Sentenza del Tribunale di Trento del 6 ottobre 2010

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Sentenza del Tribunale di Trento del 6 ottobre 2010
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI TRENTO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
il dott. Giorgio Flaim, quale giudice del lavoro, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa per controversia in materia di lavoro promossa con ricorso depositato in
data 2.10.2009
d a
C. N.
rappresentato e difeso dall’avv. G. G. e dall’avv. V. L. ed elettivamente domiciliato
presso lo studio dell’avv. E. P., …
ricorrente
c o n t r o
T. s.r.l.
rappresentata e difesa dagli avv.ti T. F., S. T. ed A. C. ed elettivamente domiciliata
presso lo studio degli stessi, in …
convenuto
CONCLUSIONI DI PARTE RICORRENTE
“In via pregiudiziale e preliminare:
disporre la chiamata in causa dell’ I.N.P.S., essendo la presente causa comune
all’Istituto di Previdenza stante la richiesta di regolarizzazione contributiva.
Nel merito:
1)
Accertare e dichiarare che il licenziamento intimato da T. s.r.l. a C. N. in data
15.1.2009 è totalmente illegittimo per carenza di giusta causa e/o giustificato
motivo sia oggettivo che soggettivo e come tale dichiararlo nullo e/o inefficace e/o
pronunciare il suo annullamento;
per l’effetto:
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condannare la resistente a corrispondere al ricorrente, a titolo di risarcimento del
danno per licenziamento illegittimo, la somma di € 11.787,84, oltre interessi legali
dalla data della presente domanda al saldo effettivo.
2)
Accertare e dichiarare che non risultano corrisposti al ricorrente gli importi per gli
straordinari (compresi i contributi) e l'indennità sostitutiva del preavviso pari ad €
14.287,63;
per l’effetto:
condannare la resistente a corrispondere al ricorrente la somma di € 14.287,63.
3)
Accertare e dichiarare che in data 30 luglio 2007, in località Borgo Valsugana, via
Alpruni, il ricorrente C. N. ha subito un infortunio sul lavoro in conseguenza del
quale riportava la rottura di n. 3 denti;
accertare e dichiarare che in esito al sinistro, al ricorrente non veniva riconosciuto
alcun giorno di malattia, né gli veniva risarcito il danno materiale e biologico
derivante dal predetto;
per l'effetto:
condannare la società resistente a corrispondere al ricorrente, a titolo di
risarcimento del danno per il sinistro descritto in premesse, la somma complessiva
di € 17.955,00 (di cui € 7.955,00 quale costi stimati per la costruzione della protesi),
salva diversa somma maggiore o minore che il tribunale vorrà liquidare in via
equitativa.
4)
In ogni caso:
con vittoria di spese, diritti ed onorari”.
CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA:
“Rigettare tutte le domande proposte del ricorrente C. N. nei confronti della
convenuta T. s.r.l., con condanna del ricorrente alla rifusione di spese, diritti ed
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onorari di causa, oltre al 12,5% per spese generali e CNPA ed IVA come per
legge”.
PREMESSA
Il ricorso risulta depositato in data 2.10.2009.
Ne consegue che:
1)
Trova applicazione la novella dell’art. 429 co.1 cod.proc.civ. introdotta dall’art. 53
co.2 D.L. 25.6.2008, n. 112, conv. con L. 6.8.2008, secondo cui “nell'udienza il
giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronuncia
sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo e della esposizione
delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”, mentre solo “in caso di particolare
complessità della controversia” (certamente non ricorrente nella fattispecie in esame)
“il giudice fissa nel dispositivo un termine, non superiore a sessanta giorni, per il
deposito della sentenza”;
infatti l’art. 56 D.L. 112/2008 prescrive che il novellato 429 cod. proc. Civ. “si
applica ai giudizi instaurati dalla data della sua entrata in vigore” ossia, alla luce del
disposto ex art. 86 D.L. cit., a decorrere dal 25 giugno 2008.
Secondi i primi commenti dottrinali il modello di sentenza delineato dal nuovo art.
429 co.1 cod.proc.civ. è riconducibile a quello descritto dall’art. 281-sexies
cod.proc.civ., il quale dispone che “il giudice, fatte precisare le conclusioni, può
ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte,
in un’udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione, dando
lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto
della decisione.
In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del
giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria”.
2)
Trova, altresì, applicazione la novella dell’art. 118 disp.att. c.p.c., introdotta dall’art.
52 co.5 L. 18.6.2009, n. 69, secondo cui “La motivazione della sentenza di cui
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all’articolo 132, secondo comma, numero 4), del codice consiste nella succinta
esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione,
anche con riferimento a precedenti conformi”;
infatti l’art. 58 L. 69/2008 prevede: “Fatto salvo quanto previsto dai commi
successivi, le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura
civile e le disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile si applicano ai
giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore”.
MOTIVAZIONE
1)
in ordine all’istanza di chiamata in causa dell’I.N.P.S.
Il ricorrente ha chiesto (nelle sole conclusioni) la chiamata in causa dell’I.N.P.S.
“essendo la presente causa comune all’Istituto di Previdenza stante la richiesta di
regolarizzazione contributiva”.
L’istanza non è fondata alla luce della risalente, ma non più contraddetta,
giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. 23.1.1986, n. 442; Cass. 22.6.1985, n.
3782; Cass. 12.7.1984, n. 4087;), secondo cui l'esigenza dell'estensione del
contraddittorio a tutti i soggetti del rapporto previdenziale - e quindi anche all'INPS,
nel giudizio instaurato dal lavoratore contro il datore di lavoro per la regolarizzazione
della posizione assicurativa - non sussiste qualora venga effettivamente in
contestazione soltanto il rapporto di lavoro o qualche elemento del medesimo.
2)
in ordine all’impugnazione del licenziamento intimato al ricorrente in data
15.1.2009
Alla luce del tenore letterale dell’intimazione di data 15.1.2009 (“La sottofirmata
ditta… Le comunica la presente che per motivi tecnico- organizzativi il camion
aziendale è stato venduto, il trasporto merci viene delegato a ditte esterne, per questo
motivo la Sua figura professionale di autista viene a mancare. Non essendo
disponibile in azienda un'altra figura professionale alla quale poterla adibire, per
esigenze di riorganizzazione aziendale, è costretta a licenziarla per riduzione di
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personale…”) è indubbio che il licenziamento de quo debba essere sussunto nella
fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo prevista dall’art. 3
L.15.7.1966, n.604 (“inerente all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed
alla regolare funzionamento di essa”).
Secondo l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (ex plurimis, di recente,
Cass. 2.10.2006, n. 21282; Cass. 14.7.2005, n. 14815; Cass. 3.7.2003, n.10554; Cass.
9.7.2001, n.9310; Cass. 14.6.1999, n.5893; Cass. 17.8.1998, n.8057; Cass. 3.8.1998,
n.7620; Cass. 27.11.1996, n.10527; Cass. 26.10.1996, n.9369;) la legittimità del
licenziamento per giustificato motivo oggettivo è subordinata ad un triplice
presupposto:
1) la sopravvenuta impossibilità per il datore di utilizzare le prestazioni del
lavoratore,
2) la dipendenza causale di questa impossibilità da effettive ragioni inerenti
l’attività produttiva o l’organizzazione del lavoro od il regolare funzionamento di
essa,
3) l’impossibilità di un diverso impiego del lavoratore nell’azienda;
ad 1) e 2)
La società convenuta allega che, a seguito della segnalazione del proprio consulente
C., alla fine del primo semestre 2008, di un aggravamento del trend economico
negativo con conseguente necessità di intervenire sui costi ed in particolare su quello
afferente il servizio di trasporto con camion nei cantieri che comportava una spesa
annua di € 60.000,00 del tutto sproporzionata rispetto alle dimensioni aziendali, ha
proceduto ad esternalizzare detto servizio, “cedendo l’autocarro con gru a terzi e
sopprimendo il posto di autista” e quindi procedendo al licenziamento del ricorrente
che occupava quel posto ed utilizzava quel veicolo.
Il ricorrente contesta tali circostanze, adducendo che successivamente al
licenziamento, in data 18.2.2009, la società datrice ha proceduto all’acquisto del
veicolo medesimo “che era oggetto di leasing”.
In proposito la società convenuta ha così replicato in memoria di costituzione:
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“L’autocarro…era stato acquistato dalla convenuta in leasing, per cui, per poterne
effettuare il trasferimento al PRA a favore dell'acquirente, era necessario provvedere
al riscatto, intestare il veicolo alla convenuta riscattante e quindi effettuare il
passaggio di proprietà all'acquirente.
Per questo nel contratto di compravendita dell’autocarro è stata prevista la
consegna del mezzo dopo la firma del passaggio di proprietà, entro il luglio 2009, e
la custodia del veicolo sino a tale data da parte della convenuta nel proprio
magazzino.
Dopo la vendita pattuita nel dicembre 2008 l'autocarro in questione è stato spostato
dal magazzino solo un paio di volte per eseguire revisioni in officina.
Una volta pagato il riscatto dell'autocarro, la società di leasing, nel febbraio del
2009, ha ceduto l'autocarro alla convenuta e la convenuta, in data 5.8.2009, ne ha
trasferito la proprietà alla B. G. s.n.c. di Borgo Valsugana…
La società convenuta, a partire dal gennaio 2009, sino a settembre 2009, ha
sostenuto per spese di trasporto attrezzature con camion e gru effettuati da terzi costi
pari ad € 4.025,44.”;
inoltre in sede di interrogatorio libero il legale rappresentante della società convenuta
ha ulteriormente precisato: “Il fatto che l'intestazione della proprietà dell'autocarro
alla ditta B. sia avvenuta in data 5.8.2009 e quindi a molti mesi di distanza sia dalla
stipula del contratto di vendita (4.12.2008), sia dall'emissione della fattura di riscatto
da parte della società di leasing (17.12.2008) è imputabile alla volontà della ditta
Battisti, la quale solo nel luglio- agosto 2009 ha avuto a disposizione la liquidità
necessaria per pagare il prezzo convenuto con la mia società”.
Le circostanze, allegate dalla società convenuta in ordine alla soppressione del posto
di lavoro occupato dal ricorrente prima del suo licenziamento, hanno trovato riscontro
nell’istruttoria testimoniale svolta.
In proposito C. F., commercialista della società convenuta, ha confermato i cap. 39
(“Alla fine del primo semestre 2008 il commercialista e consulente finanziario della
convenuta dott. F. C. di Trento ha segnalato ai soci della convenuta stessa
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l'aggravamento del trend economico negativo e la necessità di intervenire sui costi,
anche ai fini del mantenimento della certificazione di qualità ISO 9000”) e 40
(“Effettuata un'analisi approfondita dei costi più o meno
necessari al miglior
funzionamento di andare, il predetto dott. F. C. ha rilevato che la convenuta, a fronte
delle sue dimensioni di piccola impresa edile, subiva un'incidenza di costo per l'uso
in conto proprio dell'autocarro con relativo autista eccessiva e sproporzionata
rispetto alle dimensioni aziendali, e ciò nell'ordine di circa 60.000,00 annui”);
inoltre il teste ha dichiarato di aver evidenziato alla ditta che il servizio di trasporto
presso i cantieri “poteva essere esternalizzato con un costo inferiore a quello fino ad
allora sopportato, con conseguente diminuzione della perdita d'esercizio” in quanto
“le esigenze dell'azienda non richiedevano prestazioni di autista per un numero pari
a quelle svolte da un lavoratore subordinato a tempo pieno”;
inoltre Battisti Enrico, legale rappresentante della società B. G. s.n.c., ha dichiarato:
“Confermo di aver stipulato in data 4.12.2008 il contratto di compravendita… Io ero
interessato all'acquisto del camion, ma non disponevo della liquidità necessaria a
pagare il prezzo; venne stipulato un accordo per iscritto in modo da fissare il
chilometraggio del veicolo e le ore di utilizzo della gru, installati sul camion stesso;
evidenzio che nel documento sono stati indicati entrambi i due dati; l'accordo
raggiunto con il venditore era nel senso che, essendo stato convenuto il prezzo anche
in relazione al chilometraggio, il veicolo non sarebbe stato utilizzato dal venditore
per l'attività ordinaria fino alla consegna ed al pagamento del prezzo; la vendita è
stata formalizzata nell'agosto 2009; non ho ricordi precisi in proposito, ma, avendo
proceduto alla stipula formale dell'atto di vendita ed al pagamento del prezzo, è del
tutto verosimile che il patto circa il non utilizzo del mezzo successivamente all'atto
del 4.12.2008 sia stato rispettato dal venditore”;
B. P., dipendente della società convenuta con mansioni di capocantiere, ha dichiarato:
“Dopo la cessazione del rapporto di lavoro del ricorrente io ho sempre visto
l'autocarro, che egli utilizzava per svolgere le sue prestazioni, fermo in magazzino;
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escludo sia stato utilizzato da qualcun’ altro nell'esercizio dell'attività d'impresa
della convenuta o quanto meno io personalmente non ho mai notato la circostanza”;
C. N., dipendente della società convenuta con mansioni di muratore, ha dichiarato:
“E’ vero che dopo la cessazione del rapporto di lavoro del ricorrente l'autocarro con
gru che egli utilizzava non venne più usato per lo svolgimento della normale attività
d'impresa, ma venne lasciato fermo in magazzino fino alla vendita; per quanto so tra
i dipendenti non vi era qualcuno in possesso della patente C necessaria alla guida
del mezzo”.
A. B., dipendente della società convenuta con mansioni di muratore, ha dichiarato:
“Dopo la cessazione del rapporto di lavoro del ricorrente l'autocarro, che egli
utilizzava, è rimasto fermo in magazzino; infatti nessuno di noi dipendenti è in
possesso della patente C necessaria per la guida di detto mezzo; ricordo che in
azienda si diceva che l'autocarro era stato venduto a terzi”.
Nelle note finali autorizzate la difesa del convenuto ritiene inverosimile che
l’acquisto del veicolo, utilizzato dal ricorrente in costanza del rapporto di lavoro, sia
avvenuto nel dicembre 2008 ;
in proposito rileva che il contratto apparentemente stipulato il 4.12.2008 è privo di
data certa ed inoltre considera implausibile che le parti (a pag, 2 si riferisce
all’acquirente, a pag. 3 al venditore) abbiano lasciato deperire l’autocarro inutilizzato
per otto mesi.
Tuttavia, ai fini della presente causa, occorre accertare se, come ha allegato la società
convenuta, il posto occupato dal ricorrente (autista addetto ai trasporti presso i
cantieri) sia stato effettivamente soppresso in epoca prossima all’intimazione del
licenziamento;
la risposta deve essere positiva in quanto la società datrice ha provato che
successivamente al licenziamento del ricorrente non ha utilizzato l’autocarro prima
messo a disposizione del ricorrente, che al fine di effettuare i trasporti presso i
cantieri si è avvalso dei servizi di terzi e che il veicolo è stato definitivamente
dismesso.
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a 3)
Nulla ha allegato in proposito il ricorrente, come sarebbe stato suo onere alla luce
dell’ormai consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (ex multis Cass.
22.10.2009, n. 22417; Cass. 19.2.2008, n. 4068; Cass. 2.4.2004, n. 6556;), secondo
cui il lavoratore che impugni il licenziamento è tenuto ad una collaborazione
nell'accertamento di un possibile reimpiego mediante l'indicazione di altri posti in cui
poteva essere collocato, cui corrisponde l'onere del datore di lavoro di provare la non
utilizzabilità dei posti predetti (da intendersi assolto anche mediante la dimostrazione
di circostanze indiziarie, come la piena occupazione negli altri cantieri e l’assenza di
altre assunzioni in relazione alle mansioni del dipendente da licenziare).
Nelle note finali autorizzate la difesa del ricorrente sostiene che avrebbe potuto
svolgere le mansioni di muratore dato che nel corso del rapporto veniva
“all’occorrenza” utilizzato in quelle prestazioni;
sennonché quest’ultima circostanza è stata contestata dalla società convenuta già in
memoria di costituzione (pag. 2-3) ed il ricorrente non ha offerto alcuna prova della
sua allegazione.
In definitiva la domanda afferente l’impugnazione del licenziamento va rigettata in
quanto è stata accertata la sussistenza del giustificato motivo oggettivo addotto
nell’atto di intimazione.
--Non è fondata neppure la domanda di corresponsione dell’indennità sostituiva del
preavviso, la quale risulta per tabulas (doc. 12 di parte convenuta e doc. 9 di parte
ricorrente) essere già stata versata.
3)
in ordine alla domanda di corresponsione del compenso per lavoro straordinario
Nel proprio atto introduttivo il ricorrente ha allegato che in costanza del rapporto con
la società convenuta osservava l’orario di lavoro 6,30/7 – 19 senza mai percepire il
compenso per il lavoro straordinario svolto;
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in particolare afferma che egli “quotidianamente redigeva, scaricava e consegnava al
datore di lavoro” due rapportini orari al giorno, “uno relativo agli orari contrattuali e
l'altro alle prestazioni dello straordinario”.
Tale circostanza non ha trovato riscontri nell'istruttoria svolta, ma anzi è stata
smentita dai testi escussi;
in proposito F. F., ex dipendente della società convenuta con mansioni di fronte di
cantiere, ha dichiarato: “Escludo che il datore di lavoro abbia dato disposizione di
redigere un doppio rapportino”;
parimenti C. N., dipendente della società convenuta con mansioni di muratore, ha
dichiarato: “Escludo che il datore di lavoro abbia dato la disposizione di redigere un
secondo rapportino nel caso di svolgimento di lavoro straordinario”;
così anche B. P., alle dipendenze della società convenuta con mansioni di
capocantiere, ha dichiarato: “Io redigo giornalmente un rapportino circa l'attività
svolta da me e dai componenti la squadra che dirigo; nell'ipotesi di svolgimento di
lavoro straordinario le relative annotazioni vengono effettuate sul rapportino redatto
giornalmente; escludo venga compilato un secondo rapportino specificamente
dedicato allo svolgimento di lavoro straordinario… ho ricevuto il relativo compenso
nella busta paga ”;
infine A. B.,
dipendente della società convenuta con mansioni di muratore, ha
dichiarato: “Quando svolgo il ruolo di caposquadra redigo un rapportino circa
l'attività svolta; nel caso di prestazione di lavoro straordinario la circostanza viene
annotata nello stesso rapportino; escludo che il datore di lavoro mi abbia dato la
disposizione di redigere un secondo rapportino specifico per il lavoro
straordinario… i relativi compensi vengono inseriti in busta paga”.
Può aggiungersi che il ricorrente, in sede di interrogatorio libero, ha preso atto che “in
alcuni rapportini prodotti dall'azienda è effettivamente indicato un numero di ore di
lavoro superiore a quell'ordinario” e che “nei
prospetti paga prodotti dalla
convenuta in alcuni mesi appare l'inserimento del compenso per lavoro
straordinario”;
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quindi appare assai remota l’ipotesi che la società datrice tenesse per il lavoro
straordinario una doppia contabilità, una regolare ed una in nero, tant'è vero che lo
stesso ricorrente ha affermato, sempre nel corso del suo interrogatorio libero, di non
essere “in grado di riferire in base a quale criterio venisse ripartito lo straordinario
indicato nei rapportini del primo tipo e quelle indicato nei rapportini del secondo
tipo”.
Quanto all’orario concretamente svolto il teste F. F., ex dipendente della società
convenuta con mansioni di fronte di cantiere, ha dichiarato: “Il ricorrente osservava
l'orario 7,30-8 fino alle 16,30-17, con una pausa pranzo di un'ora; per quanto mi
consta non lavorava di sabato; sempre per quanto mi possa ricordare non svolgeva,
quanto meno in modo rituale, lavoro straordinario”;
parimenti C. N., dipendente della società convenuta con mansioni di muratore, ha
dichiarato: “I dipendenti dalla convenuta osservano l'orario 7,30 fino alle 17,30, con
un'ora di pausa; ogni tanto lavoriamo di sabato”;
così anche B. P., alle dipendenze della società convenuta con mansioni di
capocantiere, ha dichiarato: “L’orario ordinario osservato dai dipendenti è il
seguente: 8,00-12 e 13-17; solo saltuariamente si lavora di sabato; per quanto mi
consta, il ricorrente non lavorava al di fuori di detti orari; ciò non è di certo
avvenuto nei cantieri da me diretti”;
infine A. B.,
dipendente della società convenuta con mansioni di muratore, ha
dichiarato: “Solitamente osserviamo l'orario 7,30-12,00 e 13-17, con una pausa di
un'ora; solo saltuariamente lavoriamo di sabato”.
Nelle note finali autorizzate la difesa del ricorrente evidenzia la non perfetta
sovrapposizione degli orari di lavoro riferiti dai testi;
tuttavia le discrepanze non sono eccessive e come tali accrescono e non già inficiano
l’attendibilità dei testi.
Neppure dalle risultanze dei dischi cronotachigrafici, acquisiti con l’ordinanza di
esibizione pronunciata all’udienza del 22.12.2009, emergono apprezzabili conferme
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dell’allegazione del ricorrente, secondo cui egli abitualmente iniziava a lavorare alle
6,30-7 e terminava alle 19;
in allegato alle note finali autorizzate la difesa del ricorrente ha depositato dei
prospetti in cui afferma di aver indicato “le ore risultanti dall’esame dei dischi e
quelle riportate sull’agenda del C.”; ne evince che “dal raffronto dei dati appare di
tutta evidenza la correttezza e l’assoluta attendibilità delle annotazioni contenute
nelle agende del C.”.
Tali assunti non possono essere condivisi:
a prescindere dalla consueta opinabilità che comporta la lettura dei dischi
cronotachigrafici, le annotazioni confermano che il ricorrente assai raramente ha
iniziato il lavoro prima delle 7,00 e lo ha terminato dopo le 18 (mentre nel ricorso
introduttivo ha allegato di essere solito lavorare “dalle 6,30/7 alle 19”);
inoltre, anche considerando le annotazioni effettuate dal ricorrente, molto numerose
sono le discrepanze tra i dati ricavati dai dischi e quelli desunti dalla agende, specie
se viene computata, contrariamente a quanto fatto dal ricorrente, la pausa pranzo (che
nell’edilizia solitamente non è inferiore all’ora).
Quanto alle annotazioni contenute nelle agende del ricorrente, sono di per sé soli
documenti privi di valore probatorio nei confronti della società convenuta attesa la
provenienza dallo stesso ricorrente.
In definitiva la domanda, proposta dal ricorrente, di corresponsione dei compensi per
lavoro straordinario deve essere rigettata.
4)
in ordine alla domanda di risarcimento dei danni conseguenti all’infortunio
assertamente occorso al ricorrente in data 30.7.2007
Nell’atto introduttivo il ricorrente ha allegato: “In data 30.7.2007, presso il cantiere
sito in via A. di Borgo Valsugana, ove il ricorrente prestava la propria attività
lavorativa, a causa del malfunzionamento della gru (circostanza già all'epoca più
volte fatta presente alla resistente), che sbalzava improvvisamente venendo a cozzare
contro il viso del ricorrente, questi riportava la rottura di n. 3 denti, senza che il
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sinistro fosse in alcun modo denunciato e senza che il ricorrente potesse beneficiare
del riposo post infortunio e del risarcimento del danno (nonostante le continue
promesse della resistente)… Un episodio simile di cattivo funzionamento della gru
accadeva anche in data 20 settembre 2007, allorquando, nel cantiere di Caldonazzo
(della ditta L. di Borgo Valsugana), la gru sobbalzava improvvisamente, venendo a
cozzare contro il vetro del camion, lasciando illeso il ricorrente per pura fortuna… A
riprova della veridicità della circostanza del malfunzionamento, il successivo 10
gennaio 2008 il titolare della resistente inviava il C. presso l'officina M. di Fonzaso
(BL) a svolgere la revisione della gru (obbligatoria di anno in anno), nella quale
circostanza venivano sostituite 2 elettro-valvole in quanto difettose…”.
Anche in proposito il ricorrente è caduto, nel corso del suo interrogatorio libero, in
alcune vistose contraddizioni rispetto alle allegazioni dell’atto introduttivo:
a)
a fronte dell’eccezione di parte convenuta, secondo cui “in data 30.7.2007 il cantiere
di via Alpruni era già stato chiuso per ultimazione dei lavori”, il ricorrente ha
indicato un diverso cantiere (via G.), senza dare alcuna giustificazione dell’errore;
b)
peraltro anche questa nuova allegazione appare scarsamente verosimile dato che nel
rapportino del giorno dell’infortunio il ricorrente ha menzionato quale luogo di lavoro
il “magazzino”, che, come emerge dagli stessi rapportino,
solitamente stava ad
indicare il magazzino di via P. e non già il deposito di via G.;
c)
inoltre ha affermato: “Dell’infortunio non ho messo al corrente il datore di lavoro, ho
proseguito il lavoro sia lo stesso giorno dell'infortunio sia nei giorni successivi”, di
talché appaiono prive di senso le doglianze espresse in ricorso circa la mancata del
denuncia del sinistro all’I.N.A.I.L. da parte del datore e la mancata fruizione del
riposo post-infortunio;
d)
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infine ha ammesso che nel rapportino del giorno del presunto infortunio non appare
indicato l’utilizzo della gru (ma solo lo scarico del veicolo IVECO) sebbene fosse
vigente in azienda una disposizione per cui era obbligatorio riportare nei rapportino
“quali mezzi e per quanto tempo venivano utilizzati”.
Neppure dall’istruttoria testimoniale sono emersi riscontri favorevoli alla versione dl
ricorrente, che, anzi, risulta in molte parti smentita.
Infatti in ordine all’accadimento dell'infortunio il teste F. F., all'epoca dipendente
della società convenuta con mansioni di geometra di cantiere, ha dichiarato: “Nulla so
di infortuni occorsi al ricorrente”;
parimenti C. N., dipendente della società convenuta con mansioni di muratore, ha
dichiarato: “Nulla so di infortuni occorsi al ricorrente; non ho mai notato,
incontrandolo sul lavoro, che il ricorrente presentasse delle lesioni alla bocca o
dunque al viso. Escludo che il ricorrente mi abbia mai parlato di aver riportato
rotture di denti o comunque lesioni alla bocca nell’utilizzo della gru”;
così anche B. P., alle dipendenze della società convenuta con mansioni di capo
cantiere: “Non ho mai avuto notizia di infortuni occorsi al ricorrente durante
l'utilizzo della gru; il ricorrente non me ne ha mai parlato”;
infine A. B.,
dipendente della società convenuta con mansioni di muratore, ha
dichiarato: “Non ho mai avuto notizie di infortuni occorsi al ricorrente nell'utilizzo
della gru installata sul camion che utilizzava. Per quanto ricordo il ricorrente non ha
mai presentato lesioni alla bocca o al viso; il ricorrente non mi ha mai riferito di
malfunzionamenti della gru”.
In ordine al presunto episodio di malfunzionamento della gru nel settembre 2007
presso il cantiere di Caldonazzo, C. N., dipendente della società convenuta con
mansioni di muratore, ha dichiarato: “Ho assistito al danneggiamento provocato da
C. alla cabina del camion durante una manovra effettuata con la gru; si trattava di
scaricare un componente di un escavatore per posizionarlo all'interno di uno scavo
profondo 4 metri; io gli consigliai di non effettuare la manovra dato che lo scavo era
profondo ed avrebbe dovuto operare sopra la cabina del camion; C. mi disse che ci
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sarebbe riuscito; sennonché, nell'effettuare la manovra, il braccio della gru è andato
a schiacciare la cabina del camion; non mi risulta che l'urto sia avvenuto a seguito di
un sobbalzo della gru”.
Infine, a proposito della presunta riparazione della gru nel gennaio 2008, il teste M.
G., titolare dell’officina M., ha dichiarato: “Non ho ricordi precisi, ma posso dire,
esaminando le fatture del periodo (gennaio 2008), che ho svolto una prestazione di
servizi in favore della convenuta; si trattò di una verifica sulla gru installata su di un
veicolo Iveco 260; la verifica era una verifica che viene svolta annualmente. Sempre
esaminando le fatture, non vennero rilevate disfunzioni particolari; vennero sostituiti
componenti che normalmente sono soggetti ad usura; sempre alla luce delle
risultanze delle fatture, escludo siano state sostituite delle elettrovalvole; fu sostituito
invece un fungo di emergenza; preciso che le elettrovalvole hanno un costo di molto
superiore all'importo delle fatture; escludo, in considerazione del tipo di prestazioni
effettuate, che la gru presentasse un malfunzionamento tale da determinare sbalzi
improvvisi ed incontrollabili; questo tipo di inconveniente si verifica quando le
elettrovalvole (modulo attuatore) siano difettose, il che non si è verificato
nell'occasione dato che le elettrovalvole non sono state sostituite”.
In definitiva il ricorrente non ha assolto l’onere, su di lui incombente quale creditore
dell’obbligo di sicurezza ex art. 2087 cod.civ. (ex multis, di recente, Cass. 17.2.2009,
n. 3788; Cass. 17.2.2009, n. 3786; Cass. 13.8.2008, n. 21590; Cass. 19.7.2007, n.
16003;), di provare il fatto oggettivo dell’inadempimento imputabile alla società
datrice, di talché le sue domande debbono essere rigettate.
5) in ordine alle spese
Le spese, come liquidate in dispositivo, non possono che seguire la soccombenza.
P.Q.M.
Il tribunale ordinario di Trento - sezione per le controversie di lavoro, in persona del
giudice istruttore, in funzione di giudice unico, dott. Giorgio Flaim, definitivamente
pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, così decide:
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1. Rigetta le domande proposte dal ricorrente.
2. Condanna il ricorrente alla rifusione, in favore della società convenuta, delle
spese di giudizio, liquidate nella somma complessiva di € 3.722,35, oltre al
12,50% su diritti ed onorari per spese generali, ad I.V.A. e C.N.P.A.., di cui €
45,35 per spese, € 1.677,00 per diritti ed € 2.000,00 per onorari.
Trento, 5 ottobre 2010
IL CANCELLIERE
IL GIUDICE
Tiziana Oss Cazzador
dott. Giorgio Flaim
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