Proclamare la Parola

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Proclamare la Parola
IL SERVIZIO DELLA PROCLAMAZIONE DELLA PAROLA.
Si sente spesso parlare di "leggere" le letture della messa: più che leggere si
dovrebbe dire "proclamare" le sacre Scritture, si tratta infatti di far risuonare la
Parola di Dio davanti all'assemblea, e proclamare significa annunciare solennemente
in pubblico.
Poiché le sacre Scritture sono l'annuncio della salvezza, il lettore è l'araldo del
Signore che rende presente al popolo, appositamente convocato, il lieto annuncio di
salvezza;
Questo servizio liturgico viene svolto da ministri appositi:
 La proclamazione del Vangelo spetta al diacono, in mancanza, viene
fatta dal sacerdote;
 la proclamazione delle altre letture compete al lettore istituito (è un
ministero permanente conferito dal vescovo);
 il canto del salmo tra le letture è fatto dal salmista o dal cantore.
I salmi, infatti, andrebbero cantati perché sono composizioni poetiche scritte
per essere cantate con l'accompagnamento di uno strumento a corde, simile a una
piccola arpa, chiamato Salterio; (oggi per salterio si intende anche il libro che
contiene i salmi) tuttavia in mancanza di salmisti o cantori esperti nell’arte del
salmodiare possono essere proclamati, come le altre letture, dal lettore ma il
responsorio o ritornello lo dice tutta l'assemblea oppure il salmo si può eseguire a
strofe alterne proprio per sottolineare la natura cantata del salmo.
Spesso nelle parrocchie non ci sono lettori istituiti però l'assemblea liturgica
non può fare a meno della proclamazione della Parola di Dio e quindi è necessaria la
presenza di persone che siano "particolarmente idonee e preparate a compiere
questo ministero" (OLM n 52) e questo perché i fedeli, ascoltando le letture
maturino un "vivo amore per la Sacra Scrittura".
Il lettore non legge per sé, proclama per l'assemblea, è un servizio a favore
della comunità riunita che ha diritto e dovere di essere "nutrita" dalla Parola di Dio
e non solo dal Pane eucaristico.
Per questo motivo, data la delicatezza dell'incarico i lettori, anche se non
istituiti (si chiamano "di fatto"), "siano veramente idonei e preparati con impegno”
(OLM n 55).
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In cosa consiste l'idoneità?
La proclamazione nella messa è un servizio da riservare ai cresimati perché il
sacramento della confermazione abilita il battezzato alla testimonianza pubblica,
infatti l'annunciatore della Parola di Dio deve essere un testimone credibile dato che
proclama il lieto annuncio di salvezza.
Inoltre il lettore (anche se solo "di fatto") deve essere in piena comunione con
la Chiesa: come potrebbe annunciare la Parola di Dio se lui, per primo, la
trasgredisce? Chi per il suo stato di vita non può accostarsi alla mensa del Pane
eucaristico come potrebbe annunciare la Parola? Parola e Pane sono strettamente
connessi.
La proclamazione della Parola è una cosa seria ci vuole grande rispetto, prima
di tutto per la Parola stessa e poi per l'assemblea.
I lettori devono essere idonei e preparati
Abbiamo visto in che consiste l'idoneità, vediamo ora la preparazione. Occorre
una preparazione spirituale ma è necessaria anche quella tecnica.
Quest'ultima consiste nel saper proclamare davanti all'assemblea con il giusto
tono di voce, senza correre nella lettura, facendo le pause adatte con un'intonazione
giusta, adeguata al tipo di brano che si legge, evitando qualsiasi forma di
spettacolarizzazione, indossando un abbigliamento sobrio e decoroso che non
distragga gli ascoltatori dalla Parola che viene proclamata: prima di tutto vengono la
Parola e l'assemblea, tutto il resto svia.
Per quanto riguarda la preparazione spirituale la Chiesa indica la formazione
biblica e quella liturgica.
La formazione biblica deve portare i lettori a saper inquadrare le letture nel
loro contesto, occorre perciò sapere per chi furono scritte, in quale periodo della
storia della salvezza, conoscere i modi di dire e di agire di un popolo con cultura
diversa dalla nostra, come gli antichi ebrei (ad esempio che senso aveva parlare di
sangue della nuova alleanza? C'era forse stata un'alleanza precedente che aveva una
qualche relazione con il sangue?).
Un altro aspetto della formazione biblica consiste nel saper cogliere nelle
letture qual è il nesso fra loro e perciò qual è il centro dell'annuncio in quella messa,
infatti ogni messa è diversa da un'altra perché caratterizzata da diverse letture e da
diverse preghiere del sacerdote.
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Tutto questo riguarda la formazione biblica del lettore.
Come se la può dare?
Non è difficile, solo richiede un po' di impegno costante; è materia delicata,
spesso non conosciuta e perciò non si può pretendere di acquisirla senza buona
volontà e con un impegno saltuario.
Prima di tutto gli incontri del giovedì: sono finalizzati anche a questo; poi ci
sono le introduzioni alle singole letture sul messalino; nella Bibbia è opportuno
leggere le introduzioni al libro da cui è tratta la lettura, vanno lette le note; si viene
così a sapere quanto è strettamente indispensabile.
Oltre alla formazione biblica è richiesta al lettore una formazione liturgica
sulla Parola di Dio nella celebrazione.
Diciamo qualcosa in merito:
La proclamazione è far risuonare la Parola di Dio in mezzo all'assemblea (ma la
Parola di Dio non è forse Cristo, Verbo del Padre?) quando la Parola di Dio risuona
produce frutto in chi l'ascolta (Is 55, 10-11 e la spiegazione della parabola del
seminatore in Mt 13,18-23), in altre parole si può affermare che, per mezzo della
proclamazione, la Parola di Dio si rende presente e agisce.
La Costituzione del Concilio sulla Liturgia dice che Cristo "è presente nella sua
parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura" (S.C. n
7).
Ben diversa è la lettura personale, in quanto nella lettura privata manca
l'aspetto sacramentale che invece è il fondamento della proclamazione nella messa.
Che significa?
Per la potenza di Dio (cioè lo Spirito Santo, che è stato capace di far incarnare il
Verbo di Dio nel seno della Vergine Maria) si realizza in mezzo all'assemblea la
presenza di Cristo Gesù.
Che tipo di presenza è? È forse un modo di dire? È forse dello stesso genere
della presenza reale nel Santissimo Sacramento?
Scriveva Paolo VI che la presenza di Cristo nelle specie eucaristiche si dice
reale non per esclusione delle altre modalità in cui Cristo è realmente presente, e
Benedetto XVI in "Verbum Domini" al numero 56 dice:
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"Cristo realmente presente nelle specie del pane e del
vino, è presente, in modo analogo, anche nella Parola
proclamata nella liturgia".
Perciò, poiché attraverso la proclamazione si realizza la presenza effettiva di
Cristo in mezzo all'assemblea, si può affermare che la proclamazione nella liturgia è
sacramento di Cristo Gesù, Verbo di Dio come per l'azione dello stesso Spirito Santo
il pane diventa sacramento di Gesù che si è offerto al Padre per la nostra salvezza.
In sintesi questo è il senso della liturgia della Parola, azione sacramentale della
Chiesa resa possibile dalla potenza di Dio: lo Spirito Santo.
Il Concilio dice:
"Ogni celebrazione liturgica in quanto opera di Cristo
sacerdote e del suo Corpo, che è la Chiesa, è azione
sacra per eccellenza e nessun'altra azione della Chiesa,
allo stesso titolo e allo stesso grado ne uguaglia
l'efficacia" (S.C. 7).
Per concludere
mentre nella catechesi l'annuncio ha una funzione prevalentemente didattica, nella
liturgia la proclamazione della Parola ha una funzione sacramentale; infatti attua ciò
che annuncia, Gesù Cristo si rende realmente presente nella proclamazione della
Scrittura.
Perciò non lettura ma proclamazione, non il seguire le letture su messalini o
foglietti ma ascolto perché attraverso la povera voce del lettore è Cristo stesso che
parla e si fa presente in mezzo a noi.
San Girolamo ci insegna che
Noi mangiamo la carne di Cristo e beviamo il
sangue di Cristo nell'eucarestia, ma anche nelle letture
della Sacra Scrittura durante la messa; come non si
deve far cadere nemmeno una briciola del Pane
consacrato, così non si deve far cadere nemmeno una
frase della Parola di Dio proclamata nella liturgia.