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11. l`ambiente formativo integrato. una esperien
11. L’ambiente formativo integrato. Una esperienza universitaria: il Master di I livello a distanza in
“Educazione Interculturale”
Maura Di Giacinto
Università degli Studi Roma Tre
[email protected]
Abstract
Il contributo presenta una esperienza universitaria di formazione post laurea a distanza: il
Master di I livello a distanza in “Educazione Interculturale” attivato presso la Facoltà di Scienze
della Formazione dell’Università degli Studi “Roma Tre”. Il contributo sviluppa un percorso teorico e un percorso sperimentale: il percorso di analisi teorica è centrato sugli aspetti relazionali
e sulle conseguenze sociali, culturali ed educative frutto del nomadismo geografico (i flussi migratori) e del nomadismo cybernetico (le nuove tecnologie di informazione e comunicazione). Il
percorso sperimentale presenta l’esperienza di formazione post laurea a distanza, finalizzata
a diffondere i contenuti dell’educazione interculturale attraverso le “nuove tecnologie della
comunicazione” (intese come ambiente formativo e non solo come veicolo).
Il filo che coniuga i due percorsi tiene conto dell’analisi e della riflessione rispetto ad alcune
aree tematiche: i nomadismi, le appartenenze, la relazione, l’esplorazione identitaria, gli stereotipi e il pregiudizio, la differenza, il decentramento, la comunicazione, l’alterità, l’educazione
interculturale, la didattica e-learning, l’ambiente di apprendimento, l’intercultura, la didattica
a distanza (e-learning), l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita (lifelong learning), le metacompetenze.
Parole chiave: educazione interculturale, formazione a distanza, tecnologie della comunicazione, didattica e-learning, metacompetenze
R. Roig Vila & M. Fiorucci (Eds.) (2010). Claves para la investigación en innovación y calidad educativas. La integración
de las Tecnologías de la Información y la Comunicación y la Interculturalidad en las aulas / Strumenti di ricerca per
l’innovazione e la qualità in ambito educativo. Le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione e l’Interculturalità
nella scuola. Alcoy & Roma: Marfil & Università degli Studi Roma Tre, 121-136.
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MAURA DI GIACINTO
Abstract
This article presents the experience gained from organizing a post graduate distance learning programme, specifically a Master’s Degree in Intercultural Education with the Faculty of
Education at one of the Universities of Rome (Università degli Studi Roma Tre.) The article
presents both theoretical and experimental aspects. The theoretical analysis is centred on
the connection between social, cultural and educational consequences of spatial nomadism
(migrations) and of cyber nomadism (which makes use of the new information and communications technology). The experimental part presents the experience gained from organizing
the post graduate distance learning programme aimed at promoting intercultural education
though the “new communications technology” –technology being both a vehicle for the training
but also providing the educational context of the work.
The link between the theoretical and experimental aspects is through certain key concepts
including nomadism, relationships, exploration of identity, stereotypes and prejudices, diversity, changes in perspectives as a result of distance, communications, intercultural education,
e-teaching, the educational environment, multiculturalism, distance- and e-learning, lifelong
learning and metacompetancies.
Key words: intercultural education, distance learning, communication technology, teaching
e-learning, metacompetence
1. Lo scenario: il nomadismo geografico e quello cybernetico
Lo scenario sociale e culturale che fa da cornice a questa contemporaneità è quello scandito dalla globalizzazione, dalla complessità, dal nomadismo geografico (i flussi migratori) e da
quello cybernetico (le nuove tecnologie informatiche), dal pluralismo culturale e da contesti
sociali sempre più interculturali; questi processi, attraverso percorsi differenziati, stanno determinando dei cambiamenti profondi nella riorganizzazione delle relazioni umane che ci vedono
ogni giorno coinvolti.
E’ lo spazio che alcuni studiosi hanno definito come spazio glocale (Bauman, 1998), quello
spazio che si nutre sia degli effetti della globalizzazione, percepita come fonte di cambiamento
in un quadro di interdipendenze, che di elementi insiti nella realtà locale, vissuta come fonte
di continuità culturale che richiede di essere costantemente reintepretata alla luce dei nuovi
spazi glocali.
E in questo nuovo mondo globalizzato, in questo “McMondo”, sono proprio i confini nazionali ad essere cancellati; non li conoscono i navigatori di internet, né i finanzieri che spostano
elettronicamente capitali da un capo all’altro del pianeta, né le multinazionali che, già da lungo
tempo, hanno incoraggiato la formazione di identità corporative che ignorano i confini nazionali.
Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno sicuramente una costante
influenza sulla nostra quotidianità e continuano a configurare e riconfigurare in larga parte
l’agire politico, gli scambi commerciali, le dinamiche sociali, già a partire dalla seconda metà
del secolo scorso.
Il vortice di fusioni, acquisizioni, alleanze in atto nel settore della comunicazione e
dell’informatica, la televisione digitale ad alta definizione e l’avvio del progetto delle “autostrade dell’informazione” (Hannerz, 1992, 1996) sono tutti segnali che recentemente hanno
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attirato l’attenzione del grande pubblico verso ciò che si è convenuto definire “multimedia”
dando luogo a varie manifestazioni di grande entusiasmo “tecnologico”.
Le realizzazione della connessione telefonica dei terminali e delle memorie informatiche,
l’estensione delle reti di trasmissione digitale arricchiscono, giorno dopo giorno, il cyberspazio mondiale, nel quale ciascuno elemento d’informazione si trova virtualmente in contatto
con ciascuno degli altri elementi che costituiscono l’insieme e, contemporaneamente, con
l’insieme medesimo.
E’ intorno agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso che, oltre al potenziale sociale della
comunicazione informatizzata o telematica, è emerso come significativo anche il fenomeno
economico e culturale ad essa connessi: reti mondiali che collegano docenti universitari e
ricercatori, reti aziendali, messaggerie elettroniche, “comunità virtuali” che si sviluppano su
base locale, possibilità di accesso diretto alle banche dati, ecc..
Alla fine degli anni ottanta, i personal computer sono diventati sempre più potenti e facili
da utilizzare, le loro applicazioni si sono diversificate ed estese ogni giorno di più; si è assistito
ad un processo parallelo di interconnessione di reti e, contemporaneamente, di aumento esponenziale degli utenti della comunicazione informatizzata.
Internet è diventato oggi il simbolo del grande medium, eterogeneo e transnazionale, che
viene anche definito con il nome di cyberspazio.
Nell’economia globale, sempre più dominata dalla rete di comunicazione elettronica a
pagamento, la rivoluzione digitale è riuscita a riunire le espressioni caratterizzanti la comunicazione mediata tecnologicamente –voce, dati, video– in un’unica rete integrata, così che
una parte sempre più consistente della comunicazione personale e commerciale avviene per
mezzo delle reti elettroniche che divengono, pertanto, sempre più irrinunciabili per la sopravvivenza, individuale e collettiva, in un mondo inter-connesso.
La presenza intorno a noi di media simulati elettronici si fa sempre più massiccia e la
nostra esistenza si svolge, ogni giorno di più, in questi ambienti artificiali; le comunicazioni
elettroniche creano un ambiente che riproduce la realtà, e il progresso delle nuove tecnologie
di comunicazione ci trascina in una successione di ambienti, mediati tecnologicamente, di
non- luoghi –direbbe Augé– sempre più raffinati nel produrre la sensazione del reale in forma
simulata. Ciò è vero in particolare nel cyberspazio in cui la realtà viene sostituita dagli ambienti
virtuali e simbolici che vengono, però, percepiti come reali; il cyberspazio non si presenta come
un luogo nel senso tradizionale del termine, ma per milioni di persone coinvolte in reciproche
interazioni rappresenta sicuramente un punto d’incontro.
Lo sviluppo dei nuovi strumenti di comunicazione si inscrive, dunque, in una mutazione
di ampia portata, accelerata dal processo stesso, che viene a configurarsi come un nuovo
“nomadismo” (Lévy, 1996).
Esplorando questo nuovo nomadismo passiamo da un tipo di umanità all’altro “noi siamo
gli immigrati della soggettività” sostiene Lévy (1996: 16); le nuove tecnologie della comunicazione –attraversando mondi virtuali– ripropongono, anche se in modo diverso, la centralità
del legame sociale; in altre parole, “l’ominazione, il processo di formazione del genere umano,
non è terminata”(Lévy, 2000: 57), sembra addirittura che stia subendo una improvvisa accelerazione.
Le nuove tecnologie informatiche ci consentono di viaggiare attraverso i paesaggi della
tecnica, attraverso un continuo scambio di saperi e un processo ininterrotto di mediazione e di
ridefinizione di valori; consentono la messa in relazione di soggetti nomadi le cui conoscenze
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non sono più definite da contesti accademici, ma derivano dalla somma delle più diverse esperienze individuali che, per mezzo del nomadismo cybernetico, concorrono alla formazione di
quelle che Lévy riconosce come nuove “intelligenze collettive”.
Le autostrade informatiche, i multimedia, le realtà virtuali configurano uno straordinario
mutamento del paradigma antropologico che coincide con il nomadismo dei flussi esplorativi
dell’immaginazione e delle conoscenze presenti nella società postmoderna e porta con sé
non solo nuovi strumenti per riorganizzare le relazioni sociali, ma anche nuove definizioni del
concetto di “essere umano”. Le tecnologie mediatiche ci collegano “in diretta” a tutto il villaggio globale, la mobilità degli esseri umani e la mobilità dei significati e delle forma significanti
attraverso i media fanno sì che la cultura cominci ad assumere con sempre maggior evidenza
forme plurali.
Lo spazio del nomadismo, che non coincide con il territorio geografico né con gli spazi delle
istituzioni, è lo spazio invisibile delle conoscenze, dei saperi, delle potenzialità del pensiero in
seno alle quali si dischiudono e mutano le qualità dell’essere, le capacità del fare, le opportunità del saper fare. Lévy ci descrive, con suggestione di immagini, questo scenario cybernetico:
“Folle di rifugiati in cammino verso improbabili accampamenti (…). Nazioni senza domicilio
fisso (…). Rumorosa Babele di megalopoli mondiali (…). Slittamenti vertiginosi tra le religioni e
le lingue, zapping tra le voci e i canti, questo è lo scenario che è proprio del nomadismo cybernetico” (Lévy, 1996: 19).
A questa mutazione spaziale, a questo spazio riservato al nomadismo cybernetico, in cui
l’umanità sta reinventando il proprio ruolo, si accompagna il nomadismo geografico.
Sono sempre più numerose le società, non solo occidentali, che scoprono di essere multiculturali –nel senso che comprendono più comunità culturali decise a farsi riconoscere– e di
essere, nello stesso tempo, più “porose” (Taylor, 1992), ossia più aperte alle migrazioni internazionali e con un numero sempre maggiore di cittadini che vive nella diaspora.
I migranti sono esseri umani che avanzano la pretesa, implicita o esplicita, di vivere laddove la ricchezza viene raccolta e consumata e non solo dove viene prodotta; stiamo, dunque, assistendo a processi di inclusione di segmenti di popolazioni provenienti da paesi caratterizzati
da tratti culturali, linguistici, religiosi, storici diversi entro una unica scena glocale.
Man mano che i gruppi umani crescono a dismisura, man mano che essi si scompongono,
migrando in luoghi diversi e si ricompongono in aggregati nuovi in seguito a nuovi incontri; man
mano che i loro immaginari collettivi sono percorsi con grande rapidità da esperienze, immagini, emozioni elaborate in altri luoghi e in altri tempi, la loro identità e la loro stessa storia si
configurano in modo nuovo, travolgendo categorie e criteri considerati stabili e certi.
Il richiamo a muoversi, a spostarsi, diviene sempre più forte ed impellente per numeri di
persone sempre crescenti, con individui e gruppi che sempre più spesso si confrontano con
l’urgenza, la necessità o la fantasia di dover cambiare residenza, lingua, lavoro e abitudini. I
loro movimenti sono e saranno senza sosta, finché i flussi dei capitali internazionali, la produzione tecnologica e il mercato dei consumi, i cambiamenti nella politica delle grandi potenze, determineranno le loro vite e i loro destini.
E’ un muovo cosmopolitismo (Beck, 2003) che caratterizza le società postmoderne: documentato dalla storia delle migrazioni, dei conflitti sociali e delle violenze collettive che hanno
qualificato il periodo della decolonizzazione del mondo; dalla letteratura che sceglie come suo
oggetto il dolore degli esuli, la durezza della lotta politica e della vita clandestina; dallo scambio
tra mondi culturali diversi che, proprio attraverso il linguaggio, documenta le loro contamina-
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zioni, il loro meticciato, le loro fusioni. Sono meticciati che intaccano ogni idea di “purezza, che
dimostrano la produttività dell’incontro: incontro di uomini e di donne, di idee e di valori ma
soprattutto, oggi, di linguaggi, di generi, di codici” (Callari Galli, 1996: 43).
Se l’economia mondiale deve essere intesa oggi come un fenomeno globale, in grado di
produrre una divisione del lavoro su scala internazionale e non più solo nazionale, in grado di
sviluppare un mercato e un sistema di produzione e distribuzione mondiale, le emigrazioni, le
integrazioni, le inclusioni e le esclusioni devono essere considerate variabili dipendenti dalla
“uniformazione planetaria” che stiamo vivendo; e le aspirazioni, i bisogni, le consapevolezze
degli immigrati derivano anch’esse dalla “planetarizzazione della cultura e delle tecniche di
comunicazione” (Morin, 1999).
Il flusso migratorio che si dirige nei nostri paesi proviene, dunque, da un sistema complesso, plurinazionale ma al tempo stesso pluriculturale e plurietnico, articolato al suo interno in
livelli gerarchicamente connessi, suddiviso in gruppi, che “pur riproducendo tutte le grandi
divisioni antropologiche –sesso ed età– le coniugano in modo assai differenziato con le altre
specificità storicamente determinate: occupazione, residenza, accesso ai “saperi” elaborati
nel tempo dal gruppo, modelli etici, e religiosi appresi e tramandati” (Callari Galli, 2009: 44).
Differenti per aree geografiche, differenti per gruppi sessuali e generazionali e per valore
che le loro tradizioni attribuiscono ad essi; diversi per lingua e religione, ma differenti, anche, all’interno della stessa area geografica di provenienza per livelli di istruzione e di formazione ricevuta nel periodo precedente all’arrivo; e differenti per lo stratificarsi differenziato
dell’esperienza migratoria: più paesi nei loro continenti, più paesi europei, più tentativi, più
fallimenti.
In fondo ciò che li unifica tutti –africani, asiatici, orientali, polacchi e serbi, laureati in una
università del proprio paese o analfabeti– oltre alla condivisione dello spaesamento, del sentirsi sradicati e stranieri –ricevendo della cultura del paese che li ospita brandelli e frammenti,
per lo più casuali e superficiali– è proprio la partecipazione alla nuova cultura planetaria.
In questo scenario per inquadrare gli andamenti che oggi assume il pluralismo culturale e il
rapporto interculturale, dovremmo adottare un’ottica globale e globalizzante: in fondo spaesamento ed estraneità invadono l’intero pianeta, riguardano “noi” e “loro” in quanto i confini
culturali sono caratterizzati da un dinamismo così veloce da essere sempre per tutti in via di
continua definizione (Pinto Minerva, 2007).
2. Le relazioni interculturali
Le migrazioni, la rivoluzione digitale nelle comunicazioni, i pluralismi (culturali, religiosi,
linguistici, valoriali, ecc.), i contesti sociali sempre più multiculturali e multietnici, la formazione
di identità plurali, meticce, multiformi, virtuali, nutrite da molteplici appartenenze, generano
situazioni sempre più complesse e dense di conseguenze sul piano culturale, relazionale ed
educativo.
L’intreccio, le trame dei riconoscimenti reciproci possono far emergere nuove dimensioni identitarie, ma anche nuovi nomadismi, nuove idee di comunità e di cittadinanza; il tema
dell’inclusione e le sfide che l’alterità, nelle sue nuove e rinnovate declinazioni, lanciano al
nuovo ordine mondiale –se accolte in quanto sfide– possono prima di tutto mettere in discussione vecchi, parziali e chiusi paradigmi interpretativi che abbiamo utilizzato per interpretare,
descrivere e narrare la realtà e indicare nuovi percorsi di ri-significazione, di ri-elaborazione e
di ri-visitazione degli interventi formativi.
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La formazione, la pedagogia e l’educazione, possono dunque rappresentare un terreno di
nuove letture, di nuove prospettive, di punti di vista diversi, di cambiamenti e trasformazioni in
una nuova realtà globale che ha posto in termini rinnovati il tema dell’alterità.
Il termine intercultura, in ambito strettamente educativo, ha assunto sempre più il valore di
una scelta politico-educativa che mette al centro del progetto educativo l’esperienza interculturale dei soggetti che appartengono alle minoranze etniche, culturali, religiose, linguistiche, ma
anche l’esperienza di coloro che appartengono alle varie maggioranze; impegnate entrambe
–minoranze e maggioranze– nella gestione delle relazioni e delle interazioni tra gruppi, tra
individui, tra identità. Le interazioni comunicative che ci vedono attualmente coinvolti sono,
dunque, contraddistinte da quella prospettiva che comunemente viene indicata come interculturale, ossia da quella condizione caratterizzata dall’intreccio di relazioni in cui gli interlocutori
sono portatori di esperienze culturali differenti (linguaggi, regole, valori) e –a causa di una mancanza di condivisione degli universi immaginari entro i quali i loro atti si traducono in segni– si
trovano ad affrontare il compito arduo di trovare un terreno comune per potersi intendere e,
dunque, per poter interagire.
Tali universi immaginari rappresentano variabili la cui condivisione rende familiari le situazioni conosciute e non familiari quelle che non rientrano nei repertori tipici; si viene così enucleando
una struttura cognitiva e semantica della familiarità, dovuta alla vicinanza con il proprio vissuto o
il proprio flusso esperienziale, con l’educazione ricevuta e con la formazione seguita, con i valori,
gli usi e i costumi di appartenenza, con la sensibilità emotiva personale, ecc.
E’ nel rapporto familiarità/non familiarità, e nel grado di permeabilità od osmosi esistente
nella zona di confine fra i due termini, che viene a delinearsi uno degli snodi principali della
questione attinente al pregiudizio e all’etnocentrismo (Tarozzi, 2005). Nel delicato equilibrio
fra le due aree si gioca, dunque, l’elasticità e l’apertura o la rigidità e il restringimento del margine di disponibilità nei confronti del diverso, dello straniero, dell’estraneo.
E come sostengono diversi studiosi “tutti i nostri pregiudizi, siano essi nazionali, razziali,
generazionali o di altro genere, possono essere superati soltanto modificando le nostre rappresentazioni sociali della cultura, della ‘natura umana’ e così via” (Farre, Moscoviti, 1989: 55).
La tentazione di ridurre la complessità, di “confinare” le problematiche, di erigere muri,
elaborando uno o più modelli di intervento rigidi, è forte; in questo quadro la formazione sembra essere uno degli spazi privilegiati in cui è possibile orientare processi di cambiamento
rispondenti a bisogni complessi e in divenire propri degli spazi sociali, professionali e culturali
delle società globali e complesse.
Le relazioni interculturali fanno, sempre di più, parte del nostro ambiente educativo, culturale, linguistico, economico, informativo; sono nutrite dalla complessità e dalla molteplicità
dei percorsi identitari e delle trame comunicative che ci vedono partecipi, dal momento che
l’eterogeneità rappresenta, tanto più oggi, la condizione entro la quale le storie di ciascuno di
noi si tessono e si intrecciano con altre storie.
Sempre di più, dunque, si vanno definendo nuove identità, complesse, plurali, meticce,
multiformi, virtuali; costruite, decostruite, ricostruite e nutrite da molteplici appartenenze, siano esse nazionali, familiari, di genere, che linguistiche, culturali, religiose, valoriali.
L’intreccio, le trame dei riconoscimenti reciproci possono far emergere nuove dimensioni
identitarie, ma anche nuovi nomadismi, nuove idee di collettività e di cittadinanza. Si tratta di
ri-pensare le identità, di porre al centro della riflessione pedagogica le nuove cittadinanze, le
nuove antropologie, i nuovi nomadismi.
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La formazione all’intercultura diventa, pertanto, una dimensione educativa irrinunciabile
che vede protagonisti i bambini, gli alunni, gli adulti, gli educatori, gli operatori, la cittadinanza
tutta. Il compito primario dell’educazione interculturale –attraverso strategie, strumenti e metodologie adeguate– è quello di impegnarsi in un processo di gestione e di ricostruzione delle
relazioni sociali, caratterizzate dagli incontri con le differenze introdotte, negli spazi di vita, da
coloro che –pur essendo a volte così lontani– ci vivono accanto e con cui, spesso, condividiamo lo stesso spaesamento e la stessa estraneità.
L’intercultura non è una sfida rivolta solo alla scuola ma coinvolge anche altri luoghi
dell’educare; è un sapere che si deve poter situare e definire in tutti gli ambiti all’interno dei
quali gli scambi, i prestiti, gli attraversamenti si compiono: negli spazi di vita, nel lavoro, nei
servizi sociali e sanitari, nei servizi educativi e scolastici.
In tutti questi spazi, ed altri ancora, le persone che li “abitano” e gli operatori/educatori che
vi svolgono il loro ruolo professionale si trovano quotidianamente ad incontrare, a scambiare
gesti, parole e atteggiamenti con altre persone che, venendo da scene culturali diverse, conservano regole e valori del luogo culturale di provenienza.
Alla scuola, all’università e ai servizi, diventati sempre più multiculturali e plurilingui, spetta
il compito di mettere in relazione e di mediare esperienze differenti, eterogenee, condotte
altrove che chiedono di essere riconosciute, scambiate, negoziate e reinterpretate. Agli insegnanti, agli operatori, agli educatori sono richieste capacità e competenze professionali nuove
o da perfezionare, capaci di ricomporre e far dialogare le diversità, di coniugare l’unità e il
molteplice, di negoziare tra le singolarità e le differenze.
Formare il cittadino planetario richiede che la scuola e l’università facciano proprio
quell’orizzonte pedagogico che fa riferimento all’impianto fenomenologico (Merleau-Ponty,
1945) interessato alla specificità dei contesti sociali e dei processi interpretativi; un impianto
per il quale la realtà sociale è una nostra costruzione, frutto di successive attribuzioni di significato. Un impianto fenomenologico in cui i soggetti sono pensabili solo nelle loro relazioni
intersoggettive e nel continuo processo di attribuzione di significati; in cui l’azione educativa è
finalizzata alla comprensione e pensata come spazio formativo di autonoma costruzione e di
condivisione di significati.
3. La dimensione educativa nel progetto interculturale: l’esperienza di un
corso di studi post lauream a distanza
Attraversare gli spazi della glocalizzazione e delle sfide che essa propone, delle nuove cittadinanze come fine educativo imprescindibile, dei meticciati, della differenza come paradigma
formativo, della comunicazione interculturale come dispositivo formativo. Entrare nel merito
della riflessione pedagogia e delle risposte educative alla complessità e affrontare le modalità
e gli strumenti necessari alla gestione educativa delle differenze: è compito della pedagogia
elaborare un sapere critico e dell’educazione interculturale promuovere una capacità di pensiero critico sui temi dell’intercultura, capace di andare oltre le semplificazioni, capace di costruire modelli di azioni e di interventi che siano flessibili ai mutamenti, frutto dell’esperienza e
delle riflessioni maturate ed elaborate nella continuità dialettica tra teoria e prassi.
L’analisi del concetto di cultura e la ricerca del riconoscimento delle differenze culturali rappresentano, allora, un punto di riferimento irrinunciabile per la pedagogia e costituiscono un
fondamento teorico su cui costruire un modello educativo che corrisponda ai dispositivi propri
del pluralismo, della differenza e del dialogo.
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Il decentramento –inteso quale dispositivo formativo– diventa, pertanto, il paradigma con
il quale licenziare l’etnocentrismo, con il quale liquidare la nostra “centralità”, decostruire il
nostro immaginario, riflettere sui nostri pregiudizi, modificare le nostre rappresentazioni sociali; il decentramento, così inteso, diventa uno strumento strategico, un tirocinio democratico,
un allenamento per imparare ad accettare la parzialità delle nostre verità, mai totalizzanti, mai
assolute, mai esclusive, mai definitive.
Per poter raggiungere questo obiettivo l’educazione interculturale deve poter agire su due
livelli: quello cognitivo, formativo e informativo e quello affettivo, delle rappresentazioni e delle
percezioni.
Una educazione che si limita al compito di trasmettere conoscenze e di allenare le
varie abilità non realizza gli obiettivi che si è data; ma anche un insegnamento che si
compie facendo riferimento soltanto alle componenti affettive ed emozionali tradirebbe i
suoi scopi.
L’affettività è una dimensione necessaria quanto il pensiero, poiché le nostre idee e opinioni sono cariche di rappresentazioni derivanti dalle nostre emozioni; ma è indispensabile
una integrazione continua, una dialettica incessante tra trasmissione del sapere e formazione
della personalità, tra esperienza e riflessione critica.
A partire da questo impianto educativo-formativo, presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi “Roma Tre”, è stato attivato per il quarto anno consecutivo il
Master di I livello a distanza in “Educazione Interculturale”.
La proposta formativa del master, nella definizione degli obiettivi, dei contenuti e della
metodologia, vuole rispondere allacomplessità educativa, culturale e sociale che caratterizza i
nostri vissuti, nella prospettiva interculturale educativa e pedagogica, antropologica, sociologica, storico e didattica; propone degli itinerari formativi che vogliono costituire l’occasione per
sperimentare, attraverso forme e contenuti diversi, un “altrove” e, dunque, la nostra disponibilità al decentramento culturale, intellettuale ed emotivo.
L’offerta formativa del master è finalizzata all’aggiornamento e alla qualificazione degli
operatori, che, sia nella scuola sia nell’extrascuola, sono impegnati nel difficile compito di favorire l’inserimento di minori e/o adulti stranieri e, conseguentemente, nella predisposizione
di curricoli di educazione interculturale al fine di consentire, da una parte, l’inserimento dei
soggetti stranieri e, dall’altra, la diffusione di abiti di accoglienza fra gli italiani.
La proposta formativa del master ha scelto come ambiente di apprendimento un ambiente
integrato, capace di alternare momenti di formazione a distanza con momenti di formazione in presenza al fine di ridurre i “limiti” della rete, ad esempio la perdita di interesse per
l’apprendimento in rete sul lungo periodo, la difficoltà a svolgere attività in cui la presenza
offre contesti operativi più adeguati, il bisogno di conoscersi di persona, ecc.). Capace, altresì,
di coniugare tre modalità didattiche differenti:
– l’utilizzo di unità didattiche in formato cartaceo inviate ai corsiti utilizzando come tecnologia di supporto il servizio postale;
– l’utilizzo della piattaforma e-learning, caratterizzata dalla diffusione dell’uso delle reti - in
particolare di Internet (modalità della formazione a distanza);
– l’utilizzo della modalità face to face: gli scritti al master partecipano a tre incontri “in presenza”; i primi due incontri, con cadenza quadrimestrale, hanno carattere seminariale;
il terzo incontro conclude il master ed è destinato allo svolgimento della prova di verifica
finale (modalità d’aula).
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IL MASTER DI I LIVELLO A DISTANZA IN “EDUCAZIONE INTERCULTURALE”
Il termine e-learning, abbreviazione di electronic learning, può essere tradotto letteralmente come “apprendimento elettronico”, in senso ampio indica l’offerta di servizi di formazione
fruibili attraverso le tecnologie. Varie tipologie di esperienze, strumenti e metodologie rientrano in questa definizione, anche se fanno riferimento ad ambiti spesso diversi sia in merito
alla ricerca e che allo sviluppo ma che hanno come elementi in comune l’uso della telematica
come mezzo e la formazione come finalità. “L’e-learning sfrutta le potenzialità della rete per
fornire, in modalità sincrona e/o asincrona, l’accesso a contenuti o relazioni formative in qualsiasi momento e in ogni luogo in cui esista una connessione” (Bonaiuti, 2006: 29).
I coordinatori del master hanno scelto l’ambiente di apprendimento e-learning in quanto capace di accogliere le precedenti modalità della formazione a distanza (FAD) valorizzandole all’interno di un ambiente integrato di formazione in grado di migliorare la qualità dell’apprendimento; di agevolare l’accesso a risorse e servizi; di consentire la fruizione
dell’offerta formativa ad una utenza distribuita sul territorio nazionale (e dunque “liberata”
dalle distanze geografiche).
“Dal punto di vista tecnologico l’e-learning è concepito come un insieme di strumenti che
facilitano l’offerta didattica, e gli utilizzatori sono visti come destinatari di un processo comunicativo la cui efficacia è accresciuta grazie all’impiego delle ICT [Information and Communication Technology]” (Diamantini, Martinotti, Pozzali, 2008: 172)
L’e-learning di presenta, dunque, come un nuovo paradigma dell’apprendimento e si configura come “una modalità o meglio un sistema di formazione continua, dove ciò che assume
valore è il processo all’interno del quale la singola attività formativa è inserita” (Eletti 2009:
64); assume, dunque, valore il processo di apprendimento messo in gioco: centrato sull’utente
e senza feedback esterni se non quelli previsti dal sistema stesso.
L’e-learning, che utilizza “le tecnologie di rete per progettare, distribuire, scegliere, gestire
e ampliare l’apprendimento” (Diamantini, Martinotti, Pozzali, 2008: 64-65), si presenta, dunque, come un ambiente integrato e continuo di formazione caratterizzato, in particolare, da
percorsi personalizzati, dalla condivisione dei contenuti, dall’integrazione di più attività e strumenti formativi, dall’apprendimento collaborativi, dall’assistenza didattica e dal monitoraggio
dei risultati
E’ un ambiente integrato di formazione a distanza perché impiega diverse modalità di formazione:
– “l’autoapprendimento asincrono (senza vincoli di tempo e spazio), attraverso materiali e
contributi editoriali disponibili nella piattaforma;
– l’apprendimento in sincro (vincolato nel tempo ma non nello spazio), attraverso aule
virtuali, chat, ecc.;
– l’apprendimento collaborativo attraverso il forum gestito all’interno della piattaforma”
(Eletti, 2009: 70-71).
Come ambiente di apprendimento l’e-learning si presenta come una occasione per rinnovare profondamente il rapporto pedagogico, affidando ad ogni corsista la responsabilità di costruire il proprio percorso formativo e di porlo al centro di un processo collaborativo e creativo di
cui le ICT (Information and Communication Technology) diventano i potenti strumenti; in questo senso l’autoapprendimento si configura come un processo formativo di cui è protagonista il
corsista, utilizzando materiali che sono preconfezionati per essere fruiti in posti e tempi diversi
dal luogo e dal momento di produzione.
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La dimensione collaborativa e cooperativa, sia nella FAD che nell’insegnamento in presenza, è ritenuta indispensabile per la formazione di adulti e ragazzi, ma anche per la costruzione
condivisa e attiva della conoscenza. Ed è proprio l’apprendimento collaborativo –e quindi la
condivisione attraverso la rete delle attività, delle risorse e degli strumenti– uno dei valori
aggiunti dell’ambiente formativo integrato offerto nella piattaforma e-learning; la comunità di
apprendimento e il ruolo del singolo nella costruzione del processo formativo sono, dunque,
centrali: all’interno dell’ambiente di apprendimento condiviso, l’interazione e lo scambio con
altri corsisti non solo concorre ad accrescere la conoscenza del singolo, ma produce nuova conoscenza; una comunità in cui tutti traggono beneficio dallo scambio di informazioni e
dal sistema di relazioni che si instaurano. Si viene così a comporre una comunità di pratiche
all’interno della quale l’apprendimento consiste nel negoziare nuovi significati grazie al processo di partecipazione e di scambio.
Il master si rivolge sostanzialmente ad un pubblico adulto, spesso meno pratico e meno
avvezzo all’uso delle tecnologie, al fine di supportare i corsisti in questo percorso, è stata
prevista la figura dell’e-tutor con funzioni di facilitatore del processo autoriflessivo (di studio e
di apprendimento dei contenuti proposti) e di stimolo all’utilizzo pieno delle potenzialità della
piattaforma e-moodle; capace di sollecitare l’interesse dei corsisti attraverso e-mail dirette e il
forum; di organizzare, facilitare e monitorare lo svolgimento didattico e il clima di partecipazione; di favorire la discussione e lo scambio di idee fra i partecipanti.
L’e-tutor assume un ruolo fondamentale particolarmente nella fase iniziale del percorso
in cui le competenze autovalutative dei soggetti interessati vanno sviluppate gradualmente;
durante questa prima fase fornisce un continuo supporto esperto, finalizzato a trovare un metodo e una continuità nell’utilizzo della metodologia. Nelle fasi successive l’azione del tutor è
finalizzata prevalentemente a fornire ai corsisti un supporto sempre più mirato all’acquisizione
dell’autonomia e alla gestione dei tempi necessari a completare il percorso didattico.
Gli e-tutor, dottorandi o assegnisti del dipartimento, essendo soggetti più esperti nella disciplina e conoscitori della realtà universitaria, hanno anche il compito di far conoscere ad
ogni corsista eventuali opportunità (competenze esperte, progetti, ricerche, pubblicazioni per
approfondimenti, appuntamenti culturali, esperienze, ecc.) realizzate o in via di realizzazione
sul territorio nazionale. Maggiore è l’attività di tutoraggio, più semplice sarà per i corsisti fruire
dei contenuti e verificare le proprie conoscenze; nonostante l’e-learning sposti la regia del processo nelle mani del corsista e dei corsisti che fanno parte della comunità di apprendimento,
è indubbio che l’azione proattiva esercitata dai tutor qualifica tutto il processo, eliminando
definitivamente l’idea che la formazione a distanza significhi formazione in solitudine.
Il supporto del tutoraggio è stato proposto anche per il carattere innovativo dell’attività di
autovalutazione proposta dal master; nel contesto universitario le attività di autovalutazione
non risultano essere usuali, poiché la valutazione è quasi sempre affidata a terzi (docenti,
prove oggettive di valutazione, ecc.); la proposta formativa del master insiste, al contrario,
sulla riflessione da parte dei corsisti sui processi cognitivi attivati e sulle strategie utilizzate per
apprendere i contenuti proposti, sulle proprie risorse anche organizzative e sulle strategie per
farle emergere e, eventualmente, ri –direzionarle nel caso fossero poco efficaci ed efficienti. Il
corsista assume, dunque, un ruolo attivo e di partecipazione, prendendosi in carico la responsabilità dell’azione apprenditiva e valutativa; le competenze che acquisisce sono, pertanto,
frutto delle conoscenze e degli stimoli che il corso ha saputo fornire ma anche della loro organizzazione strategica ai fini personali di ciascun corsista.
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11. L’AMBIENTE FORMATIVO INTEGRATO. UNA ESPERIENZA UNIVERSITARIA:
IL MASTER DI I LIVELLO A DISTANZA IN “EDUCAZIONE INTERCULTURALE”
Attività didattiche e formative
Il Master di I livello a distanza in Educazione Interculturale –le cui attività didattiche vengono svolte nel periodo compreso tra il mese di marzo dell’anno accademico di riferimento e
il mese di febbraio dell’anno successivo - prevede1500 ore di formazione, che equivalgono a
60 CFU, articolate come segue:
1) studio individuale di 8 Unità;
2) partecipazione a due seminari in presenza sui contenuti del corso (fissati nei mesi di
luglio e novembre);
3) svolgimento sulla piattaforma del master di 2 test per ciascuna Unità (test di 10 item
ciascuno –a scelta multipla– per un totale di 160 item);
4) svolgimento sulla piattaforma del master degli esercizi relativi a ciascuna unità e monitorati periodicamente dagli e-tutor del master
5) a) Redazione di un progetto di educazione interculturale realizzato o da realizzare nella
scuola o nell’extra scuola ( 30/40 cartelle di 2000 battute ciascuna)
o, in alternativa,
b) Redazione di un resoconto ragionato di esperienze di educazione interculturale realizzate dal corsista nella scuola o nell’extra scuola (30/40 cartelle di 2000 battute
ciascuna)
6) Saggio finale relativo ai contenuti del corso, su temi da concordare con la Segreteria
didattica del Master (30/40 cartelle di 2000 battute ciascuna).
La piattaforma del master, chiamata “Moodle”, è suddivisa in tre spazi: nello spazio centrale sono presenti le unità didattiche del Master, con i programmi delle unità, i testi degli esercizi,
i forum (dove è possibile inserire le risposte agli esercizi e confrontarsi con gli altri partecipanti), i materiali didattici di approfondimento.
Nella colonna di sinistra è invece possibile:
1. visionare i profili degli altri corsisti, degli e-tutor e dei docenti
2. inviare messaggi ad altri partecipanti al corso
3. vedere le proprie valutazioni, modificare il proprio profilo e modificare la password di
accesso.
Nella colonna di destra, infine, è possibile:
1. vedere le ultime notizie/informazioni relative allo svolgimento del Master pubblicate
nella bacheca
2. vedere il calendario con le scadenze relative agli appuntamenti del Master.
Il forum costituisce un importante spazio di interazione e comunicazione collaborativa fra
i corsisti, fra i corsisti e gli e-tutor, fra i corsisti e i docenti; è uno spazio importante nel quale
confrontarsi e condividere riflessioni ed esperienze; consente di allegare file e documenti, al
fine di facilitare lo scambio di materiali; consente, inoltre, di aggiungere nuovi argomenti di
discussione e di rispondere a messaggi già pubblicati all’interno di ogni argomento.
Consente, altresì, di inviare messaggi o di chattare con gli altri partecipanti; in questo secondo caso la conversazione avviene istantaneamente con i partecipanti presenti al momento
della chat sulla piattaforma.
131
MAURA DI GIACINTO
La piattaforma offre, infine, la possibilità di valutare il proprio apprendimento attraverso lo
svolgimento dei test predisposti per ciascuna unità didattica.
Il forum si presenta, dunque, come una preziosa occasione non solo per realizzare il percorso di autovalutazione e di autoapprendimento, ma anche per scambiare opinioni, conoscenze o semplicemente per sentirsi parte di una comunità.
Affinché il forum sia un valido strumento di supporto alla didattica è necessaria l’azione
dell’e-tutor con funzioni di moderatore, capace di stimolare la discussione, di introdurre nuove
temi, di smorzare, se necessario, le polemiche.
Obiettivi del modulo formativo
Le considerazioni relative agli obiettivi formativi discendono da una riflessione più approfondita sul significato dell’educazione interculturale e sulle finalità specifiche che essa assolve
nel contesto scolastico ed extrascolastico.
Il modulo formativo del master si propone di promuovere nei corsisti le competenze culturali, pedagogiche e didattiche necessarie ad un corretto svolgimento dei processi di formazione
interculturale. L’offerta formativa del master è finalizzata all’aggiornamento e alla qualificazione degli operatori che, sia nella scuola sia nell’extrascuola, sono impegnati nel difficile compito
di favorire l’inserimento di minori e/o adulti stranieri e, conseguentemente, nella predisposizione di curricoli di educazione interculturale al fine di consentire, da una parte, l’inserimento
dei soggetti stranieri e, dall’altra, la diffusione di abiti di accoglienza fra gli italiani.
Contenuti del modulo formativo
Relativamente ai contenuti, i coordinatori hanno stabilito il carattere interdisciplinare del
modulo formativo; questo carattere discende dalla natura stessa dell’educazione interculturale che rimanda a saperi e contenuti trasversali a diverse discipline. In particolare i contenuti
del modulo formativo del master sono di carattere pedagogico, antropologico, sociologico, storico, linguistico (apprendimento L2).
Metodologie di applicazione del modulo formativo
Rispetto alla metodologie i coordinatori hanno maturato le seguenti considerazioni:
– i contenuti vengono affrontati utilizzando un’ottica problematizzante: il corsista è sollecitato ad assumere punti di vista diversi, condizione indispensabile per l’acquisizione di
competenze in ambito interculturale;
– la metodologia adottata coniuga le tre modalità didattiche previste: lo studio individuale
delle unità, l’apprendimento collaborativo attraverso la piattaforma, gli incontri seminariali “in presenza”.
Relativamente alle finalità
I coordinatori hanno definito gli obiettivi specifici del modulo formativo che non dovrà limitarsi alla presentazione dei contenuti ma, a partire da questi, garantire lo sviluppo di competenze interculturali trasversali tra cui: favorire la capacità di decentrarsi; favorire l’acquisizione
di un linguaggio interculturale; aumentare la consapevolezza degli atteggiamenti di ciascun
corsista in rapporto con la differenza e con le inquietudini che essa genera; sollecitare processi di autonomia, di programmazione e di proattività (capacità di attivarsi per obiettivi e di
raggiungere risultati); stimolare capacità di analisi e di autovalutazione. Per quanto attiene la
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11. L’AMBIENTE FORMATIVO INTEGRATO. UNA ESPERIENZA UNIVERSITARIA:
IL MASTER DI I LIVELLO A DISTANZA IN “EDUCAZIONE INTERCULTURALE”
preparazione dei due saggi, gli obiettivi specifici del modulo intendono stimolare lo sviluppo
delle abilità di ricerca delle fonti informative, di raccolta e selezione dei dati, di estrazioni di
sintesi significative.
Relativamente ai contenuti
I contenuti del modulo formativo del master tengono conto del criterio della multidisciplinarietà favorendo la conoscenza di ambienti sociali complessi e interculturali.
Le attività del Master a distanza in “Educazione Interculturale” prevedono l’invio di otto Unità didattiche in formato cartaceo (più il “Dossier Statistico sull’Immigrazione” curato da Caritas-Migrantes) che affrontano i seguenti argomenti: gli immigrati in Italia; l’educazione interculturale in Italia, in Europa e in Nordamerica; l’italiano come L2; la sociologia dell’immigrazione e
i processi di globalizzazione; l’antropologia e l’intercultura; la mediazione culturale; la didattica
interculturale delle discipline; la storia dell’emigrazione italiana.
I titoli delle 8 unità che costituiscono lo studio individuale di ciascun corsista sono i seguenti:
•L’educazione interculturale fra teoria e prassi
•L’apprendimento e l’insegnamento dell’italiano come l2
•Le migrazioni nella società globale
•L’educazione interculturale nei sistemi educativi nordamericani ed europei
•Antropologia e intercultura
•Mediazione e mediatori in Italia
•Per una didattica interculturale
•Momenti di storia dell’emigrazione italiana
La valutazione espressa dai corsisti
La valutazione del master da parte dei corsisti è stata monitorata utilizzando due modalità:
– al termine della prova di verifica finale –che conclude il percorso del master e si svolge
durante il terzo e ultimo incontro in aula– è stata organizzata una sessione dedicata alla
discussione con i corsisti dei principali punti di forza e di debolezza del percorso formativo del master. Tale discussione ha consentito di cogliere elementi di commento di tipo
qualitativo;
– i saggi finali, oltre ad essere un importante strumento di valutazione, nella maggioranza
dei casi hanno indotto i corsisti a compiere una rielaborazione dei contenuti e degli
elementi maggiormente significativi del percorso formativo intrapreso. In diversi casi,
questa rielaborazione ha evidenziato un elevato livello di comprensione e di acquisizione
dei “messaggi” fondamentali che il master si proponeva di trasmettere.
Si riportano di seguito gli indicatori principali che sono emersi dalle discussioni con i corsisti integrate dalle informazioni aggiuntive scaturite dai saggi finali.
Da quanto affermato dai corsisti il master è stato valutato sostanzialmente in modo positivo: la pluralità e l’interdisciplinarietà dei contenuti delle unità didattiche ha consentito loro di
cogliere in modo articolato e, spesso dettagliato, il complesso e sfaccettato “spazio” interculturale, sottraendoli alla tentazione di cadere in rigide e semplicistiche categorie interpretative
del fenomeno.
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MAURA DI GIACINTO
Il master si è rivelato per i corsisti una occasione significativa per arricchire il proprio bagaglio culturale e professionale; in particolare, nella relazione con gli e-tutor, i corsisti hanno
valutato buono il dialogo-comunicazione avvenuto richiamando, soprattutto, il ruolo rilevante dei tutor nel rendere i corsisti più consapevoli delle dinamiche emerse nella comunità di
apprendimento nata e cresciuta nella piattaforma.
Riassumendo il feed-back raccolto in merito all’organizzazione del corso, all’esistenza di
eventualità criticità o aree problematiche, nonché a suggerimenti per migliorare la pianificazione del corso, è possibile focalizzare l’attenzione su una categoria distinta di corsisti, ossia
color che -pur avendo scelto una proposta formativa a distanza- non hanno dimestichezza con
le tecnologie multimediali; questi ultimi lamentano una discreta difficoltà a utilizzare la piattaforma moodle e il forum e, nonostante il continuo e sollecito tutoraggio, sono rimasti confinati
negli spazi periferici della comunità di pratiche.
Per quanto concerne poi l’aspetto legato all’acquisizione delle competenze da parte dei
corsisti, si nota un tendenziale miglioramento delle capacità di scrittura di molti di loro, maturate in occasione della “costruzione” dei due saggi finali o, per alcuni di loro, in occasione
delle recensioni presentate come recupero crediti dovuto all’impossibilità a partecipare agli
appuntamenti seminariali.
4. Conclusioni
Giunto alla conclusione del quarto anno di esperienza, e all’inizio del quinto, si possono
tracciare alcune considerazioni in merito al percorso formativo realizzato dal Master i I livello
a distanza in “Educazione Interculturale” che vanno ad integrare le considerazione che via via
sono state formulate durante il presente contributo.
L’organizzazione e il metodo di lavoro, la selezione delle priorità e la consapevolezza del
processo, la forte motivazione personale e il costante impegno sono i fattori determinanti per
il successo di un progetto formativo di autoapprendimento (anche se assistito). Aspettarsi una
tale autonomia e capacità gestionale nello studio significa affidare al corsista una parte importante del processo formativo, destinato generalmente in gran parte al docente, con la conseguenza di non raggiungere sempre gli obiettivi formativi o di raggiungerli solo in parte. A ciò
bisogna aggiungere il fatto che uno dei momenti importanti del processo, cioè la valutazione,
è affidata al corsista stesso, attraverso i test somministrati per ogni unità.
I corsisti che negli anni si sono avvicendati, hanno assunto, quasi tutti, un ruolo attivo
e di partecipazione continua alle attività del master, prendendosi in carico la responsabilità dell’azione valutativa; l’apprendimento che ne scaturisce al termine del percorso è frutto,
senza dubbio, della conoscenza e degli stimoli che il corso ha saputo fornire ma anche delle
capacità organizzative strategiche sviluppate e maturate durante il percorso da ogni corsista.
Le competenze, in questo caso, si legano non solo alla dimensione del sapere e del saper fare
ma anche al sapere contestualizzato e situato e, quindi, ad un sapere che si apprende dalla
pratica (Meghnagi, 1992).
Ancora una considerazione: il potenziale di cambiamento delle nuove tecnologie delle comunicazioni da parte dell’Università non risiede tanto nel fatto che ora gli stessi contenuti possono essere trasmessi in altri, più veloci ed efficienti “ambienti”, ma nel fatto che l’Università
deve agire in un universo mutato in cui la tradizionale offerta formativa (che sia in aula o
on-oline) risulta incompleta. “L’università deve infatti insegnare a essere donne e uomini di
cultura in un mondo dove questa si crea, si sviluppa e viene fruita per tutto l’arco della vita e in
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11. L’AMBIENTE FORMATIVO INTEGRATO. UNA ESPERIENZA UNIVERSITARIA:
IL MASTER DI I LIVELLO A DISTANZA IN “EDUCAZIONE INTERCULTURALE”
ogni luogo della vita, anche attraverso i media digitali” (Diamantini, Martinotti, Pozzali, 2008:
163).
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