1. L`ordinamento internazionale.

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1. L`ordinamento internazionale.
CAPITOLO IV – GLI ORDINAMENTI E LE FONTI SOVRANAZIONALI
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CAPITOLO IV
-------------------------------------------------------GLI ORDINAMENTI E LE FONTI SOVRANAZIONALI
SEZIONE I
L’ORDINAMENTO INTERNAZIONALE
SOMMARIO: 1. L’ordinamento internazionale. - 1.1. Costituzione italiana e
ordinamento internazionale (art. 11 Cost.). - 2. L’adattamento del diritto italiano
all’ordinamento internazionale. - 2.1. Le norme internazionali consuetudinarie e il
cd. adattamento automatico (art. 10 Cost.). - 2.2. Le norme internazionali
convenzionali e l’esecuzione dei trattati internazionali. - 3. Il rango delle norme
CEDU nell’ordinamento interno.
■ ■ ■ “FOCUS” GIURISPRUDENZIALE:
I. Il conflitto tra norma internazionale consuetudinaria e Costituzione: il
caso dell’immunità della giurisdizione tedesca per i crimini della seconda
guerra mondiale (Corte cost., sent. n. 238/2014).
II. Il rango della CEDU: dalle sentenze “gemelle” alle ultime decisioni della
Corte costituzionale (Corte cost., sentt. nn. 348 e 349/2007; Corte cost.,
sent. n. 264/2012; Corte cost., sent. n. 49/2015).
III. L’intervenuta “comunitarizzazione” della CEDU (Cons. St., sent. n.
1220/2010; Tar Lazio, Roma, sent. n. 11984/2010).
IV. Secondo la Consulta e la Corte di giustizia UE nulla è cambiato per la
CEDU dopo Lisbona (Corte cost., sent. n. 80/2011; CGUE, sent. 24 aprile
2012, C-571/10).
1. L’ordinamento internazionale.
A) Soggetti
Il diritto internazionale è il complesso di norme e di principi che regolano i rapporti
intercorrenti tra i soggetti della Comunità internazionale. Questi ultimi sono
essenzialmente:
• gli Stati, quali enti sovrani e indipendenti (superiorem non recognoscentes). La
soggettività giuridica internazionale è attribuita allo Stato-apparato, il quale la
acquisisce in presenza di due requisiti:
1. l’effettività (o sovranità interna), intesa come capacità di esercitare effettivamente
la propria supremazia sulla comunità di soggetti stanziata sul territorio nazionale;
2. l’indipendenza (o sovranità esterna), intesa come posizione di parità nei confronti
degli altri enti internazionali;
• le organizzazioni internazionali, quali associazioni di Stati che perseguono interessi
comuni ai loro membri. In quanto costituite dagli Stati (di regola tramite la stipula di
trattati internazionali), si tratta di ordinamenti non originari bensì derivati.
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PARTE I – LO STATO
L’ONU
Una delle organizzazioni internazionali più importanti è senza dubbio l’Organizzazione delle Nazioni
Unite (ONU), istituita il 26 giugno 1945 dalla Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ratificata da
tutti gli Stati firmatari ed entrata in vigore il 24 ottobre 1945. Organi principali sono l’Assemblea, il
Consiglio di Sicurezza (composto da 15 membri, di cui 5 permanenti: USA, Russia, Repubblica
popolare cinese, Gran Bretagna, Francia), il Segretariato generale, il Consiglio economico e sociale e la
Corte internazionale di giustizia. L’ONU persegue i fini del mantenimento e della sicurezza
internazionale, del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e della collaborazione fra
gli Stati. Di tale unione, che ha il potere di intervenire a tutela della pace e della sicurezza
internazionale anche ricorrendo all’uso della forza, fanno oggi parte quasi tutti gli Stati del mondo.
B) Differenze tra ordinamento statale e ordinamento internazionale
Le principali differenze tra l’ordinamento statale e quello internazionale sono:
– il primo è strutturato in modo gerarchico, in quanto lo Stato è l’ente posto al vertice
dell’ordinamento giuridico; il secondo è strutturato in modo paritario, in quanto
composto da enti parimenti sovrani;
– nel primo le regole valide nella comunità statale sono poste da un organo a ciò
deputato (di regola il Parlamento); nel secondo sono gli stessi soggetti
internazionali che stabiliscono le regole per disciplinare i reciproci rapporti e vi
danno esecuzione;
– nel primo la violazione delle norme è accompagnata da una sanzione, applicata da
organi dello Stato a cui è attribuito il compito di garantire il rispetto delle regole
(organi giudiziari); nel secondo tale rispetto è affidato alla cd. autotutela dei
soggetti internazionali.
1.1. Costituzione italiana e ordinamento internazionale (art. 11 Cost.).
A) Principi
La vocazione “internazionalista” dell’ordinamento italiano è ben espressa dal
disposto di cui all’art. 11 Cost., secondo cui “L’Italia ripudia la guerra come
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la
giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a
tale scopo”.
La partecipazione dell’Italia alla Comunità internazionale, pertanto, assume
particolare rilevanza in un’ottica di mantenimento della pace e della giustizia tra i
popoli.
Invero, la norma vieta, innanzitutto, il ricorso da parte del nostro Paese ad una
violenza bellica che abbia come esclusivo (o comunque prevalente) obiettivo quello di
offendere la libertà di altri popoli (guerra di aggressione, di conquista territoriale, per
l’appropriazione di beni altrui) o di risolvere le controversie internazionali, senza aver
preliminarmente tentato di percorrere strade certamente più pacifiche, di tipo
diplomatico o economico (CARTABIA-CHIEFFO).
Nella medesima prospettiva, nella seconda parte della norma si prevede la possibilità
per l’Italia di aderire all’ordinamento internazionale in generale ed alle organizzazioni
internazionali in particolare volte a scopi pacifisti, consentendo alle “limitazioni di
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sovranità” necessarie a tal fine. Con maggiore impegno esplicativo, l’art. 11 Cost.
costituisce il fondamento costituzionale per la partecipazione dell’Italia alle
organizzazioni internazionali: la norma è stata valorizzata in primis per l’adesione
all’ONU e successivamente anche come base costituzionale per l’adesione alla
Comunità e all’Unione europee, quale previsione attraverso la quale il nostro
Stato ha acconsentito al trasferimento di poteri e competenze a favore delle
istituzioni comunitarie. In particolare, il riferimento alle “limitazioni di sovranità”
per favorire un “ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra
le Nazioni”, cui fa riferimento l’art. 11 della Costituzione, è parso idoneo a
giustificare l’imponente cessione di competenze e di poteri già appartenenti alle
istituzioni italiane a beneficio della Comunità e dell’Unione europee, avvenuta al
momento della entrata in vigore dei trattati istitutivi e poi incrementata nel corso
del processo di integrazione europea (per un maggiore approfondimento si rinvia
a Sez. II).
B) Fonti
Per quanto riguarda le fonti di diritto internazionale, invece, la Costituzione
distingue tra:
 norme internazionali consuetudinarie, regole generali non scritte e vincolanti
per tutti i membri della Comunità internazionale, alle quali è dedicato l’art.
10, co. 1, Cost., secondo cui “L’ordinamento giuridico italiano si conforma
alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”;
 norme internazionali pattizie, ossia quelle contenute nei trattati o negli
accordi internazionali (patti, convenzioni, protocolli), che vincolano, invece,
soltanto gli Stati che abbiano stipulato l’accordo. I trattati sono ratificati, ai
sensi dell’art. 87, co. 8, Cost., dal Presidente della Repubblica, previa,
quando occorra, l’autorizzazione delle Camere. Invero, l’art. 80 Cost.
stabilisce che “Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati
internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o
regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle
finanze o modificazioni di leggi”.
Giova, pertanto, analizzare distintamente il meccanismo di adattamento
dell’ordinamento italiano in relazione alle due tipologie di fonti internazionali
appena citate.
2. L’adattamento del diritto italiano all’ordinamento internazionale.
2.1. Le norme internazionali consuetudinarie e il cd. adattamento
automatico (art. 10 Cost.).
Il citato art. 10, co. 1, predispone un meccanismo di adattamento automatico nei
confronti del diritto internazionale generale. Esso non si limita quindi a stabilire un
obbligo di adattamento, ma lo dispone direttamente, assicurando istante per istante un
regime di conformità fra ordinamento interno e diritto internazionale generale
(CANNIZZARO).
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PARTE I – LO STATO
A) Il meccanismo del rinvio al diritto internazionale consuetudinario
Nel dettaglio, il meccanismo contenuto nella disposizione costituzionale è un
meccanismo di adattamento automatico mediante rinvio, in quanto:
- è effettuato indipendentemente dall’esistenza di un atto di adattamento ad hoc;
- provvede a conformare l’ordinamento interno non già operando direttamente le
modifiche normative necessarie a ciò, bensì rinviando alle medesime norme del
diritto internazionale generale. Il rinvio dell’art. 10, co. 1, è stato inteso come un
rinvio formale (o mobile), ossia direttamente alla fonte, che consente cioè alle
norme internazionali generali di operare anche nell’ordinamento interno e di
produrre direttamente effetti di tipo normativo. In altri termini, l’art. 10, co. 1, ha
l’effetto di trasformare un contenuto normativo astratto, di per sé privo di valore
nell’ordinamento interno, in una norma avente significato normativo in detto
ordinamento: secondo una formula tradizionale, l’art. 10, co. 1, opera come un
“trasformatore permanente” del diritto internazionale in diritto interno (PERASSI).
Più in particolare, il rinvio operato dall’art. 10, co. 1, sarebbe un rinvio di
produzione: la norma costituzionale produrrebbe infatti direttamente, istante per
istante, le norme interne necessarie a mantenere l’ordinamento nazionale
conforme alle norme internazionali generali, trasformando i contenuti di queste
ultime in diritto direttamente applicabile nell’ordinamento nazionale. Pertanto, il
carattere automatico dell’adattamento assicura una istantanea conformità
dell’ordinamento interno alla normativa internazionale generale. Il carattere
mobile del rinvio fa sì, infatti, che l’ordinamento italiano si adegui
automaticamente a tutte le modifiche che si producono a livello della fonte
internazionale recepita.
B) Ambito di applicazione
Quanto all’ambito di applicazione, la dottrina è oramai concorde nel ritenere la norma
costituzionale in esame riferita al solo diritto internazionale generale, con l’esclusione
quindi della normativa di carattere convenzionale.
Per vero decisamente superata è una diversa ricostruzione secondo cui il meccanismo
di adattamento automatico sarebbe applicabile anche in relazione al diritto
internazionale di natura convenzionale. Tale tesi si fondava sull’esistenza nel corpo
della normativa internazionale generale di una norma, comunemente definita pacta
sunt servanda, la quale riconnette valore giuridico obbligatorio all’osservanza dei
trattati. Attraverso il meccanismo di adattamento automatico, l’art. 10, co. 1, avrebbe
quindi riprodotto nell’ordinamento interno una norma sulla produzione riferita ai
trattati, ai quali, in buona sostanza, verrebbe estesa la disciplina costituzionale, riferita
letteralmente al solo diritto generale (QUADRI).
Tuttavia, la giurisprudenza e la dottrina prevalente hanno obiettato che, nel riferirsi alle
sole norme internazionali generali, l’art. 10, co. 1, esclude implicitamente i trattati dal
proprio ambito di applicazione; e ciò indipendentemente dalla considerazione
dell’esistenza di una norma consuetudinaria come fondamento della loro obbligatorietà
nel diritto internazionale (cfr. Corte cost. 32/1960; in dottrina: LA PERGOLA, PAU, SICO,
GIULIANO, SCOVAZZI, TREVES, CONFORTI, CASSESE, CATALDI, CANNIZZARO).
Pertanto, ricadono tra le “norme di diritto internazionale generalmente riconosciuto” cui
si applica l’art. 10, co. 1, soltanto le consuetudini universali, nonché i principi generali
del diritto internazionale, (CONDORELLI, CATALDI), compresi i principi generali di diritto
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CAPITOLO IV – GLI ORDINAMENTI E LE FONTI SOVRANAZIONALI
comuni alle nazioni civili (Corte cost. 48/1967 e 69/1976, in riferimento al principio di
carattere processuale ne bis in idem).
Sovente peraltro le norme internazionali generali non hanno un contenuto precettivo
completo, tale cioè da risultare immediatamente applicabili nell’ordinamento interno.
Occorrerà quindi darvi attuazione, e a ciò provvederanno Stato e Regioni, ciascuno
nell’ambito delle proprie competenze, mediante l’adozione di una disciplina che integri
o specifichi le normativa internazionale per consentirne l’applicazione nell’ordinamento
interno.
C) Collocazione nel sistema delle fonti del diritto
Quanto al rango assunto dalle norme internazionali generali nell’ordinamento interno si
ritiene che esse, in virtù del loro fondamento ex art. 10, co. 1, Cost., abbiano rango
costituzionale. Invero, tale normativa assume il medesimo rango gerarchico della
norma che provvede alla sua produzione o ne garantisce l’applicazione. L’art. 10, co. 1,
ha quindi l’effetto di allargare notevolmente la categoria delle norme costituzionali
italiane, la quale si estenderebbe all’intera sfera della normativa internazionale
generale (CANNIZZARO).
Da ciò si può trarre una serie di conseguenze:
- il contrasto fra leggi interne e diritto internazionale generale dà origine ad un vizio di
illegittimità costituzionale che deve essere accertato dalla Corte costituzionale;
- la normativa interna deve essere interpretata conformemente alle norme di diritto
internazionale generale che si collocano rispetto ad essa ad un rango superiore.
D) Rapporto con le norme costituzionali
Quanto, infine, ai rapporti con le norme costituzionali, la Corte costituzionale (Corte
cost. 48/1979) ha distinto:
a. le consuetudini internazionali formatesi anteriormente all’entrata in vigore della
Costituzione, in relazione alle quali si applica il principio di specialità, per cui
prevarranno su norme costituzionali eventualmente contrastanti se speciali
rispetto ad esse;
b. le consuetudini internazionali formatesi successivamente all’entrata in vigore della
Costituzione, per le quali, invece, il meccanismo di adeguamento automatico
previsto dall’art. 10 Cost. non potrà in alcun modo consentire la violazione dei
principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, operando in un
sistema costituzionale che ha i suoi cardini nella sovranità popolare e nella rigidità
della Costituzione. In altri termini, tali norme consuetudinarie non potranno avere
ingresso nel nostro ordinamento qualora violino detti principi fondamentali.
I. GIURISPRUDENZA: Il conflitto tra norma internazionale consuetudinaria e Costituzione: il
caso dell’immunità della giurisdizione tedesca per i crimini della seconda guerra
mondiale
La Corte costituzionale si è occupata della questione nella sent. 22 ottobre 2014, n. 238: il giudice
a quo dubitava della legittimità costituzionale di alcune norme che gli avrebbero imposto di
declinare la giurisdizione in relazione a tre giudizi instaurati contro la Repubblica federale di
Germania (RFG) per ottenere la condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni patiti nel corso
della seconda guerra mondiale da tre cittadini italiani, catturati nel territorio italiano da forze militari
tedesche e deportati in Germania per essere adibiti al lavoro forzato nei campi di concentramento.
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PARTE I – LO STATO
In particolare, tra le altre, si censurava la norma prodotta nel nostro ordinamento mediante il
recepimento, ai sensi dell’art. 10, co. 1, Cost., della norma consuetudinaria di diritto internazionale
sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, così come interpretata dalla Corte
internazionale di giustizia (CIG) nella sentenza Germania c. Italia del 3 febbraio 2012, nella parte in
cui comprende tra gli atti iure imperii sottratti alla giurisdizione di cognizione anche i crimini di
guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona, commessi in Italia e in Germania
nei confronti di cittadini italiani nel periodo 1943-1945 dalle truppe del Terzo Reich.
La richiamata norma internazionale, impedendo l’accertamento giurisdizionale e la valutazione
della pretesa di risarcimento dei danni derivanti dalle gravi violazioni dei diritti fondamentali subìte
dalle vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità, commessi da altro Stato, anche se
nell’esercizio di poteri sovrani, contrasterebbe con il principio di insopprimibile garanzia della tutela
giurisdizionale dei diritti, consacrato nell’art. 24 Cost., che è un principio supremo dell’ordinamento
costituzionale italiano.
La Corte costituzionale ha innanzitutto ribadito che spetta ad essa risolvere il conflitto tra la norma
internazionale da immettere ed applicare nell’ordinamento interno, così come interpretata
nell’ordinamento internazionale (norma che ha rango equivalente a quello costituzionale, in virtù
del rinvio di cui all’art. 10, co. 1, Cost.) e i principi qualificanti e irrinunciabili dell’assetto
costituzionale dello Stato e, quindi, i principi che sovraintendono alla tutela dei diritti fondamentali
della persona. Non vi è dubbio, infatti, a parere dei giudici costituzionali, che i principi fondamentali
dell’ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscono un limite
all’ingresso delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l’ordinamento giuridico
italiano si conforma secondo l’art. 10, co. 1, Cost.
Applicando tali principi, la Corte ha risolto la questione rilevando che effettivamente la norma
consuetudinaria internazionale sull’immunità dalla giurisdizione degli Stati stranieri, con la portata
definita dalla CIG, nella parte in cui esclude la giurisdizione del giudice a conoscere delle richieste di
risarcimento dei danni delle vittime di crimini contro l’umanità e di gravi violazioni dei diritti
fondamentali della persona, determina il sacrificio totale del diritto alla tutela giurisdizionale dei
diritti delle suddette vittime e si pone quindi in contrasto con gli artt. 2 e 24 Cost. Ciò impedisce
l’operatività del rinvio di cui al primo comma dell’art. 10 Cost.: in altri termini, la parte della norma
sull’immunità dalla giurisdizione degli Stati che confligge con i predetti principi fondamentali non è
entrata nell’ordinamento italiano e non vi spiega, quindi, alcun effetto.
2.2. Le norme internazionali convenzionali e l’esecuzione dei trattati
internazionali.
A) Procedimenti di adattamento ai trattati internazionali
Come anticipato, per il diritto internazionale convenzionale o pattizio non opera il
meccanismo di adattamento automatico di cui all’art. 10, co. 1, Cost., essendo, al
contrario, necessario uno specifico procedimento di adattamento del diritto interno ai
trattati internazionali. In particolare, l’adattamento ai trattati internazionali può avvenire
tramite:
1. procedimento ordinario, consistente nell’adozione di un atto (di regola una legge
ordinaria) in cui le norme internazionali vengono riformulate in norme interne che si
limitano a riprodurne o specificarne il contenuto. Tale procedimento è adottato
soprattutto in presenza di trattati non self-executing, ossia non sufficientemente
completi o precisi da consentirne l’immediata applicazione, per la quale occorre una
disciplina interna di integrazione;
2. procedimento speciale, consistente nell’adozione di un atto contenente il cd.
ordine di esecuzione, attraverso cui si recepisce automaticamente il testo del trattato
(grazie alla formula “Piena ed intera esecuzione è data al trattato...”).
Tale ordine di esecuzione è di regola contenuto in una legge ordinaria, ma nulla vieta
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