DIRITTO CIVILE Prof. GIOVANNI FURGIUELE Lezioni a cura della

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DIRITTO CIVILE Prof. GIOVANNI FURGIUELE Lezioni a cura della
DIRITTOCIVILE
Prof.GIOVANNIFURGIUELE
LezioniacuradellaDott.ssaGiuliaTesi
(Continua:CAPITOLO2–LADESTINAZIONE)
3.1.Considerazionisulcontenutodell’articolo2645terdelcodicecivile……..pag.107
4.Ifondicomunid’investimento………………………………………………………………..pag.113
5.Lagiurisprudenzainmateriadidestinazione………………………………………….pag.115
5.1. Destinazione del padre di famiglia: analisi della sentenza della Cassazione n.
13534del2011…………………………………………………………………………………………pag.115
5.2. Il fondo patrimoniale e la concezione dei bisogni della famiglia: Tribunale di
Lecce24agosto2012………………………………………………………………………………...pag.119
5.3.L’interpretazionegiurisprudenzialedell’attodidestinazione……………….pag.127
5.4. La soggettività dei fondi comuni di investimento: analisi della sentenza della
Cassazionen.16605del2010……………………………………………………………………pag.136
CAPITOLO3
LAFIDUCIA
1.Ilnegoziofiduciario……………………………………………………………………………….pag.144
106
(Continua:CAPITOLO2–LADESTINAZIONE).
3.1. Considerazioni sul contenuto dell’articolo 2645 ter del
codicecivile.
Come già visto nel paragrafo precedente l’articolo 2645 ter c.c.
sanziona l’esistenza del cosiddetto atto di destinazione. La norma
poneunaseriediproblemicontenutistici.
Riproponiamo,quindi,ilcontenutodell’articolo2645ter,ilqualecosì
Art.2645terc.c.
recita: “Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili
iscrittiinpubbliciregistrisonodestinati,perunperiodononsuperiorea
novantaannioperladuratadellavitadellapersonafisicabeneficiaria,
alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone
con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone
fisiche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere
trascrittialfinedirendereopponibileaiterziilvincolodidestinazione;
per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente,
qualsiasiinteressatoanchedurantelavitadelconferentestesso.Ibeni
conferitieilorofruttipossonoessereimpiegatisoloperlarealizzazione
delfinedidestinazioneepossonocostituireoggettodiesecuzione,salvo
quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti
contrattipertalescopo”.
Inprimoluogo,siponeunproblemaperquantoconcernegliinteressi
chedevonoessereperseguiticonl’attodidestinazione.Essipossono
essere, innanzitutto, propri di “persone con disabilità” – in tal caso
l’atto è volto a soddisfare le esigenze, di vita o di attività, che sono
proprie della persona disabile – od interessi propri di “pubbliche
amministrazioni”.
Nella lettera dell’articolo c’è, poi, un’apertura, per così dire,
Art.1322/2c.c.
generalizzata; si dice, infatti, che l’atto di destinazione può essere
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finalizzato,anche,allarealizzazionediinteressimeritevolidituteladi
“entiopersonefisicheaisensidell’articolo1322,secondocomma”.
Abbiamo già avuto modo di sottolineare la vaghezza della formula
adottata dall’articolo 1322/2 c.c. e, nonostante i vari tentativi
interpretativi che sono stati fatti nel corso degli anni, ancora non è
chiaro cosa il legislatore, effettivamente, intenda con la dicitura
“interessimeritevoliditutelasecondol’ordinamentogiuridico”.
Pertanto, il riferimento, contenuto nell’ambito dell’articolo 2645 ter
c.c.,all’interessedicuiall’articolo1322/2c.c.,accordaunapossibilità
di selezione all’interprete senza, però, dire cosa ammettere e cosa,
viceversa,escludere.
È evidente che il legislatore dando, nell’articolo 2645 ter c.c., una
rilevanza all’interesse privato amplia le cose in maniera, sotto certi
aspetti, preoccupante rendendo l’atto di destinazione estensibile a
svariateipotesi.
Cerchiamo, adesso, di chiarire meglio la natura dell’atto di
destinazione.Essoèunattounilaterale.Puòessereuntestamento?
Per quanto concerne la possibilità di stipulare il testamento sotto
Lanaturagiuridica
dell’attodi
destinazione
forma di atto di destinazione, si pongono dei problemi di forma
rilevanteaifinidellatrascrizione.Comesisailtestamento,cometale,
non può essere trascritto quindi siamo di fronte ad un problema
aperto rispetto al quale verrà, nel proseguo della trattazione,
analizzata una sentenza che esclude la possibilità di procedere alla
costituzionediunvincolodidestinazioneattraversountestamento.
È possibile chiedersi se sia possibile la stipulazione dell’atto di
destinazioneinformabilateraleattraverso,peresempio,unaccordo
Possibilitàdi
accordobilaterale
fraconferenteebeneficiario.
Talepossibilità,anchesenondeveesseretotalmenteesclusa,suscita
delle perplessità. È difficile che nell’ambito della materia della
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destinazione si possa parlare di contratto in senso stretto in quanto
l’intesacontrattuale,cherisultadall’articolo1321delc.c.,nonèfacile
chesirealizziconfinalitàdidestinazione.
Nella materia dell’atto di destinazione si può, tutt’al più, avere un
meccanismodicaratterecontrattuale,intesoinsensolato,fratitolare
del bene e beneficiario dell’atto di destinazione; ciò, in quanto la
destinazioneimplical’eserciziodifacoltàcheappartengonoallasfera
giuridica del conferente – titolare del bene e non di facoltà che
appartengoallasferagiuridicadelbeneficiariodell’atto.
Abbiamo detto nel paragrafo precedente che l’articolo 2645 ter c.c.
prescrive, per l’atto di destinazione, la forma pubblica. Vediamo,
Mancanzadella
formapubblica
adesso, quali sono le conseguenze giuridiche in caso di atto di
destinazionenonredattoinformapubblica.Nell’ambitodiun’ipotesi
di questo genere sicuramente non si ha la trascrizione; non si dà
luogoaciòdacuiscaturiscelapossibilitàditrascrivere.
Aldilàdelmeccanismodellatrascrizione,però,occorredomandarsi
come, la mancanza dell’atto pubblico, incide sul meccanismo della
destinazione. Si può parlare, in tal caso, di un atto di destinazione
efficace?
Non avendo la trascrizione, evidentemente, non si realizza ciò che è
previsto nella parte finale dell’articolo 2645 ter del codice civile.Si
può parlare di un qualcosa che, comunque, realizza il rapporto che
intercorre fra proprietario del singolo bene e beneficiario? Può il
beneficiario trarne l’esistenza di un suo diritto di godimento sullo
specificobene?
L’atto pubblico è un requisito di validità dell’atto, oppure, è un
requisito richiesto solo ai fini della trascrizione?L’articolo 2645 ter
c.c. tace in ordine a questo problema.Se la forma pubblica viene
considerata solo requisito utile ai fini della trascrizione, l’atto di
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destinazione comunque esiste purché sussista quel minimo che è
necessario,afiniformali,perl’esistenzadell’atto(purchésussistaciò
cheèprevistodall’articolo1350c.c.inmateriadiformascritta).Pur
in mancanza di forma pubblica, l’esistenza dell’atto di destinazione
(non trascrivibile) implica la sussistenza di un interesse giuridico
finalizzatoincapoalterzobeneficiario,inquantoesso,perrealizzare
un suo interesse, non ha bisogno della trascrizione che, viceversa,
esplica i suoi effetti nell’ambito dei rapporti tra conferente e terzi
creditori.
Altro problema, che in parte abbiamo già accennato, riguarda la
possibilitàdistipulareunattodidestinazioneaventeadoggettobeni
mobili.Sullabasedeirequisitigeneraliquando,intalcaso,sihal’atto
Attodi
destinazione
aventeadoggetto
benimobili
didestinazione?Sesipuòparlarediattodidestinazione,nonsoltanto
per i beni immobili o mobili registrati, ma, anche, in riferimento ai
beni mobili, naturalmente, per quest’ultimi per il perfezionamento
dell’atto non è necessaria la forma scritta e può darsi luogo alla
destinazione a favore del terzo beneficiario con un atto redatto in
qualunqueforma.
Daquantodettofinora,emerge,conchiarezza,chel’articolo2645ter
c.c.è,nellasostanza,unsaltonelvuoto.
Tale norma, infatti, rispetto all’atto di destinazione, esaurisce
solamente il problema della trascrizione e non si preoccupa di
risolverelequestionirelativeallasostanzadell’attodidestinazione.
Altra questione riguarda l’eventuale mancanza della trascrizione.
Evidentementese,nell’ambitodiquestaipotesi,mancalatrascrizione
vienemenolapossibilitàdirealizzazionediquegliinteressispecifici
proprideicreditori.
Veniamo,ora,adesaminareilrapportochesussistefral’articolo2645
terel’articolo2740delcodicecivile.
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L’articolo 2740 – “Responsabilità patrimoniale” – così recita: “Il
debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi
benipresentiefuturi.
Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi
stabilitidallalegge”.
L’articolo 2645 ter c.c. rientra, evidentemente, fra le ipotesi
eccezionali dell’articolo 2740/2 c.c. in cui la responsabilità
patrimoniale in senso pieno, prevista, dal primo comma dello stesso
articolo,vieneridotta.
L’atto di destinazione è, nella sostanza, un’ipotesi eccezionale di
carattereriduttivodelprofiloattinenteallaresponsabilità.
Passiamoaconsiderarequalisono,aldilàdeiproblemisopraesposti,
effettidell’attodidestinazionetrascritto.
Sono effetti di carattere obbligatorio o sono effetti di carattere
reale?Perquantoconcernel’attodidestinazione,ilterzobeneficiario
halapossibilitàdigodere,anchedirettamente,dicertibenie,laddove
non abbia tale possibilità, il conferente dovrà porre in essere una
controprestazione. Si tratta, quindi, di una situazione destinata a
reagire a vantaggio del terzo avendo riguardo, anche, alla posizione
deicreditori.
Pertanto,aldilàdidistinzionecategoricafraleduesuddettetipologie
dieffetti,l’attodidestinazionepuòprodurre,inunacertamisura,sia
effettirealisiaeffettiobbligatori.
Continuando a parlare degli effetti dell’atto di destinazione è
interessante chiedersi se esso possa essere, o meno, suscettibile di
revocadapartedicoluicheloabbiapostoinessere.
Come risulta dall’articolo 2645 ter c.c. la destinazione di beni può
avvenire per un determinato periodo il quale non può essere
Revocaattodi
destinazione
“superioreanovantaannioperladuratadellavitadellapersonafisica
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beneficiaria”.E’possibileche,duranteilsuddettoperiodo,ilsoggetto
che ha posto in essere l’atto di destinazione proceda alla revoca di
esso.
Larispostaatalequesitononpuòessereinrealtàunivocanelsenso
che, per poter rispondere in senso affermativo o negativo, bisogna
stabilire quale è la situazione generale che nel caso concreto
scaturiscedall’attodidestinazione.
E’ammissibilelarevocadell’attodidestinazionesemprecheessanon
produca determinati effetti pregiudizievoli per soggetti terzi. In
sostanza,èammissibilelarevocadell’attodidestinazionepurchéessa
noncomportidanniperiterzi.
Pertanto, se nello specifico caso, un atto di destinazione produca
effetti a vantaggio di un terzo, non risulterebbe corretto ammettere
cheilsoggettochehapostoinesserel’attodidestinazionesialibero
direvocarlo.
Sempre a proposito degli effetti dell’atto di destinazione è bene
precisare che, accanto agli effetti reali, possono scaturire, da esso,
anchedeterminatieffettiobbligatori.
Infine, è necessario ricordare che per quanto riguarda la tutela dei
creditori del soggetto che realizza un atto di destinazione
l’ordinamento prevede che essi possano ricorrere a taluni mezzi di
tutelatracui,peresempio,l’azionerevocatoria.
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4.Ifondicomunidiinvestimento.
L’argomentocheandremoatrattarediseguitodeveessere,inprimo
Premessa
luogo, collocato nell’ambito di una serie di altri fenomeni che
caratterizzano attività di carattere speculativo, o per meglio dire, di
investimento.
Il fenomeno è particolarmente ampio con la conseguente necessaria
analisidiunapluralitàdiistituti(peresempio,tuttalacategoriadegli
investimentiimmobiliari,ilmontetitoli).Generalmente,talifenomeni
rientrano,percosìdire,nell’ambitodicompetenzadelcommercialista
ma, in certi casi, essi possono porre dei problemi che suscitano
l’attenzione del privatista. Vedremo nella sentenza che verrà
analizzatanelparagrafosuccessivocome,inrealtà,ifondicomunidi
investimento pongono, per esempio, tutta una serie di problemi
concettuali, nuovi rispetto al passato, che necessitano di una
riflessioneditipogiuridico.
L’argomento dei fondi comuni di investimento meriterebbe una
trattazionepiùampiarispettoaquellacheverrà,diseguito,proposta.
Inquestasede,infatti,cilimiteremoaproporredelleosservazionidi
carattere generale sui fondi comuni di investimento senza, però,
analizzare la molteplicità di profili ed aspetti che caratterizzano tale
figura.
A tal proposito, occorre considerare il contenuto dell’articolo 36 del
Articolo36T.U.F.
T.U.F. (“Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione
finanziaria”) – “Fondi comuni di investimento – il quale, al primo
comma,stabiliscecheilfondocomunediinvestimento“ègestitodalla
società di gestione del risparmio che lo ha istituito o dalla società di
gestione subentrata nella gestione, in conformità alla legge e al
regolamento”.
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Al quarto comma del medesimo articolo si aggiunge: “Ciascun fondo
comune di investimento, o ciascun comparto di uno stesso fondo,
costituisce patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal
patrimoniodellasocietàdigestionedelrisparmioedaquellodiciascun
partecipante,nonchédaognialtropatrimoniogestitodallamedesima
società;delleobbligazionicontrattepercontodelfondo,laSgrrisponde
esclusivamente con il patrimonio del fondo medesimo. Su tale
patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori della società di
gestione del risparmio o nell'interesse della stessa, né quelle dei
creditori del depositario o del sub depositario o nell'interesse degli
stessi. Le azioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse
soltanto sulle quote di partecipazione dei medesimi. La società di
gestione del risparmio non può in alcun caso utilizzare, nell'interesse
propriooditerzi,ibenidipertinenzadeifondigestiti”.
Pertanto,ilfondocomunediinvestimentorilevagiuridicamentesulla
base del riferimento alla destinazione e costituisce, quindi, un
patrimonio autonomo, nel senso che è differenziato rispetto al
patrimonio dei soggetti partecipanti al fondo ed al patrimonio della
societàdigestione.
I fondi comuni di investimento rappresentano, nella sostanza, una
modalità specifica di destinazione che deriva dall’investimento
realizzato dai soggetti partecipanti , con la conseguenza che, come
abbiamo detto sopra, il patrimonio autonomo del fondo costituisce
un’entità a sé stante. L’utilizzazione di tale massa patrimoniale è
finalizzataadinterventinelsettoredellagestionedelrisparmio.
Pertanto,lamateriadeifondicomunidiinvestimento,perquelcheci
interessa in questa sede, rientra nell’ambito del fenomeno della
destinazione:lamassapatrimoniale,nonrilevatantocomestrumento
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peracquistareunbene,marilevainterminididestinazione,essendo
lastessafinalizzataallosvolgimentodiattivitàdiinvestimento.
5.Analisigiurisprudenzialedelfenomenodelladestinazione.
Dopo aver visto quali sono le forme di destinazione rilevanti,
procediamoconl’analisigiurisprudenzialedelfenomeno.
Di seguito, infatti, verrà proposta l’analisi di alcune delle più
significativesentenzeinmateriadidestinazione.
5.1. Destinazione del padre di famiglia: analisi della sentenza
dellaCassazionen.13534/2011.
LaprimapronunciadicuiproponiamolostudioèquelladellaCortedi
Cass.n.13534/11
Cassazione, n. 13534, del 20 giugno 2011 in materia di destinazione
delpadredifamiglia.
In questo caso, un soggetto – proprietario di una strada privata –
agisce, in negatoria servitutis, nei confronti di due soggetti che
pretendevanodiavereunaservitùdipassaggiosullastradasuddetta.
Iduesoggetticonvenutirispondevanosostenendodiaveracquistato
la servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia ex
articolo1062delcodicecivile.
Il Tribunale rigetta la domanda dell’attore che, viceversa, viene
accoltadallaCorted’AppellodiTorino.
Inparticolare,ilgiudicedisecondogradoricostruiscetuttiipassaggi
intermedidelfondoinquestionefinoallasituazioneattualeediceche
l’attore(proprietariooriginariodeiduefondiserventeedominante)
aveva,inprimoluogo,conunattonotariledel1982,concessoadun
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soggetto (dante causa dei convenuti) un diritto personale di
parcheggiosullastradainquestione.Dirittoche,inquantotale,risulta
intrasmissibile mortiscausa, non cedibile a terzi e di durata limitata
allavitadell’acquirente.
In secondo luogo, l’attore, con un atto notarile del 1962, aveva
trasferito a terzi un ulteriore porzione del fondo e, contestualmente,
aveva espressamente concesso agli acquirenti una servitù di
passaggio.
Sullabasediciò,laCorted’AppellodiTorinoritieneche,nelcasodi
specie, si debba escludere l’esistenza della servitù di passaggio
perché, se questa fosse stata esistente, sarebbe stato superfluo
prevedere il diritto di parcheggio, in quanto quest’ultimo sarebbe
statoricompresenellaconcessionedeldirittodipassaggio.
A fronte della decisione d’appello, i due soggetti che sostenevano
l’esistenzadellaservitùdipassaggioricorronoperCassazione.
Innanzitutto,essisostengonocheilparcheggioècosadiversarispetto
alla servitù di passaggio perché il passaggio è indipendente dal
parcheggio. Pertanto, il silenzio del proprietario originario dei fondi,
inmeritoallacostituzionedellaservitùdipassaggio,nell’attonotarile
del1982,nonescludelacostituzionedellastessaperdestinazionedel
padre di famiglia secondo quanto previsto dall’articolo 1062 del
codicecivile.
In secondo luogo, i ricorrenti richiamano le norme relative
all’interpretazione del contratto (articoli 1362 e 1363 c.c.) e
ritengonochelaCorted’Appellononhaconsideratoilfattochel’atto
divenditadel1982,nelsuocomplesso,nonescludel’imposizionedi
unaservitùdipassaggio.
Infine, i ricorrenti dicono che il confronto fra i due atti (quello del
1962 e quello del 1982) fatto dal giudice di secondo grado non ha
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nessunrilievoperché,almomentodell’attodel1962,lastrada,sucui
essisostengonodiaverelaservitùdipassaggio,nonesisteva.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso. La motivazione della
sentenza, in particolare, si fondo sul contenuto dell’articolo 1062,
comma2,codicecivile.
Nello specifico, al secondo comma dell’articolo 1062 c.c. si stabilisce
che se “i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario,
senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa si intende
stabilitaattivamenteepassivamenteafavoreesopraciascunodeifondi
separati”.
Pertanto, se vi è una “disposizione relativa alla servitù” questa
impedisce lo stabilirsi della servitù per destinazione del padre di
famiglia,nonostantelostatodifattopreesistente.
Il punto centrale della questione consiste, quindi, nell’interpretare e
nello stabilire cosa debba intendersi per “disposizione relativa alla
servitù”.
Tale disposizione non può essere desunta da comportamenti
concludenti, ma deve sostanziarsi in una clausola in cui si stabilisce
espressamente di voler escludere il sorgere della servitù per
destinazionedelpadredifamiglia;oppureinunaqualsiasiclausolail
cuicontenutosiaincompatibileconilsorgeredellaservitù.
Partendodaquestapremessagenerale,laCassazioneritieneche,nel
caso in esame, il giudice di secondo grado abbia basato l’esclusione
dell’esistenza della servitù di passaggio su tre elementi specifici,
nessunodeiqualirisultaperòdeterminante.
Il primo elemento utilizzato dalla Corte d’Appello era rappresentato
dallaclausoladell’attodel1982che,comaabbiamovisto,attribuivail
dirittopersonalediparcheggio.
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Tale clausola, però, per la Cassazione non è di per sé incompatibile
con la costituzione della servitù di passaggio ex articolo 1062 del
codicecivile.Conessasiattribuisce,infatti,undirittodiparcheggioal
quale può aggiungersi una servitù di passaggio: il diritto di
parcheggio andrebbe ad attribuire al titolare un’utilità aggiuntiva,
consistentenellapossibilitàdilasciareunveicoloinsostasullastrada.
IlsecondoelementoutilizzatodallaCorted’Appelloerarappresentato
dal contenuto del precedente atti del 1962, con il quale,
espressamente,venivaattribuitaunaservitùdipassaggioadunterzo
soggetto. Questa circostanza è, per la Cassazione, di per sé priva di
rilievo.Essa,innanzitutto,èclausolainseritainunaltrocontrattoed,
in secondo luogo, non ha neppure rilievi in riferimento alla
valutazione del comportamento del proprietario del fondo. Essa,
infatti,cidicesemplicementecheilproprietarioeraconsapevoledella
differenzatraservitùdipassaggioedirittodiparcheggiomaciònonè
incompatibile con la costituzione della servitù per destinazione del
padredifamiglia.
Infine, il terzo elemento utilizzato dalla Corte d’Appello consisteva
nella considerazione di un dato di fatto perché il giudice di secondo
grado riteneva che, se le parti non avessero voluto escludere la
costituzione della servitù di passaggio, non ci sarebbe stata la
necessità di prevedere il diritto di parcheggio. Anche tale
considerazione, però, non è determinante al fine di escludere la
servitùperdestinazionedelpadredifamiglia.Sitratta,infatti,diuna
valutazionecheriguardalemotivazionidiconvenienzadell’attoeche,
quindi,rientranellasferainternaesoggettivadelleparti.Inseconda
battuta, poi, come abbiamo detto, si tratta di una valutazione di un
dato di fatto, mentre, per escludere la costituzione di una servitù ex
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articolo 1062 c.c., è, quantomeno, necessaria la sussistenza di una
clausolaincompatibile.
La Cassazione, quindi, non rinvenendo, in nessuno degli elementi
considerati nella sentenza di secondo grado, l’esistenza di una
clausola incompatibile con la costituzione di una servitù per
destinazione del padre di famiglia, accoglie il ricorso e ritiene
sussistente,exarticolo1062c.c.,laservitùdipassaggio.
5.2. Il fondo patrimoniale e la concezione dei bisogni della
famiglia:TribunalediLecce24agosto2012.
Inquestoparagrafocioccuperemodellagiurisprudenzainmateriadi
fondo patrimoniale. In particolare, verrà analizzata la sentenza del
Tribunale di Lecce del 24 agosto 2012, la quale propone
un’interpretazione particolare dell’istituto del fondo patrimoniale e
deibisognidellafamiglia.
Il punto di partenza fattuale è rappresentato, nel caso in esame, da
unacondannapenaleacaricodiuncommercialistache,inqualitàdi
Trib.Lecce
24/08/2012
sindaco di una società per azioni, viene condannato per reati di
bancarotta. Il curatore del fallimento della suddetta S.p.A. – che,
evidentemente, a causa delle vicende bancarottiere è arrivata al
fallimento – in forza della sentenza penale agisce contro il
soggetto/sindaco al fine di ottenere il risarcimento dei danni, per lo
stessofine,pignoraunbenedelsoggettoinquestione.
Ilsindacoesuamogliesollevanoun’eccezione,sostenendocheilbene
pignorata costituiva oggetto di un fondo patrimoniale e, perciò, non
potevaessereaggreditoperdebitiestraneiaibisognidellafamiglia.
119
A seguito di ciò, la procedura esecutiva viene sospesa e, contro tale
sospensione, insorge il creditore, il quale propone opposizione e la
sentenzadelTribunalediLeccehaadoggettoladecisionesulricorso
peropposizionepresentatodalcuratorefallimentare.
Ilproblemachesipone,quindi,consistenellostabilireselapresenza
di un vincolo di destinazione (strutturato, nel caso di specie, nella
forma del fondo patrimoniale) sia tale da impedire, o meno, il
pignoramentodell’immobileavantaggiodelcreditore.
IlgiudicedelTribunalediLecceritiene,comevedremonellospecifico,
il bene pignorabile e fonda la sua decisione su una serie di
argomentazioniche,diseguito,analizzeremo.
La prima argomentazione sostenuta dal giudice di Lecce riguarda il
concetto, problematico, di bisogni della famiglia. Ad avviso del
giudice, tale formula si presta “ad enunciazioni spesso astratte e
generalizzanti”,soprattuttoperchésiponeilproblemadidistinguere
(ammesso che sia possibile una tale distinzione) fra bisogni della
famigliacomeistituzione,ossiacomesoggettosuperioreebisognidei
singolicomponentidellafamigliastessa.
La suddetta distinzione rappresenta, nella sostanza, il centro del
problema del fondo patrimoniale: l’obbiettivo, perseguito attraverso
l’istituto, è quello di valorizzare l’ente familiare rispetto ai singoli
soggettichelocompongono.
Viceversa, attraverso una diversa concezione, si potrebbe sostenere
che la famiglia non sia altro che l’insieme dei soggetti che la
compongono.
Nell’ambitodiquestedueopposteconcezioni,siinserisceilconcetto
dibisognidellafamigliaelaconseguentedifficoltàdidifferenziazione
fra esigenze della famiglia in senso lato ed esigenze dei singoli
soggetti. Esigenze che, comprensibilmente, possono confondersi:
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nellamaggiorpartedeicasi,infatti,leesigenzedelgruppocoincidono
conleesigenzedeisingoli.
Il Tribunale di Lecce, consapevole di questa diversità di significati,
cerca di chiarire il concetto di bisogni della famiglia attraverso
un’ampia serie di riferimenti storici. Il giudice cerca, infatti, di
ricostruire come il concetto di bisogni della famiglia sia stato
utilizzatoneidecenni.
Il punto di partenza della suddetta ricostruzione storica è
rappresentato da quei meccanismi di destinazione che esistevano
prima dell’introduzione – con la riforma del diritto di famiglia del
1975–delfondopatrimoniale.
Primadelfondopatrimonialeesistevanoaltridueistituti:ladote1eil
patrimoniofamiliare.2
La giurisprudenza elaborata in materia dotale aveva chiarito che,
innanzitutto, i bisogni della famiglia non sono solo i bisogni di
sussistenza ma ricomprendono un concetto più ampio al cui interno
possono rientrare sia ai debiti di natura risarcitoria che derivino da
rapporti posti in essere al fine di garantire ed incrementare la
fruttuosità dei beni dotali, sia operazioni economiche tese ad
incrementarelaproduttivitàdeibenimedesimi.
1La dote, già esistente nell’ambito del diritto romano, era costituita da un patrimonio di proprietà
della moglie che veniva amministrato dal marito, vincolato al soddisfacimento degli oneri
matrimonialie,quindi,nonalienabilenépignorabileperscopidiversi.
Generalmenteessaprovenivadalpadredellasposa,ilqualeeraobbligatoafornirla.Inmancanzadiun
padrecapacedidotarelafiglia,sopperivanoicosiddettimontidotali,ossiaentipubblicichefornivano
ladoteallasposa.
2Il patrimonio familiare, introdotto nel 1939, è un istituto che, diversamente dalla dote, risulta più
artificioso e meno radicato a livello storico. Esso, nella sostanza, rappresentava un tentativo di
ricostruire una specie di dote più moderna. Si trattava, infatti, di un patrimonio destinato al
soddisfacimentodeibisognidellafamiglia,nonalienabileopignorabileperscopiestranei,senza,però,
alcunaprevisioneinordinaalrapportooalladiversitàfrauomoedonna.Taleistitutovenne,inrealtà,
applicato in maniera irrisoria, in quanto, fino all’abolizione con la riforma del diritto di famiglia, i
coniugipreferivanoutilizzarel’istitutotradizionaledelladote.
121
Pertanto, già ai tempi della dota, l’espressione bisogni della famiglia
veniva interpretata in maniera ampia e, tendenzialmente, favorevole
aicreditori.
Lasuddettatendenzavieneportataavantianchedopolariformadel
1975,
con
la
conseguente
intensificazione
della
tutela
giurisprudenzialedeicreditori.
SecondoilgiudicediLecce,taleimpostazionehaunaspiegazione,di
carattere storico, rappresentata dal passaggio da i due istituti
precedenti al fondo patrimoniale. Quest’ultimo, infatti, viene
regolamentato dal legislatore in modo tale da evitare che lo stesso
fallissecomeeraaccadutoalpatrimoniofamiliare.Loscopoera,nella
sostanza,quellodirendereilfondopatrimonialepiùappetibileperi
coniugi.
A tal proposito, con la riforma del 1975, è stato stabilito che, da un
lato,iconiugipotesseroalienareibenidelfondo,nelfrattempo,però,
venivamantenuto,dall’altrolato,ilvincolodipignorabilitàperidebiti
estraneiaibisognidellafamiglia.
Questa operazione ha determinato, però, un grave squilibrio perché,
per un verso, i coniugi venivano avvantaggiati sul piano
dell’alienabilità dei beni, ma, per altro verso, rimane il vincolo per i
creditori.
Pertanto, ciò ha prodotto una maggiore stipulazione di fondi
patrimoniali, i quali, però, nella quasi totalità dei casi sono stati
stipulatialloscopodifrodareicreditori.
Lo squilibrio, creato dal legislatore del 1975, ha indotto la
giurisprudenza ad un’interpretazione sempre più estensiva dei
bisogni familiari, in modo tale da consentire ai creditori di
espropriare,nellamaggiorpartedeicasi,ibenioggettodelfondo.
122
Atalproposito,nellasentenzaincommentovengonocitatiunaserie
di passaggi giurisprudenziali che hanno, per esempio, esteso il
concetto di bisogni della famiglia anche in riferimento all’attività
lavorativa (sia dell’intera famiglia sia del singolo membro) e
all’attivitàspeculativa(purchévifosseun’inerenzafrataleattivitàei
bisognidellafamiglia).
Viene richiamata, anche, la posizione sostenuta a livello dottrinale,
dovesigiungefinoaritenerechealdifuoridelconcettoincommento
visianosololespesesostenutepermotiviimmeritevoli(peresempio,
idebitidigioco,olespesesostenutepercomprarsidroga).
Secondo il Tribunale di Lecce, per raggiungere lo scopo suddetto, le
normerilevantisonoquellecontenutenell’ambitodegliarticoli2e29
dellaCost.el’articolo143delc.c.,ilquale,inattuazionedeiprincipio
costituzionali,individuagliobblighideiconiugi,traiquali–oltrealla
fedeltà, all’assistenza, alla collaborazione, all’assistenza e alla
coabitazione–vienesancitoanchel’obbligodi“contribuireaibisogni
dellafamiglia”.
Pertanto, secondo tale ragionamento, i redditi da lavoro dei coniugi
sono finalizzati, per legge, al soddisfacimento dei bisogni della
famiglia, con la conseguenza che l’attività lavorativa dei coniugi sia
collegata alle esigenze familiari. Quindi, tutti i debiti contratti
nell’esercizio dell’attività lavorativa sono, comunque, inerenti ai
bisogni familiari. Per dimostrare il contrario, secondo il giudice, i
coniugi avrebbero dovuto dimostrare che esisteva, nella famiglia, un
accordo ex articolo 144 c.c., in base al quale si stabiliva che, per
qualche ragione, l’attività lavorativa dei soggetti rimanesse,
totalmente,estranearispettoallavitafamiliare.
Con questa prima argomentazione, il giudice di Lecce, dimostra
l’inerenza dei debiti – contratti dal marito nello svolgimento
123
dell’attivitàdicommercialistaedisindacodiunasocietàperazioni–
all’ambitofamiliare.
La seconda argomentazione riguarda il problema della natura
extracontrattuale della responsabilità del marito, per cui, nella
pronuncia si discute del rapporto fra natura extracontrattuale della
suddettaresponsabilitàefondopatrimoniale.
Rispetto a ciò, la Cassazione, negli unici due casi in cui aveva avuto
occasione di occuparsi della suddetta questione, aveva stabilito che,
anche per quanto concerne la responsabilità aquiliana, occorre
utilizzare il concetto di bisogni della famiglia e valutare se il fatto
illecito fonte di responsabilità fosse, o meno, inerente all’esigenze
familiari.
IlTribunalediLecceritienedidoverdareunasoluzionediversa.Esso
dice che, per quanto riguarda le obbligazioni di fonte
extracontrattuale,ilfondopatrimonialenonèmaiopponibile.
Tale soluzione si basa su tre argomenti. Innanzitutto, un primo
argomentodicarattereletteralechefalevasulcontenutodell’articolo
170 c.c., il quale parla espressamente di debiti “contratti”, facendo
riferimento,esclusivamente,allaresponsabilitàcontrattuale.
Il secondo argomento, invece, è di carattere funzionale teleologico.
Essofariferimentoaquellapartedell’articolo170c.c.,nellaqualesi
stabilisce che il creditore non può aggredire i beni del fondo
patrimonialequaloralostessofossestatoaconoscenzadelfattochei
debitieranostaticontrattiperscopiestraneiaibisognidellafamiglia.
Pertanto,secondoilgiudice,essendonecessarioilsuddettoelemento
di consapevolezza, l’aggressione deve essere correlata a debiti
collegati ad obbligazioni sorte volontariamente. Al contrario, il
creditore per fatto illecito, chiaramente, non ha mai la volontà e la
consapevolezzainordineall’insorgenzadell’obbligazione.
124
Infine, vi è un terzo argomento di carattere sistematico, in virtù del
quale si sostiene che vi sia una regola generale relativa ai vincoli di
destinazionedifontenegozialecheaffermaquantosopradetto.Atal
proposito,ilgiudicediLeccerichiamatuttaunaseriedifattispeciedi
destinazione negoziale, nelle quali vige il principio generale
dell’inopponibilità del vincolo rispetto ai debiti di fonte
extracontrattuale.
Tale principio risulta, in particolare, espresso in maniera esplicita
nell’ambito dell’articolo 2447 quinquies c.c., il quale, in materia di
patrimonidestinatiadunospecificoaffare,fasalva“laresponsabilità
illimitatadellasocietàperleobbligazioniderivantidafattoillecito”.
Adavvisodelgiudice,laregolasancitadall’articolo2447quinquiesc.c.
valecomeregolagenerale,valevolepertutteleipotesididestinazione
difontenegoziale.
L’ulteriore argomentazione sostenuta dal Tribunale di Lecce,
concerneilfattocheildebitodelcommercialistaera,inconseguenza
deisuoireati,sortoprimadellacostituzionedelfondopatrimoniali.
Rispetto a tale questione, alcune pronunce della Cassazione hanno
sostenuto l’irrilevanza dell’anteriorità del debito rispetto alla
costituzione del fondo patrimoniale. Tale irrilevanza è determinata
dal fatto che nella disciplina del fondo patrimoniale non è stata
riprodotta quella specifica norma, prevista in materia di patrimonio
familiare,chestabilivalanecessitàdell’anterioritàdelfondorispetto
aldebitocontratto.
Il giudice di Lecce, però, non condivide la suddetta ricostruzione.
Esso, infatti, giustamente, ritiene che, da un lato, manca, vista
l’assenza del fondo patrimoniale al momento della nascita
dell’obbligazione, la consapevolezza del creditore in ordine al fatto
che il debito fosse stato contratto per scopi estranei ai bisogni della
125
famiglia. Inoltre, dall’altro lato, accettare un meccanismo di
retroattività del vincolo sarebbe, totalmente, lesivo dei principi
generali della libera circolazione dei beni e della responsabilità
patrimonialedicuiall’articolo2740delcodicecivile.
L’ultima argomentazione, sostenuta dal Tribunale di Lecce, riguarda
un aspetto formale ed, in particolare, il documento con cui i coniugi
volevano far valere l’impignorabilità del bene. Essi, infatti, avevano
prodottoingiudiziounestrattoperriassuntodelregistrodegliattidi
matrimonio. Tale documento – che contiene l’annotazione del fondo
patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio – rilasciato dal
comunenonvieneconsideratoidoneoaprovarel’esistenzadelfondo
elaconseguenteimpignorabilitàdelbene.
In particolare, il giudice ritiene che lo stesso sia idoneo sul piano
formale, ma sia carente sul piano contenutistico perché tale estratto
per riassunto non contiene tre elementi che, al contrario, risultano
rilevantiperlaprovadelfondopatrimoniale.Nellospecifico,inesso
nonsonoriportatelegeneralitàdelleparti,ilnomedelnotaiorogante
ed,infine,ladatadell’annotazione.
Tuttiiquattromotivi,sopraesposti,vannonellostessosenso,percui,
ilTribunalediLecceritienechelaproceduraesecutivapossaandare
avantiecheilbenesiapignorabile.
126
5.3.L’interpretazionegiurisprudenzialedell’attodidestinazione.
Passiamo, adesso, ad analizzare alcune importanti pronunce in
materiadiattodidestinazione.
La prima sentenza che proponiamo è quella del Tribunale di Reggio
Emiliadel10marzo2015.
La suddetta sentenza propone il problema del cosiddetto vincolo di
Trib.Reggio
Emilia
10/03/2015
destinazione puro a cui viene ricollegata un’interpretazione
restrittivadegliinteressimeritevoliditutelaexarticolo1322,comma
2,delcodicecivile.
Nelcasoinesame,unasocietàdileasingvantauntitoloesecutivonei
confronti di un certo soggetto. In virtù di tale titolo esecutivo, la
societàdileasingavviaun’azioneesecutivasudiunbeneimmobile,a
seguitodellaquale,procedealpignoramentodelmedesimobene.
Ilbeneimmobilepignoratorisulta,però,vincolatodall’apposizionedi
unvincolodidestinazioneexarticolo2645terdelcodicecivile.
Nellospecifico,ilsoggettoproprietariodell’immobilepignoratoaveva
apposto sullo stesso (prima del pignoramento) un vincolo di
destinazione, vincolando il bene medesimo al soddisfacimento delle
esigenze abitative e, in generale, dei bisogni della famiglia, ponendo
come termine finale dello stesso il compimento del quarantesimo
annodietàdellafiglia.
In ragione di ciò, il soggetto pignorato propone opposizione
all’esecuzionefacendovalereilcontenutodell’articolo2645terc.c.e
sostenendo che l’immobile in questione è, sostanzialmente,
impignorabileperchéibenioggettodell’attodidestinazionepossono
essere aggrediti soli per debiti contratti per lo scopo della
destinazione.
127
In particolare, essendo il debito in questione stato contratto con la
societàdileasingperscopiestraneialladestinazione,lacreditricenon
potevapignorareilbeneimmobile.
Il Tribunale di Reggio Emilia rigetta la tesi dell’opponente. Nello
specifico,duesonolequestionesucuisibasalapronunciadelgiudice
emiliano: in primo luogo, l’ammissibilità, o meno, di un negozio
destinatorio puro ed, in secondo luogo, l’interpretazione del
riferimentoall’articolo1322/2c.c.contenutonell’ambitodell’articolo
2645terdelcodicecivile.
Inriferimentoall’ammissibilità,omeno,diunvincolodidestinazione
autoimposto,comeabbiamogiàavutomododidire,vistal’assenzadi
unapronunciadellaCortediCassazionesulpunto,lagiurisprudenza
maggioritaria di merito ritiene che l’articolo 2645 ter c.c. non
riconosca la possibilità di costituire un vincolo di destinazione puro
avente,cioè,adoggettounbenegiàdiproprietàdellaparte.
Nella sentenza, in sostanza, viene ribadita quell’interpretazione
restrittiva dell’articolo 2645 terc.c. (proposta dallo stesso Tribunale
di Reggio Emilia con una pronuncia del 2012), in virtù della quale,
l’atto di destinazione è limitato alle sole ipotesi di destinazione
traslativa collegata ad una fattispecie negoziale – tipica o atipica –
dotatadispecificacausa.
A ciò si aggiunge che una diversa interpretazione dell’atto di
destinazione ed, in particolare, l’ammissibilità del vincolo di
destinazione autoimposto, oltre alle argomentazioni già proposte
nelle precedenti pronunce, si porrebbe in contrasto con il principio
dellaresponsabilitàpatrimonialeillimitatadicuiall’articolo2740del
codicecivile.
Ad avviso del giudice, infatti, la costituzione di un negozio
destinatorio puro consentirebbe al debitore, attraverso un atto
128
unilaterale non traslativo, di sottrarre porzioni rilevanti del suo
patrimonioallagaranziadeicreditori.
La suddetta valutazione ci introduce la seconda questione affrontata
dalla sentenza, la quale si sofferma sull’interpretazione del
riferimento, contenuto nell’articolo 2645 ter c.c., agli interessi
meritevoliditutelasecondol’ordinamentogiuridicodicuiall’articolo
1322,comma2,delcodicecivile.
Il giudice emiliano, infatti, sostiene che, nel caso di specie, anche
volendo ammettere, in linea teorica, l’ammissibilità di un negozio
destinatorio puro, sarebbe, comunque, necessario indagare, in
manieraapprofondita,sullameritevolezzadelnegoziomedesimo.
In altri termini, il richiamo, contenuto nell’articolo 2645 ter c.c.,
all’articolo1322/2c.c.eagliinteressimeritevoliditutelafasicheper
la legittimità di un atto di destinazione, non è sufficiente la liceità
dello scopo, ma occorre che l’interesse tutelato sia, effettivamente,
meritevole di tutela, ovvero sia prevalente rispetto agli interessi dei
creditoriestraneialvincolo.
Secondoquestainterpretazione,vistalapotenzialitàlesivadell’attodi
destinazione nei confronti dei creditori, il legislatore avrebbe, con il
richiamo all’articolo 1322/2 c.c., subordinato l’efficacia dell’atto
medesimoallameritevolezzadegliinteressiperseguitidallaparte.
Per il Tribunale di Reggio Emilia, nel caso in esame, il vincolo di
destinazione autoimposto non è, sostanzialmente, meritevole di
tutela.
Da un lato, infatti, pur essendo il fine di far fronte ai bisogni della
famiglia astrattamente meritevole di tutela, il soggetto avrebbe
dovutoindicarechiaramenteleragionichel’hannoportatoaporrein
esserel’attodidestinazioneinquestione,spiegandoancheperchéla
129
costituzione del vincolo sul bene sia lo strumento più adeguato per
tutelareilnucleofamiliare.
Al contrario, nel caso di specie, il soggetto si è limitato a destinare
l’immobile al soddisfacimento delle esigenze abitative e dei bisogni
della famiglia, individuando come termine finale del vincolo il
compimentodelquarantesimoannodietàdellafiglia.
Pertanto, per un verso, l’idea che un immobile possa soddisfare le
esigenzeabitativedellafamigliaè,secondoilgiudice,ovvioeretorico.
Inpiù,parlaredibisognidellafamigliaingenereè,appunto,generico
edinidoneoaspiegarelanecessitàdellacostituzionedelvincolo.
Per altro verso, l’apposizione di un termine finale fissato al
compimento dei quaranta anni della figlia è, per il tribunale,
irragionevole e tale da porre in luce l’intento fraudolento verso i
creditori, in quanto si presume e si spera che un figlio possa
raggiungerel’autosufficienzaeconomicaprimadeiquarantaanni.
In conclusione, secondo il Tribunale di Reggio Emilia, da un lato, è
inammissibile un vincolo di destinazione puro e, dall’altro lato, pur
volendo ammettere la validità di un vincolo autoimposto, l’atto di
destinazioneinquestionenonpersegueunfinemeritevoleexarticolo
2645 terdel codice civile. Pertanto, il reclamo deve essere rigettato,
conlaconseguentepienapignorabilitàdelbene.
In materia di atto di destinazione, la seconda sentenza di cui
proponiamolostudioèquelladelTribunalediRavennadel22aprile
Trib.Ravenna
22aprile2015
2015.
Lafattispecie,oggettodellasuddettasentenza,riguardaun’ipotesidi
concordato preventivo. 3 In particolare, la causa prende le mosse
3Com’è noto, il concordato preventivo è una procedura alternativa al fallimento. In base a tale
procedura, invece di procedere alla nomina di un curatore ed al successivo fallimento, si può, in via
130
dall’esame, da parte del Tribunale di Ravenna, di una proposta di
concordatopreventivopresentatadaunaSRL.
Laproposta,conilmeccanismodellacontinuitàaziendale,prevedeva
che la parte sana dell’impresa avrebbe continuato le sue attività
anche in futuro e che si sarebbe proceduto al soddisfacimento dei
creditori,inparte,attraversolavenditadialcunibeniaziendalied,in
parte, grazie all’utilizzo di alcuni beni personali dei soci della SRL.Il
giudice deve, quindi, stabilire se ritenere fattibile e legittima questa
propostadiconcordato.
Uno dei creditori (una banca) si oppone, sostenendo che il
meccanismo sarebbe, da una parte, invalido e, da una parte,
comunquenonfunzionante.
Perquantoriguardailprofilodivaliditàdelconcordato,vadettoche
ilpuntocentraledellavicendaèchelasuddettamessaadisposizione,
dapartedeisingolisoci,diimmobilipersonaliavvieneattraversoun
vincolodidestinazione.Nellospecifico,isocivorrebberoimporreun
vincolo di destinazione ex articolo 2645 ter c.c. su alcuni loro beni
immobili, destinandoli al soddisfacimento di parte delle pretese dei
creditoridellaSRL.
Afrontediciò,labancasostienechel’operazionesopradescrittanon
sia ammissibile perché realizzerebbe un’ipotesi di autodestinazione;
un vincolo di destinazione puro (o autoimposto). I soci, infatti, non
cedonoibenielidestinano;ibenirimangonodiproprietàdeisociche
li mettono a disposizione del concordato attraverso l’atto di
destinazione.
consensuale, prevenire il fallimento e alle operazioni di soddisfacimento dei creditori si procederà
senzaspossessarel’imprenditoredell’impresa.
131
Si rientrerebbe, quindi, nell’ambito di quella fattispecie, già
menzionatanellasentenzaprecedentementevista,delcosiddettoatto
didestinazionepuro.
Labancafa,anche,presentelavolontàdiproporre,neiconfrontidella
suddetta proposta di concordato preventivo, l’azione revocatoria, in
quanto la banca stessa è, anche, creditrice dei soci singolarmente
considerati.
Questo è il caso, vediamo adesso come si è pronunciato il giudice di
Ravenna.
Innanzitutto, nella sentenza viene riepilogato l’orientamento
maggioritario,secondocuil’articolo2645terc.c.presupporrebbe,per
ragioni testuali e teleologiche, un meccanismo di eterodestinazione
correlato,quindi,dallacessionedelbenesulqualesiimponeilvincolo
di destinazione. Inoltre, sempre secondo tale orientamento
maggioritario,lameritevolezzacheèrichiamatadall’articolo2645ter
c.c.èqualcosachevaoltrelameradiliceità,madovrebberichiedere,
inqualchemodo,lasussistenzadiuninteresseparticolarmenteforte
(anchealivellodiutilitàsociale)chegiustifichiilsacrificioimpostoai
creditori.
L’aspettointeressacheoccorresottolineareèche,inlineagenerale,il
Tribunale di Ravenna non appartiene al suddetto orientamento
maggioritario.UnasentenzadelTribunalediRavennadelmaggiodel
2014 rappresenta, infatti, una delle più rilevanti espressioni
dell’orientamentominoritariocheammettel’autodestinazione.
Nelcasodispecie,però,ilgiudicenonammettelavaliditàdell’attodi
destinazione. Esso conferma che, secondo il suo precedente
orientamento, la causa concordataria è tale da fornire la
meritevolezza dell’interesse e che, sotto certi aspetti, è ammissibile
132
anche un vincolo di destinazione autoimposto. A ciò, però, aggiunge
chenonèpossibileammetterequalsiasiautodestinazione.
Inparticolare,secondoilgiudice,ciòchedistingueilcasodel2014(in
cuisidissedisiall’autodestinazione)edilcasoodierno(incuisidice
di no all’autodestinazione) è il modo in cui si realizza, nell’ultimo
caso, il vincolo di destinazione. Nell’ipotesi presa in esame dalla
sentenza in commento, infatti, manca un meccanismo giuridico che
rendairreversibileladestinazione.
Nel caso del 2014 in cui si ammise l’autodestinazione, i soggetti
destinanti avevano previsto un mandato irrevocabile, in favore degli
organidellaprocedura,avendereibenioggettodell’atto.Intalcaso,il
mandato irrevocabile faceva si che la destinazione rimanesse
irreversibileeciòrendevasoddisfacentelaprocedura.
Viceversa, nel caso oggetto della sentenza in commento manca
qualsiasiclausoladiirrevocabilità,percui,ibenidestinatirimangono
suscettibili, in qualunque momento, di essere riportati nella libera
disponibilità dei soci destinanti. Con questo meccanismo, ad avviso
delTribunale,nonsigarantisceunabasesolidaallaprocedura.
Pertanto, alla luce del contesto complessivo, la proposta di
concordato non viene omologata perché si ritiene l’operazione non
fattibile, in quanto l’autodestinazione, in questo caso concreto, non
può funzionare perché manca un meccanismo di irreversibilità.
L’operazione non è, neppure, economicamente fattibile perché è,
pressoché, certo che la procedura verrà sottoposta all’azione
revocatoriapropostadallabanca.
L’ultimasentenzacheproponiamoinmateriadiattodidestinazioneè
quelladelTribunalediPratodel12agosto2015.
Trib.Prato12
agosto2015
133
Nel caso in esame la banca UNICREDIT era titolare di un credito nei
confronti di due società. La prima società aveva un debito con la
bancaperunvaloredicircaunmilioneemezzodieuro;l’altrasocietà
(presumibilmentecollegataallaprima)avevaprestatofideiussionea
garanzia del suddetto debito e, quindi, risultava anch’essa obbligata,
versolabanca,perisuddettidebiti.
Ad un certo punto, la società debitrice si viene a trovare in una
situazione di crisi ed il 31 marzo del 2011 la banca iscrive ipoteca
giudiziale (per un valore di ottocentomila euro) su alcuni beni
immobilidiproprietàdellasocietàcheavevaprestatolafideiussione.
Lasocietàdebitriceprincipalesitrovava,comeabbiamodetto,inuna
situazionefinanziariacritica,quindi,labancasierarivoltaallasocietà
cheavevaprestatolagaranzia.
Pochi giorni prima dell’iscrizione ipotecaria (il 22 marzo 2011), la
società aveva, con un atto di destinazione ex articolo 2645 ter c.c.,
apposto un vincolo di destinazione su alcuni beni immobili di sua
proprietàalfinediconsentireall’altrasocietà(chesitrovavaincrisi
finanziaria)dipresentareunconcordatopreventivo.
L’attodidestinazioneera,quindi,strumentaleallapresentazionedel
concordato preventivo: si riteneva che l’apposizione del vincolo di
destinazionesualcuniimmobiliavrebbepermessoall’altrasocietàdi
ottenere un parere favorevole, da parte degli organi competenti, in
ordineallapropostadiconcordato.
A questo punto, la banca agisce, presso il Tribunale di Prato,
sostenendo la nullità dell’atto di destinazione, in quanto inidoneo al
raggiungimentodelloscopoperilqualeèstatoeffettuato.
In particolare, ad avviso della banca, esso era stato redatto per il
soddisfacimento di interessi estranei a quelli indicati dall’articolo
2645terc.c.e,comunque,nonmeritevoliditutela.
134
La questione, quindi, consiste nello stabilire se l’atto di destinazione
di cui all’articolo 2645 terc.c. debba essere costituito per realizzare
solo interessi collegati alla tutela delle disabilità, oppure se possa
essere costituito anche per il perseguimento di interessi diversi,
anchedinaturapatrimoniale.
Come si sa, nell’ambito dell’articolo 2645 ter c.c. c’è il richiamo
espresso agli interessi meritevoli di tutela di cui all’articolo 1322/2
codicecivile.
Pertanto,ilpuntodellaquestione,ancheinquestocaso,consistenella
valutazione di quali siano gli effetti meritevoli di tutela che possono
essereperseguiticonl’attodidestinazione.
Il Tribunale di Prato, rispetto a ciò, adotta un’interpretazione ampia
degliinteressichedevonoessereperseguiticonl’attodidestinazione.
Nello specifico, nella sentenza in commento, si ritiene che l’atto di
destinazione possa essere utilizzato anche per il perseguimento di
interessipatrimonialicollegatiallacrisid’impresa.
L’interesseperseguitoconl’attodidestinazioneinquestioneèquello
del soddisfacimento dei creditori sociali e ciò rende tale interesse
pienamentemeritevoleditutelaexarticolo1322/2codicecivile.
Tra l’altro, secondo il Tribunale di Prato, una lettura diversa, che
limiterebbel’utilizzabilitàdell’attodidestinazioneallesolefinalitàdi
pubblica utilità, sarebbe contrastante con ciò che avviene in altri
ordinamentieuropei:iltrust,comevedremo,nelmondoanglosassone
è utilizzato per le più svariate finalità; lo stesso avviene in Francia
dove l’istituto della fiducie può essere utilizzato per finalità anche
commercialiefinanziarie.
Pertanto, nel caso di specie, l’atto di destinazione è diretto a
realizzareuninteressemeritevoleditutela,ossiaquellodiconsentire
135
all’altra società di presentare il concordato preventivo, il quale
avrebbesicuramentemiglioratolaposizionedeicreditorisociali.
Inconclusione,ilTribunalediPratorigettaladomandadellabancaed
adotta, sostanzialmente, un’interpretazione ampia (diversa rispetto
alle sentenze viste sopra) del riferimento ad interessi meritevoli di
tutelaedellostessoarticolo2645terdelcodicecivile.
5.4. La soggettività dei fondi comuni di investimento: analisi
dellasentenzadellaCassazionen.16605/2010.
Perquantoconcernelarilevanzagiurisprudenzialedeifondicomuni
Cass.n.16605/2010
di investimento, è opportuno analizzare la sentenza della Corte di
Cassazione,n.16605,del15luglio2010.
La vicenda inizia di fronte al Tribunale di Bari nell’ambito di una
proceduraconcorsuale.Insedefallimentareilgiudicedelegatovende
all’asta un certo immobile, appartenente alla società fallita, ad una
societàdigestionedelrisparmiolaqualeloacquistapercontodiun
suofondo.
Nell’ambito della suddetta vendita immobiliare si pone, però, il
problema di stabilire il soggetto nei confronti del quale deve essere
fatto il decreto di trasferimento. Nella sostanza, occorre stabilire se
l’aggiudicazione debba essere fatta nei confronti della società di
gestionedelrisparmio,oppure,neiconfrontidelfondocomune.
La sentenza in commento, quindi, affronta il problema della natura
giuridica del fondo comune di investimento che implica delle
riflessionicircaiconcettichedevonoessereutilizzati.
Posto il problema del soggetto aggiudicatario, sia il Giudice delegato
del fallimento, sia il Tribunale di Bari negano che il decreto di
136
trasferimento dell’immobile sia imputato direttamente nei confronti
delfondocomunediinvestimento.
In particolare, nella sentenza di merito si legge che il fondo e la
societàsonosoggettidistinti,però,avendolasocietàagitonell’ambito
dellaprocedurapercontodelfondomanoninnomediesso,nonera
possibile fare un’intestazione immediata dell’immobile al fondo
comune. Nella sostanza, quindi, l’immobile doveva essere intestato
alla società di gestione la quale, a sua volta, doveva ritrasferirlo al
fondo comune di investimento attraverso il meccanismo tipico del
mandatosenzarappresentanza.
La società di gestione, contro il suddetto provvedimento di merito,
propone ricorso in Cassazione. In particolare, in sede di ricorso, la
società ritiene che, nel caso di specie, non sarebbero necessari i due
passaggi di proprietà, prospettati dal Tribunale di Bari, potendo
l’immobile essere intestato immediatamente al fondo. Interessante
appare, anche, il controricorso presentato dalla curatela del
fallimento la quale sostiene che la società di gestione non sia
legittimata a proporre in proprio ricorso per Cassazione, in quanto
essa ha partecipato alle fasi di merito del procedimento, non in
proprio,maqualegestoredelfondocomunediinvestimento.
LaCortediCassazionerigettasiailricorsoprincipaledellasocietàdi
gestione,siailcontroricorsopresentatodallacurateladelfallimentoe
riforma la motivazione del provvedimento di merito adottando una
decisioneoppostarispettoalTribunalediBariilqualeritenevachela
societàdigestioneedilfondofosseroduesoggettidistinti.
Nello specifico, i giudici di Roma, ritengono che si abbia un unico
soggettogiuridicocheèappuntolasocietàdigestionedelrisparmio.
Mentreilfondocomunenonèunsoggettogiuridicomaèunicamente
un patrimonio destinato sottoposto ad un vincolo specifico per
137
quanto concerne, nella sostanza, la sua aggredibilità da parte dei
creditori.
PerargomentarelasuaposizionelaCassazione,innanzitutto,esclude
chel’idea,giàemersainpassato,cheilfondocomuned’investimento
sia un’ipotesi particolare di comunione. Ciò, perché i soggetti
investitori non sono dei comproprietari ma sono, in realtà, dei
creditoridellasocietàdigestione.
Aseguitoditaleesclusionerimangono,quindi,percorribilisoltantole
due alternative del riconoscimento, o meno, della soggettività
giuridica del fondo.La soggettività giuridica del fondo comune era
statainpassatoaffermatadalConsigliodiStatoinunpareredel1999
nelquale,appunto,siritenevachesocietàdigestioneefondofossero
duesoggettidistinti.
La Cassazione, di fronte alle due alternative, decide di negare la
soggettività al fondo: esiste un unico soggetto giuridico, la società,
all’internodellaqualesipuòriscontrarelapresenzadiunpatrimonio
separatorappresentatodalfondocomunediinvestimento.
LasceltadellaCortesibasasutregruppidiargomentazioni.
In primo luogo, un’argomentazione di tipo letterale secondo cui i
termini
(“autonomia”;
“separazione”;
“distinzione”),
utilizzati
frequentemente dal legislatore nella disciplina dell’istituto, piuttosto
che essere chiari indici della soggettività del fondo, sono, secondo la
Cassazione, il frutto di una poca attenzione del legislatore che li ha
usati indistintamente senza prestare attenzione al loro reale
significatotecnico.
In secondo luogo, la Corte utilizza un’argomentazione legata alla
struttura dell’istituto. Secondo essa, infatti, il fondo non è dotato di
una propria autonomia nel senso che non ha un suo potere di
138
autodeterminazione essendo la sua gestione rimessa esclusivamente
allasocietàdirisparmio.
Allo stesso modo, il fondo non ha, neppure, una struttura
organizzativa in grado di interagire con i terzi i quali possono
rapportarsi,esclusivamente,conlasocietàdigestione.
Interzoluogo,l’argomentazionepiùdecisivaappareesserequellache
si fonda sulla ratio della normativa in materia di fondi comuni di
investimento.
Ebbene, la normativa, alla quale abbiamo fatto riferimento nel
paragrafoprecedente,haloscopoditutelaregliinvestitorifacendosì
che coloro che investono in un fondo non debbano subire
conseguenze negative da attività, estranee al fondo, poste in essere
dallasocietàdigestione.
La ratio della normativa, quindi, consiste nel dare una tutela,
attraversolaseparazionepatrimoniale,agliinvestitori.
Il riconoscimento di due distinti soggetti giuridici sarebbe
controproducente rispetto alla suddetta ratio di tutela in quanto,
dinanzi a due soggetti distinti, gli investitori potrebbero aggredire
solamenteilfondoenonancheilrestantepatrimoniodellasocietàdi
gestione. Pertanto, parlare di due soggetti diminuisce la tutela degli
investitori contrastando con la ratio della normativa in materia di
fondicomunidiinvestimento.
Per tutte le suddette ragioni, la Cassazione ritiene che non sia
ammissibilericonoscereunapropriasoggettivitàgiuridica,distintada
quelladellasocietà,alfondo.
Pertanto, essa ritiene che non sia possibile procedere ad
un’intestazione diretta dell’immobile al fondo comune di
investimentoche,comegiàdetto,perlaCorteèprivodisoggettività
giuridica.AdavvisodellaCassazionesipotrebbe,casomai,trascrivere
139
il decreto di trasferimento nei confronti della società ed aggiungere
un’annotazione dalla quale risulta l’esistenza del vincolo di
destinazione derivante dall’esistenza del fondo comune di
investimento.
Sulla sentenza in commento possono essere fatte alcune brevi
considerazioni.
Innanzitutto, con tale decisione, la Corte di Cassazione sembra
intendere il fenomeno della destinazione in modo restrittivo. Essa,
infatti, ha, in qualche modo, escluso che dalla destinazione possa
derivarel’esistenzadiduesoggettidistintiportandoilfenomenoalle
sueestremeconseguenze.
Inaltreparole,laCortehavolutometterealprimopostolatuteladei
creditori(investitori)richiamando,indirettamente,l’articolo2740del
codicecivile.
In conclusione, dall’impostazione della sentenza, viene fuori che il
nostro ordinamento, ad oggi, non accetta che si possa elevare a
soggettodidirittounmeropatrimonioche,nellasostanza,nonsvolge
alcunaattività.
L'impostazione, quindi, seguita dal nostro ordinamento per tali
fenomeni è diversa e si fonda sulla separazione patrimoniale e sulla
valorizzazionedelloschemadelcontrattofiduciario.
La Cassazione chiaramente esprime una linea di ragionamento che,
comeabbiamodetto,negalasoggettivitàgiuridicaalfondocomunedi
investimento.
Si può, però, ragionare in termini diversi. La ricerca di un soggetto,
chiaramente,deveaverriguardoperesserecredibileadunaseriedi
aspetti – l’intestazione, l’autonomia organizzativa, i rapporti con i
terzi,l’attivitàsvolta.
140
Se ci poniamo nell’ambito della logica da cui scaturiscono i fondi
comunidiinvestimento,ilmododiragionareespressodallaCortedi
Cassazioneèesattoodistorsivo?
Nel caso di specie, la società di gestione del risparmio non è
proprietario del fondo comune di investimento: essa, per
l’utilizzazionedelfondostessodovrà,comunque,farriferimentoallo
specificofinediinvestimentochesièprefissata.Nellosvolgimentodi
taleattivitàcomeagiscelasocietàdigestione?
Per rispondere a tale interrogativo si deve considerare il contenuto
dell’articolo36n.4en.5delTUinmateriafinanziaria.
Intalinormesilegge:“Nell’eserciziodellerispettivefunzioni,lasocietà
promotrice, il gestore e la banca depositaria agiscono in modo
indipendenteenell’interessedeipartecipantialfondo”.
Ed ancora: “La società promotrice e il gestore assumono solidamente
verso i partecipanti al fondo gli obblighi e le responsabilità del
mandatario”.
Dalla prima norma emerge la finalità dell’istituto: la società di
gestione,ilgestoreelabancadepositariadevonoagirenell’interesse
deldestinatarioche,intalcaso,ècoluichehainvestitonelfondo.
La seconda norma, invece, contiene una, significativa, indicazione
circa la natura giuridica del rapporto che lega la società di gestione
delrisparmioegliinvestitori.
Gli investitori formano, per così dire, un super patrimonio ed il
rapporto che intercorre tra di essi e la società di gestione del
risparmio con un certo sforzo di fantasia può essere ricostruito
attraverso la categoria del contratto di mandato in virtù del quale,
quindi,colorocheeffettuanoiversamenticonferisconoallasocietàdi
gestioneilmandatodiagirenellorointeresse.
141
Il legame tra le due figure è abbastanza evidente: quando si ha una
società di gestione del risparmio, per forza di cose, nelle attività che
vengono effettuate dalla società stessa colui il quale si pone in
rapportoconessanonpuòignorarechetalesoggettoagisce.
Sipresuppone,nonavendoilconfortodelleazioni,che,nelcasopreso
in esame dalla sentenza, la società abbia dichiarato, in qualche
maniera,cheessaagivapercontodelfondocomunediinvestimento
da essa gestito. Se così è stato, evidentemente, il rapporto
intercorrente tra questi due soggetti, anche se è caratterizzato in
manierafunzionale,sicollocaall’internodellafiguradelmandato.
Sequestoèilragionamento,forse,loschema,daseguirepervalutarei
rapporti intercorrenti nell’ambito dei fondi comuni, non è
ricostruibilemoltiplicandolecategoriesoggettive.
Il fondo comune è qualcosa all’interno del quale deve ricadere, nel
caso di specie, la presenza del bene immobile con conseguente
modificadelcapitaledelfondostesso.
Valutandolecoseinquestamaniera,quindi,lacategoriadeisoggetti,
pur avendo certi riferimenti, non può essere la modalità attraverso
cui fornire una risposta al problema sollevato in sede
giurisprudenziale.
Pertanto, per quanto concerne i fondi comuni di investimento la
categoria soggettiva ha una rilevanza molto limitata in quanto essa
deveessereintegrataconriferimenticoncettualiulteriori.
Infine,perquelcheriguardailcollegamento,primaprospettato,conil
contratto fiduciario esso, come si è tentato di spiegare nei paragrafi
precedenti, tende a limitare l’efficacia della norma giuridica la quale
nonprendeinconsiderazioneilfenomenofiduciarioperchéloritiene
estraneoasestessa.Nullavietacheinfuturosipossariconoscerela
validitànormativadelfenomenofiduciario.
142
Ciò implica una moltiplicazione delle figure soggettive ed il
superamento del paradigma ottocentesco del numero chiuso dei
dirittireali.
143
CAPITOLO3
LAFIDUCIA
1.Ilnegoziofiduciario.
Primadientrarenelmeritodellatrattazionedell’argomento,occorre,
preliminarmente, sottolineare che la fiducia (e, successivamente, il
trust)vengonoaffrontatinelcorsoperchécollegatialfenomenodella
destinazione ed è, quindi, partendo da questo presupposto che si
procederàall’analisidellamateriaoggettodiquestocapitolo.
Innanzitutto,ènecessariopremetterecheilriferimentoche,inquesta
sede, viene effettuato rispetto alla fiducia vuole essere relativo alla
fiducia in senso romanistico nella sua duplice veste di fiducia cum
amicoefiduciacumcreditore.
Un’ipotesi di negozio caratterizzato da una situazione di fiducia cum
amico può essere quello che si realizza con un atto di disposizione
Lafiduciacum
amico
posto in essere nei confronti di un determinato acquirente (che
diventa pertanto proprietario del bene) al quale, nel contempo ,
vengono addossati una serie di obblighi di comportamento che esso
saràtenutoarispettareinseguito.
E’necessario,inquestocontesto,richiamareallamenteilconcettodi
proprietà, quale diritto di godere e di disporre in modo pieno di un
determinatobene,pervedereseinquestocasoècorrettoaffermare
cheildestinatariodell’attodidisposizionedivieneilproprietariodel
beneoggettodell’attostesso.
La realizzazione di un negozio fiduciario, come quello che abbiamo
appena descritto, implica che, a carico del destinatario di esso,
vengano previsti determinati obblighi come, ad esempio, quello di
ritrasferire il bene al soggetto alienante (es. Tizio trasferisce un
determinato bene a Caio con la previsione che quest’ultimo sarà
144
tenuto, in un determinato momento, a ritrasferirglielo), oppure di
trasferireilbeneadundeterminatosoggettoterzo.
Alla luce di ciò, se, per certi versi, si può, al limite, sostenere che il
destinatariodell’attoacquistiildirittodigoderedelbene,nonsipuò
certoaffermarecheessoabbiaallostessomodoildirittodidisporre
delmedesimobene.Diconseguenza,ilruolodelcosiddettofiduciario
si riduce sostanzialmente ad una sorta di anello di tramite di
un’operazione la quale o riconduce al soggetto stesso da cui era
partita, oppure ad un altro soggetto preventivamente individuato da
quest’ultimo.
La fiducia cum creditore è, invece, sottesa a negozi che hanno una
configurazione diversa da quello appena visto: un soggetto, debitore
Lafiduciacum
creditore
neiconfrontidiunaltrodiunacertaprestazione,realizzaunattodi
disposizione di un certo bene a vantaggio del suo creditore, per cui,
quest’ultimo diventa proprietario del bene stesso. A tale contratto è,
tuttavia,sottesounaccordosecondoilqualeseildebitoreprovvede
poi al pagamento del debito allora il creditore sarà tenuto a
ritrasferirgli il bene, altrimenti esso tratterrà il bene diventandone
pieno proprietario nel senso che potrà disporne e goderne
liberamente non essendo più tenuto ad ottemperare all’ obbligo di
ritrasferimentoassuntoneiconfrontideldebitore.
Inquesteipotesicitroviamodifronteadunmeccanismodigaranzia
delcreditodiversodaquelliordinariamenteprevistidallaleggeossia
ilpegnoel’ipoteca.
Tuttavia,unasituazionediquestogeneredàluogoadunaviolazione
del cosiddetto “divietodelpattocommissorio” di cui all’articolo 2744
delcodicecivile.
145
In conclusione, si può affermare che il negozio fiduciario è
ammissibile nei limiti in cui esso non sia luogo ad una situazione
contrariaaciòcheèconsentitodallalegge.
Abbiamo visto come un’ipotesi di fiducia cum creditore non sia
ammissibile alla luce del divieto ex articolo 2744 c.c., ma anche le
ipotesi di negozi caratterizzati da fiducia cum amico potrebbero
andareincontroadunasituazionediinammissibilità.Poniamoilcaso
che tra due soggetti venga stipulato un contratto di locazione di un
immobilemaadessosiasottesounaccordo,percui,ciòcheinverità
si realizza è un vero e proprio atto di disposizione: è questa una
situazione ammissibile? Per rispondere a tale quesito è necessario
esaminareladisciplinaspecialeinmateriadilocazione:sesiponein
essere un contratto di locazione da cui però non scaturiscono le
conseguenze proprie del rapporto di locazione come previste per
legge,alloraquestaparticolareipotesidifiduciacumamicofinisceper
entrareinconflittoconnormeimperativedell’ordinamentogiuridico
percuiessarisultainammissibile.
Torniamo, dunque, a ribadire che per esprimere valutazioni di
ammissibilitàinordinealnegoziofiduciarioènecessarioconfrontare
ilcasoconcretoconlenormedell’ordinamentovigenterelativeaivari
negoziinmododaaccertarechenonsivengaacreare,pereffettodel
negoziofiduciario,unasituazionecherisultiinammissibile.
Aprescinderedallesingoleipotesi,qualeèlavalutazionecheilnostro
ordinamento riserva al negozio fiduciario? Il codice civile, in realtà,
contiene un solo riferimento ad un’ipotesi che può ricondursi ad un
Articolo627c.c.
Disposizione
fiduciaria
atto a cui sia sottesa una situazione di fiducia: si tratta dell’articolo
627c.c.dettatoinmateriadisuccessionitestamentarie.Lanormain
esame – rubricata “Disposizione fiduciaria” – prevede che non sia
possibile agire in giudizio per accertare che le disposizioni fatte a
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favorediunapersonadichiarataneltestamentosianosoloapparenti
e che riguardino in realtà altre persone. Dalla norma emerge che,
nonostante la rubrica dell’articolo, risulta piuttosto difficoltoso
ricondurrequestasituazioneaquellacheabbiamofinoraesaminato,
ossia ad un accordo fiduciario tra soggetti che, nel caso dell’articolo
627 c.c., dovrebbero essere il testatore, la persona nominata e un
terzosoggetto.E’evidenteche,datoancheilparticolareambitoincui
essasitrova,lafattispeciedescrittaall’articolo627c.c.costituiscauna
situazionemoltoparticolareespecifica.
Riprendendoildiscorsogeneralesulnegoziofiduciario,percosìdire,
tipico – ossia un soggetto che trasferisce un bene ad un altro con
Fiduciae
simulazione
l’accordo che quest’ultimo provvederà a ritrasferirlo a lui o ad un
altro predeterminato soggetto – occorre chiedersi se esso possa
essereconsideratocomeunnegoziodialienazioneinsensoproprioo
debba piuttosto ritenersi una situazione di mera apparenza di
trasferimentodatocheildestinatariodiessononvieneadacquistare
il pieno diritto di proprietà sul bene (inteso appunto come piena
possibilitàdigodereedidisporredelbenemedesimo).
Per rispondere a questa domanda occorre chiedersi se, e come, la
situazionechescaturiscedaunnegoziofiduciariodifferiscadaquelle
derivantedaunnegoziosimulato.
Per una trattazione più esaustiva del rapporto fra fiducia e
simulazione, si rinvia a quanto verrà detto nel capitolo dedicato al
fenomenodellasimulazione
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