Nasceva per unire - Camera di Commercio Italiana per la Svizzera

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Nasceva per unire - Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
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Rivista
Anno 102 - n. 3 - Marzo 2011
17 Marzo 1861
Nasceva per
unire
REKDESIGN.COM
Insuperabile
per le vostre “Maxi”
insalate.
Santa Lucia, questa è mozzarella.
Editoriale
di Giangi Cretti
A
mmettiamolo: il pendolarismo parlamentare degli ultimi mesi - inconcepibile solamente per chi (va da sé: sciocco allocco e sprovveduto) ritiene che gli
orientamenti politici poggino su valori culturalmente consolidati ed eticamente
brevettati – accolto con iniziale sconforto, è ormai laconicamente accettato, con
malinconica rassegnazione.
Poco o nulla conta se ne risulta soffocata l’indignazione, annegato lo sdegno, imbavagliato
il dissenso, ondivago ed intermittente.
Quotidianamente confrontati con la logica generica del tutto che equivale quella del contrario di tutto, non sappiamo più manifestare sorpresa. Neppure di fronte ad uno scenario
che, almeno in teoria, capovolge alcuni storiche certezze.
La cronaca - affollata da sondaggi attorno ai quali si orienta l’ago della bussola della nostra
quotidianità social-politica - ci fornisce un quadro che qualche tempo avremmo ritenuto
inquietante. Oggi, invece, con apparente quieta indifferenza, ne prendiamo atto: accettato
che i valori, quelli con la V maiuscola, vanno considerati con elasticità, ignoriamo quale sia
oggi la loro naturale funzione distintiva.
Ricrediamoci, (ammesso che davvero anche “noi credevamo”): Dio, Patria e Famiglia, dei
veri e propri benchmark della destra conservatrice, sono ormai privi di una collocazione cultural-politica riconoscibile. Non parliamo di Dio (invano), costretto, suo malgrado,
ad acconciarsi per un uso sempre più addomesticabile; prescindiamo dalla Famiglia: chic
quando è allargata e sotto choc quando è polverizzata. Ma della Patria proprio non ci saremmo attesi potesse veder forzato il suo solido aggancio storico-culturale.
Chi, appese in qualche angolo della memoria, ha ancora equazioni concettuali sul tipo l’internazionalismo (come la doccia) è di sinistra, mentre la patria (al pari del bagno) è di destra è fortemente disorientato. Sondaggi prontamente alla mano e autorevoli dichiarazioni
puntualmente diramate non lasciano dubbi: la Patria, unita unica e indivisibile, ripudiata a
destra cerca (e in parte trova) pronto soccorso a sinistra.
Quanto illusorio potesse essere, cogliere l’occasione dei 150 anni dell’Unità, per celebrare,
una tantum, la festa dell’appartenenza nazionale, ce l’hanno confermato le stucchevoli e
addomesticate contrapposizioni che hanno circuitato la decisione del Consiglio dei Ministri. Dispute, le cui forti argomentazioni, trovano sintomatica (del tutto che vale il contrario
di tutto) sintesi, nelle parole del Ministro per Turismo. Ostentando irremovibile convinzione ha dichiarato: “da settentrionale stacanovista, ritengo che, in una fase di crisi, sia importante
lavorare”, il giorno dopo angelicamente sostenendo che:“in questa fase di crisi, con un calendario avaro di ponti, fare festa il 17 marzo, non può che giovare al nostro turismo”.
Che dire? Che con un pensiero debole, per quanto operoso, si esprime una percezione
altrettanto debole dell’appartenenza ad una comunità nazionale.
Costeggiando il paradosso potremmo aggiungere che D’Azeglio, ciclicamente scomodato,
è finalmente superato. Gli italiani, bene o male, si sono fatti: tanti, divisi, distinti, talvolta
incapaci di distinguere, spesso smaniosi di distinguersi. La vera impresa oggi è (ri)fare
l’Italia: federata o federale, purché condivisa. Dalla gran parte degli italiani, naturalmente.
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n. 3 - Marzo 2011
1
Sommario
n. 3 Marzo 2011
1
INCONTRI
Editoriale
45
PRIMO PIANO
15
Tornano le cifre nere
Interscambio Italo-svizzero 2010
CULTURA
17
Tripoli bel suol d’amore
1911- 2011: 1° centenario
dell’invasione italiana della Libia
21
I plebisciti: quando la Lombardia
e il Veneto scelsero l’Italia
con il 99,9 % dei voti
Il 17 marzo, l’Italia compie 150 anni
49
Camillo Benso conte di Cavour:
il grande «tessitore»
Nella ricorrenza del 150° anniversario
dell’Unità d’Italia
54
Viva Verdi!
Teatro musicale e Risorgimento in Italia
59
L’arte è amore rivestito di bellezza
Le Alpi in luce di Giovanni segantini
(1858-1899)
La lingua italiana fattore portante
dell‘identità nazionale
150° anniversario dell’Unità d’Italia
62
Anche così si promuove il turismo
Movietour: il cinema (e la letteratura)
come pretesto
Celebrare con serietà
il nostro centocinquantenario
L’intervento del Presidente Napolitano
67
Beppe Grillo ritorna in Svizzera
Con due spettacoli a Zurigo e Basilea
Dal Risorgimento all’Unità d’Italia
Conferenze a Zurigo
25
35
“Ancora oggi continuo ad imparare
sia dagli anziani sia dai bambini”
Donne in carriera: Marina Poli
La Dedicated Leasing Company
RUBRICHE
IN BREVE
4
ANGOLO LEGALE
41
ITALCHE
7
CONVENZIONI INTERNAZIONALI
42
EUROPEE
9
L’ELEFANTE INVISIBILE
47
INTERNAZIONALI
11
SCAFFALE
57
OLTREFRONTIERA
13
SEQUENZE
65
ETICAMENTE
29
DIAPASON
69
BENCHMARK
31
CONVIVIO
72
BUROCRATICHE
36
MOTORI
77
ANGOLO FISCALE
39
STARBENE
80
In copertina: Il fronte di Palazzo Carignano a Torino, sede della prima seduta del Parlamento italiano (foto Michele Caracciolo di Brienza).
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n. 3 - Marzo 2011
DOLCE VITA
IL MONDO IN CAMERA
70
Tutto pronto per Gusto in Scena
Inizia il conto alla rovescia
72
Ben tornata polpetta
78
Italiane in vetrina
81° Salone Internazionale dell’automobile
di Ginevra
90
Buon Appetito Svizzera, con il riso
del Piemonte!
Domenica, 13 marzo, al Pala Congressi
di Lugano
Seminario “italian-swiss tax
and legal forum 2011”
Martedì 12 aprile a Losanna
IL MONDO IN FIERA
84
85
A Perugia per l’olio d’oliva
extra-vergine umbro
Olio Capitale: Trieste, 18 - 21 marzo 2011
Salone degli extravergini tipici
91
Cibus Tour 2011: Parma, 15 - 17 aprile
La filiera agroalimentare incontra
i consumatori
Sardegna. Quasi un continente”
Le bellezze della Regione presentate
a Zurigo e Ginevra
92
Grande successo a Zurigo
Presentazione delle nuove annate
di Barolo e Barbaresco
93
L’italiano commerciale
alla portata di tutti
Seminario presso la CCIS
94
Contatti commerciali
96
Servizi camerali
86
I Saloni 2011: Milano, 12 - 17 aprile
50 years young
87
Il 90° Macef chiude con 95.000 visitatori
88
Vinitaly, Sol, Agrifood club, Enolitech:
Verona, 7- 11 aprile 2011
Un poker di rassegne per
l’agroalimentare made in italy
Editore
Camera di Commercio Italiana
per la Svizzera
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C. NICOLETTI, S. SGUAITAMATTI
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A. CROSTI, L. D’ALESSANDRO, F. FRANCESCHINI
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n. 3 - Marzo 2011
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In breve
Dal 2012 il made in italy avrà sede Vino, è record storico
nel Palazzo della Civiltà a Roma
per l’export
Dalla fine del 2012 il made in italy e il design italiano
avranno la loro casa nel Palazzo della Civiltà italiana
all’Eur, riconsegnato, dopo quasi quattro anni di lavori di
riqualificazione. Mai pienamente utilizzato, se non come
sede di uffici, spiega il sindaco Alemanno, “il palazzo non
viene riconsegnato alla città ma dato per la prima volta. È un
segno dei tempi che questo palazzo non celebri più l’italianità come potenza ma come creatività” e, aggiunge “il museo
rafforzerà la vocazione fieristica, congressuale ed espositiva
dell’eur insieme al nuovo acquario ed alla nuvola di Fuksas.
L’Eur così tornerà ad essere la vetrina di Roma”. Terminata
quindi la prima fase dei lavori, parte ora la fase due, quella di allestimento degli interni che dal 2012 accoglieranno
l’eccellenza delle produzioni italiane proposte al pubblico
con un ciclo di mostre temporanee, più o meno sei ogni
anno, organizzate per settori, dal design, alle automobili.
Tra le collezioni più prestigiose ospitate nel nuovo museo,
quella del“Compasso d’oro”, storico premio di design industriale fondato nel 1954 su idea di Gio Ponti e che da
allora ha visto premiati i più bei nomi del design italiano,
da Munari a Nizzoli, a Franco Albini. Il palazzo ospiterà
anche la discoteca di stato che vi trasferisce, dalla storica
sede di via Caetani, l’imponente archivio.
Nel 2010 si registra il record storico delle esportazioni
di vino italiano nel mondo. Le aziende italiane hanno
realizzato un fatturato stimato in 3,7 miliardi di euro,
in aumento del 9%, la voce più importante dell’export agroalimentare nazionale. È quanto emerge da
una analisi Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero dalle quali si evidenzia che nel
mondo sono state stappate più di 2 miliardi di bottiglie di vino italiano. Oltre un quinto del fatturato viene realizzato - sottolinea la Coldiretti - negli Stati Uniti
che nel 2010 con un aumento in valore del 9 per cento sono diventati il primo mercato di sbocco mettendo a segno uno storico sorpasso sulla Germania dove
la domanda è cresciuta solo di un punto percentuale.
Non mancano però risultati sorprendenti sui nuovi mercati come la Cina dove è addirittura raddoppiato nel 2010 il valore del vino Made in Italy esportato
con un aumento del 102 %, mentre la Russia - precisa la Coldiretti - con un aumento del 51 % e un valore delle esportazioni nel 2010 stimato in 100 milioni di
euro è divenuto uno dei principali partner commerciali.
Il risultato sui mercati esteri è di buon auspicio per le
prospettive della vendemmia 2010.
Caricabatterie universale per tutti i cellulari europei
Finalmente entro fine anno tutti i nuovi telefonini che saranno commercializzati in Europa potranno essere ricaricati con lo stesso tipo di
caricabatterie.
A presentare il caricatore universale compatibile con i telefoni di tutte
le marche è stato il vicepresidente della Commissione europea responsabile per l‘industria, Antonio Tajani. «Una piccola, grande rivoluzione per i consumatori - ha detto Tajani - che auspichiamo possa essere
estesa al più presto possibile anche a tutte le altre apparecchiature che hanno bisogno di ricarica elettrica, come Mp3 e tablet». Il progetto per il caricatore unico è stato promosso dall’esecutivo europeo ed è stato realizzato grazie all’intesa raggiunta con ben 14 industrie produttrici di
telefonini raccolte nella Digitaleurope, l’associazione a cui aderiscono
le principali aziende operanti nel campo delle tecnologie digitali. L’accordo prevede che entro il prossimo novembre
tutti i nuovi telefonini siano in grado di utilizzare il nuovo caricatore universale attraverso un piccolo interfaccia Usb.
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n. 3 - Marzo 2011
Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch
a capo della Seco
Ineichen-Fleisch, 50 anni, alla successione di Jean-Daniel
Gerber, che a fine marzo andrà in pensione.
Ineichen-Fleisch è responsabile dall’aprile 2007 del Commercio mondiale in seno alla direzione economia esterna
della SECO.
Per la prima volta la Segreteria di Stato dell’economia
(SECO) sarà guidata, dal 1° aprile da una donna. Il Consiglio
federale ha infatti nominato l’ambasciatrice Marie-Gabrielle
In precedenza è stata, per 13 anni, capo del settore WTO
(Organizzazione mondiale del commercio), di cui cinque in
veste di caposezione nella divisione WTO dell’allora Ufficio
federale dell’economia esterna (UFEE), dov’era già attiva
nei primi anni ‘90 come collaboratrice scientifica presso il
servizio giuridico e il servizio per le questioni relative agli
investimenti internazionali e il trasferimento di tecnologie.
Nata nel 1961, dopo gli studi giuridici all’università di Berna, conclusi con la patente d’avvocato, Ineichen-Fleisch ha
ottenuto un master in Business Administration.
Quanto a conoscenze linguistiche, è un vero fenomeno:
parla sette lingue, tra cui il russo, il cinese e l’italiano.
Fiat Group Automobiles Switzerland SA
Claudia Meyer è Brand Marketing
Communication Director
Nuovi arrivi a Fiat Suisse. Dallo scorso 7 febbraio 2011,
Fiat Group Automobiles Switzerland SA ha infatti un
nuovo Brand Marketing Communication Director, la Signora Claudia Meyer. La nuova responsabile del reparto
marketing ha lavorato nei 9 anni scorsi come Head of
Marketing e successivamente come Head of Product per
Chrysler.
Sei mesi dopo l’integrazione delle marche americane
nella Fiat Group Automobiles Switzerland SA, ha assunto ora il posto di Brand Marketing Communication
Director per le marche Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Fiat
Professional e Jeep. Nell’attesa che venga designato un
successore, Claudia Meyer continuerà a ricoprire la carica di Head of Product della marca Jeep.
La signora Meyer subentra a Maurizio Melzi che dopo
quasi quattro anni in Svizzera ritorna in Italia.
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Italiche
di Corrado Bianchi Porro
20 capitali e 100 città
“Ai popoli d’Italia”, scriveva Goffredo Mameli nel
1948, per protestare contro l’armistizio Salasco, il
16 agosto 1848 quando Milano fu riconsegnata agli
austriaci, riconoscendo nel titolo la diversità che è
alla base della sua stessa identità. Nel 1857, racconta
Antonio Caprarica nel suo libro sul 150 dell’unità
(“C’era una volta in Italia” presentato alla Confindustria) per andare da Ferrara a Genova, occorrevano
7 giorni; bisognava passare 5 frontiere ed erano
necessari 7 passaporti. L’Italia, racconta Caprarica,
dolorosamente si è unita perché era il biglietto necessario per entrare nella modernità. Ancora oggi la
Gran Bretagna ha una sola grande città, che è Londra e gli altri come Birmingham o Manchester sono
agglomerati industriali. Lo stesso vale per la Francia,
dove c’è Parigi. L’Italia ha invece 20 capitali e cento città. Se voi andate a Modena, il Palazzo Ducale
degli Estensi è di gran lunga più sontuoso e regale
della reggia di Buckingham Palace. Siamo un Paese
fatto di grandi differenze, spiega l’autore, per anni
corrispondente della TV italiana da Londra e Parigi. Nel suo libro, egli cerca di andare all’origine di
questo “pedaggio” dell’unità per entrare nel mondo
moderno. Quando l’Italia si unì, spiega Caprarica,
il Belgio produceva 800.000 tonnellate di ghisa e
l’Italia solo 30 mila. Attraverso il Risorgimento, la
rivoluzione fatta dai ventenni e trentenni, si è innescata in quello che era il Brasile del XX secolo,
con più dell’80% di analfabeti e il Paese è diventato,
grazie all’inventiva delle sue genti, l’ottava potenza
mondiale per il Pil. Tutti quanti ricordiamo quella
frase che ci hanno fatto ripetere milioni di volte, la
famosa frase di D’Azeglio:“l’Italia è fatta, ora bisogna
fare gli italiani”. Ma d’Azeglio non ha mai detto così.
Da piemontese molto pragmatico ha detto: “l’Italia
si è fatta, ma non si fanno gli italiani” e il commento
dell’ex presidente Cossiga era sempre “e se per caso
gli italiani non volessero farsi fare?” Dubbio che deve
accompagnarci. Perché noi italiani abbiamo una
debolissima identità nazionale. Abbiamo una forte
identità locale. Siamo prima di tutto comaschi, romani, torinesi, veneziani. Bisogna pure capire bene
come siamo fatti. In questo Paese pieno di differenze e di identità locali l’idea di un’amministrazione
fortemente centralizzata era dettata dalla drammatica esigenza del momento. Era uno Stato nuovo,
debole, fragile, senza soldi. De Sanctis loda l’esercito come “il filo di ferro che ha cucito e tenuto insieme il paese”. In questa situazione si sceglie la strada
dell’amministrazione unica centralizzata spazzando
via le differenze. Ma esse fan parte della società italiana e quindi dobbiamo dar forza a queste diffe-
renze per vincolarle all’idea di una patria comune.
Oggi, finito il tempo delle vacche grasse, bisogna
stringere la cinghia, ma non devono vincere tutti gli
egoismi. Se il riconoscimento delle nostre differenze è la nascita del famoso, atteso e invocato federalismo che avviene all’insegna degli egoismi locali,
siamo perduti. Se invece nasce come una possibilità
di snellire lo Stato, rendere efficaci ed efficienti le
autonomie locali, ridurre la spesa pubblica, favorire una gestione trasparente, ben venga, Se è solo
un modo per conteggiare la crisi, non festeggeremo
il bicentenario e soprattutto credo che i nostri figli
avranno ben poco da festeggiare. Nei momenti di
crisi e del declino italiano, si è sempre fatta strada
questa litania di cui racconta il Manzoni alla rivolta
di Milano “io ho moglie e figli”. L’alibi è sempre stata
la famiglia. Fa parte di un altro incredibile paradosso
del nostro Paese: abbiamo nella famiglia un punto
di forza straordinario che molti altri Paesi ignorano.
È un porto di affetti sicuri, di sostegno. Ma in un Paese dallo Stato debole, se la famiglia diventa il surrogato dello Stato e lo cancella, trasforma lo Stato
in una congrega di raccomandati. La trasformazione
della famiglia da unità di affetti in unità economica
è una cosa che arreca un grave danno a questo Paese, Basta dunque il non immischiarsi. Bisogna saper
sognare. Non è detto che poi si realizzino i sogni,
ma se non avete un progetto non andrete da nessuna parte, dice Caprarica. È bene che voi italiani di
18 anni sappiate che dovrete affrontare un mondo
in cui la concorrenza non è più limitata al miliardo
di uomini dei Paesi sviluppati come fino a 20 anni
fa. Oggi significa tener conto di altri 3 miliardi che
sono arrivati sul mercato, producono meglio di noi
a prezzi più bassi e con più capacità inventiva. O
riprendiamo a inventare, che è quello che abbiamo
fatto dal Risorgimento in avanti per tanti anni, come
dopo la seconda guerra mondiale, si è ricostruito un
Paese da zero. Nel 1945 l’Italia aveva un Pil più basso
di quello della Polonia occupata dai comunisti e devastata dai russi. Stavamo peggio. Ma non s’è persa
la capacità di sognare. Infine: è poi giusto parlare di
identità nazionali nell’Europa di oggi? Adoro i sognatori, dice Caprarica, ma non fino a questo punto.
Il sogno dell’Europa unità è sempre più un miraggio, mentre assistiamo alla riscoperta degli interessi
nazionali. Magari non fino al protezionismo e alla
guerra delle valute, ma degli interessi nazionali e di
una collettività che si riconosce in una cultura, uno
Stato, una lingua. Interessi da difendere in un mondo dove la globalizzazione produce ogni giorno una
competizione sempre più aspra e serrata.
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n. 3 - Marzo 2011
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Europee
di Philippe Bernasconi
Un Patto per il futuro dell’Unione europea
Potrebbe essere la rivoluzione che da tanto
– troppo – tempo si aspettava. La riforma in
grado di garantire un futuro radioso all’euro e
all’Unione europea tutta. La definitiva consacrazione della moneta unica. Eppure la tanto
decantata fase 2 potrebbe non vedere mai la
luce. Per il Patto per la competitività proposto
da Angela Merkel sono già state suonate le
campane a morte da parte di gran parte degli Stati membri. Una visione miope e poco
lungimirante che non lascia sperare nulla di
buon e che potrebbe aprire le porte – questa
volta per davvero – a un’Europa a due (o tre)
velocità.
Quella immaginata dalla cancelliera tedesca
(spalleggiata dal presidente francese Nicolas Sarkozy) dovrebbe essere la seconda vita
dell’euro. Decisamente migliore e più stabile rispetto alla prima. Il disegno è semplice
nella sua complessità: dare la possibilità ai
Paesi membri di darsi delle regole rigide in
materia di debito pubblico e parallelamente
permettere loro una maggiore integrazione e
convergenza, non solo per quel che riguarda le finanze pubbliche, ma anche la politica economica e la politica sociale. Maggiore
integrazione che significherebbe maggiore
stabilità. Il Patto per la competitività sarebbe questo, una serie di riforme che i Paesi
membri si impegnerebbero a realizzare per
rendere più credibile e stabile la moneta unica e per rendere maggiormente competitiva
l’intera area dell’euro. Chi ci crede parla di
uno sviluppo naturale del Patto di stabilità
e dei parametri di Maastricht, che hanno sì
permesso di far nascere e crescere l’euro, ma
che negli ultimi anni hanno mostrato tutti
i loro limiti e i loro difetti. In particolare la
mancanza di sistemi di allerta preventiva e
di sanzioni in caso di mancato rispetto delle
regole. Chi invece si oppone a questa riforma
la considera una vera e propria rivoluzione,
che toglierebbe potere e risorse ai singoli governi e alla Commissione europea. In poche
parole l’Unione europea non sarebbe ancora pronta ad affrontarla. Ma forse – proprio
perché l’euro e l’Unione europea si trovano
di fronte a una crisi acuta e potenzialmente
irreversibile – ci sarebbe davvero bisogno di
una rivoluzione. Di uno shock in grado di
scuotere i meccanismi della Casa comune e
di permetterne il rilancio in grande stile. Nei
piani di Frau Merkel ogni Paese dovrebbe introdurre una legge costituzionale che fissi i
limiti di debito e deficit pubblici (Berlino l’ha
varata nel 2009) e a partire dal 2016 il deficit
annuale di ogni singola nazione non dovrebbe superare lo 0,35% del prodotto interno
lordo (contro il 3% previsto dal Trattato di
Maastricht). Chi non dovesse riuscire a rispettare questo limite verrebbe prima richiamato e poi sanzionato. Il Patto conterrebbe
poi regole per evitare nuove crisi del settore
finanziario come quella del 2008/2009, misure sociali che inciderebbero ad esempio
sull’età pensionabile (da innalzare ad esempio a 67 anni come è il caso in Germania),
accorgimenti per limitare l’inflazione e moderare gli aumenti salariali e indicazioni per
armonizzare l’imposizione fiscale alle aziende e per migliorare la competitività dell’intera area euro. Una bella ingerenza negli affari
interni dei singoli Stati, che verrebbe decisa e
monitorata dal Consiglio dei capi di governo
e di Stato e non dalla Commissione europea,
che si vedrebbe ridotto il proprio potere. In
cambio di queste concessioni la Germania
non ostacolerebbe l’implementazione (con
un cospicuo aumento) del fondo salva Stati.
Non c’è che dire. Si tratterebbe di una vera
e propria svolta basata sul rigore dei conti
e sulla competitività dell’economia. L’unica
– probabilmente – in grado di ridare credibilità e stabilità a una moneta e a un sistema
economico decisamente in perdita di slancio
o addirittura, per alcuni, sull’orlo del baratro. Ecco perché il “niet” già pronunciato da
molti degli Stati membri dell’Unione europea – pur non sorprendendo – lascia l’amaro
in bocca. Perché forse per la prima volta c’è
qualcuno (la Germania che dovrebbe anche
essere la locomotiva d’Europa) che si assume la responsabilità di cercare di tirare fuori
l’Unione europea dal pantano. Parlare di diktat tedesco e non volere nemmeno entrare
nel merito delle proposte appare come una
scelta miope e poco lungimirante. Perché
l’alternativa è – al momento attuale – il nulla.
E allora non resta probabilmente altro da fare
che proporre il Patto per la competitività a chi
ci sta. E gli altri che pensino da soli a tirarsi
fuori dai guai.
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Internazionali
di Michele Caracciolo di Brienza
Il vento caldo del Nord Africa
Nel Nord Italia a volte capita che dopo un acquazzone estivo le automobili siano ricoperte
da un misterioso pulviscolo rossastro. In certe
condizioni di alta pressione la polvere del Sahara è spinta dai venti per migliaia di chilometri verso nord e basta una pioggia estiva per
far scendere questa terra d’Africa sulla casa di
qualche leghista.
È straordinario ciò che sta succedendo in Nord
Africa da un paio di mesi a questa parte. Marta
Dassù dell’Aspen Institute ha paragonato i moti
rivoluzionari d’inizio anno al fallimento di Lehman Brothers, nel senso che nessun politologo
e nessun economista è riuscito a prevederlo. A
mio avviso, è tutto da dimostrare che una disciplina come la scienza politica abbia una valenza
predittiva e generale oltre che descrittiva. Detto
ciò, poco importa che non si sia riusciti a prevedere un tale sollevamento popolare, una tale
forza dal basso. Si può solo guardare ammirati
quelle nazioni che si ribellano alle proprie élite
opprimenti e rapaci con la speranza che facciano risvegliare la dignità di tutti quei cittadini
che l’hanno dimenticata. La lezione nordafricana è grandiosa. Le masse hanno una soglia di
sopportazione dei soprusi che per quanto alta
possa essere, una volta superata, innesca una
serie di meccanismi molto pericolosi per i governanti.
Lo tsunami di proteste ha travolto la Tunisia per
poi seguire in Algeria, Giordania, Yemen, Egitto,
Sudan, Palestina, Irak, Bahrain, Iran e al momento in cui si scrive è sembra travolgere anche
la Libia.
Il suicidio di Mohamed Boazizi in Tunisia il 17
dicembre scorso ha innescato le proteste e sinora ha indotto alla fuga due capi di stato. Ricordiamo che il giovane ambulante, dopo che
la polizia l’aveva preso a schiaffi e aveva sequestrato il suo carretto e una bilancia, si è dato
fuoco pur di evitare la miseria. Il gesto disperato
ha suscitato una forte emozione nel suo paese per via della copertura che ne hanno dato
i giornali. È ovviamente cruciale il ruolo della
rete in tutto questo movimento libertario e ci fa
capire ancora una volta che internet è uno straordinario strumento di diffusione degli umori. Il
tam tam dunque si è diffuso in maniera incontrollata sebbene alcuni governi (in Libia ora e
in Egitto prima) abbiamo cercato di oscurare la
rete e di limitare il lavoro dei giornalisti in loco.
In Tunisia il disgusto verso l’autorità provocato
dal gesto di Mohamed Boazizi si è diffuso rapidamente per via di un malessere latente causato
a sua volta da una crescita economica tumultuosa e con una scarsissima redistribuzione.
Le masse consapevoli del Nord Africa attaccano le cricche dei loro paesi. Abbasso la corruzione, le clientele, gli sperperi, l’uso di denaro
pubblico a fini personali. Tutto ciò era nell’aria e
la nostra propaganda di paesi liberali e democratici è stata presa sul serio, forse più di quanto
noi stessi siamo abituati a fare. Noi occidentali
parliamo di democrazia, libertà, diritti umani e
sviluppo. In Nord Africa hanno preso le nostre
parole sul serio.
La forza profonda del liberalismo ha attraversato il Mediterraneo. Il disegno strategico del
Great Middle East tanto declamato dai Neocon
di George W. Bush si sta forse realizzando? Di
fatti, le risposte dei governi alle proteste sono
andate tutte verso la redistribuzione e l’alternanza al potere: aumento dei sussidi, aumento
degli stipendi pubblici e promessa di non ricandidarsi o di non trasmettere il potere ai figli. I
regimi sultanistici in cui il bilancio dello stato si
sovrappone al patrimonio personale del dittatore sono le prime vittime della coscienza civile
di una popolazione. Al momento attuale manca
tuttavia una capacità concreta di incanalare la
rabbia e la frustrazione in un progetto politico
più ampio. Le élite politiche tanto contestate
in queste settimane hanno permesso all’Occidente di dormire sonni tranquilli e di avere regimi che tenevano bene o male sotto controllo
il fondamentalismo islamico. Allo stesso tempo
è da tenere sotto osservazione un’eventuale deriva reazionaria che possa creare casomai una
serie di regimi antioccidentali. Forse è solo una
fantasia. In realtà, tutte le manifestazioni recenti non hanno avuto un tono antioccidentale o
anti-israeliano. Le rivendicazioni erano essenzialmente sul pane e sulla libertà. La piazza era
inviperita per fatti interni al paese e le rivendicazioni erano laiche. È in corso un movimento
di protesta contro i propri governanti, ma nulla
sinora è stato in chiave antioccidentale. In conclusione, che questi moti rivoluzionari nordafricani siano di monito a tutte quelle cricche, a
quelle pseudo classi dirigenti i cui membri abbondano di fronte alle coste libiche. I furbetti
che utilizzano le proprie clientele per accaparrarsi in modo predatorio risorse pubbliche per
puro interesse personale devono stare attenti: la
soglia di sopportazione della massa d’ora in poi
sarà molto bassa. Il vento caldo del Nord Africa
accarezzerà anche voi.
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la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
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Lontani dal respiro del mondo
Negli anni ‘90 è uscito un film di successo interpretato da Jim Carey, uno degli attori comici americani di maggiore successo negli ultimi anni: Truman
Show. Il film narra di un uomo nato e cresciuto in
un reality show creato ad arte intorno a lui e frequentato solo da attori, che fanno parte della sua
vita come se fossero veri. Il protagonista è l’unico
a non sapere che si tratti di uno show televisivo e
vive in un mondo di plastica fatto di cose semplici,
sentimenti moderati e vite di successo, dove tutto
si ripete giorno per giorno senza storture e senza
imprevisti proprio come nel copione di un film.
Lo guardai da studente universitario a Torino e
stentai a coglierne il significato, sebbene affascinato dall’idea cinematografica. Questa sensazione
d’isolamento e lontananza dalla realtà emerge anche dall’osservazione del dibattito pubblico in Italia che non sta dando il meglio di sé anche di fronte
all’opinione pubblica internazionale. L’attualità italiana ha in comune con la versione hollywoodiana
quello di essere incredibilmente lontano dal respiro
del Mondo. A fronte della rivoluzione geopolitica
di portata epocale che sta travolgendo i Paesi Arabi ed il Medio Oriente con impatti sul bacino del
Mediterraneo, la cui portata sarà probabilmente
paragonabile a quella che la Rivoluzione del 1989
ebbe sull’Europa Continentale, a fronte dei rivolgimenti economici che ci chiamano ormai da anni
alla ridefinizione del nostro ruolo e a misure tese
ad aumentare drasticamente la competitività della
nostra economia, il più grande Paese del Mediterraneo ed ex settima potenza industriale del Mondo
si occupa d’altro: giustizia, comunismo, fascismo,
la satira di Sanremo: se prende in giro la destra,
dovrà prendere in giro anche la sinistra? Solo il
dibattito scaturito dal referendum su Mirafiori
voluto da Marchionne sembra averci per una settimana costretto a renderci conto che l’Italia (per
fortuna) non è isolata da ciò che la circonda, non
è una zattera che può permettersi di muoversi in
acque chete mentre l’oceano dell’economia internazionale è in tempesta: naturalmente l’occasione
è stata persa. Invece di entrare nel merito della
questione e magari approfittarne per lanciare un
programma di recupero della competitività di sistema per i prossimi anni, il dibattito si è spostato
sul piano ideologico, generando inevitabilmente
uno scontro frontale che ha finito per ignorare il
problema. Tutto ciò mentre il meglio delle nostre
PMI nel Nord continua a migrare verso i mercati
confinanti di Svizzera, Austria e Slovenia alla ricerca di un sistema sociale funzionante e di un fisco
più favorevole. Mentre il Mondo in queste settimane parla dell’Italia nelle pagine della cronaca
rosa con toni poco lusinghieri, le nostre televisioni pubbliche e private sono invase da programmi
d’intrattenimento il cui obiettivo primario sembra
essere quello di impedire che l’opinione pubblica
si occupi di ciò che le succede attorno. Programmi
di approfondimento trasformati dalla religione del
perenne contraddittorio in pollai in cui i politici si
urlano anatemi incomprensibili, non aiutano nessuno ad approfondire un bel niente. La retorica del
dibattito politico italiano, vede spesso i politici più
virtuosi preoccuparsi dello “scollamento della classe politica dalla realtà del Paese”, qui poniamo il
problema dello scollamento della classe dirigente
italiana dalla realtà del Mondo. Quale riforma potrà essere mai introdotta, quale cambiamento potrà
mai essere sensato se non si tiene conto di come
funzionano i Paesi con i quali le nostre imprese
competono sui mercati esteri? Assistere ad un’intervista del Premier Greco Papandreu alla CNN
che chiede scusa per la mala gestione dei conti
pubblici greci e risponde senza tema alle domande
dei giornalisti economici americani nel merito alle
questioni di finanza pubblica in un perfetto inglese del New England, grazie ai suoi studi a Boston,
fa venire i brividi se si pensa ai nostri giornalisti
sbeffeggiati ed intimiditi in conferenza stampa da
esponenti politici italiani che lungi dal conoscere
le lingue straniere si esprimono pubblicamente con
termini dialettali e se ne vantano. Mentre si prende atto dall’estero di questo scollamento, viene in
mente la scena del film il Gladiatore di Ridley Scott
in cui il protagonista Massimo Decimo Meridio,
comandante delle legioni di stanza in Germania,
ridotto al rango di schiavo e gladiatore, prima di
entrare a combattere nell’arena del Colosseo esclama incredulo e rabbioso: “Marco Aurelio aveva un
sogno che era Roma, ma non è questo, non è questo”.
Proprio come Russel Crowe in quel memorabile
film, viene voglia di reagire e fare di tutto per porre
fine al Panem et Circenses che ha trasferito il Paese in
una dimensione quasi onirica, palpabile soprattutto quando si accende la TV. Quando leggo però che
siamo capaci di dividerci anche sulle celebrazioni
del 17 marzo dedicate all’Unità d’Italia, mi chiedo
se abbia senso porre la questione del riscatto e del
ritorno alla realtà in un Paese che sembra anche
aver perso la percezione di se stesso e non ha voglia
di celebrare neanche la propria identità. È questa
sensazione d’immobilismo, mancanza di obiettivi e
lontananza dal Mondo che lascia sgomenti. Quando attraverso l’Italia ed incontro persone brillanti,
imprese eccellenti, gente vivace, città splendide,
cupole, cattedrali, resti archeologici, paesaggi unici, sembra impossibile che debba per forza andare
così e penso ai nostri 150 anni e a Luciano Ligabue,
quando nella sua malinconica ballata dedicata al
nostro Paese esclama: “Buonanotte all’Italia che si fa
o si muore...tutta questa bellezza senza navigatore..”.
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
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INTERSCAMBIO ITALO-SVIZZERO 2010
Tornano le cifre nere
Dopo un 2009 che, fortemente indebolito dall’esplosione della crisi internazionale, aveva registrato cifre
dolorosamente di segno negativo, tornano ad essere
positivi i dati relativi all’interscambio commerciale italo-svizzero 2010. Il volume degli affari reso noto nelle
scorse settimane dall’Agenzia Federale delle dogane
ammonta ad oltre 34, 5 miliardi franchi svizzeri.
Tiepida la ripresa delle importazioni dalla Confederazione, che segnano un +1,1% assestandosi a 15,97
miliardi (erano 15,8 nel 2009). Più corposa, anche se
ancora titubante, la crescita delle esportazioni, che si
collocano a quota 18,73 miliardi, con un incremento del
3,7% rispetto all’anno precedente (18,07 mia. di CHF).
Ne consegue, un saldo positivo per il nostro paese di
2,8 miliardi di franchi. Malgrado siano ancora in perdita di velocità settori importanti del made in italy quale
l’arredamento, il tessile e l’abbigliamento e quello dei
veicoli, ritrova rinnovato vigore l’esportazione dei prodotti chimico-farmaceutici e degli articoli in metallo.
Molto dinamico anche l’export di gioielleria, oreficeria
e bigiotteria, che registra un incremento di oltre il 40%
rispetto al 2009.
Segnali di un sicuro rilancio delle relazioni commerciali
fra i due Paesi? Il segretario generale della Camera di
Commercio Italiana per la Svizzera, Andrea G. Lotti,
pur non nascondendo che sia ancora presto per dichiarare che la crisi sia finalmente alle spalle, si dice
fiducioso. Nel frattempo auspica, però, che si giunga ad
un rapido superamento degli ostacoli che impediscono
di sottoscrivere l’accordo sulla doppia imposizione e
di togliere la Svizzera dalla cosiddetta black list. Il perdurare dell’attuale situazione, imponendo un surplus
di burocrazia, penalizza e talvolta scoraggia le aziende
che intendono operare sui due mercati.
INTERSCAMBIO COMMERCIALE ITALO-SVIZZERO
Italia > Svizzera (mio CHF)
Categoria Prodotti
Svizzera > Italia (mio CHF)
2009
2010
% +/-
Prodotti chimico-farmaceutici
3’989.8
4’175.9
4.7
Macchine industriali, agricole,
ufficio, uso domestico, industria
elettrica/elettronica, tecnologie
di difesa
2’480.7
2’449.2
-1.3
Metallo e articoli in metallo
1’549.4
1’834.7
18.4
Tessili e Abbigliamento
1’894.5
1’648.5
-13.0
Categoria Prodotti
Orologeria
264.8
297.3
12.3
Strumenti e apparecchi di precisione
226.5
248.3
9.6
Prodotti chimico-farmaceutici
Prodotti energetici
Macchine industriali, agricole,
ufficio, uso domestico, industria
elettrica/elettronica, tecnologie
di difesa
Metallo e articoli in metallo
Orologeria
Strumenti e apparecchi
di precisione
Prodotti agricoli, silvicoltura
Altri prodotti
Tessili e abbigliamento
Gomma e materie sintetiche
Gioielleria, oreficeria
e bigiotteria
Carta e prodotti cartotecnici
Arredamento
Veicoli
Materiali da costruzione,
ceramiche e vetro
Cuoio e pelli
18’074.4
18’733.7
3.7
Totale
Prodotti agricoli, silvicoltura
1’870.2
1’866.5
-0.2
Veicoli
1’277.1
1’188.8
-6.9
Arredamento
677.1
632.0
-6.7
Prodotti energetici
856.2
926.9
8.3
Materiali da costruzione,
581.4
566.5
-2.6
41.4
ceramiche e vetro
Gioielleria, oreficeria e bigiotteria
637.3
901.1
Gomma e materie sintetiche
436.3
432.4
-0.9
Altri prodotti
703.2
942.2
34.0
Carta e prodotti cartotecnici
403.1
413.2
2.5
Cuoio e pelli
226.8
210.3
-7.3
Totale
2009
2010
% +/-
6’533.9
2’261.5
1’727.6
6’537.7
2’118.5
1’748.1
0.1
-6.3
1.2
800.3
899.9
619.1
1’079.3
923.3
532.8
34.9
2.6
-14.0
625.3
676.4
322.8
323.9
318.7
640.5
774.6
340.8
324.2
404.6
2.4
14.5
5.6
0.1
27.0
190.4
66.4
288.7
87.8
218.2
38.2
136.5
81.6
14.6
-42.4
-52.7
-7.0
65.5
76.4
16.6
15’808.1
15’975.4
1.1
N.B. Questa tabella, i cui dati possono essere soggetti ad eventuali variazioni, tiene conto anche delle importazioni ed esportazioni
di “metalli e pietre preziose, oggetti d’arte e antiquariato, contemplati nella voce “altri prodotti”.
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
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1911- 2011: 1° CENTENARIO DELL’INVASIONE ITALIANA DELLA LIBIA
Tripoli: bel suol d’amore
La feroce rivolta in corso in Libia contro il dittatore Muammad Gheddafi, da oltre
40 anni al potere, coincide con il 1° centenario dell’invasione italiana di quel Paese.
Ricostruirne le fasi salienti, le cause e gli effetti, può contribuire a meglio orientarsi
nel confuso dibattito animato attorno alle vicende odierne.
di Tindaro Gatani
Dall’Unità alla fine del XIX secolo, in quarant’anni, la popolazione italiana era aumentata di oltre
un terzo, passando dai 22 milioni del 1861 ai 33
del 1899. Al forte aumento degli abitanti non corrispondeva quello dei posti di lavoro. A confronto con le nazioni più progredite, come la Francia,
la Gran Bretagna e la Germania, l’Austria e lo
stesso Belgio, la nostra industria, sia tessile che
meccanica, poteva considerarsi arretrata. Peggio
l’agricoltura, che in molte regioni era ancora allo
stato arcaico. In tutto il Paese, tolte poche eccezioni localizzate attorno ad alcune grandi città del
Nord, non c’era stato uno sviluppo capace di dare
lavoro a tante persone. I governi, sia di destra
che di sinistra, non seppero e non vollero varare
vasti programmi di grandi lavori, di acculturazione delle masse popolari, di ammodernamento
dell’agricoltura. Molti Italiani per sopravvivere
erano costretti a emigrare.
Il Congresso di Berlino
Le disastrose condizioni economiche e sociali non permettevano all’Italia di poter gareggiare nell’avventura
coloniale con la Francia e l’Inghilterra, che vantavano
una robusta struttura organizzativa. Quando i mercati
del lavoro negli Stati Uniti, nell’America del Sud e nei
Paesi europei (Francia, Germania, Svizzera) cominciarono a dare segni di saturazione, gli emigrati italiani
scelsero come destinazione alcuni Paesi dell’Africa del
Nord e in primo luogo la Tunisia. Il resto del continente,
almeno le regioni più ricche delle materie prime tanto
necessarie alle industrie europee, era stato ormai colonizzato dalle altre potenze. L’Italia si affacciò dunque
sulla scena africana solo quando i giochi erano stati
fatti. Arrivò dunque tardi e anche impreparata. Il problema coloniale, più che come sviluppo delle nostre industrie fu sentito e visto dall’Italia di allora come «pretesto» per trovare nuovi territori capaci di accogliere
una parte della sua popolazione in costante aumento.
Le mire espansionistiche italiane avevano cominciato a far proseliti tra i nostri nazionalisti al tempo del
Congresso di Berlino (1878). In quella sede, il potente
1911: Tende del Genio italiano accampato alle porte di Tripoli.
cancelliere dell’Impero tedesco Otto von Bismarck fece
sì tutto il possibile per scongiurare il pericolo di una
guerra immediata, ma nello stesso tempo si adoperò
per mantenere vive le rivalità fra i vari Stati, soprattutto
tra la Russia e l’Austria. Egli fu molto abile soprattutto
nell’accontentare tutti o quasi, presiedendo alla spartizione di quello che c’era da spartire tra le potenze europee.
La Russia ottenne la Bessarabia e parte dell’Armenia;
all’Inghilterra toccò Cipro; all’Austria fu assegnata
l’amministrazione della Bosnia e dell’Erzegovina; il
Montenegro, la Romania e la Serbia divennero indipendenti; la Macedonia passò alla Turchia, mentre la
Bulgaria restò un principato autonomo.
La Triplice Alleanza
Per scongiurare il pericolo di una nuova guerra bisognava però accontentare la Francia, uscita sconfitta
nella guerra del 1871 contro la Prussia, alla quale aveva
dovuto cedere le ricche regioni dell’Alsazia e della Lorena. Per distogliere Parigi dai desideri di riconquista
dei territori perduti sulla sinistra del Reno, l’astuto cancelliere si mise ad appoggiare le mire colonialiste del
governo francese sulla Tunisia, ben sapendo che una
simile politica avrebbe portato la Francia a un aperto
conflitto con l’Italia, uscita dal Congresso di Berlino
senza aver ottenuto nulla. Il nostro ministro degli este-
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
17
Soldati italiani ammirano le vittime della loro repressione.
ri, Luigi Corti, si era fatto interprete di quella politica
delle mani nette propugnata dall’allora Presidente del
Consiglio Benedetto Cairoli, che consisteva in una politica di non impegno internazionale. Il popolo italiano,
uscito dal Risorgimento dopo dure lotte contro la dominazione straniera, non doveva a sua volta sottomettere altri popoli e altre terre.
Definito rinunciatario, dai suoi avversari, il Cairoli rispose con fermezza: «Non saremo abili, ma soprattutto
vogliamo essere onesti. Meglio la sconfitta di un Ministero
che quella della giustizia. Preferiamo cadere con la nostra
bandiera, piuttosto che vivere disonorandola». E mentre il
Bismarck incitava i Francesi a cogliere la pera tunisina
ormai matura, questi ultimi invitavano gli Italiani a non
ostinarsi a pensare a Tunisi, ma piuttosto di volgere gli
occhi su Tripoli dove non avrebbero avuto da lottare né
con loro, né con altri.
Con il Trattato del Bardo, del 12 maggio 1881, la Francia
otteneva il protettorato sulla Tunisia. Due giorni dopo,
sotto la spinta delle violente manifestazioni antifrancesi, il governo Cairoli fu costretto a dimettersi. Il 29
maggio 1881 gli successe Agostino Depretis che, con
il suo quarto ministero, inaugurò la politica di maggior avvicinamento alla Germania. Era proprio quello
che voleva il Bismarck. Ma un’alleanza con la Germania non era possibile senza quella con l’Austria. E il 20
maggio 1882, a Vienna, l’Italia firmava il Trattato della
Triplice Alleanza con l’Austria e la Germania.
La Campagna di Libia
Fu con il tacito consenso delle sue alleate che l’Italia
diede l’avvio alle sue avventure in Eritrea, in Etiopia e
in Somalia. La Cirenaica e la Tripolitania, ancora sotto il
dominio turco, restarono solo meta di qualche migliaio
di nostri emigranti, soprattutto commercianti e artigia-
18
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
ni. Le ambizioni coloniali italiane si arenarono dopo la
sconfitta delle nostre truppe nella battaglia dell’Amba
Alagi (7 dicembre 1895), la resa del presidio italiano
di Macallè (22 gennaio 1896) e la disfatta di Adua (1°
marzo 1896), ad opera del negus Menelik II, che ci costò circa 7.000 morti e migliaia di feriti e prigionieri.
Quelle sconfitte avevano dimostrato che una qualsiasi
impresa coloniale non sarebbe stata più pensabile senza il favore delle due maggiori potenze europee presenti in Africa, cioè la Francia e l’Inghilterra, alle quali
bisognava fare delle concessioni per avere, in cambio,
mano libera per un’eventuale invasione della Cirenaica
e della Tripolitania, ormai solo formalmente sotto il dominio turco. Le trattative con la Francia, l’Inghilterra e
la Russia, portarono alla convinzione che anche la pera
libica era matura.
Così, mentre la Francia dava inizio alla sua conquista
del Marocco, l’Italia, il 29 settembre 1911, prendendo
a pretesto alcuni incidenti verificatisi a Tripoli ai danni
di nostri connazionali, dichiarava guerra alla Turchia e
sbarcava a Tunisi «al suon del cannone». La Campagna
di Libia, che era l’antico nome romano della Regione,
era stata predisposta nei minimi particolari. Gli stessi
incidenti erano stati causati, ad arte, da alcuni provocatori italiani, solo quando la nostra flotta era già pronta
per salpare. L’opinione pubblica era già stata meticolosamente preparata alla grande avventura. Nelle piazze
italiane si tennero feste per la raccolta di fondi con la
partecipazione di bande militari e canzoni patriottiche
che inneggiavano alla grande impresa.
Nei maggiori teatri si esibiva Alessandra Drudi, ribattezzata da Gabriele d’Annunzio Gea della Garisenda,
con un motivetto di semplice e graziosa melodia, ma intriso di una forte retorica colonialista, che si intitolava A
Tripoli! A Tripoli, meglio conosciuto dal suo primo ver-
Gea della Garisenda canta ‘Tripoli bel suol d’amore’.
(disegno d’epoca).
Il genovese Giulio Gavotti, il 1° Novembre 1911 dall’abitacolo del
suo Taube lanciò una granata a mano Haasen di fabbricazione danese ad Ain Zara e tre sull’oasi di Tripoli. Fu questa la primissima
azione di bombardamento da un aeroplano della storia. L’azione
venne celebrata da Gabriele D’Annunzio in “Canzone della Diana”: “S’ode in cielo un sibilo di bombe passa nel cielo un pallido
avvoltoio Giulio Gavotti porta le sue bombe…”.
so Tripoli bel suol d’amore, testi di Giovanni Corvetto e
musiche di Colombino Arona. L’intenzione e il messaggio erano chiari: Tripoli bel suol d’amore / ti giunga
dolce questa mia canzon / sventoli il tricolore / sulle tue
torri al rombo del cannon / Tripoli terra incantata / sarai
italiana al rombo del cannon. (http://www.youtube.com/
watch?v=uszuDcZPOaQ).
Più disastroso fu tuttavia il fallimento economico
dell’impresa, che non portò all’economia italiana nessuno dei vantaggi sperati. Quello scatolone di sabbia,
così come era allora chiamata la Libia, non era adatto
all’agricoltura né all’impianto di industrie. Il petrolio
sarà scoperto molto tempo dopo. Costò invece all’Italia
molti morti e tutta un lunga serie di repressioni contro chi lottava per la liberazione e l’indipendenza del
proprio Paese. Nella sanguinosa pacificazione di quella
colonia, l’Italia si macchiò di atrocità e infamie inaudite. La conquista italiana della quarta sponda, tra il 1911
e il 1931, è costata alle popolazioni della Libia, oltre
centomila morti. Un numero enorme di vittime, se si
pensa che il Paese contava appena ottocentomila abitanti. Per lavare l’onta dell’occupazione, il leader libico
Muammar Gheddafi, appena salito al potere nel 1970,
espulse dal suo Paese circa 20 mila nostri connazionali,
trattenendosi tutti i loro averi, e istituì la «Festa della
vendetta nazionale» contro gli Italiani (7 ottobre).
«Per voltare pagina» e «rafforzare la cooperazione tra i due
Paesi», Gheddafi ottenne dall’Italia, tra l’altro, l’impegno della costruzione di un’autostrada di 2 mila chilometri, promettendo da parte sua di abolire la «Festa
della vendetta nazionale», di fermare l’afflusso di clandestini verso le nostre coste e di pagare 600 milioni di
dollari come risarcimento agli Italiani espulsi nel 1970.
Il resto è storia recente.
Lo scatolone di sabbia
Quella fu la prima guerra tecnologica della storia: furono impiegati contemporaneamente il telegrafo, il telefono, l’automobile e l’aeroplano dal quale, per la prima
volta, furono sganciate delle bombe.
Per costringere la Turchia alla rinuncia della Libia, l’Italia decise di attaccarla in casa con l’occupazione di Rodi
e di altre undici isole del Mar Egeo (il Dodecanneso =
12 isole). Solo allora il Sultano si dichiarò disposto a
chiedere l’armistizio e poi a concludere la Pace di Losanna (12 ottobre 1912).
L’occupazione della Libia si dimostrò ben presto di essere un totale fallimento sia dal punto di vista politico
che economico. Essa divenne il pomo della discordia
della politica italiana: i nazionalisti, ringalluzziti dalla
facile conquista, trovarono alimento alla loro esaltazione; i socialisti proprio su quell’invasione si spaccarono
in riformisti, favorevoli all’impresa, e rivoluzionari contrari a ogni forma di colonialismo.
la
Rivista
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Finché Neil Armstrong non ha camminato sulla luna, non si è fermato. Come non si è fermato il suo equipaggio (Mare della Tranquillità, 1969)
Finché non arriverete dove volete arrivare.
C’è solo una cosa che dovete sapere.
Non che la nostra presenza
nel mondo sia capillare.
Anche se è rassicurante sentirselo dire.
Non che vinciamo premi per i nostri servizi.
Anche se succede. Spesso.
Non che accediamo a risorse che ci
danno forza sui mercati azionari,
valutari, del reddito fisso e dei derivati.
Anche se è buono a sapersi.
No, non è questo.
Non è nessuna delle cose di cui sopra.
È solo una semplice cosa.
È che, fino a quando non avrete
raggiunto i vostri obiettivi…
Fino ad allora…
Non ci fermeremo
ubs.com/noncifermeremo-it
Nomi o riferimenti a terze persone appaiono in questa pubblicità stampata dietro loro espressa autorizzazione. © UBS 2010. Tutti i diritti riservati.
Palazzo Carignano a Torino, sede della prima seduta
del Parlamento italiano (foto Michele Caracciolo di Brienza).
IL 17 MARZO, L’ITALIA COMPIE 150 ANNI
I plebisciti: quando la Lombardia
e il Veneto scelsero l’Italia
con il 99,9 % dei voti
(TG) - «Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue»:
Articolo unico: «Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé
e suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la
presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella
raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti
di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da
Torino addì 17 marzo 1861».
Il 21 aprile 1861 quella legge diventò la n. 1 Regno
d’Italia. Dopo tutte le vittorie sul campo si erano tenuti
in tutti i territori “liberati” i plebisciti per l’annessione
al Piemonte e quindi al nuovo Regno. Sui risultati di
quelle consultazioni ci sono dubbi, interpretazioni diverse e persino accuse di brogli. Di certo c’è che non
potevano rappresentare il volere di tutta la Nazione,
visto che potevano votare soltanto gli uomini che sapevano leggere e avevano un reddito tassabile, cioè
un’esigua parte dei cittadini.
A proposito dei brogli, ne troviamo traccia in una delle scene più belle di Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi
di Lampedusa: è quella del dialogo tra Don Fabrizio
principe di Salina (impersonato nel film di Visconti da
un brillante Burt Lancaster) e don Ciccio Tumeo (Sergio Reggiani). Nella pausa di una battuta di caccia, i
due si fermano su uno spiazzo sotto le fronde di un
albero centenario. Come sempre quello era il momento
delle confidenze non tra “padrone” e servitore, ma tra
due vecchi amici e colleghi dell’arte venatoria. Com’era
solito, il Principe lanciava qualche provocazione per conoscere come la pensava veramente Don Ciccio sui vari
argomenti di attualità. Adesso gli premeva sapere cose
ne pensasse delle voci di manipolazioni del risultato
del plebiscito, tenutosi qualche giorno prima (21 ottobre 1860). «Ammiro la vostra fedeltà e devozione – esordì
il Principe, che era per il no ma aveva votato sì – ma
dovete capire, don Ciccio, che il popolo era sovreccitato per
le vittorie di questo Garibaldi, e il plebiscito era il solo e
urgente rimedio per l’anarchia. Credetemi. E per noi non è
DISGREGAMENTO MORALE
«Nelle elezioni trionfa il danaro, il favore, l’imbroglio;
ma non accettare tali mezzi è considerato come ingenuità
imperdonabile…
- Tutto cade. Ogni ideale svanisce.
- I partiti non esistono più, ma soltanto gruppetti e
clientele. Dal Parlamento il triste spettacolo si ripercuote
nel Paese.
- Ogni partito è scisso… Tutto si frantuma.
- Le grandi forze cedono di fronte a uno spappolamento e
disgregamento morale di tutti i centri d’unione».
Giuseppe Prezzolini, 1911, nel 50° della sua Unità
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Una scena del Gattopardo, di Luchino Visconti. Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tommasi di Lampedusa, illustra benissimo il senso della filosofia contenuta nella celebre frase pronunciata dal Principe di Salina circa l’ineluttabilità del risultato del plebiscito:
“Bisogna che tutto cambi se vogliamo che tutti rimanga com’è”.
che il male minore. I Savoia, in fondo, una monarchia sono.
Gli interessi delle persone che amate e a cui siete devoto
escono da questi avvenimenti frustrati, sì, ma ancora vitali,
ancora validi. Qualcosa doveva cambiare perché, tutto restasse com’era prima... Speriamo che l’Italia nata oggi qui
a Donnafugata possa vivere e prosperare». E don Ciccio
che, interpretando anche la volontà del Principe, aveva
votato no, gli risponde: «Ma io ho detto di no. E quei porci
in Municipio, si inghiottono la mia opinione, la masticano
e la cacano via come vogliono loro... Io dissi Nero e loro mi
hanno fatto dire Bianco. Ero un “fedele suddito”. Ora tutti
savoiardi sono! Ma i savoiardi me li mangio col caffè, io...
i savoiardi».
Cronologia dei plebisciti
Il primo della serie, quello che doveva stabilire l’annessione di Genova e della Liguria al Regno di Sardegna,
fu un plebiscito mancato perché i Savoia, certi del ri-
Salle des Fêtes - Casino de Montbenon - Lausanne
« Italiando » improvvisazione teatrale “Impro(pas)?”
Buona Notte all’Italia
Entratat libera
Programma:
18h00 Prima parte
Introduzione tra poesia e musica Lia et Italaus
« 150 anni: l’Unita d’Italia »
Prof. J.J. Marchand, Prof. C. Moos
«La Lunga Calza Verde»
R. Gavioli Court-métrage d’animation
L’Italia in musica I Cécile, Jonas et Maude
Apéro-dîner su prenotazione: 25 CHF (posti limitati)
Informazioni e prenotazioni per e-mail o telefono:
[email protected]
Lisa: 076 74 57 517 - Iole: 076 72 90 284
www.italaus.altervista.org
17 Marzo 2011: La notte tricolore a Losanna
20h00 Sapori tipici regionali Apéro-dîner a l’italiana
21h30 Seconda parte
L’Italia in musica II Lia & Gerberito
«Vagabond Cabaret» Stereochemistry
L’Italia in musica III Cécile Pache
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la
sultato negativo della consultazione popolare, sancirono «l’annessione d’imperio». Il loro diritto si basava su
un proclama del comandante delle truppe britanniche
(subentrate alle francesi dopo la definitiva sconfitta di
Napoleone) con il quale, il 7 gennaio 1815, consegnava
la regione al luogotenente generale Ignazio Thaon de
Revel, amministratore dello Stato genovese in nome di
Vittorio Emanuele I di Savoia.
Già nel corso del ’48 rivoluzionario molte città italiane
tennero votazioni e plebisciti per l’annessione al Piemonte:
- 9 maggio ‘48, le autorità di Modena deliberarono
l’unione della città al Regno di Sardegna;
- 10 maggio ’48, Piacenza scelse l’annessione al Piemonte;
- 12 maggio ’48, a Milano venne indetto un referendum per votare l’annessione;
- 24 maggio ’48, nel Ducato di Parma avvenne la pri-
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Una manifestazione voluta da un gruppo di universitari, che hanno costituito la neo-associazione Italaus
http://italaus.altervista.org/joomla/, sostenuti dal
Comites locale e dalle Associazioni regionali: ARULEF (umbra) e Nuraghe (sarda), con la collaborazione dell’UNIL e di altri sponsor, con il patrocinio del
Consolato Generale di Losanna
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ma vera consultazione popolare: su 39.000 votanti
ben 37.250 scelsero l’annessione, 1.100 si espressero per il ritorno di Carlo II di Borbone, 500 per
l’annessione allo Stato Pontificio e solo 1 (uno) per
la Repubblica;
8 giugno ‘48, la Lombardia scelse con un plebiscito l’annessione al Piemonte con 661.002 voti su
661.626 votanti, cioè a dire con oltre il 99,9 %;
8 giugno ‘48, lo stesso giorno di Milano, anche Vicenza votava a grandissima maggioranza l’annessione al Piemonte;
4 luglio ’48, l’Assemblea nazionale di Venezia votò
a larga maggioranza l’annessione al Regno di Sardegna con la qualificata astensione di Daniele Manin, che preferiva rifondare la Repubblica.
Dopo la sconfitta della seconda Guerra d’Indipendenza
nei vari Stati ritornarono i vecchi principi poi ricacciati
via nel 1859.
- 14 e 21 agosto ’59, a Parma un plebiscito senza valore ufficiale e quindi non valido votò con 63.167
voti favorevoli e 504 contrari l’annessione al Regno
di Sardegna;
- 20 agosto ’59, l’Assemblea Toscana decise all’unanimità l’annessione;
- 21 agosto ’59, l’Assemblea Modenese, eletta da
cittadini maggiorenni, in grado di saper leggere e
scrivere, votò all’unanimità l’annessione;
- 11 e 12 settembre ’59, a Parma un’assemblea eletta
da tutti i cittadini maggiorenni, in grado di saper
leggere e scrivere, decretò la decadenza della dinastia dei Borboni e la conseguente annessione al
Piemonte;
- 15 e 22 aprile, si votò a Nizza e in Savoia per l’annessione alla Francia, i sì vinsero con oltre il 99%
dei consensi;
- 11 e 12 marzo ’60, in Emilia e in Toscana si svolsero
i plebisciti per scegliere tra la costituzione del Regno d’Italia e la formazione di un Regno separato.
L’Emilia con l’81,1% su 427.512 votanti e la Toscana
con il 73,3% su 386.445 votanti scelsero di unirsi al
Regno d’Italia;
- 21 ottobre ’60, plebiscito nel Regno delle Due Sicilie. Nel Continente l’annessione fu accettata con
il 79,5 % e in Sicilia con il 75,2%. Da notare che
nella parte continentale del Regno gli aventi diritto al voto erano 1.300.000 su una popolazione di
6.500.000 abitanti.
- 4 novembre ’60, si tennero i plebisciti nelle Marche
(63,7% sì) e nell’Umbria (79,4% sì);
Plebisciti successivi:
- 21 ottobre 1866, un plebiscito sancì l’unione del
Veneto al Regno d’Italia. Su una popolazione di
2.603.009 abitanti ne votarono 647.426: i voti contrari furono solamente 69, è la più alta percentuale
di sì mai registrata in nessun’altra consultazione
popolare;
- 2 ottobre ’70, con l’ultimo dei plebisciti del Risorgimento italiano, Roma e il Lazio sancirono l’annessione al Regno d’Italia.
Il plebiscito della Savoia fu necessario perché il passaggio del territorio dal Regno di Sardegna alla Francia
era, tra l’altro, contro il trattato del 1564, tra Berna e
l’allora duca di Savoia, mediante il quale egli si impegnava, anche in nome dei suoi successori, a «non cedere
mai e per nessun motivo» il territorio, che il Cantone di
Berna gli stava restituendo, «a una potenza che non fosse
la Svizzera». Alla notizia della cessione, la Confederazione pensò anche a un intervento militare, per prendersi quanto le aspettava, ma «disgraziatamente – scrive lo storico William Martin – il Consiglio federale non
seppe accordare i propri mezzi con la propria politica» e
la controversia franco-svizzera venne conclusa con un
compromesso nel 1862. A favore della Francia giocò soprattutto il risultato del plebiscito che come abbiamo
detto ottenne quasi il 100% dei sì: su 130.839 votanti i
favorevoli all’annessione furono infatti ben 130.583 e i
contrari solamente 235.
Dal Risorgimento all’Unità d’Italia
CONFERENZE A ZURIGO
• Martedì 8 marzo 2011, ore 19.00
L’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo, in collaborazione con il Seminario di Storia dell’Università
di Zurigo, il Tages-Anzeiger e il Consolato Generale
d’Italia in Zurigo, organizza, nell’ambito del ciclo
di conferenze “A 150 anni dall’Unità: le istituzioni, la
storia politica e l’identità italiana”, una conferenza di
Sergio Romano “Perché l’Italia non imitò la Svizzera”
Università di Zurigo, Sala KOL-F-101,
Rämistrasse 71.
Moderatore: Luciano Ferrari (Redattore Capo Politica Internazionale Tages-Anzeiger).
L’incontro si terrà in italiano. Discussione finale sia
in italiano che in tedesco, con traduzione.
• Giovedì 17 Marzo ore 19.00
Una Conferenza sul tema “dal Risorgimento all’Unità d’Italia: uomini, idee, fatti e misfatti” con relatore
Tindaro Gatani, è in programma a Zurigo, presso
la Casa d’Italia il prossimo 17 Marzo alle ore 19°°,
organizza dal Comites locale con il patrocinio del
Consolato generale d’Italia.
La conferenza tratta le fasi salienti del Risorgimento
italiano, con accenni al ruolo svolto dagli svizzeri e
dalla Svizzera, che fu, insieme alla Gran Bretagna, la
prima a riconoscere il nuovo Regno già il 30 marzo
1861. Con l’ausilio di immagini e di citazioni si parlerà di della carenza di tradizioni politiche e culturali univoche delle varie regioni; dell’acceso dibattito
sulle diverse proposte di forma di governo da dare
al nuovo stato (monarchico, repubblicano, federale); della mancanza di un vero e proprio scontro tra
l’elemento liberale e le vecchie classi dirigenti che
subirono e accettarono con rassegnazione la nuova realtà, dello scontro tra Stato e Chiesa; dell’insufficiente coinvolgimento popolare nelle decisioni
prese; del fallimento delle promesse fatte e delle
aspettative dell’Unità aveva suscitato e così via fino
alla nascita della Questione meridionale, del brigantaggio.
Del malgoverno della cosa pubblica, degli scandali
politici, della disoccupazione e del conseguente fenomeno dell’emigrazione.
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Il Presidente Giorgio Napolitano durante il suo intervento, in occasione della cerimonia su “La lingua italiana fattore portante
dell’identità nazionale, nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia”.
150° ANNIVERSARIO DELL’UNITÀ D’ITALIA
La lingua italiana fattore portante
dell’identità nazionale
Nell’ambito delle celebrazioni del 150° anniversario
dell’Unità d’Italia, si è svolto lo scorso 21 febbraio al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano, l’incontro su“La lingua
italiana fattore portante dell’identità nazionale”.
L’evento, promosso dalla Presidenza della Repubblica con la collaborazione dell’Accademia dei Lincei,
dell’Accademia della Crusca, dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana e della Società Dante Alighieri, è stato
aperto dal saluto del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta. È stato, quindi, proiettato un filmato realizzato da Giovanni
Minoli con i materiali d’archivio della Rai, a cui ha fatto
seguito l’intervento del Presidente del Comitato dei
Garanti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, Giuliano Amato sul tema “La lingua italiana e l’unità nazionale”.
Successivamente sono intervenuti* Tullio De Mauro su
“L’Italia linguistica dall’Unità all’età della Repubblica”,
Vittorio Sermonti su “La voce di Dante”, Luca Serianni
su “La lingua italiana nel mondo”, Carlo Ossola su “I libri
che hanno fatto gli italiani”, Nicoletta Maraschio su“Passato, presente e futuro della lingua nazionale” e Umberto
Eco su “L’italiano del futuro”. Il Presidente Napolitano
ha pronunciato l’ultimo intervento.
Le riflessioni sul rapporto tra la lingua italiana e l’identità della nazione sono stati intervallate da letture di
brani letterari che hanno segnato l’evoluzione della lingua nazionale da parte di Fabrizio Gifuni, Umberto Orsini, Ottavia Piccolo, Toni Servillo e Pamela Villoresi. Un
brano musicale è stato interpretato da Roberto Abbondanza (baritono) e da Federico Amendola (pianoforte).
Erano presenti il Presidente della Corte Costituzionale,
Ugo De Siervo, la sen. Colomba Mongiello e l’on. Renzo Lusetti, in rappresentanza rispettivamente del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, esponenti del mondo accademico, scientifico e letterario.
Prima dell’incontro, il Capo dello Stato ha inaugurato
nella Sala delle Bandiere del Palazzo del Quirinale la
mostra “Viaggio tra i capolavori della letteratura italiana.
Francesco De Sanctis e l’Unità d’Italia” promossa dalla
Fondazione De Sanctis. La mostra è aperta al pubblico fino a domenica 3 aprile 2011 (ingresso gratuito;
domenica ore 8.30-12, da martedì a sabato ore 10-13,
15.30-18.30). Scrive nel catalogo il Presidente Napolitano: «Un viaggio tra i capolavori che hanno radicato in
noi il sentimento di appartenere a una comunità di lingua
e di ideali».
*Alcuni degli interventi sono pubblicati sul sito della Società Dante Alighieri: www.ladante.it
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Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al termine del suo intervento saluta il professor Tullio De Mauro e Giuliano Amato
Presidente del Comitato dei Garanti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
L’intervento del Presidente Napolitano
Celebrare con serietà
il nostro centocinquantenario
«Questo nostro incontro non può chiudersi senza un caloroso ringraziamento, come quello che io voglio rivolgere alle
prestigiose istituzioni il cui apporto ci è stato essenziale, al
Presidente Amato e agli studiosi, i cui interventi hanno scandito un’intensa riflessione collettiva su aspetti cruciali del discorso sulla nostra identità e unità nazionale, e in pari tempo
agli artisti le cui voci hanno fatto risuonare vive e a noi vicine
pagine specialmente significative della poesia, della letteratura e della cultura italiane. Tra le figure dei primi e dei secondi,
degli studiosi e degli interpreti, si è collocata - da tempo, come
sappiamo, con straordinario ininterrotto impegno - quella di
Vittorio Sermonti, dando voce alla Commedia di Dante.
Ringrazio dunque in egual modo tutti ; e non posso far mancare un vivo ringraziamento anche per chi ha curato, con entusiasmo pari al gran nome che porta, la splendida raccolta,
di alto valore bibliografico, da noi ospitata qui in Quirinale,
di testi dei capolavori ed autori cari a Francesco De Sanctis.
La cui storia ci appare più che mai rispondente al proposito come poi disse Benedetto Croce - “di fare un grande esame di
coscienza e di intendere la storia della civiltà italiana”.
Non mi sembra eccessivo aggiungere - ed è il mio solo commento - che la iniziativa di questa mattina è risultata esemplarmente indicativa del carattere da dare alle celebrazioni
del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, la cui importanza
va ben al di là di ogni disputa sulle modalità festive da osser-
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vare o sulle diverse propensioni a partecipare manifestatesi.
Come tutti hanno potuto constatare, non c’è stata qui alcuna
enfasi retorica, alcuna esaltazione acritica o strumentale semplificazione.
Si è, così, discusso innanzitutto sulla datazione del configurarsi e affermarsi di una lingua italiana e del suo valore identitario in assenza - o nella lentezza e difficoltà del maturare
- di una unione politica del paese.
Quando, senza nascondersi la complessità del tema della nazione italiana, delle sue più lontane radici e del suo rapporto col movimento per la nascita, così tardiva, di uno Stato
nazionale unitario, si è messo in evidenza quale impulso sia
venuto dalla forza dell’italiano come lingua della poesia, della
letteratura, e poi del melodramma al crescere di una coscienza
nazionale. Il movimento per l’Unità non sarebbe stato concepibile e non avrebbe potuto giungere al traguardo cui giunse
se non vi fosse stata nei secoli la crescita dell’idea d’Italia,
del sentimento dell’Italia. De Sanctis richiama Machiavelli
che “propone addirittura la costituzione di uno grande stato
italiano, che sia baluardo d’Italia contro lo straniero” e aggiunge : “Il concetto di patria gli si allarga. Patria non è solo il
piccolo comune, ma è tutta la nazione”. La gloria di Machiavelli - conclude De Sanctis - è “di avere stabilito la sua utopia
sopra elementi veri e durevoli della società moderna e della
nazione italiana, destinati a svilupparsi in un avvenire più
o meno lontano, del quale egli tracciava la via”. Quell’avvenire era ancora molto lontano. Secoli dopo, nella prima metà
dell’Ottocento, si sarebbe determinato - è ancora De Sanctis
che cito, dal capitolo conclusivo della sua “Storia”, - “il fatto
nuovo” del formarsi “nella grande maggioranza della popola-
Un momento dell’inaugurazione della Mostra “Viaggio tra i capolavori della Letteratura Italiana. Francesco De Sanctis e l’Unità d’Italia”.
zione istruita”, di “una coscienza politica, del senso del limite
e del possibile” oltre i tentativi insurrezionali falliti, oltre “la
dottrina del «tutto o niente»”.
E se con il progredire della coscienza e dell’azione politica,
si giunge a “fare l’Italia” nel 1861, fu tra il XIX e il XX secolo, come qui ci si è detto in modo suggestivo e convincente,
che cominciarono a circolare libri capaci di proporsi “come
strumenti di educazione e formazione della rinata Italia”.
Tuttavia, la strada da fare restò lunga. A conferma della nostra volontà di celebrare il centocinquantesimo guardandoci
dall’idoleggiare lo Stato unitario quale nacque e per decenni
si caratterizzò, si è stamattina qui crudamente ricordato come
solo nel primo decennio del ‘900 - nel decennio giolittiano si produsse una svolta decisiva per la crescita dell’istruzione
pubblica, per l’abbattimento dell’analfabetismo, e più in generale, grazie alla scuola, per un progressivo avvicinamento
all’ideale - una volta compiuta l’unità politica - di una lingua
scritta e parlata da tutti gli italiani. Di qui anche lo sviluppo
di una memoria condivisa nel succedersi delle generazioni.
Dopo quella svolta, il cammino fu tutto fuorché lineare in ogni campo d’altronde, per le regressioni che il fascismo
portò con sé. Ed è dunque giusto, nel bilancio dei 150 anni
dell’Italia unita, porre al massimo l’accento su quel che ha
rappresentato l’età repubblicana, a partire dall’approccio innovativo e lungimirante dei padri costituenti, che si tradusse
nella storica conquista dell’iscrizione nella nostra Carta del
principio dell’istruzione obbligatoria e gratuita per almeno
otto anni. Molti princìpi iscritti in Costituzione hanno avuto
un’attuazione travagliata e non rapida : ciò non toglie che
essi abbiano ispirato in questi decenni uno sviluppo senza
precedenti del nostro paese e che restino fecondi punti di riferimento per il suo sviluppo a venire. Non idoleggiamo il retaggio
del passato e non idealizziamo il presente. I motivi di orgoglio
e fiducia che traiamo dal celebrare l’enorme trasformazione
e avanzamento della società italiana per effetto dell’Unità e
lungo la strada aperta dall’Unità, debbono animare l’impegno
a superare quel che è rimasto incompiuto (siamo - ha detto
Giuliano Amato - Nazione antica e al tempo stesso incompiuta) e ad affrontare nuove sfide e prove per la nostra lingua e
per la nostra unità. E infatti anche di ciò si è parlato nel nostro
incontro guardando sia alle ricadute del fenomeno Internet
sulla padronanza dell’italiano tra le nuove generazioni sia alle
spinte recenti per qualche formale riconoscimento dei dialetti.
Eppure, a quest’ultimo proposito, l’Italia non può essere presentata come un paese linguisticamente omologato nel senso
di una negazione di diversità e di intrecci mostratisi vitali ;
e nessuno può peraltro pretendere di oscurarne l’unità di lingua faticosamente raggiunta. Bene, in questo spirito possiamo
e dobbiamo mostrarci - anche presentando al mondo quel che
abbiamo costruito in 150 anni e quel che siamo - seriamente
consapevoli del nostro ricchissimo, unico patrimonio nazionale di lingua e di cultura e della sua vitalità, riconoscibile nel
mondo ; e seriamente consapevoli del duro sforzo complessivo
da affrontare per rinnovare - contro ogni rischio di deriva - il
ruolo che l’Italia è chiamata a svolgere in una fase critica, e
insieme ricca di promesse, di evoluzione della civiltà europea
e mondiale.
Ho detto “seriamente”: perché in fin dei conti è proprio questo che
conta, celebrare con serietà il nostro centocinquantenario. Come
avete fatto voi protagonisti di questo incontro. Ancora grazie».
la
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SSSSSSssst!
Il riposo fa bene al sapore.
Stagionato da 9 a 15 mesi
Stagionato oltre 16 mesi
Stagionato oltre 20 mesi
La sua pasta già granulosa ha un gusto
delicato: ecco il Grana Padano D.O.P.
più giovane, il formaggio da pasto per
eccellenza.
Formaggio da grattugia o da tavola? Il Grana
Padano D.O.P. oltre 16 mesi risolve ogni dubbio,
con il suo gusto pieno, pronunciato ma mai
piccante.
Grana Padano RISERVA: la stagionatura
prolungata lo rende di assoluta eccellenza.
Perfettamente idoneo tanto al consumo da
pasto che da grattugia, è una scelta da veri
intenditori.
Grana Padano, tre stagionature, tre sapori.
Eticamente
di Fabio Franceschini
Quando la società civile si ribella
all’intimidazione mafiosa
Il pane con la milza, ‘’la meusa’’, sbarca nell’aerostazione di Fiumicino a Roma nello spazio
food&wine. E così con la tradizionale focaccia
siciliana si impone, dopo Palermo e Milano, l’orgoglio siciliano di chi non solo ha deciso di opporsi al racket e all’usura, ma di andare avanti,
nonostante minacce e intimidazioni, e, con spirito imprenditoriale e scorta al seguito, oltrepassa lo Stretto di Messina. Stiamo parlando della
‘’Antica Focacceria San Francesco’’, lo storico
locale nel cuore della vecchia Palermo, fondato
nel 1834. Un’iniziativa all’insegna della legalità.
Il patron è Vincenzo Conticello, l’imprenditore
divenuto simbolo della rivolta contro il racket
per avere denunciato e fatto condannare i mafiosi che avevano tentato di taglieggiare l’attività
gestita con i suoi fratelli. Un’insegna che, oltre
che di tradizioni gastronomiche, è diventata negli ultimi anni un simbolo della lotta alla
mafia per il deciso rifiuto, nel 2005, ai tentativi
di estorsione. La nuova apertura a Fiumicino
si aggiunge a quelle di Milano e altre due nel
centro di Roma avvenute nel 2010. Venti metri
quadrati di ‘’isola’’ dedicata ai passeggeri, più altri 40 per cucina e magazzino, con i sapori e i
profumi del famoso cibo di strada palermitano,
tra cui il pane con la milza, la ‘’meusa’’ appunto.
Si tratta del quarto ‘’corner gourmet’’ in Italia,
alla cui inaugurazione c’erano i più importanti
nomi della legalità: dal presidente del Senato, a
quello della Camera, Gianfranco Fini, che già in
passato ha visitato il locale a Palermo, ai componenti della Commissione nazionale antimafia
Fabio Granata, Giuseppe Lumia e Walter Veltroni; da Tano Grasso (Fai), a Carlo Petrini e Silvio
Barbero, (presidente e vice presidente di Slow
Food); da Ivan Lo Bello ad Antonello Montante
e Giuseppe Catanzaro (Confindustria).
‘’Il coraggio e la fermezza – ha detto il Presidente del Senato Renato Schifani rivolgendosi a
Vincenzo Conticello - con la quale ha creduto
nel suo lavoro opponendosi alla mafia e agli atti di
intimidazione sono di esempio per tutti’’. Anche il
presidente della Camera Fini ha avuto parole di
elogio, esprimendo ‘’l’auspicio che questa nuova
attività commerciale, ispirata alla nota esperienza
palermitana, possa contribuire ad estendere l’incoraggiante fenomeno della reazione da parte della
società civile contro il potere di intimidazione della
mafia e con esso il contrasto efficace alla criminalità
organizzata’’.
Walter Veltroni, dal canto suo, ha evidenziato
come “quella della famiglia Conticello sia una storia angosciosa per quanto la mafia può influire sulla
vita delle persone, ma insieme meravigliosa, perché
sta a testimoniare come da Libero Grasso in poi cre-
sce il numero di coloro che in Sicilia si ribellano a
una violenza e prepotenza intollerabili”.
Una direzione lungo la quale si muove anche
la nuova posizione assunta dal presidente della
Confindustria siciliana Ivan Lo Bello. Ma come
sono arrivati i Conticello a Roma? Scelti tra nove
partecipanti, gli imprenditori palermitani hanno
vinto la gara bandita dalla società Aeroporti
di Roma per l’assegnazione di questo ‘’spazio
food’’: obiettivo, portare all’interno dell’ aerostazione tipicità e qualità dei prodotti.
‘’Le nostre specialità siciliane - ha detto l’imprenditore, durante la cerimonia di inaugurazione
- si differenziano totalmente da tutte le altre. Così
il prodotto di strada palermitano, ritenuto ormai
un brand nazionale, ha modo di farsi conoscere nel
mondo’’.
Insomma una vetrina importante per il marchio
siciliano che si fa apprezzare non solo per la
qualità delle pietanze, ma anche per la dignità
dell’uomo che le rappresenta. Legalità e commercio vanno così a braccetto alla conquista
del mercato nazionale, dimostrando che con il
rispetto delle regole si va avanti. Molto avanti.
Insomma, si può cominciare a credere nell’inversione di tendenza del popolo siciliano? È innegabile, infatti, che per tanto tempo c’è stato un
totale disinteresse verso il fenomeno mafioso, se
non anche complicità e compartecipazione di
interessi tra mafia e una parte consistente di un
settore della vita politica italiana. E così come in
economia e nella società, anche in questo settore c’è ora una capacità di reazione. È pur vero,
però, che uno dei più urgenti problemi rimane
la gestione degli appalti pubblici: con le associazioni degli imprenditori, si dovrebbe individuare la strada migliore per una giusta soluzione.
Certo, sarebbe sufficiente impedire a coloro che
sono coinvolti con la mafia di partecipare agli
appalti. E forse basterebbe che nelle amministrazioni locali gli appalti fossero gestiti dalle
prefetture, escludendo tutte le ditte che hanno o
sono sospettate di avere collusioni con la mafia.
Per capire quanto sia coraggiosa la scelta di dire
no in una realtà difficile come quella siciliana,
basta riflettere sulle parole di Conticello: ‘’Vivo
sotto scorta da quando ho denunciato i miei estorsori. È una scelta che ho fatto tra il vivere sotto scacco
oppure ribellarmi. Ho scelto la seconda via e, pur
non avendo più una vita sociale, lo rifarei ancora.
Mi auguro che ciò che ho fatto sia di esempio e che
tanti altri imprenditori vittime del racket escano allo
scoperto e denuncino chi gli sta chiedendo il ‘pizzo’.
I miei figli? Mi appoggiano e mi sostengono: ritengono che le mie scelte siano state quelle giuste e mi
incoraggiano ad andare avanti su questa linea’’.
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
29
Ernst & Young,
il vostro partner
competente per:
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www.ey.com/ch
Benchmark
di Nico Tanzi
Generazione multitasking:
cosa ci succede davvero
facendo più cose insieme
Chi ha già una certa età ricorderà la sua “prima
volta” alla tastiera di un computer. A me è successo verso la fine degli anni ‘80. Fin lì avevo sempre
usato la mia vecchia “lettera 35”. Martellando sui
suoi tasti avevo scritto con quella i miei primi articoli, negli anni del liceo. E mi aveva accompagnato
ancora a lungo, senza mai un cedimento.
Ma il computer cambiava tutto. La possibilità di
tornare su un testo, invertire paragrafi, tagliare
pezzi di qua e incollarli là senza dover riscrivere tutto, aveva un qualcosa di miracoloso. Seduti
davanti allo schermo di un pc ci si sentiva catapultati dritti nel futuro. Un quarto di secolo più
tardi, eccoci all’iPad, il più sofisticato (e trendy) dei
“tablet-pc”. Alle rivoluzioni ci si è abituati in fretta. Eppure dopo aver provato a digitare sull’iPad ci
si trova, ripassando ad una “normale” tastiera, con
la sensazione di tornare indietro, a un accessorio
che appartiene al passato. Forse sbaglierò. Forse
la tastiera continuerà ancora a lungo a rendere i
suoi preziosi servigi a impiegati e dattilografe (se
ne esistono ancora, ma ne dubito). Ma il digitare
direttamente sul display, senza il tramite di una
tastiera che occupa spazio e si riempie di polvere,
sembra avere in sé qualcosa di ineluttabile. Che ha
a che fare direttamente col futuro.
Anche perché l’iPad rende istantaneo quel passaggio da un’applicazione all’altra che è diventato la cifra essenziale della nostra condizione di
fruitori di multimedialità. Con quell’aggeggio fra
scrittura e internet, video, posta elettronica, GPS,
musica, videogiochi, social networks e così via non
c’è più soluzione di continuità. L’iPad è l’accessorio perfetto per l’uomo “multitasking”. Ancora un
salto indietro, se me lo perdonate.
Di multitasking ho sentito parlare per la prima volta
una quindicina d’anni fa. Lavoravo in un giornale;
si abbandonavano i vecchi e voluminosi videoterminali, e facevano la loro comparsa i personal
computer, che sembravano veloci e agilissimi. In
realtà avevano un millesimo delle potenzialità degli attuali, ma il passo in avanti rispetto alla rigidità
dei sistemi precedenti era fantastico. E oltretutto
permettevano, appunto, il multitasking – come
ci spiegava l’istruttore, un informatico che a noi
giornalisti sembrava parlasse la lingua dei marziani. Ce ne parlava come di una possibilità straordinaria: e, in effetti, utilizzare contemporaneamente
più programmi in quegli anni era straordinario.
Certo non avremmo mai immaginato che tutto ciò
sarebbe stato pochi anni dopo la chiave di volta di
una vera e propria mutazione antropologica.
Già, perché nel frattempo il multitasking ha smesso di restare confinato nell’ambito dell’informatica, ed è diventato una componente fondamentale
del nostro modo di vivere. Siamo una “generazione
multitasking”, come l’ha battezzata anni fa il settimanale americano Time. Milioni di persone che vivono in stato di “attenzione parziale continua”: sono
qui e nello stesso tempo sono altrove. Parlano con
un interlocutore, ma intanto tengono d’occhio gli
sms, ascoltano musica con un iPod. Non vivono
“qui e ora”, insomma: distribuiscono la loro attenzione, sempre parziale e mai totale, su una miriade di canali diversi. Le conseguenze di questo
modo di vivere la “comunicazione globale” non si
sono fatte attendere. C’è già chi parla di patologie
connesse, di “sindrome da interruzione continua”.
Niente di completamente nuovo, e ci mancherebbe altro: ma intanto si contano oltre quattro milioni di ragazzi, nei soli Stati Uniti, che soffrono di
“disordine da iperattività e deficit di attenzione”. Secondo uno studio della Kaiser Family Foundation
(condotto nel 2006, quindi nel frattempo le cifre
sono con ogni probabilità cresciute), negli USA chi
ha fra gli 8 e i 18 anni “consuma” media elettronici
per 6,5 ore (in media) al giorno. E già questo sarebbe mostruoso. Ma il peggio è che quelle ore è
come se fossero in realtà due in più: 8,5. E questo
proprio a causa del multitasking, che permette di
svolgere più compiti contemporaneamente.
Ma si tratta di un’illusione: in realtà il cervello
umano, anche quando ci dà la sensazione della simultaneità, svolge un compito (in inglese, “task”)
per volta. Se lo subissiamo di richieste continue,
a intervalli sempre più brevi (come avviene quando ci dividiamo fra telefono, SMS, e-mail, musica,
video eccetera) rischiamo di farlo andare in tilt. Di
sicuro ne diminuiamo la capacità di concentrazione. E diminuisce così anche la capacità di mantenere viva l’attenzione per periodi di tempo che
vanno oltre qualche minuto. Come sanno bene
gli insegnanti, il cui sforzo per mantenere alta la
concentrazione degli alunni per un’ora intera ha
sempre più del titanico.
Ma sapete qual è l’aspetto comico della faccenda?
Per svolgere due azioni separatamente – è stato
dimostrato – ci vuole molto meno tempo, a volte la
metà, rispetto a quando le si svolge contemporaneamente. E i rischi di errore sono molto inferiori.
la
Rivista
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Burocratiche
di Manuela Cipollone
Italiani all’estero
Sportello unico doganale
Commissione per la ricerca sanitaria
Sono 4.115.235 gli italiani che risiedono
all’estero: tradizionale appuntamento di
fine gennaio, il decreto interministeriale
(Farnesina-Viminale) anche per quest’anno
certifica il numero degli italiani nel mondo,
così come previsto dall’articolo 5 della legge
n. 459/2001, cioè la legge sul voto all’estero.
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 gennaio scorso il decreto riporta il numero dei residenti in Europa, Russia e Turchia comprese,
America meridionale, America settentrionale e centrale, e nella ripartizione Africa, Asia,
Oceania e Antartide al 31 dicembre 2010.
Secondo l’elenco aggiornato, gli italiani
all’estero sono soprattutto in Europa (compresi i territori asiatici della Federazione
Russa e della Turchia): 2.264.417. Di questi,
oltre 530mila quelli residenti in Svizzera
(Rapporto Migrantes); segue l’America Meridionale con 1.244.423 di italiani residenti; l’America Settentrionale e Centrale con
383.739 e, infine, la ripartizione Africa, Asia,
Oceania e Antartide con 222.656.
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
Chi ne fa richiesta, avrà diritto alle agevolazioni fiscali previste, a condizione che venga assunto o decida di esercitare un’attività
d’impresa o di lavoro autonomo in Italia e
qui trasferisca il proprio domicilio, nonché
la residenza, entro 3 mesi dall’assunzione o
dall’avvio dell’attività.
Le procedure amministrative necessarie al
rientro in Italia degli interessati sono demandate agli Uffici consolari, anche d’intesa
con la società Italia Lavoro Spa. Ai soggetti
destinatari delle nuove norme è garantita
l’attestazione delle proprie competenze e
dei titoli acquisiti all’estero, mediante il rilascio di documentazione “Europass”.
Incentivi fiscali per il rientro
dei lavoratori
Ripartizione compensazioni
da lavoro frontaliero
Il 28 gennaio, invece, è entrata in vigore la
legge “Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia”, pubblicata in Gazzetta il 13
gennaio. Obiettivo della legge, come noto,
è incentivare, mediante agevolazioni fiscali
sotto forma di minore imponibilità del reddito, il rientro in Italia di persone che abbiano maturato all’estero esperienze formative
o professionali, e si trasferiscano nel nostro
Paese per svolgere attività di lavoro dipendente o autonomo ovvero attività d’impresa.
Sempre in gennaio è stato pubblicato il decreto con cui il Ministero dell’economia e
delle finanze ha proceduto alla definizione
dei criteri di ripartizione e utilizzazione delle
compensazioni finanziarie operate dai Cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese a
favore dei comuni italiani di confine.
Per beneficiare della legge bisogna essere
cittadini dell’Unione Europea, nati dopo il
1° gennaio 1969, aver risieduto in Italia in
via continuativa per almeno 2 anni. Se in
possesso di un titolo di laurea, occorre aver
svolto continuativamente negli ultimi 24
32
mesi un’attività di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa in un Paese che non sia
quello di origine o l’Italia. I non laureati, invece, devono aver svolto continuativamente
per lo stesso periodo un’attività di studio,
acquisendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream, in un Paese che
non sia quello di origine o l’Italia.
Il decreto - emanato ad ottobre – dispone
che, per la rilevazione della situazione del
frontalierato, i dati sono acquisiti direttamente dalle autorità italiane presso quelle
svizzere.
La ripartizione per 2008 e 2009, recita l’articolo 4,“è operata distintamente sulla base delle
rispettive “quote pro-capite”, ottenute dividendo
l’importo globale della compensazione finanziaria, versata dai tre Cantoni summenzionati e ri-
ferita a ciascun anno 2008 e 2009 per il numero
complessivo del lavoratori frontalieri residenti,
alla data del 31 agosto di ciascun anno, nei “Comuni di confine” e che abbiano scorso dell’anno attività di lavoro dipendente in uno dei tre
Cantoni in questione”.
Pubblicato a metà gennaio, è entrato in vigore qualche giorno dopo il decreto che definisce “i termini di conclusione dei procedimenti
amministrativi che concorrono all’assolvimento
delle operazioni doganali di importazione ed
esportazione”. Il regolamento, all’articolo 1,
stabilisce che lo Sportello unico doganale
“coordina per via telematica i procedimenti
coinvolgenti le amministrazioni che intervengono in operazioni doganali, nonché le attività
connesse con le predette operazioni e disciplinate
dal presente decreto”. Per farlo “è realizzato un
sistema di cooperazione tra il sistema informativo dell’Agenzia delle dogane e quello delle singole amministrazioni interessate”.
Il decreto, negli altri articoli, definisce i termini di conclusione dei procedimenti amministrativi, quali devono essere i procedimenti istruttori necessari per avviare le
operazioni di importazione ed esportazione
e quelli che devono essere adempiuti contestualmente alla presentazione della merce.
Provvedimento taglia-leggi
Negli ultimi mesi, la Gazzetta ha certificato anche l’attività del Ministro Calderoli
chiamato ad assolvere l’immane compito di
semplificare il quadro normativo italiano.
Impegnato dall’inizio legislatura nel provvedimento “taglia-leggi”, il Ministero rende
noto di aver già eliminato 411mila atti. Dalla Gazzetta apprendiamo che questo mese
sono stati abrogati i provvedimenti datati
1861! Dunque, nell’anno in cui celebriamo i
150 anni dell’Unità d’Italia, diciamo addio al
regio Decreto del 21 aprile 1861 “Disposizioni regolamentari e intorno alla raccolta ufficiale
delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia” fino
a quello del 5 gennaio 1868 col quale il “Comizio agrario del circondario di Sala Consilina
è legalmente costituito e riconosciuto come stabilimento di pubblica utilità”.
Sul fronte europeo, con la legge del 14
gennaio scorso si stabiliscono le modalità
(articolo 3) per l’assegnazione del seggio
supplementare spettante all’Italia al Parlamento europeo.
Novità anche per la ricerca sanitaria: in febbraio è entrato in vigore il decreto del Ministero della salute che ricostituisce la Commissione nazionale per la ricerca sanitaria,
che il Ministro Fazio ha già insediato il 25
gennaio. Costituita da 30 membri e presieduta dal Ministro della Salute, la Commissione ha già eletto quale Vice Presidente
Alberto Zangrillo, medico personale del
premier Berlusconi.
Tra i compiti della Commissione l’elaborazione del programma di ricerca sanitaria e le
iniziative da inserire nella programmazione
della ricerca scientifica nazionale e nei programmi di ricerca internazionali e comunitari; ma anche la definizione dei criteri
di selezione dei progetti di ricerca che dovranno essere successivamente valutati da
esperti italiani e stranieri secondo il metodo
della “peer review”; il monitoraggio delle
iniziative di ricerca sanitaria avviate nonché
la valutazione e la diffusione dei risultati.
Compito della commissione anche quello
di garantire la qualità della valutazione dei
progetti.
Tra gli accordi bilaterali ratificati negli ultimi
mesi quello siglato tra Italia e Malta contro
le cosiddette doppie imposizioni fiscali, datato 2009.
Infine, l’Italia ha recepito la direttiva europea sugli orari di lavoro del personale delle
ferrovie impiegato nei tratti transfrontalieri.
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La Dedicated Leasing Company
In Svizzera su studio della struttura societaria e finanziaria dello studio legale Vogrich
e con finanziamenti internazionali per un’intera flotta aerea
di Paola Vogrich*
Ci si potrebbe chiedere per quale motivo una compagnia aerea in pieno sviluppo che quindi rinnovi la propria flotta con un piano di acquisti sostenuto di velivoli
europei non debba, come sempre avviene, utilizzare i
vantaggi del porre in concorrenza le varie compagnie
di leasing e finanziarie, per abbattere i tassi ed avere i
migliori benefici economici.
In pratica, perché non mantenere gli schemi legali e finanziari tradizionali che sempre hanno portato i noti
risultati.
Questa è la domanda che ci si è sentiti porre a fronte della proposta di stravolgere la normale routine con
un’iniziativa che prevedesse la creazione di una “Dedicated Aviation Leasing Company”concepita, strutturata e
finanziata per il blocco intero di tutta la flotta aerea da
rinnovare.
Nell’approfondire la proposta con l’indicazione della
sede sociale da porsi in Svizzera, molteplici le obiezioni.
Tra le prime, che la sede di una Aviation Leasing Company si colloca in Irlanda.
Si sarà già compreso, che è stato studiato e strutturato il
progetto di una società di leasing aereo dedicato esclusivamente agli acquisti che un’unica compagnia aerea
deve effettuare dal 2012 in poi ad uso civile.
La complessità di un’operazione di elevata portata
aveva creato poi non poche resistenze in chi, abituato
al passato e a logiche consolidate, non poteva essere
pronto a salti di strategia impegnativi.
Vantaggi fiscali, maggiore sicurezza e costi migliori
La società, anzi, il gruppo, composto da società finanziaria, da holding a da subsidiaries è stato concepito
per poter assicurare agli azionisti i migliori vantaggi
fiscali, alle istituzioni finanziarie la maggior sicurezza,
alla compagnia aerea, i migliori costi uniti alla pianificazione degli acquisti tutti finanziati.
Una complessa elaborazione, che è stata proposta a
fianco delle più prestigiose istituzioni finanziarie internazionali e che ha stravolto tutte le precedenti tradizioni nel campo, al punto che dopo una negoziazione
serrata è stata scelta per le sue peculiarità e per i suoi
vantaggi, prevede, per la prima volta, l’inserzione di
finanziamenti direttamente raccolti dal mondo degli
investitori.
La diversità dello schema era stato inizialmente un
grande ostacolo alla capacità di comprensione dei vantaggi.
Porre diverse compagnie in concorrenza, infatti, offre
la possibilità di avere i costi più bassi per ogni singolo
leasing su ogni aereo acquistato. Implica però tempo
enorme impiegato da vari soggetti,poca capacità da
parte di una compagnia di accettare rischi per importi
elevati, e possibilità quindi di vedere limitata la possibilità di essere finanziati.
I vantaggi enormi, in primis quelli di pianificare tutti gli
acquisti con un unico soggetto finanziatore a propria
completa disposizione,di poter avere costi comunque
bassissimi dati gli importi molto elevati che quindi in
un’unica soluzione possono godere di tassi e fees negoziate al meglio e, se si verifica una compartecipazione agli utili, un’ulteriore ricaduta positiva sulla compagnia aerea che ne beneficia.
Vantaggi tali da aver spinto gli shareholders della
compagnia addirittura a volersi assicurare una partecipazione sociale che consentisse anche altri vantaggi
economici.
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Rivista
n. 3 - Marzo 2011
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Sede legale in Svizzera
Scendendo all’analisi della struttura societaria, la scelta
di una sede legale in Svizzera, seppur diversa ed anomala, ha dato la possibilità di eliminare totalmente ogni
dubbio sul rischio paese di destinazione e su quello di
origine della leasing company che in genere influenzano i costi finanziari.
Anzi, la Svizzera, con le caratteristiche del suo bilancio
statale ha assicurato la possibilità di concepire l emissione delle obbligazioni garantite di elevata qualità e
quindi facilmente collocabili dalla banca di collocamento dei titoli. Attraverso questo sistema è stata garantita
la finanziabilità della Dedicated Leasing Company per
cifre considerevoli e nel corso degli anni. Gli investitori beneficeranno di enormi soddisfazioni in termini di
rendimenti a fronte di bassissimi rischi. Appare chiaro
che l’Irlanda, ottima sede per l’aviation financing, per
via della situazione di crisi statale, non quindi di aspetti
legali, non poteva essere scelta.
Un possibile aumento di imposte in futuro per far fronte al deficit pubblico e la necessità di fronteggiare addirittura il rifiuto dei titoli di stato irlandesi da parte di
altri paesi, ha contribuito a far emergere i lati positivi
di una economia ed una politica stabili e sicure come
quelle svizzere in cui le regole poste oggi possono assicurare l’affidabilità di investimenti protetti.
La particolarità della fonte di finanziamento attraverso i titoli obbligazionari emessi, infatti, che sarebbero
altrimenti stati di talmente basso livello al punto da
compromettere il collocamento sul mercato, ha determinato la scelta di sede basata sulla stabilità, sicurezza
ed affidabilità di regole immutevoli nel tempo in un
paese neutrale.
È interessante notare, in questo caso, come regole legali favorevoli ad una tassazione attraente si siano rivelate
inapplicabili invece a causa di una crisi finanziaria dello
stato che ha inciso così su un indiretto rischio paese. Al
fine di non entrare in noiosi dettagli tecnici si può solo
ricordare come elementi che hanno contribuito a giudicare non positivamente una banca svizzera (UBS) per i
sui problemi causati dalla crisi generale finanziaria che
ne hanno addirittura provocato l’assorbimento da parte dello stato che aveva all’epoca un PIL meno elevato
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della banca stessa, abbia paradossalmente determinato
un esempio costruttivo a dimostrazione della enorme
forza finanziaria di un sistema bancario tradizionale in
un piccolissimo paese che ospita giganti dell’economia.
La UBS aveva al momento della crisi addirittura asset
per valore superiori al PIL del Paese e ciò era stato un
elemento negativo.
Oggi, lo stesso elemento,paradossalmente, ha costituito
uno degli argomenti favorevoli che hanno determinato la fiducia in un sistema bancario forte e consolidato
all’interno di un paese, che ,per la sua impermeabilità
alle mutazioni esterne costituisce quella roccia nell’oceano che offre affidabilità e fiducia agli investitori.
Obiettivo
Realizzazione di una società di leasing aereo che finanziasse un’intera flotta, che soddisfacesse esigenze degli
shareholders, basandosi su un sistema di fiscalità conveniente che contasse su fonti di finanziamento non
facilmente esauribili e di elevato importo e che desse
alla compagnia aerea i migliori risultati in termini di
pianificazione degli acquisti e di finanziamento degli
stessi a costi concorrenziali.
Strategia fiscale
Utilizzare la migliore struttura societaria che dal punto
di vista legale consentisse i vantaggi fiscali più adeguati
a rendere appetibile il progetto per gli shareholders.
La Svizzera al posto della tradizionale Irlanda pur con
norme convenienti fiscalmente, ha beneficiato nella
scelta per la affidabilità,stabilità, chiarezza di regole trasparenti e per gli accordi bilaterali che è stato possibile
porre in applicazione della contrattualistica societaria.
Uno studio approfondito delle possibili applicazioni
delle leggi al sistema societario, in relazione alle origini degli azionisti,della destinazione dei beni,della
sede sociale ha prodotto un gruppo di società basato
su una holding,una filiale partecipata in Svizzera ed alcune subsidiries oltre oceano utilizzate per abbassare
le imposte da applicare a tutte le singole operazioni da
concludere.
Il risultato è stato eccellente sotto ogni profilo al punto
da poter far coincidere la convenienza in termini economici con l’affidabilità della struttura utilizzata.
Struttura finanziaria
della dedicated aviation leasing company
La società finanziaria del gruppo dedicata alla conclusione di un numero notevole di contratti di leasing
aereo doveva avere la caratteristica di poter essere finanziata facendo coincidere la massima sicurezza per
gli istituti finanziari con la possibilità di finanziamenti
considerevoli, dato il costo di ogni singolo aereo.
L’obiettivo è stato ottenuto consentendo alla banca di
raccogliere dal mercato degli investitori istituzionali
quelle manifestazioni di interesse ad investire con il
massimo ritorno in obbligazioni sicure e senza alcun
rischio.
Dedicated Aviation Leasing Company
per i produttori di aerei civili
Si è dimostrata l’utilità di utilizzo di tale veicolo finanziario finanziato per le attività finalizzate agli acquisti
aerei di una compagnia aerea che debba acquistare o
rinnovare la flotta.
Si pensi però al contrario, alle vendite che un produttore di aerei deve effettuare sui vari mercati che richiedono sempre di più, oltre qualità e prezzo del prodotto
schemi finanziari appetibili che riducano gli oneri di
finanziamento.
La Dedicated Aviation Leasing Company diventa, infatti, per un produttore, strumento strategico di vendita
di aerei in modo concorrenziale rispetto chi non è in
grado di offrire il prodotto finanziato adeguato ai vari
diversi interlocutori acquirenti in diversi paesi.
Pianificazione Assicurativa
Le compagni assicurative in genere e i loro strumenti di
operatività che sono le polizze utilizzano una politica
di durata degli obblighi contrattuali limitata nel tempo
essendo sempre fondamentale poter adeguare le condizioni economiche ai diversi rischi esterni per creare
quell’equilibrio fondamentale tra remuneratività delle
operazioni ed eventuale rischio e danno da risarcire
che se mal calcolato si ripercuoterebbe poi nei bilanci
delle Compagnie.
Ecco che una pianificazione assicurativa nella Dedicated Leasing Company mal si adatterebbe alle necessità di cambiare le condizioni di polizza praticamente
* L’avvocato Paola Vogrich è titolare dello Studio Legale
Vogrich, con sede in Trieste e di corrispondenza a Roma,
che opera nel campo del diritto civile nonché internazionale commerciale, societario e finanziario a favore sia di
privati che di Enti pubblici, con particolare specializzazione nella contrattualistica e nel diritto internazionale
commerciale societario-finanziario. Nello svolgimento
della professione ha curato importanti accordi con enti,
istituti bancari e società note a livello internazionale.
Ha svolto anche attività di consulenza in importanti
progetti in project finance ed ha strutturato operazioni
di leasing internazionale all’esportazione, trattando la
conclusione di accordi con istituti finanziari e bancari di
diversi Paesi.
È stata advisor legale/finanziario di oil company per
la strutturazione di progetti con importazioni di beni
dall’estero.
annualmente per entrambe le parti: assicurato che può
giovarsi della concorrenza che offre migliori condizioni
e assicuratore che deve orientarsi in relazione al mutare
dei rischi.
Una soluzione che riunisca le opposte esigenze invece,
in apparenza inconciliabili,costituisce un ulteriore valore aggiunto alla Dedicated Leasing Company,che da
un lato offre gli aerei alla compagnia aerea finanziati
ed assicurati, dall’altro lato, offre al produttore venditore una tale flessibilità nelle offerte da diventare strumento strategico di vendita.
Conclusioni
Ancora una volta, nella strutturazione scelta, la coincidenza degli opposti ha costituito una linea guida nella
ricerca di soluzioni creative ed innovative. Ciò che a
volte, in superficie o in apparenza, può sembrare paradossale si rivela poi la soluzione ottimale. La lettura di
elementi inconciliabili a volte può portare a soluzioni
impensabili. Si è dimostrata l’utilità di utilizzo di tale
veicolo finanziario, finanziato per le attività finalizzate
agli acquisti aerei di una compagnia aerea che debba
acquistare o rinnovare la flotta.
Si pensi però, al contrario, alle vendite che un produttore di aerei deve effettuare sui vari mercati che richiedono sempre di più, oltre qualità e prezzo del prodotto
schemi finanziari appetibili che riducano gli oneri di
finanziamento.
La Dedicated Aviation Leasing Company diventa, infatti, per un produttore, strumento strategico di vendita
di aerei in modo concorrenziale rispetto chi non è in
grado di offrire il prodotto finanziato adeguato ai vari
interlocutori acquirenti in diversi paesi.
Un prossimo intervento descriverà la pianificazione assicurativa di una Dedicated Leasing Company
In conclusione, lo schema elaborato e strutturato è
stato poi raffinato da un’importante parte assicurativa
che prevede la pianificazione assicurativa oltre quella
finanziaria.
• Al momento della formalizzazione dell’incarico
• Durante la realizzazione degli impianti
• Alla consegna degli impianti “chiavi in mano”
Ha ricoperto cariche in vari Consigli di Amministrazione.
È iscritta anche all’Ordine degli avvocati di Ginevra.
È stata console onorario di Svizzera per tredici anni.
È delegata della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera di Zurigo in tre regioni del Nord Est d’Italia.
la
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G
ET NOTICED.
Bernie’s Donna & Uomo:
Zürich
Glattzentrum
Sihlcity
Zollikon
www.bernies.ch
Bern
Locarno
St. Gallen
St. Moritz
Angolo fiscale
di Tiziana Marenco
Il principio dell’apporto di capitale:
esenzioni fiscali e termini di dichiarazione
È entrato in vigore in Svizzera il 1° gennaio 2011 il
principio dell’apporto di capitale secondo il quale apporti di capitale effettuati dopo il 31 dicembre 1996 dal
titolare di diritti di partecipazione a favore della società
di capitali o cooperativa svizzera della quale egli detiene le partecipazioni, al momento del loro rimborso
non sono soggetti né ad imposta preventiva (35%) né,
qualora percepiti da persona fisica in patrimonio privato, ad imposta sul reddito (imposta federale diretta,
tasso progressivo fino al 11.5%; imposta cantonale nella maggior parte dei cantoni a seconda delle singole
legislazioni, tasso variabile a seconda del cantone e
del tasso di progressione sino ca. al 30%). Sinora solo
apporti confluiti nel capitale nominale della società
erano esenti da imposta, mentre il rimborso di aggio
e contributi suppletivi venivano considerati redditi imponibili da partecipazioni. Le nuove norme della Legge federale sull’imposta federale diretta (LIFD) e della
Legge federale sull’imposta preventiva (LIP) hanno il
seguente tenore:
LIFD
Art. 20 al. 3: Il rimborso degli apporti, degli aggi e dei versamenti suppletivi forniti dai titolari
dei diritti di partecipazione dopo il 31 dicembre 1996 è trattato in modo identico al
rimborso
del
capitale
azionario
o
sociale.
Art. 125 al. 3: Ai fini della tassazione dell’imposta sull’utile,
le società di capitali e le società cooperative devono indicare
inoltre il loro capitale proprio al termine del periodo fiscale o dell’assoggettamento. Il capitale proprio comprende il
capitale azionario o sociale liberato, gli apporti, gli aggi e i
versamenti suppletivi ai sensi dell’articolo 20 capoverso 3,
esposti nel bilancio commerciale, le riserve palesi e le riserve latenti costituite per il tramite di utili imposti, nonché la
parte del capitale di terzi economicamente equiparabile al
capitale proprio.
LIP
Art. 5 al. 1bis: Il rimborso degli apporti, degli aggi e dei versamenti suppletivi forniti dai titolari
dei diritti di partecipazione dopo il 31 dicembre 1996 è trattato in modo identico a
quello del capitale azionario o sociale se la società di capitali
o la società cooperativa
contabilizza gli apporti, gli aggi e i versamenti suppletivi
su un conto separato del bilancio commerciale e comunica
ogni modifica di questo conto all’Amministrazione federale delle contribuzioni.
A mente del legislatore l’introduzione del principio
dell’apporto di capitale era volta a correggere uno svantaggio del sistema fiscale svizzero che andava a colpire
soprattutto investitori esteri i quali non di raro avevano dato la preferenza a giurisdizioni straniere dove
il rimborso di capitale in toto era esente da imposta,
mentre in Svizzera si era obbligati a sovra-capitalizzare
la società con capitale nominale, tra l’altro soggetto a
bollo d’emissione del 1%, onde permettere ad un socio
estero al momento dell’exit un rimborso finale esente
da imposte dei mezzi che lo stesso aveva messo a disposizione della società. Nel dettaglio purtroppo l’applicazione delle nuove norme si rivela estremamente
tecnica e, anche dopo o a maggior ragione a seguito
dell’elaborazione della Circolare dell’Amministrazione Federale delle Contribuzioni del 9 dicembre 2011
(“Circolare”), non priva di contraddizioni e formalismi.
Le condizioni e i limiti introdotti dall’AFC con la Circolare rischiano di ridimensionare la portata della modifica legislativa, anche o soprattutto laddove l’AFC ha
dichiarato di volere applicare, nel dubbio, una prassi
restrittiva fino a quando i tribunali non decideranno
altrimenti. Chi infatti, tra consulenti e membri di consiglio di amministrazione, vorrà assumersi il rischio
di vedersi negata, in un futuro non determinato né
determinabile, l’esenzione del rimborso per non aver
rispettato le condizioni formali enunciate nella Circolare del 9 dicembre u.s.? Ricordiamo quindi condizioni
e termini, ai quali l’AFC ha voluto attribuire carattere
imperativo e costitutivo ai fini dell’esenzione (condizioni cumulative):
– Campo di applicazione:
– apporti, aggio e pagamenti suppletivi;
– se effettuati dal titolare delle quote;
– se effettuati dopo il 31 dicembre 1996.
– Contabilizzazione:
– se allibrati nel bilancio commerciale (quindi apporti
palesi di capitale e non semplicemente dissimulati
in forma di riserve occulte);
– se evidenziati in un conto separato.
– Termini:
– se annunciati all’AFC su apposito modulo entro il
termine previsto (quelli precedenti al 31 dicembre 2010
entro 30 giorni dalla data dell’assemblea generale che
ha approvato i conti 2011 risp. 2010/2011, quelli effettuati dopo il 1° gennaio 2011 entro 30 giorni dall’apporto effettuato, su modulo 170).
Al momento del rimborso degli apporti la risoluzione
di distribuzione dell’assemblea generale dovrà specificare a carico di quali riserve viene effettuato il rimborso, pena il prelievo delle imposte se gli apporti non
sono stati allibrati e contabilizzati correttamente e la
distribuzione non avviene esplicitamente in relazione
alle riserve da apporti di capitale.
Per tutte le società di capitali e cooperative svizzere con
riserve contabilizzate al 31 dicembre 2010 sarà quindi
necessario ricostruire gli apporti effettuati negli ultimi anni dai titolari delle quote per determinare se le
riserve tuttora presenti costituiscono riserve ordinarie
oppure riserve da apporti in capitale che, se contabilizzate correttamente ancora quest’anno, potranno beneficiare in futuro del rimborso esente da imposte. Viste
le innumerevoli eccezioni che l’AFC vuole introdurre
con la sua prassi si consiglia vivamente di consultare
uno specialista prima di procedere all’approvazione dei
conti 2011 o 2010/2011. [continua]
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la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
39
HSBC Private Bank (Suisse) SA
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Angolo legale
di Massimo Calderan
Unificazione della procedura
civile in Svizzera (3 parte)
a
Il nuovo Codice di diritto processuale civile svizzero (“CPC”) permette di deferire controversie
patrimoniali, il cui valore litigioso raggiunga
almeno CHF 100.000, direttamente all’autorità
cantonale superiore, la decisione della quale
non può essere impugnata dinanzi a un’ulteriore autorità giudiziaria cantonale.
Per le azioni che si basano su un contratto non
è più competente soltanto il giudice della sede
o del domicilio del convenuto ma, in alternativa,
anche quello del luogo di adempimento, definito come luogo in cui dev’essere eseguita la prestazione caratteristica, non dove effettivamente
viene eseguita. La deliberazione delle sentenze
è pubblica, eccezione fatta per i procedimenti di
diritto di famiglia. L’attore, o chi impugna una
sentenza, deve anticipare la totalità delle spese
processuali, per cui il Cantone, tramite il tribunale, chiede alla parte condannata alle spese
soltanto l’importo non coperto dagli anticipi.
Di conseguenza, la parte condannata alle spese
deve rimborsare all’altra gli anticipi prestati e
pagarle le spese ripetibili assegnate dal giudice.
La parte vincente è quindi esposta al rischio di
non ottenere il rimborso, per cui questa norma
è stata ampiamente criticata. Si vedrà come sarà
applicata dai tribunali.
Il procedimento deve svolgersi nell’unica o in
una delle lingue ufficiali del Cantone. L’uso di
altre lingue – per esempio l’inglese – è possibile,
con il consenso delle parti e del giudice.
Alle parti è consentito trasmettere gli atti sia in
forma cartacea sia in forma elettronica. Il tribunale può però richiedere che un determinato
documento sia prodotto in forma cartacea. La
giurisprudenza dovrà stabilire se l’invio di atti
mediante telefax sia sufficiente; in passato, il
Tribunale Federale Svizzero si è pronunciato
in modo negativo. Con il consenso della parte
interessata e nei confronti degli avvocati, il tribunale può a sua volta notificare gli atti per via
elettronica. Il giudice può invitare le parti con
domicilio o sede all’estero a designare un recapito in Svizzera.
Il CPC prevede i seguenti mezzi d’impugnazione: (1) Di regola, le decisioni di prima istanza
sono impugnabili mediante appello, che siano
state pronunciate in procedura ordinaria, semplificata, sommaria o del diritto di famiglia, che
siano finali o incidentali. Per contro, non vi è
appello contro le decisioni dell’istanza cantonale unica o del tribunale arbitrale; in cause civili
di natura patrimoniale con un valore litigioso
al momento della sentenza di prima istanza di
meno di CHF 10.000; contro alcune decisioni
prese in procedura sommaria; e contro la decisione in materia di spese se impugnata autonomamente. (2) Il reclamo serve ad impugnare
le decisioni riguardanti cause di natura patrimoniale con un valore litigioso esiguo o altre
decisioni inappellabili; le disposizioni di ordine
processuale del giudice; e nei casi di denegata o
ritardata giustizia. (3) La revisione di un giudizio
può essere chiesta allo stesso giudice per fatti e
mezzi di prova che esistevano all’epoca del processo ma che, per motivi giustificabili, non avevano potuto essere inoltrati; nel caso in cui la
decisione è stata influenzata da un delitto; per
impugnare atti di disposizione di una parte, ad
esempio i vizi della volontà.
Il giudice che pronuncia una decisione può allo
stesso tempo ordinare le misure d’esecuzione
necessarie. Ad esempio, la decisione può stabilire un termine entro il quale l’oggetto della
controversia dovrà essere restituito e incaricare
la polizia di provvedere al suo ritiro o sgombero se chi è obbligato alla restituzione non
rispetta il termine assegnatogli. L’attestazione
dell’esecutività eliminerà eventuali dubbi per
la polizia in merito all’esecutività della decisione. L’esecuzione diretta è possibile anche
sul piano intercantonale, per cui il tribunale
di un Cantone potrà dare direttamente ordini
all’amministrazione di un altro Cantone, senza
che sia più necessario inoltrare preventivamente una domanda di esecuzione o di exequatur
ai tribunali dell’altro Cantone. Con la CPC si è
voluto dare all’arbitrato “interno” l’importanza
che ha l’arbitrato internazionale in Svizzera (la
Svizzera è oggi senz’altro uno dei Paesi più importanti come luogo di arbitrati internazionali).
Ad esempio, il tribunale arbitrale potrà ordinare provvedimenti cautelari. Inoltre, il lodo sarà
direttamente impugnabile dinanzi al Tribunale
Federale Svizzero, ancorché le parti possano
scegliere il tribunale cantonale quale ultima
istanza.
[email protected]
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
41
Convenzioni Internazionali
di Paolo Comuzzi
Le norme interne
di diritto internazionale tributario
Una tematica di diritto internazionale tributario viene ad essere sempre discussa secondo due step molto precisi: a) valutazione
del problema ai sensi della norma interna
(esame del problema alla luce del nostro ordinamento); b) valutazione del problema ai
sensi di quella che è una convenzione contro
le doppie imposizioni che sia eventualmente
vigente (spostamento dell’esame all’aspetto
di carattere internazionale1).
Questo doppio step ha carattere scientifico e
viene sempre attuato se il problema deve essere esaminato in modo compiuto.
Possiamo dire che non è lecito procedere
alla soluzione di un problema di diritto internazionale tributario senza fare questi due
passaggi e questo per la semplice ragione che
una norma convenzionale non amplia mai il
diritto di tassare ma opera sempre una restrizione di questo diritto2.
Si rende quindi interessante fare una valutazione (elencazione) delle principali norme
interne che possono avere delle implicazioni
di carattere internazionale.
Commenti
Le norme che meritano alcuni commenti
sono almeno le seguenti:
• L’articolo (2) del TUIR che stabilisce che i
soggetti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche sono i soggetti residenti e non residenti3. Questa norma è essenziale in quanto determinare la condizione del soggetto è
fondamentale per concludere circa il modo
in cui lo stesso deve essere tassato (worldwide income o redditi prodotti nel territorio
dello Stato) e si collega immediatamente
alle convenzioni contro le doppie imposizioni che hanno cura di procedere a stabilire
che le stesse si applicano solo ai soggetti che
sono nella condizione di residenti.
• L’articolo (3) del TUIR che prende in considerazione la base imponibile stabilendo il
criterio dell’applicazione della imposta su
base mondiale e / o limitata; anche questa
42
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
norma è essenziale in quanto stabilisce per
legge interna una limitazione del diritto di
tassare i soggetti non residenti, una limitazione che non può essere mai disattesa
anche se una convenzione contro le doppie imposizioni desse indicazioni diverse
(di fatto i redditi che possono essere tassati
in capo al non residente sono quelli di cui
all’articolo 23 del TUIR).
• L’articolo (5) del TUIR che porta al criterio
della residenza per le società di persone
(che sono residenti indipendentemente
dalla residenza dei soci4).
• L’articolo (23) del TUIR che porta il criterio per la applicazione della imposta ai
soggetti non residenti e che viene a stabilire quali sono i redditi che si considerano
prodotti nel territorio dello Stato (e quindi
fornisce una elencazione tassativa che non
è lecito estendere in via di interpretazione
e che le convenzioni non possono certamente estendere).
• L’articolo (73) del TUIR che porta a stabilire quali sono i soggetti che devono assolvere IRES e che indica la condizione di
soggetto residente o meno riferita questa
alle società di capitali (e fondata sull’oggetto dell’attività, luogo di costituzione e /
o sede amministrativa e legale); una norma questa fondamentale in quanto interagisce con le norme di diritto internazionale
e con le convenzioni5.
• L’articolo (162) del TUIR che stabilisce la
nozione di stabile organizzazione e questo
è un elemento fondamentale del diritto
internazionale tributario in quanto è solo
in presenza di una stabile organizzazione
che possiamo giungere alla tassazione del
reddito che una impresa estera produce in
Italia. In assenza di questo requisito non
esiste quel collegamento stretto tra la impresa estera ed il territorio che appare necessario per procedere con la tassazione di
questa forma di reddito. Ecco che questa
norma si palesa come fondamentale per il suo interagire con le convenzioni internazionali ed è chiaro che
la stessa prevale sulle convenzioni quando la stessa
preveda criteri più stringenti per poter concludere circa la esistenza della stabile organizzazione.
• L’articolo (165) del TUIR in tema di credito per imposte assolte all’estero: si tratta di una norma che
prevede una applicazione a riduzione delle imposte
dovute in Italia di quelle che sono le imposte estere.
Anche questa norma è fondamentale in quanto consente di evitare una doppia imposizione e quindi di
non pregiudicare quelle che sono le operazioni internazionali delle imprese.
• L’articolo (166) del TUIR in tema di trasferimento all’estero della residenza (che è fondamentale in
quanto detto trasferimento incide pesantemente sul
modo in cui si procede con la tassazione di un determinato soggetto).
• L’articolo (169) del TUIR in tema di accordi internazionali. Si tratta di una norma che stabilisce un
principio importante: il TUIR prevale sempre nel
momento in cui è più favorevole rispetto alle convenzioni internazionali.
Vi sono quindi altre norme che possono avere implicazioni (si pensi allo scambio di partecipazioni6) di
carattere internazionale ma non andiamo discutere in
questa sede.
Il complesso normativo che abbiamo descritto si innesta in modo logico nell’ambito del processo di applicazione del tributo e consente: 1) determinare la condizione del soggetto; 2) di tassare secondo formulazioni
diverse i diversi soggetti che entrano in gioco (residenti
e non residenti); 3) di concedere credito per le imposte assolte all’estero; 4) di tassare solo al verificarsi di
una condizione (stabile organizzazione); 5) di regolare
il rapporto tra norma interna e convenzione.
Se torniamo a dire che il processo logico da applicare
quando si affronta una fattispecie di diritto internazionale è quella per cui si determina l’eventuale diritto di
tassare secondo una norma interna e quindi si procede
a “rivedere” questa impostazione tenendo dell’eventuale convenzione in essere possiamo dire che per alcuni
degli step indicati in precedenza questa doppi passaggio
è certamente fondamentale.
Per fare un semplice esempio possiamo dire che prima
di procedere con la tassazione di una società estera si
deve determinare se la stessa abbia o meno in Italia una
stabile organizzazione con la conseguenza che si deve
tenere conto: a) della norma interna; b) della convenzione (se esiste).
Se ai sensi della norma interna l’esame condotto conduce alla conclusione per cui la suddetta stabile organizzazione non esiste allora è inutile qualsiasi ulteriore
ricerca in quanto è già la normativa domestica che non
consente di procedere con una qualsiasi tassazione (e
questa norma si applica in quanto è più favorevole al
contribuente di quanto non sia la convenzione).
E’ lecito dire che un contrasto norma interna / convenzione si risolve con la applicazione della norma di maggior favore sia essa la prima e / o la seconda.
Conclusione
Siamo in presenza di un complesso di norme interne
che consentono alle imprese internazionali di operare
in un contesto fiscale di un paese aperto ma che ovviamente non ha concluso convenzioni con tutti i paesi
del mondo.
In questo senso la norma interna si palesa come una
norma di carattere necessario per consentire che sussista quella piena certezza del diritto che non potrebbe
essere assicurata dalla convenzione contro le doppie
imposizioni considerato che le stesse si applicano ai
soggetti residenti e che sono diverse da Stato a stato.
In questo senso le norme interne hanno prima ancora
di una loro dignità una loro grande importanza per il
corretto espletarsi della tassazione su operatori internazionali e che vengono a determinare il reddito complessivo come la risultante di “redditi prodotti in diversi
Stati” ognuno dei quali applica il proprio diritto tributario e quindi le sue regole di imposizione.
1 Si pensi ai costi“fatturati”da soggetti residenti in paradisi fiscali che sono Stati che hanno firmato con l’Italia una convenzione contro
le doppie imposizioni che prevede una clausola di non discriminazione.
2 Un fattispecie non diventa tassabile in ragione di una previsione convenzionale ma solo in ragione di una norma interna che ne
affermi la tassazione.
3 Esiste anche il comma 2bis dell’articolo (2) che pone una presunzione ma non indaghiamo in questa sede.
4 Rimane il problema della loro considerazione come soggetti residenti in alcune convenzioni contro le doppie imposizioni e questo
per la situazione che le società di persone sono trasparenti con riferimento alla tassazione.
5 Si pensi a tutto il discorso delle regole in tema di “luogo di direzione effettiva”, regole che sono necessarie per dirimere questioni
di doppia residenza, questioni complesse e che posso incidere in maniera pesante sulla tassazione di una società.
6 Si potrebbe ipotizzare anche le regole CFC e quelle in tema di consolidato fiscale mondiale.
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
43
Con la forza del leone.
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Donne in carriera
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Marina Poli
“Ancora oggi continuo ad imparare
sia dagli anziani sia dai bambini”
È stato nostro privilegio incontrare e conoscere personalmente Marina Poli durante un soggiorno al mare,
come vicina d’ombrellone e – colta l’occasione propizia
– intervistare questa donna eccezionale che ha scelto di
dedicare la sua vita al servizio dell’umanità sofferente,
rinunciando perfino a formarsi una propria famiglia.
Marina è nata il 4 aprile 1950 a Montecchio Emilia
e – diplomata in ragioneria – ha poi frequentato l’Istituto Superiore di Educazione Fisica al Foro Italico di
Roma, studiando e approfondendo scienze motorie.
Successivamente è diventata socia della Società di
Ginnastica Medica e dell’U.N.C.: Unione Nazionale di
Chinesiologia.
Marina ha frequentato e frequenta ancora assiduamente i corsi di aggiornamento e organizza Congressi
a livello internazionale sulla scoliosi cifosi spondilolistesi, la rieducazione dell’anca pre-e-post operatoria e
altro ancora.
Cura in particolare una ginnastica adatta alla terza età.
Attualmente è anche supervisore nel Palazzetto dello
Sport di Montecchio Emilia, dove segue attentamente
le volontarie che curano gli esercizi di 150 anziani e
altre 50 persone di tutte le età.
Alla nostra consueta domanda su quanto sia difficile
farsi apprezzare come donna dirigente in un mondo
di uomini, ci ha risposto di non aver incontrato alcuna
difficoltà nel proporsi mentre le risulta che – in generale, in altre circostanze – è meno facile! “Tuttavia le
difficoltà in questo lavoro non finiscono mai: necessita una
vita per superarle. Ho iniziato nel 1972 l’attività in questo
particolare settore e – ancora oggi – posso imparare sia
dagli anziani che dai bambini” afferma Marina “mentre non ho mai sentito nei miei riguardi della diffidenza,
specialmente quando i risultati dei trattamenti risultano
positivi”.
“Siamo una polisportiva ONLUS senza scopo di lucro.
Gli ostacoli ci sono e riguardano principalmente i finanziamenti da sponsor. Infatti, il nostro servizio sociale favorisce le persone in generale con tariffe molto ridotte, in
modo di dare a chi ha bisogno il servizio di alta qualità
professionale, specialmente per il recupero funzionale degli
arti” precisa Marina.
I vantaggi e gli svantaggi relativi alla professione risultano irrilevanti.
Il privilegio di essere donna in questa professione con-
ta per il modo di porgersi. Le intuizioni ed il sesto senso nella donna sono maggiormente sviluppate, essendo
le setsse più a contatto con le emozioni e si sentono più
creative e percettive.
“L’arte della seduzione, anche allo stato inconscio, conta
molto nel contatto umano, specialmente con le autorità che
hanno il potere decisionale nella nostra attività” asserisce
Marina.
La maggiore soddisfazione per la nostra donna in carriera è certamente rilevare l’ottima riuscita del lavoro
finora svolto e aumentare la collaborazione delle persone che necessitano cure particolari e poterne constatare i risultati positivi.
L’atteggiamento di Marina verso le volontarie è di
grande collaborazione e ricca di suggerimenti per una
sempre migliore riuscita del lavoro.
“Le rinunce per me che non ho voluto una propria famiglia
e ho solamente una madre, non sono così rilevanti – afferma Marina – “ciò mi consente di dedicare il massimo
tempo all’organizzazione e allo studio per l’aggiornamento continuo di cinesiologia.” “Mentre, nel poco tempo libero
mi piace molto vivere nella natura, fare lunghe passeggiate in riva al mare ed in montagna, andare in bicicletta e
ascoltare della buona musica e dedicarmi alla lettura”.
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
45
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e la sensibilità di un amico.
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L’Elefante invisibile1
di Vittoria Cesari Lusso
Prese per i fondelli
a proposito della generosità?
C’è un dettaglio che mi colpisce particolarmente
a proposito delle arcinote vicende italiane concernenti l’attuale Presidente del consiglio (la maiuscola è per rispetto verso la funzione…) e la sua
corte. Si tratta veramente di un dettaglio, non di
tutte le importanti questioni di fondo sulle quali disquisiscono da lungo (troppo?) tempo, più o
meno sapientemente e più o meno partigianamente, i media di tutto il pianeta.
Quale dettaglio?
L’uso che viene fatto del concetto di generosità.
Capita di vedere riportate sui giornali affermazioni del tipo: Berlusconi è generoso, quindi è
normale che ami distribuire manciate di euro e assortimenti di gioielli alle ragazze che allietano la sua quotidianità; oppure: Berlusconi ama la gente e la compagnia, quindi la sua casa è generosamente aperta a
tutti; oppure ancora: Chi lo conosce sa che Berlusconi
è la generosità personificata, quindi è normale che,
venendo a sapere che c’è una giovane amica nei guai
in questura, non esiti a fare una telefonata per aiutare
la poverina.
1
Una vecchia
leggenda indiana
narra di un elefante
che pur muovendosi
tra le folle con
la sua imponente
mole passava
comunque
inosservato.
Come se fosse
invisibile…
Avrei bisogno di sapere se sono la sola a provare
sdegno per questo insulto all‘umana intelligenza.
A me risulta che la generosità sia ben altra cosa,
e quindi non posso fare a meno di pensare che ci
prendono per i fondelli! (Tra parentesi chissà perché si dice “essere presi per i fondelli”? Stando ai
dizionari, i fondelli sono, fra le altre cose, i pezzi di
stoffa adoperati per rinforzare le parti di maggiore
usura dei pantaloni…in particolare l’orlo e la parte
posteriore. Che legame quindi con il significato di
presa in giro?).
Per ritornare al nostro tema, non mi risulta ad
esempio che Clinton abbia a suo tempo giustificato il suo comportamento di bulimico sessuale con
giovani donzelle, e in particolare con la stagista
Monica Lewinsky, dicendo Scusate lo faccio per generosità! Disse delle bugie, certo, anzi negò anche
sotto giuramento. Proprio per questo rischiò il posto di Presidente, anche se le bugie riguardavano
cose private e non fatti di Stato. Fu accusato di
spergiuro e ostruzione alla giustizia. Quando le
menzogne vennero provate, il Presidente andò in
TV e chiese scusa al Paese, alla moglie, alla figlia,
senze scagliarsi contro i suoi accusatori. Quelle
scuse furono determinanti nel riscattare l’onore
macchiato. L’Onore con la lettera maiuscola. Ma si
sa, paese che vai, onore che trovi!
Ma vediamo meglio cosa si può intendere per
generosità. Generoso è colui che mostra altruismo, amore verso il prossimo. L’altruista dà non
solo per far piacere a se stesso, ma anche perché cerca in modo disinteressato di fare ciò che è
bene per l’altro. Generosi in questo senso sono ad
esempio quegli insegnanti che non smettono mai
di studiare e di migliorarsi per rendere più sapienti e maturi i propri allievi; generosi sono i medici
che usano la loro scienza non per arricchirsi, ma
per curare popolazioni indigenti; generosi sono i
genitori che scelgono le vacanze in funzione dei
bisogni dei loro pargoli in tenera età e non dei loro
personali gusti di adulti; generosi sono i nonni che
danno una mano ai giovani genitori senza farlo
mai pesare. Nel caso in questione mi sembra che
tutto ciò manchi.
Generoso è colui che mostra grandezza d’animo
e alti sentimenti. Ad esempio, chi ha il coraggio
di denunciare misfatti mafiosi a scapito del proprio quieto vivere; la persona che pur soffrendo di
una malattia incurabile riesce ancora a sorridere
e a dare speranza ai familiari; chi pone al primo
piano l’onestà e la rettitudine nonostante viva in
contesti culturali che premiano i furbi e gli imbroglioni; Il funzionario pubblico (e ne conosco!) che
non risparmia energie per assicurare un servizio di
alto livello malgrado disponga di pochi mezzi. Nel
caso in questione mi sembra che tutto ciò manchi.
Generoso è colui che è animato dal desiderio di
fare il bene collettivo mettendo in secondo piano
i propri interessi personali. Ad esempio, l‘imprenditore che rinuncia a delocalizzare la produzione
in paesi lontano a basso costo di mano d’opera
pee dare slancio alla economia della propria regione; il dirigente politico che accetta di fare un passo
indietro se si accorge che ciò corrisponde agli interessi del suo partito e del suo paese. il sindacalista
che mette a rischio la propria popolarità immediata per perseguire obiettivi di sviluppo dell’occupazione a medio e lungo termine; l’aristocratico
protagonista del romanzo di Tolstoj “Padrone e
servo” che salva da sicuro congelamento il proprio
domestico proteggendolo con il proprio corpo a
scapito della propria vita. Nel caso in questione mi
sembra che tutto ciò manchi.
Insomma, in tutte le note vicende non vedo proprio dove stia di casa la generosità! E il mio timore
è che a forza di fare un uso distorto del termine, la
generosità vera diventi un elefante che più nessuno vede…
Se avete commenti o reazioni in merito al tema trattato non esitate a contattarmi [email protected]
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
47
NELLA RICORRENZA DEL 150° ANNIVERSARIO DELL’UNITÀ D’ITALIA
Camillo Benso conte di Cavour:
il grande «tessitore»
di Tindaro Gatani
Dopo che la prima Guerra d’indipendenza si era conclusa con la sconfitta dei patrioti liberali e il ritorno
sul loro trono dei vecchi sovrani, sull’Italia ritornò a spirare un forte vento di «restaurazione», ancora più
lugubre di quello che era seguito al Congresso di Vienna. La politica reazionaria contro gli oppositori ai
vari regimi si manifestò ben presto sotto forma di severe punizioni, di arresti, di carcere duro. Come dopo il
1815 anche adesso ad appoggiare le persecuzioni politiche c’era l’Austria con tutto il suo potente apparato
poliziesco e diplomatico. Particolarmente feroce fu la repressione nel Regno delle due Sicilie, il cui sovrano,
Ferdinando II di Borbone, già agli inizi del 1849, dopo aver sciolto con la forza il Parlamento e abrogato la
Costituzione, organizzò squadre speciali di polizia politica per la cattura di quanti avevano partecipato ai
sollevamenti popolari. Gruppi ben organizzati e istruiti di poliziotti, appoggiati dalle truppe, si spostavano
di città in città per compiere vere e proprie retate di patrioti liberali.
«La negazione di Dio...»
È stato calcolato che le persone incarcerate o mandate
al confino in piccole isole furono oltre 20.000. Tra i tanti
condannati ci furono il mazziniano Silvio Spaventa e il
liberale Carlo Poerio, che aveva fatto parte del governo
costituzionale. Le sofferenze di questi perseguitati sono
testimoniate nelle Ricordanze di Luigi Settembrini che,
dopo essere stato arrestato alla fine del ’49, subì nel
’51 la condanna a morte poi commutata in ergastolo
da scontare nell’isola di Santo Stefano, da dove nel ’59
venne fatto imbarcare insieme ad altri condannati per
essere deportato in America. Con un colpo di mano il
figlio Raffaele fece dirottare la nave verso l’Inghilterra,
dove Settembrini sarebbe rimasto fino alla primavera
del 1860. Anche Francesco De Sanctis, giovane professore universitario, che nel ’48 aveva combattuto sulle
barricate di Napoli insieme ai suoi studenti, era stato
arrestato e, nel ’53, costretto a imbarcarsi «in volontario
esilio» per l’America, ma allo scalo di Malta era riuscito
a fuggire e a recarsi prima a Torino e poi a Zurigo, dove
ricoprirà la carica di primo professore della cattedra di
italiano al Politecnico federale.
Alle testimonianze di tanti patrioti combattenti, che
potrebbero sembrare di parte, fanno riscontro quelle a
volte più crude dei viaggiatori stranieri che visitavano
Napoli e la Sicilia. Uno per tutti, basta ricordare il secco
e rigoroso giudizio espresso da Guglielmo Gladstone
che, dopo aver visitato il Regno, lo definì «la negazione
di Dio eretta a sistema di governo». La descrizione del
futuro celebre statista inglese, per quanto non esagerata, era tuttavia viziata dal fatto che da tempo era ormai
finito l’idillio tra la corte londinese e quella partenopea. I politici del Regno Unito erano ormai impegnati
Camillo Benso conte di Cavour in un ritratto di Francesco Hayez.
a preparare la loro opinione pubblica ad appoggiare
un eventuale intervento nel Regno borbonico. Meno
rigorosa fu la restaurazione in Toscana e nello Stato
Pontificio. Il granduca Leopoldo II, appena ritornato
sul suo trono toscano, si «limitò» alla sospensione della Costituzione, ad arresti e processi che si conclusero
con l’esilio dei maggiori imputati. Papa Pio IX affidò la
campagna repressiva a una commissione di tre cardinali che, per il loro esagerato rigore furono costretti a
dimettersi dallo stesso Papa.
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
49
Sulle rive del Ceresio operavano indisturbati Giuseppe Mazzini
e tanti altri profughi, che si riunivano a Villa Ciani, divenuta il
centro della cospirazione del Risorgimento italiano, con l’appoggio
di tanti liberali ticinesi.
Solidarietà ticinese
La restaurazione ebbe durissime conseguenze anche
nel Lombardo-Veneto. Appena ripreso il potere, gli Austriaci si scagliarono con ferocia contro tutti gli oppositori. Il macabro bilancio di un solo anno di rappresaglie,
quello che va dall’agosto 1849 all’agosto 1849, fu di 961
esecuzioni capitali, senza contare poi le condanne a
morte commutate in ergastolo da scontare in lontane
carceri del vasto Impero.
Ad affrontare tanta crudeltà, nel momento più tragico
del Risorgimento italiano, rimasero soltanto le associazioni mazziniane che, soprattutto in Lombardia e nel
Veneto mantennero accese le speranze di una futura
Italia libera e indipendente. Costretti a deporre le armi
in guerra, i patrioti e i liberali lombardo-veneti iniziarono allora una nuova guerra di logoramento dell’occupazione austriaca con la capillare diffusione di stampe
clandestine e di libri proibiti che inneggiavano alla resistenza e alla lotta contro l’oppressore. Si trattava di
pubblicazioni spesso «più micidiali degli stessi proiettili
di piombo».
La stragrande maggioranza di quelle pubblicazioni
«sovversive» venivano stampate a Lugano, dove i fratelli
Giacomo e Filippo Ciani, milanesi originari dalla Val di
Blenio, avevano rilevato la vecchia e gloriosa tipografia
50
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
Ruggia ribattezzandola Svizzera italiana. L’altra grande
stamperia risorgimentale fu la Tipografia Elvetica di Capolago, fondata nel 1830 dall’esule genovese Alessandro Repetti in collaborazione con il tipografo comasco
di fede mazziniana Luigi Dottesio che, arrestato in uno
dei suoi frequenti viaggi in Italia, fu giustiziato a Venezia l’11 ottobre 1851. Naturalmente le opere stampate
a Lugano portavano la data di Londra, di Marsiglia o
di Malta, ma l’inganno non poteva sfuggire alla vigile
polizia austriaca che aveva sguinzagliato le sue spie in
tutta la Svizzera.
Parallela alla guerra dei «proiettili cartacei» si sviluppò
quella delle «note diplomatiche» tra l’Austria e la Svizzera. Il maresciallo Radetzky, governatore del LombardoVeneto, protestava per le stamperie «rivoluzionarie» e
per l’accoglienza che il Canton Ticino accordava ai disertori e ai profughi italiani. La Corte di Vienna inviava
durissime note a Berna, la quale richiamava le autorità
cantonali ai loro doveri di neutralità. Intanto non accadeva nulla: il «sacro contrabbando» degli scritti sovversivi continuava con il tacito consenso delle autorità
ticinesi. Basta ricordare che dalle rive del Ceresio operavano indisturbati Giuseppe Mazzini e tanti altri profughi, che si riunivano a Villa Ciani, divenuta il centro
della cospirazione del Risorgimento italiano, con l’appoggio di tanti liberali ticinesi, tra i quali il consigliere
federale Stefano Franscini di Bodio e l’artista Vincenzo
Vela di Ligornetto. A fare precipitare la situazione fu,
nel novembre del 1852, l’espulsione dal Canton Ticino
di 22 cappuccini sudditi austriaci, e lo scoppio dell’insurrezione di Milano del 6 febbraio 1853. Il Radetzky,
accusando il Ticino di aver appoggiato la rivolta, ordinò
il blocco del Cantone ed espulse dal Lombardo-Veneto
oltre seimila Ticinesi immigrati, che dovettero nel giro
di pochi giorni lasciare i loro beni e fare ritorno in patria. Ad altre migliaia di Ticinesi fu impedito il ritorno in
Lombardia come lavoratori stagionali.
Il ruolo di Vittorio Emanuele II
Quello fu uno degli anni più neri dell’economia del
Cantone. Al danno economico causato dal blocco si era
aggiunta la «malattia delle patate», che aveva annullato il raccolto del prezioso tubero. L’Austria non contenta di aver ridotto il Ticino alla fame, pianificò anche
un’azione militare contro la Svizzera. La Confederazione costrinse allora le autorità cantonali a decretare
l’espulsione dei profughi, ma nello stesso tempo lanciò
un vasto piano di fortificazioni militari che sarebbero
state occupate in permanenza da 20.000 uomini pronti
ad affrontare qualsiasi eventuale minaccia proveniente
dal Sud. Solo nel 1854, la Svizzera riuscì a convincere
l’Austria a togliere «il blocco della fame».
Intanto Mazzini, sempre dalla Svizzera, aveva lanciato
un Prestito Nazionale per la raccolta di fondi per la lot-
ta contro l’Austria con l’emissione di cartelle di 25 lire
l’una. La scoperta di quei titoli, messi in circolazione
soprattutto nel Lombardo-Veneto, portò all’arresto e
alla tortura di 110 liberali. Il 7 dicembre del ’52, cinque
di loro (Enrico Tazzoli, Angelo Scarsellini, Carlo Poma,
Bernardo de Canal e Giovanni Zambelli) furono impiccati sugli spalti della fortezza di Belfiore presso Mantova. Il 3 marzo del ’53, la stessa sorte toccava, a Tito
Speri, Carlo Montanari e Bartolomeo Grazioli, arciprete
di Revere, e il successivo 19 a Pietro Frattini e a Pier
Fortunato Calvi.
Anche nel regno di Sardegna, subito dopo la sconfitta
della prima Guerra d’indipendenza, le forze reazionarie
avevano tentato di avviare un rigoroso programma di
restaurazione, con il duplice scopo di ritornare all’antico assolutismo e di addolcire le pretese dell’Austria nel
corso dei negoziati per il trattato di pace. I conservatori
di Corte erano sicuri di poter contare sull’appoggio di
re Vittorio Emanuele II. Il nuovo sovrano, che in privato
continuò a manifestare le sue antipatie personali per
le nuove idee, in pubblico, invece, decise di mantenere
fede alla Costituzione, per non irritare maggiormente
la suscettibilità dei democratici che facevano sempre
più proseliti tra le loro fila.
La ragion di Stato ebbe allora il sopravvento sulle convinzioni personali e il re chiamò a ricoprire la carica di
Presidente del consiglio Massimo Taparelli, marchese
d’Azeglio, convinto assertore del regime costituzionale e benvoluto dalla borghesia liberale. Il suo governo,
durato meno di quattro anni, dal 1849 al 1852, dovette
affrontare numerosi compiti ingrati, tra cui la conclusione della Pace con l’Austria (Milano 6 agosto ’49).
D’Azeglio era riuscito non solo a non far subire al Piemonte mutilazioni territoriali, ma anche a far scendere
le pretese di Vienna per le indennità di guerra da 250 a
75 milioni. Quando il Parlamento, composto in maggior parte da deputati reazionari, si rifiutò di ratificare
quel trattato, su consiglio dello stesso d’Azeglio, il re
sciolse l’assemblea e indisse nuove elezioni rivolgendo
al Paese il Proclama di Moncalieri per invitare i cittadini
a eleggere deputati più responsabili.
Le Leggi siccardiane
Il nuovo Parlamento ratificò il trattato di Pace con l’Austria e d’Azeglio poté proseguire il suo programma di
riforme per risolvere alcuni gravi problemi di politica
interna. Primo fra tutti quello dei privilegi che la Chiesa
godeva ancora nel Regno.
Tra il marzo e l’aprile del 1850, il Parlamento, nonostante le proteste dei conservatori, approvava le cosiddette Leggi siccardiane (dal nome del ministro proponente Giuseppe Siccardi) che, tra l’altro, abolivano il
diritto d’asilo nelle chiese e nei conventi per i ricercati
dalla legge e il foro ecclesiastico, che stabiliva che i re-
Francesco De Sanctis, giovane professore universitario, che nel ’48
aveva combattuto sulle barricate di Napoli insieme ai suoi studenti,
era stato arrestato e, nel ’53, costretto a imbarcarsi «in volontario
esilio» per l’America, ma allo scalo di Malta era riuscito a fuggire
e a recarsi prima a Torino e poi a Zurigo, dove ricoprirà la carica
di primo professore della cattedra di italiano al Politecnico federale.
ligiosi anche accusati di reati comuni non potevano
essere giudicati da un tribunale civile, ma da appostiti
giudici ecclesiastici. La stessa legge imponeva che gli
enti morali, quindi anche quelli ecclesiastici, non potevano più acquisire beni immobili senza l’autorizzazione governativa. D’Azeglio, conoscendo i limiti della
dirigenza sabauda, non nascondeva i suoi dubbi sulla
riunificazione dell’Italia di allora sotto il Piemonte, auspicando, invece, la creazione di una confederazione di
Stati, sotto la guida dei loro sovrani legittimi, sul modello tedesco.
Mazzini e Cavour, da sempre acerrimi nemici, si trovarono per una volta concordi nell’attaccare le sue idee.
Mentre il primo gli mise contro le sue organizzazioni,
il secondo, che lo considerava suo «empio rivale», decise di attaccarlo dall’interno, facendosi nominare prima
ministro dell’agricoltura e poi delle finanze.
Con un’abile e deprecabile mossa, per occupare il posto di primo ministro, da uomo di centro-destra Cavour
strinse un’alleanza con il centro-sinistra di Urbano
Rattazzi, formando un partito di centro, quindi si dimi-
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Ritratto di Massimo d’Azeglio.
se facendo in modo che la Camera votasse la sfiducia
al Governo. Il 4 novembre 1852, il re lo nominava Presidente del Consiglio. Quando, dopo quasi due anni, la
crisi finanziaria del Regno, lungi dall’essere risolta, si
stava trasformando in crisi del Governo stesso, alimentata dagli esponenti della destra cattolica insofferenti
di quelli che loro consideravano continue vessazioni
contro la Chiesa, il Cavour, fece ricorso all’unico collante che lo teneva legato a Rattazzi, cioè l’anticlericalismo. Perso l’appoggio della Destra, al primo ministro
non restava allora che cercare di allargare il consenso
a Sinistra, favorendo il varo di alcune leggi anticlericali, volute proprio dal Ministro della Giustizia Rattazzi,
che il 28 novembre 1854 presentò il disegno di legge
sui conventi. Esso prevedeva la soppressione di tutte
le corporazioni religiose, con l’esclusione solo di quelle
delle Suore di carità e delle Suore di San Giuseppe, la
cui missione di assistenza ai malati e all’istruzione era
considerata benemerita.
I proventi delle confische sarebbero andate a finanziare il fondo delle pensioni ai sacerdoti e ai monaci delle corporazioni soppresse. Su quel progetto si aprì un
aspro dibattito non solo tra clericali e anticlericali, ma
tra gli stessi uomini della sinistra, divisi in moderati e
massimalisti. Il 2 marzo 1855, la legge passò alla Camera con una maggioranza di 117 voti contro 36. Ma
al Senato, anche con la complicità del re, preoccupato
dei rapporti con la Chiesa, quella proposta fu bocciata.
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Il sostegno del Parlamento
L’atteggiamento del re e l’impossibilità di far passare la
legge nel testo votato dalla Camera, il 29 aprile, costrinsero Cavour alle dimissioni. Ma, non essendoci alternative alla sua maggioranza, il successivo 4 maggio veniva
richiamato al Governo. Fu un fatto politico di notevole
rilevanza: la volontà del re di volerlo sostituire aveva
cozzato contro il Parlamento, che ne impose il reincarico. Veniva inaugurata così la prassi che il regio Governo
doveva poter contare, prima ancora che sulla fiducia del
re, su quella del Parlamento. Era l’inizio di un lungo
iter che avrebbe visto il re trasformarsi, a poco a poco,
a solo rappresentante dell’unità statale. Il giorno dopo
il suo nuovo insediamento, Cavour appoggiò l’emendamento che stabiliva che i religiosi presenti negli enti
da sopprimere avevano facoltà di rimanervi «fino alla
naturale estinzione delle loro comunità».
Il Senato approvò, con 53 voti favorevoli e 42 contrari, la legge che, ritornata alla Camera fu licenziata in
modo definitivo il 28 maggio e firmata dal sovrano il
giorno dopo. La risposta della Santa Sede non si fece
attendere: il 26 luglio Papa Pio IX pronunciava la scomunica contro il re, il primo ministro, tutti i membri
del Governo e del Parlamento che avevano proposto
e approvato quelle norme. Il consuntivo fatto a qualche decennio di distanza ha registrato che furono 335
le comunità religiose colpite dalla legge per un totale di
5.489 persone. Si apriva una ferita tra Casa Savoia e lo
Stato della Chiesa che, invece di rimarginarsi, sarebbe
diventata insanabile quando, dopo l’Unità, quella legge
sarebbe stata estesa a tutto il Regno d’Italia.
Cavour, ormai convinto dell’appoggio del Parlamento,
poteva adesso lanciare i suoi programmi di politica interna ed estera.
Egli mirò a fare del Piemonte uno Stato costituzionale modello, promuovendo l’economia, gli investimenti
industriali e la cooperazione tra pubblico e privato. Incrementò soprattutto il commercio, fondato sul «libero
scambio» interno ed estero; avviò le riforme del sistema
fiscale e del codice penale; promosse la costruzione di
nuove vie di comunicazione, soprattutto delle ferrovie,
che esaltava come strumento di progresso; appoggiò
con ogni mezzo la giovane e intraprendente borghesia industriale, che in breve tempo avrebbe dato grandi
impulsi all’economia del Regno.
Cavour era nato a Torino il 10 agosto 1810, dal nobile
piemontese Michele Benso e da Adele de Sellon, di ricca famiglia ginevrina originaria dalla Francia. Era naturale quindi che molti ritenessero il suo anticlericalismo
come conseguenza della fede calvinista della madre.
Come era naturale anche che egli guardasse alla Francia per ottenere appoggi al suo disegno di trasformare il
Regno sabaudo in uno Stato forte capace di competere
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TEATRO MUSICALE E RISORGIMENTO IN ITALIA
Viva Verdi!
di Mattia Lento
“Viva Verdi”, scritto sui muri e urlato a gran voce nei teatri, esprimeva al contempo l’omaggio al musicista e l’anelito all’indipendenza
dallo straniero. Verdi, infatti, era un acronimo che significava Vittorio Emanuele re d’Italia.
Se c’è un’espressione artistica dell’Ottocento che più di
altre incarna i valori risorgimentali, questa è certamente il melodramma. Fu merito soprattutto di Giuseppe
Verdi, se il teatro d’opera riuscì a rappresentare gli ideali democratici e le aspirazioni indipendentistiche degli
italiani. Nato a Busseto nella provincia agricola parmense da famiglia popolare, Verdi riuscì comunque a
seguire la vocazione musicale grazie a Pietro Baistrocchi e ad Antonio Barezzi, concittadini che lo supportarono nei primi passi della carriera. Nel 1832 si stabilì a
Milano e quattro anni più tardi sposò Margherita Barezzi, figlia del suo benefattore. Il 1839 è l’anno in cui
il non più giovanissimo Giuseppe riuscì finalmente a
vedere un suo lavoro debuttare alla Scala. L’Oberto, conte di San Bonifacio, influenzato fortemente del modello
donizettiano, è un’opera non del tutto risolta. Essa, tuttavia, riuscì a far ottenere al musicista un contratto con
il teatro milanese. La morte della moglie e dei due figli
avuti da lei, nonché l’insuccesso della commedia Un
giorno di regno, rischiarono di portarlo all’abbandono
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precoce della carriera musicale. Fortunatamente il letterato Temistocle Solera lo aiutò a superare il momento
di crisi e invitò Verdi a musicare un libretto da lui scritto,
il Nabucco. La leggenda racconta che Verdi, non molto
entusiasta del compito assegnatogli, avesse cominciato
a comporre soltanto dopo aver gettato a terra con furia
il manoscritto del Solera, che, apertosi, rivelò la fonte
prima della sua successiva ispirazione, ovvero il famoso
coro del Va pensiero. Ironia della sorte, il brano, che alcuni sostenitori della secessione vorrebbero far proprio,
dà il via a una lunga serie di opere che rappresentano,
al contrario, la ferma volontà di molti italiani del tempo
di costituire una nazione indipendente e unita.
Liberarsi dal giogo straniero
Il debutto scaligero del Nabucco avvenne il 9 marzo
del 1842 e sarà seguito incredibilmente da 52 repliche.
L’opera si rifà alla tradizione biblica, molto di moda sui
palcoscenici europei, e narra le vicende dell’omonimo re
babilonese che, dopo aver ridotto in schiavitù il popolo
d’Israele, è punito con la follia. Abigaille, presunta figlia
del re babilonese, sostituisce Nabucco e manda a morte la di lui figlia Fenena, sua rivale d’amore. A questo
punto Nabucco rinsavisce e, dopo essersi convertito al
Dio degli Israeliani a causa della morte della figlia, libera
gli ebrei dal giogo della schiavitù e induce Abigaille al
suicidio. La trasposizione biblica serve al compositore
per superare le maglie della censura. Il pubblico italiano,
infatti, non fatica a rispecchiarsi nelle vicende del popolo d’Israele oppresso dall’invasore straniero. Questo
processo d’identificazione non è soltanto narrativo. Dal
punto di vista formale, Verdi conferisce grande importanza al coro. Sulle scene non ci sono soltanto dei personaggi ben definiti con i loro drammi ma, come nella
tradizione del teatro greco, c’è un’intera comunità. Verdi
scopre il popolo e ne inscena aspettative e virtù.
Valori democratici e progressisti
L’ideale verdiano si dimostra assai propositivo e ottimista e conquista in breve tempo le platee. Questo è il
segreto della grande popolarità del parmense: egli riesce a farsi portavoce di una borghesia che, non ancora
egemone, è portatrice di valori fortemente democratici
e progressisti. La tecnica anticensoria di allontanare cronologicamente le vicende dal contesto contemporaneo
continuerà anche successivamente.
Con I lombardi alla prima crociata, però, l’esotismo è abbandonato a favore di una citazione diretta della realtà
milanese. Le aspirazioni dei primi crociati milanesi portano a un nuovo processo d’identificazione del pubblico
che sempre più percepisce Verdi come portavoce culturale e politico. Con Ernani, tratto da Hugo, comincia la
collaborazione con il fidato librettista Francesco Maria
Piave. Durante lo spettacolo andato in scena per la prima volta nel 1844 al teatro della Fenice, i veneziani intonarono insieme al coro Si ridesti il leon di Castiglia.
Anche durante la messa in scena di Attila, opera poco
conosciuta del Verdi, ma comunque solida dal punto di
vista formale, gli accompagnamenti del coro da parte del
pubblico si susseguirono. Persino l’insospettabile Macbeth fu percepito come allusione alla situazione politica
contemporanea.
Passione civile e anticonformismo
Le opere di Verdi sono diretta conseguenza di una grande passione civile. Verdi è artista che vive nella società
del tempo e che non si chiude nella torre d’avorio. Nelle
sue opere non troviamo soltanto l’apologia delle aspirazioni di una classe emergente, ma anche una malcelata
attrazione nei confronti delle figure ribelli al potere costituito. I masnadieri e Il corsaro sono l’esempio più fulgi-
do di questo aspetto non secondario della drammaturgia verdiana. Pure la Violetta de La traviata rappresenta
l’apice dell’anticonformismo verdiano e una critica al
puritanesimo borghese. Citando Gramsci, possiamo dire
che Verdi riuscì a incarnare lo spirito nazionalpopolare
del tempo. La costituzione della Repubblica Romana, a
seguito dei moti del 1848, permise all’artista di comporre
un’opera dichiaratamente patriottica. La battaglia di Legnano, scritta su libretto di Salvatore Cammarano, andò
in scena per la prima volta il 27 gennaio 1849 al Teatro
Argentina di Roma. Le vicende sono ambientate a Milano e Como e trattano della lotta dei Comuni lombardi
contro l’imperatore Federico Barbarossa. Sullo sfondo di
questa battaglia si svolgono le intricate vicende di Rolando, Arrigo e di Lidia. Quest’ultima, promessa sposa
di Arrigo, per volontà del padre sposa Rolando. Arrigo,
creduto morto, è ritrovato da Rolando durante la battaglia. Proprio il ritorno di Arrigo scatena la gelosia di
Rolando che imprigiona invano Arrigo in una torre per
poterlo accusare di diserzione. Il Barbarossa viene sconfitto nella Battaglia di Legnano e tra i lombardi tornati
vittoriosi, c’è anche Arrigo, in fin di vita. Il protagonista
muore tenendo in pugno vicino a cuore il vessillo del
Carroccio.
Volontà d’indipendenza
Il successo dell’opera richiamò l’attenzione di molti teatri italiani che, però, furono costretti a chiedere al musicista importanti cambiamenti dal punto di vista narrativo. Le vicende della Lega Lombarda non potevano
che essere citate direttamente nella Repubblica romana!
Anche in questo caso è curioso osservare come l’emblema storico delle tensioni separatistiche del Nord, fosse
allora un simbolo assolutamente unitario a testimonianza della legittimità della volontà d’indipendenza italiana: miracoli dell’utilizzo improprio della storia per fini
politici. Nel 1855, Giuseppe Verdi è a Parigi e scrive e I
vespri siciliani, tratto da Scribe.
Anche questo titolo al di fuori del contesto parigino
dovette subire pesanti manomissioni per poter essere
accettato dagli implacabili censori. Fu una delle ultime
opere di chiaro stampo patriottico del genio musicale
italiano. Il 10 gennaio 1859 Vittorio Emanuele pronunciò
il famoso discorso davanti al Parlamento che sancì definitivamente la volontà del Piemonte di farsi promotore
dell’unità nazionale. Il grido “Viva Verdi”, ovvero viva
Vittorio Emanuele re d’Italia, divenne allora sempre più
frequente nelle strade e i nei teatri italiani. Un grido che
testimonia, più che gli ideali monarchici del popolo italiano, il grande ruolo culturale e politico che svolsero le
note del nostro genio musicale durante il Risorgimento.
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quei luoghi di rilievo artistico o archeologico che non sono inseriti nei
circuiti turistici canonici. Il tutto poi
è abilmente corredato dal gradevole insieme di illustrazioni di Danièle
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visitare questa selezione di luoghi
bizzarri come la palestra del Duce al
Foro Italico oppure i resti della meridiana di Augusto nella cantina di
un palazzo in via di Campo Marzio
oppure il Casino del Buon Respiro
di pertinenza della Presidenza del
Consiglio (non durante i“ricevimenti”, peccato!). Grazie all’iniziativa
dell’Avvocato Daniela Condò il volume è stato patrocinato dalla Banca
Dexia Crediop che ha fatto del libro
la strenna natalizia per i propri clienti. Il successo di Le chiavi per aprire 99
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solo alla cura nella presentazione
di questi luoghi di difficile accesso,
ma anche alla comunicazione efficace tramite la rete. Il sito dedicato
al libro è www.99luoghisegreti.it
e ha già diverse centinaia di fan su
Facebook. Allo stesso tempo l’autore
Costantino D’Orazio ha organizzato
e guidato una serie di visite ai luoghi
descritti nel libro. I visitatori possono
così attingere alla sua fine conoscenza di storico dell’arte che già si sta
dedicando ad un volume ai luoghi
segreti d’Italia (uscita prevista per
maggio). Il grande merito di D’Orazio è di divulgare e di dare le chiavi
di accesso a questi luoghi nascosti in
modo tale che non siano più solo un
privilegio di pochi.
Una ‘cucina italiana’ intesa come modello unitario, codificato in regole
precise, non è mai esistita e non esiste tuttora. Se però la pensiamo come
‘rete’ di saperi e di pratiche, come
reciproca conoscenza di prodotti e
ricette provenienti da città e regioni
diverse, è evidente che uno stile culinario ‘italiano’ esiste fin dal Medioevo,
soprattutto negli ambienti cittadini
che concentrano e rielaborano la cultura alimentare delle campagne e, al
tempo stesso, la mettono in circolazione, attraverso il gioco dei mercati
e i movimenti di uomini, merci, libri.
Le identità non sono inscritte nei geni
di un popolo, ma si costruiscono storicamente, nella dinamica quotidiana
del colloquio fra uomini, esperienze,
culture diverse. L’italianità della pasta,
o del pomodoro, o del peperoncino è
fuori discussione. Ma è anche fuori discussione che la pasta, il pomodoro, il
peperoncino appartengano in origine
a culture diverse. È esattamente questo il genere di identità che dobbiamo
cercare nella storia alimentare e gastronomica di un’Italia che si modella
come spazio di valori comuni, di saperi e di sapori condivisi. L’unità politica del paese non fa che accelerare
questo processo, allargandolo a fasce
più ampie della popolazione. Dapprima, la piccola borghesia cittadina, che
il ricettario di Pellegrino Artusi riesce
a integrare perfettamente nel nuovo
spirito nazionale. Poi, con la grande
guerra anche i ceti popolari cominciano a conoscersi meglio, ma spetterà ai
mass-media accompagnare gli italiani
nella modernità alimentare.
Massimo Montanari insegna Storia
medievale e Storia dell’alimentazione all’Università di Bologna. Fra i
suoi lavori più importanti: L’alimentazione contadina nell’alto Medioevo
(Napoli 1979); Campagne medievali
(Torino 1984); Atlante dell’alimentazione e della gastronomia (curato con
F. Sabban, Torino 2004).
Saggio sulla libertà
di non studiare
Questo libro è una battaglia, perché
la cultura non abbandoni la nostra
vita e prima di ogni altro luogo la
nostra scuola, rendendo il futuro di
tutti noi un deserto. È anche un atto
di accusa alla mia generazione, che
ha compiuto alcune scelte disastrose
e non manifesta oggi il minimo pentimento. Infine, è la mia personale
preghiera ai giovani, perché scelgano loro, in prima persona, la vita che
vorranno, ignorando ogni pressione,
sociale e soprattutto famigliare. E
perché, in un mondo che li vezzeggia, li compatisce, e ne alimenta ogni
giorno il vittimismo, essi con un gesto coraggioso e rivoluzionario si
riprendano la libertà di scegliere se
studiare o no, sovvertendo tutti gli
insopportabili luoghi comuni che da
almeno quarant’anni ci governano e
ci opprimono.“Ditemi se le devo ancora insegnare queste cose o no. Forse, se
i ragazzi non sanno più l’italiano, vuol
dire che la scuola non ha più ritenuto
che fosse il caso di insegnare l’italiano.
Forse tutti in Italia (o meglio, in Europa)
hanno deciso questo: che non è più utile insegnare la propria lingua, e si sono
dimenticati di dirlo anche a me, e allora
io sono l’ultima a fare una cosa che non
interessa più nessuno, e quindi è bene
che smetta. Vi ricordate di quell’ultimo
soldato giapponese rimasto a mitragliare per aria, a cui non avevano detto che
la Seconda guerra mondiale era finita?
Ecco, coswwì”
Paola Mastrocola è nata nel 1956 a
Torino, dove tuttora risiede. Insegna
lettere in un liceo scientifico. Fino al
1999 ha pubblicato poesie e saggi sulla letteratura del Trecento e Cinquecento. Dal 2000, presso Guanda ha
pubblicato cinque romanzi (La gallina
volante, Palline di pane, Una barca nel
bosco, Più lontana della luna e La narice
del coniglio), il pamphlet narrativo La
scuola raccontata al mio cane, il romanzo-favola Che animale sei?.
la
Rivista
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L’Italia l’ha messo al mondo e la Svizzera lo ha adottato. Il 15 gennaio 1858, nella vecchia casa dei doganieri stretta tra il ponte sul fiume Sarca e lo strapiombo della rocca del Castello di Arco di Trento nasceva uno degli artisti trentini destinato a diventare fra i più famosi al mondo: Giovanni Segantini. Nella terra natia lo hanno ricordato - al centenario della sua morte - allestendo una sua collezione presso
il MART, uno dei capolavori dell’architetto ticinese Mario Botta. In terra adottiva una ricca esposizione lo commemora presso la Fondation Beyeler di Basilea progettata dall’architetto italiano Renzo Piano.
Bambino povero e presto orfano, la vita lo costrinse a peregrinare alla ricerca della quiete negli affetti e dell’appagamento della natura. L’arte lo salvò, perché lo costrinse ad uscire dal proprio isolamento comunicando con gli
altri attraverso le sue opere e lo spinse a sondare l’intimo sentimento della vita che ritrovò nello studio della luce.
“L’arte è amore rivestito di bellezza”, era il suo motto.
Pittore divisionista nato tra i monti italiani del Trentino,
vissuto e morto a soli 41 anni tra le montagne svizzere,
sullo Schafberg sopra Pontresina nel Canton Grigioni.
È la montagna, a ragion veduta, a rappresentare il luogo ideale, dove lo sguardo dell’artista scorre per rappresentare segni di universalità, che ancora oggi rie-
scono a sorprenderci e verso la quale si mosse con il
desiderio di spingersi sempre più in alto, verso le cime.
Cercava la luce qui Segantini, sempre più pura, sempre
più piena ed è essa stessa il mezzo che nei suoi dipinti
ci rivela le cose nella loro innata essenza. I suoi quadri
di indiscussa fama e valore, con le Alpi ed i caratteristici
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Ritratto dell’artista.
Il 15 gennaio 1858, nella vecchia casa dei doganieri stretta tra il ponte
sul fiume Sarca e lo strapiombo della rocca del Castello di Arco di
Trento nasceva uno degli artisti trentini destinato a diventare fra i più
famosi al mondo: Giovanni Segantini.
pascoli nelle vesti di modelli, sono al centro di numerose collezioni e musei a lui dedicati come la mostra
istituita presso la Fondation Beyeler di Basilea, che terrà
aperti i battenti fino al 25 aprile 2011.
L’esposizione ospita settanta opere di cui quarantacinque dipinti e trenta disegni in prestito da importanti
istituzioni pubbliche (Segantini Museum di St. Moritz,
Kunsthaus di Zurigo, Minneapolis Institute of Arts di
Minneapolis, Castello Sforzesco e Galleria d’arte Moderna di Milano) e da collezioni private.
Nel 1999 - anno nel quale cadeva il centenario della
sua morte - i Trentini lo hanno voluto ricordare con una
mostra dal titolo “Segantini, la vita, la natura, la morte”
presso il Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto progettato dall’architetto ticinese Mario Botta. Un’opera d’arte già di per sé il Mart:
ispirato a modelli classici per le forme, come la maestosa cupola radiale che sovrasta l’intera piazza in acciaio
e plexiglas, è sostenuto da molteplici e complesse soluzioni ingegneristiche.
In mostra alla Fondazione Beyeler
In questi mesi, sono invece gli aperti e luminosi spazi
della Fondation Beyeler di Basilea, progettata dal famoso architetto italiano Renzo Piano, a custodire i capolavori di Giovanni Segantini. Ambienti che appaiono
particolarmente adeguati per ospitare le opere di Giovanni Segantini e rispondono perfettamente alla contemporanea ricerca di una pura “spazialità naturale”.
La collezione in essere - accompagnata anche da alcuni
quadri di Monet, Cézanne e Van Gogh - é la più completa tra quelle organizzate fuori dall’Italia fino ad ora
(alcuni pezzi non sono mai stati esposti al pubblico) ed
è stata curata dalla stessa pronipote dell’artista. L’obiettivo deve risultare quello di far conoscere la figura di
Segantini come pioniere dell’arte moderna e non solo,
come spesso è connotato,“pittore della montagna”.
La mostra rende conto di tutti i temi, i generi e le tecniche con cui Segantini si è confrontato, includendo
una selezione di dipinti panoramici e di espressivi autoritratti. Un percorso geografico intitolando ciascuna
sezione con il nome del luogo di volta in volta abitato
dall’artista, che dal Trentino con un’infanzia poverissima lo conduce dapprima a Brera con gli studi accademici e in Brianza con le prime prove artistiche; poi
nel villaggio grigionese di Savognin e infine a Maloja,
nell’Alta Engadina. Anche e soprattutto un percorso
artistico che si svolge nel segno di una progressiva purificazione dei mezzi espressivi grazie alla quale questo
pittore schivo e appartato giunge ad anticipare le grandi svolte formali del Novecento.
La mostra prende avvio quindi dai due gruppi di opere
risalenti alla giovinezza dell’artista, vale a dire i paesaggi urbani e i ritratti che Segantini eseguì durante gli
studi all’Accademia d’arte di Brera.
È il periodo in cui dipinge A messa prima (1885-86),
dove, di fronte ad un sacerdote che sale la lunga scalinata della chiesa di Veduggio, si respira in pieno la
profonda solitudine dell’uomo di chiesa. Seguono le
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diverse versioni di Ave Maria a trasbordo, nella quale
sentimento religioso e vita campestre si fondono in
un’armoniosa unità.
Le Alpi prese a modello
Lasciata la pianura brianzola per l’alta montagna, con
la famiglia, Segantini si trasferisce a Savognin (18861894), dove approfondisce ulteriormente il confronto
con la cultura contadina. Qui l’artista dipinge i primi
quadri di grande formato dedicati alle Alpi svizzere e
realizzati con la tecnica divisionista.
Segantini apprese la possibile applicazione delle leggi
dell’ottica alla pittura da Vittore Grubicy, che dall’inizio degli anni Ottanta era non solo il suo mercante, ma
soprattutto una guida. Da quel momento in poi i suoi
lavori saranno sempre più caratterizzati da pennellate
lunghe, veloci, capaci di intrappolare la luce di una natura potente e indomita.
La stessa luce che in Mezzogiorno sulle Alpi (1891) inonda e abbaglia Baba, la domestica-modella che visse con
la famiglia Segantini durante il soggiorno in Engadina.
A Savognin, Segantini si allontana quindi dallo stile dei
primi lavori, caratterizzati da tonalità tendenzialmente
scure, e tramite la scomposizione dei colori in filamenti
di puri colori complementari, per lo più disposti orizzontalmente, giunge alla creazione di effetti luminosi
di straordinaria intensità.
Nel 1894 si trasferisce con la famiglia a Maloja in alta
Engandina. Affascinato dalla luce intensa dell’alta
montagna e dalla bellezza straordinaria del paesaggio, elabora nell’ultima fase della sua vita artistica un
nuovo linguaggio espressivo per dar voce all’essenza
di ciò che lo circonda e ad un sentimento di rispetto
reverenziale per la natura e la creazione. Tra i principali
dipinti di questa fase ricordiamo il suggestivo autoritratto del 1895 dove l’artista presenta di sé un’immagine quasi teatrale che sa trasmettere la personalità di un
individuo solitario, a tratti enigmatico, capace di sfidare
qualsiasi avversità e Primavera sulle Alpi (Raffigurazione della Primavera, 1897).
Il momento culminante della parabola artistica di Segantini è il celebre Trittico delle Alpi (1896–1899) - assente giustificato presso la mostra data la sua in trasportabilità - in cui l’esistenza di uomini e animali appare armoniosamente compresa nel ciclo della natura.
Verso la fine della sua vita, Segantini divenne famoso
nel mondo anche per il suoi dipinti simbolisti, tra i quali La Vanità (1897) in cui emerge come per l’artista le
Alpi fossero ormai diventate un luogo mentale da tradurre in miti dal significato inconscio. Di pari passo con
una percezione del paesaggio montano inteso come
paradiso in terra, la pittura di Segantini si fa astratta e
carica di luce, come dimostra efficacemente il dipinto
Paesaggio alpino (1898/99), esposto in mostra.
La bella nuvola e la bella ragazza
Chiudiamo l’articolo con una citazione di Hermann
Hesse e di come la sensibilità di un grande artista fosse a cogliere compiutamente il senso della pittura di
Segantini, capace di rivelare sensazioni sempre nuove,
di far emergere i lati più intimi dell’animo umano e di
trasfigurare l’osservatore per fonderlo quasi indissolubilmente con l’opera d’arte:
Ave Maria a trasbordo, 1886, Museum Segantini, St. Moritz.
“Elisabeth stava accanto a me davanti ad un grande quadro
di Segantini ed era tutta assorta in contemplazione. Il dipinto rappresentava alcune contadine al lavoro in un magro
prato alpino, e alle loro spalle, come sfondo, monti scoscesi e
dentellati, che ricordavano il gruppo dello Stockhorn; inoltre, in un cielo freddo e luminoso una nuvola color avorio,
disegnata in modo indicibilmente geniale. Colpiva al primo
sguardo per la sua strana massa avvolta su se stessa come
un gomitolo; si vedeva che era appena stata appallottolata
ed impastata dal vento, e si preparava a salire per allontanarsi lentamente a volo. Evidentemente Elisabeth la capiva, poiché era tutta assorta in contemplazione. E la sua
anima, altrimenti nascosta, era nuovamente apparsa sul
suo volto, ridendo sommessamente dagli occhi ingranditisi, facendo sembrare morbida come quella di un bambino la bocca troppo piccola, e facendo appianare l’austera
ruga tra le sopracciglia, segno di saccenteria. La bellezza e
la veridicità di una grande opera d’arte costringevano la
sua anima, essa stessa bella, verace e sincera, a rivelarsi.
Io sedevo tranquillo lì vicino, ad osservare la bella nuvola
del Segantini e la bella ragazza incantata davanti ad essa”.
(H. HESSE, Peter Camenzind (1904), trad. di G. Quieto,
Roma, Newton Compton, 1974, p. 109-110).
A pag 59: Mezzogiorno sulle Alpi, 1891, Museum Segantini, St. Moritz.
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MOVIETOUR: IL CINEMA (E LA LETTERATURA) COME PRETESTO
Anche così si promuove il turismo
Secondo una ricerca tra i principali tour operator internazionali 4 turisti stranieri su 10
scelgono la meta della propria vacanza in Italia dopo aver visto un film o una fiction ambientate nel nostro paese o per rivivere i luoghi e le atmosfere del proprio libro preferito.
di Augusto Orsi
La top five delle mete preferite comprende Roma,
Venezia, i paesaggi Toscani, la Sicilia e la Campania location di importanti produzioni cinematografiche nazionali: Operazione San Gennaro, L’oro
di Napoli, L’amore molesto,Le quattro giornate di
Napoli, Viaggio in Italia, Così parlò Bellavista,
Matrimonio all’italiana e internazionali: Mission
Impossibile, Guerre Stellari nella reggia di Caserta; romanzi di successo: Il Talento di Mr Ripley in
costiera amalfitana o Pompei di Robert Harris; fiction popolari: La Squadra, Un Posto al Sole, Capri
e Capri 2. Nel 2007, 41 milioni e 622 mila stranieri hanno visitato l’Italia anche grazie al cinema e
ai romanzi. Secondo l’Osservatorio Stampa Estera
Nathan il Saggio, il trend è confermato da un’indagine su oltre 100 testate internazionali, condotta
dal 2005 al 2007, per individuare il grado di visibilità e di apprezzamento della Regione Campania
nel mondo. Il New York Times ha pubblicato un
articolo intitolato: “Leggi il libro e poi vedi dove è
ambientato”, affermando che l’offerta di itinerari
turistici aumenta attraverso tour letterari. Il giornale spiega: a chi ha amato il Talento di Mr Ripley
piacerà sicuramente Il Giardino, una villa che si
trova in costiera amalfitana. Dello stesso avviso
l’inglese Guardian: “leggendo il libro o guardando
il film di Anthony Minghella si viene trasportati
indietro, ai tempi in cui questa zona era relativamente sconosciuta al turismo di massa”.
I pacchetti turistici di Campania Movietour
A Napoli il Santa Sofia Movietour - un progetto promosso oltre che da Campania Movietour, Associazione
Filmapart con la collaborazione della Soprintendenza
di Napoli, dalla Mediateca Santa Sofia dell’assessorato comunale alle Politiche giovanili - da anni permet-
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Totò in una scena dell’Oro di Napoli.
te a napoletani e stranieri di passeggiare per la città,
facendo tappa sulle location dei film più famosi girati
sul Golfo. Oltre alla proiezione iniziale delle pellicole
scelte, le sequenze più belle dei film sono ricordate durante il percorso cittadino, attraverso fotogrammi e foto
di scena per mettere così a confronto la Napoli del film
con quella attuale. In occasione dell’uscita nelle sale di
Mangia prega ama, interpretato da Julia Roberts e diretto da Ryan Murphy, Campania Movietour ha lanciato il
pacchetto turistico “Mangia Prega Ama Italy Tour”, una
magica esperienza di due giorni tra Roma e Napoli, per
rivivere i luoghi del film e dell’omonimo best seller di
Elizabeth Gilbert, un tour cinematografico nella storia
e nella cultura italiana. Il percorso del personaggio interpretato da Julia Roberts, una donna che intraprende
un viaggio intorno al mondo per tagliare con il passato e ritrovare se stessa, parte infatti proprio dalle due
città italiane, che hanno fatto da set per la pellicola
hollywoodiana. La capitale rappresenta la prima tappa
del viaggio, la città in cui la protagonista prende casa
per affondare nei piaceri della cultura italiana, dal cibo
all’apprendimento dei costumi e della lingua: il film
mostra diverse scene tra via Condotti, Villa Borghese
e piazza Navona. Nel capoluogo partenopeo per la
Roberts ha girato con l’attore Luca Argentero, alcune
scene nelle strade di Forcella gustando la pizza di Michele e ha visitato il Pio Monte della Misericordia, per
ammirare il capolavoro di Caravaggio“Le sette opere di
Misericordia”.
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Sofia Loen in una scena di Ieri, oggi, domani.
to, movietour di spiccato interesse cinefilo è stato per
me una rimpatriata e una sorta di pellegrinaggio nel
cuore del Rione Sanità, uno dei più popolari e veraci
quartieri di Napoli: dal palazzo dove nacque Totò, (visto
solo dall’esterno e che dovrebbe diventare un museo
dedicato ad uno dei più grandi ed originali attori comici
italiani) al n. 109 di Santa Maria Antesecula, al balconcino dell’episodio Il guappo in L’oro di Napoli, al palazzo
monumentale e spagnolesco di Questi fantasmi, al basso dove abita Adelina (Sofia Loren), nel primo episodio
di Ieri, oggi, domani, alla salumeria di Pacco, doppio pacco
e contropaccotto e alla piazzetta antistante la chiesa di
Santa Maria della Sanità per Pianese Nunzio e ho sognato!
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Sognando alla scoperta di Napoli
Attualmente i tour nella Napoli del cinema, organizzati
dalla Santa Sofia Movietour sono 4, percorrendo questi
itinerari in compagnia di una guida si visita la città, da
via Crispi a Mergellina, da via Partenope a piazza Plebiscito, da via Paladino a via Marittima, da via S. Sofia a
piazza della Sanità soffermandosi su luoghi che furono
set di capolavori della storia del cinema da: Viaggio in
Italia a Le quattro giornate di Napoli, a Mani sulla città,
al Decameron a Mi manda Picone, a Questi fantasmi, a
Vito e gli altri, a Morte di un matematico napoletano e a
tanti altri
Ho partecipato ad un movietour quello del rione Sanità, quello, che secondo me più si addice alla tradizione storica del cinema popolare partenopeo, legata
alla vita dei bassi e dei vicoli e alla sua gente, al mondo
di Eduardo e di Totò e a quello che Vittorio De sica ha
immortalato nei suoi film mi sono soffermato sulle location di L’oro di Napoli, Il giudizio universale, Ieri oggi e
domani, Matrimonio all’italiana. Questo ben organizza-
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Sequenze
di Jean de la Mulière
DRAQUILA
di Sabina Guzzanti
LA NOSTRA VITA
di Daniele Luchetti
Ammettiamolo: Sabina Guzzanti è faziosa, ma, in questo caso, rimane fedele al cuore pulsante del film, che
batte sulla denuncia del modo in cui è stata allestita la
ricostruzione del dopo-terremoto dell’Aquila. Partendo
dalla presunzione che Berlusconi fosse (oggi più di ieri,
meno di domani?) in crollo di consensi, il documentario racconta di come il premier abbia scientemente (G8
docet) sfruttato una situazione tragica, come veicolo di
recupero, vagheggiando di uno stucchevole nuovo “miracolo italiano”. Il tutto con il sostegno della Protezione
Civile, descritta come vero e proprio braccio armato che,
grazie a creativi cavilli legislativi, ha in mano non solo le
emergenze nazionali, ma anche una grande quantità di
eventi, grandi e piccoli, disponendo di quantità enormi di
denaro aggirando, per ragioni di eccezionalità, i controlli
previsti dalla legge. Guzzanti, lungo le strade del centro
storico fantasma, documenta di vergognose responsabilità e tratteggia inedite pagine di vita quotidiana nei
campi di accoglimento, militari o quasi, in cui addirittura
il regolamento interno vieta il consumo di coca cola per
non eccitare gli animi di migliaia di persone sradicate
dalla propria storia, dal proprio stile di vita.
Claudio (Elio Germano), un operaio edile di trent’anni,
lavora in un cantiere della periferia romana. E’ sposato, ha
due figli, ed è in attesa del terzo. Il rapporto con sua moglie Elena (Isabella Ragonese) è fatto di grande complicità, vitalità, sensualità. Questa esistenza felice viene sconvolta: Elena muore e Claudio non è preparato a vivere da
solo. Rimuove il dolore ed elabora il suo lutto sfidando il
destino, cercando di dare ai figli e a se stesso quello che
non hanno avuto finora: il benessere, i soldi, i capricci, le
vacanze. Si caccia in un affare più grosso di lui e quando
capisce che da solo non può farcela, si vede costretto a
rivolgersi agli unici di cui si fida: la sorella troppo materna (Stefania Montorsi), il fratello timido e imbranato
(Raoul Bova), il pusher vicino di casa (Luca Zingaretti).
Il film di Luchetti ci porta nel mondo delle nuove borgate
romane (ma non solo): conglomerati di recente costruzione, esclusi dai servizi culturali della città, ma abitati
dalle giovani famiglie, dai bambini. Sugli abitanti di questo mondo, persone più che personaggi, e sugli immigrati
con cui dividono l’ambiente di vita e di lavoro, lo sguardo
di Luchetti è fermo, senza pregiudizi, onesto, forse ottimista.
IN A BETTER WORLD di Susanne Bier
Il dottor Anton, medico idealista in crisi matrimoniale
con la moglie Marianne, opera in un campo profughi in
Sudan, ma riesce a fare finalmente ritorno a casa nella
monotona tranquillità di una cittadina della provincia
danese. Qui si incrociano le vite del figlio adolescente Elias, vittima dei bulli della scuola, e Christian, suo
compagno di classe che vive col padre Claus, da poco
rimasto vedovo. Tra i due ragazzi nasce una straordinaria e rischiosa amicizia. La solitudine, la fragilità e
il dolore, però, sono in agguato e presto quella stessa
amicizia si trasformerà in una pericolosa alleanza e in
un inseguimento mozzafiato in cui sarà in gioco la vita
stessa dei due adolescenti. Un bel melodramma raffinato anche se un poco didattico, che ha per tema la
violenza e la possibilità di combatterla, e si dipana in
una storia nella quale eventi imprevedibili hanno effetti drammatici sulle persone e intaccano l’immagine
di luogo incantato nel quale vivere. Dalla Danimarca,
generalmente percepita come una società armoniosa e
ideale, ci conferma che in realtà nulla è perfetto e che il
mondo perfetto in realtà non esiste.
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CON DUE SPETTACOLI A ZURIGO E BASILEA
Beppe Grillo ritorna in Svizzera
Sono parecchi i personaggi scomodi, senza peli sulla lingua e forse neanche sullo stomaco, che negli ultimi tempi,
hanno perso la platea e la voce. Come l’acqua irruente che
straripa e rompe gli argini davanti agli ostacoli trovando
altre strade per il suo cammino, Beppe Grillo non è tra
questi. Comico sopra le righe fin dall’inizio, sguardo furente, lingua mordace, sudore abbondante, bandito dalla
televisione e dall’inferno, il Grillo nazionale ha dato volti
alla mafia, nomi ai corrotti e voce alle masse precarie in
fermento. Di tutti i personaggi genuinamente rivoltosi lui
è il più scomodo, perché non si riesce a zittirlo e la gente
lo sta a sentire.
Dalla politica all’ecologia, dalla cronaca all’economia, dal
teatro alla piazza, dal blog seguitissimo al nuovo “Grillo is
back”tour - una promessa che suona come un avvertimento o una minaccia - Beppe Grillo torna a sputare rabbia,
saliva e parole, pesanti e pensati, sui palchi della Svizzera tedesca, con un nuovo, imprevedibile work in progress:
senza un copione fisso, perché fissa non è la quotidianità
da cui prende spunto.
Il nuovo spettacolo di Beppe Grillo, è magia bianca. Telecinesi, chiaroveggenza, telepatia, teletrasporto, sono diventati realtà. I poteri paranormali della Rete sono ormai a
disposizione di ognuno.
Due ore per super spettatori che vogliono volare. Il palco
sarà caratterizzato da un grande schermo, un ciclorama
semicircolare che avvolge lo spazio in cui si muove Grillo.
Un enorme fondale-display sul quale si formano di volta
in volta scritte, concetti, immagini che interagiscono con
le sue parole, che mimetizzano dietro la risata la preoccupazione per il degrado, morale prim’ancora che materiale,
nel quale stiamo sprofondando. Un ritorno che solletica la
curiosità: sia dei suoi numerosi fan, molti dei quali hanno
scelto anche di appoggiare le sue campagne dichiaratamente politiche, che si sono concretizzate con la creazione
del movimento 5 Stelle (a settembre è riuscito a portare
a Cesena, per la sua Woodstock a 5 stelle, oltre 180.000
persone), sia di coloro che ne amano la verve comica pungente e lapidaria, mai fine a se stessa - e l’originalità.
La nuova tournée di Beppe Grillo si colloca dunque all’interno di un percorso chiaro, in cui la risata sposa la necessità di farsi portavoce di informazioni e di proporsi come
stimolo alla coscienza della gente.
Lo spettacolo andrà in scena al Kongresshaus di Zurigo
il 18 marzo, alle ore 20.30 e allo Stadtcasino (Festsaal) di
Basilea il 19 marzo, sempre alla stessa ora.
Costo biglietti:
Zurigo: CHF. 69.- 1° Categoria CHF. 58.- 2° Categoria
Basilea: CHF. 73.- 1° Categoria CHF. 61.- 2° Categoria
Prevendita: www.swissticketnet.ch
Ticket Hotline:0900 848 022 (CHF 1.19/ Min.)
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Diapason
di Luca D’Alessandro
Lorenzo Cherubini Jovanotti - ORA (Universal)
Un album che non fa pensare, ma riflettere. Nel senso buono. Sì, perché
Jovanotti è e rimarrà un mito per una generazione intera, i cui brani
nessuno si scorderà mai, perché sono autentici, in un certo senso semplici,
ciononostante profondi. Ora, un mélange tra energia e malinconia, tra
sentimenti e vivacità, è l’essenza di un lungo lavoro durante un periodo
difficile per il cantante, dopo la scomparsa della madre. Jovanotti rimane
in parte nel suo stile, in certi momenti riveste tutto in un ambiente nuovo,
puntando sull’elettronico e sferico come ad esempio in Tutto l’amore che
ho. Ci sono poi canzoni che puntano sulla dance come Spingo il tempo al
massimo o Io danzo, in cui sono coinvolti beat e sintetizzatori. Dall’altro
lato si trovano brani tradizionali, come il rock di Il più grande spettacolo
dopo il big bang e la ballata Le tasche piene di sassi.
Pleroma - ROSSO COLORE D’AMORE (K-Tel)
La Svizzera – la nuova terra d’origine del duro rock italiano? Chissà? Almeno
si potrebbe pensarlo, ascoltando i Pleroma, gruppo rock-pop composto di
musicisti italo-svizzeri che con il loro secondo album dal titolo Rosso Colore
D’Amore ci raccomandano un menù dal sapore robusto, salato, ruvido,
come dimostrano, ad esempio, i brani Vaffanculo, Solo Tu e Feel My Anger. I
ragazzi stessi si definiscono degli chef del rock; dei cuochi che mescolano
degli ingredienti provenienti da cis- e oltralpe in un unico pentolone;
sostanze che – portate in ebollizione – emanano un’energia allucinante. Ma
attenzione: in ogni menù si nasconde un dessert. Quello si manifesta in un
brano fragile, quasi sensibile come Una questione di dignità. L’album è stato
ideato da Thomas J. Gyger, produttore che nel passato ha collaborato con
musicisti svizzeri di grande fama, come DJ Bobo e Gölä.
Flabby - ANYTHING CAN HAPPEN (Rnc Music)
Al momento il jazz leggero va molto forte in Italia. Jazz leggero? Pardon,
qui ci vuole un chiarimento: con jazz leggero s’intende un misto tra la
bossanova, lo swing, la musica da big band e quella cinematografica degli
anni Sessanta, come la conosciamo da Piero Umiliani o Armando Trovajoli.
E in questa categoria si inseriscono i Flabby, ovvero i deejay radiofonici Ross
Pellecchia, Fab Fiore e Andrea De Sabato, che con il loro album Anything
Can Happen portano avanti una tradizione musicale stabilitasi nel primo
decennio di questo secolo, un genere dei ritmi soffici e leggeri, dedicati a
coloro che amano girare in automobile di notte cercando un bar aperto.
Il progetto è nato proprio in un ambiente così: nel lontano 1996 i tre
s’incontrano in un bar, e gustandosi qualche drink, si accorgono di avere
una forte passione comune – un sentimento che loro stessi riassumono nel
titolo Flabby. Ascoltare per capire.
Nathalie - VIVO SOSPESA (Sony)
È giovane, sa suonare il pianoforte e ha una presenza sicura. Nathalie, la
cantautrice di origine italo-belga, è riuscita a entusiasmare il grande pubblico
al 61° Festival della Canzone Italiana con Vivo Sospesa, una ballata in cui
la giovane ci racconta come speranze e possibilità insegnino a rendere il
dolore un punto di forza. Il brano s’inserisce perfettamente nella tradizione
del cantautorato italiano.
E sono molti – primo di tutti Gianni Morandi – a vedere in lei un astro
nascente dello spettacolo musicale italiano. Staremo a vedere. Al momento
sono in tante, le stelle nascenti, siamo comunque certi che Nathalie, grazie
alla sua eleganza, sofisticatezza e vocalità velata ha tutto il potenziale per
accendersi. Intanto ci gustiamo il suo debutto, anch’esso intitolato Vivo
Sospesa e, chissà, forse tra qualche tempo riparleremo del suo secondo
album: qui, nel nostro diapason.
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Inizia il conto alla rovescia
Tutto pronto per Gusto in Scena, che, dopo due edizioni a Venezia
il 13 e 14 marzo si terrà a Lugano al Palazzo dei Congressi
Il programma dell’evento internazionale ideato da Marcello Coronini, che vedrà protagonisti ristorazione, vini
e prodotti eccellenti, è stato presentato in conferenza
stampa alla Libreria Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano. Forte anche la partecipazione della stampa ticinese, giunta per conoscere l’evento che verrà ospitato
dalla loro città. La scelta della capitale lombarda non
è casuale,anzitutto perché Milano e Lugano sono città
gemelle, a sola un’ora di distanza, poi perché a Gusto
in Scena sarà forte la rappresentanza della regione. In
particolare a Chef in Concerto saranno presenti sei chef
lombardi eccellenti, da Ilario Vinciguerra a Chicco Cerea. Saliranno poi sul palco gli esponenti del Gruppo
Cuochi e Ristoratori di Lombardia, presieduto da Matteo Scibillia. Non mancheranno gli “chef del futuro” ovvero gli studenti delle scuole alberghiere, su cui Marcello Coronini ha deciso di investire invitandone circa 200.
Durante la presentazione sono state illustrate le molte
le novità dell’evento. La più eclatante è il tema di Chef
in Concerto “Cucinare con…Cucinare senza”, sfida culturale che porterà gli chef a interpretare i propri piatti
con o senza grassi. “Non dobbiamo essere medici ma oggi
il nostro dovere morale è fare una cucina salubre, con grande attenzione alle materie prime. Centrale è il benessere del
cliente, che non significa solo farlo stare bene a cena ma
anche il giorno dopo. Se non riusciamo a comunicare che
mangiare bene fa bene alla salute avremo fallito” afferma
Ilario Vinciguerra, intervenuto alla conferenza stampa.
“Come lo stilista presenta l’alta creazione di moda, magari poco portabile ma resa poi accessibile dal pret a porter,
così le grandi ricette di Chef in Concerto potranno poi essere
declinate dal pubblico in modo libero e si aprirà così un
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dibattito ampio, che interesserà l’intera società.” Afferma
Marcello Coronini.“Si tratta di un vero e proprio esercizio,
quasi un gioco, che viene proposto ai grandi chef per riflettere su tematiche di attualità”.
Ogni chef relatore, dialogando con il giornalista che lo
presenta, esprimerà per qualche minuto la sua opinione sul tema del congresso e poi eseguirà due piatti studiati per l’occasione, uno con una componente o una
materia prima grassa e l’altro senza.
Ogni intervento durerà circa 25/30 minuti nei quali verranno valorizzate le due situazioni contrapposte illustrando il tipo di tecnica utilizzata per sostituire i “grassi”e quindi dando spazio anche a sostanze tipo alginati,
addensanti, gelificanti e azoto liquido. Verrà spiegato,
anche, come si può utilizzare al meglio il “grasso” valorizzandone gli aspetti nutrizionali positivi.
Indirettamente il tema si indirizzerà verso aspetti salutistici legati alla mancanza di grassi e gli chef ospiti si
confronteranno con la nuova esigenza della clientela di
conciliare alta cucina e linea ma anche, più in generale,
sulla necessità di salubrità del piatto.
Sul palco di Gusto in Scena cuochi del calibro di Antonino Cannavacciuolo, Alfonso Caputo, Riccardo
De Pra, Corrado Fasolato, Giovanni Grasso, Herbert
Hintner, Pietro Leemann, Pino Lavarra, Nicola Portinari, Niko Romito, Massimo Spigaroli, Paolo Teverini,
Gaetano Trovato, Ilario Vinciguerra e molti altri, si destreggeranno con le due versioni dello stesso piatto.
Un esercizio originale che stimolerà la creatività mettendo alla prova la capacità di esaltare gli aspetti nutrizionali positivi di entrambe le scelte. Ogni relatore
illustrerà nella ricetta senza il tipo di tecnica utilizzata
o le materie scelte per sostituire i grassi; in quella con
evidenzierà come si possa utilizzare al meglio la componente grassa.
Chef in Concerto non sarà una gara tra cuochi ma uno
stimolante confronto, con l’obiettivo di far riflettere
sulle varianti che rendono la cucina “gustosa”.
Il tema di Chef in Concerto è attuale non solo perché
sfaterà i falsi miti che attribuiscono alle materie grasse
solo valori negativi, ma anche perché toccherà, anche
se solo indirettamente, il tema dell’utilizzo della “nuove sostanze” e della chimica in cucina, già protagonista
della prima edizione di Gusto in Scena.
Tra le conferme del programma di Gusto in Scena ci
sarà I Magnifici Vini, grande banco d’assaggio aperto
al pubblico, tra le cantine selezionate saranno presenti
alcuni produttori di Merlot del Ticino. Questo vitigno,
conosciuto in tutto il mondo, ha trovato qui uno dei
terroir più interessanti e le cantine produttrici negli
anni hanno raggiunto livelli qualitativi molto alti. Un
territorio abbastanza vasto e un numero di cantine di
tutto rispetto fanno del Ticino, una delle aree più importanti al mondo per il vitigno Merlot.
Grandi protagonisti saranno, inoltre, i vini sloveni e italiani, con diverse decine di aziende, provenienti dalle
principali aree vinicole del nostro Paese, dalla Valtellina
alla Sicilia.
Il pubblico potrà così compiere un giro dell’Italia, della
Svizzera e della Slovenia nel bicchiere scoprendo emozioni diverse nei vini dei tre paesi.
A Gusto in Scena si potrà inoltre partecipare ad alcuni
momenti speciali, come le verticali di vini particolari,
dall’Amarone di Tedeschi ad altre grandi sorprese che
saranno in grado di trasmettere forti emozioni.
Che il vino unisca i due paesi è dimostrato dal fatto che,
fino al 1815, la Svizzera includeva nei propri confini
anche la Valtellina, oggi uno dei territori viticoli italiani dotati di maggiore fascino. Inoltre, la terra elvetica è
da sempre uno dei mercati più importanti per la nostra
enologia. Su un’importazione totale di 176 milioni di litri (+ 3,1% rispetto al 2008), l’Italia rappresenta il primo
fornitore con una crescita, anche nel 2010, di + 12,4%.
Tra le regioni più apprezzate Veneto, Toscana, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Sicilia. Il mercato
Svizzero è considerato uno dei mercati che meglio paga
la qualità e questo è dovuto anche al grande lavoro fatto negli anni dagli importatori, che hanno mantenuto il
giusto valore del vino. Oggi si può dire che in Svizzera
c’è un’ottima cultura del vino.
Infine, Seduzioni di Gola farà scoprire i gusti più speciali. Grazie all’Isola dell’Olio si presenteranno ben 7
regioni italiane e il consumatore imparerà ad apprezzare questo prodotto straordinario, grazie ai corsi di de-
gustazione orizzontali. Tra i vari prodotti ci sarà anche
uno dei risi più preziosi d’Italia, prodotto dalla Riserva
San Massimo, che dalle 12.30 alle 15 offrirà al pubblico un assaggio, realizzato dal Ristorante Parco Ciani,
luogo di ritrovo per le serate importanti di Lugano. A
concludere della conferenza stampa si è tenuto il buffet
offerto dalla Collina dei Ciliegi, azienda della Valpolicella, produttrice di un grande Amarone, vino simbolo
del Veneto. Una presenza non causale perché proprio
la Regione Veneto sarà partner dell’evento con l’assessorato al Turismo.
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la
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Convivio
di Domenico Cosentino
Le polpettine si possono preparare con gli avanzi della sera prima (carne lessa, arrosti e “culi” di mortadella).
Ben tornata polpetta
Alcuni anni fa, una delegazione di giornalisti
francesi – tra questi anche alcuni gastronomi -,
durante una cena di lavoro con alcuni colleghi
italiani, aveva espresso un duro e severo giudizio
sul fatto che a Roma, nel cuore della Città Eterna, accanto monumenti storici come il Colosseo
e i Fori Romani, sorgessero come funghi, locali McDonald’s. “Penso – aveva aggiunto una di
loro – che a Parigi uno scempio simile non accadrà mai! Non riesco ad immaginarlo un francese
che, lungo la Senna, gli Champs-Elysèes, sotto
l’Arc de Triomphe, accanto al musée del Louvre,
divora quella frittella di carne macinata inserita
in quello pseudopanino molle e dolce ricoperto di
semi di sesamo.
I francesi, grazie a Dio, ancora oggi, agli immangiabili hamburger, preferiscono le loro squisite
“boulette de viande”, che poi sarebbero le vostre
saporite polpette”.
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Ma l’hamburger conquista anche la Francia
Alcuni anni dopo, precisamente il 14 luglio 2009, alcuni
quotidiani francesi, pubblicarono, a firma di Madame
Jane Sigal, un articolo dal titolo: Paris Mac, l’hamburger
conquista la Francia. E in tono molto sarcastico, rivolgendosi ai francesi, la signora scriveva:”Di solito il 14
luglio è un giorno di festa nazionale per il popolo francese.
Oggi è un giorno triste! Perché anche se non avete potuto
essere presenti sugli Champs-Elysèes per festeggiare la Presa della Bastiglia, guardando sette paracadutisti scendere
giù fluttuando davanti al presidente Nicolas Sarkozy, avete
certamente la possibilità di celebrare la grandeur francese
con una nuova tradizione locale: mangiando un hamburger. Hamburger e cheeseburger, dopo aver “occupato” tutta
l’Europa, hanno cominciato a sostituirsi alle nostre “boulette de viande” già qualche anno fa, ma lo slancio lo hanno
preso negli ultimi nove mesi, e ora hanno invaso la città. In
tutti i posti dove capiterete quest’estate – nei caffè di Saint
Germain de Prés, nei ritrovi dell’alta moda, perfino nei ristoranti a tre stelle – avrete buone probabilità di trovare un
succoso dischetto di carne di manzo macinata, quasi immancabilmente infilato dentro una molliccia pagnottella”.
Il polpettone mentre viene rosolato.
Addio America, ora chiamiamolo polpetta
Nel dicembre dello stesso anno, certamente non per
vendetta, Carlo Petrini, fondatore di Slow food, scriveva
sull’Espresso: “Ma perché prendersela tanto se, dopo tutta
l’Europa anche la Francia si è arresa all’hamburger. Era
da aspettarselo! In fondo però, tornando in Europa, questo
cuore vagabondo e con poche pretese, è solo tornato a casa,
da dove era partito. Dunque, non bisogna esser tristi, ma è
ora di gridare tutti insieme “Addio America. Ben tornato a
casa! Ma, per favore – concludeva Carletto – finiamola di
chiamarlo hamburger . Dopo una vita così travagliata in
giro per il mondo, ora possiamo, finalmente, chiamarla con
il suo proprio nome d’origine: Polpetta”.
E bisogna aggiungere – dico io – che, da quando è nata,
nel suo girovagare,la semplice, umile, ma squisita polpetta ne ha viste di “cotte e di crude”.
Da cibo da portuali…
Partita all’inizio dell’ottocento da Amburgo (Germania) dove era nata, ( ma in Germania sembra ce l’abbiano portata i Tartari di Gengis Kahn provenienti dalla
Mongolia, che usavano frullare la carne sotto le selle
dei cavalli), la polpetta schiacciata di carne macinata da
mettere dentro i panini, era stato cibo da portuali che,
come si sa, pur essendo a contatto con il mare, il pesce
non lo amano o non se lo possono permettere. Insie-
me a tanti altri emigranti di quell’epoca, si trasferì nel
Nord America. E là ha cambiato nome. Tutti iniziarono
a chiamarla come gli abitanti della sua città: Hamburger.
La alleggerirono dei suoi ingredienti originali: solo carne macinata pressata, senza le complicazioni delle polpette, senza quegli intingoli che a voler mangiare per
strada complicano solo la vita. Così, incomincia il “sogno americano”. Sogno che all’inizio è fatto di casette
colorate, tutte eguali, stile Walt Disney, tali da sembrare
più stazioni di benzina che ristoranti. Con tutti quei tavoli di formica – anche questi stretti, piccoli –, con camerieri e cuochi giovani, tutti vestiti uguali e frettolosi
per famiglie di tutti i colori. E poi, quel pane sempre più
gommoso e tutte quelle salse.
Ma anche i sogni hanno un capolinea: e il suo è arrivato quando si accorse che qualcosa non funzionava
più: Non riusciva a vedersi attorniato da tante persone
grasse e di essere capitato in un mondo di ciccioni, di
donne adipose e bambini obesi. Decise, allora, di rientrare in Europa, ma ormai nessuno la riconosceva più.
Per tutti, era l’Americano, l’hamburger. Finché, un giorno qualcuno si ricordò delle polpette, quelle italiane.
E che le polpette e i polpettoni sono roba da mamme,
zie e nonne, che avevano ed hanno tempo e voglia di
aggiungere alla carne, uova, prezzemolo, formaggio
(parmigiano reggiano o pecorino) e pane inzuppato nel
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che, per primo, già nel l891, ha avuto la grande idea di
raccogliere, selezionare, curare, nei più piccoli dettagli,
tutte le ricette che nonne, mamme e zie gli inviavano
da tutta Italia, e farne stampare, a spese sue, mille copie. Fra le tante ricette ricevute, molte riguardavano,
appunto, polpette e polpettoni.
Il polpettone con la sua salsa al vino rosso e verdure.
latte, o nel brodo. Come hamburger, sarà pure diventata famosa e cittadina del mondo, ma una mamma, non
ce l’ ha mai avuta!
…a Succulenti bocconcini per buongustai
Ed eccola di nuovo, la Polpetta oggi, pavoneggiarsi in
semplici osterie, trattorie, ma anche in ristoranti italiani d’alto bordo, diventare cibo per buongustai e palati raffinati. Finalmente servita come si deve: semplice
com’era nata, fritta o accompagnata da succulenti intingoli, in larghi ed eleganti piatti senza quelle fette di
pane che gli toglievano il fiato e senza quell’orrenda
salsa da colore rosso che è il Tomato Ketchup. Perché, se
la materia è di prima qualità, un po’ di sale e pepe basta
e avanza.
Fino al ‘300, nei ricettari italiani non v’era traccia della
parola“polpetta”. La prima apparizione avviene nel secolo XV, grazie al libro “De Coquinaria di Mastro Martino”, cuoco dell’allora Carmelengo Patriarca di Aquilea.
Più tardi, nel 1881, è Pellegrino Artusi, nel suo ben noto
manuale “la Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”,
che ci racconta come le nostre nonne preparavano le
polpette e i polpettoni: “Non crediate che io abbia la pretensione d’insegnarvi a far le polpette.(…) Tritate il lesso
o la carne cruda colla lunetta e tritate a parte una fetta di
prosciutto grasso e magro per unirla al medesimo. Condite
con parmigiano, sale pepe, alcune cucchiaiate di pappa, fatta con una midolla di pane cotta nel brodo o nel latte, legando il composto con un uovo o due a secondo della quantità.
Formate tante pallottole del volume di un uovo, panatele ed
friggetele nell’olio o nel lardo”.
Polpette (non solo di carne) e Polpettoni…
Nel libro, dove la cucina è vista più come scienza e arte,
l’Artusi usa ringraziare spesso tutte le signore che gli
inviano le loro ricette e l’onoravano della loro amicizia.
E non poteva fare altrimenti! Visto che molto doveva
loro. Di certo non sono state le mamme italiane ad imparare dalla Scienza in cucina di Pellegrino Artusi. Al
contrario, egli attinse a quella vera fonte d’informazioni, a quel patrimonio famigliare costituito dai famosi
quaderni sui quali generazioni di mamme e zie avevano scritto le loro ricette, trasmettendole così a figlie,
nuore e nipoti. La grandezza dell’Artusi, sta nel fatto
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…per farne scorpacciate a Carnevale
Prima di trasferirsi definitivamente a casa nostra, mia
nonna veniva a trascorrere il finesettimana da noi. E
si portava dietro alcune provviste che preparava nella
sua casa di campagna. Fra queste (sapeva che ne andavo pazzo), l’impasto di carne macinata, preparato con
carne di vitellone, maiale, cipolla o profumo d’aglio,
formaggio pecorino, prezzemolo, pane bagnato nel latte e uova, per le polpette. Nei miei ricordi, rivedo mia
nonna sempre in cucina, come una sentinella, pronta
a rimestare pentole, piatti di minestre da rabboccare,
pulire verdure o forni da controllare. A tavola non apparecchiava mai un posto per sé quando si pranzava.
Prima serviva noi ragazzi, poi mio padre e mia madre.
Solo allora, versava quel poco che era rimasto in un
piatto e mangiava stando in piedi. Mia nonna era sopravvissuta alla prima e alla seconda guerra mondiale.
Aveva conosciuto la fame e conosceva bene la tecnica
per riciclare avanzi in cucina.
Ho imparato da lei che di una mela non si butta niente
e che le patate, bollite o arrostite sotto la cenere vanno
mangiate con tutta la buccia. Quando iniziava a friggere le polpette, le stavo sempre accanto. In dialetto
le polpette le chiamava “fria e mangi” (friggi e mangi!
Mangiarle ancora calde) Nel nostro caso, però, era lei
che friggeva e io mangiavo. A Carnevale, l’impasto che
portava era quadruplicato. A dare una mano a friggere, veniva pure zia Rosina, sorella di mamma. Ma non
mancava, quasi mai, zia Teresina, sorella di papà. E tutt’e
quattro impastavano e friggevano polpette per tre giorni consecutivi: fino al Martedì Grasso”. Era il periodo
della scorpacciata di polpette di carne, fritte e immerse
nel ragù, ma anche polpette di patate, di riso farcite con
mozzarella, di melanzane, di fiori di zucca e zucchini,
di farina di ceci e pecorino grattugiato e di baccalà. E,
non mancava il polpettone, che le brave donne farcivano con fette di caciocavallo, soppressata e uova soda.
Mia nonna è morta a novant’anni. Fino a quel giorno
non aveva mai avuto una febbre, mai stata in ospedale. Una sera, di un piovoso mese di novembre, a cena,
disse di sentirsi poco bene. Andò a letto, si coricò. Si
addormentò e non si è più svegliata. Zia Lucia e zia Paola (amate mie sorelle, ma con lingua biforcuta), amano
ancora oggi raccontare che anche dopo il funerale, ero
così avvilito, che non riuscivo a rassegnarmi alla perdita
della nonna. Ero disperato: piangevo e urlavo che volevo la mia nonna. Mia madre cercava con tutti i mezzi di
convincermi che la sua scomparsa era un fatto naturale
e mi raccontava la“storiella”che la nonna, tanto ammalata, stava molto meglio dove era andata (lassù in Paradiso) che qua giù con noi Ma non riusciva a convincermi: sempre più disperato, continuavo a piangere, urlare
che volevo la mia nonna, la volevo qui e in cucina. Fino
a quando mia madre perse la pazienza. Mi prese per un
LA RICETTA
POLPETTINE DI CARNE
AL BALSAMICO TRADIZIONALE
DI MODENA
Ingredienti per 4 persone:
500 g di carne macinata (250 di vitellone, 250 di
maiale). Un mazzetto di prezzemolo, uno spicchio
d’aglio o una cipolla (possibilmente rossa di Tropea),
2 tuorli d’uova, due fette di pane (solo la mollica)
bagnato nel latte, 100 g di parmigiano reggiano o
pecorino grattugiato, 50 g di farina, 5 dl di olio extravergine d’oliva, 2 cl di aceto balsamico tradizionale
di Modena, sale e pepe.
Come le preparo:
L’impasto è quello che normalmente faceva mia
nonna (solo con pecorino). Io ho deciso di servirle
con delle gocce di aceto balsamico tradizionale invecchiato 12 anni.
Metto la carne macinata in una zuppiera e aggiungo
il pane bagnato, il mazzetto di prezzemolo tritato, lo
spicchio d’aglio ( i miei nipoti preferiscono la cipolla), i tuorli d’uova, il formaggio grattugiato. Regolo
di sale e pepe. Amalgamo il composto e aiutandomi
con le mani, formo tante palline grosse quanto una
noce. Le passo nella farina e le friggo in abbondante
(le polpette devono essere immerse) olio d’oliva a
160° per 7-8 minuti, girandole un paio di volte. Le
aggiusto su carta assorbente. Distribuisco le polpettine su un piatto di portata, faccio cadere a gocce
l’aceto balsamico e porto a tavola ancora calde.
Il vino: Quando le servo come stuzzichini: bianchi
secchi fermi o con le bollicine, ma anche vini rossi
giovani e fruttati.
LA GASTRONOMIA ITALIANA IN SVIZZERA
braccio, mi fece sedere su una panca che avevamo in
cucina e disse: “Adesso basta! È ora di finirla! Vuoi dirmi
veramente il motivo della tua disperazione?”
“È per via delle polpette - risposi tra i singhiozzi. “Polpette? E che c’entrano le polpette?” Sì,mamma, c’entrano!
Perché adesso chi mi preparerà i “fria e mangi? Chi friggerà
le mie polpette?”
Viva Italia
Cucina tradizionale!
Da noi apprezzerete la vera italianità con le nostre
specialità tipiche, che normalmente solo in Italia potete apprezzare.
Lasciatevi incantare dal nostro ambiente mediterraneo e da un
servizio impeccabile, dalle nostre eccellenti pizze, preparate
secondo le ricette originali del campione del mondo di pizzaioli e
con il marchio «Vera Pizza napoletana DOC», dalle tipiche pietanze
a base di carne o di pesce, nonché dalla nostra prelibata pasta
fresca e dai succulenti dolci. E se amate le tradizioni culinarie
del bel Paese, da noi troverete consiglio sui migliori, eccellenti vini
selezionati da tutte le regioni italiane.
«Buon appetito!»
Il team Molino si fara piacere di accoglierla alla
sua prossima visita con un cordiale «benvenuto»!
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Lei è un ospite sempre gradito durante tutti
i 365 giorni dell’anno:
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3011 Berna
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Telefono 021/ 925 95 45
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Badenerstrasse 21
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Telefono 044 / 740 14 18
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Glattzentrum
8304 Wallisellen
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93, rue de Lausanne
1700 Friborgo
Telefono 026 / 322 30 65
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Marktgasse 45
8400 Winterthur
Telefono 052 / 213 02 27
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Place du Molard 7
1204 Ginevra
Telefono 022 / 307 99 88
MOLINO Zurigo
Limmatquai 16
8001 Zurigo
Telefono 044 / 261 01 17
MOLINO Ginevra
Centre La Praille
1227 Carouge
Telefono 022 / 307 84 44
MOLINO Zurigo
Stauffacherstrasse 31
8004 Zurigo
Telefono 044 / 240 20 40
LE LACUSTRE Ginevra
Quai Général-Guisan 5
1204 Ginevra
Telefono 022 / 317 40 00
FRASCATI Zurigo
Bellerivestrasse 2
8008 Zurigo
Telefono 043 / 443 06 06
MOLINO Montreux
Place du Marché 6
1820 Montreux
Telefono 021/ 965 13 34
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MOLINO Zermatt
Bahnhofstrasse 52
3920 Zermatt
Telefono 027 / 966 81 81
MOLINO S. Gallo
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9000 S. Gallo
Telefono 071/ 223 45 03
MOLINO Thônex
106, Rue de Genève
1226 Thônex
Telefono 022 / 860 88 88
MOLINO Uster
Poststrasse 20
8610 Uster
Telefono 044 / 940 18 48
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n. 3 - Marzo 2011
www.molino.ch
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Motori
di Graziano Guerra
Della serie modelli speciali
Alfa Romeo Brera Italian Indipendent
Veloce come un proiettile, precisa come
pallottola, la Brera, coupé di prestigio
Alfa Romeo, suscita sempre grandi emozioni. Coniuga eleganza, qualità e il confort di una berlina di lusso.
In prova la versione speciale Italian Indipendent. Una macchina vera che colpisce per la
tonalità molto speciale, a dire il vero è anche
un po viziata, perché non accetta gli autolavaggi se non di alto lignaggio. Ma si sa, a una
così bella si concede tutto. Ricorda un proiettile, un missile e non solo per la vernice, anche per la velocità che il propulsore di nuova
generazione consente (là dove concesso, ben
inteso). La Brera che abbiamo provato montava infatti quel 1750 TBi a benzina da 200 CV
(Euro 5) che coniuga le tecnologie più avanzate nel campo dei motori ad accensione comandata, quali l’iniezione diretta di benzina,
il doppio variatore di fase continuo, il turbocompressore ed un rivoluzionario sistema di
controllo. Motore dalle prestazioni comparabili a un 6 cilindri, ma consuma come un
4 cilindri (medio dichiarato: 8,1 litri per 100
Km, su strada leggermente superiore). La
coppia massima di 320 Nm si raggiunge a
soli 1400 giri, che vuol dire massimo confort,
la velocità di 235 km/h … non sulle strade
svizzere. Si vola da 0 a 100 km/h in poco più
di 7 secondi. Per quanto riguarda l’etichetta
di rendimento energetico, invece, la categoria è la D, con valori di emissioni di CO2 nel
ciclo combinato che raggiungono i 189 g/km.
Il potente propulsore è abbinato a un cambio
manuale a sei marce.
Il prezzo del modello in prova: 44’900 franchi, ai quali si aggiungevano 5’140 per gli
accessori (lavafari, 350; luci Bi-Xenon, 1200;
sedili anteriori riscaldabili con comando elettrico e funzione memory, 1500; retrovisori
esterni elettrici, riscaldabili e con funzione
memory, 90, sedili rivestiti di pelle della serie Indipendent, 2000). Con lei, l esperienza
di guida è bella come con poche altre, da 10
e lode. È sempre fedele agli impulsi del pilota, che scenderà senza i muscoli dorsali e del
collo indolenziti, anche dopo tanti chilometri
senza fermarsi (dopo massimo due ore è in
ogni caso consigliato fare una pausa). Tiene
la strada come l Alfa Romeo insegna da sempre. La sensazione di sicurezza è costante, sia
in frenata normale sia in quella di emergenza.
Dispone dei più sofisticati dispositivi elettronici per il controllo del comportamento dinamico della vettura (dalla frenata alla trazione), che sono stati studiati attraverso simulazioni e accurate prove in pista. Pur avendo
tutto quello che oggi è disponibile (bluetooth
per il cellulare, navigatore con ampio schermo, lettore CD, impianto acustico Bose con
sei altoparlanti da 570 Watt e altro ancora), la
parte dedicata all’informazione e all’intrattenimento avrebbe bisogno di una rinfrescata.
D’altro canto, il pubblico molto individualista al quale la Brera è dedicata, potrà trovare soluzioni molto personali. Disegnata da
Giugiaro acchiappa con la sua inconfondibile eleganza italiana e lo stile assolutamente
irripetibile, che non significa posti castigati.
Il frontale e il posteriore molto rastremati le
conferiscono un’impressione di grande compattezza, ma le dimensioni sono generose: in
cm è larga 183 cm, lunga 441, alta 137 e con
un passo di 252. In fatto di comfort e funzionalità non scende a compromessi.
la
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81° Salone Internazionale dell’automobile di Ginevra
Italiane in vetrina
Nonostante le ripercussioni della crisi finanziaria,
il Salone dell’automobile di Ginevra registrerà il
«tutto esaurito» anche per l’81esima edizione, in
calendario dal 3 al 13 marzo. I 80’000 mq messi
a disposizione dagli organizzatori non hanno
consentito di soddisfare la domanda. «Avremmo
potuto attribuire anche i 6’500 mq che saranno
ricavati nel 2013 al disopra del padiglione 6»,
ha detto il presidente del Salone, Luc Argand.
Nell’ambito dell’edizione 2011 - che riunirà
260 espositori di 31 paesi - saranno presentate
170 «prime» mondiali ed europee. 700’000 i
visitatori attesi.
Le italiane sanno fare strabuzzare gli occhi a tutti.
Perché sono le più belle, ma non solo per questo.
Anche per le tecnologie avanzate, come i motori twin
air. E poi lo sposalizio americano, che ha riportato in
auge il Gruppo Fiat e un mai sopito richiamo dall’una
e dall’altra parte dell’Oceano. Gli americani hanno
sempre amato il design e la tecnologia Made in Italy:
Ferrari, Ducati, Vespa, e altri bei nomi che lo spazio,
sempre tiranno, ci ruba, ne sono testimoni; così come
gli italiani hanno sempre amato l’idea italo-americana,
sia nel mondo dei motori sia in altri campi. Dalla
ricerca alla scienza, dall‘arte alla moda, dal bel canto
alla gastronomia. Quest’alleanza strategica ha rimesso
in gioco l’arte e il business, il bello e la grande finanza,
l’estro e il grande management. Ce la faranno gli italoamericani? Le prospettive sono difficili, per un’industria
globale che ha una produttività di 95 milioni di unità in
un mercato da 65 milioni di vetture. Certo piace quel
piace, ma il bello ancor di più. E se l’estro e la genialità
sapranno andare a braccetto con precisione e qualità,
allora nulla sarà precluso. Incredibile, ma gli enormi
conglomerati dell’industria automobilistica tedesca,
giapponese e anglo-americana, si ritrovano sempre
una scuderia da battere: la Ferrari!
In passerella a Ginevra, in rigoroso – o quasi ordine alfabetico
Ferrari –Debutto ufficiale della FF, la prima Ferrari 4x4
di sempre. Ferrari Four rompe con il passato e definisce
un concetto nuovo di Gran Turismo sportiva: Una
rivoluzione, non una semplice evoluzione. Motore:
V12, 65°, cilindrata totale 6262cc, potenza massima 660
CV a 8000 giri/min; coppia massima 683 Nm a 6000
giri/min. Dimensioni (mm) e peso (Kg): Lunghezza
4907, larghezza 1953, h 1379; 1790 kg a secco (in
allestimento base per l’Europa). Distribuzione pesi:
47% all’anteriore, 53% al posteriore. Prestazioni
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n. 3 - Marzo 2011
Abarth 500C.
dichiarate: Velocità max 335 km/h / 0-100 km/h 3,7
secondi. Consumi / Emissioni (Combinato ECE - Con
allestimento HELE): 15,4 l/100 km / CO2 360 gr/km.
Abarth - Riflettori puntati sulla 695 “Tributo Ferrari”,
inoltre sullo stand si potrà ammirare una Abarth
500C “esseesse” dall’elegante livrea bicolore Grigio
Campovolo e Grigio Pista con “liner” cromatico bianco,
un elemento che divide e contemporaneamente unisce
le due anime della vettura: sopra l’eleganza di una cabrio,
sotto le prestazioni da vera sportiva del kit “esseesse”.
Alfa Romeo – La pluripremiata Giulietta è a
Ginevra con la Quadrifoglio Verde 1750 TBi da 235
CV, rosso competizione, e la Distinctive 1.4 MultiAir
Turbobenzina 170 CV“Alfa TCT”con Start&Stop, grigio
antracite. Il cambio “Alfa TCT” assicura un feeling
sportivo superiore ai cambi automatici convenzionali.
La MiTo MY 2011 ha nuovi colori esterni e nuovi
tessuti per gli interni, nuovi optional e tecnologie per
il miglioramento del comfort e del feeling di guida.
Rinnovato anche l’esclusivo allestimento“Quadrifoglio
Verde”, esposto un modello dotato del potente
propulsore 1.4 MultiAir Turbo da 170 CV, premiato
come Migliore Nuovo Motore dell’Anno da una giuria
internazionale di esperti.
Fiat – Nello stand rinnovato importanti anteprime
mondiali con protagonista il primo veicolo Fiat frutto
della partnership con Chrysler Group, la nuovissima
Freemont. Nata sulla base della Dodge Journey, sarà
commercializzata nella seconda metà del 2011.
Grand Voyager.
Maserati GranCabrio Sport.
Sullo stand una variante “Bright Silver Metallic” con
interni in pelle nera a trazione anteriore, motore 2.0
Multijet da 170 CV. Sette posti, telecamera posteriore,
navigatore con touch screen da 8,4”, cerchi in lega da
19”, climatizzatore automatico a tre zone, sensori di
parcheggio posteriori, tetto apribile e Video Pack (con
Dvd sul padiglione). In bella mostra inoltre la gamma
“MyLife”, composta dai modelli Punto, Qubo, Bravo e
Doblò, che rappresenta un modo inedito di intendere
il rapporto tra tecnologia, design ed ecologia. La Fiat
500 TwinAir (berlina e cabrio) ha scelto il prestigioso
palcoscenico ginevrino per presentare la nuova
gamma 2011.
Maserati – Debuttoa Ginevra perla nuova Maserati
GranCabrio Sport – la versione della pluri-premiata
cabriolet della Casa del Tridente che esalta la guida
sportiva en plein air. Le potenza del V8 da 4,7 litri è
stata aumentata a 450 CV per una coppia massima di
510 Nm. I consumi sono al tempo stesso stati ridotti di
un ulteriore 6%. La GranCabrio Sport sarà commercializzata a partire dall’estate 2011.
Lancia - A un anno dall’integrazione con Chrysler, i
due marchi si fondono dando origine a una nuova
dinastia che racchiude il meglio di due culture
industriali: l’expertise per la “stress-free experience” e
la funzionalità propri del marchio Chrysler assieme al
gusto, all’innovazione e all’amore per la manifattura
che da sempre contraddistinguono Lancia. Frutto
di questa unione sono le vetture Lancia esposte in
anteprima mondiale: la nuova Ypsilon, la nuova Thema,
la nuova Flavia Concept, la nuova Flavia Cabrio Concept,
il nuovo Grand Voyager e la nuova Delta. Automobili
che esprimono i valori condivisi dai due marchi,
dall’eleganza all’innovazione tecnologica, dalla storia
secolare alla volontà di eccellere in futuro, e segnano
il naturale completamento di un’integrazione nata solo
12 mesi fa, ma che oggi è divenuta una realtà realizzata
in tempi record e dal potenziale enorme.
Flavia Cabrio Concept.
la
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Starbene
Attività fisica per superare
il cancro alla prostata
Alle uova si è ristretto
il colesterolo
La diagnosi di un tumore non deve indurre rinchiudersi in casa. Se si riesce a fare una nuotata, una partita a
tennis o una corsa nel parco, ci si può anche allungare
la vita. È quanto emerge da un recente studio pubblicato
sul Journal of Clinical Oncology, secondo il quale i malati di cancro alla prostata che praticano attività fisica per
più di tre ore a settimana hanno il 61% di probabilità
in più di sopravvivere rispetto a chi, nell’arco dei sette
giorni, fa esercizio per non più di un’ora. Lo studio ha
valutato l’intensità, la durata e la qualità dell’attività fisica svolta tra il 1990 e il 2008 da 2.700 uomini con accertato cancro alla prostata. È risultato che emerso che,
in quel tipo di pazienti, anche solo camminare a passo
spedito per almeno un’ora e mezza la settimana serviva
quasi a dimezzare il rischio di morte. Perché il vantaggio
fosse ancora più evidente si dovevano però considerare
gli uomini che svolgevano un esercizio fisico più intenso,
nell’ordine di almeno tre ore settimanali.
Come questo avvenga, però non è del tutto chiaro. Una
possibile spiegazione potrebbe essere legata al ruolo che
l’attività fisica ha nell’aumentare la sensibilità all’insulina, influenzando di conseguenza l’attività di altri ormoni correlati alla proliferazione cellulare e alla produzione
di nuovi vasi, determinanti nella crescita di un tumore.
Inoltre, l’esercizio muscolare rafforza il sistema immunitario e diminuisce la concentrazione di fattori infiammatori, ma per conoscere i precisi meccanismi molecolari
implicati in questi fenomeni occorreranno ulteriori studi.
Meno colesterolo e più vitamina D: l’uovo dei nostri
tempi, secondo uno studio americano, è molto più sano
che in passato. Tanto che qualcuno prova a sfornare il
proverbio “eating one egg a day is ok”, sulla falsa riga della
mela al giorno che toglie il medico di torno. Ma i nutrizionisti non sono d’accordo.
La ricerca è stata condotta dall’Agricultural Research
Service del Dipartimento di Agricoltura americano, che
ha rilevato come rispetto agli ultimi esami del contenuto
nutritivo dell’uovo, datati 2002, questo prodotto abbia
oggi una quantità inferiore di colesterolo nella misura
del 14%. Inoltre, è emerso che le uova contengono il 64
per cento in più di vitamina D (deputata alla regolazione di calcio e fosforo nell’organismo) rispetto a quanto
si era creduto finora. In particolare un uovo americano
medio nel 2011 ha un contenuto di colesterolo di 185
milligrammi, a fronte del limite di 300 milligrammi consigliato dalle linee guida dei dietologi e della soglia dei
200 milligrammi giornalieri che non dovrebbe oltrepassare chi ha una propensione alle malattie cardiovascolari.
Malgrado queste rivelazioni, a lume di naso appare fondato il vecchio luogo comune che suggerisce di limitare
l’utilizzo di questo alimento.
È vero infatti che un uovo ha una quantità di colesterolo abbondantemente al di sotto dei limiti, ma è vero
anche che con un tuorlo una persona si gioca quasi i
due terzi della dote giornaliera di colesterolo a propria
disposizione.
L’arancia è buona e fa bene, anche di sera
Dici arancia e l’associazione va alla vitamina C, essenziale per ossa, denti e vasi sanguigni,
oltre che come antiossidante. Le arance contengono anche flavonoidi, sempre più studiati
per il loro potenziale ruolo nella protezione da alcuni tumori e dalle malattie cardiovascolari. In uno studio pubblicato dall’American Journal of Clinical Nutrition, alcuni ricercatori
francesi, per 4 settimane, hanno somministrato quotidianamente a 24 uomini sovrappeso,
alternandoli, mezzo litro di succo di arancia, mezzo litro di una bevanda con pari contenuto
di zuccheri e calorie, con due capsule di esperidina (un flavonoide presente quasi esclusivamente negli agrumi), e la stessa bevanda con aggiunta però di due capsule inerti.
Sia con il succo, sia con l’esperidina si è osservata una significativa riduzione della pressione“minima”, che non è stata rilevata con il placebo. Inoltre, con l’esperidina e con il succo si sono osservate modifiche
positive della funzionalità dell’endotelio, che non è solo la sottilissima membrana che riveste i vasi sanguigni, ma
è un tessuto con numerosi compiti, tra cui la regolazione del passaggio delle sostanze trasportate dal sangue e del
tono dei vasi, da cui dipende la pressione. Una disfunzione dell’endotelio è una causa importante nell’inizio, e nella
progressione, dell’arteriosclerosi. Quindi l’arancia è buona e fa bene, anche alla sera. Inoltre, rispetto al succo, il frutto
intero resta la scelta migliore per contenuto di fibra, per capacità di saziare e perché in genere fornisce meno zuccheri.
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Secchioni si nasce e si campa
più a lungo
Il punto G
non è un mito
Lo afferma uno studio anglo/americano pubblicato su PLOS
One da ricercatori delle Università di Londra e di Albuquerque: secchioni si nasce. Salvo rare eccezioni, l’apprendimento
è infatti influenzato geneticamente e segue scadenze prefissate: ciò che per esempio si impara a 12 anni non può essere
appreso a 10 e viceversa. Non tutto è comunque determinato
e immutabile, perché anche la scuola e l’ambiente giocano un
loro ruolo. Seguendo la carriera di 4mila scolari gemelli i ricercatori sono giunti alla conclusione che la predisposizione
genetica incide per il 50%, l’ambiente per il 12 e l’istruzione
per il 38%. E i secchioni non solo vanno bene a scuola, ma
campano anche di più: un altro studio inglese su seimila bambini seguiti fino all’età adulta aveva osservato che i secchioni
sono naturalmente portati a fare le scelte di vita più sane e
intelligenti. A 30 anni, per esempio, pochi fumano, pochi sono
obesi o in sovrappeso e pochi sono anche gli ipertesi.
Il punto G non è «un mito moderno», esiste e ciò è scientificamente provato: a sostenerlo è la ginecologa francese
Odile Buisson che in un libro, Chi ha paura del punto G?
Il piacere femminile, un’angoscia maschile, rilancia oltralpe il
dibattito sulla zona erogena delle donne tanto chiacchierata e ricercata. Tra il 2009 e il 2010 la Buisson ha realizzato
una serie di ecografie del clitoride e del coito grazie a una
coppia di volontari. Con l’aiuto del chirurgo Pierre Foldes,
l’autrice ha realizzato una cartografia del clitoride «troppo
spesso dimenticato». L’autrice si oppone fermamente ai risultati dello studio dei ricercatori inglesi del King’s College
di Londra che ne ha negato l’esistenza definendolo solo
un mito alimentato da riviste e terapisti sessuali. Per lei il
piacere femminile «fa paura agli uomini». Il punto G, fu così
chiamato per ricordare il ginecologo tedesco Ernst Grafenberg, che per primo lo descrisse oltre 50 anni fa, situandolo
sulla parete frontale della vagina.
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Dall’apprezzatissimo furgone Daily al peso massimo Stralis: Grazie agli innumerevoli
modelli disponibili, la nuovissima gamma di mezzi Iveco offre soluzioni specifiche,
dalla convenienza ideale, per ogni incarico di trasporto.
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Il
Mondo in fiera
Olio Capitale: Trieste, 18 - 21 marzo 2011
Salone degli extravergini tipici
Il 90° Macef chiude con 95.000 visitatori
Cibus Tour 2011: Parma, 15 - 17 aprile
La filiera agroalimentare
incontra i consumatori
Vinitaly, Sol, Agrifood club, Enolitech:
Verona, 7- 11 aprile 2011
Un poker di rassegne per l’agroalimentare
made in italy
I Saloni 2011: Milano, 12 - 17 aprile
50 years young
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Fiere
Olio Capitale: Trieste, 18 - 21 marzo 2011
Salone degli extravergini tipici
L’unica fiera dedicata in esclusiva agli extra vergini, organizzata quest’anno da Aries, ripropone
il ricco calendario di eventi, gli incontri con i buyer, la collaborazione con “Teatro Naturale”
Olio Capitale, la quinta edizione: il Salone degli extravergini tipici si svolgerà a Trieste dal 18 al 21 marzo 2011 e a organizzarla sarà Aries. Il testimone passa
da Fiera Trieste Spa all’Azienda Speciale della Camera
di Commercio, che curerà le principali manifestazioni
dell’ente fieristico triestino, tra cui spiccano Olio Capitale e TriestEspresso Expo.
Anche quest’anno è attesa una conferma del trend di
crescita che ha caratterizzato le passate edizioni: dal
lancio, nel 2007, al 2010, sono cresciuti costantemente il numero degli espositori, i metri quadrati di aree
espositive, i visitatori e gli incontri programmati con i
buyer. La manifestazione, fiera specializzata a cadenza
annuale aperta anche al pubblico non professionale,
è ormai riconosciuta punto di riferimento del mercato per gli attori dell’intera filiera e diventata a tutti gli
effetti vetrina d’eccellenza dell’Italia olivicola. Si tratta,
infatti, dell’unica fiera in Italia che promuove l’olio in
esclusiva.
Già raccolte numerose adesioni, si stanno assegnando
gli spazi espositivi e si prevede la presenza di tutte le
principali regioni produttrici italiane, tra cui Sicilia, Puglia, Toscana, Liguria, Molise, Umbria, Calabria, senza
scordare le piccole produzioni di qualità locali del Friuli Venezia Giulia. Non solo, all’evento, come ormai di
consueto, prenderanno parte anche espositori stranieri,
provenienti, in primis, dalle vicine Slovenia e Croazia.
L’olio extravergine è l’indiscusso protagonista di una
manifestazione che non prevede unicamente la presentazione e la degustazione, ma anche un ricco calendario di eventi collaterali, tra cui il Concorso Olio
Capitale, unico nel suo genere in Italia e riproposto anche quest’anno, alla luce del gradimento riscosso nelle
passate edizioni. Tre categorie di oli, fruttato leggero,
medio e intenso, saranno giudicati da altrettante categorie, quella degli assaggiatori professionisti, dei ristoratori e dei visitatori.
Il concorso è stato ideato da Teatro Naturale, il settimanale settoriale dell’oleologo Luigi Caricato, con cui
è stata riconfermata la collaborazione delle scorse edizioni per l’organizzazione di ulteriori eventi collaterali.
Infine, nella quattro-giorni della manifestazione con-
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vergeranno a Trieste qualificati buyer esteri, selezionati
dall’Area internazionalizzazione di Aries, espressamente per cercare nuove partnership e concludere contratti
commerciali. Verranno organizzati incontri bilaterali tra
gli espositori e gli operatori stranieri nell’ambito dei
quali potranno essere approfonditi i dettagli di eventuali nuove collaborazioni. In particolare, per la prima
volta, la presenza di buyer dell’agroalimentare australiani alla ricerca dell’eccellenza e della qualità italiana.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123, CH - 8027 Zürich
Tel +41 44 289 23 23 Fax +41 44 201 53 57
e-mail: [email protected] www.ccis.ch
Cibus Tour 2011: Parma, 15 - 17 aprile
La filiera agroalimentare incontra i consumatori
Cibus Tour è una nuova manifestazione fieristica, promossa da Fiere di Parma, per dare occasione ai produttori dell’agroalimentare di stabilire un marketing
engagement con i consumatori. Sarà infatti aperto al
grande pubblico “Cibus Tour – Un viaggio nei saperi del
territorio, nella salute e nel saper fare dell’alimentare Made
in Italy”, che si terrà a Parma dal 15 al 17 aprile del
2011.
Ad animare la nuova fiera saranno presenti, per la prima volta, gli attori principali della filiera agroalimentare: le grandi industrie di marca aderenti a Federalimentare, i piccoli produttori regionali, gli artigiani di
Slow Food, gli agricoltori e i coltivatori della Confagricoltura, le aziende del Biologico, la Grande Distribuzione.
I visitatori di Cibus Tour troveranno quindi un quadro
completo della produzione alimentare Made in Italy: le
piccole e medie aziende d’eccellenza che valorizzano
i prodotti tipici locali; le Amministrazioni Regionali e
le Collettive aziendali che, oltre ad esporre e vendere i
propri prodotti, daranno spazio alla ristorazione regionale; le grandi aziende di marca che presenteranno al
grande pubblico i propri format di vendita e/o somministrazione attraverso la formula del temporary shop/
restaurant; i produttori agricoli; le aziende del biologico e del biodinamico; le catene della Grande Distribuzione che faranno gustare al pubblico i propri prodotti
a marca premium, in collaborazione con le aziende
fornitrici e partners delle loro store brand.
Confagricoltura parteciperà con un grande spazio
espositivo diviso in quattro settori: il lattiero-caseario;
l’ortofrutticolo; il cerealicolo; l’ittico. Alla fine di ogni
settore sarà presente uno spazio espositivo per l’educazione del visitatore sulle tematiche inerenti i vari
settori.
Infine, una serie di stand delle varie associazioni aderenti per esporre, far gustare e vendere le produzioni
ai visitatori.
Un ruolo importante verrà svolto a Cibus Tour dalla
Associazione degli Operatori Biologici e Biodinamici
dell’Emilia Romagna (la Pro.B.E.R. che associa tremila aziende) che informerà i visitatori sulle potenzialità qualitative ed organolettiche dei prodotti biologici,
segnalerà ricette gourmet, introdurrà ricette bio nei
menù di alcuni importanti ristoratori italiani e organizzerà esibizioni di chef impegnati in “cooking show”
e un concorso per la creazione di un ricettario Bio con
le migliori ricette ideate per l’occasione. Mentre Cibus,
che si terrà nel 2012, è dedicata esclusivamente agli
operatori, Cibus Tour è aperta al pubblico per offrire
la possibilità di scoprire, degustare ed acquistare i prodotti d’eccellenza delle regioni italiane con lo scopo di
coinvolgere il pubblico in percorsi di apprendimento
su sapori e territorio, coniugato con l’intrattenimento.
Tre i settori che compongono la geografia di Cibus
Tour: Cibus Terroir, Cibus Bio e Pianeta Nutrizione. Ad
essi si aggiunge un evento nell’evento, cioè uno spazio
dedicato alla cultura dei prodotti suini,“Po(r)co ma buono”, realizzato in collaborazione con Slow Food.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123, CH - 8027 Zürich
Tel +41 44 289 23 23 Fax +41 44 201 53 57
e-mail: [email protected] www.ccis.ch
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Fiere
I Saloni 2011: Milano, 12 - 17 aprile
50 years young
“50 years young” campeggia a lettere cubitali
sulla pagina pubblicitaria che annuncia i prossimi Saloni. Con questo pay off i Saloni vogliono
dichiarare la loro età ironicamente, con un gioco
di parole che ne sottolinea la natura e lo spirito,
giovane e vivace.
50 anni portati bene se dai 12.100 visitatori che li hanno
visitati nel 1961 si è arrivati ai 297.460 del 2010 e se i
328 espositori iniziali distribuiti su 11.000 metri quadrati sono diventati negli ultimi anni oltre 2500 su più
di 200.000 metri quadrati. Numeri importanti anche
quelli delle presenze 2010 della stampa, 5.110 giornalisti da 65 Paesi, e del pubblico, oltre 32.000 le persone
che hanno visitato la manifestazione nella giornata di
domenica.
50 anni che non vogliono essere autocelebrati ma
che guardano soprattutto al futuro, ai prossimi 50
anni, attraverso un progetto articolato che accanto
alle consuete manifestazioni fieristiche – il Salone Internazionale del Mobile, il Salone Internazionale del
Complemento d’Arredo, le biennali Euroluce e SaloneUfficio e il SaloneSatellite – coinvolgerà la città di
Milano per offrire uno spazio di riflessione sul design,
sul mondo dell’industria che lo ha reso possibile, sulla
creatività e sulla cultura.
Da martedì 12 a domenica 17 aprile 2011 duplice appuntamento con i Saloni, sia in Fiera sia in città, sempre in coerenza con la politica di Cosmit costantemente
alla ricerca dell’equilibrio tra tradizione e innovazione
nel nome della qualità.
Presso il quartiere espositivo di Rho per vedere, toccare, provare il meglio che l’arredo domestico può offrire
in tema di prodotti – dai letti agli armadi alle sedute
agli apparecchi per l’illuminazione sia da esterni che
da interni, ai mobili per ufficio – di tipologie – dal pezzo unico al coordinato – e di stile – dal classico al design al moderno – oltre a ciò che detterà le tendenze
di domani.
IL 90° MACEF CHIUDE CON 95.000 VISITATORI
Il Macef numero novanta ha chiuso il 30 gennaio a fieramilano dopo quattro giorni molto intensi di contrattazioni. I 1.985 espositori ripartiti su oltre 105mila metri
quadrati hanno ricevuto la visita di circa 95mila operatori (+5%) e hanno espresso una soddisfazione piuttosto elevata per l’andamento commerciale della manifestazione. Migliora nettamente (+10%) l’affluenza degli
operatori esteri.
“Un trend positivo, nonostante la congiuntura poco favorevole – commenta Marco Serioli, direttore esecutivo di Rassegne, la società del Gruppo Fiera Milano che organizza
Macef, Salone Internazionale della Casa – l’ambizione di
Macef è quella di tornare ad essere leader nel settore e questi
segnali incoraggianti ci dimostrano che la strada tracciata è
quella giusta.
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Il Macef del novantesimo ha fatto
appello alla storia
industriale italiana
(che ha arricchito
il mondo con alcune
delle icone del design) e ha lanciato
ancora una volta un
rilevante ventaglio di novità formali, di buona tecnica e di
innovazione. Quelle aziende, non poche, che anche durante la
crisi hanno saputo e voluto investire nella ricerca sono state
premiate. A settembre, anche grazie alla sinergia con il nuovo
progetto AbitaMI, lanciato proprio nei giorni del Macef, contiamo di sviluppare ulteriormente la manifestazione”.
In città invece con un molteplice progetto di cultura che
si svolge in alcuni luoghi storici. Al centro di tutti gli
eventi l’innovazione, delle persone e delle cose, guardando al passato e pensando al futuro. Con una formula innovativa ovvero una rappresentazione teatrale
affidata a Laura Curino e prodotta dal Piccolo Teatro
di Milano, Cosmit in collaborazione con la Fondazione Giannino Bassetti, FederlegnoArredo, la Camera
di Commercio di Milano e quella di Monza-Brianza,
racconta alcuni grandi protagonisti milanesi, designer
e imprenditori del design, e si interroga sulla continuità
delle idee e sull’esperienza industriale costruita intorno
al loro genio creativo.
In occasione del cinquantesimo anniversario del Salone del Mobile, Triennale Design Museum dedica la sua
quarta edizione agli uomini e alle aziende che con la
loro attività hanno contribuito a creare il sistema del
design italiano.“Le fabbriche dei sogni”, dal 5 aprile 2011
al 26 febbraio 2012.
Nell’anno della biennale Euroluce, Cosmit guarda al
cuore di Milano, quello antico, che corrisponde all’attuale zona Piazza della Scala-Piazza San Fedele. Lì,
dove il suolo si rialza lievemente, gli antichi veneravano
un piccolo bosco che creava una radura protetta da alberi a loro sacri e lì si ricrea l’antico bosco sacro, il lucus
come veniva chiamato dagli antichi che colpito dalla
luce (lucus a lucendo) diveniva “una moltitudine di alberi
I SALONI 2011
Fiera Milano, Rho
martedì 12 – domenica 17 aprile 2011
Orari: dalle 09.30 alle 18.30. Ingresso riservato agli operatori del settore.
Domenica 17 aprile ingresso aperto anche al pubblico.
SaloneSatellite: aperto al pubblico tutti i giorni della manifestazione dalle 09.30 alle 18.30
Salone Internazionale del Mobile
Salone Internazionale del Complemento d’Arredo
Prodotti esposti: camere da letto, letti singoli, armadi,
sale da pranzo, tinelli e soggiorni, mobili da ingresso,
mobili per bambini e ragazzi, mobili singoli, tavoli e sedie, mobili in giunco, midollino e rattan, mobili da giardino, imbottiti. Elementi complementari, oggettistica,
elementi di decoro, tessili. Associazioni ed enti di settore.
Giornali, riviste e pubblicazione di settore.
Espositori: 1.450;
Padiglioni: 1-2-3-4-5-6-7-8-10-12-14-16-18-20
Superficie netta espositiva:
150.500 metri quadrati.
con sentimento religioso”. Grazie alla scenografia ideata
da Attilio Stocchi con “CuoreBosco” il cuore di Milano
si trasforma in un nuovo visionario Theatrum Naturae
e fa rinascere gli alberi, avvolti nella nebbia padana, e
quello straordinario mondo sonoro prodotto dalle specie volatili che lì stanziavano: cardellini, codibugnoli,
upupe, codirossi, ballerine bianche. Dal 12 al 17 aprile.
E infine, la suggestiva cornice di Piazza Duomo ospita
“Principia – Stanze e sostanze delle arti prossime”, mostra
immaginifica sul futuro, un percorso costituito da otto
ambienti progettati da Denis Santachiara in collaborazione con Solares Fondazione delle Arti e scienziati,
giovani e importanti artisti. Le più innovative scoperte scientifiche vengono reinterpretate manipolando la
scienza per creare opere d’arte uniche che utilizzano
un principium, riconducibile essenzialmente alle ultime
e più avanzate tecnologie. Dal 12 aprile al 1° maggio.
I Saloni: una garanzia di qualità che dura nel tempo,
definendolo.
PER INFORMAZIONI
Luigi Palma - Ufficio Fiere & PR
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123 - CH-8027 Zurigo
Tel. +41/44/289 23 29 - Fax +41/44/201 53 57
E-Mail: [email protected] http://www.ccis.ch
Euroluce
Prodotti esposti: Apparecchi per l’illuminazione da
esterni, da interni, a uso industriale, di spettacoli / eventi, per usi speciali e del settore ospedaliero. Sistemi di
illuminazione. Sorgenti luminose. Aziende di software e
consulenza per le tecnologie della luce. Associazioni ed
enti di settore. Giornali, riviste e pubblicazioni di settore.
Espositori: 450; Padiglioni: 9-11-13-15
Superficie netta espositiva: 41.000 metri quadrati
SaloneUfficio
Prodotti esposti: Arredamenti per ufficio, banche e istituti assicurativi, uffici postali, ambienti pubblici e comunità. Sedute per ufficio e comunità. Partizioni interne e
rivestimenti. Impianti di sicurezza per ufficio, banche e
comunità. Riscaldamento e condizionamento d’aria per
ufficio. Complementi d’arredamento per ufficio. Tecnologie audio-video. Servizi. Associazioni ed enti di settore.
Espositori: 120; Padiglioni: 22-24
SaloneSatellite
Progettisti attesi: 700 designer inclusi gli studenti delle
20 scuole internazionali di design
Padiglione: 22-24
la
Rivista
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Fiere
Vinitaly, Sol, Agrifood club, Enolitech: Verona, 7- 11 aprile 2011
Un poker di rassegne per l’agroalimentare
made in italy
Vinitaly, Sol, Agrifood Club ed Enolitech: il poker di manifestazioni dedicate al vino, all’olio extravergine, al food di
qualità e alle tecnologie vitivinicole e olearie, rappresenta
un unicum senza eguali nel panorama fieristico mondiale e
registra il tutto esaurito sul fronte delle richieste di partecipazione degli espositori. Nella passata edizione di Vinitaly
i visitatori esteri hanno superato quota 47.000 su un totale
di quasi 153 mila presenze. Un record che segue quello degli anni precedenti ed ha portato l’incidenza delle presenze estere da 114 Nazioni a oltre il 31% (l’incidenza media
italiana per le fiere internazionali è del 10%). Se i consumi domestici non danno segni di ripresa, l’export sembra
l’unica strada che può dare impulso alle imprese nazionali: le esportazioni agroalimentari hanno fatto registrare un
aumento del 9,3% nei primi sei mesi del 2010 rispetto al
medesimo periodo del 2009. Le migliori performance sono
state realizzate dai vini (+8,6%), dall’olio di oliva (+13,5%),
dalle carni suine preparate e dai salumi (+13,5%), da formaggi e latticini (+15,3%) e dai prodotti dolciari (+18,5%).
Vengono dall’estero anche le opportunità per l’industria
impiantistica-macchinari e delle attrezzature-tecnologie per
la filiera vitivinicola e olearia.
Vinitaly (www.vinitaly.com)
La rassegna più grande del mondo dedicata al vino e ai distillati punta decisa sugli strumenti innovativi che in questi ultimi anni hanno favorito sempre di più l’incontro tra
produttori e buyer. Una formula fieristica che piace anche
all’estero, tanto che sta aumentando l’interesse a partecipare come espositori da parte dei produttori di altri Paesi.
Tra le novità in programma per l’edizione 2011, vi è anche
un nuovo logo sotto il quale verranno proposte le iniziative legate alla ristorazione, che vedrà coinvolti i 5000 locali
top italiani segnalati dalle principali guide.
Nell’anno del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, il Salone del vino e dei distillati si prepara ai festeggiamenti
con “La Bottiglia dell’Unità d’Italia”, progetto lanciato da
Veronafiere nel corso dell’ultima edizione nell’ambito della storica visita del Presidente della Repubblica italiana,
Giorgio Napolitano.
Sol (www.sol-verona.it)
Il Salone internazionale dell’olio extravergine di oliva di
qualità, punto di riferimento del settore è giunto alla 17a
edizione. Dalle richieste di partecipazione per il prossimo
anno, emerge l’interesse di molte aziende a non a aderire alle collettive per mettersi in gioco autonomamente,
così da sfruttare al massimo i contatti che si realizzano nei
cinque giorni dell’evento. La tendenza che aveva iniziato
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la
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a manifestarsi già nella scorsa edizione, si conferma per
l’edizione 2011, insieme ad un incremento della partecipazione di collettive estere.
Agrifood Club (www.agrifoodclub.it)
Per gli operatori del settore enologico e oleario che vogliono ampliare la conoscenza dell’italian food, la rassegna è un’importante occasione per entrare in contatto con
l’agroalimentare made in Italy. La rassegna ha conquistato
operatori ed espositori, grazie anche alle degustazioni, presentate con professionalità e passione dagli stessi espositori, sommate alla presenza costante di buyer internazionali
che incontrano i produttori presso l’International Meeting
Point o presso i singoli stand.
Enolitech (www.enolitech.it)
La qualità della tradizione enogastronomica italiana è
frutto anche del un know-how tecnologico che trova a
Enolitech, Salone internazionale delle tecniche per la viticoltura, l’enologia e le tecnologie olivicole e olearie, il suo
appuntamento di elezione. L’ampiezza dell’offerta merceologica permette alle filiere enologica e olearia di ottenere
tramite questa fiera risposte innovative a qualsiasi necessità, dal campo al consumatore finale. Non solo, Enolitech
si configura come una vera e propria fiera di servizio per i
molti operatori professionali: degustatori, sommelier, tecnici di cantina e frantoio.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123, CH - 8027 Zürich
Tel +41 44 289 23 23 Fax +41 44 201 53 57
e-mail: [email protected] www.ccis.ch
Il
Mondo in Camera
A Perugia per l’olio d’oliva
extra-vergine umbro
Sardegna. Quasi un continente”
Le bellezze della Regione presentate
a Zurigo e a Ginevra
Buon Appetito Svizzera,
con il riso del Piemonte!
Domenica, 13 marzo, al Pala Congressi
di Lugano
Grande successo a Zurigo
Presentazione delle nuove annate
di Barolo e Barbaresco
Seminario “italian-swiss tax
and legal forum 2011”
Martedì 12 aprile a Losanna
L’italiano commerciale
alla portata di tutti
Seminario presso la CCIS
Il mondo in camera
A Perugia per l’olio d’oliva extra-vergine umbro
Siete responsabili acquisti per l’olio d’oliva di una catena
distributiva svizzera?
❙ Siete grandi distributori di prodotti alimentari tra cui
l’olio extra-vergine di olio d’oliva italiano?
❙ Siete giornalisti interessati al tema?
La CCIS, su incarico dell’Istituto Nazionale per il Commercio Estero con la sua rete di uffici nel mondo, invita
due buyer di olio d’oliva svizzeri e un giornalista dal 9 al
13 Marzo a Perugia in occasione di una tre giorni internazionale, dedicata ai produttori di olio extra-vergine di oliva umbro partecipanti al concorso Ercole Olivario (www.
ercoleolivario.org).
Attività previste per i distributori
• visita della città di Perugia
• degustazioni guidate e formazione
• visite aziendali ed al territorio di produzione
• incontri one to one con le aziende umbre
Un programma ad hoc è previsto per i giornalisti.
Interessati? per ulteriori informazioni:
Fabrizio Macrì, - Marketing, CCIS
Tel. 044 289 23 23 - Fax 044 201 53 57
[email protected]
Domenica, 13 marzo, al Pala Congressi di Lugano
Buon Appetito Svizzera, con il riso del Piemonte!
“Buon Appetito Svizzera, con il riso del Piemonte!” questo
l’augurio del Presidente di Confagricoltura Vercelli e Biella, Paolo Carrà, che parteciperà, con un gruppo di aziende
agricole del Vercellese, alla terza edizione di Gusto in scena,
che avrà luogo dal 13 al 14 marzo al Palazzo dei Congressi di Lugano. L’Azienda Agricola Boschetti di Crescentino, Ecorì di Vercelli ed l’Agricola Lodigiana di Ronsecco,
presenteranno il prodotto principe del territorio, il riso,
illustrando e proponendo in degustazione ai visitatori le
eccellenze gastronomiche da esso derivate.
Domenica 13 marzo, alle ore 17.00, interverrà l’Assessore
all’Agricoltura della Regione Piemonte, Claudio Sacchetto, insieme al Presidente Carrà, all’Ente Risi Nazionale, al
Presidente della Camera di Commercio di Vercelli, Giovanni Carlo Verri, ed a Illio Piana, Presidente IMA Piemonte,
il primo Istituto regionale di marketing agroalimentare in
Italia. A tutti i presenti verrà offerto un assaggio del piatto
tipico vercellese: la Panissa.
Informazioni:
Lara Francesca Cucinotta
Tel. 0041 (0) 44 289 23 23 - E-Mail: [email protected]
Seminario “italian-swiss tax and legal forum 2011”
Martedì 12 aprile 2011, ore 8.30 - 12.45
Chambre vaudoise du commerce et de l’Industrie (CVCI)
Avenue d’Ouchy 47, Lausanne
La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS), in
collaborazione con Chambre vaudoise du commerce et de
l’Industrie (CVCI) e l’OSEC, organizza un seminario, per
le aziende straniere e in particolare svizzere, su come fare
business in Italia. Alle imprese straniere che desiderano fare
affari in Italia, saranno illustrate diverse modalità: dalla ricerca di di agenti o distributori italiani, alla creazione di uffici di rappresentanza, succursali o filiali. In questo contesto
saranno presentati gli aspetti più importanti da un punto di
vista giuridico, fiscale, del diritto al lavoro e delle assicurazioni sociali. Infine, saranno proposti esempi concreti, su come
avviare un business in Italia e sulle diverse pratiche, specie
amministrative, che l’investitore straniero dovrà effettuare.
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Il seminario non si rivolge esclusivamente ai consulenti specializzati, avvocati, fiscalisti, banche ,ma anche alle
imprese.
Il costo per il seminario è di CHF 200.--, per i soci di CCIS
e CVCI, di CHF 300.--, per i non-soci.
Ai partecipanti sarà fornita l’intera documentazione del
seminario. Posti limitati, obbligatoria l’iscrizione.
Informazioni:
CCIS Ufficio di Ginevra
Marianna Valle, Fabio Franceschini
Tel. +41 22 906 85 95
E-Mail: [email protected]
Sardegna. Quasi un continente”
Le bellezze della Regione presentata a Zurigo e a Ginevra il 21 ed il 23 febbraio 2011
“Sardegna. Quasi un continente”è lo slogan che meglio aiuta
a raccontare questo piccolo “pianeta”: l’isola dalle calette
color smeraldo del Nord e delle spiagge tropicali del Sud,
va alla conquista del mercato svizzero. I due workshop che
la Camera di Commercio di Cagliari, ha organizzato con
la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera a Zurigo
e a Ginevra, mirano a favorire l’incontro fra gli operatori
turistici sardi e i tour operatori elvetici.
Cinque parchi marini, sei naturali, 1800 chilometri di coste
fra le più belle del Mediterraneo e una varietà paesaggistica degna di nota rendono unica l’offerta turistica sarda:
dalle foreste del Nuorese alle lagune di Cagliari, dove nidificano i fenicotteri rosa. Ma la Sardegna è anche storia:
culla della civiltà nuragica, l’Isola è costellata dai “nuraghi”
le antiche torri in pietra di forma conica risalenti al II millennio a.C. circa. In Sardegna ci sono tracce anche della
cultura fenicia (a Nora, Tharros e Sant’Antioco) e romana
con l’anfiteatro a Cagliari. La Sardegna è nota anche per
la lingua, (il sardo è una lingua neolatina); la musica (le
Gli operatori turistici sardi alla presentazione di Zurigo, con Lara
Cucinotta (prima a destra) del reparto marketing della CCIS
“launeddas”) e le tradizioni popolari. Infine la gastronomia con i piatti a base di pesce, carne e formaggi. Soggiornare in Sardegna è facile e alla portata di tutte le tasche:
si spazia dai lussuosi cinque stelle, ad un’ottima offerta di
quattro stelle fino ad una vasta scelta di agriturismi.
PROFILI OPERATORI TURISTICI INCOMING PRESENTI A ZURIGO E GINEVRA
Hotel- Le residenze del Cormoran****
www.hotel-cormoran.com
Hotel residence a sud-est della Sardegna (Villasimius) situato sul mare all’interno dell’area marina protetta. Tra i
servizi collaterali: centro sub con rilascio brevetto internazionale NASE, piano bar, mini e young golf.
Target di riferimento: famiglie con bambini.
Tanka Village Golf & Spa****
http://www.atahotels.it/tanka/
Resort a soli 50 km da Cagliari e ad 1 km da Villasimius,
inserito in un contesto naturalistico d’eccezione e affacciato direttamente sulla spiaggia di Simius nota per la sabbia
bianca finissima. Specializzata nel wellness.
Target di riferimento: coppie, famiglie, gruppi leisure, gruppi
incentive, meeting.
Hotel Relais Villa del Golfo&Spa****
www.hotelvilladelgolfo.com
Il lussuoso Hotel, situato a nord della Sardegna (Cannigione) a poca distanza dalla Costa Smeralda, dispone di 65
camere e 2 ville indipendenti. Tra le attività ricreative: Yacht
a vela privato, centro benessere, centro fitness. Tra i servizi
collaterali: scuola di cucina, degustazioni.
Target di riferimento: coppie, matrimoni, gruppi leisure,
gruppi incentive, meeting.
Lanthia Resort****
www.lanthiaresort.com
Situato a Ogliastra, lungo la costa orientale sarda, e distante alcuni km dal porto e dall’aeroporto di Arbatax-Tortolì.
Dispone di 18 camere e suite, un bar, un ristorante, un’area
lounge e piscina.
Target di riferimento: coppie, singles, piccole famiglie.
Residence Baia delle Palme***
www.baiadellepalme.com
Hotel residence situato nella costa meridionale della Sardegna (Pula) a pochi km dal sito archeologico di Nora a Pula
e a 800 m dal mare. Immerso nella natura incontaminata,
luogo ideale di relax.
Target di riferimento: famiglie, coppie.
Hotel Pullman Timia Ama*****
http://www.accorhotels.com/it/hotel-3040-pullman-timiama-sardegna/index.shtml
Hotel a 55 km dall’aeroporto di Cagliari e a 2 km da Villasimius, incastonato in una baia incantevole. Specializzati in
sport acquatici e talassoterapia.
Target di riferimento: coppie, famiglie, gruppi leisure, gruppi
incentive, meeting.
Baja Hotels ****
www.bajahotels.it
Gruppo di hotel e residence a sud-est (Castiadas), in provincia di Cagliari e al nord nella provincia di Olbia Tempio.
Centro congressi, ristoranti e boutique di alta qualità.
Target di riferimento: coppie, famiglie, gruppi leisure, gruppi
incentive, meeting.
la
Rivista
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Il mondo in camera
Presentazione delle nuove annate di Barolo e Barbaresco
Grande successo a Zurigo
Il direttore del Consorzio, Andrea Ferrero (a destra), e il Segretario
generale della CCIS Andrea G. Lotti, introducono la conferenza stampa.
Foto di gruppo con i giornalisti presenti.
Uno sguardo in sala.
Ad un certo punto è stato necessario spegnere la luce:
nel senso che numerosi erano i visitatori che superato
ampiamente il termine di chiusura, non volevano abbandonare la sala del Baur au Lac di Zurigo, dove lo
scorso 31 gennaio un nutrito gruppo (37) di produttori, associati al Consorzio di Tutela di Barolo Barbaresco
Alba Langhe e Roero, ha presentato i vini della zona,
notoriamente fra le più votate nel panorama vitivinicolo internazionale.
Molta attesa per le nuove annate di Barolo e Barbaresco, che a Zurigo erano presenti in anteprima, ma
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molta soddisfazione anche per gli altri vini proposti in
degustazione a giornalisti, importatori e ristoratori.
Convinti gli apprezzamenti per il Barolo 2008 e il Barbaresco 2009, e lusinghiere valutazione anche per Roero, Dolcetto, Nebbiolo, Barbera fra i rossi e Arneis, principe indiscusso fra i bianchi secchi e per il tradizionale e
impareggiabile Moscato.
Soddisfazione e apprezzamenti che indurranno il Consorzio e la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS) a riproporre l’iniziativa che il prossimo anno
toccherà quota 11 per numero di edizioni.
Seminario presso la CCIS
L’italiano commerciale alla portata di tutti
Il segretario generale della CCIS, Andrea G. Lotti, con le due relatrici; porta il saluto della Camera.
I professionisti convenuti al seminario.
Lo scorso 5 febbraio ha avuto luogo presso la Camera
di Commercio Italiana per la Svizzera il seminario di
aggiornamento sulla Certificazione PLIDA (Progetto
Lingua Italiana Dante Alighieri) dell’Italiano economico-commerciale (PLIDA Commerciale) dal titolo
“L’italiano commerciale alla portata di tutti”. Sono venuti
in tanti interessati sia a conoscere da vicino questa certificazione, sia a partecipare ad una lezione tipo.
La prima parte del seminario ha trattato la certificazione in generale e in particolar modo quella commerciale, la seconda parte invece è stata tenuta dalla docente
che insegna in questi corsi, ed è anche la co-creatrice di
tale certificazione, Enrica Filippi, che ha mostrato una
sua lezione tipo. Il primo argomento trattato è stato “la
lettera commerciale” nella sua struttura e contenuto.
Si è passati poi al “contratto” analizzandone l’aspetto
linguistico e interpretativo. Questa Certificazione di
conoscenza della lingua italiana rilasciato dalla Società
Dante Alighieri con il plauso scientifico dell’Università La Sapienza di Roma costituisce titolo preferenziale
nella candidatura ad incarichi professionali ove sia ri-
chiesta la conoscenza della lingua italiana. La Certificazione è ufficialmente riconosciuta dal Ministero degli
Affari Esteri con la Convenzione nr. 1903 del 4.11.1993.
Le prove si conformano ai livelli stabiliti dal Portfolio
Linguistico Europeo (Divisione IV, Lingue Moderne del
Consiglio d’Europa).
La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera ha
stipulato una Convenzione con la Società Dante Alighieri per la somministrazione della Certificazione
dell’Italiano economico-commerciale (PLIDA Commerciale) in Svizzera.
Vi ricordiamo che tali corsi possono essere seguiti presso lo Sprachatelier.
Informazioni:
www.sprach-atelier.ch, [email protected]
Per ulteriori domande:
+41 (0)44 810 06 33 oppure +41 (0)79 200 88 47
CCIS: Lara Francesca Cucinotta
+41 (0)44 289 23 23, [email protected]
IUED TAG DER OFFENEN TÜR
11.00 - ca. 17.00 Uhr, ZHAW, Theaterstrasse 15c, Winterthur
Am Tag der offenen Tür stellt sich das IUED Institut für Übersetzen und Dolmetschen mit seinen Studien- und Weiterbildungsangeboten der Öffentlichkeit vor. Der Tag bietet Interessierten die Möglichkeit, den Bachelorstudiengang
Übersetzen mit den Vertiefungen Mehrsprachige Kommunikation, Multimodale Kommunikation und Technikkommunikation sowie die Vertiefungen Fachübersetzen und Konferenzdolmetschen aus dem Masterstudiengang Angewandte Linguistik in zahlreichen Vorlesungen und Probelektionen kennen zu lernen. Studiengangleitungen und
Studiengangsekretariat sowie Studierende stehen Ihnen ausserdem gern für Fragen zur Verfügung.
Es ist keine Anmeldung erforderlich.
la
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93
Contatti commerciali
DAL MERCATO ITALIANO
Offerte di merci e servizi
Abbigliamento intimo sportivo
Tessitura Florida srl
Viale della Meccanica 23 int. 3
I – 41012 Carpi MO
Tel. 0039/059 641936
Fax 0039/059 642932
E-mail: [email protected]
www.tessituraflorida.it
Pasta fresca
Parma PaSt sas
Via Naviglio Alto 69
I – 43100 Parma
Tel. 0039 0521 798120
Fax 0039 0521 705612
E-mail: [email protected]
www.parmapast.it
Prodotti dolciari
Saladine srl
Via Tavigliana 1/B
I – 37023 Grezzana VR
Tel. 0039 045 907461
Fax 0039 045 8650749
E-mail: [email protected]
www.saladine.it
Ausili per disabili
Movi Group
Via Dione Cassio, 15
I – 20138 Milano
Tel: 0039/02 509051
Fax 0039/025061048
[email protected]
www.movigroup.com
Accessori per parrucchieri
Annamery
Via delle Industrie 10/A
I – 23014 Andalo Valtellino SO
Tel. 0039/ 0341 941880
Fax 0039/ 0341 941880
E-mail: [email protected]
www.annamery.com
Prosciutti di Parma
Italfine srl
Via Provinciale 46
I – 43020 Beduzzo di Corniglio PR
Tel. 0039/0521 887160
Fax 0039/0521 887477
E-mail: [email protected]
www.italfine.it
Acciaio
Everside srl
via Lamarmora 58
I – 10128 Torino
Tel. 0039 011 3190101
Fax 0039 011 3192450
E-mail: [email protected]
Vini
Azienda Agricola Lamoretti
Località Casatico
Strada della Nave 6
I – 43013 Langhirano PR
Tel. 0039/0521 863590
Fax 0039/0521 863663
E-mail: [email protected]
www.lamorettivini.com
Macchine per la trasformazione
della plastica
01 Machinery srl
Via Bettisi 12
I - 48018 Faenza (RA)
Tel. 0039/ 0546 662625
Fax: 0039/ 0546 662625
E-mail:[email protected]
www.01machinery.com
Macchine agricole
Maschio Gaspardo Spa
Via Marcello, 73
I – 35031 Campodarsego PD
Tel. 0039/049 9289842
Fax. 0039/049 9289601
E-mail: [email protected]
www.maschio.it
Vini
Cà franco Tradizioni e Vini
Via Saletto n. 17
I – 31010 Roncadelle di Ormelle TV
Tel: 0039/ 0422 851074
Fax: 0039/0422 851842
E-mail: [email protected]
www.cafranco.com
Prodotti cosmetici
Davines
Via Ravesini 9a
I – 43126 Parma
Tel. 0039/0521 965611
Fax 0039/0521 965716
Email: [email protected]
www.davines.com
Salumi
Devodier Prosciutti srl
Via Ponticella 4
I – 43037 Mulazzano Ponte
di Legnano Bagni PR
Tel. 0039/0521 861070
Fax 0039/0521 861071
[email protected]
www.devodier.com
Cerniere e chiusure
per furgoni isotermici
De Molli Industrie Spa
Via S. Alessandro 10
I – 21040 Castronno VA
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Fax 0039/033 2893791
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inglese, spagnolo, francese), con esperienze lavorative all’estero, ricerca impiego in azienda internazionale, possibilmente nel Canton Berna.
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› Impiegato commerciale import export ricerca impiego in Svizzera. In
possesso di laurea. Madrelingua italiano. Inglese buono. Francese scolastico (8 anni). Esperienza pregressa Vienna per azienda distributrice di
moda all’ingrosso.
Residenza: Italia. Tel: +39.0818493358 - Cell. +39.3282678638
e-mail: [email protected]
94
la
Rivista
n. 3 - Marzo 2011
Richieste di ricerca
agenti-rappresentanti
• La ditta Euroclima Spa di Brunico
è una affermata realtà attiva da oltre 40 anni nel settore della produzione di centrali per il trattamento
dell’aria. Costruzioni e soluzioni
funzionali caratterizzate da perfezione tecnica garantiscono l’affidabilità delle unità. Uno sviluppo
costante dei prodotti e dei metodi
di produzione, così come l’impe-
gno a favore dell’innovazione, sono
per l’azienda un fattore di primaria
importanza. La ditta Euroclima Spa
è alla ricerca in Svizzera di piccole
aziende interessate alla distribuzione dei propri prodotti all’ingrosso
con cui avviare una collaborazione
di lungo termine.
• La ditta Pasta Julia è una delle principale imprese produttrici
di pasta fresca in Italia. Nasce nel
1994 a Spello in Umbria e il suo
rapido successo le permette di varcare velocemente i confini regionali
e nazionali. Sicuramente il punto
di forza è rappresentato dalla produzione delle paste fresche ripiene (soprattutto ravioli, tortelloni e
tortellini) che grazie a sistemi produttivi e di controllo all’avanguardia assicurano ai prodotti standard
qualitativi elevati. La ditta Pasta
Julia è alla ricerca in Svizzera di
importatori e grossisti specializzati
nella distribuzione di prodotti freschi con cui avviare una collaborazione di lungo termine.
• La ditta Ars Food srl di Varese Ligure è una ditta attiva dal 2003 attraverso il marchio Le bio bontà di
Varese Ligure nella realizzazione
di yogurt biologico. Gli innovativi
processi di produzione garantiscono la sicurezza e la qualità del prodotto, realizzato nel pieno rispetto
dell’ambiente. Non a caso, in pochi
anni, Ars Food è diventata leader
nella produzione di yogurt biologico a marchio privato per le principali catene della Grande Distribuzione. La ditta Ars Food srl è alla
ricerca in Svizzera di importatori e
grossisti specializzati nella distribuzione di prodotti caseari e freschi
con cui avviare una collaborazione
di lungo termine.
• Ing. Luca Pala, inventore e ricercatore in possesso di proprietà industriale e di brevetto internazionale
“Impianto di sfruttamento contemporaneo di energia eolica e solare
con produzione di energia elettrica
in proprio ricerca soci collaboratori
e finanziatori per acquisto e sfruttamento del diritto di priorità del
brevetto succitato.
Per le richieste di cui sopra rivolgersi a:
Camera di Commercio Italiana
per la Svizzera, Seestr. 123
casella postale, 8027 Zurigo
Tel. 044/289 23 23, Fax 044/201 53 57
e-mail: [email protected], www.ccis.ch
DAL MERCATO SVIZZERO
Ricerca di merci e servizi
E-mail: [email protected]
www.engimatt.ch
Per ulteriori informazioni rivolgersi alla:
Camera di Commercio Italiana
per la Svizzera, Seestr. 123
casella postale, 8027 Zurigo
Tel. 044/289 23 23, Fax 044/201 53 57
e-mail: [email protected], www.ccis.ch
Offerte di merci e servizi
Trasporti internazionali
Huber Transport AG
Riedstrasse – PF
CH – 6343 Rotkreuz
Tel.: ++41 417901188
Fax: ++41 417901061
[email protected]
www.hubertransport.ch
Trasporti internazionali
Planzer Transport AG
Lerzenstrasse 14
CH - 8953 Dietikon
Tel: +41 447446222
E-mail: [email protected]
www.planzer.ch
Lattodensimetro e butirrometro
Gerber Instruments AG
Im Langhag 12
CH – 8307 Effretikon
Tel. 0041 52 343 37 37
Fax 0041 52 343 30 70
[email protected]
www.gerber-instruments.ch
Materiali edili
PA. MA IMPORT – EXPORT GmbH
Olsbergerstrasse 6
CH - 4310 Rheinfelden
Tel: +41 61 831 44 59
Fax +41 61 831 02 82
E-mail: [email protected]
Mobili
Hotel Engimatt
Engimattstrasse 14
CH – 8002 Zürich
Tel: +41 44 284 16 16
Fax +41 44 201 25 16
Per ulteriori informazioni rivolgersi alla:
Camera di Commercio Italiana
per la Svizzera, Seestr. 123
casella postale, 8027 Zurigo
Tel. 044/289 23 23, Fax 044/201 53 57
e-mail: [email protected], www.ccis.ch
Tagliando d’abbonamento
Nome .......................................................................................................
Cognome ................................................................................................
Indirizzo .................................................................................................
Tel. .........................................
e-mail .................................................
Intendo sottoscrivere un abbonamento annuo
(11 copie) a La Rivista al costo di 60CHF (estero: 50 euro)
Data e firma ............................................................................................
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Rivista
n. 3 - Marzo 2011
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ATTIVITÀ E SERVIZI
Con i suoi circa 800 Soci la Camera di Commercio Italiana per
la Svizzera, fondata nel 1909, è un‘associazione indipendente
ai sensi del Codice Civile Svizzero. Il suo compito precipuo
consiste nella assistenza alle imprese dedite all‘interscambio
tra Italia, Svizzera ed il Principato del Liechtenstein. La gamma dei suoi servizi, certificati ISO 9001, è molto variegata e
comprende tra l‘altro:
- Ricerche su banche dati di produttori, importatori, grossisti,
commercianti, agenti/rappresentanti dei seguenti Paesi: Italia e Svizzera
- Informazioni riservate su aziende italiane: visure, bilanci,
assetti societari, protesti, bilanci, rapporti commerciali, ecc.
(disponibili on-line in giornata)
- Segnalazioni di potenziali fornitori ed acquirenti
- Ricerca e mediazione di partners commerciali italiani e svizzeri
- Organizzazione di incontri e workshop tra operatori, con
l‘ausilio di servizi di interpretariato e segretariato
- Recupero di crediti commerciali, con particolare riguardo
alla ricerca di soluzioni amichevoli e extragiudiziali
PUBBLICAZIONI
-
La Rivista periodico ufficiale mensile (11 edizioni all‘anno)
Calendario delle Fiere italiane
Annuario Soci
Indicatori utili Italia-Svizzera
Agevolazioni speciali per i Soci
Seestrasse 123, Casella postale, 8027 Zurigo
Tel. ++41 44 289 23 23, Fax ++41 44 201 53 57
http://www.ccis.ch, e-mail: [email protected]
IVA-Nr. 326 773
- Recupero dell‘IVA svizzera in favore di operatori italiani,
nonché dell‘IVA italiana per imprese elvetiche
- Consulenza ed assistenza legale in materia di diritto commerciale, societario e fiscale
- Assistenza e consulenza in materia doganale
- Informazioni statistiche ed import/esport
- Informazioni finanziarie e riservate sulla solvibilità di imprese italiane e svizzere
- Ricerca di prodotti, marchi di fabbricazione e reperimento
di brevetti
- Azioni promozionali e di direct marketing
- Arbitrato internazionale
- Informazioni relative all‘interscambio, normative riguardanti gli insediamenti in Svizzera ed in Italia
- Seminari e manifestazioni su temi specifici di attualità
- Traduzioni
- Viaggi di Studio
- Certificato di Italiano Commerciale rilasciato in collaborazione con la Società Dante Alighieri di Roma
- Swiss Desk Porti italiani
- La CCIS fornisce informazioni su Fiere e Mostre italiane.
Rappresentanza ufficiale di Fiera Milano e di VeronaFiere
- Recupero crediti in Svizzera
- Regolamento di Arbitrato e di Conciliazione
della Camera Arbitrale della CCIS
- Compra-vendita di beni immobili in Italia
- Costituzione di società affiliate di imprese estere in Italia
- Il nuovo diritto societario italiano
- Servizi camerali
Rue du Cendrier 12-14, Casella postale, 1211 Ginevra 1
Tel. ++41 22 906 85 95, Fax ++41 22 906 85 99
e-mail: [email protected]
IVA-Nr. 326 773
RECUPERO IVA ITALIANA
RECUPERO IVA SVIZZERA
Il servizio, offerto a condizioni
molto vantaggiose, è rivolto sia
alle imprese svizzere che recuperano l’IVA pagata in Italia che
alle imprese italiane che recuperano l’IVA pagata in Svizzera.
Grazie agli accordi di reciprocità tra Italia e Svizzera la
legislazione svizzera consente agli imprenditori italiani
il rimborso dell’IVA svizzera.
Grazie agli accordi di reciprocità tra l’Italia e la Svizzera,
la legislazione italiana consente agli imprenditori svizzeri di ottenere il rimborso dell’IVA italiana. La CCIS:
• fornisce la necessaria documentazione;
• esamina la documentazione compilata;
recapita l’istanza di rimborso in Italia all’Autorità fiscale competente;
• avvia e controlla l’iter della Vostra pratica tramite il suo
ufficio di Pescara;
• fornisce assistenza legale
La CCIS:
• fornisce un servizio di informazione e prima consulenza;
• diventa il Vostro rappresentate fiscale;
• esamina la completezza della Vostra documentazione;
• invia la documentazione alle autorità svizzere e segue
l’iter della vostra pratica.
Informazioni più dettagliate contattare
la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
+41 (0)44 289 23 23
RICERCA DI PARTNER COMMERCIALI
Grazie alla propria rete di contatti e alla conoscenza delle esigenze e dei bisogni del mercato elvetico e di quello italiano, la Camera di Commercio offre ad imprese sia svizzere
che italiane intenzionate ad esportare i propri servizi e prodotti all’estero un’accurata
ricerca di controparti commerciali. Attraverso un’analisi sistematica del mercato obiettivo ed identificati i partner commerciali ritenuti più idonei per le imprese a diventare
affidabili interlocutori nel settore di riferimento, viene organizzato un incontro presso le
aziende target così selezionate permettendo alle imprese italiane o svizzere un rapido ed
efficace ingresso sui rispettivi mercati di riferimento.
Per ulteriori informazioni ed un preventivo sul servizio, potete contattarci al seguente indirizzo mail [email protected]
Tomorrow
needs
commitment
Proteggere, far fruttare e trasmettere il suo patrimonio.
Oggi come ieri, il nostro impegno è guidato dalla trasparenza e da una visione
a lungo termine. È con questi valori dettati dal buon senso che intratteniamo
con lei una relazione duratura, basata sulla fiducia.
Affrontiamo il futuro con serenità.
www.ca-suisse.com