3 lezioni sul rapporto tra azioni e obbligazioni

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3 lezioni sul rapporto tra azioni e obbligazioni
3 lezioni sul rapporto tra azioni e obbligazioni
Come la storia può aiutare gli investitori a tenersi pronti al
cambiamento
Documento riservato ai Clienti Professionali/Investitori Qualificati e/o Soggetti
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CE 335/2016
È possibile gestire la volatilità dei mercati? Questo approfondimento analizza alcuni periodi
storici specifici per comprendere come un approccio capace di unire allocazione strategica e
scelte tattiche possa aiutare a gestire efficacemente la volatilità sui mercati. La prima
parte esamina il periodo sfavorevole alle obbligazioni durante gli anni Cinquanta e i primi
anni Sessanta. La seconda parte analizza le fasi rialziste dei mercati azionari negli anni
Ottanta e Novanta, mentre la terza esamina i flussi sui mercati dopo il 2008. Di fronte alla
prospettiva di perdurante volatilità sia sui mercati azionari che obbligazionari,
un'allocazione strategica in attività che registrino performance diverse in vari contesti
economici può aiutare a evitare che una asset class domini le performance del portafoglio.
Al contempo, un approccio corretto deve prevedere una dose di flessibilità necessaria a
cogliere tatticamente opportunità d'investimento specifiche.
Parte 1: Giorni sfavorevoli alle obbligazioni
Gli anni Cinquanta sono generalmente considerati come l'epoca peggiore per i rendimenti
obbligazionari. Nel contesto di aumento dei tassi d'interesse che iniziò nel 1950 e proseguì fino
all'epoca della Grande Società nel 1965, le obbligazioni generarono mediamente rendimenti
intorno al 2,0% a fronte del 16,2% delle azioni1. Lo scarso rendimento delle obbligazioni è in parte
imputabile al fatto che il livello assoluto da cui i tassi d'interesse salirono all'inizio del decennio,
pari o inferiore al 2,5%, era artificialmente basso2. Per mantenere la stabilità del sistema
finanziario prima e durate la Seconda Guerra Mondiale, la Federal Reserve (Fed) accettò di
adottare misure atte a tenere i tassi d'interesse a bassi livelli, con tassi a breve termine inferiori
allo 0,375% e a lungo termine al di sotto del 2,5%2. Questa politica si concluse a marzo 1950,
allorché alla Fed fu consentito di riprendere una politica monetaria attiva e indipendente.
Nell'arco di pochissimo tempo, i tassi a lungo termine cominciarono così a salire. A gennaio 1960,
erano quasi raddoppiati, giungendo al 4,7%1. Quando i tassi partono da un livello così basso, il
rendimento da cedole non è sufficiente a compensare la minusvalenza derivante da cali dei
prezzi, e il rendimento complessivo dei titoli scende. Sebbene sia stato sicuramente un decennio
ostile al reddito fisso, di seguito sono indicate alcune ragioni per cui gli investitori avrebbero
potuto beneficiare di un'allocazione ben diversificata, in azioni e obbligazioni:
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Le azioni sovraperformarono per gran parte del periodo, ma non per tutto il periodo. Le
obbligazioni sovraperformarono le azioni nel 1953, 1957, 1960 e 19621, anni
sostanzialmente corrispondenti a periodi di rallentamento o recessione economica
Il rischio di ribasso delle obbligazioni, qualora siano detenute fino alla scadenza, è più
limitato rispetto a quello delle azioni. Anche nell'anno peggiore (1959) del decennio
peggiore, le obbligazioni registrarono una flessione del 2,6%, rispetto all'anno peggiore
(1957) delle azioni, il cui calo fu del 10,5%1
Nel periodo dal 1950 al 1965, la volatilità delle obbligazioni fu significativamente
inferiore, in termini di deviazione standard, a quella delle azioni (meno della metà)1
Cosa significa tutto questo per gli investitori di oggi, che si attendono un trend al rialzo dei tassi
d'interesse dopo dicembre 2015? La storia non si ripete, ma può fare rima. Gli investitori
dovrebbero evitare di tracciare paralleli diretti tra il periodo storico sopra analizzato e l'attuale
contesto di tassi d'interesse perché troppi fattori incidono sui rendimenti dei mercati azionari e
obbligazionari. Tuttavia, guardando al passato, è facile intuire l'importanza di:
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Diversificare il portafoglio in base alle fonti di rischio economico anziché alle fonti di
rendimento: un portafoglio in grado di attenuare i rischi imprevisti di contesti
macroeconomici diversi può aiutare a rimanere sulla strada giusta in qualunque contesto di
tassi d'interesse.
Ridurre la volatilità anche quando i tassi aumentano: oltre al reddito, le obbligazioni possono
offrire agli investitori il vantaggio di diminuire la volatilità dei rendimenti di portafoglio
Anziché prendere decisioni d'investimento sulla base delle prospettive dei tassi d'interesse, gli
investitori devono tenersi pronti a diversi, possibili, scenari economici.
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Parte 2: la “bolla” delle dotcom
Gli anni tra il 1982 e 1999 hanno rappresentato un'era di sovraperformance delle azioni rispetto
alle obbligazioni. In tale periodo, la Federal Reserve (Fed) operò aumenti dei tassi a breve termine
in parecchie occasioni causando turbolenze sui mercati obbligazionari:
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Nel corso del 1994, il mercato obbligazionario registrò la perdita storicamente
peggiore3. Quando la Fed cominciò a innalzare i tassi d'interesse a breve termine
all'inizio di febbraio, il mercato obbligazionario iniziò a penalizzare pesantemente
società finanziarie, hedge fund e fondi comuni obbligazionari;
Nel 1997, la Fed operò nuovi aumenti dei tassi per contrastare la crescente inflazione,
dati i timori di pressioni salariali;
Nel 1999, la Fed aumentò i tassi sei volte per arginare gli effetti inflazionistici della
cosiddetta “bolla delle dotcom”, ossia l'aumento dei mercati alimentato dagli
investimenti in società basate su Internet.
Dal 1982 al 1999, le azioni guadagnarono complessivamente il 18,52%, i titoli di stato a lungo
termine registrarono rendimenti del 12,08% e le obbligazioni societarie del 12,17%. Nonostante la
generale sottoperformance delle obbligazioni rispetto alle azioni, gli investitori avrebbero
comunque potuto trarre profitto dal mantenimento di un'allocazione strategica in obbligazioni
poiché, in alcuni anni di questa lunga fase rialzista del mercato, le obbligazioni
sovraperformarono significativamente le azioni.
Fonti: Ibbotson; Bloomberg L.P., Invesco (materie prime). Le azioni sono rappresentate dall'Indice S&P 500; l'inflazione
dall'indice dei prezzi al consumo (CPI); le materie prime dall'Indice S&P GSCI; i titoli di stato a lungo termine dall'Indice
Ibbotson U.S. Long-Term Government Bond; i Buoni del Tesoro dall'Indice Ibbotson U.S. 30-Day T-Bill e le obbligazioni
societarie dall'Indice Ibbotson U.S. Long-Term Corporate Bond. La performance conseguita in passato non costituisce
un'indicazione di risultati futuri. Non è possibile investire in un indice.
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E per quanto riguarda le materie prime?
Le materie prime sono generalmente considerate una protezione contro l'inflazione, ma vi sono
stati anni in cui hanno registrato buone performance, durante questa lunga era di crescita con
bassa inflazione, come illustrato nel grafico seguente. Vale la pena notare che nel 1990, uno dei
rari anni nel corso di questo periodo in cui le azioni registrarono rendimenti negativi, le materie
prime generarono un rendimento di oltre il 29%.
Fonti: Ibbotson; Bloomberg L.P., Invesco (materie prime). Le azioni sono rappresentate dall'Indice S&P 500; l'inflazione
dall'indice dei prezzi al consumo (CPI); le materie prime dall'Indice S&P GSCI; i titoli di stato a lungo termine dall'Indice
Ibbotson U.S. Long-Term Government Bond; i Buoni del Tesoro dall'Indice Ibbotson U.S. 30-Day T-Bill e le obbligazioni
societarie dall'Indice Ibbotson U.S. Long-Term Corporate Bond. La performance conseguita in passato non costituisce
un'indicazione di risultati futuri. Non è possibile investire in un indice.
Queste lezioni sulle fasi rialziste di mercato cosa insegnano agli investitori nel 2016? Riteniamo
che, per avere un portafoglio realmente diversificato, un investitore dovrebbe mantenere sempre
un'allocazione strategica delle attività che hanno storicamente generato performance differenti
in vari contesti economici ed evitare che una sola classe di asset domini l'esito del portafoglio. Al
fine di cogliere le opportunità, gli investitori dovrebbero considerare adeguamenti tattici miranti
ad affinare - anziché annullare - il loro piano strategico.
Il mantenimento di un approccio strategico e tattico al contempo ha un duplice scopo:
1. Tenersi sempre pronti a diversi possibili scenari di mercato
2. Essere consapevoli delle condizioni di mercato correnti e al contempo adeguare tatticamente il
portafoglio di conseguenza
Analizzando i dati di performance complessivi dal 1982 al 1999, è più che probabile che gli
investitori ritengano che avrebbero voluto investire totalmente in azioni, ma ignorando altre
classi di asset avrebbero perso opportunità a breve termine. Nemmeno gli osservatori di mercato
più esperti sono in grado di dire quando possano arrivare contesti di lungo periodo e quanto questi
siano destinati a durare, e tanto meno sapere quando fattori anticiclici possano alterare
l'andamento delle performance a lungo termine. Ecco perché è importante che gli investitori si
tengano pronti.
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Parte 3: la “frenesia” post 2008
Comprensibilmente turbati dalle perdite azionarie record del 2008, gli investitori si sono rifugiati
in strumenti obbligazionari o cash. Gli afflussi agli strumenti obbligazionari sono aumentati dal
2009 al 2012 - nonostante rendimenti obbligazionari e tassi d'interesse storicamente bassi - e nel
2013 la classe di asset ha poi generato rendimenti negativi. Non sorprende che nello stesso
periodo gli afflussi netti alle azioni siano diminuiti. Sebbene i flussi azionari non siano diventati
decisamente positivi fino al 2013 (anno in cui l'Indice S&P 500 ha riportato un rendimento di oltre
il 32%4), per gran parte degli ultimi sei anni i mercati azionari hanno registrato una lunga fase
rialzista. Dopo la crisi finanziaria, i mercati hanno subito una svolta marcata: al 31 dicembre 2015
l'Indice S&P 500 ha infatti registrato un rialzo cumulativo del 248% rispetto al minimo del 9
marzo 20095.
Negli ultimi tempi, a mano a mano che si sono rafforzate le probabilità di un aumento dei tassi da
parte della Federal Reserve (Fed), abbiamo visto gli investitori sviluppare un'avversione alle
obbligazioni che si è tradotta in deflussi netti da giugno a settembre 2015, avendo gli investitori
cercato di evitare le perdite derivanti dall'imminente rialzo dei tassi.
Ma ricordiamo cosa è successo in effetti:
 L'economia globale ha registrato una battuta d'arresto;
 I mercati azionari hanno subito pesanti perdite;
 La Fed non ha aumentato i tassi così presto come previsto;
 L'avversione al rischio si è diffusa.
Le obbligazioni investment grade sono pertanto state l'unica classe di attivi a registrare guadagni
nel terzo trimestre. A dire il vero, gli investitori che avevano abbandonato le obbligazioni si sono
probabilmente sentiti giustificati nel quarto trimestre, quando il segmento del credito ha subito
una flessione, causata principalmente dai titoli di credito di qualità inferiore a fronte delle
perduranti turbolenze nei mercati dell'energia e le preoccupazioni per la liquidità causate dalla
chiusura di un fondo altamente speculativo a dicembre. Ciò si è tradotto in perdite non superiori
all'1% per la maggiore parte degli indici obbligazionari durante il trimestre, mentre l'high yield è
sceso di circa il 2%, stando all'Indice Barclays US Corporate High Yield.
Tuttavia, il 2016 ha aperto la strada a una nuova fase di “avversione al rischio”, con un calo
marcato di azioni e altri asset rischiosi, mentre le obbligazioni di alta qualità si sono mantenute
relativamente stabili. Negli ultimi sei mesi, l'andamento è stato piuttosto altalenante,
esattamente il tipo di contesto che induce gli investitori a prendere decisioni avventate.
Prevedere le tempistiche di mercato è come cambiare corsia. Con il senno di poi, possiamo dire
che gli investitori che cercano di prevedere le tempistiche di mercato sono storicamente entrati e
usciti dalle classi di attivi esattamente nel momento sbagliato. Per analogia, possiamo pensare a
chi passa in una corsia in cui il traffico scorre più veloce, ma finisce poi con il ritrovarsi con le
nocche bianche per la tensione frenetica causata dal dover tenere le mani incollate al volante
quando il traffico sulla corsia scelta inaspettatamente rallenta. In particolare, molti investitori
hanno abbandonato le azioni, perdendo guadagni azionari per anni e incassando cedole
estremamente basse dai loro portafogli obbligazionari; i tassi dei Treasury decennali, ora
prossimi al 2%, si sono infatti mossi tra il 2% e il 3% per la parte migliore del periodo dal 2012 al
20153. A fronte dell'attenuazione dei ricordi del 2008 e 2009, gli investitori rialzisti hanno poi
deciso di rientrare nella corsia azionaria soltanto per farsi sorprendere dal recente crollo. Questi
cambi di corsia per i portafogli hanno fatto perdere opportunità di crescita dopo i minimi di
marzo 2009 e hanno probabilmente causato perdite reali, in quanto gli investitori hanno ridotto
le allocazioni ad asset che avrebbero potuto proteggerne i portafogli durante la recente
flessione. Posto sbagliato, momento sbagliato, frenesia, come sempre.
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Fortunatamente gli investitori, a differenza di chi guida, non devono scegliere solo una corsia.
Possiamo invece diversificare i nostri portafogli con un approccio agli investimenti che offra una
dose di flessibilità atta a perseguire tatticamente opportunità d'investimento specifiche evitando
di investire totalmente in o disinvestire totalmente da una classe di asset. Tale approccio può
contribuire ad attenuare la frenesia che induce gli investitori a prendere la decisione sbagliata nel
momento sbagliato. Sebbene nessuno possa prevedere cosa possa succedere tra un mese o sei
mesi, vi è un consenso diffuso sul fatto che nell'immediato futuro rimarrà una condizione di
volatilità per azioni e obbligazioni.
Per concludere
Gli investitori dovrebbero essere sensibilizzati al valore di un approccio strategico e tattico al
contempo, potenzialmente in grado di contribuire a:
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Evitare che una classe di asset domini la performance del portafoglio;
Diversificare i portafogli per tenersi pronti a svariati contesti economici, inclusi aumenti dei
tassi d'interesse;
Evitare tatticamente di perdere opportunità preparandosi a movimenti di mercato anticiclici;
Conseguire gli obiettivi finanziari con un'esposizione bilanciata alle classi di asset.
In sintesi, il mantenimento di un approccio corretto può aiutare gli investitori a trovarsi nel posto
giusto al momento giusto, senza troppi “strattoni”.
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CE 335/2016
1 Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED), “Historical Returns on Stocks Bonds and Bills – United States,” Aswath
Damodran, Stern School of Business, New York University. Le obbligazioni sono rappresentate da Treasury decennali
statunitensi e le azioni dall'Indice S&P 500.
2 Fonte: Federal Reserve Bank of New York, “U.S. Monetary Policy and Financial Markets,” Ann-Marie Meulendyke, 1998, and
University of Chicago Press, “Financial Markets and Financial Crises,” Glenn R. Hubbard, ed., January 1991.
3 Fonte: Fortune, “The great bond massacre,” Al Ehrbar, Feb. 3, 2013. Rendimenti basati sull'Indice Barclays US Aggregate
Bond e sull'Indice dei Treasury decennali statunitensi.
4 Fonte: Lipper, 2013
5 Fonte: FactSet Research Systems, al 31/12/2015
6 Fonte: Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, 01/2016