Sorella vita - Teatro Vascello

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Sorella vita - Teatro Vascello
ANGELO PIZZUTO- SORELLA VITA ("ILDEGARDA" DI E CON
C.BORGOGNI.T.DUE DI ROMA)
Pubblicato da Administrator
Venerdì 09 Maggio 2014 11:18
Teatro
Il mestiere del critico
SORELLA VITA
“Ildegarda- La Sibilla renana”. Di e con Cristina Borgogni- e con Paolo Lorimer
Musiche di Ildegarda di Bingen a cura di Dario Arcidiacono aiuto regista Luca Signore sartoria Inna
Danila foto Greta Lorimer attrezzeria Rancati costumi Avdul Caya luci Valerio Geroldi allestimento
scenico Alessandro Brambilla organizzazione Enzo Toto ufficio stampa Cristina D'Aquanno
Prodotto dal Teatro Vascello. Di scena al Teatro Due di Roma
----Sempre arduo, e possibile fonte di equivoci, ‘trasferire’ in drammaturgia (teatrale o
cinematografica) la vita monacale, senza incorrere nel ‘penality’ dell’agiografico, dello
scandalistico, della celebrativa compiacenza Rischi che, per la verità, diversi film di indiscusso
pregio avevano abilmente scansato, spesso privilegiando (e quindi analizzando) il l’habitat storicorepressivo in cui le ‘vocazioni forzose’ andavano a dissugarsi, nullificando esistenze al femminile
immolate allo jus ereditario (privilegio del primogenito) e da altre pezzenterie morali inerenti
dinastie e trasmissioni di cespiti. “Và in convento”- perorava Amleto ad Ofelia, e mai maledizione
(o consapevolezza dei tempi oscuri) ebbe vittime più innocenti e raramente capaci di ribellarsi.
Quanto meno per mettere in guardia eventuali ‘destinatarie ignare’, penso adesso che opere come
“La religiosa”, “Ida”, “Storia di una capinera”, “Magdalene”, “Oltre le colline” andrebbero
visionate, preventivamente, da qualsiasi ragazza esprima il desiderio di prendere i voti…anche se
questa è una precettistica a noi non pertinente.
E diversamente da quanto accade in teatro, dove è raro imbattersi in spettacoli perlacei,
compos(i)ti, privi di enfasi miracolistica (eppure prismatici nel loro distillare quel misterioso elisir
che è la vocazione religiosa narrata ai laici, senza dogmi, né impertinenze badiali) quali “Ildegarda,
la sibilla renana” –scritto, diretto ed interpretato da Cristina Borgogni, che è attrice solida,
proteiforme, colta e di lunga (eterogenea) esperienza. A memoria, e certamente con qualche
omissione, i paragoni ci riportano nel tempo (ed escludendo la ricamata, estenuata coralità del
“Dialogo delle Carmelitane” di Bernanos) ad “Abelardo ed Eloisa “ di Maricla Boggio (con
l’indimenticabile Rosa Di Lucia), ai monologhi di Alida Giardina dedicati, in più occasioni, alla
dibattuta esistenza di Santa Teresa d’Avila. Ove a prevalere era comunque il ‘tormento e l’estasi’ di
una vocazione religiosa in fondo ‘non riconciliata’ con le sirene della mondanità e le seduzioni del
vivere ‘in altro modo e mondo’ che non fossero il reclusorio e la disciplina del chiostro.
L’ Ildegarda di Cristina Borgogni possiede, invece, il dono di una fede come dire? sorridente
pedagogica, pragmatica ovvero l’apertura mentale di una donna che non dubita un solo istante
della scelta compiuta in età adolescente, e che intrattiene con la ‘trascendenza’ un
rapportodialettico\dialogante privo di svenevolezze mistiche, contrizioni medievali (pur se la
vicenda umana accade nel 1100), abiura di ogni bene terreno. Tutt’altro: poiché Ildegarda di
Bingen, (che fu scrittrice, anatomista, musicista, biologa- per intelligenza istinto autodidatta, poi
nominata Dottore della Chiesa) è stata e rimane un personaggio quanto mai sfaccettato e attuale:
sia per la sua visione olistica dell'uomo (in una sorta di panteismo ‘dell’universo e d’altri mondi’
che la accomuna a Tommaso Campanella) sia per le sue intime vibrazioni di donna interessata
agli eventi della procreazione,della sessualità, della spiritualità nutrita dalla salute del corpo e della
mente.
Con una vocazione tutt’altro che claustrale, semmai sospinta dalla necessità di diffondere il ‘verbo
sapienziale’ (con “virile” determinazione- quasi ad anticipare una provocatoria paritas fra uomo e
donna) dismesso d’ogni supponenza e comunque irrorato dai consigli, perorazioni, ansie a volte
accorate di un padre spirituale, che Paolo Lorimer interpreta con fascino persuasivo, mai
paternalistico , giustamento offuscato dalla benefica ombra del dubbio, della desistenza a
qualcosa che ‘è più grande di lui’. Forza, fragilità, infaticabili progetti coesistono con amabile
cocciutaggine nella ‘carezza’ e nello ‘schiaffo’ scenico che la Borgogni imprime ad un pubblico
probabilmente propenso (in materia religiosa) a sorbire giaculatorie o frammenti (posture) da sacra
rappresentazione. Quindi proficuamente spiazzato, ma plaudente, all’appasssionata ricerca
(documentazione e due anni di stesura) che di un’ Ildegarda nostra contemporanea e sorella di
precoce saggezza: contro la banalità del male e la ‘pena’ dei giorni ostili.