificati come segue: solfato > idrossido > ossicloruro >
carbonato. È comunque possibile aggiungere bentonite al
formulato per aumentarne l’adesività. Riguardo alla solubilità, i
formulati possono essere classificati come segue: ossicloruro e
carbonato > idrossido > solfato.
Il rame agisce contro
molte malattie funginee quali ad es. Peronospora e bolla del
pesco. Ha anche un’azione limitata contro le batteriosi. Il Rame
può risultare fitotossico se distribuito in condizioni climatiche non
idonee (freddo <10°C e bagnato), su specie/varietà sensibili
(pesca ed altri frutti col nocciolo) e durante la fase vegetativa
sbagliata (foglie e germogli). Per esempio non è consigliabile
applicare il rame durante l’infiorescenza. Campo di applicazione:
viticoltura, frutticoltura, olivo, barbabietola, orticoltura, floricoltura.
Il rame non è dannoso per gli animali a sangue caldo, mentre lo è
per i pesci ed altri animali a sangue freddo. Il rame non si degrada
facilmente e tende ad accumularsi nei depositi di acqua. Per
queste ragioni l’uso del rame in agricoltura biologica va
assolutamente limitato. Dosi e compatibilità: i dosaggi dipendono
naturalmente dal tipo di formulato impiegato. Il periodo di carenza
è di 20 giorni. Non è consigliabile miscelare il rame con lo zolfo,
gli oli minerali ed il Bacillus thuringiensis. Dal 2006 l’apporto di
rame è limitato a 6 kg/ha per anno (per i dettagli si rimanda alla
normativa comunitaria vigente).
•
PERMANGANATO DI POTASSIO è un sale iperossidante, con
forte potere emolliente, con proprietà fungicide, solubile in acqua
ed usato pure come disinfettante. Si presenta in forma di cristalli
di colore violetto ed ha un PH compreso tra 7.2 e 9. Il principio
attivo Permanganato di Potassio (KMnO4) agisce per contatto,
ossidando tutti i materiali organici. È a pronto effetto ma la sua
persistenza è breve. È usato come fungicida, battericida e
molluschicida. Protegge le piante dall’odio, dal fusarium, dalla
peronospora, dal verticillium. dall’escoriosi della vite. Campo di
applicazione: orto, vigneto, frutteto. Il prodotto concentrato è
caustico. Non sono disponibili informazioni circa la sua selettività.
È comunque altamente fitotossico e non è consigliabile irrorarlo
su vegetazione verde in dosi superiori a 300 g/hl. Dosi e
compatibilità: nei trattamenti invernali (su frutteto e vigneto) 1-2
kg/hl; in caso di escoriosi della vite 750 g/hl al germogliamento;
100
oidio: 100-300 g/hl; fusarium: 500 g/hl (trattamento al suolo). Non
può essere miscelato con sostanze organiche (Rotenone, Bt, etc)
perchè è corrosivo.
•
ZOLFO, viene largamente utilizzato come fungicida a causa del
suo basso impatto ambientale, basso costo e polivalenza. Lo zolfo
è un elemento che proviene dalle estrazioni minerarie oppure
dall’idrogeno solforato separato durante la purificazione dei gas
naturali. Lo zolfo oltre all’azione fungicida ha anche una certa
efficacia come acaricida. Grazie alla sua liposolubilità è in grado
di penetrare all’interno delle cellule fungine provocandone la
morte per disidratazione. È attivo contro oidio, escoriosi,
ticchiolatura ed alcuni acari quali gli eriofidi del pero e della vite.
Campo di applicazione: vite, drupacee, pomacee, olivo, nocciolo,
agrumi, ortaggi, patate, cereali, floricole. Non è tossico per i
mammiferi, mentre può risultare tossico per certi insetti quali gli
imenotteri. È irritante per gli occhi, va quindi applicato con cautela.
In agricoltura biologica può essere utilizzato senza Selenium.
Fitotossicità: i formulati che contengono zolfo molto fine possono
risultare dannosi per le piante trattate quando la temperatura è
elevata. Dosi e compatibilità: i dosaggi dipendono dal tipo di
formulato, in linea di massima per lo zolfo in polvere 25
(sublimato) - 40 (grezzo) g/hl; per lo zolfo bagnabile: colloidale
100-200 g/hl, micronizzato 200-500 g/hl. Lo zolfo non può essere
miscelato con oli minerali e prodotti a reazione alcalina.
•
LECITINA – Il termine lecitina designa un gruppo di fosfolipidi.
Queste sostanze sono estratte prevalentemente dalla soia, ma
anche dal girasole, dal ravizzone e dalle uova. La lecitina viene
largamente usata anche nell’industria alimentare come
emulsionante, stabilizzatore ed antiossidante. Svolge un’azione
fungicida ed agisce per contatto. Il suo effetto anticrittogamico è
legato alla sua azione inibitrice della germinazione delle spore
fungine. È impiegata prevalentemente come antioidico. Campo di
applicazione: cetriolo, melo, piante ornamentali. Non è tossico per
l’uomo, gli insetti o le piante. Dosi e compatibilità: Dipendono dai
formulati; può essere miscelata con la maggior parte dei prodotti
utilizzabili in agricoltura biologica.
3.4. Produzioni e trasformazioni agroalimentari
3.4.a. Produzioni vegetali
Il requisito fonfamentale per la corretta applicazione del metodo
biologico è la trasformazione dell’azienda agricola in una realtà a
“ciclo chiuso”. Solo riducendo drasticamente il ricorso ad inputs
101
esterni, potrà essere ricreata quell’armonia con la natura che è alla
base della salute delle piante e della loro resistenza alle avversità ed
agli attacchi parassitari. In questo modo i fabbisogni delle piante
potranno essere soddisfatti con le stesse risorse disponibili
nell’ambiente, e la fertilità del terreno, continuamente sostenuta con
l’apporto di nuova sostanza organica, assicurerà un livello produttivo
costante nel tempo.
La qualità del suolo coltivato influisce notevolmente sulle piante e
sulle loro produzioni. Per una germinazione rapida ed uniforme le
piante hanno bisogno di terreno areato, uniforme, ben drenato. Una
germinazione rapida ed uniforme costituisce un ottimo presupposto
per l’ottenimento di raccolti sani ed abbondanti, in quanto è proprio in
questa delicata fase che un attacco dei parassiti può provocare i
danni più gravi.
La qualità del suolo influisce sulle coltivazioni anche perché nel
biologico vengono utilizzati prodotti naturali per la fertilizzazione, quali
letame, sovescio, compost, che non sono direttamente disponibili per
le piante ma devono prima entrare nel sistema nutrizionale del suolo.
Uno dei principi fondamentali è infatti quello di “nutrire il terreno per
nutrire la pianta”.
Scelta della varietà. In agricoltura biologica gli elementi nutrizionali
non sono disponibili in grande quantità per tutto il periodo di
coltivazione (come avviene invece nel convenzionale, dove i moderni
ibridi hanno imponenti esigenze nutrizionali, che l’agricoltore deve
soddisfare con numerosi interventi di fertilizzazione), per cui la scelta
di varietà rustiche, poco esigenti, risulta determinante. Naturalmente è
vietato l’uso di semi OGM.
Resistente è una varietà che, in caso di problematiche fitosanitarie
diffuse sul territorio, è in grado di offrire una maggiore resistenza
all’attaco. La resistenza totale è molto rara, ed è frutto di tecniche di
ibridazione. Per il biologico è invece importante la resistenza
cosiddetta “orizzontale”, ossia non specifica per un determinato
parassita ma generale, legata alla rusticità stessa della pianta. Questa
in caso di attacco parassitario non svilupperà una sintomatologia
grave e, conseguentemente, la produzione non sarà compromessa
del tutto. Questo tipo di resistenza viene anche chiamata resistenza
del campo, resistenza sporca, resistenza moderata.
In ambito europeo le tematiche della scelta delle varietà e della
tecnica di coltivazione sono trattate con grande attenzione ed
interesse. Nel biologico sono necessarie una maggiore esperienza ed
un’approfondita conoscenza della materia per effettuare scelte di
successo. Basti pensare ad esempio alla necessità di reperire
materiale di propagazione sano, possibilmente di cultivars autoctone,
102
certificato, ottenuto senza l’uso di sostanze chimiche di sintesi, di
ormoni, ecc..
Per facilitare l’accesso al mercato del materiale di propagazione
certificato biologico, ai sensi del Reg. CE n. 1452/2003 tutti gli stati
membri dell’UE hanno realizzato e provvedono ad aggiornare un data
base con l’elenco delle cultivars e dei relativi quantitativi di materiale
disponibile sul mercato nazionale. In Italia il data base delle sementi
è gestito dall’ENSE62 (Ente Nazionale delle Sementi Elette), che
provvede anche all’esame delle richieste di deroga all’utilizzo di seme
biologico, inoltrate dagli agricoltori impossibilitati a reperire sul
mercato quantitativi sufficienti di seme della cultivar che intendono
seminare. Si pensi che dalle 12.000 richieste di deroga registrate nel
periodo 1999/2000 si è passati alle oltre 37.000 del 2005/2006.
Questo fenomeno è rappresentativo dell’ancora scarso interesse dei
vivai e delle ditte sementiere a proporre sul mercato materiale di
propagazione autoctono e certificato: non è possibile continuare ad
offrire in biologico le stesse cultivars usate nel convenzionale; sono
diverse le esigenze, le tecniche ed il mercato (chi compra bio vuole
produzioni tipiche locali di qualità).
Il materiale di propagazione è alla base delle produzioni vegetali, ad
esso è legato il futuro della coltivazione e, soprattutto, la sua qualità.
Per la produzione biologica la qualità del seme, la sua purezza, il suo
potere germinativo, lo stato fitosanitario, assumono un’importanza
decisiva. Un buon seme determina un rapido ed uniforme sviluppo
delle piante, che consente un migliore contenimento della flora
spontanea e degli attacchi parassitari. Inoltre nel biologico tutto si
basa sulla prevenzione ed un seme malato potrebbe portare alla
diffusione nel campo di malattie spesso non controllabili con i mezzi
biologici.
Esempi di coltivazioni
A titolo puramente esemplificativo si riportano di seguito brevi linee
guida da seguire nella coltivazione con il metodo biologico di alcune
specie vegetali.
− Pisello (Pisum sativum L.), nelle rotazioni colturali viene
normalmente inserito tra due cereali, ma può anche succedere a
se stesso; va però tenuto presente che quando viene coltivato
senza interruzione provoca stanchezza nel terreno. Pertanto non
dovrebbe essere ripetuto sullo stesso appezzamento per più di 45 anni. Essendo una coltura che migliora le caratteristiche dei
suoli, fissando mediamente 50 kg N/ha, è indicata la successione
con colture autunno-vernine che sfruttano il terreno e richiedono
62
www.ense.it
103
−
−
−
grosse quantità di azoto (ad es. grano duro). In suoli ricchi di
sostanza organica, il pisello cresce lussureggiante, per cui per
ottenere i migliori risultati è consigliabile effettuare due – tre anni
prima una buona concimazione a base di letame. Richiede luce e
temperature medie ottimali di 10-20 °C, preferisce terreni ben
drenati, sciolti o di medio impasto con PH tra 6 e 7,5, teme
l’umidità, il freddo ed il ristagno idrico. Richiede un buon controllo
della flora spontanea, con cui entra in competizione per la luce, è
pertanto consigliabile effettuare una falsa semina ed intervenire
sull’interfilare con strumenti meccanici, quali lo strigliatore o il
motocoltivatore frangicrosta.
Fagiolo (Phaseolus vulgaris L.). Ha minore bisogno di luce
rispetto al pisello, per cui si adatta a molteplici consociazioni (è ad
esempio diffusa la coltivazione nell’interfila del Mais). In presenza
di terreni poveri di humus è possibile apportare sostanza organica
direttamente sulla coltura, produce però al meglio su terreni
letamati da due-tre anni.
Fava (Vicia faba L.), È una pianta miglioratrice e rappresenta la
classica precessione colturale dei cereali autunno-vernini. Sono
almeno due i motivi per coltivare in biologico questa pianta:
inserimento nelle rotazioni basate sui cereali, utilizzo per la
concimazione verde in suoli poveri di sostanza organica e di
fertilità. Le rotazioni colturali in cui è presente la fava sono migliori
per le seguenti ragioni:
ƒ Migliore resa e qualità della granella dei cereali coltivati dopo
la fava.
ƒ Il terreno si arricchisce di azoto organico, disponibile per la
coltura successiva, riducendo così la necessità di ulteriori
concimazioni. Attraverso la simbiosi con i rizobi (Rhizobium
leguminosarum), viene infatti fissata nel terreno una quantità
di azoto compresa tra i 100 e i 400 Kg/ha.
ƒ Diminuzione delle malattie dei cereali legate al suolo (come il
marciume radicale) e dei parassiti (come i nematodi che
provocano lesioni all’apparato radicale).
ƒ Migliore coltivabilità del terreno.
Grano - Tra le molte specie appartenenti al genere Triticum sono
poche quelle realmente coltivate nel mondo. Il TRITICUM AESTIVUM
(grano tenero) è coltivato nelle parti settentrionali delle zone
temperate. Il TRITICUM DURUM (grano duro) è il più diffuso nelle
regioni calde delle zone temperate. Il TRITICUM SPELTA (spelta) è
di origine alpina ed è conosciuto anche come T. aestivum ssp.
Spelta. Vediamo di seguito le principali operazioni colturali. Dopo
la semina dei cereali invernali, i semi vengono ricoperti con
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un’erpicatura. È consigliabile che la coltura entri in inverno ancora
non molto sviluppata. In questo modo il suolo può meglio
proteggere le giovani piantine dalle gelate, magari sotto uno strato
protettivo di neve. In seguito risulterà molto utile un passaggio con
l’erpice strigliatore, al fine di “risvegliare” la coltura e favorirne
l’accestimento. Nel biologico il grano viene inserito in rotazione
colturale con foraggere e leguminose. La raccolta avviene con le
stesse modalità del convenzionale. Bisogna riporre particolare
attenzione alla pulitura del seme dalle infestanti ed al controllo
dell’umidità che non deve essere superiore al 12.5%. Il prezzo di
vendita del grano varia considerevolmente a seconda del periodo
di immissione sul mercato e della qualità del raccolto (contenuto
proteico, grado di impurità, grandezza del seme, varietà, ecc.). I
residui colturali sono molto utili per la produzione di humus,
poichè caratterizzati da un elevato rapporto C/N. Il grano duro può
essere consociato ad es. con il trifoglio sotterraneo che, oltre a
fornire nutrimento (specialmente azoto) al grano, favorisce il
contenimento della flora spontanea e migliora le condizioni del
terreno (azione congiunta dell’apparato radicale fascicolato del
cereale e di quello fittonante della leguminosa).
Segale (Secale cereale L.). Dopo il grano la segale rappresenta
per importanza il secondo cereale più utilizzato nella preparazione
del pane. Nelle rotazioni può succedere a se stesso, non essendo
sensibile alle infestanti ed offrendo una buona resistenza naturale
alle malattie ed ai parassiti. Si raccoglie anticipatamente rispetto
al grano e può essere preceduto da trifoglio incarnato, lupino,
veccia, patata, tabacco, ecc..
Orzo (Hordeum ssp. L.) costituisce una materia prima preziosa
per l’industria della birra e del malto. La paglia dell’orzo
primaverile può essere impiegata come foraggio per I bovini, gli
equini e gli ovini. L’orzo primaverile non può succedere a se
stesso, a causa dello sviluppo della flora spontanea che ne
ostacolerebbe la crescita. La migliore precessione colturale per
l’orzo da malto è costituita dalla barbabietola da zucchero. Le
varietà invernali hanno rese più alte e, se inserite in rotazione,
necessitano di cure supplementari. Richiedendo infatti una
semina precoce è necessario che sia preceduta da colture con
raccolto anticipato e basso fabbisogno idrico. L’orzo può essere
consociato con favetta, fieno greco, ecc.. In genere le
consociazioni migliori sono quelle per la costituzione di erbai
autunno-primaverili, destinati alla produzione di foraggio.
Avena (Avena sativa L.), presenta un apparato radicale con radici
piccole e fibrose, in grado di assorbire meglio di altri cereali le
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sostanze nutritive, può essere coltivata con pochissimi mezzi
tecnici, non essendo in genere attaccata partcolarmente dai
patogeni. È molto importante quale componente delle razioni
alimentari degli animali. Il suo potere nutrizionale è molto alto
grazie alle proteine utilizzabili ed al contenuto di amido e grassi.
Nelle rotazioni non può succedere a se stessa, può essere
seminata sul campo arato di erba medica ma il più delle volte
segue il mais. A sua volta l’avena può essere seguita da mais.
Mais (Zea mays L.). è sempre presente nelle razioni alimentari
degli allevamenti da ingrasso, essendo i suoi chichi ricchi di
amido, grassi e zucchero. È invece basso il contenuto di proteine
(circa 8 %). Viene abitualmente somministrato a suini, bovini da
carne, ovini, equini ed avicole. Il Mais si inserisce facilmente nelle
rotazioni non avendo particolari esigenze rispetto alla coltura che
la precede. È solo importante effettuare in autunno una buona
lavorazione del terreno dopo la raccolta della coltura precedente.
Perché il mais riesca a trarre il massimo vantaggio dalla sostanza
organica e dagli altri principi nutritivi presenti nel terreno è
opportuno che il letame venga somministrato durante l’estate o
all’inizio dell’autunno, in modo da consentire la sua piena
maturazione prima della semina.
Erba medica (Medicago sativa L.) conosciuta anche come Alfa
alfa è una pianta foraggera ad alto rendimento, importante sia per
il suo contenuto proteico che per la spiccata tolleranza all’aridità.
La sua utilità è rafforzata dal fatto che soddisfa gran parte del
fabbisogno di azoto attraverso la fissazione di quello atmosferico
e le sue profonde radici fittonanti contribuiscono a migliorare la
fertilità del terreno, redistribuendola lungo tutto il profilo del suolo.
L’erba medica non gradisce succedere a se stessa e
normalmente non può ritornare sullo stesso appezzamento prima
di 4-5 anni. Nella semina primaverile la coltura che la precede
dovrebbe essere stata ben concimata con letame. Nella semina
estivo-autunnale può succedere solo ad una pianta con raccolta
precoce, normalmente un cereale. Dal punto di vista agronomico
ha un’influenza estremamente positiva sulle componenti
biologiche, fisiche e chimiche del suolo. Lasciando una notevole
massa di residui vegetali e ricoprendo totalmente la superficie
esercita una forte azione di contenimento della flora spontanea.
Trifoglio (Trifolium pratense L.), è una pianta foraggera perenne
simile all’erba medica, adatta alle zone piovose. È utile per la
produzione di fieno, ma il suo ruolo principale è quello di foraggio
verde. Its production is important in areas with soil inadequate for
alfalfa cultivation. Viene coltivato dove esistono condizioni di suolo
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inadeguate alla coltivazione dell’erba medica. La sua resa è infatti
inferiore, attestandosi sulle 3-4 tonnellate di fieno per ettaro.
Anche se è in grado di dare il massimo della produzione per tre
anni, normalmente lo si interra dopo 2 anni, al fine di incrementare
la fertilità del suolo. È una coltura che si inserisce perfettamente
nelle rotazioni colturali delle aziende agricole biologiche. Il trifoglio
è stato anche uno dei componenti del famoso ’Norkfolk System’
(barbabietola adeguatamente letamata, orzo primaverile, trifoglio,
frumento).
Cavolo (Brassica Oleraceae, L.). La famiglia delle Crucifere, note
anche come Brassicacee, è composta da moltissime specie e
varietà. Tutte sono ricche in minerali e studi hanno evidenziato
una correlazione inversa tra il loro consumo e l’incidenza di
alcune tipologie di cancro. Le Brassicacee contengono
glucosinolati e loro derivati, dal caratteristico odore, che
contribuirebbero a prevenire l’insorgenza di alcuni tumori. Le
Brassicacee sono le colture più praticate nel mondo, in termini di
superficie, di produzioni e di consumo. Costituiscono la più
importante categoria produttiva in molti paesi: Europa dell’Est
(Russia, Polonia, Romania e Ucrainia), Asia dell’Est (Cina,
Giappone e Corea del Sud) e USA. La coltivazione di broccoli è
molto diffusa in USA (in particolare in California) e in Italia. Il
Cavolfiore è largamente coltivato invece in Cina ed India, ma non
mancano ampie coltivazioni anche in Europa: Francia, Italia,
Inghilterra.
Carota (Daucus carota L.) è una pianta biennale, coltivata per la
raccolta della sua radice ispessita, che avviene già il primo anno.
Privilegia suoli leggeri, arieggiati, capaci di mantenere buoni livelli
di umidità. Non tollera i suoli acidi e produce al meglio dopo
un’adeguata somministrazione di compost (30kg/100m2). Sono un
po’ più difficili da coltivare in biologico, rispetto ad altre colture,
richiedono infatti macchinari specifici per la messa a dimora, la
sarchiatura e la raccolta, oltre ad interventi manuali di contrasto
alla flora spontanea. Tutto questo incide sul prezzo finale del
prodotto. Possono essere coltivate in filari alternati con cipolle e
porri.
Pomodoro (Lycopersicum esculentum MILL.), privilegia suoli
profondi, freschi e ben drenati. Il fabbisogno nutritivo è elevato:
richiede buone quantità di compost (30 kg/100 m2), il sovescio
verde è consigliabile anche per il controllo di parassiti e malattie
(utilizzabile anche per le colture protette). Consociato con cavolo,
fagioli e sedano da’ ottimi risultati. Può essere abbinato sulle file a
nasturzio o senape.
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Lattuga (Lactuca sativa L.), è una pianta erbacea annuale, con
radice fittonante che scende fino a 30-40 cm. Si adatta molto
bene ai più diversi climi e stagioni, presenta caratteristiche diverse
a seconda delle cultivars coltivate. È possibile coltivarla anche ai
margini delle coltivazioni a ciclo lungo, quali pomodoro, cavolo o
fragola. La lattuga a foglie è la più facile da produrre, ma è
altamente deteriorabile una volta raccolta e va quindi
commercializzata il prima possibile. Va inoltre soggetta a diverse
problematiche fitosanitarie, quale ad es. la Sclerotinia. Può aiutare
la coltivazione su basi rialzate e ben drenate (è infatti suscettibile
allo sviluppo di fitopatie derivanti da eccesso idrico) e
l’inserimento in rotazioni colturali con grano, leguminose, patata,
ecc.. Predilige terreni di medio impasto, freschi, ben drenati, ricchi
di sostanza organica, con bassa salinità (< 1%) e PH compreso
tra 6 e 7.
Cipolla (Allium Cepa L.), è una delle colture più antiche del
mondo. Prima della messa a dimora è consigliabile incorporare
nel terreno almeno 30 tonnellate/ha di letame maturo o compost.
È possibile coltivare la cipolla in consociazione con carote, al fine
di sfruttare l’effetto repellente verso la mosca delle carote (Psila
rosae).
Aglio (Allium sativum L.). E’ una pianta biennale, appartenente
alla famiglia delle Liliacee. Il primo anno si procede alla raccolta,
mentre il secondo si conservano i semi. Le tre principali varietà
sono le seguenti: bianco, porpora e rosa. Richiede limitate
quantità di fertilizzante.
Cucurbitacee - Zucchino (Cucurbita pepo), va considerata una
pianta da rinnovo che, accrescendosi e sviluppandosi molto
velocemente, occupa il terreno per poco tempo. Non va ripetuto
sullo stesso appezzamento per più anni, ed è consigliabile
inserirlo in rotazioni almeno triennali, nelle quali non siano
presenti colture della stessa famiglia (p. es. melone, cetriolo,
cocomero) o solanacee (pomodoro, melenzana, patata,
peperone). Può essere preceduta da cavolo, pisello, fava, porro,
lattuga, fagiolo, cereali. Può essere seguita da: carota, sedano,
lattuga, porro. Una tecnica colturale particolarmente idonea nella
coltivazione biologica è la pacciamatura, la quale consente di
gestire la flora spontanea, limitare l’evaporazione dell’acqua dal
terreno, maggiore precocità del ciclo vegetativo. Zucca (Cucurbita
maxima) può essere a cespuglio (lunghezza di 60-80cm) o
rampicante (lunghezza di 3-5 m). Presenta ampie foglie e
richiede l’impollinazione degli insetti, che quando risulta
inadeguata porta ad una scarsissima fruttificazione.
108
IL FRUTTETO BIOLOGICO
La scelta del luogo di impianto del frutteto risulta decisiva per il
successo della coltivazione. Esso deve essere situato lontano da fonti
di inquinamento (p. es. impianti frutticoli convenzionali, strade
trafficate, industrie, ecc.). In particolare è importante che le
coltivazioni non siano inquinate con prodotti chimici provenienti da
altre aziende confinanti, per questo vanno sempre rispettate le
distanze di sicurezza indicate dall’ente di controllo. Così come è pure
importante che i suoli non contengano metalli pesanti al di sopra dei
valori indicati dall’Autorità per la protezione dell’ambiente. I frutteti
hanno un ciclo vitale piuttosto lungo, per cui è necessario effettuare in
modo oculato la scelta delle cultivars da impiantare (ad es. varietà
locali sempre richieste dai consumatori), evitando scelte affrettate o
legate a mode passeggere (o a finanziamenti regionali di turno per
l’espianto ed il reimpianto).
Dal punto di vista agronomico, gli interfilari vanno tenuti inerbiti per
almeno nove mesi l’anno, al fine di prevenire l’erosione.
“In aggiunta un frutteto organizzato con ampi spazi naturali
contribuisce ad originare paesaggi esteticamente piacevoli,
particolarmente graditi alla clientela. L’habitat e le diverse componenti
degli spazi naturali riportati nell’elenco seguente, favoriscono inoltre lo
sviluppo della biodiversità e possono essere inserite nel frutteto o nei
campi vicini”63.
− “Ruderal areas” sono cave di ghiaia, mucchi di pietra colonizzati
da piante, ecc.. Alcuni percorsi possono essere anche classificati
come “ruderal areas”.
− “Species-rich Inter-rows”, miscuglio di graminacee ed altre piante,
falciate a file alternate, possono contribuire ad incrementare la
presenza in campo di piante ed impollinatori. Questa pratica è
particolarmente adatta ai frutteti “low-traffic”.
− “Sandwich System”, il terreno viene lavorato e rimane aperto ai
due lati della pianta. Tuttavia, la striscia centrale rimane ricoperta
da graminacee ed altra vegetazione. La fioritura anticipata di
queste essenze vegetali attira gli insetti impollinatori proprio sotto
le piante coltivate.
− “Artificial Shelters”, sono strutture economiche create per attrarre
animali in via di estinzione o comunque utili per il frutteto (nidi per
uccelli, tronchetti di legno, cumuli di pietre, vasetti di coccio
interrati nel terreno, ecc.).
− “Standard trees” e “isolated trees” migliorano sia l’ambiente che il
paesaggio..
63
Organic Fruit Growing, Technical guide, FIBL/OACC, 2005 (www.fibl.org).
109
−
−
−
“Hedges” sono barriere costituite da piante autoctone ed arbusti
raggruppati in una, o meglio due, strisce di almeno tre metri l’una.
Su queste strisce il suolo viene normalmente ricoperto con
materiale pacciamante.
“Extensive grasslands” aree inerbite che non vengono concimate
ma sono falciate almeno due volte l’anno. Servono ad ospitare gli
insetti impollinatori, creare foraggio per gli animali, favorire lo
sviluppo di fiori selvatici.
“Wildflower strips” (strisce di terreno con piante selvatiche
autoctone), favoriscono lo sviluppo degli impollinatori e riducono
le popolazioni di afidi.
Immagine 19: esempio di organizzazione di un frutteto (Fonte FIBL, 2005)
Riguardo al reperimento del materiale di propagazione per il frutteto
dobbiamo purtroppo evidenziare come i vivai biologici non siano
ancora sufficientemente sviluppati in tuti i paesi dell’Unione Europea.
Spesso gli agricoltori sono quindi costretti ad acquistare piante
ottenute con il metodo convenzionale.
Normalmente devono passare tre anni prima che le produzioni
possano essere vendute come biologiche.
Per la gestione fitosanitaria del frutteto è importante impiantare
cultivars autoctone, maggiormente resistenti a parassiti e malattie.
110
La frutta coltivata ha un alto contenuto di acqua ed asporta
relativamente pochi elementi nutritivi del terreno in confronto ad altre
coltivazioni. Di conseguenza, buona parte del fabbisogno nutrizionale
del frutteto può essere soddisfatto con la corretta gestione delle cover
crops e con la pacciamatura sulla fila con materiale organico. Il nuovo
impianto va sostenuto con un apporto di almeno 40-80 t/ha di
fertilizzanti organici.
Considerata la lunghezza del ciclo vitale delle piante da frutto, i
parassiti hanno tutto il tempo per moltiplicarsi e specializzarsi, risulta
prioritario pertanto costruire un “sistema frutteto” nel quale vengano
valorizzati gli antagonisti naturali dei parassiti. Per la difesa delle
colture in biologico è anche importante che le piante siano in buone
condizioni di salute e di vigoria. Per le piante da frutto è più facile
intervenire sulle avversità che colpiscono foglie, rami, ecc., piuttosto
che su quelle che attaccano direttamente il frutto. Per esempio un
albero di melo in ottima salute, in caso di attacco sul frutto di Cydia
pomonella, può perdere tutta la produzione. Mentre se la stessa
pianta subisce all’inizio della stagione un forte attacco parassitario che
provoca una forte defogliazione, può comunque compensare i danni
con la propria vigoria, recuperare lo stato di salute ed effettuare lo
stesso anno una buona produzione di frutta.
È possibile ricorrere alla lotta biologica per difendere il frutteto: ad es.
contro gli acari sono impiegabili il Phytoseiulus persimilis ed il
Metaseiulus occidentalis; contro gli afidi la coccinella e la crisopa;
contro la carpocapsa il Trichogramma wasps.
Una buona gestione delle cover crops e della vegetazione adiacente il
frutteto, come ad es. le siepi, consente agli insetti utili di svilupparsi e
svolgere la propria azione positiva. È inoltre importante creare con la
potatura una buona circolazione di aria all’interno delle piante, per
diminuire il rischio di attacchi funginei; come è pure consigliabile
collocare il frutteto in zone ventose, con buona circolazione di aria.
Per ridurre gli attacchi risulta anche efficace l’asportazione dal campo
dei residui della potatura, la rimozione delle piante infette e delle altre
possibili fonti di infezione.
3.4.b. Produzioni animali
Nelle aziende biologiche gli allevamenti svolgono una funzione
determinante. È pertanto doveroso premettere che in questo manuale,
per motivi di spazio, non è stato possibile dedicare all’argomento la
rilevanza che meritava, ci siamo pertanto limitati a riportare le nozioni
basilari, invitando il consulente ad approfondire la materia leggendo la
normativa di riferimento ed i testi riportati nella bibliografia.
L’esperienza pratica sul campo farà il resto.
111
Il ruolo dell’allevamento in un’azienda agricola è strategico ai fini della
gestione biologica delle produzioni, le quali si basano sui principi
dell’estensivizzazione e del legame imprescindibile tra animali e terra
(è pertanto, ovviamente, vietato l’allevamento senza terra).
Ricreare il rapporto terra-allevamento-terra è uno degli obiettivi che
l’agricolture biologico deve porsi: l’allevamento dipende dalla terra per
l’alimentazione e la terra dipende dall’allevamento per l’apporto di
sostanza organica, indispensabile al mantenimento ed all’incremento
della fertilità.
È inoltre importante riscoprire il ruolo fondamentale del pascolo e del
rispetto delle esigenze fisiologiche e comportamentali degli animali.
La gestione biologica dell’allevamento deve tendere al
rafforzamento della salute e delle naturali capacità di resistenza degli
animali, in modo tale da ridurre le esigenze di trattamenti medicinali
allopatici, preferendo, quando necessario e possibile, i trattamenti
omeopatici o fitoterapici.
Le norme da seguire sono dettate dalla regolamentazione
comunitaria. Altre norme regolamentano aspetti specifici o riguardano
solo l’Italia e pertanto verranno esaminate di volta in volta.
Generalmente tutti gli allevamenti presenti in un’azienda agricola
biologica devono rispettare le norme del biologico, è comunque
possibile effettuare produzioni parallele (convenzionale-biologico)
a patto che venga praticata una netta separazione sia delle stalle che
dei pascoli e si tratti di specie diverse. Questo significa che non è
possible allevare contemporaneamente nella stessa azienda bovini da
latte con entrambi I metodi di produzione (convenzionale-biologico). È
invece possibile allevare contemporaneamente, ad esempio, bovini da
latte con il metodo biologico e caprini con il metodo convenzionale,
purchè esista una netta separazione tra i due allevamenti, il pascolo
avvenga pure separatamente e l’ente di certificazione abbia verificato
ed autorizzato il tutto. Se il pascolo certificato del bestiame allevato
con il metodo biologico viene usato pure dal bestiame allevato con il
metodo convenzionale, anche per quest’ultimo andranno osservate le
norme sulla produzione estensiva (fissate Reg. CE n° 950/97). Queste
norme, al fine di ridurre l’inquinamento del terreno e delle acque,
stabiliscono che la densità degli allevamenti non può superare i 2
UBA (Unità Bestiame Adulta) per ettaro. Viene anche prescritto che
non vengano superati annualmente i 170 kg di azoto per ettaro di
SAU (Superficie Agricola Utilizzata). Qualora la SAU disponibile non
sia sufficiente ad assorbire il carico animale, è possibile stipulare un
accordo di cooperazione con altre aziende biologiche per lo
smaltimento delle deiezioni animali.
112
È possible allevare gli animali su aree demaniali che non siano state
trattate per almeno tre anni con prodotti non consentiti dalla normativa
del biologico purchè siano state preventivamente iscritte al regime di
controllo comunitario e sottoposte al controllo di uno degli enti di
certificazione accreditati. Naturalmente devono essere rispettate tutte
le regole viste in precedenza, anche in termini di carico di bestiame
per ettaro.
La normative non detta prescrizioni particolari nella scelta delle razze,
comunque vanno preferite quelle autoctone, che più delle razze ibride
si adattano alle condizioni locali ed alla produzione biologica. Essendo
inoltre più rustiche ed essendo state selezionate nel tempo, creano
meno problemi dal punto di vista veterinario. Le razze tradizionali
autoctone, adatte all’allevamento estensivo, sono state gradualmente
abbandonate dalla zootecnia convenzionale a causa della loro minore
produttività. Questo rappresenta un ulteriore vantaggio di mercato per
le produzioni biologiche, più facilmente riconoscibili dai consumatori,
che sempre di più richiedono produzioni tipiche di qualità certificate
(soprattutto in tempi di gravi scandali alimentari, che sempre di più
mettono in luce i terribili trattamenti riservati agli animali negli
allevamenti intensivi convenzionali).
Fermo restando il rispetto delle norme viste in precedenza, è
consentita la pratica della transumanza (spostamento estivo degli
animali nei pascoli montani).
Il bestiame deve essere alimentato con razioni a loro volta controllate
e certificate biologiche, che garantiscono sia l’ottenimento di
produzioni di qualità che il benessere animale.
L’Alimentazione di base dei giovani mammiferi deve essere a base di
latte naturale, preferibilmente materno, e comunque tutti i mammiferi
devono essere alimentati con latte naturale per un periodo minimo
che varia a seconda delle specie (3 mesi per bovini/bufali ed equini,
45 giorni per ovini e caprini, 40 giorni per suini) ed è sensibilmente più
lungo di quello previsto per gli allevamenti convenzionali. Il latte
artificiale non è consentito.
Trattandosi di animali erbivori è prescritto che passino il maggior
tempo possibile ad alimentarsi naturalmente nei pascoli, sempre che
le condizioni del tempo lo permettano. Almeno il 60% della materia
secca di cui è composta la razione giornaliera deve essere costituita
da foraggi grossolani freschi, essiccati o insilati. Tuttavia l'organismo o
l'autorità di controllo può permettere, per gli animali da latte, la
riduzione al 50% per un periodo massimo di 3 mesi dall'inizio
dell'allattamento.
Tutte le percentuali vengono calcolate annualmente in rapporto alla
sostanza secca dei mangimi di origine agricola.
113
Quando, in seguito ad avversità metereologiche eccezionali, la
produzione di foraggio viene persa le autorità competenti possono
autorizzare nelle aree colpite e per un periodo di tempo limitato una
percentuale maggiore di alimenti convenzionali. In questo caso l’ente
di certificazione effettuerà i controlli del caso e rilascerà apposite
deroghe scritte. Anche in questi casi per gli alimenti convenzionali
utilizzati nel biologico è richiesta una dichiarazione accompagnatoria
in cui il fornitore attesti che, per ogni partita, non sono presenti OGM.
Particolare cura deve essere impiegata nella programmazione della
razione alimentare giornaliera dei polli e dei maiali che deve ad es.
garantire per i polli all’ingrasso la somministrazione di almeno il 65%
di cereali. Per assicurare la piena efficienza dell’apparato digerente di
polli e maiali è comunque necessario somministrare anche foraggio
fresco e secco o insilato. Per preparare un buon insilato è necessario
utilizzare materiale di qualità e certificato, senza l’aggiunta di additivi
od integratori.
Eventuali alimenti provenienti da agricoltura convenzionale possono
essere usati in caso di necessità solo se previsti dalla normativa
Gli alimenti di origine animale (siano essi prodotti in convenzionale
che in biologico) possono essere usati esclusivamente se previsti
dalla normativa, come nel caso del pesce o di altri animali marini e del
latte e dei suoi derivati. Sono sempre vietati invece i prodotti a base di
carne e derivati.
In linea generale tutte le esigenze alimentari degli animali devono
essere soddisfatte con cibi naturali, possibilmente assunti pascolando.
In caso di carenze di minerali, ecc., possono essere somministrate
vitamine, pro-vitamine, additivi nutrizionali, scelti esclusivamente tra
quelli autorizzati dalla normativa vigente.
Alcune regole specifiche sono state dettate per gli enzimi, microorganismi, antiagglutinanti e coagulanti. Non può essere usato
nell’alimentazione animale alcun antibiotico, anticoccidico, medicinale,
promotore dello sviluppo o qualsiasi altra sostanza che stimoli lo
sviluppo o la produzione. Tutta la razione alimentare deve essere
esente da sostanze medicali sintetiche.
È completamente vietato l’uso di alimenti contenenti OGM.
Il metodo di gestione degli allevamenti deve essere naturale. A
cominciare dalla riproduzione che deve essere preferibilmente
naturale, anche se è consentita l’inseminazione artificiale, senza
ricorrere però all’uso di sostanze artificiali, in quanto può in alcuni casi
ridurre il rischio di malattie veneree ed altre infezioni. Sono invece
espressamente vietate altre forme di riproduzione artificiale o assistita
(ad es. il trapianto di embrioni).
114
È vietata la pratica sistematica di operazioni quali l'applicazione di
anelli di gomma alle code degli ovini, l'applicazione di anello al naso
dei suini, la recisione della coda o dei denti, la spuntatura del becco o
la decornazione e ogni altro intervento mutilante a fini non
terapeutici. Alcune di queste operazioni possono tuttavia essere
autorizzate dall'autorità' o dall'organismo di controllo per motivi di
sicurezza o al fine di migliorare la salute, il benessere o l'igiene
degli animali (Reg. CE 1804/99). Tali operazioni devono essere
effettuate sotto la responsabilità del veterinario aziendale,
riducendo al minimo ogni sofferenza per gli animali. Va comunque
detto che secondo i decreti italiani di attuazione della normativa
comunitaria, sono ammesse solo la cauterizzazione dell’abbozzo
corneale al di sotto delle tre settimane di vita e la castrazione prima
del raggiungimento della maturità sessuale.
Riguardo agli aspetti sanitari è da privilegiare un’accurata prevenzione
rispetto alla cura delle malattie, comunque quando l’animale si
ammala o si ferisce è obbligatorio curarlo, ricorrendo preferibilmente a
prodotti fitoterapici od omeopatici. Se necessario per salvare la vita
dell’animale può essere effettuato un ciclo di trattamento con farmaci
allopatici per quegli animali che vivono mediamente meno di un anno,
e fino a tre cicli per quelli che vivono più di un anno.
Secondo la normativa europea i trattamenti antiparassitari, come pure
le vaccinazioni, non sono sottoposti a limitazione, mentre per l’Italia
non sono permessi più di due trattamenti all’anno, con l’obbligo di
utilizzare sostenze con tempi di sospensione inferiori a dieci giorni.
Sono del tutto vietati i trattamenti preventivi con farmaci allopatici,
sostanze di sintesi volte a stimolare la crescita o la produzione, come
pure ormoni destinati all’induzione e sincronizzazione dei calori.
Il benessere degli animali va assumendo sempre più rilievo nelle
prassi zootecniche europee; per quanto riguarda il biologico il Reg.
CE n° 1804/99 detta norme precise circa la libertà di movimento, le
superfici stabulative ed il tipo di pavimentazione da adottare. In
particolare viene vietata la stabulazione fissa (tranne alcune eccezioni
valide solo per le aziende più piccole che non superano i 18 UBA) e si
dispone che tutti gli animali possano accedere a pascoli od a parchetti
esterni, anche parzialmente coperti.
A causa degli alti costi necessari per costruire stalle conformi alla
regolamentazione bio, viene stabilita una deroga che consente di
continuare ad usare fino al 31 dicembre 2010 (previa autorizzazione
dell’Ente di certificazione) i manufatti non rispondenti pienamente alla
normativa ma costruiti prima del 24 agosto 2000. In questo caso
vanno ancor di più assicurati adeguati esercizi degli animali all’esterno
115
ed una loro cura particolare. Entro il 2010 l’operatore si deve
impegnare a provvedere all’adeguamento delle stalle.
Il bestiame deve essere tenuto in gruppi omogenei, il cui numero
dipende dalla stazza degli animali e dalle loro esigenze naturali.
L’isolamento dei maschi è consentito esclusivamente per motivi
gestionali e di sicurezza.
È proibito adottare diete o creare le condizioni per cui gli animali
possano divenire anemici. Gli animali devono essere liberi di andare
alla luce ed all’aria aperta.
Il trasporto deve essere ridotto al minimo, secondo il principio che è
meglio trasportare i prodotti piuttosto che gli animali. Nel caso si sia
costretti a spostare gli animali, bisogna fare il possibile per ridurne lo
stress, sia durante il viaggio che durante le fasi di carico e scarico.
Ogni tipo di molestia deve essere evitata. È proibito usare stimolatori
elettrici esercitanti azioni coercitive sull’animale. È proibito l’uso di
tranquillizzanti allopatici prima, durante e dopo il trasporto. È possibile
invece usare durante le fasi di carico e scarico il metodo “dal buio alla
luce” e il richiamo del cibo. I veicoli utilizzati per il trasporto devono
essere puliti e proteggere gli animali dal vento, dal freddo, ecc..
Durante i trasporti più lunghi è necessario provvedere alla
somministrazione di acqua. Tutte queste misure devono essere
adottate anche durante il trasporto al macello, dove le situazioni di
stress devono essere ridotte al minimo
L’identificazione del bestiame e di tutti i loro prodotti deve avvenire
lungo l’intera filiera, dall’allevamento, alla lavorazione, al trasporto,
fino al punto vendita. Per il pollami ed i piccoli mammiferi
l’identificazione può anche riguardare direttamente un determinato
gruppo di animali.
Il numero di capi allevabile è legato alla superficie aziendale sulla
quale andranno smaltite le deiezioni, questo allo scopo di evitare
l’inquinamento del terreno e delle falde sotterranee. Ove necessario
la densità di stabulazione prevista dalla regolamentazione comunitaria
può essere ridotta a causa di:
• Caratteristiche del suolo
• Utilizzazione di altri fertilizzanti azotati
• Grande disponibilità nei suoli di azoto per le coltivazioni
• coltivazioni che richiedono limitate quantità di azoto
• cause diverse che richiedono una somministrazione di azoto
inferiore a quella prevista (limite massimo) dalle tabelle ufficiali.
La densità di stabulazione per le specie animali non riportate
nell’elenco del regolamento comunitario, deve essere calcolata sulla
base della quantità di letame prodotto e sulla sua composizione. Se
116
l’ente di certificazione o l’autorità competente stabiliscono norme
specifiche per questi animali, esse vanno rispettate.
È sempre possibile stipulare accordi per lo smaltimento delle deiezioni
animali con altre aziende biologiche che, ad esempio, dispongano di
molto terreno e pochi capi allevati. In questo caso il limite massimo di
170 Kg di azoto per ettaro per anno deve essere calcolato sulla base
anche della SAU messa a disposizione dalle aziende cooperanti.
I centri aziendali di stoccaggio dl letame devono essere costruiti in
maniera tale (con drenaggio, isolamento dal suolo, ecc.) da prevenire
l’inquinamento del suolo e delle falde, soprattutto nei periodi invernali,
quando il loro accumulo è maggiore.
Locali di stabulazione ed aree esterne. In linea generale gli animali
devono essere liberi di pascolare all’aperto. Locali chiusi possono
essere creati per i seguenti motivi:
• offrire riparo agli animali al pascolo
• offrire riparo quando insistono cattive condizioni meteorologiche
(per es. inverni freddi)
• garantire agli animali determinate condizioni per brevi periodi (a
seconda delle specie) durante l’ingrasso
• garantire agli animali determinate condizioni per motivi di salute
alla fine della gravidanza
• proteggere gli animali appena nati
• proteggere il pollame dai predatori (per es. Durante la notte.
In ogni caso le condizioni degli alloggi devono garantire il rispetto
delle esigenze degli animali (ad es. libertà di movimento e comodità).
Nel caso delle mucche bisogna ad es. prevedere una zona asciutta e
protetta dal suolo in cui possano tranquillamente ruminare, avendo a
disposizione spazio sufficiente per tutte.
Alloggi (e spazi esterni liberi) devono prevedere zone attrezzate e
facilmente raggiungibili per l’alimentazione e l’abbeveraggio. Le
costruzioni devono inoltre garantire:
• libera circolazione dell’aria
• ridotta polverosità
• temperatura appropriata
• umidità relativa adeguata all’aria
• naturale concentrazione di gas
I locali non devono impedire la naturale circolazione dell’aria e della
luce. Le aree per gli esercizi all’aperto, se necessario, devono offrire
sufficiente protezione dalla pioggia, dal vento, dal sole e dalle alte
temperature. Questo può essere fatto prevedendo un adeguato
numero di alberi, siepi, capanne di paglia, ripari temporanei, ecc.. I
117
locali coperti possono essere evitati nelle zone con climi idonei alla
vita all’aria aperta degli animali.
Immagine 20: area esterna per gli esercizi dei maiali
Densità degli allevamenti idonea ad evitare il sovraffollamento.
La densità di stabulazione è stabilita con precisamente dalla
regolamentazione comunitaria ed è riportata nelle tabelle seguenti.
118
Tabella 12: Estratto dell’Allegato IV del Reg. CEE n° 889/2008
N° Massimo di animali per ettaro
(equivalente a 170Kg N/ha/anno)
Classe o specie
Equini di oltre 6 mesi
2
Vitelli da ingrasso
5
Altri bovini di meno di 1 anno
5
Bovini maschi da 1 a meno di 2 anni
3,3
Bovini femmine da 1 a meno di 2 anni
3,3
Bovini maschi di 2 anni e oltre
2
Giovenche da allevamento
2,5
Giovenche da ingrasso
2,5
Vacche da latte
2
Vacche lattifere da riforma
2
Altre vacche
2,5
Coniglie riproduttrici
100
Pecore
13,3
Capre
13,3
Suinetti
74
Scrofe riproduttrici
6,5
Suini da ingrasso
14
Altri suini
14
Polli da tavola
580
Galline ovaiole
230
119
Tabella 13: Superfici minime coperte e scoperte ed altre caratteristiche di
stabulazione per i differenti tipi di specie di produzione (Estratto Allegato III Reg. CEE
n° 889/2008).
1.
BOVINI, OVINI, SUINI
Superfici coperte
Superfici scoperte
(superficie netta disponibile per gli animali)
(spazzi liberi, esclusi pascoli)
Peso vivo
minimo (Kg)
Bovini ed equine da
allevamento e destinati
all’ingrasso
Suinetti
1,5
2,5
4,0
5 con un minimo di 1
2
m /100 Kg
6
10
1,5 per pecora/capra
0,35 per agnello/capretto
7,5 per scrofa
1,1
1,9
3
3,7 con un numero di 0,75
m2/100 kg
4,5
30
2,5
con 0,5 per agnello/capretto
2,5
Fino a 50
Fino a 85
Fino a 110
Oltre 40 giorni e fino a
30 kg
0,8
1,1
1,3
0,6
0,6
0,8
1
0,4
2,5 per femmina
6,0 per maschio
1,9
8,0
Suini da allevamento
2.
2
m /per capo
Fino a 100
Fino a 200
Fino a 350
Oltre 350
Vacche da latte
Tori da allevamento
Pecore e capre
Scrofe in allattamento con
suinetti fino a 40 giorni
Suini da ingrasso
2
m /per capo
POLLAME
Superfici coperte
(superficie netta disponibile per gli animali)
N° di
2
animali/m
cm di
posatoio
per animale
Galline ovaiole
6
18
Pollame da ingrasso
(in ricoveri fissi)
10, con un
Massimo di 21 kg
di peso vivo/m2
20 (solo per
faraone)
Per nido
8 galline ovaiole
per nido o in
caso di nido
comune 120
cm2/volatile
Pollame da ingrasso
(in ricoveri mobile)
2
Superfici
scoperte
(m in rotazione di
sup. disp. per capo)
2
m /capo
4, a condizione che non
sia superato il limite di
170 kg di N/ha/anno.
4 polli da ingrasso e
faraone
4,5 anatre
10 tacchini
15 oche
In tutte le specie
summenzionate non deve
essere superato il limite
di 170 kg di N/ha/anno.
2,5, a condizione che non
sia superato il limite di
170 kg di N/ha/anno.
16(*) in ricoveri
mobile con un
Massimo di 30 kg
di peso vivo/m2
(*) Solo nel caso di ricoveri mobile con pavimento di superficie non superiore a 150 m2 che restano aperti di notte.
120
Tutte queste limitazioni non dipendono solo dalle specie ma anche
dalla razza e dall’età degli animali. Gli alloggi devono prevedere spazi
liberi esterni. Se necessario le costruzioni già esistenti vanno
modificate per garantire il rispetto di questa condizione. La densità
ottimale è prevista per garantire il benessere degli animali e deve
pertanto consentire di:
• disporre di spazio sufficiente per garantire agli animali di alzarsi
normalmente;
• assumere agevolmente una posizione di riposo;
• girare su se stessi;
• pulirsi da soli;
• assumere una postura naturale;
• fare tutti i movimenti naturali come allungarsi o sbattere le ali.
Vediamo ora cosa prevede la normativa in modo specifico per alcune
specie animali.
• Mammiferi – la normativa prevede che gli animali debbano poter
accedere ai pascoli, agli spiazzi liberi, ai parchetti all’aria aperta
ogni qualvolta lo desiderino e le loro condizioni fisiologiche, le
condizioni climatiche e lo stato del terreno lo consentano. Gli
animali possono essere tenuti lontano dal pascolo quando
l’autorità competente emani provvedimenti specifici in occasione
di allarmi sanitari. Le suddette norme vanno applicate anche ai
tori se hanno più di un anno. Essi devono poter accedere anche
ad aree aperte per effettuare esercizi o correre. In momenti
particolari della loro vita, per esempio nella fase finale della
gravidanza o durante la fase finale dell’ingrassamento, bovini,
suini ed ovini da carne possono essere tenuti all’interno dei loro
alloggi, che devono soddisfare i bisogni degli animali. Comunque
questo periodo non può superare un quinto della loro vita e al
massimo può durare tre mesi.
Gli alloggi devono avere un
pavimento liscio ma non sdrucciolevole. Almeno metà della
superficie del pavimento deve essere continua, coè non fessurata
o grigliata. Inoltre per l’Italia il DM del 4.08.2000 “Modalità
d’attuazione del regolamento (CE) n. 1804/99, sul metodo delle
produzioni animali biologiche” prevede che la superficie a
pavimento fessurato non debba superare il 50% di quella minima
indicata nel Reg. CE 889/2008. E’ infine obbligatoria la
predisposizione di una zona di riposo a pavimento pieno, con una
lettiera di paglia o di altri materiali naturali. Per i suini è previsto
che alle scrofe in gestazione siano assegnati box collettivi con
zona di riposo a lettiera nel periodo di attesa del calore e nella
prima fase della gestazione. Non è ammesso l’utilizzo di gabbie
121
•
singole, al fine di facilitare il controllo e l’intervento sugli animali
oltre che per limitare l’incidenza di aborti traumatici. Per il settore
di svezzamento è vietato altresì l’utilizzo di gabbie. Per la fase
finale di ingrasso (circa due mesi per i suini pesanti da salumificio)
non è previsto l’obbligo di accesso ai pascoli o ai paddock esterni.
Pollame – La normativa prevede che il pollame sia allevato in
spazi aperti e non possa essere rinchiuso in gabbia. Gli uccelli
acquatici devono poter accedere agli specchi d’acqua, naturali od
artificiali, quando le condizioni metereologiche lo permettano,
garantendo le condizioni igieniche ottimali e rispettando il
benessere animale. I ricoveri per il pollame devono soddisfare le
seguenti condizioni minime:
• almeno un terzo deve essere solido, vale a dire non composto
da assicelle o da graticciato, e dev'essere ricoperto di lettiera
composta ad esempio di paglia, trucioli di legno, sabbia o
torba;
• nei fabbricati adibiti all'allevamento di galline ovaiole una
parte sufficiente della superficie accessibile alle galline deve
essere destinata alla raccolta degli escrementi;
• devono disporre di un numero sufficiente di posatoi di
dimensione adatta all'entità del gruppo e alla taglia dei volatili
come stabilito dalla normativa comunitaria;
• devono essere dotati di uscioli di entrata/uscita di dimensioni
adeguate ai volatili, la cui lunghezza cumulata è di almeno 4
m per 100 m2 della superficie utile disponibile per i volatili;
• ciascun ricovero può contenere al massimo i seguenti capi (…
ovviamente non tutti assieme!): 4 800 polli, 3000 galline, 5200
faraone, 4000 femmine di anatra muta o di Pechino, 3200
maschi di anatra muta o di Pechino o altre anatre, 2500
capponi, oche o tacchini.
• La superficie totale utilizzabile dei ricoveri per il pollame
allevato per la produzione di carne per ciascuna unità di
produzione non deve superare i 1 600 m2.
Per le galline ovaiole la luce naturale può essere completata con
illuminazione
artificiale in modo da mantenere la luminosità per un massimo di
16 ore giornaliere, con un periodo continuo di riposo notturno
senza luce artificiale di almeno 8 ore.
Il pollame deve poter accedere a parchetti all'aperto ogniqualvolta
le condizioni climatiche lo consentano e, nei limiti del possibile,
per almeno un terzo della sua vita. I parchetti devono essere in
maggior parte ricoperti di vegetazione, essere dotati di dispositivi
122
di protezione e consentire agli animali un facile accesso ad un
numero sufficiente di abbeveratoi e mangiatoie.
Segnaliamo infine che il Reg. CE n° 699/2006 del 5 maggio 2006
alla luce delle preoccupazioni circa la diffusione dell’influenza
aviaria ha stabilito che il pollame possa essere tenuto al chiuso
qualora determinate restrizioni, anche di ordine venatorio,
introdotte sulla base della normativa comunitaria al fine di
proteggere la salute pubblica o animale, vietino o limitino
l’accesso del pollame a parchetti all’aperto. Il pollame tenuto al
chiuso deve avere permanentemente accesso
a quantità
sufficienti di foraggi grossolani e di materiali adatti a soddisfare le
sue necessità etologiche.
Nell'intervallo tra l'allevamento di due gruppi di volatili si
procederà ad un vuoto sanitario, operazione che comporta la
pulizia e la disinfezione del fabbricato e dei relativi attrezzi.
Parimenti, al termine dell'allevamento di un gruppo di volatili, il
parchetto sarà lasciato a riposo per il tempo necessario alla
ricrescita della vegetazione e per operare un vuoto sanitario. Gli
Stati membri stabiliscono il periodo in cui il parchetto deve essere
lasciato a riposo e comunicano la loro decisione alla
Commissione e agli altri Stati membri. Questi requisiti non si
applicano a piccole quantità di pollame che non sia chiuso in un
parchetto e che sia libero di razzolare tutto il giorno.
Salute degli animali
La prevenzione costituisce l’aspetto più importante del lavoro
veterinario. Gli animali che vivono nelle aziende biologiche in ottime
condizioni, senza stress, sviluppano un forte sistema immunitario.
Immagine 21: esempio di spazio
all’aperto dove fare esercizio
123
Immagine 22: momento di relax
per bufali in allevamento bio
Nel caso in cui, nonostante un’accurata prevenzione, gli animali
abbiano bisogno di trattamenti veterinari, sono preferibili le terapie
naturali.
Le “Terapie alternative” si rifanno a metodi non utilizzati (se non
raramente) nella moderna medicina occidentale. In una pubblicazione
recente sono state censite ben 278 tipologie di terapie naturali. Va
comunque precisato che per la maggior parte di esse non esiste una
validazione scientifica. Comunque molti veterinari stanno
avvicinandosi a questo tipo di terapia che non provoca effetti
secondari, non lascia residui chimici nell’organismo, è ecocompatibile. Vediamo di seguido le principali.
− Agopuntura. Questa terapia di origine cinese, nata oltre un
migliaio di anni fa, oggi viene applicata principalmente su animali
di piccola taglia, ma è in aumento l’uso anche su animali di taglia
superiore. La prima applicazione dell’agopuntura agli animali
risalirebbe al 900 a.c., in Cina, solo nel secolo scorso è giunta
però in Europa ed in America. La parola “agopuntura” ha origine
latina (acus= ago + pungere)
e si riferisce appunto alla
stimolazione terapeutica effettuata con aghi. La stimolazione dei
punti di pressione del corpo può essere effettuata con aghi,
calore, laser, elettricità o iniezione di soluzione salina. La
medicina tradizionale cinese ritiene che l’organismo vivente sia un
sistema energetico aperto in cui le perdite di energia causino le
malattie. Una malattia sarebbe quindi il risultato di uno
scompenso energetico dell’organismo; l’obiettivo del trattamento è
quello di ristabilire l’equilibrio naturale. Molte popolazioni nel
mondo si sono occupate degli effetti fisiologici e farmacologici dei
trattamenti terapeutici. È sempre più certo che ci siano più
filamenti nei punti di pressione del corpo, nei quali la resistenza
elettrica della pelle è maggiore e la relativa diffusione di CO2 è più
intensa. L’agopuntura viene utilizzata anche a scopi anestetici.
Esistono in letteratura molti casi in cui è stata applicata con
successo sugli animali. In agricoltura biologica viene utilizzata per
i trattamenti veterinari in caso di allergie, problemi alle cartilagini,
coliche negli equini, difficoltà riproduttive nei bovini, mastiti,
prevenzione di diarree nei suini, problemi riproduttivi nelle
avicole. L’agopuntura non può essere impiegata nei casi in cui
necessiti l’intervento chirurgico.
− Fitoterapia. L’uso medico delle erbe risale alla preistoria. In
questo campo le conoscenze sono comunque in continua
evoluzione. Le erbe vengono utilizzate per i medicamenti,
l’industria farmaceutica e la preparazione di infusi. Non si tratta di
pozioni magiche ma dell’uso appropriato dei principi attivi estratti
124
−
sia dalle piante selvatiche che da quelle coltivate. I principi attivi
possono avere effetti molteplici e curare diverse malattie. Tra gli
agenti più diffusi ci sono gli alcaloidi, residui delle reazioni
alcaline contenenti azoto, nelle erbe sotto forma di Sali. Ne
esistono di sedativi, anestetici, stimolanti: ad es. segale cornuta
(Claviceps purpurea), Giusquiamo nero (Hyoscyamus niger), semi
di cacao, semi di caffè, papavero indiano, radici di Belladonna. I
residui dei cristalli che contengono zucchero e non azoto sono i
glicosidi. Essi agiscono sul cuore, svolgono funzione lassativa,
espettorante e diuretica: ad es. vischio (Viscum album), radici di
rabarbaro, radici di ginseng, fiori di tiglio, ononide (Ononis
spinosa). Le Saponine sono invece sostanze simili ai glicosidi
che stimolano la secrezione delle mucose, lungo le vie
respiratorie, nello stomaco ed aiutano l’intestino ad assorbire altri
agenti, quali ad es. liquirizia, germogli di grano, saponaria,
poverina. Le essenze amare, quali achillea millefoglie, centaurea
minore, tarassaco, cicoria selvatica, sono residui organici utilizzati
come lassativi, agiscono su fegato e bile. Alcuni tipi di Té, ricavati
da droghe contenenti acido tannico, per esempio bardana, foglie
di ciliegio, foglie di noci, foglie di castagno, gambi e foglie di
sinfito, sono usati per guarire lo stomaco e le mucose intestinali,
infiammazioni delle viscere. Gli oli essenziali od aromatici, ad
esempio: anice, foglie di alloro, menta peperita, balsamo di
limone, finocchio, camomilla, valeriana, rosmarino, sono sostanze
odorose ricavate dai vapori di distillazione che hanno effetti
diuretici, vermifughi, battericidi. Alcuni ricercatori stanno studiando
gli effetti dell’integrazione del foraggio con agenti naturali quali
erbe ed oli essenziali. Diversi prodotti sono oggi utilizzati su molte
specie animali. L’obiettivo è quello di ridurre l’uso di prodotti
chimici di sintesi (fino ad eliminarli del tutto) dalle pratiche
veterinarie. L’utilizzo delle terapie alternative consente di
salvaguardare la qualità delle carni, che, oltre ad essere più
buone, non conterranno residui di prodotti chimici ed altre
sostanze nocive alla salute umana.
Terapia Aiurvedica (ayush significa “vita” veda significa
“conoscenza”). Questa pratica risale a più di 5000 anni fa,
originaria dell’India, ed è alla base di molte altre pratiche
sviluppatesi nel tempo. Fonde l’antica saggezza con la scienza
moderna, i regolatori del sistema immunitario ricavati dalle piante
hanno attratto l’attenzione degli scienziati di tutto il mondo.
Esisterebbero circa 65 erbe naturali con poteri immuno-regolatori,
delle quali circa 36 provengono dall’india. I prodotti ricavati da
queste erbe aprono nuove strade alternative per il rafforzamento
125
−
−
del sistema immunitario degli animali. In India il metodo
Aiurvedico è utilizzato da oltre cento anni quale terapia
veterinaria. È stata provata la sua efficacia nella cura di certe
disfunzioni del metabolismo, immunodeficienze, malattie della
pelle ed allergie. Alcuni prodotti sono particolarmente
raccomandati per prevenire le malattie del pollame. Essi
rafforzano il sistema immunitario, riducono lo stress in caso di
vaccinazioni, trattamenti medici, cambiamenti di tempo, trasporto,
e favoriscono il recupero dopo la malattia, migliorando anche
l’assimilazione degli alimenti. Esiste anche un formulato contro
l’intossicazione del fegato. È stata provata l’efficacia dei prodotti
usati come stimolatori naturali dello sviluppo delle galline ovaiole
e dei polli da carne.
Batteri produttori di acido lattico. La medicina veterinaria
utilizza pro-biotici contenenti batteri che producono acido lattico. È
risaputo che nei grandi allevamenti le malattie più diffuse sono
quelle dell’apparato digerente, dove proliferano enteropatogeni,
soprattutto dopo trattamenti a base di antibiotici che hanno
indebolito il sistema immunitario, che possono provocare
infiammazioni intestinali, fino alla morte. Molti batteri che
producono acido lattico funzionano come bio-regolatori. Per
esempio essi possono ristabilire l’equilibrio intestinale, attraverso
l’acidificazione che impedisce il proliferare degli agenti patogeni.
Omeopatia è una parola di origine greca (hòmoios significa
“simile” pàthos significa “sofferenza”). La teoria e la pratica della
terapia omeopatica sono state formulate dal medico tedesco
Samuel Hahnemann all’inizio del diciannovesimo secolo.
Hahnemann osservò che il chinino usato come cura della malaria
provocava nelle persone addette alla sua produzione gli stessi
sintomi della malaria. Così nacque la formulazione della teoria
“similia similibus curantur” (Il simile cura il simile), sulla quale si
fonda l’omeopatia. In sintesi questa teoria sostiene che le malattie
guariscono con i rimedi che provocano in un individuo sano i
sintomi della malattia stessa. Questa viene considerata da
Hahnemann come una perturbazione della “forza vitale”
dell’uomo; la cura quindi consisterebbe essenzialmente nella
riattivazione della forza vitale attraverso la somministrazione al
malato
di
piccole
quantità
di
opportune
sostanze
precedentemente dinamizzate, ovvero sottoposte ad un
procedimento di diluizione e potenziamento che serve a renderle
attive. In questo modo l’organismo riattiva i meccanismi protettivi,
ristabilendo il suo regolare equilibrio biologico. Questa metodica
segue quindi principi del tutto contrari alla moderna medicina
126
−
allopatica, che mira innanzitutto a curare i sintomi, senza
preoccuparsi dello stato di equilibrio generale dell’organismo del
malato. Nel 1821 Hahnemann individuò nel suo “Materia Medica”
circa 100 rimedi omeopatici; oggi dopo duecento anni di
applicazione se ne contano oltre 2000. In larga parte si tratta di
estratti vegetali, ma ci sono anche minerali e prodotti di origine
animale. Oggi circa l’80-90% delle malattie degli animali può
essere curato con pratiche veterinarie ampiamente collaudate,
basate su rimedi omeopatici. Anche il numero dei veterinari
adeguatamente formati è in continua crescita. L’omeopatia può
essere impiegata in agricoltura biologica sia per la cura dei singoli
animali che di intere popolazioni di animali.
Fisioterapia. Oltre che nella medicina umana, la fisioterapia è
stata adottata anche dalla medicina veterinaria, sia per i grandi
che per i piccoli animali. Molti pensano che il successo di questa
metodologia sia legato all’uso di “macchine meravigliose”. Gli
specialisti precisano invece che è necessario anche un
allenamento specifico. La fisioterapia è consigliata principalmente
per i muscoli e le ossa che sono stati danneggiati, sia a causa di
un evento traumatico (frattura, rottura dei legamenti, ecc.) che per
la presenza di ascessi, ematomi, edemi. Naturalmente il tipo di
trattamento da effettuare nel biologico è strettamente legato al
disordine da curare: terapia del calore, della compressione, degli
ultrasuoni, ecc.. Gli effetti generali provocati dai trattamenti
fisioterapici includono l’aumento della circolazione sanguigna, la
stimolazione intercellulare, modifiche del metabolismo (come
vasodilatazione e vasocostrizione), effetti analgesici, ecc.. è
consigliabile effettuare alcune applicazioni dopo gli interventi
chirurgici.
L’efficacia
del
trattamento
dipende
anche
dall’applicazione di creme, impacchi di erbe, ecc.. Va comunque
precisato che la fisioterapia non è raccomandata solo in seguito a
gravi eventi od infezioni.
3.4.c. Conservazione e trasformazione degli alimenti
Il Regolamento comunitario definisce la “preparazione” dei prodotti
biologici come quelle operazioni di conservazione e/o di
trasformazione di prodotti agricoli (compresa la macellazione e il
sezionamento per i prodotti animali) nonché il condizionamento e/o
modifiche apportate all'etichettatura relativamente alla presentazione
del metodo di produzione biologico.
La normativa comunitaria del biologico rappresenta un punto di
incontro tra la richiesta dei consumatori di avere prodotti totalmente
naturali e le esigenze produttive. Di conseguenza le norme non
escludono l’utilizzo di ingredienti di origine extra-agricola (additivi
127
alimentari, acqua, sale, preparati a base di micro-organismi e
minerali), anche se ne viene fortemente circoscritto l’utilizzo. Lo
stesso avviene per le sostanze necessarie per la preparazione delle
derrate alimentari che utilizzano prodotti agricoli da agricoltura
biologica.
Immagine 23: la produzione biologica di mozzarella
prevede un uso elevato di acqua
Il regolamento comunitario contiene l’elenco di tutti gli ingredienti e gli
ausiliari di fabbricazione che possono essere usati nella preparazione
dei prodotti alimentari. Oltre queste limitazioni l’art. 5 del regolamento
vieta espressamente l’uso di OGM e di radiazioni ionizzanti. Inoltre, al
fine di evitare frodi, viene stabilito che nello stesso prodotto non può
esserci lo stesso ingrediente ottenuto sia con metodo biologico che
convenzionale.
Analizziamo di seguito alcuni processi usati per conservare questo
tipo di prodotti, nel rispetto della normativa comunitaria.
• Tecniche di raffreddamento. L’evoluzione del settore della
distribuzione e commercializzazione delle produzioni agricole
richiede una serie di accorgimenti volti a salvaguardarne le
caratteristiche organolettiche, nutrizionali ed igienico-sanitarie dei
prodotti, per il maggior tempo possibile. Il raggiungimento degli
128
•
•
•
obiettivi prefissati dipende dal corretto utilizzo delle tecniche di
raffreddamento, basato su tre principi:
1. Usare prodotti di alta qualità, perchè l’uso delle tecniche di
raffreddamento non migliorerà le caratteristiche della materia
prima scadente;
2. raffreddare il più rapidamente possibile, al fine di evitare la
decomposizione dei prodotti;
3. Non interrompere la catena del freddo.
Refrigerazione. Consente di mantenere il prodotto a temperature
basse, senza giungere però al loro congelamento. La
refrigerazione avviene con un’unica operazione iniziale di
raffreddamento e va mantenuta costante. Il prodotto rimane nelle
stesse condizioni per un periodo più o meno lungo, dipendente
esclusivamente dalle caratteristiche del prodotto stesso. Questo
processo viene usato normalmente anche come metodo di
conservazione intermedio, in attesa che venga applicato quello
definitivo. Il vantaggio di questo metodo consiste nella
conservazione del gusto del prodotto e delle sue caratteristiche
organolettiche e nutrizionali; la refrigerazione inoltre permette di
ritardare le reazioni chimiche ed enzimatiche e lo sviluppo
microbico.
Congelamento. Consiste nel portare l’alimento al di sotto del
punto di congelamento. Il congelamento del prodotto avviene in
due steps: il processo di congelamento vero e proprio e la
conseguente fase di mantenimento. È da evidenziare come
l’energia necessaria per trasformare l’acqua presente nel prodotto
in ghiaccio sia molto maggiore di quella necessaria per il
mantenimento dello stesso prodotto congelato. Il congelamento
avviene in un lasso di tempo molto breve ed è un metodo efficace
di controllo della decomposizione. D’altro canto però il processo
può provocare effetti indesiderati apportando modificazioni
all’alimento. Frutta e verdura, per esempio, assumono una
struttura differente in seguito allo scongelamento, a causa della
morte di alcuni tessuti. Tuttavia alcuni prodotti tollerano
perfettamente il congelamento: ad esempio la carne, se
correttamente immagazzinata e scongelata, non presenta
modificazioni di rilievo rispetto al prodotto fresco.
Trattamento termico. Questa tecnica si basa sull’uso di
temperature che fermano lo sviluppo dei micro-organismi. L’uso
del calore può distruggere la flora microbica degli alimenti ma può
anche influire negativamente sulla loro qualità, comportando
modificazioni organolettiche e cambiamenti nel colore e nel
sapore. Risulta determinante per il successo del trattamento la
129
•
•
•
•
conoscenza della temperatura alla quale resistono i microrganismi
e la sensibilità al calore del prodotto. Conoscendo questi valori
sarà possibile impostare l’esatto binomio temperatura/tempo di
trattamento. Il trattamento termico controllato si adatta a molteplici
alimenti ma va adattato alle diverse tipologie di prodotto per
ottenere I migliori risultati ed evitare effetti indesiderati.
Sbollentatura: consiste nell’immergere nell’acqua bollente o
trattare con il vapore per brevi periodi la frutta e la verdura. Il
prodotto andrebbe immediatamente raffreddato al fine di evitare la
modificazione dei tessuti e la perdita di qualità. Solitamente
questa tecnica è applicata alla frutta ed alla verdura prima di
procedere al loro congelamento. Lo scopo è quello di rimuovere i
gas dai tessuti, inattivare gli enzimi, disinfettare esternamente
l’alimento, fissare il colore.
Pastorizzazione: è un trattamento termico (effettuato con dei
macchinari chiamati appunto pastorizzatori) che distrugge la parte
vegetativa (non le spore) dei microrganismi delle derrate
alimentari. Gli alimenti pastorizzati hanno una durata limitata, per
cui questo trattamento andrebbe abbinato ad altri metodi di
conservazione, quali il raffreddamento o la chiusura ermetica per
evitare possibili contaminazioni. In questo modo le caratteristiche
del prodotto saranno preservate, comprese il gusto, il colore, il
potere nutrizionale e la struttura. Il prodotto avrà comunque una
durata piuttosto breve.
Sterilizzazione: l’alimento viene sottoposto a temperature elevate
(utilizzando dei macchinari chiamati appunto sterilizzatori) che
portano alla distruzione di tutti i microrganismi, compresi quelli piu
resistenti, e degli enzimi. Gli alimenti trattati con questo metodo
dovrebbero essere siggillati in contenitori ermetici. Gli alimenti
sterilizzati possono essere conservati per lungo tempo a
temperatura ambiente. Il trattamento produce però effetti negativi
sulla qualità dell’alimento, riducendone il valore nutrizionale e
cambiandone alcune caratteristiche organolettiche.
Essiccazione. Consiste nell’eliminazione dell’acqua presente
all’interno di un alimento. La mancanza di acqua impedisce ai
microrganismi di svilupparsi e moltiplicarsi all’interno dell’alimento.
L’essiccazione è un processo complesso di trasferimento di calore
e masse, che dipende da molte variabili esterne, quali la
temperature e l’umidità, e da variabili legate all’alimento, quali
struttura, composizione chimica, peso, ecc.. In questo processo
l’aria svolge la funzione di trasferimento del calore all’alimento,
causandone la perdita di acqua per evaporazione. Allo stesso
130
•
•
•
tempo l’aria funge da mezzo di trasporto del vapore acqueo
liberato dall’alimento in fase di essiccazione.
Acidificazione: ostacola lo sviluppo dei microrganismi
responsabili della decomposizione dell’alimento. Questo metodo
di conservazione si basa sullo sviluppo della fermentazione
microbica che provoca una diminuzione del PH. I microrganismi
utilizzati nei processi di fermentazione sono generalmente lieviti o
batteri. Questi sviluppandosi rapidamente produrranno gli enzimi
che saranno essenziali per i processi chimici. Possono essere
usati diversi tipi di fermentazione, ma i più importanti sono i
metodi alcolici, lattici ed acetici. Se si vuole conservare l’alimento
con l’acido, possono essere usati quelli propionico, acetico,
lattico, citrico.
Utilizzo di zucchero e sale. Questi processi chimici si basano
sull’aggiunta di zucchero o sale all’acqua del prodotto. L’aggiunta
di zucchero aumenta la pressione osmotica ritardando lo sviluppo
microbico, ma non distrugge i microrganismi. Il sale svolge invece
le seguenti funzioni: disidratazione causata dalla pressione
osmotica che provoca la liberazione dell’acqua nell’alimento;
conservazione e regolazione dei processi fermentativi. Il sale è
inoltre un minerale gradito all’uomo. Il sale può essere applicato a
strati alternati con gli alimenti. Si può altrimenti ricorrere alla
salamoia, con l’immersione dell’alimento in una soluzione salina,
con conseguente assorbimento del sale da parte dell’alimento
stesso.
L’imballaggio degli alimenti svolge diverse funzioni lungo l’arco
della vita del prodotto: protegge dai danni cui potrebbe incorrere
durante il trasporto, lo stivaggio in deposito o nel luogo di
consumo. L’imballaggio dovrebbe ritardare od evitare la
decomposizione dell’alimento legata all’interazione con l’ossigeno,
dovrebbe anche proteggere l’alimento dalla luce e dai
microrganismi. Dovrebbe inoltre garantire la composizione degli
alimenti, il valore nutrizionale e le sue qualità organolettiche. La
confezione consente di movimentare gli alimenti, spesso in parti
differenti del mondo ed in stagioni diverse. Il packaging dovrebbe
essere compatibile con il prodotto, assicurandone l’integrità,
senza modificarne gusto, aroma, ecc.. Sulla confezione devono
essere riportate tutte le informazioni per il consumatore sulle
caratteristiche del prodotto, la sua conservabilità e le modalità
d’utilizzo. L’imballaggio dovrebbe infine essere riciclabile.
131
CONCLUSIONI
Con questo manuale speriamo di essere riusciti a trasmettere ai
tecnici quei principi di base che fanno del biologico non solo un
metodo di agricoltura rispettoso dell'ambiente e della salute umana,
riconosciuto a livello mondiale, ma anche un innovativo modello di
sviluppo rurale sostenibile ed un potente strumento di marketing
territoriale. Risulterà allora più chiaro perchè il biologico susciti tanto
interesse non solo tra gli addetti ai lavori ma anche tra gli
amministratori locali, i politici, gli agenti dello sviluppo locale e,
naturalmente, i consumatori.
L'intervento del consulente dell'agricoltura biologica è sempre più
richiesto dagli operatori della filiera agroalimentare, che vogliono
riconvertire la propria attività, adeguandola alle nuove istanze ed ai
nuovi parametri europei ed internazionali. Ma la domanda crescente
proviene anche dagli enti di certificazione, dalle scuole, dai comuni,
dalle comunità montane, dai gruppi d'azione locale.
Con questo manuale, elaborato in ambito comunitario, ci siamo
proposti di fornire al consulente le indicazioni tecniche di base e le
informazioni sulla normativa di riferimento, neccessarie per svolgere
al meglio il proprio complesso lavoro. Ci piace comunque concludere
con una delle frasi riportate da Vincenzo Vizioli nel suo prezioso libro
sulla conversione al biologico (vedere bibliografia): “Le affermazioni
assolute che portano a dire <<l’agricoltura biologica si fa così>> sono
in generale da rifuggire, perchè l’agricoltura biologica è un metodo
che è tanto più efficace per quanto riesce ad entrare in equilibrio con
l’ambiente in cui opera. Pertanto, tutte le soluzioni tecniche, anche se
provenienti da risultati sperimentali, vanno valutate ed eventualmente
rielaborate in funzione delle condizioni pedoclimatiche, delle
attrezzature presenti in azienda e dell’organizzazione della stessa.”.
Ci piace considerare le produzioni biologiche come il frutto del lavoro
di migliaia di artigiani della terra, che con il loro infaticabile lavoro
contribuiscono giorno dopo giorno a farci apprezzare le tante tipicità
locali ed a preservare per le generazioni future quel patrimonio
inestimabile costituito dai territori rurali.
Il consulente di agricoltura biologica deve tener conto di tutto questo
ed aiutare l’agricoltore nella messa a punto del metodo migliore da
seguire in azienda per ottenere quelli che qualcuno ha definito i
“prodotti con l’anima”.
132
GLOSSARIO
A
−
AGENTI PATOGENI (batteri, virus, funghi), usati nella lotta
biologica, sono microrganismi in grado di causare nel fitofago una
malattia mortale. Virus e batteri agiscono in seguito ad ingestione
danneggiando solitamente gli organi intestinali dell’insetto, mentre
i funghi penetrano nel fitofago dalla cuticola moltiplicandosi a
spese degli organi interni. L’agente patogeno più diffuso e
conosciuto è il Bacillus thuringiensis. È un batterio aerobico,
sporiforme, disponibile in varie forme (kurstaki, aizawai,
israeliensis e tenebrionis).
−
AGOPUNTURA, terapia di origine cinese, basata sulla
stimolazione terapeutica con aghi, usata in agricoltura biologica
per i trattamenti veterinari in caso di allergie, problemi alle
cartilagini, coliche negli equini, difficoltà riproduttive nei bovini,
mastiti, prevenzione di diarree nei suini, problemi riproduttivi nel
pollame.
−
AGRICOLTURA BIODINAMICA, nata in seguito ad una serie di
conferenze di successo svolte nel 1924 dal filosofo austriaco
Rudolf Steiner, considera l’azienda come un organismo agricolo,
sul quale lavorare per ristabilire le condizioni di equilibrio e di
armonia con la natura. È il più antico movimento agricolo non
convenzionale ed è diffuso in tutto il mondo.
−
AGRICOLTURA BIOLOGICA, “… è un sistema olistico di
gestione della produzione che persegue l’equilibrio dell’ecosistema, inclusa la biodiversità, rispetta i cicli naturali e l’attività
biologica del suolo. I metodi di produzione biologica privilegiano il
ricorso a misure agronomiche piuttosto che all’utilizzo di inputs
extra aziendali, in considerazione del fatto che caratteristiche
locali richiedono sistemi locali di gestione. Questo deve avvenire
con l’uso, dove possibile, di metodi agronomici, biologici e
meccanici, in antitesi all’utilizzo indiscriminato di mezzi tecnici, per
far fronte alle diverse esigenze produttive.” (Definizione tratta dal
Codice Alimentare).
133
−
AGRICULTURA CONVENZIONALE, sistema agricolo industriale
caratterizzato da alta meccanizzazione, monoculture ed utilizzo di
inputs chimici di sintesi quali fertilizzanti e pesticidi,
massimizzazione della produttività e dei profitti. L’agricoltura
industrializzata è divenuta “convenzionale” solo negli ultimi
sessanta anni, in seguito alla sua grande diffusione dopo la
seconda guerra mondiale. Gli effetti di questo tipo di agricoltura
sull’ambiente e sulle aree rurali sono stati tremendi, con ampie
zone inquinate, desertificazione e danni alla salute degli operatori
e dei consumatori.
−
AGRICOLTURA NATURALE riflette l’esperienza dell’agricoltorefilosofo giapponese Masanobu Fukuoka. I suoi libri, “The OneStraw Revolution: An Introduction to Natural Farming” (Emmaus:
Rodale Press, 1978) e “The Natural Way of Farming: The Theory
and Practice of Green Philosophy” (Tokyo; New York: Japan
Publications, 1985), descrivono quella che Fukuoka chiama la
“non coltivazione”. Il suo metodo agricolo prevede appunto il poco
lavoro e la non coltivazione, non contempla l’uso di concimi,
pesticidi ed altri inputs. Nonostante questo la produttività viene
assicurata da una perfetta organizzazione aziendale e
dall’adozione di accurate tecniche di semina e combinazione delle
piante (policoltura). In breve Fukuoka ha portato ai più alti livelli
l’arte pratica del lavorare in sintonia con la natura.
−
AGRICOLTURA SOSTENIBILE, si riferisce ai sistemi agricoli
compatibili con l’ambiente, economicamente convenienti e
socialmente giusti, capaci di garantire la produttività nel lungo
periodo. Sicuramente l’agricoltura biologica è un sistema di
agricoltura sostenibile, come pure lo è, ad esempio, l’agricoltura
biodinamica.
−
AGROECOLOGIA, è lo studio delle interrelazioni esistenti
all’interno del campo coltivato, sia tra gli organismi viventi che tra
loro e l’ambiente.
−
AGRO-ECOSISTEMA, è l’eco-sistema del campo coltivato,
un’insieme dinamico di coltivazioni, pascoli, allevamenti, flora e
fauna spontanea, atmosfera, suolo e acqua. Gli agro-ecosistemi
sono inseriti all’interno di più ampi paesaggi, che includono terreni
non coltivati, sistemi di drenaggio, le comunità rurali e la fauna
selvatica.
−
APPROCCIO OLISTICO è un approccio decisionale che permette
di effettuare scelte che soddisfino i bisogni immediati senza
134
compromettere il benessere futuro. Questo tipo di approccio
consente alle persone di tramutsre in azioni concrete i propri
valori più radicati. Utilizzando una visione complessiva e di lungo
termine, le persone possono prendere decisioni ed attuare
comportamenti che saranno economicamente, ambientalmente e
socialmente sostenibili anche per le generazioni future.
L’agricoltura biologica richiede, chiaramente, un approccio
olistico.
−
ATTIVITA’ BIOLOGICA, è un importante indicatore della
decomposizione della sostanza organica nel suolo. Un’elevata
attività biologica promuove il metabolismo tra suolo e pianta ed è
fondamentale per la produzione sostenibile delle piante e la
gestione della fertilità.
−
AUDIT è un’analisi sistematica ed indipendente che serve a
determinare se le attività ed i relativi risultati soddisfino gli obiettivi
programmati.
B
−
BACILLUS THURINGIENSIS, è il preparato a base di batteri più
utilizzato in agricoltura biologica (attivo contro molte specie di
lepidotteri, zanzare, ecc.).
−
BILANCIO ENERGETICO AZIENDALE, l’analisi del consume
energetico serve a valutare l’impatto della produzione sui
cambiamenti climatici (per esempio emissione di gas che creano
l’effetto serra) ed a ridurre il consumo di energia fossile (non
rinnovabile).
−
BIODIVERSITÁ, in agricoltura la ricchezza di biodiversità,
costituita da piante ed animali di specie, varietà e razze diverse, è
necessaria per sostenere le funzioni chiave dell’agro-ecosistema
e consentire la produzione di alimenti sani e sicuri.
−
BSE, Bovine Spongiform
spongiforme bovina).
Encephalopathy
(=Encefalopatia
C
−
CAP, Common Agricultural Policy (=PAC, Politica Agricola
Comunitaria).
135
−
CITTA’ DEL BIO, Network di amministrazioni pubbliche che
hanno deciso di investire in politiche di sviluppo rurale sostenibile
fondato sull’agricoltura biologica (www.cittadelbio.it).
−
COMPOSTAGGIO, è il riciclaggio aziendale delle biomasse.
Durante il processo, costituito dalle fasi termofila, mesofila e di
stabilizzazione, la sostanza organica (di origine vegetale, animale
o mista) viene trasformata in humus, assimilabile dalle piante.
−
CONDIZIONE DEL TERRENO, la struttura fisica del suolo
influenza la coltivazione delle piante; un suolo in buone condizioni
si presenta poroso, permette all’acqua di infiltrarsi facilmente ed
alle radici di svilupparsi senza ostacoli.
−
CONSOCIAZIONE, consiste nella coltivazione contemporanea di
due o più colture nello stesso campo.
−
CONTAMINAZIONE, inquinamento dell’azienda biologica e/o
delle sue produzioni attraverso il contatto con materiali e sostanze
che rendono non più certificabile il prodotto. (ad es.
Contaminazioni da deriva di pesticidi provenienti da aziende
convenzionali limitrofe a quelle biologiche).
D
−
DECOMPOSITORI, organismi che si nutrono della sostanza
organica morta (non assimilabile dalle piante), trasformandola in
humus (assimilabile dalle piante).
−
DOP, Denominazione d’Origine Protetta.
E
−
ECOSISTEMA, è un ambiente naturale caratterizzato da
interazioni dinamiche tra elementi biotici (piante, insetti, microbi e
tutti gli altri organismi viventi) ed abiotici (temperatura, umidità
relativa, vento, pioggia, suolo, ecc.).
−
ENTE DI CERTIFICAZIONE, è l’Organizzazione accreditata dalle
Autorità competenti (in Italia Ministero delle Politiche Agricole,
Alimentari e Forestali) che conduce i controlli nelle aziende
sottoposte al regime comunitario ed effettua le certificazioni delle
produzioni da agricoltura biologica.
136
−
EROSIONE, l’erosione del suolo, dovuta all’azione del vento e
dell’acqua, è un problema mondiale (Pimental, 1995). È accertato
che l’erosione costituisce la causa principale della degradazione
dei suoli nel mondo (Oldeman, 1994). Gli effetti dell’erosione sono
riscontrabili sia in campo (diminuzione della fertilità, modificazione
del sistema idraulico del terreno, diminuzione dei nutrienti, della
sostanza organica, dei microrganismi e dello stato di salute dei
suoli in generale) che a valle (presenza di elementi indesiderati,
pesticidi e sedimenti dei mezzi tecnici sulla superficie dell’acqua).
I sistemi di agricoltura biologica provocano un grado di erosione
dei suoli di molto inferiore rispetto a quelli riscontrabili nei campi
coltivati con metodi convenzionali.
F
−
FAIR TRADE, intesa di collaborazione, basata sull’equità, il
dialogo, la trasparenza ed il rispetto reciproco.
−
FATTORIE DIDATTICHE, aziende agricole organizzate per
l’erogazione di servizi educativi ai bambini delle scuole o ad altri
gruppi.
−
FEROMONI, sono sostanze prodotte dagli insetti che consentono
la comunicazione chimica tra individui della stessa specie.
Agiscono sui comportamenti sessuali. Possono essere riprodotti
artificialmente in laboratorio e venire quindi utilizzati in agricoltura
sia per il monitoraggio che per la cattura massale degli insetti,
opportunamente collocati in apposite trappole.
−
FORAGGERE, comprendono alfalfa, orzo, trifoglio, cereali vari,
sorgo ed alter piante usate per l’alimentazione animale.
G
−
GRANULOSIS VIRUS, questo virus è utilizzato contro la Cydia
pomonella delle mele ed è anche attivo contro altri Lepidotteri.
Agisce per ingestione e per questo motivo deve essere adoperato
al momento giusto sulle larve di Cydia. I raggi ultravioletti possono
inattivare il virus, pertanto è raccomandata l’applicazione all’alba o
al tramonto. Campo di applicazione: melo, pero e noce.
−
GESTIONE DELLA FERTILITA’ DEL SUOLO, “La conservazione
della fertilità del suolo è la prima condizione da rispettare in un
sistema permanenete di gestione agricola”; con queste parole nel
1940 il famoso agronomo inglese Albert Howard poneva le
137
fondamenta del metodo dell’agricoltura biologica. La fertilità è la
capacità del suolo di garantire la produzione delle piante nel lungo
periodo.
−
GMO, genetically modified/engineered
Organismi Geneticamente Modificati)
organism
(=OGM,
H
−
HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) consiste
nell’adozione di buone pratiche di prevenzione dei rischi sanitari a
carico degli alimenti, al fine di garantirne la sicurezza e la
salubrità.
−
HUMUS, deriva dalla decomposizione della sostanza organica, è
stabile ed ha una lunga persistenza. L’humus racchiude numerosi
nutrienti, che vengono gradualmente e lentamente rilasciati alle
piante.
I
−
IFOAM, Federazione Internazionale dei Movimenti di Agricoltura
Biologica.
−
IGP, Indicazione Geografica Protetta.
−
INGEGNERIA GENETICA è un’insieme di tecniche di biologia
molecolare (quale la ricombinazione del DNA) con le quali
vengono alterati e ricombinati i materiali genetici di piante,
animali, microrganismi, cellule ed altre unità biologiche, in modo
tale e con risultati non riscontrabili in natura. Le tecniche di
ingegneria genetica includono tra l’altro: ricombinazione del DNA,
fusione cellulare, micro e macro inoculi, incapsulamento,
eliminazione e duplicazione dei geni. Tra gli Organismi
Geneticamente Modificati non sono annoverabili quelli ottenuti
con tecniche quali l’ibridazione naturale.
−
INSETTI ENTOMOFAGI, Sono gli agenti più utilizzati nella lotta
biologica e sono classificati in predatori e parassitoidi, agiscono in
modo completamente diverso ma altrettanto efficace contro i
fitofagi (insetti che si nutrono di parti delle piante).
−
ISEAL, International Social and Environmental Accreditation and
Labelling Alliance, sviluppa gli standards e controlla il loro rispetto
da parte delle strutture associate, al fine di garantire e
138
promuovere la certificazione (volontaria) sociale ed ambientale,
quale strumento di commercio e sviluppo internazionale.
−
ISOFAR, “International Society of Organic Agriculture Research”,
organizzazione internazionale che promuove e supporta la ricerca
in tutti i settori dell’agricoltura biologica.
L
−
LAVORAZIONI DEL TERRENO, hanno l’obiettivo di creare nel
suolo le condizioni fisiche necessarie per lo sviluppo ottimale delle
piante. In agricoltura biologica vanno ridotte al minimo, adottando
particolari tecniche tendenti a prevenire il compattamento e la
creazione di suole di lavorazione, garantendo il rispetto della
naturale stratificazione dei suoli.
−
LETAME, è costituito dai reflui solidi e liquidi degli allevamenti
animali.
−
LOGO, il regolamento CE N° 331/2000 ha adottato il logo
europeo dell’agricoltura biologica.
−
LOTTA BIOLOGICA, In natura ogni specie animale o vegetale ha
degli antagonisti (predatori, parassiti, patogeni o competitori) che
contribuiscono ad impedirne la proliferazione incontrollata. Le
popolazioni naturali di predatori e parassiti sono importanti per
ridurre le infestazioni. Di norma un livello minimo di attacco viene
tollerato per attrarre e sviluppare i nemici naturali. La lotta
biologica consiste proprio nell’uso di questi “nemici naturali” per
contenere le popolazioni di fitofagi entro limiti accettabili e, di
riflesso, nell’incremento del numero di specie all’interno
dell’agroecosistema, che diviene maggiormente complesso e
quindi più stabile.
M
−
MARKETING TERRITORIALE, l’agricoltura biologica può offrire
un attivo contributo allo sviluppo locale sostenibile, promuovendo
le tipicità locali, caratterizzando il territorio e valorizzandolo nel
suo complesso. Tutto questo costituisce una leva di marketing
aggiuntiva per il territorio, rendendolo “appetibile” anche
all’esterno e contribuendo alla rivitalizzazione delle sue aree
rurali.
−
MATERIA ORGANICA NEL SUOLO, ha tre componenti:
organismi viventi, residui freschi, residui ben decomposti. I residui
139
freschi rappresentano la risorsa primaria di cibo per gli organismi
viventi del suolo. La decomposizione dei residui freschi rilascia
nel terreno I nutrienti di cui hanno bisogno le piante. La sostanza
organica ben decomposta (humus) rilascia lentamente e per
lunghi periodi I nutrienti di cui hanno bisogno le piante.
−
MINIMA COLTIVAZIONE, si tratta di una definizione che
comprende una vasta gamma di sistemi di lavorazione del terreno
che tendono a preservare la copertura vegetale del suolo,
riducendo considerevolmente i fenomeni erosivi legati all’azione
del vento e dell’acqua. Queste pratiche minimizzano la perdita di
nutrienti e di acqua, i danni alle colture e la perdita di fertilità.
−
MULTIFUNZIONALITA’. La revisione di medio termine ha
profondamente cambiato la Politica Agricola Comunitaria. Il
nuovo modello agricolo europeo che si è andato configurando,
sostiene fortemente l’estensivizzazione delle aziende agricole, le
quali possono ridurre il momento strettamente produttivo a
vantaggio della tutela ambientale e dell’avvio di altre attività quali
il turismo rurale, le fattorie didattiche, l’attivazione di percorsi
naturalistici, ecc. L’agricoltore diviene cosi anche il “guardiano del
territorio” ed assume tutto l’interesse a non depauperarlo, ma anzi
a preservarlo e valorizzarlo.
N
−
NEEM, albero asiatico (Azadirachta indica), dal quale si estrae
l’azadiractina, un insetticida naturale.
O
−
OLI MINERALI Sono derivati dalla distillazione del petrolio ad
alte temperature (arricchito di idrogeno) e dalla successiva
estrazione con solventi. Agiscono principalmente per asfissia,
soffocamento degli insetti e delle loro uova. Funzionano anche
come repellenti. Agiscono per contatto diretto principalmente su
piccoli insetti, come diaspidi, coccidi, afidi, psilla e acari. Sono
efficaci anche contro oidio ed infestanti (in considerazione della
loro fitotossicità).
−
OLI VEGETALI, (olio di menta, olio di pino, olio di cumino), sono
composti da sostanze naturali derivate da varie parti delle piante
quali fiori, semi e frutti. Normalmente gli oli vegetali e quelli
minerali vengono utilizzati in abbinamento a fungicidi e pesticidi,
migliorandone l’applicazione e la durata. Gli oli vegetali hanno
140
azione insetticida sugli insetti e le loro uova. Esercitano inoltre
un’azione repellente.
−
OMEOPATIA, è una terapia messa a punto dal medico tedesco
Samuel Hahnemann all’inizio del diciannovesimo secolo, fondata
sulla teoria “similia similibus curantur” (Il simile cura il simile).
Secondo questa teoria le malattie guariscono con i rimedi che
provocano in un individuo sano i sintomi della malattia stessa;
questa viene considerata come una perturbazione della “forza
vitale” dell’uomo. La cura consiste quindi nella riattivazione della
forza vitale attraverso la somministrazione al malato di piccole
quantità di opportune sostanze precedentemente dinamizzate,
ovvero sottoposte ad un procedimento di diluizione e
potenziamento che serve a renderle attive. In questo modo
l’organismo riattiva i meccanismi protettivi, ristabilendo il suo
regolare equilibrio biologico. Oggi molte malattie degli animali
possono essere curate con le pratiche veterinarie omeopatiche.
P
−
PACCIAMATURA, è la pratica che consiste nel ricoprire il suolo
(nelle interfile e vicino alle piante) possibilmente con sostanza
organica quale paglia, truccioli di legno, compost. Questa tecnica
aiuta a preservare l’umidità nel terreno, contenere la flora
spontanea, formare sostanza organica.
−
PERIODO DI CONVERSIONE, il diritto comunitario ha stabilito
che ogni azienda che intende aderire al regime di controllo CE del
biologico, deve superare un periodo di conversione di due anni
per le colture erbacee e tre anni per le colture arboree. Gli enti di
certificazione e le autorità competenti possono stabilire di
allungare o ridurre tale periodo.
−
PERMACULTURA
(AGRICOLTURA
PERMANENTE):
Movimento nato in Australia nel 1975. L’idea base è stata
sviluppata da Bill Mollison; “il termine permacultura descrive un
sistema integrato, permanente e sviluppato in fasi successive,
basato sulla cooperazione ed interrelazione tra piante ed animali
utilizzati per l’alimentazione umana. Una volta impostata l’azienda
agricola questa si gestisce da sola.
−
PIRETRINE, estratti dal Chrysanthemum cinerariaefolium, sono
insetticidi naturali.
−
PIRODISERBO, è un metodo di gestione della flora spontanea.
L’esposizione delle piante alle alte temperature provoca uno
141
shock termico nei tessuti vegetali, compromettendone
irreversibilmente la funzionalità, con conseguente morte della
piñata in due-tre giorni. it is a weed control method; the exposure
of wild plants to high temperature provokes a thermal choc in the
vegetable tissues and an irreversible deterioration of the
functionality of the plant, which dies within two-three days.
L’attrezzatura più utilizzata è quella a fiamma libera alimentata a
GPL.
−
POLISOLFURO DI CALCE viene usato come insetticida e
fungicida. Il suo principio attivo è lo zolfo sotto diverse forme.
Agisce come insetticida da contatto, data la causticità del
preparato. É anche efficace contro la cocciniglia. Il Polisolfuro ha
anche un’azione fungicida data la presenza dello zolfo. È usato
per la difesa di agrumi, pesco, melo, albicocco, ciliegio, vite,
olivo.
−
PRODUZIONI PARALLELE, si verificano quando nella stessa
unità produttiva si attuano contemporaneamente coltivazioni,
allevamenti o trasformazioni gestite sia con il metodo biologico
che con quello convenzionale. È da considerarsi produzione
parallela anche quella che si verifica quando lo stesso prodotto
viene coltivato sia con il metodo biologico che con quello
convenzionale. Esistono a riguardo precise restrizioni ed
accorgimenti stabiliti dalla normativa comunitaria.
−
PRINCIPIO DELLA CAUTELA, è quel principio secondo il quale,
quando viene svolta un’attività che potrebbe rivelarsi dannosa per
l’ambiente e la salute, vanno adottate tutte le misure precauzionali
possibili. Ad es. gli OGM non vanno impiegati fin quando non sia
stato fugato anche il minimo dubbio sulla loro pericolosità.
−
PRINCIPI DELL’AGRICOLTURA BIOLOGICA, dopo un intenso
processo partecipativo, nel settembre 2005, l’Assemblea generale
IFOAM svoltasi ad Adelaide in Australia ha approvato la revisione
dei “Principi di agricoltura biologica”. Questi principi sono le radici
dalle quali cresce e si sviluppa l’agricoltura biologica: principio di
salute (l’Agricoltura Biologica dovrebbe sostenere e rafforzare la
salute del suolo, delle piante, degli animali, degli esseri umani e
del pianeta come uno solo ed indivisibile), principio di ecologia
(l’Agricoltura Biologica dovrebbe essere basata su sistemi e cicli
ecologici viventi, lavorare con essi, emularli ed aiutare a
sostenerli), principio di giustizia (l’Agricoltura Biologica dovrebbe
costruire sui rapporti che assicurano la giustizia in rispetto
all’ambiente comune e le opportunità di vita), principio della
142
cautela (l’Agricoltura Biologica dovrebbe essere gestita in modo
precauzionale e responsabile per proteggere la salute ed il
benessere delle generazioni presenti e future e dell’ambiente).
Q
−
QUASSIA, è un insetticida naturale derivato dall’albero della
Quassia amara e dal Picrasma excelsa (Quassia giamaicana). I
principi attivi sono quassina e neoquassina. La Quassia, oltre ad
essere una pianta medicinale, è usata come repellente per cani e
gatti. Agisce sul sistema nervoso, sia per contatto che per
ingestione. Presentando una persistenza limitata la sua azione è
piuttosto ridotta. Campo di applicazione: orticoltura, frutticoltura,
viticoltura, silvicoltura, giardinaggio. Presenta bassa tossicità.
R
−
RESISTENZA, è quella capacità che posseggono gli insetti di
adattarsi in un certo lasso di tempo alle molecole dei pesticidi, i
quali devono essere somministrati in dosi sempre maggiori per
continuare a garantire lo stesso effetto iniziale. Questo fino a
quando non si riveleranno del tutto inadeguati ed andranno allora
sostituiti con preparati a base di altre molecole (questo è avvenuto
ad es. con il DDT).
−
ROTAZIONI, le piante si succedono sullo stesso appezzamento
seguendo una sequenza predeterminata sulla base delle
caratteristiche aziendali.
−
ROTENONE, è un alcaloide, isolato per la prima volta nel 1895. É
estratto dalle radici di alcune piante tropicali della famiglia delle
leguminose: Derris elliptica, Derris spp., Lonchocarpus utilis,
Tephrosia spp. Il Rotenone è soggetto a rapida decomposizione
se esposto alla luce ed all’aria. Ha un ampio spettro d’azione,
agendo contro lepidotteri, ditteri, coleotteri, ecc.. É anche usato in
medicina veterinaria contro le mosche di Hypoderma.
S
−
SAU, Superficie Agricola Utilizzata.
−
SINTETICO, prodotto creato con processo industriale chimico.
Include sia i prodotti che non si trovano in natura che quelli che
simulano invece prodotti realmente esistenti.
143
−
SISTEMI AGRICOLI A BASSO IMPATTO AMBIENTALE
utilizzano inputs interni all’azienda senza necessità di
approvvigionamento esterno di concimi, pesticidi, ecc., il tutto allo
scopo di ridurre l’impatto ambientale, i costi di produzione ed i
rischi per la salute dell’operatore e del consumatore. L’adozione di
questi sistemi agricoli risulta conveniente anche dal punto di vista
economico, in quanto, seppure il minore ricorso ad inputs
produttivi provoca un inevitabile calo delle produzioni, si riducono
notevolmente pure i costi di acquisto di fertilizzanri, pesticide,
diserbanti, ecc. (che costituiscono la voce di bilancio più onerosa
per le aziende convenzionali). Questi sistemi agricoli pongono
inoltre le basi per un’agricoltura durevole nel tempo e sostenibile
anche per le generazioni future.
−
SOVESCIO, pratica che consiste nel seminare singole colture
erbacee (ad es. favino) o miscugli di più specie, senza l’obiettivo
di raccoglierne i prodotti ma allo scopo di interrare le piante per
incorporare nel terreno biomassa verde.
−
STG, Specialità Tradizionale Garantita.
T
−
TERAPIA AIURVEDICA, utilizza prodotti derivati da piante
officinali e minerali per sviluppare il sistema immunitario degli
animali.
−
TRACCCIABILITA’, si riferisce alla possibilità di seguire un
alimento in tutte le fasi della sua produzione, trasformazione e
commercializzazione: “dall’azienda alla tavola”.
U
−
UBA, Unità di Bestiame Adulto
V
−
VERMICOMPOST, miscela di rifiuti organici parzialmente
decomposti e secrezioni di vermi. Contiene parti di piante, di cibo,
materiale usato come lettiera dei vermi, bozzoli, vermi stessi ed
organismi associati.
W
−
WHO (=OMS), Organizzazione Mondiale della Sanità.
144
−
WWOOF, (Willing Workers On Organic Farms) lavoratori volontari
nelle aziende agricole biologiche, è un network internazionale di
scambio che offer vitto, alloggio e tirocinio pratico in cambio di
lavoro. Sono possibili esperienze di varia durata. Il WWOF offre
eccellenti opportunità formative per chi vuole avvicinarsi al
biologico, scambi di vita rurale, culturali, ed infinite opportunità di
conoscenza dei movimenti del biologico. (www.wwoof.org).
Z
−
ZONA DI RISPETTO, zona di confine che delimita un’azienda
biologica, da una convenzionale, potenzialmente in grado di
contaminare l’ambiente con sostanze quali pesticidi ed altri
prodotti vietati nel biologico.
145
BIBLIOGRAFIA
•
Sir Albert Howard, An Agricultural Testament, Oxford
University Press, 1940 - Opera tradotta in italiano con il titolo
“I diritti della Terra, alle radici dell’agricoltura naturale”,
Edizioni Slow Food, Bra (CN), 2005.
•
The IFOAM norms for organic production and processing.
Edizioni IFOAM, Bonn, 2005.
•
Code of good practice for setting social and environmental
standards. Edizioni ISEAL, Bonn, 2004.
•
Vincenzo Vizioli, Conversione al biologico, linee guida per
gestire il passaggio dell’azienda convenzionale al metodo di
agricoltura biologica. Edizioni AIAB, Roma, 2003.
•
Commissione Europea Centro comune di Ricerca – Istituto
per le prospettive tecnologiche, 1° Report del progetto
“Sistemi di garanzia e certificazione della qualità nella filiera
agroalimentare”, Siviglia, 2006
(http://foodqualityschemes.jrc.es/it/index.html).
•
AAVV, Atti del convegno “Agricoltura biologica nella gestione
delle aree protette”, Edizioni AIAB, 2005.
•
AAVV, La zootecnia biologica bovina e suina in Italia –
Tecniche e mercato, a cura di Andrea Povellato,
pubblicazione dell’INEA – Istituto Nazionale di Economia
Agraria, Edizioni Scientifiche Italiane, 2005.
SITI INTERNET
•
•
•
•
•
•
http://www.organicfarming-advisor.eu - Portale dedicato ai
consulenti europei di agricoltura biologica.
http://www.sinab.it - Portale del Sistema d’informazione
nazionale sull’agricoltura biologica del Ministero italiano delle
Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
http://www.aiab.it - Portale dell’Associazione Italiana per
l’Agricoltura Biologica.
http://www.cittadelbio.it - Il Portale delle Città del Bio.
http://www.ifoam.org - Sito della Federazione
Internazionale dei Movimenti di Agricoltura Biologica.
http://ec.europa.eu/agriculture/organic - nuovo sito ufficiale
dell’Unione Europea sull’agricoltura biologica.
146
Manuale del
Consulente di
agricoltura
biologica
Progetto
ECOLEARNING
ES/07/LLP-LdV/TOI/149026
QUESTIONARIO
(da inviare a Biocert per fax allo 081 7612734 o per e-mail: [email protected])
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diverse tipologie di utenza e di raccoglierne tutti i suggerimenti, al fine di migliorare
costantemente nel tempo la qualità del servizio offerto. Le informazioni trasmesse saranno
trattate in modo anonimo. Solo coloro che intendono ricevere gratuitamente gli aggiornamenti
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1.
Da quale fonte ha appreso dell’esistenza del presente manuale?
□ Internet □ rivista □ in fiera □ da un collega □ altro (specificare)
__________________________________________________________
2.
La lettura del manuale ha soddisfatto le sue aspettative?
□ in pieno □ solo in parte □ per niente
3.
Ha letto altri manuali del progetto Ecolearning?
□ no □ si (specificare)
_________________________________________________________
4.
Cosa le piacerebbe fosse inserito o modificato nelle prossime edizioni?
__________________________________________________________
Grazie per il tempo che ci ha dedicato e si ricordi di compilare la nota in calce
se desidara ricevere gratuitamente gli aggiornamenti del manuale.
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sottoscritt_
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residente
in
_________________________ (___) alla Via ____________________________ ,
Tel. ______________ Fax ______________ E-mail ______________________ ,
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30.06.03 N. 196, al solo fine di essere inserito nell’elenco dei fruitori dei servizi formativi, gestito
dall’Associazione Biocert con sede in Napoli alla Via Tasso 169, e ricevere gratuitamente gli aggiornamenti
successivi dell’opera acquistata. Il responsabile del trattamento dei dati è il Sig. Salvatore Basile, presidente
dell’Associazione Biocert.
Luogo, data, firma
147
Partners del progetto comunitario “ECOLEARNING” - ES/07/LLP-LdV/TOI/149026
Instituto de Formación y Estudios Sociales
MADRID - SPAGNA
Sito web: http://www.ifes.es
Unión de Pequeños Agricultores y
Ganaderos
MADRID - SPAGNA
Sito web: http://www.upa.es
Formación 2020 S.A.
MADRID - SPAGNA
Sito web: http://www.formacion2020.es
AGROLINK
SOFIA - BULGARIA
Sito web: http://www.agrolink.org
ARAD - Asociatia Romana Pentru Agricultura
Durabila
FUNDULEA - ROMANIA
Sito web: http://www.agriculturadurabila.ro
BFW – Berufsfortbildungswerk Gemeinnützige Bildungseinrichtung
des DGB Gmbh - Competence Center EUROPA
HEIDELBERG - GERMANIA
Sito web: http://www.bfw.eu.com
BIOCERT Associazione
NAPOLI – ITALIA
Sito web: http://www.biocert.it
Escola Superior Agrária
Instituto Politécnico de Viana do Castelo
PONTE DE LIMA – PORTOGALLO
Sito web: http://www.esa.ipvc.pt
MÖGÉRT - Magyar Ökológiai
Gazdálkodásért Egyesület
BUDAPEST - HUNGARY
Sito web: http://www.mogert.uni-corvinus.hu
STPKC
STPKC - Swedish TelePedagogic
Knowledge Center
NYKÖPING - SWEDEN
Sito web: http://www.pedagogic.com
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