Vivere con i tribali Munda, la Pasqua è arrivata tra

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Vivere con i tribali Munda, la Pasqua è arrivata tra
Pasqua nel mondo
Sabato, 23 aprile 2011
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Vivere con i
tribali Munda,
la Pasqua è
arrivata tra chi
ancora non crede
Dal Bangladesh
P. Paggi, saveriano
nativo di Sorico
● Don Alessandro si
prepara alla prima
Pasqua in Camerun
● La stagione secca è
ormai alla fine, dal mese
di ottobre non piove
● Nella veglia a Mogodé
verranno battezzati
centinaia di catecumeni
tutti coraggio e speranza.
Proprio in queste settimane sto vivendo
anche l’esperienza molto bella e non
senza fatica della visita alle comunità per
il ritiro in preparazione della Pasqua e
anche per le confessioni.
La maggior parte delle persone
specialmente nei villaggi si confessa in
lingua Kapsiki e vi lascio immaginare la
difficoltà per noi missionari. Anch’io mi
butto e cerco di fare del mio meglio ma
è davvero un’avventura! Praticamente
capisco poco o niente di quello che la
gente mi dice dei propri peccati, cerco
di sorridere sempre a tutte le persone
che si accostano a me per la confessione
e nel mio cuore prego che possano
sperimentare in qualche modo la
misericordia del Padre. E mi sembra
che tutti vadano via contenti. Miracolo
dell’amore di Dio!
Vorrei raccontarvi un’altra piccola
cosa che capita nelle confessioni: tante
persone (chi non è già a piedi nudi!) che
si accostano per il sacramento si tolgono
le loro povere ciabatte o scarpe prima di
arrivare dal prete. Mi sembra molto bello
e significativo questo.
Forse loro non hanno questa
intenzione ma io vedo un gesto davvero
meraviglioso: di fronte alla presenza di
Dio, come Mosè si resta poveri, umili… a
piedi nudi!
Un’immagine questa dei piedi che dice
bene dei miei primi passi “in terra di
missione”. La sera quando mi lavo prima
di andare a letto di solito prendo un
catino con un po’ d’acqua (e sapone) e
prima di metterci dentro i miei piedi li
guardo. Per me - ve lo confido - è quasi
un momento di preghiera. Il profeta Isaia
(non ricordo il capitolo preciso) dice
“come sono belli i piedi del messaggero
di lieti annunzi, del messaggero di pace!”.
Guardando i miei piedi alla fine di una
giornata africana sono sporchi! Ma forse
sta lì la bellezza di cui parla Isaia: la
bellezza di avere camminato davvero
un’altra giornata... per Grazia di Dio; la
bellezza di essere andato incontro alle
persone; la bellezza di essere salito su una
montagna kapsiki o di avere marciato nel
silenzio della notte sotto il cielo d’Africa;
la bellezza di una vita che forse è più
dura di prima ma dove la missione,
anche se a 5000 km di distanza, è quella
di sempre: essere portatori e annunciatori
di una gioia e di una pace che sono dono
di Dio!
A piedi nudi in missione
annunciatori di gioia e pace
D
on Alessandro Alberti,
missionario Fidei donum
a Mogodé, nella missione
diocesana in Cameroun, nativo di
Morbegno.
La Pasqua del Signore Gesù è ormai
prossima anche in questa Terra d’Africa
che pian piano sto iniziando a conoscere.
La nostra vita e la vita della nostra gente
vanno avanti tra le gioie e le fatiche di
ogni giorno.
Tutti attendiamo l’acqua dal cielo.
Infatti è dal 28 ottobre che non piove e
la stagione secca dovrebbe essere ormai
alla fine. Speriamo! Mi sono accorto
a differenza di prima di quanto sia
davvero preziosa l’acqua. Qui a Mogodè
tutto sommato siamo ancora in una
zona “abbastanza fortunata” rispetto
a tante altre zone desertiche dell’Africa
e di pozzi e forage ne sono stati fatti
parecchi nel corso degli anni. In questo
periodo come Comunità cristiana stiamo
continuando il cammino di Quaresima
e ci siamo preparando alla celebrazione
della Pasqua. Soprattutto i catecumeni
(cioè coloro che si stanno preparando
al Battesimo e sono tutti giovani ed
adulti), dopo il lungo cammino di
preparazione, stanno attendendo anche
un’altra “Acqua dal Cielo”, quella del
Battesimo che riceveranno nella grande
Veglia Pasquale. Attendo anch’io con
impazienza di vivere per la prima volta
la gioia africana della Notte di Pasqua.
E prego Dio che coloro che ricevono il
Battesimo siano per sempre autentici e
gioiosi discepoli del Signore Gesù. Prego
inoltre che l’acqua fresca e vivificante
del suo Amore rinnovi la vita di ciascun
cristiano qui e anche in Italia e doni a
Bangladesh:
“la fede
dal cuore”
Padre Quirico Martinelli, missionario del PIME a
Suihari in Bangladesh, nativo di Uggiate.
Noi, preti, suore e catechisti, durante la Quaresima
siamo in giro per le visite ai villaggi per la
preparazione alla Pasqua. Nella nostra Missione
abbiamo 80 villaggi di cui il più lontano è a
70 Km. Ogni villaggio ha la sua chiesetta e
il suo catechista che alla domenica raduna la
gente per la liturgia della Parola, dato che noi
sacerdoti non possiamo essere sempre presenti
per celebrare l’Eucaristia. Qui le celebrazioni
quaresimali dalle Ceneri alla Veglia pasquale sono
molto sentite e partecipate. I giovani allestiscono
la rappresentazione vivente della Passione del
Signore il Venerdì Santo al mattino, nel cortile
della scuola. Viene tanta gente, anche cristiani
non cattolici e non cristiani: c’è tanta commozione
e partecipazione davanti alle sofferenze del
Signore. Come scrive p. Paolo, parroco a Mirpur,
alla periferia di Dhaka:
“Noi occidentali forse abbiamo l’idea che la fede
sia qualcosa che nasca principalmente dalla mente
e dalle opere, mentre qui si percepisce la fede
innanzitutto come un sentimento, un affetto e
che si esprime come si esprimono i sentimenti,
cioè con i gesti. Diventano così importanti quelle
celebrazioni capaci di esprimere i sentimenti
della fede, che noi chiamiamo devozioni. Così i
Battisti, Luterani, Metodisti e gli innumerevoli
gruppi cristiani presenti nella zona, si ritrovano
N
ella mia piccola missione tra
i tribali Munda che vivono
ai margini della Foresta del
Bengala (il regno della famosa tigre
reale del Bengala ) non ci sono
cristiani.
Questa tribù di cui mi occupo ormai
da sette anni ha la brutta abitudine di
sposare le figlie a 12-13 anni.
Le conseguenze di questi matrimoni
forzati e prematuri sono disastrose:
al primo parto molte di queste madri
bambine finiscono nella tomba
insieme al loro primogenito.
Nel tentativo di porre un freno a
questa brutta usanza responsabile
dell’alta mortalità femminile che si
riscontra in questa tribù noi della
Missione Cattolica incoraggiamo le
ragazzine tribali Munda a disubbidire
ai genitori che le vorrebbero sposare
a 12-13 anni e, se è necessario, a
fuggire da casa e a rifugiarsi alla
missione che offre loro vitto, alloggio
e istruzione.
Queste ragazzine non sono
cristiane…forse un giorno lo
diventeranno…ma sanno che
due sono i motivi di una presenza
cristiana in questo angolo sperduto
del modo.
Il primo è quel fatto grandioso che
i cristiani ricordano a Natale e cioè
la decisione del Dio dei cristiani
di venire ad abitare tra i poveri, gli
emarginati, i deboli….quelli che in
questo mondo non contano niente.
Il secondo motivo è che questo
Dio dei Cristiani è stato in grado di
risorgere dai morti e la sua precisa
volontà è che quei poveri , emarginati
e deboli che sono i suoi prediletti
abbiano la vita e l’abbiano in
abbondanza… ( Cfr. Giovanni 10,10).
Queste ragazzine sanno che questa
missioncina che si occupa di loro è
un frutto di questa vittoria del Dio
dei cristiani sulla morte… e la bella
notizia di questa vittoria è arrivata
anche in questo angolo sperduto del
mondo in mezzo a questa tribù di cui
nessuno si era mai occupato. E così
se Minoti, Nilima, Falguni e Monjhuri
sono piene di vita e sprizzano allegria
da tutti i pori e stanno imparando
tante cose lo devono a Cristo Risorto.
A noi della Missione tra i tribali
Munda sembra che lo scopo
principale della nostra presenza
tra questa tribù sia questo servizio
alla vita…più riusciremo a portare
vita e vita in abbondanza e più la
Risurrezione di Cristo avrà portato
frutto.
(Mors et vita duello conflixere mirando...
dux vitae mortuus regnat vivus !)
insieme a pregare durante la Quaresima nella
chiesa cattolica, ormai diventata troppo piccola.
Quello che non si riesce a fare con le preghiere
Ecumeniche ufficiali si realizza spontaneamente
con i riti quaresimali. Il mistero della Passione
di Gesù è il mistero che ci fa sentire il Signore
vicino a noi, perché lo vediamo condividere quelle
sofferenze o delusioni che spesso accompagnano
la nostra vita. Qui in Bangladesh, come in ogni
parte del mondo, scoprire che Dio non è lontano
o indifferente alla nostra sofferenza, diventa
segno di benedizione e di amore. Questo mistero
è capace di unire di nuovo i cristiani e da la
speranza in colui che proprio attraverso la Croce
diventa il nostro Salvatore.”