Doppio intrigo per Norman Parker

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Doppio intrigo per Norman Parker
Doppio intrigo per
Norman Parker
O
M
isterioso decesso durante il concerto di apertura della stagione di musica lirica tenuto ieri al
Royal Opera House. La famosa soprano francese Yvette Bourgueis aveva concluso
brillantemente la prima parte della sua esibizione e si accingeva a ringraziare il pubblico per
la moltitudine di omaggi floreali che continuavano a giungere sul palco accompagnati da calorosi
applausi. La vedette aveva attirato, nel famoso teatro della zona di Covent Garden, un enorme
numero di spettatori che aveva fatto registrare il tutto esaurito. L’intervento degli uomini della
polizia è stato tempestivo ma non è riuscito a stabilire la causa di una morte tanto improvvisa
quanto inaspettata.
Tutto farebbe pensare ad una paralisi cardiaca ma coloro che la conoscevano escludono l’ipotesi in
quanto la donna era sanissima sotto questo aspetto; qualcuno, invece, ipotizza che potrebbe trattarsi
di omicidio ma non è stata ritrovata alcuna traccia utile ad avvalorare tale tesi. Sul corpo della
sventurata non è stata rinvenuta alcuna ferita ne altri segni che possano indurre a pensare ad un
omicidio. Il cadavere, pertanto è stato affidato all’esame del Coroner da cui si attende un responso
definitivo. Pertanto tutto sembra coperto dal massimo riserbo mentre il caso si avvolge in una coltre
di mistero. Secondo voci non ufficiali, le indagini del caso sarebbero state affidate all’ispettore
Norman Parker della sezione omicidi di Scotland Yard, noto per aver già risolto brillantemente altri
complicati casi avvenuti nella nostra città .
Così si leggeva alle prime pagine del Times e del Daily News usciti la mattina di…
lunedì 21 febbraio 1937.
Era una mattina talmente grigia ed uggiosa che sembrava scoraggiare la gente dall’uscire dalle
proprie case. La neve accumulatasi nei giorni precedenti si stava sciogliendo a causa di una
pioggia frustante che, contro ogni possibile previsione, aveva preso il posto dei candidi fiocchi
creando sul selciato una fanghiglia gelida ed insidiosa. I passi di Norman Parker risuonavano
gracidanti nella strada deserta. Il suo sguardo di rivolse al terzo piano dell’imponente edificio
della storica sede di Scotland Yard; la finestra del suo ufficio era già illuminata.
“Complimenti Norman, -disse il detective Gordon- il tuo nome è su tutti i giornali di Londra.”
“Già. -rispose- Vorrei solo sapere chi ha messo in giro questa notizia. Quel caso non è stato
affidato a me!”
“Ne sei proprio certo? Se fossi in te guarderei sulla tua scrivania. Se non sbaglio dovrebbe
esserci una comunicazione scritta che arriva direttamente dal gran capo. Ieri sera, quando è
accaduto il fatto, ti abbiamo cercato ovunque ma tu eri letteralmente sparito. Sembra quasi che
diventi invisibile quando non sei in servizio. Ma dov’eri?”
Norman lesse il biglietto dell’ispettore capo Dawson, sul suo viso apparve un sorrisetto ironico.
“E’ vero, -disse- pare proprio che il caso sia di mia pertinenza. Mi chiedevi dov’ero? Ero a cena
con mia moglie in un ristorante di Covent Garden, nei pressi del Royal Opera. Purtroppo la notizia
della disgrazia mi è giunta troppo tardi. Quando sono arrivato sul luogo voi eravate già andati via ed
il corpo era già stato prelevato dal Coroner. A quel punto non mi restava che dare un’occhiata in
giro e ritornarmene a casa, tanto più che non ero in servizio né tanto meno sapevo che quel caso
venisse affidato a me. Ma ora che lo sappiamo, ci conviene metterci subito al lavoro.”
“Perché parli al plurale?” –domandò Gordon“Perché sembra proprio che in questa indagine saremo costretti a lavorare in coppia. Sei stato
scelto come mio aiutante e devo ammettere che, se fosse dipeso da me, avrei fatto la stessa scelta.”
“Anche per me è un vero piacere Parker, come intendi procedere?”
“Per prima cosa bisognerà conoscere i risultati dell’autopsia poi interrogare ogni componente
dell’orchestra, cominceremo dal direttore. Tu, strada facendo mi racconterai dettagliatamente ciò
che hai visto ieri sera quando arrivasti sulla scena del presunto delitto.”
“Quel che mi ha colpito immediatamente, -raccontò Gordon- è stato il suo profumo, era molto
dolce ma così penetrante da dar fastidio. Aveva ancora tra le mani un bellissimo fascio di fiori, ma
tranne questo non c’era nulla di strano, l’ipotesi di un omicidio mi sembra assolutamente da
scartare. Non riuscirei neanche ad immaginare quale arma potrebbe aver usato l’assassino. Un’arma
da fuoco sembrerebbe da escludere poiché a detta dei presenti non si sentì alcuno sparo ne altro
rumore simile. D’altronde il corpo della vittima non presenta alcun foro da arma da fuoco”
“Non è detto. –rispose Parker- Immagina un revolver di piccolo calibro usato durante
l’esecuzione di un brano musicale in un grande teatro come il Royal Opera, nel momento in cui
viene dato un colpo di gong, ad esempio, i due suoni si fonderebbero insieme e probabilmente lo
sparo si sentirebbe ben poco. Naturalmente questo non è il nostro caso. L’altra ipotesi è quella di
escludere qualsiasi arma da fuoco, come dicevi poc’anzi. Ma ciò ci porterebbe a pensare ad armi
inusuali per il nostro tempo come balestre, archi, frecce, fionde, lance e cerbottane, ma questa
ipotesi mi sembra piuttosto remota anche se non è da escludere completamente. Almeno per ora .”
“Ecco quella che potrebbe essere la causa della morte. –disse il medico legale- Una piccolissima
puntura, quella di un’ape, infatti all’interno della puntura abbiamo trovato il suo pungiglione.
Come saprete si tratta di un veleno che solitamente non è letale per l’uomo, fatta eccezione per chi
ne sia particolarmente allergico. In tal caso potrebbe provocare uno shock anafilattico.”
“In quanto tempo sopraggiunge la morte dopo essere stati punti?” –chiese Parker“Non è facile stabilirlo. –rispose- Solitamente il veleno prodotto dalle api, nell’uomo si limita a
provocare un banale dolore accompagnato da gonfiore e solo in casi rari provoca la morte; si tratta
di soggetti allergici ipersensibili alla tossina. Diciamo che in linea di massima la morte
sopraggiunge entro un paio d’ore, se non si è intervenuti con un farmaco appropriato, anche se i
tempi di assimilazione del veleno possono variare ampiamente da soggetto a soggetto. L’insetto,
invece perde il pungiglione e muore quasi subito dopo.”
“Piuttosto singolare perdere la vita in questo modo, –soggiunse Parker- considerando che due
ore prima del decesso la donna era ancora sul palcoscenico o forse nel suo camerino. Consideriamo
anche che siamo in una grande città dove la presenza di questi insetti è rarissima, specialmente in
pieno inverno . Che morte assurda, per quanto si possa lavorare di fantasia, non riesco a capire
come sia potuto accadere. Mio caro Gordon, credo che tu debba cominciare ad indagare sulla vita
privata della vittima. Io, nel frattempo comincerò ad interrogare i componenti dell’orchestra. E’ un
incidente troppo banale per essere una semplice fatalità Ci vediamo domattina in ufficio.”
Parker si recò immediatamente al Royal Opera e dopo aver presentato il suo distintivo al direttore
artistico chiese un elenco di tutti coloro che facevano parte dell’orchestra poi gli domandò se la
sera dell’omicidio avesse notato qualcosa di strano.
“Assolutamente nulla. –rispose- Vede ispettore i nostri spettacoli vengono provati e riprovati fino
a sfiorare la perfezione, per cui difficilmente può accadere qualcosa di anomalo.”
“Capisco ma mi scusi se insisto, non ricorda, per caso, di aver notato del nervosismo, della
tensione in qualcuno dei musicisti o degli altri addetti?”
“No, non mi pare. D’altra parte si tratta di decine di persone e, sebbene siano quasi tutti dei
veterani, la sera di una prima importante c’è sempre un po’ di emozione e quella sera c’era anche un
po’ di tensione poiché il maestro Hunter era arrivato in teatro con un ora di ritardo e quindi le ultime
prove che ritualmente si fanno prima di uno spettacolo importante dovettero essere ridotte
all’essenziale. Tranne questo particolare, -concluse- non ho notato proprio nulla di strano.”
Dopo essersi congedato, Parker si fece accompagnare nel camerino della cantante nella speranza di
trovare una traccia, un indizio. A prima vista sembrava essere tutto in ordine ciononostante elencò
scrupolosamente tutto ciò che aveva trovato, una volta chiusa la porta del camerino estrasse la
chiave e se la mise in tasca.
“Temo che dovrete fare a meno di questo camerino. L’accesso, per ora, sarà limitato ai soli
agenti di polizia.
Uscì dal teatro dirigendosi verso l’abitazione del direttore d’orchestra.
Arrivato davanti al custode gli chiese:
“Abita qui il signor Hunter?”
“Certo signore, terzo piano interno dieci.”
“E’ da molto tempo che vive qui?” –soggiunse“Se intende il maestro sono circa tre anni.” –rispose il custode- Io abito qui da quasi
quarant’anni, il che significa più della metà di tutta la mia esistenza.”
“Lei lo conosce bene… il maestro?”
“Ma perché mi fa tutte queste domande? non sarà mica della polizia? non starà indagando
sull’omicidio di quella cantante per caso?”
Annuendo Parker mostrò le sue credenziali quindi pregò il suo interlocutore di rispondere alla sua
domanda. L’uomo ebbe un attimo di esitazione poi, dopo aver guardato attentamente il distintivo di
Parker , si decise a parlare:
“Non posso certo dire di conoscerlo bene. Il maestro non è un tipo molto loquace, se incontra
qualcuno per la strada, saluta a testa bassa e cammina oltre. Posso affermare con certezza di non
averlo mai visto in compagnia di alcuno e nessuno mai è venuto a fargli visita. Da tre anni esce e
rincasa sempre alla stessa ora. Nel nostro condominio non riscuote le simpatie di nessuno ma nello
stesso tempo mai nessuno ha avuto modo di lamentarsi di lui. Io dal mio canto ho cercato varie
volte di scambiare quattro chiacchiere ma non c’è stato verso di intavolare un discorso. Dice sempre
di essere molto occupato, saluta frettolosamente e sparisce su per le scale.”
Improvvisamente il custode cambiò letteralmente espressione, portando la mano destra alla fronte
come se avesse ricordato qualcosa di molto importante.
“Mi perdoni ispettore, -disse- temo di aver detto un’imperdonabile inesattezza affermando che
non ha ricevuto mai visite ma le giuro che mi era completamente sparito dalla memoria, tutta colpa
della mia veneranda età, ormai sono prossimo ai novanta ma sono ancora attivo, mi creda. Come le
dicevo qualcuno è venuto a fargli visita proprio ieri pomeriggio.”
“Suppongo che non avesse mai visto prima quell’uomo.” -disse Parker“Mai visto prima, -rispose- ma se devo essere sincero dovrei dire non averlo visto ne prima ne
durante ne dopo.”
“Cosa vuol dire.” –chiese Parker“Vuol dire che quell’uomo aveva il volto coperto fin sopra il naso da una lunga sciarpa di seta
bianca, indossava una bombetta nera e piccoli occhiali fumè, del suo volto non si poteva vedere
assolutamente nulla.”
“Non ricorda nessun particolare, qualcosa di insolito, nel suo atteggiamento, o nella voce?”
-chiese Parker“Ora che mi ci fa pensare aveva una voce strana, molto bassa. Quando gli ho chiesto dove
andasse mi ha risposto semplicemente Hunter. Quando poi è andato via, nel dirmi buonasera, ho
avuto l’impressione che fosse addirittura rauco. ”
“Ricorda che ora era e quanto tempo si trattenne dal maestro Hunter?”
“Non doveva essere più tardi delle diciassette, il sole era tramontato da poco. L’uomo non si
trattenne molto, mezz’ora, forse tre quarti d’ora. Ricordo di averlo visto andar via, passò davanti
alla mia guardiola a testa bassa, mi salutò senza neanche rivolgermi uno sguardo.”
“La ringrazio, -disse Parker- mi è stato di grande utilità. Ora vorrei fare quattro chiacchiere con
il maestro, non sa dirmi se è in casa?
“Veramente sono almeno un paio di giorni che non lo vedo uscire ma non me ne meraviglio, non
è la prima volta che si chiude in casa senza uscire per giorni e giorni. Una volta, preoccupato, andai
a bussare alla sua porta chiedendogli se stesse bene e se avesse bisogno di qualcosa. Per tutta
risposta mi disse che non erano affari miei e che non aveva bisogno di nulla. Ora ho imparato la
lezione e anche quando per qualche giorno non lo vedo uscire di casa mi astengo dal salire a
domandargli il perché.”
“La capisco. –rispose Parker- Terzo piano interno dieci –soggiunse- non è vero?
“Esattamente. –rispose il custode- Dovrà salire a piedi l’ascensore è guasto.”
L’ispettore si incamminò su per le scale di marmo grigio. In quei giorni aveva piovuto a dirotto ed i
gradini erano sporchi di fango proveniente dalla strada, trasportato dalle scarpe degli abitanti del
palazzo ma arrivato al pianerottolo del terzo piano le impronte di fango si interrompevano.
“Strano saranno state pulite da poco.” –pensòQuando arrivò alla porta del maestro, Parker bussò più volte al campanello ma non vi fu alcuna
risposta. Aspettò ancora qualche minuto poi iniziò a battere energicamente con la mano ma il
risultato non cambiò. Prima di andar via l’ispettore diede un’occhiata alle scale che proseguivano
per il quarto piano: fango anche lì. Ritornato al cospetto del custode gli chiese se era veramente
sicuro di non averlo visto da un paio di giorni. Il custode affermò che l’ultima volta che lo aveva
visto fu poco prima della visita del misterioso personaggio dagli occhiali scuri.
“Era rientrato da poco quando ebbe la visita di quell’uomo.”
“E da allora non è più uscito di casa?” –chiese Parker“Proprio così. Vede ispettore, non lasciamo mai la guardiola incustodita. Quando devo
allontanarmi c’è sempre mia moglie a sostituirmi. Le assicuro che nessuno potrebbe passare di qui
senza essere notato.”
“Devo smentirla, purtroppo. -Affermò Parker- Il maestro Hunter, ieri sera si trovava al Royal
Opera a dirigere l’orchestra per l’apertura della stagione lirica, durante la quale è stata uccisa la
cantante Yvette Bourgueis. A questo punto viene spontaneo pensare che lei o sua moglie non abbiate
notato Hunter che usciva per recarsi a teatro, non le pare?”
“E’ vero, -disse- come avrò fatto a non pensarci prima. Hunter, ieri sera, doveva dirigere
l’orchestra e l’ha fatto a quanto pare ma di qui non è uscito, potrei metterci la mano sul fuoco.
La pioggia non aveva dato che brevi, sporadiche tregue ma il freddo non accennava a mitigarsi.
C’era da chiedersi come mai non nevicasse. Ovunque si respirava l’odore forte ed acre del fumo
dei ceppi ardenti dei camini accesi, un fumo nero che sembrava tingere ogni cosa. Unici punti
bianchi i lampioni ancora accesi in quel paesaggio irreale, tenebroso, del tutto simile ad un vecchio
disegno a china o a carbone.
Martedì 22 febbraio ore 7,45.
Gordon metteva al corrente Parker dei primi risultati delle sue indagini sulla vittima:
“Yvette Bourgueis era nata a Parigi trentacinque anni prima, da madre francese e padre
londinese. Si trasferì a Londra all’età di quindici anni quando suo padre dovette tornare in patria per
motivi di lavoro. A venticinque anni era già una cantante di grande successo, richiesta dalle
maggiori orchestre d’Europa. Era continuamente in viaggio ma risiedeva stabilmente a Londra
nella casa dei genitori ancora viventi. La cosa strana è che, sebbene fosse una donna indubbiamente
affascinante, non era sposata ne, pare, avesse alcuna relazione.
“Non è molto ma meglio di niente. -rispose l’ispettore- Purtroppo tra le tue indagini e le mie
possiamo dire, senza ombra di dubbio, di essere in alto mare. C’è qualcosa, però che mi lascia
perplesso ed è la sicurezza del custode nell’affermare che Hunter non si era mosso di casa da
almeno due giorni.”
“Ma di cosa stai parlando?”
“Un attimo di pazienza e lo saprai.”
“Capisci, Gordon? –disse Parker alla fine del suo racconto” Il custode asserisce di essere certo
che Hunter non sia uscito di casa pur sapendo benissimo che la sera del giorno 20 il maestro
dirigeva l’orchestra al Royal Opera. Vedi –soggiunse- quell’uomo sa perfettamente che la sua
affermazione è in netta contraddizione con i fatti ma lungi da lui l’idea che Hunter sia potuto uscire
di casa senza che lui l’abbia visto.”
“Tu cosa ne pensi?” –chiese Gordon“Non oso pronunciarmi, almeno per ora. Piuttosto, c’è un particolare che forse può sembrare
insignificante ma che continua a tormentarmi: il pavimento del pianerottolo del terzo piano del
palazzo in cui vive Hunter era perfettamente pulito, mentre l’ingresso ed i primi due piani erano
piene di impronte di scarpe bagnate, così come le scale che proseguivano verso il quarto.”
“Può darsi che Hunter fosse un maniaco della pulizia ed avendo notato che fuori dal suo
appartamento si era formato del fango si fosse preoccupato di ripulirlo, senza contare che aspettava
una visita e che forse l’uomo in nero era una persona di riguardo con la quale, forse, aveva interesse
a fare una buona impressione.”
“Non credo, amico mio. Per due buoni motivi: per prima cosa, se il pavimento fosse stato pulito
prima dell’arrivo dello sconosciuto, avremmo dovuto trovare almeno le sue impronte. Perciò
deduco che la pulizia sia stata fatta dopo la visita dell’uomo in nero. Per seconda, Hunter non
aspettava alcuna visita, un tipo puntuale e metodico come lui non avrebbe dato un appuntamento
un’ora prima delle prove generali, con il rischio di arrivare tardi a teatro come poi si è verificato.
Comunque sia la prima cosa da fare è quella di procurarci immediatamente un mandato di
perquisizione onde poter penetrare nell’appartamento di Hunter, forse in quella casa potremo
scoprire qualcosa in più.”
Un’ora dopo i due varcavano la soglia del grande portone e avvicinatosi alla guardiola, Parker
scorse il pallido viso dell’anziano custode i cui occhietti neri e vispi scintillavano al di sotto di due
folte e candide sopracciglia.
“Buongiorno ispettore. –disse- Qual buon vento?”
“Le presento il tenente Gordon, è il collega che mi sta affiancando nelle indagini del caso
Bourgueis. Siamo qui con un mandato di perquisizione, dovremmo dare un’occhiata all’appartamento di Hunter, sempre che in questo frattempo non si sia fatto vivo.”
“No, ispettore di lui non si è vista nemmeno l’ombra.”
“Bene, -replicò Parker- se permette andiamo a fare un sopralluogo. Può salire anche lei se
vuole.”
“Preferisco di no. –rispose- L’ascensore è ancora fuori uso ed alla mia età tre piani di scale sono
faticosi da salire.”
“A quanto ho capito lei sale solo con l’ascensore. Non è lei, quindi che si occupa delle pulizie
giornaliere!”
“No! Infatti. Sono già diversi anni che, sia io che mia moglie, non ce ne occupiamo più. E’ un
ragazzo ad occuparsene per conto nostro ed a nostre spese. Viene ogni giorno al mattino presto,
prima che gli inquilini escano per le loro faccende.”
Arrivati al terzo piano Parker e Gordon bussarono vigorosamente alla porta dell’interno dieci ma
come già si aspettavano nessuno rispose. Gordon estrasse dalla tasca del paletot un astuccio con
numerosi chiavistelli e cominciò ad armeggiare sapientemente nella serratura. In men che non si
dica furono all’interno dell’appartamento. I due entrarono lentamente guardandosi bene dal toccare
qualunque cosa Le tende delle finestre erano completamente chiuse e la luce fioca del pianerottolo
entrando dalla porta lasciata aperta non riusciva ad illuminare sufficientemente l’ambiente,
bisognava aprirle. Copiosamente la pioggia di un improvviso temporale arrivò inaspettata sui vetri
delle finestre conferendo all’ambiente un aspetto ancora più austero, quasi lugubre.
“Allegra come casa vero?” –osservò Gordon“Già. –rispose Parker- Come tutti gli artisti deve essere un tipo piuttosto trascurato almeno a
giudicare dalla polvere e dal disordine. Come vedi ciò smentisce che Hunter potesse essere un
maniaco per la pulizia, come tu avevi supposto. Che senso avrebbe avuto preoccuparsi della pulizia
del pianerottolo quando la casa era sporca ed in disordine?”
In camera da letto tutto era rimasto come il maestro l’aveva lasciato dall’ultima volta che vi aveva
dormito il letto era, quindi, disfatto. Nel guardaroba numerosi abiti da sera impeccabilmente stirati
emanavano un gradevolissimo profumo maschile. L’ispettore osservava attentamente ogni cosa
nella speranza di poter trovare un idizio che potesse essergli utile per le sue indagini ma la fortuna
sembrava non volergli arridere.
“Nulla di interessante, vero Parker?”
“Così sembra, amico mio. Converrà dare una frugatina anche ai cassetti ma mi raccomando non
toccare nulla senza prima aver messo i guanti.”
Dalla minuziosa perquisizione non emersero che pochi ed apparentemente insignificanti effetti
personali del maestro: diverse partiture musicali, qualche fotografia scattata in compagnia di altri
musicisti o mentre dirigeva qualcuna delle molteplici orchestre sparse per l’Europa. Sulla sua
scrivania ancora spartiti musicali ed alcune targhe ricordo ricevute nelle sue numerose tourneé.
“Che strano, -osservò Gordon- nemmeno una fotografia di sua moglie o dei familiari, si direbbe
un uomo completamente solo”
“E’ esatto fino ad un certo punto. –rispose Parker- Ho racimolato qualche notizia qua e la
nell’ambito del Royal Opera House e pare che sia rimasto vedovo cinque anni or sono, quando
viveva ancora nella sua terra natia, la Germania. Pochi mesi dopo si trasferì in Francia dove si
stabilì per circa due anni ed infine qui a Londra in questa casa dove vive da circa tre anni per
quanto riguarda i genitori non sono riuscito a reperire alcuna notizia, tranne alcune voci secondo cui
Hunter padre sarebbe stato un alto ufficiale dell’esercito germanico ma come dicevo si tratta di
semplici voci probabilmente senza fondamento. A quanto pare il maestro conduceva una vita
piuttosto solitaria e dopo la perdita di sua moglie non ha avuto altre relazioni sentimentali ne ha
intrecciato amicizie di alcun genere. Anche con gli elementi dell’orchestra aveva un rapporto
formalmente professionale, nulla di più. Si ignora anche dell’esistenza di altri eventuali parenti, ad
eccezione di un lontano cugino con il quale aveva uno scambio di corrispondenza ma nulla di
assiduo. Come vedi amico mio è davvero una figura a dir poco enigmatica.”
“Scusami Norman mi spieghi perché ne parli al passato? Sembra quasi che tu lo creda morto.”
“Non so dirti il perché, -rispose- ma ho come il presentimento che gli sia accaduto qualcosa di
spiacevole.”
I due richiusero la porta con lo stesso sistema con cui era stata aperta e cominciarono a scendere
lentamente le scale. Parker procedeva a testa china con l’aria di chi è tormentato da un pensiero
assillante. Non riusciva, infatti, a trovare una spiegazione alle affermazioni del custode. Come
aveva fatto Hunter ad uscire dall’appartamento e recarsi in teatro senza esser visto? Chi era il
misterioso personaggio che gli fece visita? e perché l’ultima rampa di scale era stata pulita nel
pomeriggio e da chi, considerato che l’addetto alle pulizie svolgeva il suo lavoro esclusivamente di
mattina presto?
Erano queste le domande a cui Parker doveva dare una risposta. Tutto ciò era certamente legato alla
scomparsa di Hunter e forse all’assassinio della cantante ma la matassa non era certo facile da
dipanare.
“A cosa devo attribuire questo tuo strano mutismo? –chiese Gordon- non dirmi che ti sei già
fatto un’idea di quanto sia potuto accadere in quell’appartamento?”
“Mi sopravvaluti. -rispose- E’ pur vero che la persona a cui ti rivolgi è il miglior investigatore di
cui Scotland Yard possa avvalersi attualmente, sicuramente colui che conta il maggior numero di
casi risolti con successo, ma non certo famoso per avventatezza. Dammi il tempo necessario e
qualcosa ne verrà fuori. Tanto per cominciare, ho la precisa sensazione di aver imboccato la strada
giusta. Andremo avanti con l’indagare sui componenti dell’orchestra ma è per pura pignoleria. I
personaggi del nostro caso sono tutti già evidenti nella mia mente, anche se non so ancora quale
ruolo attribuire loro. Le vittime e gli assassini, spesso, diventano tutt’uno. A volte si trovano
talmente vicini da essere confusi gli uni con gli altri. Chiaro no?”
“Ci capisco sempre meno, - rispose Gordon – complimenti per la modestia, comunque.”
Arrivati all’ingresso trovarono l’immancabile custode che ansiosamente chiese:
“Trovato niente ispettore?”
“Nulla di interessante temo. Comunque mi avverta immediatamente nel caso in cui il professor
Hunter si faccia vivo nell’arco delle 48 ore in caso contrario darò ordine di sigillare l’ingresso del
suo appartamento. A presto.”
Parker porse la mano al custode che, per tutta risposta, ritrasse la sua.
“Mi perdoni se non le stringo la mano, ma le mie sono tutte tinte di nero. E’ per colpa di questo
pezzo di carbone. E’ stato trovato tra i contatti dell’ascensore. L’operaio dice che il guasto
dipendeva proprio da questo. Ora funziona perfettamente.
“Un pezzo di carboncino da disegno. –Osservò Parker- Le risulta che qualcuno degli abitanti in
questo palazzo ne faccia uso per professione o per diletto?
“Nessuno, che io sappia. Non ci sono artisti qui, tranne Hunter:”
“Le dispiace se lo tengo io?” -chiese Parker“Certo che no, –rispose il custode- lo tenga pure, io non saprei proprio che farmene.”
L’ispettore prese il pezzo di carbone e lo ripose delicatamente in una bustina di carta.
“Mettilo in borsa. –disse rivolgendosi al suo aiutante- Ed ora seguimi, si ritorna al terzo piano e
questa volta si sale in ascensore.”
L’atteggiamento di Parker lasciò il suo collega completamente disorientato. Avevano perquisito
l’appartamento di Hunter senza tralasciare neanche il più insignificante dei dettagli ed ora lui
decideva di tornare su al terzo piano solo per un pezzetto di carbone trovato tra i contatti elettrici
dell’ascensore. Mentre Gordon si arrovellava il cervello per capire il nesso tra il pezzo di carbone e
le loro indagini, Parker osservava accuratamente l’interno dell’ascensore. Quando furono al terzo
piano aprì le porte e con la lente d’ingrandimento esaminò i contatti elettrici. Sempre con la stessa
lente osservò il pavimento del pianerottolo del terzo piano, palmo a palmo. Poi fu la volta della
vecchia porta d’ingresso dell’appartamento di Hunter. Non un solo centimetro dell’infisso fu
risparmiato ed alla fine sul volto di Parker apparve, come per magia, un sobrio sorriso di
compiacimento.
“Vuoi essere così gentile da dirmi cosa stà accadendo? Hai l’aria del segugio che ha appena
annusato un tartufo. Io però non vedo altro che una vecchia, consunta, porta d’ingresso.”
“Guarda tu stesso attraverso la lente, osserva questo punto preciso. Non vedi delle linee che
formano una figura geometrica?”
“Perbacco! –rispose Gordon- Sono molto lievi ma con la lente riesco a vederle anch’io.
Sembrano comporre un triangolo equilatero.”
“Esatto, -rispose- ma se allarghi la visuale noterai che esiste un secondo triangolo capovolto che
si interseca con il primo e se guardi il disegno nella sua totalità, noterai che si tratta di una
rudimentale stella a sei punte. La cosiddetta stella di David.”
“E’ vero. –osservò Gordon- Se non erro è un simbolo che si incontrava molto spesso nei trattati
di alchimia.”
“Non solo in alchimia ma anche in magia. Infatti le si attribuiva un potere benefico che serviva a
scacciare le entità maligne e ad invocare quelle benevole ecco perché veniva definita lo scudo di
David. Ma chi e perché l’ha disegnata su questa porta? Di certo non il maestro, anzi credo sia stato
proprio lui a cancellarla. Ho la vaga idea che l’autore del disegno sia proprio il fantomatico uomo
dagli occhiali scuri.”
Dopo essersi procurato un foglio di carta assorbente, Parker lo inumidì e lo stese sul quel disegno
quasi invisibile poi facendo pressione con le mani cercò di farlo aderire il più possibile al legno.
Quindi lo staccò lentamente. In questo modo il carbone aveva lasciato il suo segno anche sul foglio.
“Può anche darsi che ciò non servirà a nulla ma, di sicuro, questo simbolo deve avere un
significato, sia per colui che lo ha eseguito che per colui che ha cercato di eliminarlo. –disse ParkerAd ogni modo qui non ci resta altro da fare.” –concluseGordon stava per entrare in ascensore ma Parker gli fece cenno di chiuderne le porte e di seguirlo
per le scale.
“Domattina manda un agente a sigillare la porta dell’appartamento di Hunter. –ordinò ParkerNel frattempo avvertiremo il custode di stare con gli occhi ben aperti, non vorrei che qualcuno
entrasse in quella casa a nostra insaputa. L’intrusione di chiunque potrebbe compromettere il lavoro
della scientifica.”
“Parli di mandare la scientifica, di mettere i sigilli alla porta? Mi pare che tu dimentichi la cosa
più importante: qui non è successo nulla di strano tranne un ascensore bloccato da un pezzo di
carboncino da disegno ed una stella disegnata su di una porta. Non ti sembra troppo poco per
scomodare anche i colleghi della scientifica? Ho l’impressione che tu ti stia arrampicando sugli
specchi.”
“Sarà come dici tu… ma non senti uno strano odore nell’aria?” –rispose evasivamente Parker“E’ appena percettibile. Magari è qualcuno che sta cucinando del pesce, non trovi?.”
“Sai che ti dico? –riprese Parker- Dimentica quel che ti ho detto prima. Domattina insieme a
quell’agente che manderò per apporre i sigilli ci sarò anch’io, Tu, invece, ti dedicherai ad
approfondire le indagini sul passato della vittima.”
Finalmente le nuvole erano state spazzate via da un vento freddo e leggero ma costante. L’orologio
della cattedrale aveva da poco suonato la mezzanotte e la pioggia aveva smesso di tintinnare sui
tetti inzuppati. Solo pochi, isolati, cirri galleggiavano sparsi in un cielo nero punteggiato da poche
stelle velate. Il mattino dopo le strade erano coperte da una sottile coltre di ghiaccio resa ancor più
candida dal sale che qualcuno di buon senso si era prodigato a spargere senza parsimonia.
Mercoledì 23 Febbraio ore 7,30.
L’ispettore Parker prima di recarsi in centrale passò dal Dr. Preston della scientifica. Gli raccontò
del caso su cui stava indagando e di quel poco che era emerso dall’inchiesta appena iniziata.
“Ben poca cosa.” –osservò PrestonParker era ben cosciente che la sua richiesta non era del tutto regolare ma seguiva il suo fiuto, come
aveva sempre fatto.
“Agisci come sempre: di tua iniziativa e non pensi al rischio che stai correndo. Se sbagli
distruggerai la tua reputazione e tanti anni di ottimo lavoro.”
“Sono certo di aver imboccato la strada giusta.” –risposeIl medico legale annuì sorridendo. Sapeva che era inutile cercare di dissuaderlo e sapeva anche che
le intuizioni di Parker si erano dimostrate sempre esatte quindi si arrese cedendo alle sue insistenze.
“Ok! Norman, mi hai convinto. –disse- Ci vediamo sul posto alle nove in punto.”
“Ti ringrazio Preston, mi troverai con un mio agente. Aspetteremo il tuo arrivo prima di entrare
nell’appartamento del maestro.”
Erano appena le otto e trenta ed il palazzo di Hunter era già aperto e ben pulito. L’immancabile
figura del custode faceva capolino, come sempre, dalla vecchia guardiola. Dopo averlo salutato,
Parker si avvicinò all’ascensore per salire al terzo piano. Annusò per qualche istante l’aria e si
accorse che il cattivo odore avvertito il giorno prima non era affatto sparito anzi ebbe l’impressione
che questo fosse diventato perfino più penetrante.
“Senti niente tu.” –chiese all’agente“E’ qualcosa di maleodorante, -rispose- ma non saprei dirle di cosa si tratta.”
“Non fateci caso. –intervenne il custode- E’ una tubazione delle fognature. E' lesionata proprio
nel punto che si trova sotto la botola dell’ascensore, e quando piove più forte emana questo odore
poco piacevole. Sono anni che tentiamo di convincere i condomini a farla riparare ma non c’è modo
di metterli d’accordo. I preventivi sono sempre troppo esosi e la cosa cade come sempre nel
dimenticatoio.”
“Oggi però non piove, –rispose Parker- ed il cattivo odore mi sembra essere aumentato rispetto
a ieri pomeriggio. Come lo spiega?”
“Non saprei proprio cosa risponderle ma la cosa non mi meraviglia per niente.”
In quel preciso istante due sagome nere varcavano l’androne del palazzo, una delle due era
inconfondibile per Parker: alto più di un metro e novanta, rubusto e con la sua inseparabile
bombetta portata leggermente di traverso. Si trattava di Preston che, in compagnia di un suo collega
giungeva puntualissimo all’appuntamento.
“Preciso come sempre.” –disse Parker sorridendo“La precisione fa parte del nostro mestiere. –rispose- Precisione, pignoleria e testardaggine e tu
di quest’ultima ne hai da vendere. Tanto che anche stavolta sei riuscito a coinvolgermi in una delle
tue “intuizioni”. Comunque direi di sbrigarci, abbiamo un mucchio di lavoro da svolgere e non
vorrei sottrarvi troppo tempo.”
Preston rilevò accuratamente tutte le impronte scovate su qualunque oggetto che potesse
contenerne, quindi le fotografò per poterle confrontare con quelle degli schedari. Infatti nessun
oggetto poteva essere prelevato dall’appartamento, l’intrusione stessa, di Preston e di Parker nella
casa, non era propriamente ortodossa anzi, per essere precisi, esulava da ogni procedura legale.
“Ma guarda cosa mi tocca fare.” –borbottò Preston“Non farla così tragica, -rispose Parker sorridendo- in fondo non ti ho sottratto tantissimo
tempo… ma guarda un po’ cosa ci era sfuggito.” –soggiunseCosì dicendo, Parker si avvicinò al camino , ci si accovacciò davanti e con la delicatezza delle ali di
una farfalla prese dalle ceneri quel che restava di un foglio di carta ripiegata più volte e non ancora
bruciata del tutto.
“Interessante! -esclamò Preston- Converrà trattarlo con la massima attenzione se vogliamo che
questo foglio arrivi ancora intero in laboratorio.”
Poco dopo i quattro richiusero la porta dirigendosi a passo veloce verso l’ascensore. Parker annusò
ripetutamente l’aria circostante e meravigliato che nessuno se ne lamentasse chiese nervosamente:
“Possibile che voialtri non avvertiate questo odore nauseante, per lo meno inconsueto?”
“Per tutti i fulmini. –urlò Preston- Devo essermi talmente abituato da non farci più minimamente
caso. E’ fin troppo evidente, -soggiunse- che da qualche parte, in questo stabile, c’è qualcosa di
organico in stato di decomposizione, il fetore è inconfondibile. Se non me ne ero ancora reso conto
è semplicemente perché nel mio laboratorio la si sente quasi ogni giorno… deformazione
professionale.” –concluse“Di cosa potrebbe trattarsi? –chiese Parker“Di tante cose. –rispose- Una ciotola con il cibo del cane o del gatto lasciata in un angolo da
qualche giorno, la carogna di qualche animale, della cacciagione dimenticata in dispensa e via di
seguito.”
“Ma potrebbe essere anche qualcosa di peggio non è vero?”
“Già. –rispose Preston- Potrebbe essere anche un cadavere al primo stadio di decomposizione
nascosto da qualche parte,”
“E’ proprio ciò che troveremo. –affermò Parker con, inspiegabile, ostentata sicurezza di se- Sono
almeno un paio di giorni che avverto quest’odore. Avevo solo bisogno della tua conferma per
averne la certezza. Pertanto caro Preston ti devo pregare di trattenerti ancora.”
L’uomo annuì senza batter ciglio. Poi Parker accorgendosi di essersi sbilanciato un po’ troppo si
rivolse al suo agente ridimensionando il suo atteggiamento.
“Andiamo a dare un’occhiata alla botola dell’ascensore, ho l’impressione che potremmo trovarvi
qualcosa di interessante.
In breve tempo gli agenti si portarono al cospetto del vecchio custode che, dopo aver bloccato la
cabina al primo piano li accompagnò nel seminterrato, dove proprio sotto agli ammortizzatori
dell’ascensore, era situata la botola coperta da una spessa lastra di ferro. L’odore li vicino era
nauseabondo.
“Ci siamo. –disse Parker- Ora ci vorrebbe un attrezzo per far leva sul coperchio.”
“Dovrei avere una grossa tenaglia tra i miei attrezzi. –intervenne il custode- Era proprio con
quella che, quando ero più giovane e ne avevo la forza, alzavo la lastra per ispezionare la botola di
tanto in tanto. Ma ora che le forze sono venute a mancare lascio che siano gli addetti alla
manutenzione a farlo.”
“Immagino che questo lavoro venga eseguito periodicamente.” -rispose Parker“Proprio così. La botola viene aperta una volta all’anno e precisamente con l’avvento
dell’inverno, quando le piogge iniziano a scendere copiose intasando i tombini. Ma è capitato di
dover intervenire anche più volte nello stesso anno, per un imprevedibile temporale estivo, come
successe l’altro anno ad esempio.”
L’agente afferrò saldamente il grosso utensile con il quale agganciò l’anello centrale della botola.
Iniziò quindi a tirare divaricando le gambe e puntellandosi con i piedi. Doveva essere molto pesante
a giudicare dallo sforzo dell’uomo tutt’altro che gracile. La lastra metallica cominciò lentamente a
muoversi mentre l’odore diventava sempre più intenso e disgustoso. Quando la botola fu finalmente
spalancata, Parker accese la sua torcia elettrica e uno spettacolo raggelante apparve sotto il fascio di
luce: il corpo esanime di un uomo in posizione supina coperto da centinaia di fameliche larve
bianche, a fianco al corpo luccicava la lama di un grosso coltello da caccia.
“Per l’inferno. –esclamò Preston- Chi diavolo può essere questo poveretto?”
“Non ne ho la più pallida idea. – rispose ParkerNemmeno il custode seppe dire di chi si trattasse.
“Credo di non averlo mai visto in tutta la mia vita.” –affermò“Che strano. –osservò Preston- Costui nonostante il freddo non indossa un soprabito e nemmeno
un cappello ma solo un vecchio abito di pessimo gusto ed un paio di scarpe che in origine dovevano
essere di pelle nera. Non doveva passarsela troppo bene in vita, suppongo.”
“Bisognerà scoprirne l’identità, la natura del decesso mi sembra evidente, un colpo alla testa
molto violento e ben assestato. –disse Parker- Naturalmente si dovrà operare un’autopsia e per farlo
si dovrà trasferire il corpo nel tuo laboratorio, inoltre bisognerà rilevare le eventuali impronte
lasciate sul coltello. Buon divertimento amico mio e non dimenticare di far scattare delle fotografie,
principalmente del volto. Lei, agente si occupi di mandare un fonogramma urgente a tutte le
stazioni ferroviarie di frontiera con l’ordine di fermare Il passeggero di nome Karl Hunter che dovrà
essere ricondotto a Londra, sotto scorta, presso il mio ufficio all’FBI.”
La città si era vestita ancora una volta con l’abito ad essa più congeniale. La neve era ricomparsa
fitta e lieve mentre il sole, di quando in quando, con la sua calda luce illuminava d’argento il
respiro dei passanti e quello emanato dalle forti narici dei cavalli da traino.
Giovedì 24 Febbraio ore 16,45
“Come ti dicevo stamani, sono stato a casa dei genitori della vittima. -disse Gordon- Ma non
sono riuscito a scoprire nulla di interessante e inoltre ho avuto la netta impressione che avessero
qualcosa da nascondere.”
“Cosa te lo fa pensare.” –chiese Parker“Vedi, mi ha sempre meravigliato che una donna di tale bellezza e con centinaia e centinaia di
ammiratori, non avesse una storia sentimentale. Se la Bourgueis ne avesse avuta una chi poteva
saperlo meglio dei suoi vecchi? Ebbene, essi, non facevano altro che tergiversare quando toccavo
l’argomento. A sentir loro era una donna dedita al lavoro ed alla famiglia, usciva poco la sera e non
aveva che poche selezionate amicizie. A quanto pare aveva un carattere mite e cordiale, una donna
allegra e piena di vita e tutti coloro che la conoscevano nutrivano per lei una profonda stima,
insomma sapeva farsi voler bene.”
“Secondo il tuo racconto quindi, nessuno poteva trarre giovamento dalla sua fine.” –disse
Parker“Così sembra. –rispose- Ma torniamo alle amicizie della vittima, anzi dovrei dire all’amica del
cuore ed è appunto questa la cosa interessante. Colei alla quale la cantante confidava anche i più
intimi segreti: Annabelle Lafayette. E’ così che si chiama ed oltre ad essere grandi amiche erano
anche colleghe di lavoro. Questa Annabelle infatti, era la sua amministratrice, era lei ad occuparsi
delle trattative con gli impresari ed a curare gli interessi della cantante. Si conoscevano sin da
ragazze e pare che costei abbia seguito la vittima in ogni passo della sua carriera, seguendola in tutti
i suoi viaggi di lavoro ed in tutte le sue tourneé.”
“Ottimo lavoro. -disse Parker compiaciuto- quella donna potrebbe esserci di molto aiuto, conosci
il suo indirizzo?”
“Ma certo. Il suo appartamento è proprio nel palazzo di fronte alla casa dei Bourgueis.”
“Molto bene! –esclamò Parker- vado subito a farle visita, tu invece farai un salto dal Dr. Preston
e ti farai consegnare l’esito dell’autopsia, fotografie comprese. Ci aggiorneremo più tardi in
ufficio.”
“Ok! Parker.” –rispose l’altroIl quartiere dove abitava Annabelle Lafayette era uno dei più lussuosi di tutta Londra ed il suo
palazzo non era certo da meno. La donna che gli aprì la porta era alta , bruna e con i capelli raccolti
sulla nuca in una impeccabile acconciatura, vestita in modo molto elegante anche se austero. Non
poteva trattarsi della Lafayette poiché la descrizione fatta dal suo amico Gordon non corrispondeva
alle fattezze della donna che aveva davanti. Questa, infatti, aveva certamente più di cinquant’anni
ed il suo accento londinese gli diede la conferma definitiva.
“Buonasera ispettore. –disse la donna guardando la tessera che Parker aveva estratto dalla tasca
prima di bussare- Immagino che lei sia qui per la morte della povera signorina Yvette. Immagino,
altresì che lei voglia parlare con la signorina Lafayette, non è vero?”
“Proprio così” –rispose, non sapendo cos’altro aggiungere“Vado subito ad avvertirla della sua visita. Io sono solo la governante.”
L’entrata di Annabelle disattese l’immaginazione di Parker, la donna era l’opposto di come lui
l’aveva immaginata: capelli corti; statura media; trucco leggerissimo, quasi inesistente; nessun
gioiello tranne un braccialetto portato con molto charme alla caviglia destra. Parker lo notò subito
per il semplice motivo che la donna lo ricevette scalza. La sua espressione era stranamente lontana
da quella di una donna addolorata, così come colei che ha perso la sua migliore amica. Nei suoi
occhi brillava una sorta di energia negativa che Parker non riusciva a tradurre. Indosso aveva una
spartanissima tunica nera ricamata, di tipica fattura indiana mentre il suo incedere era sicuro ed
elegantemente disinvolto. Si trattava indubbiamente di una donna dal temperamento ferreo, da cui
difficilmente sarebbe trapelata alcuna emozione. Guardava l’ispettore con aria provocatoria quasi di
sfida.
“Lieta di fare la sua conoscenza. –disse la donna evitando inutili convenevoli- Se posso esserle
utile in qualcosa disponga pure di me ma, la prego sia telegrafico, ho pochissimo tempo e tantissime
altre cosa da fare.”
“Stia tranquilla, -rispose Parker per nulla intimidito- neanche io posso permettermi delle inutili
perdite di tempo quindi verrò subito al sodo: si tratta dell’omicidio della sua amica Yvette. Mi
racconti brevemente le sue impressioni su quanto è accaduto. So che lei era la sua migliore, se non
unica, amica, quindi conosceva meglio di chiunque altro l’ambito delle sue conoscenze. Magari
aveva dei nemici oppure qualcuno che avrebbe potuto trarre dei benefici dalla sua scomparsa.”
“La sua morte è qualcosa di inspiegabile, un mistero indecifrabile. Per quanto possa sforzarmi
non riesco ad immaginare una persona tanto mostruosa da poter commettere una simile infamia. Mi
creda ispettore e, chi l’ha conosciuta glielo potrà confermare, Yvette era una donna adorabile;
assolutamente priva di cattiveria e sempre disponibile verso chiunque avesse bisogno di un aiuto
anche se tendenzialmente era una donna estremamente riservata. Io la conoscevo da quasi diciotto
anni. La prima volta che la vidi di persona fu il giorno del mio compleanno, ero appena ventenne ed
in compagnia di alcuni amici decidemmo di andare a teatro per assistere ad un suo concerto, davano
l’Aida. Mi sentii subito catturata dal suo fascino e non seppi resistere alla tentazione di conoscerla
personalmente. Aspettai la fine della rappresentazione e riuscii, non ricordo neanche come, ad
introdurmi furtivamente nel suo camerino. Temevo seriamente che quella inaspettata irruzione
potesse scatenare il suo disappunto ma, con mio grande stupore, Yvette non si scompose
minimamente, restò calma e silenziosa ascoltando le mie adulazioni che poco a poco sembrò
accettare quasi con orgoglio. Mai nessuno aveva osato tanto solo per riuscire a conoscerla, mi disse,
per giunta mi regalò dei biglietti per il suo successivo concerto. In pochi mesi diventammo amiche
indivisibili. Ricordo che in quel periodo lavoravo come segretaria presso lo studio di un notaio. Non
guadagnavo male ma non navigavo certo nell’oro! Un giorno confessai ad Yvette che ero veramente
stanca del mio lavoro, avevo avuto una lite furibonda con il figlio del notaio che, forte dell’autorità
di suo padre, si credeva in diritto di molestare ogni impiegata dello studio.
Fu allora che Yvette mi propose di lavorare per lei; Disse che non amava occuparsi personalmente
delle trattative di lavoro e che io ero senz’altro la persona adatta per farlo. Mi offrì uno stipendio
innegabilmente allettante ed io, naturalmente, accettai.”
Cosicché lei non ha neanche un piccolo sospetto, un dubbio, una traccia sbiadita che, in qualche
modo ci possa condurre all’assassino?”
“No, proprio no! Spero vivamente che quell’uomo possa ricevere al più presto quel che merita
ma non posso fare di più. Ora vi prego di scusarmi, ma ho ancora tantissime cose da sbrigare”
“La ringrazio –disse Parker- e la prego di non lasciare la città, almeno finché non sarà fatta piena
luce sul caso.”
Sceso in strada l’ispettore ripensava al breve racconto della enigmatica donna ed alle espressioni del
suo volto. Parlava della cantante come farebbe una persona innamorata ma, nei suoi occhi c’era
tanta rabbia, tanto rancore.”
Più tardi negli uffici della centrale, l’investigatore Gordon era seduto dietro la propria scrivania
immerso nella lettura. Le dita della sua mano destra, come martelletti di un pianoforte, si
alternavano in un fastidioso tamburellare. Parker entrò nella stanza ma, l’altro non se ne avvide
finchè non gli fu davanti.”
“Accidenti Parker mi hai spaventato!”
“Sei un po’ teso a quanto pare.”
“Vorrei vedere te dopo aver passato un paio d’ore in obitorio. Ti posso assicurare che non è
affatto divertente.” –disse Gordon“Non posso darti torto, anch’io ho i brividi quando entro in quel luogo. Qualcosa di interessante
nei risultati dell’autopsia?”
“In verità non molto. -rispose- La morte risale a quattro giorni fa ed è stata causata da un colpo
alla testa, come ben sai. L’oggetto con cui è stato colpito doveva essere piuttosto pesante a giudicare
dai danni che ha provocato, ma la cosa strana è che aveva solo una piccola ferita. Voglio dire che il
colpo ricevuto doveva aprire una ferita ben più estesa e profonda; penso che la vittima indossasse
ancora il cappello e che questo abbia attutito il colpo.”
“Si ha un’idea di quale possa essere l’oggetto?” –chiese Parker“Non si può stabilire con precisione, proprio perché aveva il capo coperto, ma a quanto dice
Preston potrebbe trattarsi di un tubo metallico o di qualcosa di simile. Ah dimenticavo, aveva tracce
di carbone sulle dita ed era privo di documenti, anzi per la verità le sue tasche erano completamente
vuote e sul coltello le uniche impronte rilevate erano proprio le sue. In questa busta, poi, ci troverai
le fotografie del suo volto.”
“Un viso non comune, -osservò Parker i suoi lineamenti sono davvero marcati: naso sottile;
mascella quadrata; occhi grigi e capelli di un brizzolato misto al biondo. Doveva avere circa
cinquant’anni e dai tratti somatici direi che aveva origini germaniche. Dicevi che aveva le tasche
vuote, -soggiunse- ma io sarei curioso di vedere i suoi abiti.”
In meno di mezz’ora i due agenti federali erano alla scientifica, al cospetto di Preston che, data l’ora
stava per concludere la sua giornata di lavoro.
“Immagino che le mie deduzioni scritte non ti abbiano soddisfatto.” –disse Preston con una vena
di ironia“Tutt’altro amico mio. Il fatto è che mi sono ricordato che la vittima numero due non indossava
un cappotto, quindi volevo dare un’occhiata agli abiti che aveva indosso.”
“A proposito, -disse Preston- ho notato qualcosa di curioso… ma guarda tu stesso: l’abito è
vecchio e consumato la stoffa è di pessima qualità, sicuramente non si tratta di tessuto inglese e la
giacca è talmente stretta che non riusciva nemmeno ad abbottonarsi. La camicia è di flanella ed il
gilet fa parte certamente di un altro abito, comunque tutta roba molto usata. Per non parlare delle
scarpe, un vero pugno nell’occhio.”
“E’ vero! –assentì Parker- Sono davvero orribilmente vecchie e consumate; non solo, sono
enormi quest’uomo benchè non fosse molto alto ha dei piedi veramente smisurati. Saranno non
meno di taglia 9 e ½; non è facile in giro trovarne un paio simile. Chissà che questo piccolo
particolare non ci torni utile prima o poi.”
“Cosa significa?” –domandò Gordon“Ogni cosa a suo tempo, -rispose- finalmente comincio a vedere uno spiraglio di luce, ma è solo
un’ipotesi quella che sto elaborando, ma che per ora preferisco tacere.”
Il cielo terso cancellava piano piano il tedio dei giorni passati. Sembrava quasi un ritorno alla vita:
ovunque gruppi di fanciulli avvolti nelle loro sciarpe colorate si avviavano allegramente verso la
scuola e le coppie di anziani stretti nei loro pesanti cappotti passeggiavano lentamente tra i
giardini del parco. Qualcun altro più in la seduto su di una panchina affondava gli spessi occhiali
tra le pagine di un giornale gualcito, forse di qualche giorno prima, forse trovato lì per caso; ma in
fondo che importa “le brutte notizie sono sempre uguali”.
Venerdì 25 febbraio ore 9,00
Ho controllato il nostro casellario giudiziario e l’uomo denominato vittima numero due non risulta
essere schedato. –affermò Gordon- Scoprirne l’identità non sarà un gioco da ragazzi neanche per te
caro Parker.”
“Può darsi che tu abbia ragione, ma potrebbe anche essere più facile di quanto tu possa credere.”
“Cosa intendi dire?”
“Vedi, mio buon amico, il fatto che quell’uomo sia stato trovato morto nel palazzo di Hunter,
non indica necessariamente che l’autore del delitto debba essere il maestro, ma prova senz’altro che
i due si conoscevano. Tuttavia se vuoi la mia opinione, credo che la cosiddetta vittima numero due
sia la stessa persona vista dal custode salire da Hunter prima che quest’ultimo sparisse. Supponiamo
che Hunter avesse un movente che lo avesse indotto ad ucciderlo, supponiamo anche che non vi era
alcuna premeditazione. L’uomo si presenta senza preavviso a casa del maestro, entra nella sua casa
e qualche minuto dopo scoppia un violento diverbio, Hunter perde il controllo e con il primo
oggetto che gli capita sottomano sferra, senza misurarne la violenza, il colpo fatale. A questo punto,
resosi conto di ciò che ha fatto, cade in una totale confusione, non vuole chiamare la polizia, forse
non può. Inizia a fare cose senza senso. Per prima cerca di far sparire ogni traccia della visita dello
sconosciuto pulendo le sue impronte sia dall’appartamento che dal ballatoio, poi cancella la stella
che l’uomo, chissà perché, aveva disegnato sulla sua porta quindi indossa il mantello del
malcapitato inclusi sciarpa cappello ed occhiali scuri. Esce dal palazzo e passando davanti alla
guardiola saluta il custode che non si accorge del travestimento. Una volta in strada si libera del
travestimento e si reca a teatro e con insospettabile sangue freddo dirige la sua orchestra. Chi mai
potrebbe sospettare che ha appena commesso un omicidio e che la vittima è chiusa nel suo
appartamento? Durante il concerto, però, accade qualcosa che nessuno poteva prevedere,
l’assassinio della cantante francese. Probabilmente per il maestro fu una sfortunata coincidenza, la
polizia avrebbe concentrato la sua attenzione sulla morte della Bourgueis, di conseguenza anche lui
sarebbe stato interrogato; si rendeva necessario far sparire quel corpo nel più breve tempo possibile.
Probabilmente aspettò che il custode andasse a dormire e poi salì nel suo appartamento, non sapeva
proprio come disfarsi di quel pericoloso fardello. Forse fu proprio il cattivo odore che gli suggerì la
soluzione: la botola era un ottimo nascondiglio per il corpo dello sventurato, ma doveva fare tutto
silenziosamente. Dopo aver bloccato l’ascensore con il primo oggetto che gli capitò sottomano,
scese a piedi dalle scale di servizio ed aperta la botola vi lasciò scivolare il corpo. Richiuse
accuratamente e salì in casa, raccolse lo stretto indispensabile che poteva servirgli e partì per chissà
quale destinazione, forse la sua terra d’origine.”
“Un racconto suggestivo, -osservò Gordon- ma pieno di lati oscuri, uno di questi è il motivo
della lite oppure il significato della stella disegnata sulla porta. Anche il fatto che Hunter si sia
preoccupato di pulire le impronte dell’uomo mi sembra stupido ed inutile, considerando che prima o
poi il corpo sarebbe stato certamente ritrovato.”
“La risposta alla tua prima domanda potrebbe trovarsi proprio nel significato della stella a cinque
punte che l’uomo aveva disegnato sulla porta di Hunter. Non dimentichiamoci che quel simbolo
veniva usato nell’antisemitismo per identificare le abitazioni degli ebrei.”
“Non vorrai farmi credere che un uomo con un cognome come Hunter sia un ebreo?”
“Non lo sto affermando, -rispose Parker- sto solo continuando a supporre e visto che ci siamo,
supponiamo anche che Hunter non sia il suo vero nome e che la vittima conoscendo la sua vera
identità, lo ricattava con la minaccia di rivelare tutto.”
“Perbacco! Se i fatti si sono svolti veramente così, il nostro amico musicista si trova davvero in
un mare di guai. C’è qualcosa, però, che non riesco a collegare ed è l’omicidio della cantante. Non
riesco proprio a trovare un minimo legame che possa connettere i due crimini. Tu cosa ne pensi?”
“Hai messo il dito sulla piaga, amico mio. Sembrerebbe proprio che i due casi non abbiano alcun
legame tra loro, eppure il mio intuito mi dice che non è così. Vedrai che prima o poi l’elemento
catalizzatore salterà fuori. Per ora dobbiamo solo sperare di rintracciare Hunter; scommetto che una
volta acciuffato potrà raccontarci qualcosa di molto interessante.”
“Se non hai nulla in contrario io andrei a prendere qualcosa da mangiare, è quasi ora di pranzo. –
disse Gordon- Vuoi che prenda un panino anche per te?”
“No grazie, preferisco fare un salto a casa, oggi c’è il mio piatto preferito. Dopo pranzo andrò a
fare una visitina in casa della Bourgueis, vorrei vedere la sua camera, magari sarò più fortunato di
te. Tu, intanto, cerca di sapere se le fotografie dello sconosciuto che abbiamo distribuito, hanno
prodotto qualche risultato. Non so se stasera riuscirò a ritornare in centrale, mal che vada ci
aggiorneremo domattina.
I signori Bourgueis erano davvero una bella coppia di aristocratici: lei sui cinquant’anni, scura di
carnagione e con degli occhi nerissimi, così come i capelli: neri e lunghi ma raccolti in una
impeccabile acconciatura. Snella ma non molto alta, aveva un’aria severa. Il marito dall’aria
sorniona doveva avere qualche anno più di lei; un uomo robusto ma non grasso, di media statura e
con un paio di baffi bianchi ben curati ma un po ingialliti dal fumo. Di sicuro tra i due era il più
socievole. Quando Parker chiese di poter dare un occhiata alla camera della figlia, fu proprio la
moglie a porre delle difficoltà ma il tatto di Parker vinse ogni ostilità. I due lo accompagnarono al
piano superiore ed gli aprirono la porta ma non vollero assistere alla perquisizione. Preferivano
evitare di vederlo mentre frugava tra i ricordi della figlia. “Meglio così, -pensò Parker- da solo potrò
lavorare senza preoccuparmi di urtare la loro sensibilità.”
L’enorme guardaroba addossato alla parete di destra conteneva decine e decine di abiti per ogni
occasione, tutti di eccellente fattura e confezionati con le stoffe più costose. Modelli parigini molto
costosi che solo poche persone potevano permettersi di acquistare. Senza parlare delle scarpe che ad
occhio e croce potevano essere non meno di quaranta paia, tutte diverse e di ogni tinta e pellame.
Richiuse le ante del guardaroba e solo allora notò che la stanza si era sprigionato un intenso
profumo di tuberosa che prima non aveva avvertito. Di certo, il guardaroba ne era impregnato.
Difatti aprendolo di nuovo si accorse che l’odore veniva proprio dagli abiti. Nella camera tutto era
in perfetto ordine: lo scrittoio era immacolato, non una sola macchia di inchiostro, neppure una
matita spuntata o un foglio fuori posto. Nei cassetti lo stesso meticoloso ordine ma nulla di
interessante per Parker. Sulla tolettina, abbellita con finissimo pizzo e raso di un azzurro tenue,
delicatissimo, c’era il suo profumo ve ne erano ben cinque flaconi, l’etichetta era di una ben nota
casa profumiera. Vicino al profumo un prezioso cofanetto portagioie in radica ed argento con le
cifre YB in oro applicate sul coperchio. Al suo interno, alcuni fiori secchi e diverse fotografie di lei,
quasi tutte la ritraevano durante gli spettacoli, molte in compagnia della sua amica Lafayette. Ad un
certo punto l’attenzione di Parker fu attirata da una fotografia di gruppo, scattata in platea mentre la
cantante elargiva autografi, attorniata da una folla di ammiratori. Parker estrasse la piccola lente
d’ingrandimento dalla sua tasca per esaminare meglio l’immagine… non si era sbagliato. Dietro la
cantante, proprio vicino ad Annabelle Lafayette c’era il misterioso uomo trovato morto nella
botola; i due, nella foto, avevano tutta l’aria di conoscersi. Presa la foto, l’ispettore uscì dalla
camera e raggiunse i coniugi Bourgueis mostrandogliela.
“Avete mai visto quest’uomo?” –chiese“Non mi pare, -rispose l’uomo- no, non mi pare proprio.”
“No, -ripeté la moglie- sono certa di non averlo mai visto. Ma perché si interessa tanto a
quell’uomo, forse si tratta semplicemente di un ammiratore trovatosi per caso nel momento in cui
scattarono quella foto.”
“Può darsi, -rispose Parker- in ogni caso temo che dovrò portarla via, questa foto potrebbe
essere un indizio importante. L’uomo che vedete sul ritratto è stato trovato ucciso proprio nel
palazzo del maestro Hunter e non credo che questa sia una coincidenza.”
Parker era sicuro che Annabelle Lafayette e la vittima numero due si conoscessero, era quindi
d’uopo una visita a quest’ultima. Stavolta, magari sarebbe emerso qualcosa di interessante.
“L’ispettore Parker, -disse Annabelle- qual buon vento?”
“Vento di incertezze. -rispose- La faccenda si fa sempre più ingarbugliata ma io non dispero.
Guardi attentamente questa fotografia. -soggiunse - Immagino che lei conosca l’uomo che le è
accanto vero?”
“A prima vista direi di no, ma la mia vista non è delle migliori… mi faccia mettere gli occhiali,
forse andrà meglio. No! non l’ho mai conosciuto. –rispose-
Ma si vedeva benissimo che la vista di quella foto la aveva profondamente scossa. Finalmente
quella donna imperturbabile dimostrò un minimo di debolezza.
“Ne è proprio certa? Ci pensi bene prima di rispondere, si tratta di omicidio.”
“Certo, quello di Yvette!”
“Mi scusi l’imperdonabile inesattezza, avrei dovuto dire omicidi, anche l’uomo della foto è
rimasto vittima di un omicidio.”
Il viso della donna assunse improvvisamente il pallore della morte, le sue mani cominciarono a
tremare ma nonostante l’evidente emozione cercò ad ogni costo di controllare i suoi nervi e di darsi
uno stentato contegno; a Parker, però era bastato guardarla in volto per capire che la morte
dell’uomo l’aveva profondamente turbata.
“Lo conosceva, non è vero?”
“E’ così. -rispose- Lo conobbi in teatro, era un appassionato di lirica ed uno dei più ferventi
ammiratori di Yvette. Era sempre in prima fila quando Yvette si esibiva, una persona perbene dai
modi gentili e dal carattere mite. Aveva sempre un pensiero galante per Yvette, non si presentava
mai senza un fascio di fiori. La notizia del suo assassinio mi ha sinceramente scosso.”
“Suppongo che lei lo conoscesse abbastanza bene.”
“Affatto, -rispose- lo incontravamo solo in occasione di qualche rappresentazione teatrale. Come
le ho già detto non se ne perdeva neanche una.”
“Come si chiamava?”
“Steve Davies, era così che si firmava sui biglietti che accompagnavano i fiori che mandava a
Yvette.”
“Mi sa dire come viveva, intendo dire se aveva una professione, un lavoro…”
“Non so che dirle, aveva l’aria di essere un benestante. Vestiva sempre in modo elegante ed era
sempre molto curato ma non so di cosa si occupasse nella vita. Ora la prego non mi faccia altre
domande, ho bisogno di restare da sola, per favore.”
“Va bene, -rispose Parker- ma resti a nostra disposizione. Mio malgrado dovrò importunarla
ancora.”
E’ sorprendente come le condizioni del tempo riescano ad influenzare l’umore dell’uomo o come ne
possano condizionare il comportamento. La luna piena aveva rischiarato le strade per tutta la notte e
a mattino inoltrato la sfera lucente era ancora visibile, ancora per poco. Ancora poca vita per l’astro
notturno che poi si sarebbe spento per far posto al sole. Così come l’assassino sparisce per dar
posto al gentiluomo che cela in sé. Così come innalza le maree la luna fa emergere dall’intimo
dell’uomo comune la parte più infima e malvagia celata nei recessi del suo animo?
Colpa della luna o di un innato, dannato istinto?
Sabato 26 Febbraio ore 9,30
“Come vedi, mio caro Gordon, il puzzle comincia a prendere forma. Il maestro Hunter è stato
fermato mentre cercava di imbarcarsi per l’Irlanda e in più c’è il ritrovamento del passaporto della
vittima numero due. A proposito dove è stato ritrovato il documento?”
“Lo ha trovato un mendicante in un cassone dei rifiuti e lo ha portato subito alla polizia, forse
sperava in una ricompensa.”
Parker prese il passaporto ed iniziò ad esaminarlo con cura.
“Stephen Davies, nato a Pittsburgh (Pennsylvania) il 12 luglio 1898, di professione giornalista.
Dunque aveva 39 anni, -disse Parker- ne dimostrava di più ma a parte ciò c’è qualcos’altro che non
mi convince: come può un giornalista dare l’impressione di un benestante come afferma la
Lafayette? Ma quel che mi lascia perplesso più di ogni altra cosa è la fotografia del documento:
facendo fede alla data di rilascio la foto dovrebbe essere vecchia di dodici anni. Com’è possibile
che in tanti anni il suo viso non sia cambiato quasi per niente? Questa foto, per me, è stata fatta al
massimo tre anni fa.”
“Un passaporto contraffatto!” –esclamò Gordon“E’ proprio quel che penso. –rispose- Comunque sarà opportuna la conferma degli esperti, di
questo potresti occupartene tu e, giacché ci sei, cerca di scoprire costui dove alloggiava.”
Poco più tardi, il maestro Hunter faceva il suo ingresso nell’ufficio di Parker accompagnato da due
agenti.
“Buongiorno maestro. Finalmente possiamo scambiare quattro chiacchiere. Sono l’ispettore
Norman Parker e sto indagando sull’omicidio della signorina Yvette Bourgueis.”
“Cosa volete da me? perché mi avete sequestrato e condotto qui contro la mia volontà? Sono una
persona rispettabile io, non sono abituato e non amo essere trattato come un criminale, me ne darete
conto!”
“Si calmi, maestro… si calmi, ci troviamo di fronte a un duplice omicidio ed il motivo per cui è
stato condotto qui, se non lo sa, è perché uno dei due cadaveri è stato trovato proprio nel palazzo
dove abita lei.”
“Ma lei farnetica!”
“La prego di moderare i termini e la invito per la seconda volta a calmarsi, piuttosto il nome
Stephen Davies, le dice qualcosa?”
“Non so proprio di chi stia parlando.”
“Sto parlando dell’uomo che abbiamo trovato morto nella botola sotto l’ascensore del suo
palazzo. Aveva il cranio sfondato da un colpo infertogli con un oggetto metallico, probabilmente un
portacandele. Abbiamo ragione di credere che costui venne a farle visita lo stesso giorno in cui fu
uccisa la signorina Yvette; è proprio per questo motivo che l’uomo si trovava lì. Come vede è inutile
continuare a mentire, persino Annabelle Lafayette ha ammesso di conoscerlo; era un appassionato
di musica lirica ed un grande ammiratore della cantante francese, anzi la stessa Lafayette mi ha fatto
intendere che forse ne era invaghito. Se ciò non dovesse bastare, abbiamo constatato che l’uomo in
questione, al momento del ritrovamento, aveva le dita ancora sporche di carbone, quello stesso
carbone che aveva usato per disegnare sulla sua porta una enigmatica stella a cinque punte. Cosa
cercava da lei Davies?”
Hunter continuò a ripetere di non conoscerlo ma Parker era certo che il maestro mentiva.
“Non credevo che fosse così caparbio –disse Parker- e purtroppo non ho prove concrete per
trattenerla ma si ricordi che dovrà essere a mia disposizione in qualunque momento fino a che il
caso non sarà definitivamente risolto. Abbandoni quindi qualsiasi programma di viaggio.”
Il maestro si allontanò a testa bassa, aveva tutta l’aria del proverbiale “cane bastonato” mentre, a
sua insaputa, un agente in borghese era già alle sue calcagna.
“Crede che commetta un passo falso?” –chiese uno degli agenti“Può scommetterci, tenente.”
Un’ora dopo Gordon tornava con i risultati dell’esame del passaporto:
“Non ci eravamo sbagliati, è spudoratamente contraffatto.” – disse“Bene, ora non ci resta che attendere e, se le mie previsioni sono esatte, tra non molto avremo
notizie di Hunter. E’ solo questione di ore.”
Le previsioni di Parker si dimostrarono esatte. Nel tardo pomeriggio l’agente in borghese che era
stato messo sulle tracce di Hunter, portava notizie davvero interessanti: il maestro dopo essersi
recato a casa per cambiarsi era uscito di nuovo ed aveva raggiunto con molta circospezione la casa
di Annabelle Lafayette.
“Ho fatto esattamente come mi ha detto lei. –disse l’agente- L’ho seguito a debita distanza
facendo molta attenzione a non farmi notare. Lui, infatti non si è accorto di nulla. Dopo essere stato
a casa sua per una trentina di minuti è sceso di nuovo, aveva l’aria di essere molto nervoso,
camminava a passo spedito e sembrava dirigersi verso una meta ben precisa. Quando è arrivato in
quel palazzo mi sono avvicinato per vedere in quale appartamento entrasse: era quello di Annabelle
Lafayette. Mi misi ad origliare e capii che erano rimasti a discutere proprio nella sala d’ingresso. In
un primo momento colloquiarono su quanto fosse stata assurda la morte della cantante e di quanto
entrambe ne fossero rimasti addolorati, ma dopo un po’ il maestro deviò il discorso su Stephen
Davies, provava in tutti i modi di scoprirne l’indirizzo anche se cercava di non darlo a vedere. I suoi
sforzi, però, risultarono vani, la donna lo ignorava o fingeva di non sapere. Si sono dilungati ancora
per qualche minuto in banali convenevoli, poi si sono salutati molto freddamente; io mi sono
allontanato rapidamente ed ho ripreso il mio pedinamento per assicurarmi che tornasse a casa.”
“E così il nostro Hunter cercava di scoprire l’indirizzo di Davies! –borbottò Parker-”
“A cosa può servire l’indirizzo di un morto? –domandò l’agente-”
“Suppongo che Hunter stia cercando qualcosa… qualcosa di molto importante di cui Davies era
in possesso, forse qualcosa di compromettente visto che Hunter ha sempre negato di conoscerlo.
Nello stesso istante Gordon annunciò una visita inaspettata per l’ispettore Parker, strano ma vero si
trattava di Annabelle Lafayette. La donna aveva i nervi a fior di pelle, entrò nell’ufficio con la furia
di un ciclone; salutò a stento.
“Ma cosa le sta accadendo?” –domandò l’ispettore“Mi scusi per l’irruzione, ispettore ma sono molto agitata. Se ne sarà accorto, immagino.”
“La prego si segga e cerchi di calmarsi. Le farò portare qualcosa di forte, vedrà che si sentirà
meglio, dopo mi dirà il motivo della sua venuta.”
Una volta riacquistato il controllo dei suoi nervi, la donna spiegò:
“Non più tardi di un ora fa ho ricevuto una visita da qualcuno che non avrei mai potuto
immaginare…”
“Il maestro Hunter, suppongo.” –la apostrofò Parker“Proprio lui, ma come fa a saperlo? Già, che sciocca. Lo avrà affidato alle cure di qualcuno dei
suoi angeli custodi. Come le dicevo, -proseguì- quell'uomo è venuto nella mia casa oggi, per la
prima volta. Tra noi non c’è mai stato nulla di più di un semplice rapporto di lavoro, così come per
Yvette. Dai giornali avevo appreso che era sparito e che era ricercato da voi della polizia, è anche
per questo che mi sono tanto meravigliata di vederlo. Ad ogni modo era venuto da me con il
pretesto di farmi le condoglianze per la morte della mia amica ma il suo unico scopo era carpirmi
l’indirizzo di Stephen Davies, chissà a cosa poteva servirgli. Se davvero era l’indirizzo che voleva,
non è riuscito ad ottenerlo e per quanto insistesse ho sempre negato di esserne a conoscenza ma
mentivo. Non volevo diventare la complice inconsapevole di qualcuno che potenzialmente potrebbe
essere l’assassino di Davies, che sicuramente è uno dei primi ad essere sospettato dell’omicidio,
anzi, degli omicidi. L’indirizzo è scritto su questo biglietto. Se devo collaborare con qualcuno,
preferisco farlo con la giustizia. Vi auguro di trovare il bandolo della matassa, ispettore.”
Le strade buie del mattino, quando il cielo è scuro, sembrano nascondere in ogni angolo ombre
fugaci. In un solo attimo la mente umana cerca nella logica il rifugio da quelle tenebrose
apparizioni, anche se il brivido ci attraversa ancora la schiena.
Un riflesso di luce…forse, un ramo mosso dal vento…magari. Non c’era nulla, –pensiamoammettere il contrario sarebbe da folli.
Ma non è forse follia cercare la ragione in qualcosa che nulla ha di razionale?
Domenica 27 Febbraio ore 7,15
La casa di Davies in realtà era un seminterrato ai margini della periferia di Londra, un luogo abitato
da poveri diavoli abituati a vivere nella più totale indigenza ma anche da loschi figuri dediti al vizio,
al furto ed al gozzoviglio. Non era certo la prima volta che Parker si doveva avventurare in quei
vicoli per questioni di lavoro; quel dedalo di viuzze poco illuminate era, infatti, il nascondiglio
ideale per chiunque avesse compiuto un misfatto e volesse sfuggire alla giustizia. Ma sfuggire
all’ispettore Parker non era certo un gioco da ragazzi, molti dei casi da lui brillantemente risolti, si
erano conclusi proprio nello squallore di quei luoghi che, visti come un buon rifugio si erano
rivelati una trappola per i malviventi. Una quindicina di scalini conducevano alla cantina del
vecchio stabile; una porta dai battenti ingrossati dall’umidità era tenuta chiusa da un grosso
lucchetto mezzo arrugginito. Bisognava forzarlo, nessun grimaldello, sebbene adoperato dalle abili
mani di Gordon sarebbe mai riuscito ad aprirlo. Un calcio ben assestato e i cardini cedettero,
all’interno altri tre scalini in discesa, un forte odore di chiuso ed il buio più totale. Parker accese un
fiammifero e si accorse che alla sua destra c’era un candelabro con mezza candela, la accese e
subito un barlume di luce rischiarò l’ambiente: un letto disfatto, un tavolo con due vecchie sedie ed
un armadio addossato alla parete sinistra. Una stufa a legna su cui era appoggiata una pentola per
metà piena d’acqua, faceva intuire che spesso fungeva da fornello. Sopra una mensola alcune
bottiglie di liquore vuote e pochi bicchieri capovolti su un tovagliolo aperto.
“Che strano, -osservò Gordon- escludendo il letto mi sembra tutto abbastanza pulito e in ordine,
anche il pavimento sembrerebbe spazzato da poco. Ma mi dici cosa stiamo cercando?”
“Una lettera, un documento, qualcosa che riguarda il maestro Hunter…qualcosa di cui egli ha
paura. Sono certo che si trova qui, bisogna solo trovare il nascondiglio.”
Parker si avvicinò all’armadio e spalancò le due ante.
“Si trattava bene il nostro amico, -osservò Gordon- abiti, camicie, cravatte, tutto di ottima qualità
e c’è anche un buon profumo.”
“E’ vero, ma non è questo che mi interessa sapere.”
Parker cercò di richiudere l’armadio ma invano le due ante urtando tra loro non consentivano più
una chiusura perfetta .
“E’ stato spostato da poco per questo non si chiude più inoltre c’è quella parte più chiara sul
muro retrostante. Ciò indica che l’armadio è stato portato in avanti e che quando è stato riaccostato
al muro non è stato rimesso precisamente nella posizione originaria. Dammi una mano a spostarlo,
sono proprio curioso di vedere cosa c’è dietro.”
Il mobile era molto pesante e i due dovettero faticare per riuscirlo a spostare quel tanto che
bastava per poter esaminare il muro retrostante. Ancora una volta Parker aveva colto nel segno, una
piccola parte dell’intonaco era stata rifatta di recente. I due agenti non si persero d’animo e preso un
ceppo di legno dalla stufa cominciarono a battere sul muro. In breve qualcosa cominciò a cedere
finché venne alla luce una piccola nicchia; al suo interno un pacchetto di carta di giornale.
“Per Giove! -esclamò Gordon- Un passaporto… ma questo è il maestro Hunter.”
La foto del passaporto, infatti, era quella dell’uomo conosciuto sotto il nome di Hunter, ma sul
documento il nome del titolare era completamente diverso. Parker non sembrò affatto meravigliato
di questa inaspettata scoperta.
“Il maestro Hunter, -disse- in realtà si chiama Miklos Kanitz, senza dubbio è un nome ebreo, questo
spiega diverse cose: Davies sapeva benissimo che il maestro Hunter aveva cambiato identità e
probabilmente lo ricattava minacciandolo di rivelare le sue vere origini. Naturalmente l’altro era
terrorizzato, di questi tempi per gli ebrei c’è poco da stare allegri. Ciò spiegherebbe anche la stella
che Davies aveva disegnato sulla porta del maestro, quel simbolo aveva un significato preciso,
quasi
una condanna a morte, senza contare che Hunter come maestro d’orchestra aveva raggiunto l’apice
di una carriera prestigiosa, un personaggio costruito minuziosamente con il lavoro di anni. In fondo
ho compassione di quell’uomo, chissà per quanti anni ha subito i ricatti di Davies e quanti soldi gli
sarà costato il suo silenzio. L’unico che potrà dare una risposta a queste domande è proprio il nostro
Miklos Kanitz alias Gustav Hunter, credo che andremo a fargli una visitina.
Quando il maestro aprì l’uscio il suo viso apparve nella penombra, era talmente pallido che
sembrava invecchiato improvvisamente, i lunghi capelli grigi scompigliati e le mani tremolanti gli
conferivano ancora di più l’aspetto di un vecchio debole ed impaurito eppure quell’uomo non aveva
che cinquant’anni e solo qualche giorno prima era l’impetuoso direttore di una delle più prestigiose
orchestre di Londra. Appena riconobbe i due agenti balbettò qualcosa, forse un imprecazione.
Parker estrasse dalla tasca l’indirizzo di Davies e lo porse al maestro.
“Buonasera signor Kanitz, era questo che cercava?”
“E’ stata lei a darvelo! –disse- Sapevo che l’aveva, che l’inferno la ingoi…maledetta arpia.”
“Spero non voglia lasciarci sulla soglia, le dispiace se entriamo?”
“Credo che siate già entrati in mia assenza e non me ne avete certo chiesto il permesso. Entrate
pure, comunque.”
“Come avrà avuto modo di capire, caro maestro, siamo all’epilogo. Continuare a mentire non le
servirà a nulla se non ad aggravare la sua posizione. Collabori con noi e le prometto che avrà tutto il
nostro appoggio per evitare le sue origini vengano rese note, le do la mia parola.”
“Sono così confuso, -disse- mi sembra di vivere in un terribile incubo, i miei nervi sono a pezzi
non riuscirei a reggere oltre questa situazione, vi dirò ogni cosa: la mia infanzia è stata breve e
molto dura, ero l’unico figlio di una famiglia medio borghese. Eravamo sempre in fuga per evitare
gli aguzzini di noialtri ebrei; a volte eravamo costretti a rimanere nascosti in qualche nascondiglio
di fortuna per interi mesi senza mai vedere la luce del giorno, razionando al massimo quel poco cibo
che i miei genitori riuscivano a reperire in un modo o nell’altro. Questo stile di vita andò avanti per
anni finché un brutto giorno, mio padre fu costretto ad uscire dal rifugio in pieno giorno, eravamo
rimasti senza una briciola di pane e dopo sei giorni di digiuno avevamo fame. Io avevo diciannove
anni e quella fu l’ultima volta che lo vidi. Rimanemmo soli io e mia madre e riuscimmo a
sopravvivere spostandoci di notte da un paese all’altro e mangiando quel che capitava. La fortuna ci
aveva aiutato ancora, ma due anni dopo, durante uno dei nostri spostamenti notturni, fummo
sorpresi da un drappello di militari nazisti; mia madre cadde loro prigioniera mentre io, per puro
miracolo, riuscii a dileguarmi nell’oscurità. Ormai ero rimasto solo ed ero disperato, ma fu proprio
la forza della disperazione che mi aiutò ad andare avanti. Conobbi Davies mentre viaggiavo
clandestinamente su un treno che conduceva qui a Londra. Mi promise una nuova identità, disse
che conosceva qualcuno che mi avrebbe potuto procurarmi dei documenti falsi. Gli risposi che non
avevo danaro e che non avrei potuto pagare, mi rassicurò dicendo che mi avrebbe aiutato lui. Fu lui,
infatti a pagarmi i documenti falsi anzi fece di più mi diede dei soldi, ma io al momento non sapevo
ne come ne quando avrei potuto restituirglieli. Mi disse che era sicuro che un giorno o l’altro avrei
saldato il mio debito e che gli avrei restituito molto più di quanto lui mi aveva dato. Con la mia
nuova identità mi sentivo finalmente libero e smisi di nascondermi, trovai persino un lavoro come
barista in un locale notturno e con i guadagni riuscii a riprendere i miei studi al conservatorio. Non
fu facile: di notte lavoravo e di giorno studiavo, dormivo solo tre o quattro ore per notte. Andò
avanti così per più di cinque anni poi uno dei miei maestri mi prese a benvolere e cominciai a
lavorare in piccole orchestre come direttore e talvolta anche come pianista, i guadagni salivano ed il
mio stile di vita anche. Passo dopo passo il nome di Gustav Hunter diveniva sempre più popolare
finchè un giorno fui chiamato a dirigere una grande orchestra in Francia, fu proprio a Parigi che
conobbi Yvette e fu proprio li che cominciò la mia ascesa al successo e con essa i miei guai. Davies
non tardò a farsi vivo e a reclamare il suo credito nei miei confronti, io senza batter ciglio gli
restituii quanto gli dovevo ed in più gli elargii una congrua somma per ricompensarlo di quanto
aveva fatto per me. Credevo che non lo avrei più rivisto ma mi sbagliavo. Qualche anno più tardi
tornò a farsi vivo, era al corrente di ogni mia mossa e sapeva che ormai disponevo di molto denaro.
Disse che il mio debito non era ancora estinto e mi consigliò di pagarlo senza fare storie, in fondo
era merito suo se io ero diventato una celebrità. –disse- Assecondai la sua richiesta senza fiatare e
lui per tutta risposta mi minacciò chiaramente: sarebbe tornato ancora per riscuotere ed io avrei
dovuto pagare se volevo evitare guai. Lui conosceva la mia vera identità e l’avrebbe usata come
arma per ricattarmi. Cercavo di sfuggirgli; cambiai alloggio tre o quattro volte ma lui riusciva
sempre a trovarmi e le sue pretese divenivano di volta in volta sempre più esose, doveva vestire
elegantemente per far bella figura con colei che amava e poi doveva regalarle fiori, gioielli e le cose
di lusso costano –mi disse un giorno. La donna a cui si riferiva era Yvette Bourgueis ma non so se
l’amava davvero o se mirava solo ai suoi quattrini. Lunedì scorso, infine, avvenne l’irreparabile. Si
presentò a casa mia con l’intenzione di spillarmi altro danaro, stavolta era una cifra davvero
ragguardevole ma io, stavolta ero deciso a non cedere. Ormai avevo capito che l’unica arma era
tenere duro; le sue armi, però, erano ben più pericolose delle mie: mi mostrò il mio passaporto
originale, quello che ora è nelle vostre mani. Non capivo come fosse riuscito ad impossessarsene,
quel documento non doveva più esistere, io stesso lo avevo dato alle fiamme quando il falsificatore,
dopo essersene servito per creare quello contraffatto me lo restituì. Davies mi rivelò che quella che
mi fu restituita altro non era che un’altra copia del mio documento, commissionata da lui per
impossessarsi di quello autentico. Risposi che non gli avrei dato nulla e sarebbe stato meglio per lui
andar via dopo avermi restituito il passaporto. Con un gesto di sfida mi tirò il documento sulla
faccia dicendo che anche quella era una copia e che quello autentico era ben nascosto. A quel punto
estrasse un coltello dalla tasca minacciando di uccidermi: “Non ci vuole nulla a farti fuori –dissenon è certo la prima volta che faccio fuori un bastardo, ne sa qualcosa quello che tu chiami “il mio
amico falsario”. Credeva che l’avrei pagato… povero illuso. Mentre parlava continuava ad avanzare
verso di me brandendo l’arma con uno sguardo allucinato e rabbioso, fui assalito dal panico ed
istintivamente afferrai il primo oggetto che mi capitò… il candeliere, era proprio a portata di mano.
Lo scagliai con tutte le mie forze contro di lui, ma il suo cappello sembrò attutire il colpo, il
coltello gli scivolò dalle mani mentre lentamente si accasciava sul pavimento. L’avevo ucciso, solo
in quel momento mi resi conto del delitto di cui mi ero macchiato. La mia mente lavorava
febbrilmente ma non riuscivo a avere il controllo del mio corpo, ero tutto un tremore, sentivo il mio
cuore battere freneticamente. Presi la bottiglia del cognac e bevvi lunghe sorsate; finalmente il
tremore scemò. Dopo aver pulito ogni sua traccia dalle scale e dall’appartamento mi accorsi che
aveva tracciato un segno a forma di stella sulla mia porta, cancellai anche quel minaccioso simbolo
di morte quindi spogliai il cadavere dei suoi panni e lo occultai sotto il mio divano. Io indossai il
mio paletot e su questo il suo mantello nero gli occhiali ed il cappello, uscii di casa. Il custode mi
vide uscire ma non si accorse della sostituzione. Andando a teatro mi liberai del travestimento
gettandolo in un cassone dei rifiuti. Stavo riacquistando il mio autocontrollo convincendomi sempre
più che tutto sarebbe andato nel migliore dei modi. Anche a teatro tutto andò alla perfezione tranne
l’omicidio di quella povera ragazza, questo provocò un tale scompiglio che nessuno fece caso a me
che ne approfittai per lasciare il teatro dall’uscita di sicurezza. Arrivato a casa mi accorsi che il
custode era ancora seduto nella sua guardiola ma, buon per me, dormiva profondamente. Attesi che
giungesse l’ora della chiusura del portone poi bloccai l’ascensore con un pezzo di carboncino
trovato per terra e con fatica trascinai il cadavere giù per le scale di servizio, raggiunsi la botola
dell’ascensore, la aprii facendo leva con il suo coltello e lo scaraventai all’interno insieme all’arma.
Ritornai su in casa e presi la valigia nella quale avevo messo tutto ciò che mi potesse servire e
scappai.”
“Mi dia i polsi. –ordinò ParkerIl desiderio della scoperta nasce con l’uomo, è parte dei suoi istinti e con ogni probabilità è uno dei
più forti. Il desiderio di scoprire la verità risale alla notte dei tempi ed è il motore che muove
l’ingegno dell’uomo.
La sete di giustizia, in fondo è parte del desiderio di scoprire la verità. Ma quante volte si è fatta
“giustizia” mentre la verità non era ancora svelata?
Lunedì 28 Febbraio ore 0,10
Nel suo ufficio Parker commentava col fedele Gordon gli ultimi avvenimenti del caso.
“Cosicchè il maestro sarebbe del tutto estraneo alla morte della cantante? Io sarei propenso a non
crederci.”
“Fai male, mio buon amico. Il nostro maestro è colpevole, ma di uno solo degli omicidi,
potremmo dire che Hunter o meglio Kanitz sia diventato un assassino solo per caso, in effetti era lui
ad essere la vittima e l’altro l’aguzzino. Per quanto riguarda l’omicidio della cantante, ho idea che la
morte della Bourgueis sia opera di ben altra persona. A proposito, domattina arriverò in ufficio due
o tre ore più tardi, tu nel frattempo farai un giro dei vari negozi di fiori che si trovano nelle
vicinanze del teatro e chiedi se il giorno 20 qualcuno di loro ha ricevuto qualche richiesta inusuale
come ad esempio una varietà di fiori particolare o una composizione fuori dal consueto.”
“Ma che significa tutto questo, cosa c’entrano i fiori?”
“Mio caro Gordon, fino ad ora abbiamo concentrato le nostre indagini sulla morte di Davies
facendo luce solo su una delle due morti ma il caso principale ovvero il delitto Bourgueis non è
stato ancora risolto. A questo proposito sto riesaminando gli appunti presi durante il mio
sopralluogo effettuato a suo tempo nel camerino della cantante e ti posso garantire che i fiori
c’entrano ma ti dirò di più: l'assassino di Yvette non potrà mai essere messo in manette, egli è già
uscito dalla scena.”
Il giorno dopo Parker arrivò in ufficio alle diciassette e quarantacinque.
“Alla buon ora!” –esclamò Gordon vedendolo arrivare“E’ stato meno semplice di quanto pensassi, ma ne è valsa la pena.”
Parker si tolse cappotto e cappello e li appese all’attaccapanni accanto alla sua scrivania sulla quale
appoggiò la sciarpa ed i guanti, quindi si avvicinò alla vecchia stufa per riscaldarsi le mani, poi con
tutta calma si avvicinò alla sua poltrona da lavoro e finalmente si sedette. Gordon osservò
nervosamente quei movimenti flemmatici ma non riuscì a trattenere oltre la sua impazienza.
“Insomma, ti decidi a parlare? Avevi annunciato di arrivare con due o tre ore di ritardo ed invece
arrivi in ufficio a sera inoltrata. Dici che però ne è valsa la pena e intanto ti metti a gironzolare per
l’ufficio senza aprir bocca. Si può sapere cosa hai scoperto?”
“Calma Gordon, calma. Ora siedi e rilassati, un po’ di pazienza e saprai tutto. Sto aspettando
qualcuno che troverà il mio racconto molto interessante, tu intanto dimmi com’è andata .
Pochi minuti dopo, infatti un agente annunciò l’arrivo di Annabelle Lafayette.
“Buonasera ispettore, spero che il motivo per il quale mi ha fatto accompagnare da lei sia per lo
meno “un buon motivo” visto che ero nella mia vasca da bagno. Tanto più che non avevo alcuna
intenzione di uscire questa sera.”
“Il motivo lo capirà quando avrà ascoltato quel che è emerso dalle indagini che stiamo svolgendo
sul caso Bourgueis e precisamente di quanto ho appreso in queste ultime ore. Per prima cosa devo
dire che la mia visita al medico della signorina Yvette è stata a dir poco illuminante. Ascoltatemi
con attenzione: tre anni or sono ella si trovava in campagna per una breve vacanza che rischiò di
tramutarsi in tragedia per una semplice puntura d’ape. La sua amica ebbe la fortuna che proprio nel
suo albergo alloggiava uno dei più noti medici di tutta Londra che la soccorse immediatamente
salvandole la vita. Un minuto più tardi e per lei non ci sarebbe stato più nulla da fare. Più tardi si
scoprì la sua ipersensibilità a quella particolare tossina. Yvette, da allora, fu costretta ad evitare nel
modo più categorico tutti gli ambienti dove l’insetto poteva essere presente, in particolare le
campagne e le zone lacustri, non solo ma era talmente terrorizzata da un probabile attacco di
qualche ape che prima di andare a letto usava cospergersi di creme repellenti. Una ossessione
divenuta quasi paranoica, quindi che però contrastava fortemente con un’abitudine di cui non
riusciva a fare a meno, quella di usare un fortissimo profumo a base di tuberosa.
Quando andai nella sua casa per un sopralluogo ne trovai diversi flaconi. Purtroppo questa sua
mania determinò la sua fine. Il giorno della prima al Royal, la signorina Yvette tra gli altri fiori
ricevette una particolare qualità di orchidee: Ansellia africana, più comunemente nota come
orchidea leopardo. E’ una varietà molto rara dalle nostre parti, ma si da il caso che il proprietario del
negozio dove sono state acquistate, possegga una serra dove le coltiva personalmente e dove ha
creato il clima ideale per la loro crescita. L’acquirente le volle in una confezione davvero singolare:
una scatola di cartone completamente chiusa con centinaia di minuscoli fori del diametro di una
capocchia di spillo. I fiori furono acquistati solo un’ora prima dell’inizio dello spettacolo e
l’acquirente non volle incaricare un fattorino per la consegna, come si fa di solito, ma li portò via
personalmente. Stamattina presto sono ritornato a teatro per riesaminare il camerino della
Bourgueis. Ho osservato ogni angolo e mi è sembrato che la prima volta non mi era sfuggito nulla,
avevo annotato ogni cosa sul mio taccuino ma mi sbagliavo. In un angolo del guardaroba c’era
qualcosa di veramente inconsueto per un camerino e maggiormente per quello di Yvette: un’ape
morta e ad un attento esame dell’insetto abbiamo potuto constatare che era privo del pungiglione.
Il negoziante di fiori è riuscito a fare una descrizione precisa dell’acquirente ed io non ho dubbi, si
tratta di lei, signorina Lafayette.”
A questa affermazione l’accusata cominciò e protestare violentemente, Gordon intervenne
tempestivamente riuscendo, a malapena a farla tacere.
“Mi lasci finire, -l’apostrofò Parker- dopo sarò pronto ad ascoltare tutte le sue dimostranze. Il
pomeriggio del 20 febbraio scorso lei si recò al negozio di fiori del signor Patton per ritirare delle
orchidee; per la precisione orchidee leopardo, una varietà molto costosa e non facilmente reperibile
qui a Londra, tranne che in quel negozio, dove arrivavano con una frequenza periodica. Lei, infatti,
si era già prenotata diversi giorni prima per non correre il rischio di non trovarle. La signorina
Bourgueis amava riceverle ogni volta che si esibiva in pubblico. Era quasi un rituale, una ossessione
scaramantica alla quale non riusciva a sottrarsi. Erano anni ormai che le trovava nel suo camerino
prima di ogni sua esibizione e, naturalmente, era la sua amministratrice nonché amica del cuore che
si interessava di farle trovare i fiori sul tavolo da trucco, sempre allo stesso posto: davanti allo
specchio. Il fioraio, Patton, le aveva già preparate varie volte ma questa volta la sua richiesta fu
davvero originale: una scatola di cartone che gli aveva procurato lei stessa. Una scatola di cartone
con dei piccoli fori su tutte e quatto le pareti. Patton le chiese il perché di una scatola chiusa che,
avrebbe impedito di poter ammirare a vista la bellezza di quei costosissimi fiori, senza contare che
la mancanza d’aria avrebbe potuto sciuparli. Lei rispose che era uno scherzo, voleva fingere di non
aver trovato le orchidee, facendo credere alla sua amica che nella scatola vi fosse un’altra varietà di
fiori. Per quanto riguardava l’aria, non c’era da preoccuparsi, la scatola era tutta forata. –affermòMa ora facciamo un passo indietro nel tempo: da quando lei iniziò a lavorare con Yvette Bourgueis
molte cose sono cambiate. All’inizio le era molto riconoscente ma pian piano qualcosa stava
mutando in lei. Probabilmente, a causa del suo passato, aveva maturato una profonda avversità
verso il sesso opposto, in lei cominciò a crescere giorno dopo giorno una innaturale attrazione verso
la sua benefattrice. Non le bastava più tutto quello che aveva ottenuto: un bellissimo appartamento,
gioielli e danaro; ora voleva di più... molto di più: voleva lei... il suo amore. Ma Yvette era una vera
donna e non aveva alcuna intenzione di cambiare, accettò passivamente le sue attenzioni per anni
senza mai concedersi completamente. Solo negli ultimi anni Yvette lasciò intravedere che i suoi
sentimenti verso di lei stavano cambiando, dandole così nuove speranze ma la comparsa di Davies
sovvertì l'andamento degli eventi. Il signor Davies era diventato un rivale pericoloso, lui non mirava
all'amore della Bourgueis, come voleva far intendere, bensì ai suoi soldi. Si era costruito un
personaggio indubbiamente affascinante che era riuscito a far innamorare la Bourgueis con un
lavoro di indicibile perseveranza e grande pazienza. Davvero ammirevole per un volgare
malvivente.”
“Moderi i termini, ispettore.” -interloquì inaspettatamente Annabelle“Mi aspettavo questa sua reazione. -affermò Parker- Devo ammettere che era un trabocchetto,
dovevo avere la conferma ad un mio sospetto: Stephen Davies si era ingraziato la signorina Yvette
con una corte spietata, ma portata avanti con una classe insospettabile, decine e decine di lettere in
cui manifestava i propri sentimenti; poesie sdolcinate ma di sicuro effetto su un animo gentile e
nobile e poi i fiori che lei amava tanto, non dimenticava mai di mandarglieli almeno una, due volte
al mese. L'uomo aveva portato avanti questo tipo di comportamento per svariati mesi ma solo dopo
più di un anno la bella Yvette cominciò a nutrire un certo interesse, fu allora che i due iniziarono a
frequentarsi sporadicamente anche se il loro rapporto rimase ad uno stato squisitamente platonico.
Yvette non amava che la cosa divenisse di dominio pubblico ed i loro incontri avvenivano sempre
nel più rigoroso riserbo, ecco perché nessuno ne sapeva alcunché. Tranne lei signorina Annabelle e
naturalmente i signori Bourgueis, ai quali il signor Davies piaceva ben poco. Il signor Stephen
Davies... ma forse sarebbe più giusto dire il signor André Lafayette, vale a dire suo fratello.”
Seguirono attimi di interminabile silenzio, l'atmosfera si incupì improvvisamente, l'unica fonte di
luce quella del lume della scrivania di Parker si spense, forse a causa di un lampo; intanto il
temporale imperversava tra il fragore dei tuoni e lo scrosciare della fitta pioggia che il forte vento
faceva ondeggiare a destra e a sinistra sotto i lampioni della strada appena riaccesi, quasi come il
grigio sipario di un palcoscenico sotto le luci dei riflettori all'ultima scena della commedia.
“Mio fratello! -disse la donna rompendo il silenzio- Ci siamo sempre odiati fin da bambini, dopo
tutto non eravamo dei veri fratelli e per lui sono stata sempre un'intrusa, un usurpatrice, colei che
aveva preso il posto della sua vera sorella. I signori Lafayette mi avevano adottata quando la loro
figlia di appena cinque anni morì per una banale caduta. Il dolore fu tale che pochi mesi dopo
l'accaduto decisero di adottarmi. Speravano che affezionandosi a me avrebbero potuto dimenticare
la perdita della loro figlia diletta ma non fu mai così. Crebbi in un clima di ostilità e di tensione,
André non sopportava la mia presenza e non perdeva mai l'occasione per rinfacciarmi le mie
origini, anche sua madre era contro di me; solo il vecchio padre mi dimostrava un poco di affetto,
ma era un uomo debole e malato e non visse abbastanza a lungo per potermi difendere. Decisi di
scappare via da quella vita d'inferno e lo feci quando avevo appena quindici anni ma ciò mi fece
cadere dalla padella alla brace. Finii per vendermi sulla strada, vittima del mio nuovo aguzzino.
Andai avanti così per anni finché non incontrai Yvette, fu la mia ancora di salvezza, con lei riuscii a
dimenticare il mio passato ed a ricostruirmi una nuova esistenza: avevo denaro ed ero rispettata da
tutti. Nella mia vita non avevo mai amato e forse fu per questo che finii per innamorarmene ma lei,
all'inizio, non mi accettava ed io, pur soffrendone, mi sentivo sempre più attratta . Quando,
finalmente, il nostro rapporto stava per concretizzarsi ecco apparire André, che in tutti quegli anni si
era dato alla brutta vita ed al crimine. Aveva cambiato identità e da qualche tempo ricattava il
maestro Hunter, ma quando scoprì della mia amicizia con Yvette, cominciò a corteggiarla
spietatamente.”
“Un corteggiamento che piano piano cominciò a dare i suoi frutti: -interloquì Parker- Yvette se
ne stava innamorando e lei lo odiava sempre di più, avrebbe voluto ucciderlo e forse l'avrebbe
anche fatto se il caso non avesse voluto che il maestro lo facesse prima di lei, ma torniamo a suo
fratello; quell'uomo non nutriva alcun sentimento verso la povera Yvette, quel che voleva
raggiungere era ben altro che il suo cuore. La signorina Yvette aveva accumulato un capitale
davvero ragguardevole ed era proprio a quello che l'uomo mirava. I soldi che riusciva ad estorcere a
Kanitz gli servivano per pagarsi la lussuosa camera d'albergo che usava per i suoi incontri galanti
con la vittima e per farsi confezionare abiti costosi. Il sottoscala alla periferia era solo un rifugio che
usava quando voleva sparire per qualche tempo dalla circolazione. Il giorno della morte della
Buorgueis, lei ordinò le orchidee con quella particolare confezione perchè quella stessa scatola
doveva contenere oltre ai fiori, anche delle api che avrebbero aggredito Yvette nel momento in cui
la scatola sarebbe stata aperta. Ecco a cosa servivano i fori: per dare ossigeno agli insetti che,
altrimenti sarebbero morti in pochi minuti. Le api una volta liberate sarebbero state attratte dal
profumo di tuberosa che la donna usava indossare in abbondanza Ma non era sua intenzione
ucciderla infatti, dalle mie indagini risulta che si era procurata un medicinale che opportunamente
iniettato avrebbe reso inerte il veleno. Tutto ciò per dimostrarle il suo amore e, forse, per tentare di
riavvicinarla a se. Ogni cosa avvenne secondo i suoi piani, e quando Yvette aprì la scatola delle
orchidee venne subito assalita da uno dei temibili insetti, prontamente intervenne lei con il suo
antidoto ottenendo così la sua riconoscenza, era certa di averle salvato la vita e sperava con tutta se
stessa in un ritorno di fiamma. Yvette si vestì per andare in scena e lei la aiutò amorevolmente...
come sempre. Yvette Bourgueis era sul palco da quasi un'ora e stava dando ancora una volta il
meglio di se stessa quando all'improvviso si accasciò al suolo priva di vita. Il terrore di averla
uccisa si impossessò di lei immediatamente. Cos'era accaduto? L'antidoto non aveva funzionato? Si
precipitò nel camerino per cercare di far sparire qualsiasi prova che potesse far luce sul suo piano
ma era terrorizzata e suo malgrado le sfuggì qualcosa: l'insetto morto, ecco il piccolo indizio che mi
ha permesso di ricostruire gli avvenimenti. Tutto questo le costerà qualche anno di prigione per
tentato omicidio anche se lei, forse, era l'unica persona a non ricavare alcun beneficio dalla sua
morte. Colui che ne avrebbe ricavato grande giovamento era il suo compianto fratello che, riuscì ad
essere nominato nel testamento della defunta, per il quale sarebbe venuto in possesso di circa il
settanta percento dei suoi averi.”
Parker fece cenno a Gordon di evitare alla donna l'umiliazione delle manette; Annabelle lo capì.
“Credo che dobbiate portarmi via vero?” -chiese“Purtroppo si, si renderà conto di ciò che ha fatto. Ammetterà che è stata una follia?”
“E' vero, a volte i sentimenti ci offuscano la mente impedendoci di usare la ragione facendoci
comportare oltre i limiti della pazzia. Ma chi l'ha uccisa, ispettore? Se lei mi sta accusando di
tentato omicidio vuol dire che l'assassino è qualcun altro... ma chi?”
“Qualcuno che ha già pagato per il crimine commesso, suo fratello signorina Lafayette. Egli
aveva sfruttato una delle tante fobie della Bourgueis: lei era convinta che sarebbe morta molto
giovane, ecco perché aveva fatto testamento in così prematuramente.”
“E in che modo l'avrebbe uccisa?” -chiese Gordon“Con un semplice regalo. Une bellissima collana di perle, una delle quali aveva solo l'aspetto di
una perla, in realtà si trattava di una piccola ampollina di vetro munita di una punta acuminata
pronta a iniettare una buona dose di curaro: un estratto vegetale ricavato da numerose piante della
foresta amazzonica utilizzato dagli indigeni della zona per avvelenare la punta dei loro dardi da
caccia.”
“Ma perchè complicare tanto le cose? -si interrogò Gordon- non sarebbe stato più semplice
propinarle il veleno in una bevanda, magari in un bicchiere di Porto, visto che la Bourgueis era
solita berne almeno due o tre al giorno?”
“Non avrebbe potuto. -rispose Parker- poiché per fare come dici, egli si sarebbe dovuto recare
di persona a teatro prima che iniziasse la serata. Il suo alibi, invece, era quello di non essersi mai
mosso dalla sua camera d'albergo come avrebbe confermato anche l'addetto alla reception. Infatti
quando l'uomo si ritirò disse al portiere di non voler ricevere nessuno poiché non si sentiva bene, si
sarebbe messo a letto e non sarebbe uscito di casa prima del giorno successivo. Invece uscì dalla
scala di servizio con il travestimento con il quale è stato visto dal custode di Hunter la sera stessa in
cui fu ucciso. La collana, invece, avrebbe funzionato anche in sua assenza poiché egli l'aveva
regalata ad Yvette facendosi promettere che l'avrebbe indossata solo prima di entrare in scena.
Quando la donna avrebbe fatto scattare la chiusura del collier, avrebbe involontariamente attivato il
minuscolo congegno che le avrebbe iniettato il veleno. Veleno che non è stato di facile
individuazione neanche con l'autopsia a causa della presenza sia del veleno dell'insetto che del
medicinale iniettato da lei. Tutti questi elementi si erano confusi nel sangue della vittima fuorviando
le analisi del Coroner che solo stamattina è riuscito a darmi le analisi definitive.”
“E la collana? Quella era il corpo del reato!” -intervenne Gordon“La collana era volutamente stretta per il collo di Yvette ed il nodo che teneva insieme le perle si
sarebbe sciolto subito dopo lo scatto ecco perchè non fu indossata. E' stato facile per me ricostruire
la collana raccogliendone i vari pezzi sparsi sul pavimento del camerino ed accorgermi che
mancava una perla, al suo posto trovai quel che rimaneva della piccola sfera di cristallo.”
“Che menti contorte.” -bisbigliò Gordon con voce sgomenta“E' vero. -rispose Parker- ma non credere che questo sia un caso particolarmente singolare ho
visto di peggio in vita mia e, se vuoi il mio parere, tra qualche tempo crimini del genere saranno
considerati banali se non addirittura ridicoli. Fra meno di cent'anni il crimine avrà assunto forme
ben più agghiaccianti nella sua cruda follia. Saranno brutti tempi, amico mio quelli cui si va
incontro .”
“Per fortuna noi non ci saremo.”