San Francesco Anna Mori JE2 avec mise en forme et images.d…

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San Francesco Anna Mori JE2 avec mise en forme et images.d…
S. Francesco e il Cantico
Anna MORI
Université de Pérouse (Italie)
Quando il 1° settembre del 1921 vennero aperti i corsi della Regia
Università per Stranieri le prime lezioni istituite furono quelle tenute da
Bartolomeo Nogara, allora direttore dei Musei Vaticani, per etruscologia
e quelle di Michele Faloci Pulignani1 noto studioso di S. Francesco e del
Cantico e ancora più noto per la polemica con lo studioso protestante
Paul Sabatier2. L’argomento del contenzioso, come è noto, era
l’interpretazione della datazione dello Speculum Perfectionis che Sabatier
aveva curato e di conseguenza quella del Cantico.
Il Cantico è stato trasmesso – integralmente - nella versione più
antica dagli Opuscula, manoscritto conservato oggi nella Biblioteca del
Comune di Assisi, come ms. 338, che risulta risalire agli anni
relativamente a ridosso della morte di Francesco3, circa la metà del sec.
XIII4 e, secondo la tradizione, messo insieme dalla memoria di frate
Leone. Gli opuscola contengono anche, oltre al Cantico, una serie di scritti
di Francesco come le Admonitiones, la Chartula frati Leoni, Epistole, ecc.
ecc.
Oltre ad Assisi i manoscritti più antichi degli Opuscula sono
conservati a Berlino, ms. 765 della Biblioteca di Stato che contiene anche
la Compilazione di Avignone e a c. 98v. il Cantico, il ms. conservato a Roma
nella Biblioteca del Convento di S. Isidoro degli Irlandesi a c. 6r, e infine
il manoscritto conservato nella Biblioteca dei canonici agostiniani di St.
Florian in Austria a c. 23v.
Lo Speculum che è l’altra fonte principale del Cantico, inserito quasi
di straforo nel capitolo 120, si trova, insieme ad altri scritti di Francesco, a
Berlino, nella Biblioteca di Stato, ms. 764, a Dublino, nel convento dei
1
M. Faloci Pulignani, Osservazioni sopra il volume intitolato SPECULUM PERFECTIONIS
pubblicato da Paolo Sabatier, in Miscellanea francescana.
2
P. Sabatier, Speculum perfectionis seu S. Francisci Assisiensis legenda antiquissimo auctore
frate Leone (a cura di), Parigi 1898.
3
Vittore Branca, Il cantico di frate Sole. Studio delle fonti e testo critico, Firenze 1950. Per la
datazione del ms. Branca sostiene che il tipo di scrittura usata per il Cantico farebbe datare questa
parte del ms. alla fine del sec. XIII o ai primi anni del sec. XIV.
4
Per alcuni al 1279 circa, sulla base dell’analisi interna di questa parte.
1
Frati minori, e soprattutto a Firenze nella Biblioteca del convento dei
francescani di Ognissanti risalente al 1318 e naturalmente in moltissime
altre biblioteche. Contengono ancora il cantico la compilazione di Avignone,
conservata a Oxford nella biblioteca Bodleiana, a c. 41 e 42r; il De
Confirmitate attribuito a Bartolomeo Pisano scritto tra il 1385 e il 13905 e la
Franceschina conservata ad Assisi e a Perugia BAP ms. 1238.
Alla trascrizione integrale del Cantico si aggiungono quelle parziali
di molti altri manoscritti come Legenda antiqua Perusina...6, figura che
riporta solo i versetti della morte e del perdono che risale alla seconda
metà del sec. XIII.
La leggenda di Francesco venne alimentata dalle numerose
biografie o meglio agiografie scritte a ridosso della morte del santo. Le
più antiche sono quelle di Tommaso da Celano Vita prima scritta tra il
1229/1230 su suggerimento di papa Gregorio IX, che era stato amico di
Francesco una vita ad usum chori, del 1230 circa, e una Vita seconda ; una
Vita beati Francisci di Giuliano da Spira e dello stesso autore la Officium
sancti Francisci in versi degli anni 1232-1235; il Super vitam beati Francisci
versus scritta dal poeta tedesco Enrico di Avranches (Henrici Abricensis
Legenda Sancti Francisci versificata) tra il 1232 e il 1234 che a c. 32-34
contiene il cantico; dell’Anonimo perugino7 il De inceptione vel fundamento
ordinis et actibus illorum fratrum qui fuerunt primi in religione per socii beati
Francisci degli anni 1240-1241. Per chiudere con la biografia
relativamente tarda ma essenziale di S. Bonventura la legenda maior del
1260 circa a cui fece seguito la legenda minor e i miracula. Sulle biografie di
Francesco e sulla loro veridicità torneranno gli altri relatori.
Le agiografie più tarde sono lo Speculum perfectionis e gli Actus, più
tardi ancora i già citati de confirmitate di Bartolomeo da Pisa, la
Franceschina.
Ma per tornare al Cantico una prima immediata annotazione
riguarda l’assenza nell’opera di Tommaso, che resta il biografo più
attendibile, del testo del cantico, mentre non sono affatto scarse le
allusioni all’argomento del cantico stesso : per es. nella vita prima
Tommaso scrive:
Cfr. Analecta franciscana vol. IV e V, 1912.
BAP ms. 1046. La legenda antiqua perusina oggi viene chiamata compilatio assisiensis. Il ms. 1046 è
l’unico esemplare rimasto dalla distruzione delle vite di Francesco ed era conservato nella
biblioteca del Sacro convento di Assisi per poi passare a quella di Monteripido a Perugia. A cc.
78-92 la Legenda maior di S. Bonaventura, a cc. 92-93 de miraculis ipsius post mortem ; a cc. 94-124
Compilatio assisiensis. E’databile al 1310-1312.
7 Si tratterebe di Giovanni da Perugia discepolo del beato Egidio.
5
6
2
iste vir spiritu dei pleno in omnibus elementis et
creaturis creatorem omnium ac gubernatorem glorificare
laudare ac benedire... (v. I cap. 80) ; nella vita seconda :
laudes de creaturis tunc quasdam composuit et eas utcumque
ad Creatorem laudandum accendit (v. II cap. 213), invitabat
etiam omnes creaturas ad laudem Dei et per verba quaedam
quae olim composuerat ipse eas ad divinum hortabatur
amorem, / (v. II cap. 217) ; Giuliano da Spira, nell’Ufficio :
laus, inquam, Salvatoris ; invitat aves, bestias, et creaturas
alias ad laudem Conditoris (Ufficio, 18).
Branca, nel suo fondamentale studio sul cantico, chiarifica che
l’assenza del testo nelle vite deriva dal fatto che era un testo troppo noto
perchè fosse necessario riferirlo8. Il fatto perciò che non sia stato trascritto in
queste opere non significa affatto che fosse ignorato.
Ma in ogni riferimento dei biografi antichi si nota come venga
messo in evidenza il portato morale dell’opera e non certamente
l’elemento letterario e poetico. (Nello Speculum il Cantico del cap. il 120
risulta essere un corpo estraneo, come è già stato detto).
Anche nei secoli successivi prevalse la notorietà ininterrotta del suo
autore come Santo piuttosto che come poeta. Basti pensare che
nell’elevare Francesco agli altari si fece garante il Papa e che la vita di
Francesco che come tutti i candidati alla beatitudine doveva essere
presentata prima della proclamazione venne scritta da Tommaso a
beatificazione avvenuta. Il valore del cantico era quello di essere
prodotto di Francesco perciò il Cantico era noto senza soluzione di
continuità, ma letto nel corso dei secoli come una specie di preghiera e
non come opera letteraria... Per di più gli storici della letteratura italiana,
compreso De Sanctis, consideravano il Cantico una cattiva scopiazzatura
della Bibbia.
Era stato necessario l’intervento di Chauvin de Malan e poi di
Gorres per modificare l’attenzione dei critici verso il cantico e per
considerarlo una opera di profonda poesia e di dottrina.
Prima di qualunque analisi sulla lingua del Cantico bisogna
ricordarne due caratteristiche specifiche che contribuiscono a farne un
unicum : il motivo della fraternità, che la Bibbia ignora del tutto
(comprese le due fonti bibliche ricordate), e l’entusiasmo verso la natura,
e il fatto che il Cantico compare come un’altissima forma poetica mai più
raggiunta da nessuno nel suo genere9.
8
Branca, Il cantico p. 34.
A. Monteverdi, Prime testimonianze di lingua e di poesia volgare in Umbria in L’Umbria nella storia
della letteratura nell’arte Bologna 1954.
9
3
Una volta consolidatane la letterarietà divenne necessario
analizzarlo partendo da quelle fondamentali questioni che sono: chi,
dove, quando, quali siano le fonti, perchè e insieme in quale lingua.
Il chi ne fosse l’autore non ha creato nessun problema di
attribuzione : tutte le fonti storiche parlano del cantico delle creature che
Francesco aveva composto e del fatto che aveva mandato i suoi a
recitarlo per il mondo. Il dove fosse stato composto ha creato alcune
ipotesi avventurose come quella di Benedetto e di Terzi sull’ipotesi di S.
Fabiano a Rieti, ipotesi prontamente confutata da Bigaroni10, a favore di
un tradizionale S. Damiano o S. Rufino ; il quando sia stato scritto ha
creato un maggior numero di discussioni poichè alcuni lo vedono diviso
in tre tempi o due, altri ne riconoscono l’unitarietà11 ; per le fonti in modo
esplicito ne parla Tommaso : sicut enim olim tres pueri in camino ignis
ardentis positi ad laudandum creatorem univeritatis (v. I cap. 80) e a questo si
aggiunge il Salmo 14812 ; il problema del perchè è direttamente collegato
al problema della scelta della lingua.
Nell’esaminare l’opera di Francesco ci si trova perennemente
davanti un fattore specifico: la personalità dell’autore.
Francesco è il santo più popolare in assoluto dell’universo cattolico
ed è estremamente popolare anche nelle altre religioni. Francesco
impersona l’ideale dell’uomo buono e saggio, irraggiungibile per gli altri
mortali, ma proprio per questo l’ideale. Perciò tutto quello che si discosta
dalla tradizione viene visto spesso con diffidenza. L’idea, per esempio,
che sia S. Fabiano a Rieti il luogo della consegna del cantico ha suscitato e
suscita reazioni piuttosto dure, figurarsi negli umbri e specialmente negli
assisati. Ma la discussione su san Rufino o San Damiano (ambedue
splendide chiese di Assisi) ha una valenza diversa. San Rufino era la sede
del Vescovo: consegnare in quella chiesa significava consegnare le sue
ultime volontà al clero regolare; lasciarle a San Damiano, sede delle
clarisse, era cercare di conservare l’originale autonomia dei francescani.
10
M. Bigaroni, A proposito di una rischiosa tesi sul Cantico di Frate Sole, L. F. Benedetto Il cantico di
frate Sole Firenze 1941.
11
Esser (K. Esser, Gli scritti di S. Francesco d’Assisi Padova 1992) pp. 160-161 sintetizza le ipotesi
avanzate sulla cronologia del cantico: 1) le fonti parlano solo della occasione in cui il cantico fu
scritto e cioè durante una grave malattia ; 2) lo Speculum parla di tre fasi - la malattia, la disputa
davanti al podestà di Assisi, l’imminenza della morte ; 3) un’unità originaria sulla quale sono
succesivamente intervenuti i biografi. Esser propende per la terza ipotesi. C. Paolazzi, pp. 229230, ricorda che le testmonianze sono tutte concordi nell’affermare che Francesco compose il
cantico due anni prima di morire in una notte di tremendi dolori e probabilmente anche la lassa
del perdono risale a quel momento anche se il verso per quelli che perdonano potrebbe essere
successiva e che lultima parte relativa alla morte fosse stata già composta e inserita da frate
Angelo e frate Leone nel momento della recita ultima.
12
Il salmo 148 comprende le lodi degli angeli, degli animali e delle creature inanimate ; anche nel
Libro di Daniele i fanciulli invitano gli angeli, le forze celesti e terrestri, gli animali e gli uomini.
4
In questa disputa vince la tradizione e quindi San Damiano, dove la
leggenda vuole essere stata Chiara a raccogliere le parole di Francesco e
non piuttosto frate Elia, accreditando Francesco di una visione paritaria
tra uomini e donne che nessun altro ebbe mai nella chiesa cattolica, e
neanche oggi ha.
Per cercare di dirimere la questione lingua bisogna prendere in
considerazione la formazione culturale di Francesco.
Francesco parlava francese e conosceva la letteratura cavalleresca.
Tommaso scrive per quandam silvam laudes Domino lingua francigena
decantaret (v. I cap. 16), gallice loquens clara voce prophetat (v. II cap. 13) ;
Giuliano da Spira domino laudes in gallica lingua decantans (Vita S.
Francisci) e lo stesso dum seminudo corpore laudes decantat gallice (Ufficio,
Responsoria) ; Enrico Abricensis Franciscus lingua Francorum sallere coepit
(Legenda versificata lib. IV v. 29) ; S. Bonaventura faciens laudes domino
lingua francorum (Legenda maior cap. II) e ancora securus et liber laudes
Domino in medio nemorum gallica cantaret (Legenda minor I lectio octava) ;
Anonimo Perugino voce clarissima exsultavit gallice decantans... E per la sua
conoscenza della letteratura cavalleresca, a parte le storie che lo vedono
ascoltare attento la madre mentre leggeva, in francese ovviamente, i cicli
cavallereschi, lo Speculum dice isti sunt fratres mei milites tabule rotunde (c.
72), la Compilazione di Assisi o Legenda antiqua perusina: Carolus imperator
Rolandus et Oliverus et omnes... (cap. 103)
Il suo rapporto con il latino dipende da quella che era la carriera
scolastica del suo tempo. Due erano le possibili soluzioni per i giovani:
l’università per gli studiosi di filosofia, diritto, teologia e simili dove il
latino era materia fondamentale e per così dire inevitabile ; poi c’erano le
scuole per la mercatura dove contava più la conoscenza della matematica
e il latino veniva usato per scopi pratici. Le storie non esaltano la sua
conoscenza13 del latino se non alla fine della vita, ma non agli inizi.
Giuliano da Spira, nelle Antiphonae scrive : hic predicando circuit, et quem
non homo docuit fit doctis in stuporem..14 Sappiamo inoltre che Francesco
era solito dettare e che non patiebatur ex eis (i suoi scritti) deliri litteram
aliquam aut syllabam...15
Ma nonostante questo, i suoi scritti sono in latino tranne la preghiera
davanti al Crocefisso del 1206 secondo la Legenda trium sociorum e
13
K. Esser, Gli scritti di S. Francesco d’Assisi Padova 1982 p. 74, cita S. Bonaventura Legenda maior
XV e l’Epistula de tribus questionibus: qui, cum paucas litteras sciret.
14
Giuliano da Spira, Officium... 18.
15
Tommaso da Celano, Vita prima c. 82.
5
naturalmente il Cantico : Francesco... nonostante si dica parum litteratus
aveva una perfetta padronanza del latino chiesastico16.
Il latino secondo un’ipotesi di Paolazzi, diventò norma non solo nei
suoi scritti pensati per un Ordine e una chiesa di latitudine europea, ma
probabilmente anche strumento di base della predicazione viste le differenze assai
forti delle parlate regionali italiane e l’assenza di un modello linguistico
comune17.
Francesco aveva dunque a disposizione tre lingue conosciute
sufficientemente bene. Allora perchè il volgare ? E che volgare ? A queste
domande si può cercare di rispondere se si considera il perchè del
Cantico.
Il Cantico appartiene ad un doloroso periodo della vita del santo : è,
alla fine, ammalato, cieco e con la consapevolezza che i suoi frati stanno
abbandonando, se non l’hanno già fatto, la sua strada. Come fare per
ricordare loro chi sono e quale è il loro compito ? Lasciando loro
qualcosa che potessero capire senza infingimenti e che potessero
raccontare anche agli altri, ai meno dotti, ai più soli e ai colpevoli. Del
resto il problema della comprensione è il problema del passaggio negli
scritti dal latino al volgare. Le prime testimonianze dell’uso del volgare
in Italia non sono di carattere letterario ma squisitamente pratico. Le
formule campane esistono perchè non nascano dubbi sulla proprietà dei
monasteri benedettini, la postilla amiatina è un’ammonizione dopo un
processo in latino perchè Micciarello si comporti bene, l’iscrizione di
Commodilla è un’esortazione a rispettare un divieto non pregare a voce
alta, la formula di confessione umbra ripete tratti di una oralità devota
ecc. ecc. E il Cantico riassume in sè la funzione di testamento spirituale e
di ammonizione, senza però assumere toni apocalittici completamente
estranei ai sentimenti di Francesco. Quindi il volgare per essere capito e
diffuso presso quelli che non capivano più il latino. Scriverà Dante,
all’incirca ottanta anni dopo, in una splendida pagina della Vita nova : e lo
primo che cominciò a dire si come poeta volgare si mosse però che volle fare
intendere le sue parole a donna a la quale era malagevole d’intendere i versi
latini18.
Ugualmente sentirà Francesco come una urgenza : farsi capire.
16
V. Branca, Discussiones... p. 76. C. Paolazzi scrive con la nascita della fraternità... Francesco andò
progressivamente impratichendosi nell’uso del latino... p. 216.
17
C. Paolazzi, Le laudi... p. 216. Mentre credo che sia assolutamente accettabile l’ipotesi del latino
scritto, non credo che questa valga per la predicazione orale.
18
D. Alighieri, Vita nuova cap. XXV.
6
Così non il volgare a lui più vicino, quello di Assisi, ma un volgare
che stemperasse le particolarità19 regionali, anche se non le cancella
completamente. Un volgare più o meno colto, usato da tutti, anche quelli
che umbri non sono, come racconta l’Anonimo perugino fratres per
singulas provincias qui populo praedicarent20.
Come predicare in diverse province se la lingua non è
comprensibile ? Quindi niente latino e niente particolarismi municipali.
Ma una lingua che pur restando di facile comprensione cercasse un
registro più alto della semplice lingua parlata.
Prima di tutto c’è un problema irrisolvibile : i fenomeni umbri che
possiamo riscontrare in alcuni manoscritti del Cantico, e soprattutto nell’Ass.
338, risalgono all’autore o devono essere attribuiti ai trascrittori ? C’è chi come
Branca che li ha in parte sostituiti con i più toscani messer e scampare e chi
come Casella21 conserva messor e scappare, ma la quetione non è ancora
chiusa.
La rinuncia ai particolarismi troppo evidenti però non li cancella
completamente. La conservazione della -u finale di Altissimu dignu nullu
è un tratto locale dovuto non tanto alla chiusura di una finale (come per i
poeti siciliani a Francesco contemporanei) quanto ad una conservazione
dopo la caduta della -m finale dell’accusativo latino, mentre i testi
toscani portano invece la o finale ; la metafonesi di quillo e quistione ;
l’epitesi di -ne come rafforzativo, presente anche nei dialetti di oggi ; la
terza persona plurale dell’indicativo presente che oscilla tra -ano, -no:
konfano-sostengono ; la congiunzione ka.
Il lessico abbonda di latinismi che contribuiscono ad innalzare il
registro verso forme meno popolari.
Molti gli aggettivi rivolti a Dio e alle creature, in un gioco di numeri
dove i Laudato sono nove, il firmamento è tripartito, gli elementi sono
quattro evocando l’unità cosmica medioevale e con uno sforzo diventano
gli elementi di Eraclito. Frate e suora nell’accezione di fratello e sorella
non sono indice di buonismo, ma piuttosto un ribadire la partecipazione
a questo universo.
Ma c’è anche uno skappare che non significa affatto fuggire ma
semplicemente uscire o il guberna che non ha alcun riferimento alla
legislazione ma piuttosto all’ordinare. E secondo un’annotazione di
19
V. Branca, Discussiones... p. 73. Nell’esaminare i fenomeni linguistici ricordati, Branca sostiene, a
differenza di Casella, che i tratti umbri in realtà siano dovuti ad un amanuense tardo, mentre
Francesco avesse attenuato tutte le forme assisate.
20
Anonimo Peruugino, De inceptione... VIII, 37.
21
M. Casella, Il cantico delle creature.
7
Baldelli22 il mentovare non è tanto un francesismo quanto una
reminiscenza assisate (ma anche perugina) e significa solo dare un nome,
citare.
La sintassi offre proposizioni simmetriche con una sequenza
principale-secondarie (causali o relative) ripetitiva che riproduce nella
cadenza la struttura biblica dei salmi e che crea quella musicalità tipica
del ritmo o, secondo il Perticari, della prosa assonanzata che costituisce il
genere del cantico.
Per l’interpretazione del testo, che apparentemente non crea
problemi di comprensione, tutto si dipana dal significato che si vuole
dare alla preposizione per.
Per è causa (lode espressa a Dio a causa delle virtù delle creature),
per è strumento (l’uomo loda dio per mezzo delle creature), per è agente
(la creatura stessa loda Dio), per è mediale (la creatura è il tramite).
Troppe possibilità per una sola preposizione.
Il per complemento d’agente contrasta fortemente con la sora nostra
morte corporale, e non si lega neppure al rengraziate e serviteli che non
possono essere relativi ad esseri inanimati, non ha molto senso neanche a
causa delle creature e della morte ; per Monteverdi il per ha il valore di
attraverso : gli elementi sono vicini alle lodi e Dio deve essere lodato
attraverso essi. Casella23 sulla scia di Pagliaro, attribuisce al per il valore
del latino propter quod, nel senso di laudato sia il Signore per ciò che il sole,
ecc. ecc. fanno secondo un uso che Casella ricorda essere anche presente in
Boccaccio.
Leonardi24 ritorna al valore causale, senza considerare la morte, le
creature dunque non sono chiamate a lodare Dio ma sono stimolo all’uomo
perchè contempli nella loro bellezza e utilità le sapienza, la potenza e la bontà del
Creatore.
Resta da definire chi sia il Destinatario del Cantico. Certamente Dio,
ma non nell’ultima lassa, quella della morte. E chi sta parlando ? Un io
che però si scontra con nessun uomo è degno di nominarti e se le lodi sono
per Dio e nessun uomo è degno, allora chi attribuisce a Dio le lodi ? Non
gli esseri perchè inanimati e non l’uomo perchè indegno. Resta
un’incognita, tra le tante, ancora da risolvere.
22
I. Baldelli, Il “Cantico”: problemi di lingua e stile in AA.VV. Francesco d’Assisi e francescanesimo dal
1216 al 1226. Atti del IV Convegno internazionale (Assisi 15-17 ottobre 1976) Assisi 1977.
23
M. Casella, Il cantico delle creature Testo critico e fondamenti di pensiero, in Studi medioevali, 19431950 pp. 102-134.
24
La letteratura francescana. Francesco e Chiara d’Assisi (a cura di C. Leonardi) vol. I p. 455 Cuneo
2004.
8