Diventare figli di Dio 5
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Diventare figli di Dio 5
Crescere lottando contro se stessi 27 «Avete inteso che fu detto: Non farai adulterio. 28 Io invece vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, già ha commesso adulterio con essa nel suo cuore. 29 Se il tuo occhio destro ti è motivo di inciampo, càvalo e gettalo via da te; infatti è meglio per te che un tuo membro perisca, anziché tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. 30 E se la tua mano destra ti è motivo d'inciampo, troncala e gettala via da te; infatti è meglio per te che un tuo membro perisca, anziché tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna». (Mt 5,27-30) La logica del peccato è come una scala a pioli… Diventare figli significa odiare ciò che ci impedisce di essere fedeli al Padre La buona logica difensiva della “siepe attorno alla Torah”, che Gesù usa spesso in questo testo, spiega tutte le apparenti esagerazioni che vi troviamo: “Chi avrà detto pazzo sarà sottoposto al fuoco della Geenna”; “Se il tuo occhio ti è occasione di scandalo cavalo”… Le iperbole e i paradossi qui presenti servono appunto a sottolineare la serietà dell’intenzione peccaminosa in tutto ciò che si pensa, che si dice e che si fa. Essere figli implica orientare tutto verso Dio; non si tratta di una pratica religiosa ma di una relazione. Gesù valorizza la sapienza antica della “siepe” smascherando la logica del peccato In un antico racconto si legge la strada al peccato è come una scala a pioli: “L’idea peccaminosa porta alla concupiscenza, la concupiscenza alla passione dei sensi; la passione dei sensi alla ricerca sfrenata; la ricerca sfrenata all’azione. E questo solo per spiegarti quanto sia difficile per l’uomo risalire da un gradino all’altro” (Lapide 58). A differenza dei Farisei, Gesù usa la tecnica della “siepe” non per fanatismo religioso ma in modo sapienziale. Molti sono i testi che parlano del male nell’uomo e della lotta con se stessi Sal 50,7 Nel peccato mi ha concepito mia madre. Sal 143,2 Nessun vivente davanti a te è giusto Ez 36,36 Toglierò da voi un cuore di pietra 1Tess 5,8 Rivestiti con la corazza della fede e della carità, avendo per elmo la speranza della salvezza Ef 6,13 Prendete l’armatura di Dio … per restare in piedi Rom 13,12 Mettiamo da parte le opere proprie delle tenebre e rivestiamoci delle armi della luce Andiamo alla radice del problema: la perdita del rapporto filiale con Dio: Gen 3, 1-24 Il serpente era la più astuta di tutte le fiere della steppa che il Signore Dio aveva fatto, e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: "Non dovete mangiare di nessun albero del giardino"?». 2 La donna rispose al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare; 3 ma del frutto dell'albero che sta nella parte interna del giardino Dio ha detto: "Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, per non morirne"». 4 Ma il serpente disse alla donna: «Voi non morirete affatto! 5 Anzi! Dio sa che nel giorno in cui voi ne mangerete, si apriranno i vostri occhi e diventerete come Dio, conoscitori del bene e del male». 6 Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, seducente per gli occhi e attraente per avere successo; perciò prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò. 7 Si aprirono allora gli occhi di ambedue e conobbero che erano nudi; perciò cucirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture. 8 Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio allorché passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l'uomo fuggì con la moglie dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 9 Allora il Signore Dio chiamò l'uomo e gli domandò: «Dove sei?». 10 Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino, e ho avuto paura, perché io sono nudo, e mi sono nascosto». 11 Riprese: «Chi ti ha indicato che eri nudo? Hai dunque mangiato dell'albero del quale ti avevo comandato di non mangiare?». 12 Rispose l'uomo: «La donna che tu hai messo vicino a me mi ha dato dell'albero, e io ho mangiato». 13 Il Signore Dio disse alla donna: «Come hai fatto questo?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». 14 Allora il Signore Dio disse al serpente: «Perché hai fatto questo, maledetto sii tu fra tutto il bestiame e tra tutti gli animali della campagna: sul tuo ventre dovrai camminare e polvere dovrai mangiare per tutti i giorni della tua vita. 15 Ed io porrò un'ostilità tra te e la donna e tra la tua stirpe e la sua stirpe: essa ti schiaccerà la testa e tu la assalirai al tallone». 16 Alla donna disse: «Moltiplicherò le tue sofferenze e le tue gravidanze, con doglie dovrai partorire figlioli. Verso tuo marito ti spingerà la tua passione, ma egli vorrà dominare su te». 17 E all'uomo disse: «Perché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, per il quale t'avevo comandato: "Non ne devi mangiare": Maledetto sia il suolo per causa tua! Con affanno ne trarrai il nutrimento, per tutti i giorni della tua vita. 18 Spine e cardi farà spuntare per te, mentre tu dovrai mangiare le erbe della campagna. 19 Con il sudore della tua faccia mangerai pane, finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto, perché polvere sei e in polvere devi tornare!». 20 L'uomo diede a sua moglie il nome di Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi. 21 E il Signore Dio fece all'uomo e a sua moglie delle tuniche di pelli e li vestì. 22 Il Signore Dio disse allora: «Ecco che l'uomo è diventato come uno di noi, conoscendo il bene e il male! E ora facciamo sì ch'egli non stenda la sua mano e non prenda anche l'albero della vita, così che ne mangi e viva in eterno!». 23 E il Signore Dio lo mandò via dal giardino di Eden, per lavorare il suolo donde era stato tratto. 24 Scacciò l'uomo, e dinanzi al giardino di Eden pose i cherubini e la fiamma della spada folgorante per custodire l'accesso all'albero della vita. La nascita della diffidenza verso Dio Compare sulla scena il SERPENTE, bestia parlante. Un simbolo per capire che è la lingua, l’uso della parola, cioè l’interpretazione e comunicazione, il luogo della perversione. “Morte e vita sono in potere della lingua. Chi ne fa buon uso ne mangerà i frutti” (Pro 18,21; Gc 3,5-8). Il Serpente (nudo/astuto) manipola la Parola di Dio facendo dei tagli. In tal modo il limite occulta il dono. Si produce un’incrinatura nella condizione fondamentale del linguaggio, che è la fiducia. 2,16b – 17a (Yhwh Dio) DI OGNI ALBERO DEL GIARDINO potrete mangiare ma dell’albero del conoscere bene e male 3,1b (il serpente cita Dio) Non mangerete non ne mangerete DI OGNI ALBERO DEL GIARDINO La diffidenza cresce ancora La donna crede alle parole del serpente e inizia anche lei a manipolare la Parola di Dio facendo, questa volta, delle aggiunte. “Dio ha detto: "Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, per non morirne". (Gen 3,3) Insomma, il serpente suscita nella donna l’immagine di un Dio geloso delle sue prerogative e concorrente dell’uomo. Dal sospetto sulla bontà di Dio e sulla bontà del limite, nasce il desiderio dell’infinitezza. L’uomo fallisce il TEST In Gen 2,16-17 (“Da ogni albero del giardino mangerai, ma dall’albero del conoscere bene e male non ne mangerai”) Dio non proibisce la vita e non vuole certamente che all’uomo manchi saggezza; anzi stabilisce un modo per arrivare alla saggezza della vita, che non ottiene col dominio. Dio aveva posto dei limiti affinché proprio attraverso le differenze (uomo/donna) l’uomo imparasse la reciprocità, la necessità di donare, di incontrare, di far rimanere l’altro sempre altro. In ogni caso, il motivo della proibizione non è primario. Ciò che è importante è che l’uomo si fidi delle istruzioni di Dio che servono a dargli un limite buono, non ostile. In altre parole, Dio stabiliva un di TEST sulla fiducia, in modo che l’uomo ricordasse che egli stesso non era il tutto, non era il padrone della vita. La vita la può solo ricevere da Dio. Non c’è alternativa. Le conseguenze del fallimento L’uomo e la donna, mangiando il frutto, si scoprono nudi e si vergognano. Il limite non è più, come era prima, una cosa normale. Bisogna coprirsi perché altrimenti scatta ormai il meccanismo del possesso. L’uomo soffre ormai costantemente della tentazione di prendere la vita da solo, tutta e subito. Tutto diventa una conquista faticosa: il partorire, il lavorare, il mangiare. Tutto è segnato dalla violenza. Non è una punizione, ma una conseguenza del peccato. Dalla prevaricazione non può che nascere la violenza. Inoltre nasce la paura di Dio. Questi diventa un castigatore e un antagonista. Il dramma è ormai consumato La logica del peccato che viene proposta all’uomo è ormai evidente. Offuscata la consapevolezza di un Dio solo buono, datore di doni, l’uomo crede di dover conquistare tutto, accaparrare, prendere. Rompendo il rapporto con Dio l’uomo inizia a reificare tutto. Sulle cose proietta quello che invece solo Dio può dare. Prendere contrario di accogliere. E tutto ciò che è preso o si vuole prendere è motivo di morte. Ecco, dunque, la serietà del peccato. Esso genera la morte, attiva una logica distruttiva. Per questo merita di essere assolutamente conosciuta ed evitata. Il peccato è una logica Il discorso della siepe fa capire che il peccato non è un atto singolo ma una logica che attraversa tutti i peccati elencati nel Decalogo. Ecco perché sia il Vangelo sia la tradizione spirituale, con la scala dei vizi capitali, leggono il peccato come una sequenza dal piccolo al grande, per far capire che già a partire dalle cose minime può essere presente la logica peccaminosa. Ricordiamo il detto: “chi è fedele nel poco è fedele anche nel molto” Lc 16,10. Da qui la necessità della lotta con se stessi, con i pensieri, con i sentimenti, con le tentazioni e con il demonio.