APPunto Gusto - Gustoappunto

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APPunto Gusto - Gustoappunto
Gusto
APpunto
TOUR
ENOGASTRONOMICO
Ciriacese, Valli di Lanzo
e Val Susa
Gusto
APPunto
città della carne
51 Piemontese,razzapregiata
TOUR
ENOGASTRONOMICO
Ciriacese, Valli di Lanzo
prefazione
l’agri a km 0
58 Tuttoilbiochec’è
5 Simbolietradizioni
delNatale
inPiemonte
ristorazione - gourmet
8 Ilgustoriccodellacucinarustica
il re dolce
67 Squisitezzeinfesta
tutto forno
34 Biove,miche...etantosapore
l’elisir della vita
73 IlCanavese,terradascoprireapartiredaivini
degustibus
personaggio gastronomico
82 Lesagre
44 Tuttiatavola
conlesfiziosità
tipiche
Gusto
APPunto
città della carne
100 Congliultimipastorinomadi
TOUR
ENOGASTRONOMICO
Val Susa
ristorazione - gourmet
il re dolce
87 Unamontagnadiprimi,laricchezzadeipiatti
106 Unbanchetto
didolci
prelibatezze
tutto forno
l’elisir della vita
108 VignetidellaValSusa,unastoriaantica
96
All’università
perdiventare
panettieri
epizzaioli
GUSTOAPPUNTO
Stampato Dicembre 2015
DIRETTORERESPONSABILE: Loredana Tursi
EDITOREEPUBBLICITà: Editori Il Risveglio srl, via Roma, 4 Ciriè (TO) - tel: 011.584.00.23 - fax: 011.584.00.27
e-mail: [email protected][email protected] - www.food-in.it
TIPOGRAFIA: La Terra Promessa - Società Coop Sociale - ONLUS - Via Enrico Fermi, 24/26 - 28100, Novara
Tel e Fax: 0321 629291
prefazione
simboli
e tradizioni
del natale
in Piemonte
Mentre si mangia si viaggia nel
tempo: polenta e bolliti misti
non assomigliano alle petites
madeleines di Proust ma le
sensazioni che fanno affiorare
sono le stesse. Alla mente
ritornano i profumi della cucina
dei nonni, ricette della tradizione
contadina che con pochi prodotti,
e senza sprecare nulla, riuscivano
a imbandire la tavola. Solo per
le feste comandate si faceva
eccezione a una dieta povera che
spesso sfociava nella fame. Così
a Natale si mangiavano carne
e salumi, brindando con il vino
È l’inverno la stagione migliore per gustare i piatti
della cucina piemontese.
la tavola si apparecchia
con i prodotti del territorio: si inizia con una selezione di salumi, insalata
russa e peperoni in bagna
cauda. Farina di mais, Funghi e patate di montagna
diventano gli ingredienti
base per preparare piatti
semplici ma nutrienti.
lasciato invecchiare in cantina.
Attorno a quei piatti si scopriva il
sapore della festa, un gusto che
oggi abbiamo perduto, atrofizzati
dall’abbondanza che ha tolto il
sapore della scoperta e della
felicità.
Oggi come allora la cena della
Vigilia è di magro: vengono
serviti degli agnolotti del plin
(ogni famiglia ha la sua ricetta)
in brodo di gallina o di cappone, il
piatto forte del giorno di Natale.
7
prefazione
8
Le sue frattaglie non vengono
buttate ma utilizzate come sugo
per i tajarin. A Natale dopo la
pasta fatta in casa si alternano
i secondi piatti di carne: dal
brasato al Barolo, allo stracotto
di bue, al gran bollito misto. Il
gran finale è con lo zabajone e
il torrone, quello piemontese
ha tra gli ingredienti la nocciola
Tonda Gentile delle Langhe, uno
dei tanti tesori gastronomici
della nostra regione.
Alcuni piatti nascondono poi dei
significati simbolici. A Capodanno
è d’obbligo mangiare fumanti
porzioni di lenticchie, un legume
povero, coltivato fin dagli albori
dell’uomo. Per il loro alto valore
nutritivo ed energetico sono state
ribattezzate la carne dei poveri,
essendo ricche di vitamine
e sali minerali. Facilmente
trasportabili erano uno delle
pietanze più consumate dalle
popolazioni
nomadi. Leggendo la Bibbia
si scopre che è il primo cibo
cotto nella storia. Sono da
sempre considerate simbolo di
ricchezza e buona fortuna. Già i
Romani erano soliti regalare una
“scarsella”, una piccola borsa
in pelle, usata per contenere
i sesterzi. Nel “portafoglio”
veniva inserita una manciata
di lenticchie, con l’augurio
che potessero trasformarsi in
monete sonanti.
Tra la frutta spicca il melograno,
il colore rosso oltre a rimandare a
un immaginario di festa e calore,
corrisponde nella tradizione
pagana alla fecondità mentre per
i cristiani è il segno del sangue di
Gesù. Nei dipinti del Botticelli e
di Leonardo da Vinci il Bambino
ha in mano un melograno che
rimanda alla Passione che Cristo
dovrà affrontare. Leggendo il
Corano si scopre invece che
è uno dei frutti presenti nel
paradiso.
A fine pasto non mancano
mai gli agrumi: arance
e mandarini con il
loro dolce profumo
regalano
energia
e aiutano a tenere
lontano il raffreddore.
Questi frutti, ricchi
di vitamina C, sono
particolarmente
consigliati
nella dieta e servono a tenere
lontane le malattie invernali.
Nell’immaginario simboleggiano
la rinascita e l’abbondanza.
Anche le noci sono considerate
un frutto benaugurante. Durante
il Natale nella civiltà contadina il
capofamiglia era solito prendere
12 noci, ricoprirle con il sale e
metterle al centro del tavolo.
Il giorno dopo, a seconda
dell’umidità contenuta in una
di esse, sapeva quale mese
dell’anno venturo sarebbe stato
più secco o piovoso.
Il pesce, consumato in grandi
quantità tra Natale e Capodanno,
è
divenuto
simbolo
dello
stesso
Cristo:
nell’alfabeto
greco il termine si traduce
con la parola ichtùs. Le lettere
disposte verticalmente formano
un acrostico: Iesùs Christòs
Theòu Uiòs Sotèr ovvero Gesù
Cristo Figlio di Dio Salvatore.
L’animale vivendo sott’acqua
senz’annegare
simboleggia
inoltre il Cristo che vince la
morte.
Vicino alla tavola delle feste si
accendono le luci del presepe.
Tra i tanti personaggi che
fanno bella mostra attorno alla
capanna di Gesù c’è anche
un piemontese. È Gelindo, il
pastore che porta in spalle la
pecorella, il primo a presentarsi
davanti alla greppia, portando
doni. Le leggende raccontano
che sulla strada per Betlemme
incontri Maria e Giuseppe. Sarà
proprio lui a indicare il luogo
dove passare la notte. Secondo
alcune fonti Gelindo è addirittura
il
proprietario
dell’asinello
e del bue che riscalderanno
l’umile capanna. Nel presepe
è accompagnato dalla moglie
Alinda (raffigurata con un
costume monferrino), dalla figlia
Aurelia, dal cognato Medoro e
dai garzoni Tirsi e Maffeo. Sono
una tipica famiglia di agricoltori
piemontesi, vestiti con abili
poveri.
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ristorazione - gourmet
Il gusto ricco
della cucina
rustica
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Un luogo non qualunque le Valli
di Lanzo. Basta lasciare spaziare
lo sguardo per cogliere policrome geometrie, forme e colori che
evocano antichi saperi e tradizioni
che hanno segnato il territorio. Le
tonalità di verde scuro dei boschi,
il verde smeraldino di prati e pascoli, l’azzurro di ruscelli e laghetti
e, con il variare delle stagioni, la
mutazione in calde sfumature di
giallo e di marrone. Questa suggestiva tavolozza ci racconta come
nel tempo lo spazio sia cambiato, a
volte per scelte casuali a volte meditate, che si sono succedute nelle
varie civiltà e che hanno sottratto
spazi ad un’attività per far posto ad
un’altra, al momento ritenuta più
utile o redditizia. Perché ciascuna
epoca ha la sua mappa cromatica
che testimonia stili di vita, strategie economiche e organizzazione
sociale.
a cura di: Mariella Valente
la cucina di valle, Fatta
con gli alimenti che oFFrono prati, boschi e montagne, È ricca di sapori
unici. merito delle tradizioni che hanno tratto
il meglio dalla natura
combinando insieme gusti
particolari, che danno ai
primi piatti un tocco esclusivo. tante ricette Facili
da realizzare con Funghi,
castagne, erbe aromatiche,
selvaggina che appagano il
palato e riscaldano nelle
Fredde giornate invernali,
perFette da condividere
con gli amici.
Solo la cucina della tradizione ha
salvaguardato il passato e lo ripropone accompagnato da sapori
e profumi intatti. Sono primi piatti, spesso unica pietanza portata
a tavola, dove ai prodotti coltivati
nell’orto o nei campi si abbinano
condimenti come formaggio, selvaggina, erbe e frutti spontanei dei
boschi che la saggezza contadina
ha custodito come tesori.
Ricette di
oRigine
medievale
Già nel Medioevo sulle mense rurali della valle troneggiavano zuppe e polente di cereali: non solo
di mais, ma anche di orzo, miglio
e grano saraceno. Molto nutriente ed economica, la polenta prese
addirittura il posto del pane, troppo caro, nell’alimentazione contadina. Considerato quindi un “piatto
povero” altro non è che un impasto di acqua e farina di granoturco
cotta in un paiolo. Proprio per la
sua semplicità e versatilità diventa
un alimento completo quando vengono aggiunti i condimenti, realizzando così piatti ricchi di proteine,
carboidrati, grassi, sali minerali e
vitamine.
La saggezza valligiana la proponeva semplice come ammazza fame
o nella variante servita caldissima
con l’aggiunta di un bicchiere di
vino rosso e abbondante latte, oppure abbinata alla fiòca (panna).
Ma nei ristoranti, nelle trattorie e
nei rifugi valligiani si possono ancora gustare ricette antiche come
la pulenta cunsa con burro e toma,
la polenta con patate, con acetosa
dei prati, con i funghi, con salame
di turgia o con selvaggina al civet.
Altro piatto tipico di origine medioevale è la zuppa di erbe, realizzato
con prodotti poveri locali. A seconda delle stagioni, delle possibilità
e del territorio in cui si realizza,
cambia rispetto alle caratteristiche delle erbe (ortiche, spinaci o
asparagi selvatici, tarassaco, borraggine) e della toma utilizzata.
Questa minestra è stata citata da
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ristorazione - gourmet
Pantaleone da Confienza, vissuto
nel Quattrocento, nel suo “Summa Lacticinorum” quando loda la
qualità dei formaggi delle Valli di
Lanzo.
Riso e minestRe:
i sapoRi di una
volta
Come in tutte le zone prealpine
piemontesi, anche nelle Valli di
Lanzo, c’è un’ampia scelta di preparazioni tradizionali, basate su
ingredienti semplici e naturali che
concorrono a creare una cucina
essenziale, sostanziosa e calorica, ai giorni nostri poco praticata.
Fanno parte di questo repertorio la
panada, utile per riutilizzare il panne raffermo, alcune saporite mi12
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nestre tra cui la più diffusa è quella
con castagne e latte, la seupa di’la
Leitousa con pane integrale e acetosella e gli gnocchi con patate e
grano saraceno.
Semplici piatti di sopravvivenza,
realizzati con ciò che si reperisce nel proprio orto o che cresce
spontaneamente, che si sono evoluti e arricchiti nella ristorazione
contemporanea che ancora li pro-
Riso alla moda alese
INGREDIENTI
(dosi per 4 persone): 300
gr di riso Carnaroli, 200
gr di toma di Lanzo, 100
gr di burro, ½ cipolla, un
cucchiaio d’olio extravergine di oliva, brodo di
carne, sale e pepe.
PROCEDIMENTO:
Far
soffriggere la cipolla tritata fine con l’olio in un tegame, versarvi il riso e tostarlo, salare e bagnare con un mestolo di brodo caldo. Continuare la
cottura del riso aggiungendo il brodo poco per volta. Al termine togliere dal fuoco, unire la toma a pezzetti e mantecare con
il burro noisette (sciolto in un pentolino finché diventa color
nocciola). Servire caldissimo con pepe a piacere.
pone.
Anche il riso è variamente utilizzato e insaporito sia con rave (rape)
e cossat (zucche) che con trifule
(tartufi). Molto apprezzati sono il
riso alla moda alese (Ala di Stura)
che prevede il classico accostamento con la toma di valle, il risotto con le mele grattuggiate, cipolla,
vino bianco mantecato con il latte
e il risotto Val Grande con salame
di Turgia.
Gnocchi delle Valli di Lanzo
INGREDIENTI
(dosi per 4 persone): 1 kg di patate di montagna, 150 gr di farina 00, 150 gr farina di grano
saraceno, 1 uovo, 300 gr di toma
di Lanzo, 150 gr di panna da cucina, burro e sale.
PROCEDIMENTO: Lessate le patate con la buccia per circa 45
minuti. Pelatele e passatele allo schiacciapatate. Incorporate una
noce di burro e lasciate raffreddare. Su un piano da lavoro disponete le farine, le patate, l’uovo e il sale, lavorare l’impasto e
formate dei serpentelli dai quali ritagliate dei cilindretti di circa
due/tre centimetri. Rigateli con i rebbi infarinati di una forchetta
fino ad esaurimento dell’impasto. Tuffateli in acqua bollente poco
salata e ritirateli via via che salgono a galla. Disponeteli in una
pirofila da forno imburrata a strati con la toma tagliata a fettine
e la panna intiepidita. Fate gratinare in forno a 180° per circa 20
minuti. Sfornare, lasciare riposare 5 minuti e portare in tavola.
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13
MENU NATALE 2015
AUGURI DI BENVENUTO IN BOLLICINE
Con Aperitivo della Casa
Antipasti VARI
**************
Paccheri alla Sorrentina
Mezze Maniche gratinate
*************
Pollo alla Cacciatora
Capriolo con polenta
Due contorni
Dolce della casa
Semifreddo della casa
in salsa di cioccolato
25 euro
(bevande e amari esclusi)
Pont Canavese - Via Frassinetto, 24
Tel.: 0124/85701
Email: [email protected]
www.hotelristorantealbrunet.it
MENU
CAPODANNO 2016
SALUTI DI BENVENUTO
IN BOLLICINE
Con Aperitivo della Casa
Antipasti Vari
Di Pesce e di Terra
**************
Linguine al cartoccio
con frutti di mare
*************
Filetto di Orata
Su letto di verdure
Capriolo e Polenta
Cotechino e Lenticchie
Semifreddo della Casa
Buffet di Frutta
Panettone e Pandoro con Spumante
INTRATTENIMENTO MUSICALE
45 euro
(bevande e amari esclusi)
Collocato nella parte recentemente ristrutturata della cascina, l'agriturismo
ha mantenuto lo stesso aspetto di un tempo. I mattoni e le pietre a vista
rendono l'ambiente rustico ed accogliente. Proponiamo piatti tipici
piemontesi in base alla stagione e alle coltivazioni da noi effettuate oltre
che ai nostri prodotti artigianali come formaggi caprini freschi e stagionati
e salumi,rigorosamente accompagnati da vini del territorio. Adatto alle
famiglie ed ai loro piccoli che vogliona fare passeggiate nella natura o
visitare gli animali dell'azienda. Proponiamo menù per ogni occasione.
In occasione delle festività vengono realizzati dei cestini natalizi. Per le cene
di fine anno sono già pronti i menù di Natale e di Capodanno.
il Ristorante & Catering
Piemonte
organizza
Pranzi - Cene - Buffet
sia come Ristorante sia come Servizio Catering
per le Vostre Feste di:
Battesimi
Prime Comunioni
Cresime
Compleanni
Cene di Lavoro
Laurea
Coffee Break aziendali
Prezzi a partire da € 25,00
Prezzi Ristorante a partire da € 40,00
Con servizio catering a partire da € 55,00
Ampio salone per organizzare
meeting e cene di lavoro
Tutti i sabati e le Domeniche
Menù turistico a partire da € 18,00
Via Umberto I, 23 – Lanzo Torinese (To)
Tel. 0123.29461 – Fax 0123.29072
www.hotelristorantepiemonte.it
[email protected]
Gran pranzo
di Natale 2015
Cenone di
Capodanno 2016
ore 12.30
ore 20.30
Conchiglia di Salmone
con salsa Aurora
Terrina di Fegato con crostini
Magatello di vitello con salsa
tonnata all’antica
Insalatina di Cappone
con carciofi e grana
Strudel di Porri lunghi e Speck con
fonduta alla Valdostana
Zampone con Pureè di patate
Salmone affumicato su Crostini con
riccioli di Burro
Tartare di Manzo con Carciofi
e Grana su letto di orchidea
Cartoccio di Asparagi
e Funghi con Fonduta
Flan di Topinambour
con Vellutata Leggera d’Acciughe
Zampone con Lenticchie
alla pancetta
Riso Carnaroli con Gamberetti
e Zucchine al Curry
Fagottini di fonduta con crema
di Zucca e Salvia fritta
Maltagliati al ragù di Cinghiale
Stufùrn a la Diaulera
Riso Carnaroli con Carciofi
mantecato all’Erbaluce di Caluso
Fiocchetti di Gorgonzola
con crema tartufata
Porchetta di Ariccia
con Patate arrosto
Brasato al Barolo
con Cipolline glassate
Trancio di Calamaro ripieno
con ciuffetti di Salset
Medaglione di Filetto di Manzo
al burro con Funghi trifolati
e patate arrosto
Guazzetto di Pesce in Crosta
Panna cotta con salsa
ai Frutti di bosco
Dolce di Mezzanotte
Tris di Dolci
Caffè
Vini e Spumanti
Caffè
Vini e Spumanti
Musica dal vivo
Tutto compreso 45,00 a persona
Menù Natale da asporto € 35,00
Tutto compreso 70,00 euro a
persona
Menù Capodanno da asporto € 40,00
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ristorazione - gourmet
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ristorazione - gourmet
Bar - ristorante - pizzeria
La Madonnina
Il Ristorante Pizzeria “la Madonnina” è
un locale a gestione familiare da più di
20 anni. La nostra cucina tipica è quella
mediterranea, composta da piatti tipici
siciliani. Si preparano sfiziosi piatti di
pesce, come le linguine in crosta ai frutti di
mare, il risotto con asparagi e gamberetti,
i gamberoni alla siciliana ecc... e per i non
amanti del pesce si possono degustare le
mezze maniche con provola e melanzane,
gli gnocchetti sardi con funghi e salsiccia
o le panelle siciliane.
Abbiamo anche una vasta gamma di
pizze a scelta, cotte nel forno a legna, da
22 assaggiare per conoscerne la qualità ed il
sapore.
Gli spazi del locale sono molto ampi
ed accoglienti, adibiti ad ogni tipo di
cerimonie.
locale all’interno climatizzato
all’esterno si trova un Parcheggio
riservato ai clienti del locale.
Per gli amanti dello sPort
c’è anche un camPo
da calcetto
via Bruna 119 - san Francesco al campo (to)
tel: 011.9276227
www.ristorantepizzerialamadonnina.it
[email protected]
PRANZO
DI NATALE
CENONE
DI SAN SILVESTRO
Menù
Menù
Scottata di vitello
con rucola e noci
Tacchinella in salsa
Rotolino di porchetta
gratinata
Tonno affumicato
in aceto balsamico
Torta salata ai gamberi
Vol au vent con fonduta
e porcini
Cavatelli salsiccia e porcini
Mezzemaniche al pesce spada
Cotechino e lenticchie
Salmone al forno
Insalata
Vini bianchi e rossi – Acqua
– Dolce – Spumante – Caffè
Euro 65
Bambini fino a 10 anni
euro 25
Serata danzante
nella mattinata spaghettata
Bresaola al melograno
Sfogliata alla parmigiana
Cotechino in crosta
di fonduta
Insalata di mare
agli agrumi
Carpaccio di seppie
e carciofi
Risotto con asparagi
e speck
Conchiglie ai sapori
di mare
Arrosto di tacchino
con porcini
Sorbetto
Persico in sale
Insalata
Vini bianchi e Rossi
Acqua – Dolce - Spumante
– Caffè
Euro 35
Bambino fino a 10 anni
euro 25
Gradita la prenotazione
Disponibile anche pizza senza
glutine e con farina integrale
sia al mattone che al tegamino!
La Pizzeria La Smorfia nasce a Venaria Reale nel 1999. Nel 2001
abbiamo avuto l’idea di dare la possibilità agli intolleranti e allergici al glutine di poter gustare anch’essi la nostra pizza. Così
abbiamo creato un impasto caratterizzato dall’utilizzo di più
farine che con il tempo ci avrebbe reso noti nel settore.
Ora siamo anche a Ciriè, con la prerogativa di prestare sempre
un ottimo servizio con un’aria cordiale e amichevole che, con i
nostri prodotti per celiaci e non, ci ha sempre contraddistinto.
Qualora vi stuzzicasse l’idea di passare a trovarci, saremo lieti di
offrirvi una bella serata a Ciriè in via Robassomero 70.
Pizzeria La Smorfia
Ciriè - via Robassomero 70 - Tel. 011.9205044
facebook.it/LaSmorfiaCiriè - www.pizzerialasmorfia.it/cirie
Locanda
dal vecchio
Arte e cucina si incontrano al
Larry Button. In un’atmosfera
ricercata si gustano piatti
genuini che mettono in primo
piano i prodotti del territorio.
Tra le tante proposte non
manca un menù per i vegani.
Le serate sono spesso allietate
dalla musica e da tanto
divertimento.
[email protected]
chiuso domenica pranzo e cena
La Locanda offre un ambiente accogliente e discreto,
distinto da squisita cortesia dove è possibile gustare
variegati menù del giorno e un ampio menù cucinato
personalmente dallo Chef Domenico, titolare del
ristorante. la Caffetteria offre un’ampia offerta di
degustazioni unendo tradizione e modernità. Aperta
fin dal mattino con dolci, brioches e pasticceria della
casa, nonché caffè di ottima qualità.
È obbligatoria la prenotazione allo 011.9251563
Front – via S. Mura 38
Tel: 011.9251563 – 3297834272
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[email protected]
PRANZO DI NATALE
CAPODANNO
Venerdì 25 dicembre 2015
Antipasti
Carpaccio di spada marinato
con melograno
Tartara di tonno con sedano
e Castelmagno
Alicette marinate con melone
e aceto balsamico
Ananas con prosciutto di Parma
Capesante gratinate
Flan di granseola con vellutata
di zucchine
Fagottino di carciofi con fenduta
Insalata di mare
Aperitivo di Benvenuto
Antipasti
Finissima di vitello
con carciofi e fonduta
di Castelmagno
Flan di cardi con vellutata
di peperoni
Vol au vent con fonduta
e funghi
Vitello tonnato
Primi piatti
Garganelli con salsiccia
e porri
Risotto con carciofi
e Castelmagno
Secondi piatti
Arrosto Reale in crosta di sale
con patate al forno
Cosciotto d’agnello
con ripieno di carciofi,
con cipolline brasate
Dolce
Torronata con cioccolata calda
Acqua, vino (1/4 a testa), caffè
35 euro
Menù bimbo
Misto affettato
Penne al pomodoro
Fettina impanata
con patatine
Bibita piccola
Dolce
15 euro
Primi piatti
Risotto ai gamberetti e carciofi
Agnolotti al sugo di arrosto
Secondi piatti
Cosciotto di maiale al forno
con cipolline brasate
Zampone con lenticchie
di buon augurio
Filetto di orata alla ligure
Dolce
Meringata con cioccolata calda
Acqua, vino della casa, caffè
Euro 70, bevande incluse
Menù bimbo
Affettato misto
Penne al ragù
Milanese con patatine
Bibita
Dolce
Euro 20
La serata sarà allietata con tanta
musica e divertimento
CAPODANNO 2016
Cenone con ballo
Antipasti
Timballo di capesante
con vellutata di zucca
Insalatina di faraona
Caramelle di girello di fassone
con Philadelphia e tartufo
Bondiola alla Ferrarese
Primi
Risotto “Carnaroli” alla Franciacorta
con caviale
Tortelli piemontesi con noci e Raschera
Secondi
Calamaro ripieno al sapore di mare
Cosciotto di maiale con mele
Dolci
Cuore caldo con crema alla lavanda
Acqua, vino, spumante e caffè
Prezzo: 75 euro
VITTORIO
E
ROSINA
Cascina Prato Pascolo fascino e architettura
delle dimore di campagna.
Incastonata nel cuore del Parco La Mandria,
è un gioiello incantato in cui ambientare ricevimenti di nozze circondati da paesaggi unici, romantici e suggestivi con il mutare dei colori e dei
profumi i ogni stagione.
Una location, con una capienza di 120 posti interni
e tra interno ed esterno con oltre 200 posti, perfetta
in cui anche la cucina è protagonista,
con piatti e ricette della tradizione
locale, rivisitati con estro e maestria.
Ristorante Vittorio e Rosina
Cascina Prato Pascolo Parco La Mandria
Viale Vittorio Emanuele II, 256
Tel.0114993324 - 3663793920
www.ristorantevittorioerosina.it
[email protected]
Aperto tutti i giorni a pranzo
Cena su prenotazione
Ingresso in auto per il ristorante
Menù di Natale
Menù di Terra
antipasti
tartare di Manzo al Profumo di tartufo con Grana
Flan di Verdure con Fonduta
Polenta Fritta con spuma di Formaggio e Bacon
Primi Piatti
agnolotti al sugo d’arrosto
Gnocchi di Patate al Castelmagno
secondo Piatto
lonza di Maiale con ripieno di Prugne e
riduzione di latte e senape
Purè di Patate
dolce
Panettone con Crema e Cioccolata Calda
Vino – acqua – spumante – Caffè – amaro
€ 35,00 a persona
Menù di Mare
antipasti
Crostini di Cozze e Pomodorini
Fagottini di Porri salomone e robiola
Primi Piatti
risotto con Gamberetti e arancia
tagliolini con spada Pomodorini e Capperi
secondo Piatto
Filetti d’orata in Crosta con Verdure Croccanti
Vino – acqua – spumante – Caffè – amaro
€ 45,00 a persona
La Trattoria della Società Operaia di Ceretta, gestita dai quattro
soci, Matteo e Mattia insieme a Graziella e Cinzia, è un ambiente
gioviale e tradizionale allo stesso tempo. La cordialità e
l’accoglienza sono il comun denominatore di ogni giornata, affinché i clienti possano sentirsi sempre a loro agio presso il ristorante ed il bar completamente ristrutturati e rinnovati. Il ristorante
propone un menù all’insegna della tradizione, con materie prime
provenienti dal Canavese e dalle Valli di Lanzo. Vengono proposte ricette tradizionali, per fare provare al cliente le sensazioni
vere della cucina casalinga. A pranzo la cucina è semplice e veloce,
con un servizio rapido ed un menù ampio a prezzi ridotti mentre
la sera la carta è più ricercata e raffinata per soddisfare anche i
palati più esigenti. Il venerdì sera è dedicato al pesce mentre in
occasione delle feste vengono proposti pranzi o cene particolari,
nel rispetto della tradizione come in occasione delle giornate
dedicate alla bagna caoda o al fritto misto, oppure si può gustare
il resto della tradizione italiana con piatti e menù tradizionali e
rivisitati. Oltre ciò a contornare una fantastica esperienza culinaria si potrà trovare una interessante e selezionata carta dei vini
improntata principalmente sui prodotti della viticoltura piemontese tali da accompagnare al meglio i succulenti brasati e gli
opulenti bolliti misti piemontesi.
Via G. Cubito, 11 - Ceretta di San Maurizio Canavese (TO)
Tel. 0119278439 - [email protected]
Orari di apertura: Domenica e Lunedì: 8,00 - 17,00
Martedì - Sabato: 8,00 - 23,30
www.societacooperativadiceretta.it
Batorria
Trat
ietà
c
o
S
a
l
l
de
di
Mattia e Matteo
Specialità
piemontesi
PRANZO DI NATALE
• Battuta a Coltello di Tonno Rosso
affumicato su Crema di Caco Vaniglia
• Albese in Carpaccio di Zucca, Grana
ed Extra Vergine di Cellatica
• Tentacolo di Piovra su Vellutata
di Mais
• Coda di Fassona su Delicata di Tropea
• Cappelleti Ripieni di
Purea di Marroni al Brasato di Lepre
• Vercellese con Crostacei e Grattugiato
di Lime
• Guanciale di Vitello su
Purea di Patate Grassa
• Girella di Branzino al Gratin Siculo
• Bon Bon Natalizio
VINO IN ACCOMPAGNAMENTO
Barbera d’Asti DOC,
Azienda Franco Francesco
Bonarda dell’Oltrepò Pavese DOC,
Azienda Della Fiore
Chardonnay dell’Oltrepò Pavese DOC,
Azienda Della Fiore
Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese DOC,
Azienda Della Fiore
VEGLIONE
DI CAPODANNO
• Rosetta di crudo di Parma stagionato 18
mesi con ragout di frutta secca e chevre
• Spiedo di Gamberoni e mela verde
in delicata aromatizzata all’arancia
• Cannellone di verza soffritta al ripieno
spumoso di carote e patate
• Tarte Tatin di stufato di carciofi
• Tumbler di polenta gialla macinata a pietra
con cotechino artigianale e lenticchie
• Agnolotto ripieno ai 3 arrosti
piemontesi in delicata di toma
di Lanzo e melograno
• Vercellese allo scoglio reale in crema
di mandorle
• Filetto di sanato marinato al cognac
con mele glassate
• Il “dolce” Scoccar delle 24 e il brindisi
del Nuovo Anno
VINO IN ACCOMPAGNAMENTO
Barbera d’Asti DOC, Azienda Franco
Francesco
Bonarda dell’Oltrepò Pavese DOC,
Azienda della Fiore
Chardonnay dell’Oltrepò Pavese DOC,
Azienda della Fiore
Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese DOC,
Azienda della Fiore
INTRATTENIMENTO MUSICALE
L’hamburger-gourmet è solo da Squisito Restaurant
La prima hamburgheria con menù personalizzabile.
Da settembre 2015, nei nuovissimi locali appena ristrutturati di via Torino 51 a
San Francesco al Campo, si possono gustare i miglior burgers di sempre, dove
a decidere come comporselo sono proprio i clienti.
Ma non solo burgers, vi aspettano anche altre golose proposte come ad
esempio il sunday brunch della domenica mattina con buonissimi pancake,
french toast, uova strapazzate e bacon, passando dalle colazioni tradizionali di
tutti i giorni con pasticceria fresca (il servizio parte fin dalle 6 di mattino) e
arrivando a pranzare con le proposte a menù fisso a soli 12,50 euro, oppure
scegliendo gli appetitosi burgers alla carta.
SQUISITO RESTAURANT Gourmet Burger & Grill
VIA TORINO 51 - SAN FRANCESCO AL CAMPO (TO)
PRENOTAZIONI TEL: 011 9276580
[email protected] - www.squisitorestaurant.it
www.facebook.com/squisito.restaurant
instagram: #squisitogram
Rivoluzionando il concetto di ristorazione, e svincolandosi da quella 'rigida e
impostata', Squisito Restaurant lascia al cliente la totale libertà di personalizzare il proprio piatto. Una filosofia apprezzata dalla gente che a pochi mesi
dall’apertura ha infatti fatto il pieno di consensi. Abbinando materie prime di
qualità con i dettami di una alimentazione sana ed equilibrata ma comunque
sfiziosa, lo Chef Gabriele Mazzone, (cofondatore assieme ai fratelli, che dopo la
sua esperienza in giro per il mondo decide di tornare in patria) mette orgogliosamente in primo piano la carne di manzo 100% Irlandese. Una carne d'eccellenza dal gusto straordinario, rossa e succosa, ricca di vitamine, e meno caloriche grazie ai sterminati pascoli verdissimi sui quali gli animali pascolano sereni
per lunghi periodi aiutati da un clima idoneo alla missione. “ E dal momento
che il cliente può scegliere anche il grado di cottura della carne” - dice lo chef “con la solita carne di Fassona Piemontese, se richiesta 'ben cotta' avremmo
avuto sicuramente un hamburger più secco e più stopposo, in quanto è troppo
magra come carne.” “E per garantire un prodotto sempre fresco e di qualità” continua – “maciniamo noi stessi la carne nella nostra cucina ogni giorno, che
verrà poi pressata a mano e cotta al momento”. Ogni parte del panino, come
anticipato, è completamente personalizzabile. Si sceglie tra 3 proposte: Manzo,
Pollo e Vegetariano. Per il manzo ci sono 3 grammature disponibili (150gr,
220gr, 300gr.) Si decide il grado di cottura (al sangue, media, ben cotta). Gli
ingredienti base di ogni hamburger sono: insalata, pomodoro, cetriolini e
cipolla di tropea, ai quali è possibile aggiungerne altri da una lunga lista di
condimenti extra non troppo scontati come ad esempio cipolle caramellate,
avocado, jalapeno, uova all'occhio di bue, maionese al lime, e molto altro... Il
tutto servito su pane fresco artigianale, fatto su misura da un fornaio di fiducia,
accompagnato da ottime birre artigianali. “In cucina” - conclude - “utilizziamo
solo prodotti freschissimi della miglior qualità, come le nostre verdure che
provengono da agricoltori di zona a Km0.” Squisito Restaurant è anche il posto
giusto per scambiarsi gli auguri, gustando le specialità di una cucina unica,
brindando con parenti e amici alle imminenti feste di Natale.
tutto forno
Biove, miche
e... tanto
sapore
paese che vai, pane che trovi. in ogni cittadina del piemonte si assaggiano tipi di
pane particolari che mettono d’accordo materie
prime del posto con tradizioni locali. l’alimento più
antico al mondo diventa
così un vessillo della tavola.
36
Nelle panetterie delle valli di Lanzo il pane è sinonimo di biova: la
pasta, ottenuta con un impasto
di farina, acqua, lievito, sale e
qualche volta strutto, viene fatta
riposare per circa 90 minuti e
quindi lavorata fino a darle quella
caratteristica forma tondeggiante. Soffice e bianchissima, può
andare dai 100 ai 500 grammi. La
versione “small”, chiamata biovetta, è perfetta per la merenda
o da sbocconcellare come snack
a cura di: Filippo Vernetti
spezza fame. Anche il “toponin”
ha dimensioni contenute. Prodotto a lievitazione naturale, ha
un’umidità del 20-30%.
La micca ha invece una forma
più lunga e allargata, con una
bella crosta dorata. La preparazione è lunga e articolata: si parte sempre con un primo impasto
utilizzando lievito naturale madre
in pasta, farina e acqua. In piemontese il termine mica viene
utilizzato anche per indicare le
persone non particolarmente intelligenti. L’espressione “fol me
na mica”, folle come una mica,
indica solitamente i creduloni.
Anche il “giaco”, pane consumato nelle campagne, ha un doppio
significato: in dialetto è l’equivalente di “buon uomo”.
Nell’alto Canavese si assaggiano le “miacce”, cialde salate di
farina bianca, latte, uova, panna
e olio che ricordano nella forma
le crepes francesi. Con la farina
di granoturco si impastano le
“miasse”, delle croccanti cialde cotte sulla stufa a legna. Per
accompagnare i formaggi è perfetto il pane di segale. Ingredienti
avanzati dalla lavorazione del
pane diventano poi la base per
dolci invitanti. Unendo la farina
bianca con quella di mais, l’acqua, il burro, lo zucchero e l’uva
sultanina si ottengono i “fiacà”,
delle schiacciatine di pan dolce.
Alcuni prodotti, causa il tramonto delle lavorazioni artigianali,
sono ormai scomparsi. È il caso
del Panet: confezionato una
sola volta l’anno durante il giorno dei Santi, veniva conservato
per mesi. Era anche conosciuto come micca di cotta perché i
contadini ne pagavano la cottura
al fornaio con una certa quantità
di farina, detta “cotta”. Le fette
di Panet non potevano mancare
sulla tavola del Natale.
meno sale
nel pane
“Con meno sale la salute sale” è
il titolo del progetto regionale avviato nel 2015 dai Servizi Igiene
degli Alimenti e Nutrizione del
Piemonte, nell’ambito dell’Intesa
firmata il 13 marzo 2015 tra l’Assessorato alla Sanità e l’Associazione Regionale Panificatori del
Piemonte per la produzione di
pane a ridotto contenuto di sale.
L’intesa prevede, da parte dei
panificatori, l’impegno a ridurre
gradualmente il contenuto di sale
in tutto il pane prodotto (meno
5% all’anno per due anni) e a
rendere disponibile, almeno un
giorno la settimana, una linea di
pane senza sale o con contenuto
di sale dimezzato, eventualmente anche prodotto con cereali
Pane nero
INGREDIENTI
270 gr. di farina di segale, 100 gr. di farina di farro, 70 gr. di
farina 00, 1 cubetto di lievito di birra, 1 pizzico di zucchero, 30
ml. di latte, 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva, sale
PROCEDIMENTO: In una grande ciotola mettete le farina di segale, farro e 00. Mescolate bene aggiungendo il lievito sciolto,
il sale, lo zucchero e l’olio. Aggiungete poco alla volta dell’acqua e quindi iniziate a impastare fino a che non si ottiene una
consistenza morbida e omogenea. Adesso formate una palla,
copritela con un canovaccio e lasciatela riposare per almeno
un’ora. Quindi riprendete il composto e impastatelo nuovamente dandogli una forma allungata. Ora mettetelo su una
teglia, spennellatelo con il latte, salatelo in superficie e fatelo
cuocere in forno preriscaldato a 190°C per circa 30 minuti fino
a quando non risulterà ben dorato. Quindi sfornatelo e servitelo agli ospiti. È perfetto per accompagnare le minestre e i
formaggi di montagna.
3737
tutto forno
38
meno raffinati, integrale o semintegrale. Il pane, specialmente se a basso contenuto di sale e
se prodotto con farine integrali
o meno raffinate, è un alimento
salutare, con un apporto calorico
contenuto e con un buon potere saziante, parte irrinunciabile
nella dieta mediterranea.
Si è scelto di intervenire sul pane
perché, sebbene non sia oggi la
maggior fonte di sale della nostra
alimentazione, è un alimento
consumato quotidianamente da
tutti e un punto di partenza per
migliorare l’alimentazione quotidiana.
Piccole riduzioni di sale producono effetti importanti sulle singole
persone e grandi benefici in termini di salute per la collettività
con notevoli risparmi dei costi di
cura.
Altri Paesi che hanno avviato
progetti simili riportano buoni
risultati in pochi anni: nel Regno
Unito l’assunzione media di sale
si è ridotta del 15% dal 2001, con
un guadagno stimato di 9mila
vite l’anno e un conseguente risparmio di costi annuale di circa
1,5 miliardi di sterline.
Il crescente utilizzo del sale nella
produzione alimentare ha portato ad un progressivo aumento dei
consumi e allo sviluppo dell’attuale preferenza per i cibi salati,
tanto che il consumo medio di
sale giornaliero nella popolazione italiana si attesta intorno agli
11 grammi negli uomini e 8 nelle
donne, valori ben superiori ai 5
grammi al giorno raccomandati
dall’OMS. Tuttavia di questi 8/11
grammi, solo il 5% è naturalmente presente negli alimenti, il
15% viene aggiunto dalle persone a tavola o nella preparazione
Panada
INGREDIENTI
brodo di carne, 2
cucchiai di olio d’oliva, 300 gr. di pane
raffermo, un uovo,
parmigiano reggiano, sale.
PROCEDIMENTO:
Piatto povero che unisce il pane raffermo
con il brodo di carne. In una pentola versate il brodo (circa un
litro) con il sale e due cucchiai di olio. Quando l’acqua bolle aggiungete il pane raffermo fatto a pezzetti. Lasciate bollire per
una decina di minuti. Nel frattempo in una scodella sbattete
l’uovo con l’aggiunta finale di parmigiano grattugiato. Versate
il composto nella pentola mescolando bene fino a ottenere una
crema.
degli alimenti, mentre il restante
80% è presente negli alimenti già
pronti.
È poi provato che il consumo abituale di sale è associato all’ipertensione arteriosa; secondo
l’OMS, il 62% dei casi di ictus
cerebrale e il 49% dei casi di cardiopatia ischemica sono attribuibili all’ipertensione arteriosa. Le
malattie cardiovascolari, di cui
l’ipertensione è fra i principali
fattori di rischio, rappresentano
la prima causa di morte per le
persone sopra i 60 anni e la seconda per quelle tra i 15 e i 59
anni.
Il consumo di sale è associato
anche ad altre patologie cronico
degenerative come i tumori dello stomaco, le malattie renali e
sembra favorire la calcolosi renale e lo sviluppo di osteoporosi.
L’abuso di sale sembra inoltre
incrementare il rischio associato
all’obesità.
una legge
peR tutelaRe
la QualitÀ
aRtigianale
Tutelare il consumatore e aiutarlo a riconoscere il pane fre-
sco, lavorato artigianalmente da
quello precotto.
È l’obiettivo di una proposta di
legge presentata dal deputato
Pd Giuseppe Romanini, componente della Commissione Agricoltura della Camera.
“Mi piace definire questa proposta di Legge un testo unico sul
pane – ha osservato Romanini
–. Con la Legge Bersani 248 del
2006 si prevedeva la distinzione tra pane fresco artigianale e
pane ottenuto da prodotti intermedi di panificazione da attuarsi
con Decreto legislativo che poi
non ci fu anche perché cadde il
Governo.
La proposta di legge prevede
espressamente al comma 4
dell’articolo 2 che “è fatto divieto
di utilizzare la denominazione di
pane fresco per il pane destinato ad essere posto in vendita il
giorno successivo a quello in cui
è stato completato il processo
produttivo, indipendentemente
dalle modalità di conservazione
adottate, nonché per il pane posto in vendita successivamente
al completamento della cottura di pane precotto, comunque
conservato e per il pane ottenuto dalla cottura di prodotti intermedi di panificazione, comunque conservati”.
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di Destefanis Giovanni
L'Antica Panetteria Rocco è conosciuta, non solo in Piemonte, per la produzione di biscotti artigianali piemontesi e, in particolare per i biscotti tipici di
Rubiana, prodotti secondo un’antica ricetta, utilizzando esclusivamente
ingredienti locali. Il risultato finale è il Rubianese, un biscotto unico e inconfondibile nel gusto, nel colore e nella forma. Da qui il riconoscimento di
prodotto a denominazione comunale DECO.
È un biscotto leggero e croccante, ottimo con il the, ma che si gusta piacevolmente a tutte le ore, anche accompagnato da vino passito. E’caratterizzato
da: una forma rettangolare e appiattita, un colore nocciola tostata, un profumo dolce e marsalato un delicato sapore con retrogusto di Vin Santo. La ricetta tradizionale del biscotto Rubianese DECO prevede l'utilizzo di:
farine di grano tenero 00, zucchero, uova, burro, latte, marsala fine, lievito
e bicarbonato di ammonio e altri due ingredienti segreti che solo l'Antica
Panetteria Rocco conosce. Ed è proprio per questo che potrete assaporare il
gusto del vero biscotto Rubianese DECO solo qui. La lavorazione avviene
principalmente in modo manuale, anche per la formatura e la pezzatura del
biscotto, e raffreddato a temperatura ambiente per garantirne la fragranza.
Il Rubianese viene venduto sia sfuso che in
sacchetti da 300 grammi con etichetta che
ne certifica: la qualità, la rintracciabilità, la scadenza, la verifica dell'integrità, le verifiche analitiche.
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Rubiana (TO) - Tel. 011 9358281 | Cell. 333 4408765
ALPIGNANO - V. Pietro Nenni 7 Tel. 3442535266 Personaggio gastronomico
a cura di: Mariella Valente
tutti a tavola
con le sfiziosità tipiche
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scoprite con noi i sapori di valle. ogni occasione È buona per portare
a tavola i prodotti di eccellenza con un pizzico
di Fantasia e creatività.
salumi, Formaggi e tante
altre ghiottonerie della
gastronomia: tradizione
e innovazione saranno le
parole chiave per intraprendere insieme un gustoso viaggio nel cuore
del nostro territorio!
La gastronomia di valle vanta
alcune specialità per le quali è
particolarmente famosa, sono
le squisitezze delle “materie prime” ma anche l’eccellenza dei
salumi e dei prodotti caseari ad
alimentare l’orgoglio dei Lanzesi.
Il più conosciuto fra gli insaccati è il salame di Turgia, ottenuto
dalla macellazione dei bovini a
fine carriera, può essere consumato sia fresco, cucinato in umido con polenta o nel risotto Val
Grande, che stagionato.
Ottimi anche i salami di capra e
cinghiale, ultimamente rivalutati,
i sanguinacci chiamati anche budin e il salame della rosa.
Tagliata a fette sottilissime la
mocetta va servita con un filo di
miele e accompagnata da pane
nero e burro di malga, mentre il
lardo si arrotola su un grissino e
si abbina alle castagne negli an-
tipasti.
Approfittate di una gita per fare
scorte di leccornie locali come le
cipolle ripiene con amaretti alla
moda di Balangero, la torta di
porri con toma di Ala, budino di
ortiche, frittate di luppolo o con
salame di Turgia, trote Fario in
carpione e caponet già pronti.
Se amate la pasta fresca non
perdetevi gli gnocchi con grano
saraceno e le tagliatelle di castagne da condire con fonduta di
toma e noci, gli squisiti agnolotti
fatti a mano con ripieno di Turgia,
i tortelli di patate viola e i tajarin
montanari da abbinare ai funghi
porcini.
Potete trovare anche piatti pronti
come lasagnette con verza e salciccia, polpette di polenta e ragù
con selvaggina.
i foRmaggi
blasonati
La gamma casearia di valle è
piuttosto ampia, fra tutti spicca
la Toma di Lanzo che può essere consumata al naturale ma che
troviamo in molte ricette tradizionali come nella minestra mitonà, o fusa per nappare flan di
cardi o topinambour, oppure nel
boc, palla di polenta calda ripiena di toma e posta sulla piastra
rovente della stufa.
Molto rinomata è la Toma del
lait brusc, chiamata così per il
suo sapore deciso e un po’ acido, tradizionalmente si consuma
con patate lesse, ma può essere utilizzata sbriciolata per la
preparazione del carpaccio, per
condire gli gnocchi o come base
di salse per tutte quelle preparazioni dove si desidera contrastare un sapore dolce come la zucca
o si vuole conferire al piatto una
leggera nota acida.
Fra i formaggi erborinati il più
celebre è il Blu di Lanzo da servire con pane di segale e confettura di cipolle rosse.
Mentre tra quelli di capra spiccano il Chevrin, ha un sapore
aromatico-intenso che aumenta
con la stagionatura e i richiestissimi Tomini di capra, destinati
al consumo fresco, tra i sette e i
quindici giorni.
Questi vanno gustati al naturale oppure coperti con un poco
di “bagnetto verde” o “bagnetto
rosso”, un tempo però venivano
schiacciati e conditi con un filo
di panna liquida fresca, aglio e
pepe.
47
Personaggio gastronomico
tRa tRadizione
e innovazione
48
Altre sfiziosità da provare sono
la gustosa Toma ‘d trausela, un
formaggio freschissimo prodotto
con il latte appena munto, adatto
al consumo quasi immediato (1 o
2 giorni). Una curiosità, in cucina è premurosamente accudita,
avvolta in panni puliti e asciutti
più volte sostituiti quando nuovamente bagnati, come si fa con
i bimbi in fasce. Un piccolo rito
amorevole per prendersi cura
della sua freschezza e bontà.
Più recentemente i maestri caseari hanno creato nuove prelibatezze come le Tome alle erbe
e al peperoncino, la Toma Ricca
che ricorda la friabilità e il sapore del Castelmagno, e il Maggiorino, così battezzato in onore di
un anziano del luogo che rivelò la
ricetta dei suoi bisnonni.
Un accenno ad una golosità nata
dall’esigenza di riutilizzare gli
avanzi di formaggio: il Bruss. Il
procedimento, che può essere
realizzato anche a casa, varia a
secondo del formaggio utilizzato. Se si parte con toma a pasta
dura, occorre grattugiarla o tagliarla in piccoli pezzi. Vengono
quindi messi in n recipiente di
vetro o di terracotta e addizionata di una piccola quantità di latte
per favorire la rifermentazione.
Quindi il recipiente viene messo
in luogo fresco, dove resterà fino
a che si interrompe la fermentazione con una dose di grappa o
cognac. Si lascia riposare a lungo finchè diventa una crema da
spalmare.
la meRenda
sinoiRa
una tavolozza
gustosa
Se avete la fortuna di procurarvi
queste delizie del palato made in
Valle di Lanzo, organizzate una
cena con amici e preparate un
grande tagliere dove disporrete
i diversi formaggi. E’ importante
rispettare il “percorso” suggerito
di degustazione, cominciando dal
più delicato e proseguendo verso il più saporito e stagionato, in
questo modo si può apprezzare
al meglio il carattere di ognuno.
Accompagnate la vostra selezione di formaggi con miele, confetture casalinghe o cugnà come
suggerisce la tradizione, ma se
volete stupire i vostri ospiti servite una salsa agrodolce di peperoncini, o una gelatina di melograno, oppure una marmellate di
mele cotogne speziate. Sembrerà di portare a tavola la tavolozza
di un pittore!
Antica abitudine delle famiglie
contadine piemontesi è la “merenda sinoira”. Piccolo pasto
frugale freddo ma sostanzioso,
veniva consumato intorno alle 17
con lo scopo di rigenerarsi dopo
i faticosi lavori del pomeriggio
e funge quasi da cena.”Sinoira”
infatti deriva da “sin-a” che in
dialetto significa cena. E’ un piacevole rito conviviale da celebrare con gli amici, recentemente è
stato rispolverato e riproposto in
molti locali di tendenza con grande successo.
Se volete organizzare una merenda sinoira in casa non vi resta che recarvi in una gastronomia e acquistare un bel pezzo di
Toma di Lanzo, tomini freschi o
in composta e un buon salame di
turgia da affettare su un tagliere.
Non possono mancare le classiche acciughe al verde, zucchine
in carpione, terrina di coniglio e
tante altre sfiziosità da accompagnare con grissini e un buon
bicchiere di vino locale.
49
dal 1976
SPECIALITA'
GASTRONOMICHE
Per la spesa di tutti i giorni, per solleticare il gusto o
per acquistare i prodotti per i giorni di festa. L’Angolo
del Buongustaio dei Fratelli Messaglia sa sempre
come accontentare la clientela. Oltre alla frutta e alla
verdura biologica si trovano i piatti della gastronomia preparati freschi tutti i giorni. Tante specialità da
portare in tavola per un menù sempre diverso e
accattivante. A cominciare dai presidi Slow Food,
utilizzati anche per le preparazioni gastronomiche. Si
sceglie tra le paste fresche (agnolotti, tajarin, plin…),
gli arrosti, il bollito misto, il brasato, il fritto misto e le
specialità della tradizione piemontese. Anche il dolce
è protagonista con golosità come i torcetti, il bonet,
la panna cotta. Ottimo anche l’assortimento dei
formaggi di varie tipologie d’alpeggio e la selezione
di vini e distillati. Una qualità e una offerta certificata
dal riconoscimento Maestri del Gusto.
E per Natale e Capodanno L’Angolo del Buongustaio
ha preparato un menù speciale per sorprendere
ospiti e amici.
CIRIÈ - Via Lanzo, 33 - Tel. 0119206929 - 3295682792
fb: l’angolo del buongustaio
[email protected] - chiuso mercoledì pomeriggio
a cura di: Filippo Vernetti
Piemontese,
razza
pregiata
Le mucche “sfoggiano” delle
misure particolari: pesano tra
i 500 e i 600 kg. La razza piemontese viene immediatamente
riconosciuta dagli esperti per
l’ipertrofia muscolare o groppa
doppia, un segno distintivo che
è comparso nel corso dei secoli
è oggi interessa la quasi totalità
degli animali. Si calcola che siano
10 milioni i capi di bovino adulto
(pari al 10% del patrimonio zootecnico nazionale) presenti in
Piemonte. La maggior parte degli allevamenti si trova nel Cuneese e nel Torinese. Il 40% delle
bestie presenti nelle stalle sono
di razza piemontese, destinata
alla macellazione, ma non mancano mucche di razza Frisona,
specializzate nella produzione di
latte. La piemontese è uno dei
presidi Slow Food. Secondo i dati
del censimento dell’agricoltura
2010 negli allevamenti piemon-
Città della carne
arriva dal lontano pakistan uno degli “avi” più illustri della razza piemontese. il bovino aurochos,
incrociato con uno zebù
proveniente dalla zona
del pakistan, È inFatti uno
dei progenitori delle mucche che pascolano nelle
nostre vallate. gli animali,
allevati in aziende agricole per la maggior parte a
conduzione Familiare, si
contraddistinguono per
l’altissima resa che arriva
a sFiorare il 70%. la carne
È apprezzata dagli intenditori anche per il bassissimo contenuto di grassi e
colesterolo.
tesi erano anche presenti oltre
300mila suini. Da questi animali
si ricavano diversi prodotti che
possono vantarsi delle denominazioni dop, igp e pat.
il simbolo
di toRino
Il toro è parte del dna degli abitanti del capoluogo piemontese. Monumenti, stemmi e segni
sono presenti in ogni angolo
della città a partire dai “toret”, le
oltre 900 fontanelle dal caratteristico colore verde e dalla testa di
toro che zampillano acqua. Sotto
i portici di piazza San Carlo, il salotto per antonomasia della città,
è impresso nella pavimentazione
un toro in bronzo. Pare che calpestandone gli attributi si riceva
fortuna in abbondanza. È inoltre
53
Città della carne
presente nello stemma dello Torino Fc e in quello della Juventus.
il salame
di tuRgia
54
Il salame di Turgia, tipico delle
valli di Lanzo è prodotto con carni
di bovine a fine carriera e con un
30% di carne di maiale. Il salame
viene fatto asciugare e riscaldare nella “paiola” una particolare stanza con una temperatura
interna di 20 gradi e un’umidità
del 65%. Successivamente viene
stagionato per 30 giorni in cantine con una temperatura costante
di 10-12 gradi e un’umidità relativa del 70-80%.
Le fette, particolarmente saporite, sono perfette da servire come
antipasto.
le pRopRietÀ
nutRitive
Filetto, costata, bollito,… sono diversi i tagli e i metodi di cottura
per gustare al meglio una fetta
succulenta di carne di pura razza
piemontese. Un piatto che soddisfa le papille gustative e non
appesantisce. Con 100 grammi
si introducono infatti nell’organi-
smo circa 20-22 grammi di proteine, una quantità che risponde
in pieno alla raccomandazione
dell’Istituto della nutrizione di
assumere giornalmente circa
50/80 grammi di proteine, di cui
1/3 di origine animale. Questo
tipo di proteine è inoltre ricco di
amminoacidi, “benzina” essenziale per il buon funzionamento
dell’organismo. Dentro la carne
sono presenti anche il triptofano
che aiuta la produzione della serotonina, neurotrasmettitore che
regola la produzione dell’umore,
del sonno, dell’appetito e l’arginina che stimola la produzione
dell’ormone della crescita. Nella carne di razza piemontese la
presenza di grassi è molto bassa,
in alcuni tagli è addirittura sotto
l’1%.
in cucina:
bollito, fRitto
misto e madama
la piemonteisa
La carne ha sempre avuto un
posto d’onore nelle cucine dei
piemontesi. Alcune specialità
sono addirittura diventate della
“ambasciatrice” della tavola locale da esportare nel mondo. È il
caso del bollito: in tavola arrivano
sette tagli di carne: scaramella,
punta di petto, fiocco, noce, cappello da prete, tenerone e culatta. Per rendere ancora più godu-
rioso il piatto si servono diverse
salse. Immancabile è il bagnetto
verde, un intingolo di aglio, olio
extravergine d’oliva, prezzemolo
e acciughe.
La carne cruda, battuta al coltello per mantenerne inalterate le
proprietà organolettiche, è l’altra ghiottoneria da non perdere.
Altro must è il vitello tonnato: un
pezzo di girello, messo a marinare in una pentola con vino bianco,
chiodi di garofano, salvia, viene
fatto cuocere per ore. Si mangia
freddo, accompagnato da una
maionese. Ingredienti poveri ma
ricchi di gusto sono alla base del
fritto misto. Cervella di vitello,
animelle, filoni, creste di gallo,
fegatini, rognoni e altre frattaglie
sono alla base di questo piatto
amatissimo dai buongustai. Ultima novità proposta dagli chef
è “madama la piemonteisa”, una
succulenta bistecca dal peso di
500/700.
la paRola
all’espeRto
Piercarlo Barberis, maestro del
gusto Slow Food e rappresentante dell’associazione provinciale
macellai di Torino spiega le caratteristiche della carne piemontese
Iniziamo a distinguere tra razza
piemontese e fassona. Si tratta
di due prodotti diversi? “Sì, la
fassona rappresenta l’eccellenza
della razza bovina locale. Si riconosce per la muscolatura della
coscia particolarmente sviluppata. La femmina dell’animale
vanta poi delle caratteristiche di
tenerezza uniche unite a un gusto eccezionale. Oltre alla fassona merita di essere citata anche
la carne del bue piemontese. Si
trova principalmente nel periodo
natalizio, dagli inizi di dicembre
in avanti. La carne è estremamente tenera e ha una colorazione intensa. È ideale per le lunghe cotture: stracotti, brasati ne
mettono in evidenza le qualità
organolettiche”.
Si trova facilmente? “No, nei supermercati e nelle catene della
grande distribuzione è praticamente inesistente. La quasi totalità delle carni che finiscono sulle
nostre tavole arriva dall’estero.
Ha costi leggermente più elevati
perché sono diversi i metodi di
allevamento: l’animale è più curato a iniziare dall’alimentazione.
Anche i controlli a cui vengono
sottoposte le bestie sono estremamente rigorosi”.
Parliamo di tagli. Consigliamo
qualche piatto particolare? “Innanzitutto la battuta al coltello,
la carne cruda preparata a mano
del macellaio.
È un piatto che può tranquilla-
55
Città della carne
mente gareggiare con la bagna
cauda o con il tartufo bianco e
ben rappresentare il gusto piemontese nel mondo. Ma ci sono
altri tagli, penso al bollito, che
vanno provati.
Purtroppo la nostra società è
cambiata: c’è meno tempo per
cucinare e questi piatti che necessitano di cotture lunghe,
vengono scartati. Si preferisce
acquistare la fettina che, oltre
a essere meno gustosa, costa
leggermente di più rispetto ad
esempio di uno spezzatino”.
E tra i tagli meno nobili? “I sette
tagli del bollito. Fortunatamente
i programmi di cucina hanno riacceso l’attenzione sulla cucina
delle frattaglie, delle interiora,
del quinto quarto dandogli la dignità che gli spetta”.
56
a cantoiRa la
battaglia delle
Reines
A ottobre Cantoira ospita la finale della Battaglia Delle Reines,
l’esposizione/confronto
delle
Reines: le mucche più prestigiose delle valli di Lanzo si contengono il “rondone”, un campanaccio colorato. La sfida è
combattuta a colpi di cornate. La
finale è l’ultimo passo di una lunga fase eliminatoria che si svolge
tra aprile e settembre.
A contorno della manifestazione
fin dal primo pomeriggio in paese c’è un’ esposizione di prodotti tipici dell’artigianato locale,
attrezzature per l’agricoltura e
stand gastronomici. La battaglia (Batailles, in dialetto) è una
tipica manifestazione della realtà pastorale delle Valli di Lanzo.
L’evento è molto sentito dagli
agricoltori e da tutta la popolazione e attira ogni anno una folla
di turisti.
L’evento è organizzata dall’Associazione J’Amis d’le Reines
d’le Val ad Lans, con il patrocinio
della Regione Piemonte, Provincia di Torino, Turismo Torino e
Provincia, Camera di Commercio
Industria Artigianato di Torino,
Comunità Montana Valli di Lanzo
Ceronda e Casternone, Comune
di Cantoira, Federazione Coldiretti Torino, Sezione Coldiretti
Cantoira.
Carni di qualità provenienti dalle Valli di
Lanzo, un banco gastronomia con piatti
pronti. Sono tanti i motivi per scegliere la
Macelleria da Stefano in via Rossetti 5 a
Ciriè. Qui si possono trovare il prosciutto
crudo di Cuneo DOP e IGP, salumi di alta
qualità e i polli della cooperativa agricola Valverde. Per Natale oltre al bue grasso, vengono preparati polli, faraone, lonza di maiale
ripieni, zamponi e cotechini artigianali. La
scelta continua con agnelli e capretti nostrani,
capponi, tacchinelle. Su prenotazione vengono confezionati cestini natalizi personalizzati
oltre a quelli in esposizione.
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l’agri a km 0
a cura di: Loredana Tursi
tutto il bio che c’è
60
la Freschezza e la genuinità dei prodotti biologici
delle valli di lanzo sono
determinati
dall’essere
privi di trattamenti, per la
loro produzione secondo
metodi naturali e seguendo il corso delle stagioni.
una agricoltura biologica
e tipologie di preparazione
che ben rispecchiano le
tradizioni e buoni metodi
del passato. diversi i prodotti biologici: dalla Frutta alla verdura, ai cereali e
le loro Farine, i vino, legumi e anche il pane e la pasta, succhi di Frutta, conserve e miele.
Tra i prodotti del sottobosco
locale, mirtilli, more, lamponi,
fragoline selvatiche, ribes sono
in pole position ma tra frutta a
fare da capofila ci sono le mele
di montagna. Tra le varietà coltivate e commercializzate Bugin:
la maturazione avviene in inverno, già in fruttaio, dopo essere
state raccolte a fine ottobre, si
conservano fino a inizio estate.
Buccia con colore di fondo tendente al giallo, marezzata di rosso, in modo non uniforme; polpa
bianca con sfumatura verdastra,
profumo dolce, sapore zuccherino leggermente acidulo. Rigadin: viene chiamata anche Niclot
e Michlet a seconda delle zone.
I cereali ad esempio hanno la
caratteristica di essere coltivati
senza l’uso di pesticidi e senza
ricorrere agli Ogm - organismi
geneticamente modificati, così
come i legumi. Appartenenti
alla famiglia delle graminacee
coltivate per ricavarne chicchi
e semi, i cereali biologici sono
ricchi di amido e caratterizzati
dall’altissima digeribilità e dalla
facilità di conservazione. Le farine invece si ottengono con la
macinazione delle cariossidi dei
cereali o di altri prodotti amidacei. L’elemento fondamentale di
tutti i tipi di farina è l’amido: un
polisaccaride complesso, a cui
si aggiungono parti minori di
proteine, grassi e fibre. La Valle
di Lanzo è ricca di laboratori di
pasta fresca e spesso si procede
anche all’essiccazione a bassa
temperatura, solitamente non
superiore ai 50° e con tempi di
essiccazione che variano dalle
24 alle 48 ore, a seconda del tipo
di formato, al fine di mantenere
nella pasta tutti i principi nutritivi ed organolettici presenti nel
grano. Le varietà più apprezzate dei funghi presenti nelle Valli sono: i Porcini, le “Crave” (o
Porcinelli), le “Garitule” (o Gallinacci).
la dolcezza del
miele natuRale
Mentre in produzioni di tipo
convenzionale si impiega molta
energia ausiliaria proveniente
da processi industriali, nell’agricoltura e nell’apicoltura biologica, pur essendo in parte basata
su energia ausiliare proveniente
dall’industria estrattiva e meccanica, si reimpiega la materia
principalmente sotto forma organica.
in poche parole il miele deve essere privo di fitofarmaci di sintesi, ma anche il terreno da cui è
stato ottenuto non dovrebbe ricevere alcun trattamento chimico che non sia autorizzato. Fra
l’altro si noti come un prodotto,
ed il miele biologico non fa eccezione, per essere definito “biologico”, in qualunque fase della
produzione non deve prevedere
la presenza di OGM (è ammessa una presenza incidentale non
superiore 0,9%), ed un OGM in
sè potrebbe benissimo non contenere alcun prodotto chimico,
cioè potrebbe “non far male” in
sè, ma prevale in questo caso
il rispetto per l’integrità della natura e della biodiversità.
Tante le varietà del miele (mille
fiori, robinia, castagno, melata,
tarassaco, rododendro, pappa
reale, favo) e tra queste suggeriamo quello molto diffuso del
tiglio, consigliato per vincere le
emicranie, è un antispasmodico
che agisce sul sistema nervoso
come calmante. Agisce contro
l’insonnia (da utilizzarsi per addolcire la tisana della sera) e la
dismenorrea.
61
l’agri a km 0
a cura di: Filippo Vernetti
tenuta sant’Anna:
coltivare secondo natura
62
Lavorare la terra significa preservare
il territorio e continuare a coltivare
esemplari di frutta e verdura locali che altrimenti
scomparirebbero,
inghiottiti dall’industria agro-alimentare. Lo
sanno benne alla Tenuta Sant’Anna, azienda agricola di Castagnole Piemonte, in cui è la natura a
scandire il lavoro dell’uomo. Assecondando il tempo delle stagioni
si raccolgono prodotti genuini. Lo
spirito e la tenacia contadina animano Alfredo Cassardo, alla guida
della tenuta.
Qual è l’obiettivo che vi siete posti?
“Dal 2004 abbiamo rilevato la tenuta. È un’antica cascina piemontese
del Settecento, circondata da vasti
appezzamenti agricoli. La superficie coltivabile è di 40 giornate piemontesi, una unità di misura che
corrisponde alla quantità di terreno arabile da una coppia di buoi in
una giornata. Il nostro primo obiettivo è stato rifare gli antichi frutteti
e rilanciare le coltivazioni locali”.
Che tipo di coltivazioni portate
avanti? “Abbiamo 4 serre dedicate
alla coltivazione delle verdure. Nel
frutteto disponiamo di
500 piante d’alto fusto
e 2000 arbustive, con
esemplari di ribes
rosso e nero, lamponi, amelanchier, aronia, una bacca simile
al mirtillo dal sapore
dolce e ricca di sostanze antiossidanti. Abbiamo
una piantagione di lavanda mentre un’altra parte è occupata dalla
coltivazione del peperoncino, con
varietà pregiate come l’habanero e
il cayenna. Un’altra area dell’azienda è utilizzata per la produzione e
vendita di prato a zolle”.
Che tipo di prodotti offrite? “Frutta
e verdura vengono venduti nel nostro spaccio. Nel nostro laboratorio
vengono poi preparate confetture,
gelatine, salse. Si possono provare specialità come ribes nero
e cassis, mele cotogne, pesche
e lavande. Oppure peperoncini al
cioccolato, fichi caramellati, paste
di meliga, sorbetti all’uva fragola. I
prodotti della terra vengono utilizzati per preparare i piatti del ristorante, con pane e dolci fatti in casa
e salumi provenienti dai nostri allevamenti. Vengono fatti seguendo le
ricette di una volta. Hanno un gusto
impareggiabile”.
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L’arte del conservare non è solo mettere i frutti nel vaso, insieme
ai profumi e ai sapori della stagione, si conservano anche le
sfumature dei ricordi e delle emozioni, perchè quando gustiamo
una conserva, questa deve parlarci del suo momento di vita,
risvegliando in noi attimi ormai dimenticati ma che piacevolmente affiorano alla memoria facendoci rivivere un bel momento del nostro passato.
Per questi motivi in cui fermamente crediamo, abbiamo scelto di
usare solo materie prime fresche e biologiche nel naturale
momento
del loro raccolto.
Si dice che “siamo cio’ che mangiamo” e allora nutriamoci di cose
buone, sane e naturali, per poter essere semplicemente noi
stessi nel modo migliore.
Dal 1990 Cereal Terra è impegnata per portare sulle tavole solo
prodotti buoni e naturali. Perché è convinta che
un’alimentazione corretta e sana sia il primo passo verso il
miglioramento della vita.
I prodotti di Cereal Terra sono il frutto di una lavorazione artigianale fatta di ascolto e di esperienza e il profumo e i colori della
terra, coltivata senza offenderla, lasciano che essa trasmetta ai
suoi frutti tutti i segreti della sua storia.
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In un mondo sempre più globale è giusto fermarsi a
considerare ciò che mangiamo ogni giorno ed è con
questo spirito che abbiamo scelto il marchio BIOBOTTEGA che unisce sia i prodotti biologici per
un’alimentazione più tradizionale sia prodotti per le
nuove tendenze culinarie quali etnica, vegana o crudista. Insomma, per ogni esigenza abbiamo prodotti per
soddisfare le richieste più diverse. Nel mese di giugno
sono stati inseriti anche ortofrutta fresca e surgelati per
offire un assortimento veramente completo ai nostri
clienti. Un’attenzione particolare è poi rivolta all’aspetto
salutistico offrendo un assortimento vasto di prodotti
erboristici ed integratori alimentari che il nostro personale specializzato saprà consigliarvi per il meglio. In
occasione del prossimo Natale l’assortimento si completerà con i cestini preparati anche su ordinazione per un
regalo originale e con un occhio rivolto alla salute. Per
tutto il mese di dicembre saremo aperti anche il lunedì
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a cura di: Loredana Tursi
il re dolce
squisitezze
in festa
sono tante le proposte
dolciarie per arricchire le
nostre tavole in Festa ma È
d’obbligo soFFermarsi sulle bontà che la tradizione
ci consiglia per soddisFare
il nostro palato.
il dolce Ripieno
della cipolla
Le cipolle con il dolce potrebbero
cozzare, ma la tradizione robassomerese ci smentisce. Si chiamavano i siuli pijni. Il giorno della
festa le famiglie portavano nei
forni di uso comune le cipolle ripiene di un impasto di latte, zucchero, uova, grissini sbriciolati,
uva sultanina e altri ingredienti
facilmente reperibili. Le diverse
teglie ognuna contraddistinta da
un segno di riconoscimento, di
solito da un frutto venivano poi
ritirate dopo la cottura e i siuli
pijni venivano consumati come
dessert alla fine del pasto. Questa tradizione, che andava lentamente perdendosi negli anni, fu
mantenuta da un personaggio,
recentenente scomparso, oramai circondato da un’alone mitico, l’anziana Marianin. Questa
signora, fino a pochissimi anni
fa, continuava a preparare i siuli
pijni secondo la ricetta tradizionale. Nel 1995 gli organizzatori
della manifestazione decisero di
mantenere la tradizione istituendo così la prima Sagra dli Siuli
Pijni. Non perdetela!
il bonèt:
pRelibatezza
al cucchiaio
In origine il termine “Bonèt” in
piemontese significa cappello/
berretto (portato dagli uomini
nelle campagne). Inoltre secondo il dizionario Piemontese/Italiano di Vittorio Sant’Albino del
1859, tale dolce porta il nome di
“Bonèt” perché così viene chiamato lo stampo di rame o alluminio nel quale è cotto, che imita
in realtà un cappello da cucina
(“bonet ’d cusin-a”).
La versione più curiosa e più accreditata risale alle Langhe (zona
d’origine del dolce) lascia intendere che il dolce sia stato chiamato così perché veniva servito
alla fine del pasto, come cappello
a tutto ciò che si era mangiato.
Infatti, prima di uscire di casa o
da un locale chiuso, dopo essersi
vestiti, si indossava, come ultimo
indumento, il bonèt e, quindi, per
similitudine il dolce posto a chio-
69
il re dolce
sa del pasto prese questo nome.
Gli ingredienti utilizzati sono:
uova, zucchero, latte, amaretti,
cacao amaro in polvere, panna,
caramello e rhum. La ricetta può
subire alcune variazioni, a seconda delle zone di produzione.
Possono, infatti, essere aggiunte
nocciole delle varietà Tonda Gentile delle Langhe, caffè oppure, il
cognac al posto del rhum. Viene
servito freddo ed è un modo irrinunciabile di terminare un vero
pranzo “alla piemontese”.
il cioccolato
e la nocciola
matRimonio
goloso
70
Non è possibile prescindere dal
cioccolato se si parla di dolci del-
la Valle di Lanzo in cui tanti sono i
maestri cioccolatieri e laboratori
che si incontrano.
Cioccolato in tutte le sue forme,
come bevande, piccoli formati
e grandi opere d’arte. Il connubio con la nocciola del posto as-
Bonet
INGREDIENTI
4 uova, 6 cucchiai di zucchero semolato, mezzo litro di latte,
50 grammi di amaretti semolati, 2 cucchiai di cacao amaro in
polvere, 2 cucchiai di rhum
PROCEDIMENTO: Dopo aver sbattuto le uova in una terrina, si
uniscono 4 cucchiai di zucchero, il cacao, gli amaretti finemente sbriciolati con le mani, il rhum e il latte. Amalgamato il tutto
con l’aiuto di una frusta, si prepara il caramello. Si scaldano 2
cucchiai di zucchero in un pentolino fino a che divenga di colore biondonocciola, si spruzza un po’ d’acqua facendo diventare
lo zucchero filante e si mescola. Si versa il caramello così ottenuto in uno stampo, che è stato tenuto al caldo per facilitarne
lo scorrimento, in modo che veli il fondo e le pareti. Raffreddato il caramello, si versa il composto nello stampo e si cuoce nel
forno, precedentemente riscaldato a 180°C, a bagnomaria per
45 minuti circa. Quando il composto è ben rappreso, si lascia
raffreddare lo stampo e poi lo si pone, prima di servirlo capovolto in un piatto da portata, in frigorifero per 2/3 ore.
il re dolce
surge ad un sapore sopraffino.
L’integrazione di varie spezie lo
rendono ancora più stuzzicante
e delizioso.
L’unione perfetta è proprio nel
Gianduiotto, la nocciola è indispensabile per la sua produzione.
tavolette, bicerin, la cioccolata
calda e tutte le sue varianti sono
il prodotto di una lunga storia che
inizia nel capoluogo piemontese
nel 1559, all’indomani della pace
di Chateau Cambrésis, quando
Emanuele Filiberto di Savoia,
generale degli eserciti spagnoli
sotto l’imperatore Carlo V, torna
nei suoi Stati portando con sé
alcuni semi di cacao che servirà
l’anno seguente, sotto forma di
cioccolata calda fumante, durante i festeggiamenti per il trasferimento della capitale del Regno
di Savoia da Chambéry a Torino.
Fino al 1826 il cibo degli dèi vie-
ne servito e consumato esclusivamente come bevanda liquida,
sarà l’imprenditore Paul Caffarel
che darà avvio alla produzione di
cioccolato solido ottenuto mescolando cacao, acqua, zucchero
e vaniglia.
Questo nuovo tipo di cioccolato
conquista il palato dell’aristocrazia piemontese e non solo, diventando un dolce insostituibile fino
ai giorni nostri rendendo Torino
la vera Capitale del Cioccolato in
Italia.
71
vi aspetta nella nuova sede di Via
Volpiano 92 (a destra, nell'interno
del piazzale, dopo il palazzo
Coral).
Il laboratorio produce il
"Gianduiotto Originale Torinese
tagliato a mano",
creme da spalmare (golose e sane,
senza latte e senza olio di palma),
cioccolatini,
cremini,
praline,
confezioni, cesti e soggetti natalizi.
quest'anno compie 15 anni e
festeggia 5 anni dal passaggio alla
rinnovata gestione. Vi sorprende
con sempre nuove combinazioni di
sapori.
Potete gustare i nostri dragee, fatti
con fave di cacao, ciliegie, uvetta,
caffè, nocciole e mandorle.
Le nostre tavolette di cioccolato puro
(senza aggiunta di grassi estranei)
con i migliori cacao.
I liquorini, antichi cioccolatini fatti
come una volta, colati a mano e
ricoperti di puro fondente.
Via Volpiano 92, Leinì (TO)
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www.gianduiottotorino.it - www.facebook.com/cioccolART.leini
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15 anni fa, nel 2000
nasce , dopo la scissione
di un altro laboratorio di
Leini e da allora produce
sempre nuove eccellenze,
oltre il fiore all'occhiello: il
"Gianduiotto
Originale
Torinese tagliato a mano",
vera eccellenza del territorio.
Inoltre , promuove iniziative didattiche per scuole e
circoli ricreativi.
Il "Gianduiotto Originale
Torinese tagliato a mano",
nasce nelle botteghe di
Torino, in un momento di
crisi di approvvigionamento del cacao. Alcuni
cioccolatai sperimentarono le varie possibilità e
provarono ad aggiungere
al cacao che riescono a
reperire, le nocciole, da
sempre abbondanti nel
territorio.
Ancora oggi, con le
nocciole Piemonte IGP,
varietà Gentile Piemonte, e
i migliori cacao, noi
produciamo per i nostri
clienti, oltre che per varie
pasticcerie del torinese, i
gianduiotti come una
volta.
RICEVITORIA
TABACCHERIA
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Ricevitoria
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Tel. e Fax: 011.920.69.40
a cura di: Filippo Vernetti
l’elisir della vita
Il Canavese, terra da
scoprire a partire dai vini
tra le colline e le prime
appendici montane i vitigni disegnano una linea
interrotta solo dalla
presenza dei centri urbani. Fino al conFine con la
valle d’aosta sono una
presenza costante quanto discreta. È l’immagine
che accompagna il visitatore che attraversa la zona
che dalle valli di lanzo
porta verso il canavese.
Dalle uve si ottiene il Canavese
Rosso, una doc istituita nel 1997
e dedicata all’omonima area territoriale. Per la produzione vengono utilizzati grappoli di Nebbiolo,
Barbera, Bonarda, Freisa e Neretto. Da soli o congiuntamente
devono coprire almeno il 60%
delle uve utilizzate. Il restante può
essere costituito da uve rosso non
aromatiche provenienti sempre
dagli stessi territori. Nelle cantine
sociali e nelle aziende vitivinicole
si possono acquistare anche bottiglie di Canavese Rosso Novello
Doc, vino giovane, particolarmente fresco e fruttato, Canavese Rosato Doc, Canavese Barbera Doc,
Canavese Nebbiolo Doc e Canavese Bianco Doc (ottenuto esclusivamente da uve Erbaluce).
Per brindare si possono provare
le bollicine del Canavese Bianco
Spumante (un extradry realizzato
con il metodo Charmat) e del Canavese Rosato Spumante.
eRbaluce
di caluso, secco,
passito o
spumante,
è sempRe
un piaceRe
Il Piemonte è terra avara di vini
bianchi. Nel mondo è conosciuto per i rossi, “pesi massimi” in
75
baluce di Passito Riserva) prima
che le bottiglie possano venire
immesse sul mercato.
Ma il vino può continuare a invecchiare anche per 30-40 anni, nel
bicchiere si esalteranno sempre
il profumo elegante e l’estrema
limpidezza.
È ideale per accompagnare una
merenda “alternativa”, abbinando
un bicchierino di Erbaluce passito con torcetti, paste di meliga,
canestrelli e gli altri biscotti tipici
della pasticceria piemontese.
76
grado di competere con Brunello
di Montalcino, Borgogna e altri
campioni dell’enologia mondiale.
Nel Canavese maturano i grappoli
che diventeranno l’elemento base
per la produzione dell’Erbaluce di
Caluso, il primo bianco del Piemonte ad aver ottenuto nel 1967
la doc. Nel 2010 è arrivato anche
il riconoscimento di docg. Ha un
caratteristico colore giallo. In bocca è fresco e sapido, con sentori
di salvia e note che ricordano la
buccia d’agrumi. È perfetto per
accompagnare piatti tipici della
cucina locale come la zuppa canavesana o il risotto con le rane.
Altro gioiello del territorio è l’Erbaluce di Caluso Spumante docg.
Realizzato con metodo classico
si contraddistingue per la spuma
leggera e persistente, il perlage
fine e il colore paglierino. Al palato si fa ricordare per il sapore
fruttato.
A fine pasto si apprezzano meglio
le qualità dell’Erbaluce di Passito
docg. I grappoli sono fatti invecchiare nelle “passitaie”, locali
arieggiati dove vengono posti su
dei graticci o appesi per il peduncolo per 5 mesi. A marzo vengono
pigiati. Dovranno passare tre anni
(quattro per la denominazione Er-
il consoRzio
Il consorzio, nato nel 1996 come
centro di tutela e valorizzazione
dei vini doc di Caluso e poi diventato, agli inizi del Duemila, consorzio di tutela e valorizzazione
vini docg Caluso, Carema e Canavese doc, riunisce 29 produttori
impegnati a far rispettare i disciplinari di produzione e a valorizzare questi tesori dell’enologia locale, come spiega il presidente Gian
Luigi Orsolani.
Proviamo a definire con una parola il vitigno Erbaluce. “Ecletticità, oltre ad essere l’unica uva
bianca 100% docg, può produrre il
bianco secco, il passito e lo spumante”.
Parliamo dello spumante: in questi ultimi anni anche il Piemonte
è diventato terra di bollicine. Che
posizione ha rispetto ad altri terroir più famosi? “Di rilievo. Nel
1968, nelle nostre cantine, abbiamo prodotto la prima bottiglia di
Erbaluce spumante. Sono quindi
40 anni che è presente sul mercato. Non si tratta di un fenomeno
legato alle mode del momento ma
di una bottiglia con una sua sto-
ria alle spalle. Le uve di Erbaluce
hanno una freschezza, un’eleganza e una mineralità particolari che si esaltano nella versione
spumante”.
Quali sono invece i punti di forza
dell’Erbaluce passito? “È un vino
che veniva già prodotto dai Romani. Grazie alle sue caratteristiche
poteva venire trasportato senza
che diventasse aceto. Col passare dei secoli è diventato un vino
da meditazione, da servire agli
ospiti e per i momenti importanti.
Nonostante il Piemonte sia terra
di vini rossi, il passito, grazie alla
sua dolcezza naturale, è sopravvissuto fino a noi. Nelle campagne
del Canavese quasi ogni famiglia
conservava almeno una vite di
Erbaluce in modo da garantirsi il
vino per le feste e le ricorrenze”.
Un altro vino, purtroppo poco
noto, è il Carema. “Ha una produzione limitata, inferiore alle
100mila bottiglie. La terra in cui
viene coltivato, il comune di Carema, è poca. Siamo in una zona di
montagna, le difficoltà di lavorare
la vite sono quindi ulteriori. Ottenuto da uve Nebbiolo è un vino di
grande eleganza, con profumi che
ricordano la rosa e la viola e leggere note di cuoio e tabacco”.
Come consorzio state portando avanti delle iniziative per far
conoscere meglio i vini cana-
vesani? “Siamo stati presenti a
Expo, una vetrina importante. Da
gennaio del prossimo anno prevediamo di far partire delle iniziative
di incoming rivolte a giornalisti
ed esperti per far conoscere meglio il nostro territorio e i vini. Attualmente il bacino principale di
vendita è il Torinese ma le nostre
bottiglie arrivano in ogni parte del
mondo: ci sono infatti degli estimatori in Cina, Giappone, Australia, Stati Uniti che ne apprezzano
le caratteristiche”.
biRRa, oRgoglio
piemontese
Bionde, rosse, doppio malto o a
bassa fermentazione. Le birre
artigianali non hanno segreti per
Andrea Camaschella, tra i massimi esperti del settore scrive per
le principali riviste del gusto, è
docente ai Master of Food di Slow
Food e collabora alla realizzazione
della Guida alle Birre d’Italia (Slow
Food Editore).
Iniziamo parlando di numeri. Ad
oggi quanti sono i birrifici artigianali in Italia? “È difficile dare
un numero esatto: mentre parliamo, probabilmente, sta aprendo
un birrificio. E ogni tanto, ma più
raramente, uno chiude. Una crescita superiore si vede solo negli
Stati Uniti, solo che là sono quasi
duecento milioni più di noi italiani
e bevono più del doppio.
Se proprio dobbiamo dare dei riferimenti numerici direi che siamo oltre gli 800 tra birrifici (sola
produzione), brew pub (birrifici
con locale di mescita) e beer firm
(birrifici senza impianto, che si
appoggiano ad altri per produrre
le birre).
77
l’elisir della vita
78
Il Piemonte è secondo solo alla
Lombardia per numero di attività e dovrebbero essere attorno
al centinaio. Tra un mese, come
dicevo all’inizio, dovrebbero aumentare ancora. È un fenomeno
italiano, dove l’accesso al credito, anche di realtà consolidate,
è difficoltoso, quindi si riescono
più facilmente a fare piccoli investimenti. Ho due speranze su
questo. Anzitutto che si arresti
il fenomeno di alcune beer firm
che hanno alle spalle persone
che di birre non capiscono nulla,
che cercano solo di fare business
a scapito dei consumatori che
si vedono inondati di bionde e di
rosse senza criterio alcuno. Ma
anche che i birrifici, quelli che
fanno qualità, riescano ad ingrandirsi, come succede in altri paesi
e come è giusto che sia.
È un mercato destinato a crescere ancora? “Anche qui mi cogli
impreparato: guardando al consumo pro capito italiano, attorno
ai 29 litri annui, pensavo di vedere
una contrazione nel numero di
birrifici già alcuni anni fa. In realtà
l’aumento esponenziale fa capire
che il mercato è molto più ricettivo di quanto pensassimo. Al momento manca anche una comunicazione fatta bene, efficace. I libri
sulla birra, i grandi editori, li fan-
no scrivere a persone che dell’argomento non sanno un tubo…
Quindi direi di sì, che il mercato
ha ancora possibilità di crescita,
molti locali, con le bottiglie se non
con i fusti, stanno accogliendo le
birre artigianali. Direi che le prospettive sono rosee e non è solo
un fenomeno di moda. È un fenomeno che si sta radicando. Anche
la risposta di alcune grandi industrie, che stanno scimmiottando
i microbirrifici, mi conferma che,
lentamente, ma le produzioni artigianali si stanno radicando. Il
mercato del comparto artigianale
cresce, erode la quota delle grandi industrie e direi che c’è ancora
spazio”.
Come si riconosce una birra
artigianale? “Nel bicchiere è
piuttosto facile: ha dei profumi,
dei sapori e degli aromi che ben
rappresentano i gusti, il modo di
bere del birraio che l’ha pensata.
Solitamente, all’aspetto, non è
brillante né limpida e luccicante
come le birre industriali, ma anzi
spesso è lievemente velata. Ancora non esiste una definizione
univoca e forse il termine stesso, “artigianale”, è già superato.
Occorre pensare a qualcosa di
nuovo. Uno dei birrifici storici, Le
Baladin, sta proponendo la definizione di “Birra Viva”, che racconta
di un prodotto che evolve, pieno
di microrganismi vivi, i lieviti, che
sono corresponsabili, con il birraio, della birra stessa. Qualcosa
che la grande industria può al
massimo millantare…”.
Quali sono gli ingredienti che
fanno la differenza? “A voler ben
vedere tutti gli ingredienti! Partendo dall’acqua (molto sottovalutata ma fondamentale), passando per la qualità dei malti e dei
luppoli, fino alla cura del lievito.
In Italia a fare la differenza sono,
in molte occasioni, gli ingredienti territoriali, le erbe, le spezie, i
frutti e così via, che i birrai talvolta
utilizzano per caratterizzare una
birra. Questo può fare anche una
grande differenza, ma solo se il
birraio ha lavorato bene anche sul
resto della ricetta. Una birra deve
restare birra, anche se ha dentro
il più raro degli ingredienti, non
deve diventare un frullato macrobiotico! Quindi più che un ingrediente in sé, a fare la differenza, è
il modo di usarli”.
Le caratteristiche principali delle birre artigianali italiane? “Le
stesse di ogni grande produzione italiana: estro, fantasia, creatività e capacità di adattamento
(alla tassazione, alle condizioni
climatiche, geopolitiche, alle leggi e chi più ne ha, più ne metta!).
Nel mio incessante girare per
birrifici e anche coordinando una
parte della Guida Slow Food alle
birre d’Italia con Luca Giaccone
abbiamo notato quanto le birre
cambino lungo lo Stivale. E’ la
conseguenza della biodiversità
della nostra penisola: ti sposti di
un paio di chilometri e cambiano
le coltivazioni, il modo di cucinare, i sapori… Anche il Piemonte
occidentale è diverso da quello
orientale, in questo senso. Molti
birrifici hanno saputo rileggere gli
stili tradizionali, ammodernandoli
da un lato e rendendoli più appetibili dall’altro. In questo li rendono
perfetti per il loro territorio e, al
tempo stesso, interessanti persino per il paese di origine (dello
stile)”.
In una classifica tra le migliori
birre artigianali del nostro Paese
come si piazzano quelle piemontesi? “In Piemonte ci sono birrifici
di altissimo livello così come mediocri e anche pessimi, come in
tutte le regioni. Lo stesso discorso si può esportare ai Paesi di
grande e antica tradizione, come
la Germania, il Belgio, la Gran
Bretagna ecc…, artigianale non è,
purtroppo, sinonimo di eccellenza
qualitativa. Posso comunque dire
che, in base alla mia esperienza,
alcuni dei produttori piemontesi
sono tra i migliori d’Italia e quindi
del mondo!”.
La birra più sorprendente che
hai degustato? “La prossima che
berrò! Sì, lo so, è la stessa risposta per chi mi chiede quale sia la
birra più buona che ho degustato.
Ma dipende dal momento, dalle
situazioni, dagli ingredienti, dalle
tecniche produttive: sono tante
le birre che mi sorprendono, mi
hanno sorpreso e (spero vivamente) mi sorprenderanno!
A volte capita per l’abbinamento
con un piatto, a volte semplicemente per un sapore nuovo, almeno per me, in una birra. Altre
volte perché ritrovo un sapore
tipico di un’altra zona, di un altro
paese, di un’altra tradizione. Non
è poi così difficile sorprendermi…”.
79
Il vino: sapore e profumo
del territorio
REGALI GOURMAND PER NATALE
Proporre dei vini di qualità, realizzati secondo natura, a un prezzo
equo. È questa la filosofia portata avanti da La Trava, il negozio di
via Circonvallazione 15/B a Nole. Qui si trovano ben 12 qualità di
vino sfuso da acquistare in contenitori di capacità superiore ai 5
lt e una interessante selezione di etichette provenienti da ogni
regione d’Italia. Tra gli sfusi non mancano i protagonisti
dell’enologia tricolore: Dolcetto, Barbera, Grignolino, Bonarda, Nebbiolo,
Merlot, Arneis, Cortese, Chardonnay… ma anche un rosato e un
rosso da tavola, particolarmente
piacevoli al palato. I prezzi
partono da appena 1,50 euro
al litro per prodotti di
grande interesse.
NOLE - Via Circonvallazione 15/B
www.vinotecalatrava.it
tel. 011.922 26 20
L’azienda La Trava nasce tra i vigneti che abbracciano Mango, tra le
colline di Langa, terra dei grandi cru piemontesi. Oggi come allora è la
natura a scandire la vita dell’uomo. Rispettando il ciclo delle stagioni,
lasciando al tempo, e non alla chimica, il compito di affinare il frutto
della vigna, nascono vini straordinari.
Nel negozio di via Circonvallazione 15/B si trovano anche prodotti per
l’enologia: tappi, bottiglie di diverse dimensioni e le attrezzature per
fare il vino in casa. Per chi ama bere bene La Trava propone delle
bottiglie provenienti da aziende agricole a conduzione familiare,
impegnate nella salvaguardia di vigneti tipici. Sono contraddistinte
dall’ottimo rapporto qualità prezzo. Non manca poi una carrellata di
bollicine (prodotte con metodo charmat e champenoise), amari,
grappe, vermouth, superalcolici e vini da meditazione. Presto saranno
disponibili anche etichette francesi.
Periodicamente vengono organizzate delle serate a tema in cui
assaggiare bottiglie di qualità, poco note al grande pubblico. Dalle 9 alle
12.30 e il pomeriggio dalle 15.15 alle 19.30 (chiuso lunedì mattina e
domenica) La Trava apre le porte per accompagnare i clienti alla scoperta delle suggestioni che si trovano in fondo a un buon bicchiere.
4
degustibus
a cura di: Filippo Vernetti
Le sagre
sagRa del salame di cinghiale
a val della toRRe
maRzo
L’evento, organizzato dall’Associazione Turistica Pro Loco, con la
collaborazione del Comune di Val della Torre e delle associazioni
locali accende i riflettori sul salame Valtorrese di Cinghiale, insignito del marchio De.C.O. (Denominazione Comunale d’Origine).
Info: www.valdellatorre.gov.it.
ciRiè: fieRa dell’annunziata
maRzo
Ciriè attende marzo per celebrare la fiera dell’Annunziata: il centro
cittadino sarà pacificamente invaso da allevatori, bestiame, esposizione di macchine agricole, bancarelle con fiori, piante e eccellenze del territorio. Info: www.cirie.net.
dolce fioRe
a san mauRizio canavese
apRile
Golosi e appassionati di giardinaggio si incontrano a Dolce Fiore.
Un’intera giornata in cui assaggiare biscotti, cioccolatini, torte, caramelle ma anche fare shopping di fiori, piante e articoli per il giardinaggio. Info: www.comune.sanmauriziocanavese.to.it.
la fieRa dei Rastei e d’le capline
di caselle
maggio
La tradizionale fiera dei rastei e d’le capline che in dialetto piemontese indicano
i rastrelli e i cappellini, presenta una vasta
esposizione di prodotti tipici.
Info: www.comune.caselle-torinese.to.it.
degustibus
ceRetti di fRont:
festa di san dumine
luglio
A Ceretti di Front l’estate è accompagnata dalla festa di San Dumine,
San Domenico. Concerti, appuntamenti sportivi ma soprattutto assaggi di piatti tipici sono il punto di forza della manifestazione.
Info: www.cerettinfesta.it.
RivaRolo: fieRa di san giacomo
luglio
Dal 1585 Rivarolo è sede della mostra zootecnica. In occasione della fiera il paese del basso Canavese riannoda i legami del passato
quando l’allevamento e l’agricoltura rappresentavano i principali
campi di occupazione. “Set” della kermesse è il parco del castello
Malgrà. Il maniero ristrutturato su disegno degli architetti Alfredo
d’Andrade e Carlo Nigra conserva la torre merlata e i delicati affreschi quattrocenteschi. Info: www.rivarolocanavese.it.
mostRa Regionale della toma di
lanzo e dei foRmaggi d’alpeggio
luglio
La manifestazione accende i riflettori sui prodotti caseari e alimentari d’eccellenza delle valli di Lanzo.
La sagra conta sulla presenza di banchi d’assaggio e vendita di formaggi e
di altre tipicità alimentari provenienti
dal Piemonte e da tutta Italia. Fanno
da corollario i concerti, le attività per
i più piccoli e gli spettacoli d’intrattenimento. Info: www.sagradellatoma.it
ciRiè: funghi in piazza
settembRe
Borgo Loreto, quartiere di Ciriè, aspetta i buongustai con la mostra
di funghi e le specialità a base di questo prezioso frutto della terra.
Info: www.borgoloreto.it.
valpeRga: fieRa autunnale
settembRe
Nel padiglione gastronomico vengono servite specialità tipicamente
piemontesi come il fritto misto e la polenta alternate a piatti di pesce e della cucina di altre regioni.
85
degustibus
LANZO: SAGRA DEI PRODOTTI TIPICI
E ANTICHI MESTIERI
settembre
Preparatevi a fare delle scorpacciate di prodotti tipici, a cominciare dal torcetto di Lanzo, irresistibile biscotto con burro e zucchero.
Nel corso dell’evento si terrà una dimostrazione di antichi mestieri.
Info: www.comune.lanzotorinese.to.it.
CAFASSE: SAGRA DELLA ZUCCA
ottobre
L’autunno ha il sapore della zucca. Cafasse celebra questo prezioso
ortaggio portando in piazza gli esemplari più belli e “extra-large”,
abbinati a degustazioni di ricette. Info: comune.cafasse.to.it.
CERETTI DI FRONT: CANTINPIAZZA
ottobre
Cantinpiazza è sinonimo di buona cucina, musica e cultura. Tre giorni di iniziative in cui gustare
piatti tipici piemontesi accompagnati da buona
musica. Info: www.cerettinfesta.it.
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MATHI: SAGRA DELLA CASTAGNA
ottobre
A ottobre si fa festa con le caldarroste. Durante la fiera verranno distribuite gratuitamente. I bambini potranno osservare come vengono cotte sui fuochi con la padella dal lungo manico. Info: comune.mathi.to.it.
GERMAGNANO: FIERA D’AUTUNNO
ottobre
Appuntamento tradizionale che abbina prodotti tipici, artigianato e
buona tavola. Nel 2015 l’evento ha
tagliato il traguardo delle 22 edizioni.
Info:
www.comune.germagnano.to.it.
degustibus
san mauRizio canavese
ottobRe
Il centro storico e la centralissima via Marconi sono il “palcoscenico”
della fiera di San Maurizio. Gli stand presentano prodotti dell’agricoltura e dell’artigianato. Info: www.comune.sanmauriziocanavese.to.it.
ceRes: valli in vetRina
ottobRe
Ceres attende i turisti con la grande mostra-mercato dei prodotti tipici. Il
programma prevede momenti di ristorazione, degustazioni, convegni a
tema, intrattenimenti per grandi e piccini. Info: www.comune.ceres.to.it.
volpiano fieRa da lÌ a lÀ
novembRe
“Da lì a là” unisce il commercio con
il tempo libero, la riscoperta di antichi sapori, l’artigianato, la musica
e il divertimento. L’evento si svolge
nelle vie e piazze del centro storico
in collaborazione con le associazioni locali, in concomitanza con la
Fiera Autunnale.
Info: www.comunevolpiano.to.it.
viÙ, fieRa di san maRtino
novembRe
Agli inizi di novembre ritorna
l’appuntamento con le cene tipiche, gli spettacoli folkloristici, i
concerti e il mercato con i prodotti della terra.
Info: www.comune.viu.to.it.
caselle: fieRa di sant’andRea
dicembRe
Si fa festa con con lo storico mercato, le mostre d’arte, gli spettacoli
e i punti ristoro per fare delle scorpacciate di delizie locali.
Info: www.comune.caselle-torinese.to.it.
87 87
Gusto
APpunto
TOUR
ENOGASTRONOMICO
nella Valle di Susa
a cura di: Mariella Valente
ristorazione - gourmet
una montagna di primi,
la ricchezza dei piatti poveri
ai tipici piatti del territorio
piace pensare come ad eredità di un passato immemorabile. sono tradizioni tramandate dai nostri nonni
per non dimenticare le
nostre radici, sono Forti
elementi di identità culturale
particolarmente
importanti in un’epoca di
intensa globalizzazione
e di incontro Fra culture diverse. nei primi piatti
della valle di susa emergono
prepotentemente
queste
caratteristiche,
legate alla terra e alle sue
Fatiche quotidiane, una
cucina povera ma ricca di
sapori.
La tradizione a tavola non è semplicemente realizzare una ricetta
come una volta, ma è un profumo, un’immagine, un pensiero,
un modo di dire, un sapore che
ci riporta indietro nel tempo. Un
periodo lontano quando, dopo una
giornata di duro lavoro per ritemprare il corpo e scaldare il cuore,
si stava in una vecchia baita attorno al focolare per godersi un relax tutto casalingo. Nelle giornate
fredde si cenava con gustose zuppe e sostanziose polente, capaci di
valorizzare i numerosi prodotti che
il territorio offriva. Queste sono le
nostre radici culturali e gastronomiche che dobbiamo difendere
dalla globalizzazione. Ed è proprio
a tali atmosfere che dedichiamo
queste pagine, alla scoperta dei
gusti tradizionali, talvolta rivisitati
con un tocco di originalità, della
nostra Valle di Susa.
89
ristorazione - gourmet
Ricette
della memoRia
Quando si parla di primi piatti della zona il primo pensiero va a zuppe e minestre. Il più emblematico
dei piatti tradizionali è Soupa grasa ‘d Susa, realizzata con fettine
di pane spalmate di formaggio
fresco, annegate nel brodo e poi
condite con sugo a base di cipolle. Altra ricetta rappresentativa
del territorio è quella delle Cajettes, piccoli gnocchi realizzati
con patate di montagna, ortiche
e borraggine, piatto antichissimo
il cui nome deriva dalla forma simile al fuso col quale si filava la
lana. Meno note sono la Menétro
d’urtia, che vede tra gli ingredienti sempre patate e ortiche e
la sostanziosa Menétro d’ordi con
90
castagne e faseuj secondo la tradizione di Gravere.
Ma la scelta del primo piatto non
è necessariamente confinata alla
zuppe. Anche il riso, che nei tempi antichi veniva barattato con le
castagne, trova spazio sulla tavola
valsusina e viene tuttora accostato ai prodotti dell’orto come Ris e
cossotin (zucchine) in una vecchia
ricetta di Mattie, oppure con le castagne nella Menetre d’ciatignes
blancies o con il raffinatissimo
Plaisentif, la toma al profumo di
viole dell’Alta Valle.
un assaggio di
montagna
La castanicoltura è sempre stata
molto importante per le popolazioni valsusine, non solo fonte di
Menetra d’ciatignes blaincies
INGREDIENTI
(dosi per 4 persone): 1
kg di castagne bianche
secche, 1 litro/1 litro e
mezzo di latte, 200 gr
di riso, sale.
PROCEDIMENTO: Privare le castagne secche
della scorza esterna,
ammollarle in acqua bollente per togliere la seconda pellicina raschiandole con un coltello. Farle cuore in acqua e, quando sono
quasi cotte, salare l’acqua e aggiungere il riso. A fine cottura togliere l’acqua in eccesso e aggiungere il latte. Cuocere ancora per
pochi minuti, mescolando sempre perché non attacchi e non bruci. Versare la minestra, che dovrà risultare un po’ densa, nei piatti
o meglio ancora in scodelle e servire ben calda a tavola.
reddito, ma anche come integrazione alimentare quando scarseggiavano la farina e il pane. La
dieta dei montanari era composta, in inverno, principalmente di
castagne, prima dell’arrivo della
patata e del mais dall’America.
Di ottima qualità, il marrone della Val Susa ha ottenuto il riconoscimento I.G.P. e la troviamo
protagonista in molti piatti tipici
come la Torta di San Pietro, un
Gnoc ëd castagne al butir d’Alp
INGREDIENTI
(dosi per 4 persone): 1 kg di patate di montagna, 200 gr di
farina di castagne, 100 gr di farina tipo “00”, 100 gr di purea
di castagne, 50 gr di toma di mezza stagionatura, 1 uovo, 100
gr di burro di malga, foglie di salvia, sale fino, noce moscata.
PROCEDIMENTO: Lavare le patate e lessarle con la buccia per
circa 40 minuti. Scolarle, sbucciarle ancora calde e passarle allo
schiacciapatate lasciandole cadere direttamente su una spianatoia e lasciare raffreddare. Aggiungete alle patate la farina di
castagne, la farina bianca, la purea di castagne, l’uovo, il sale e
una grattata di noce moscata. Impastare delicatamente tutti gli
ingredienti e formare dei bastoncini di 1,5 di diametro tagliando
gli gnocchi di circa 2 cm. Cuocere gli gnocchi di castagne in acqua
bollente salata, scolare e condire con burro imbiondito leggermente con le foglie di salvia. Per ultimo spolverare con la toma
grattugiata o tagliata a scaglie sottili.
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ristorazione - gourmet
92
singolare primo piatto dell’Alta
Valle, realizzata con una purea
di patate, fave e castagne lesse
legata con uova, cotta su un fondo di pasta per pane di segale e
poi irrorata di burro e rosmarino.
Altra ricetta povera ma famosa è
Indivia e castagne, che una volta
si consumava come piatto unico.
Con la farina di castagne si realizzano gustosi Gnoc ëd castagne
da condire semplicemente con
burro e salvia, oppure Tagliatelle
con salsa di seirass e nocciole.
Non possiamo non menzionare,
quando si parla di cucina di montagna, la regina dei piatti poveri: la polenta. Come già detto, la
scoperta delle Americhe e l’arrivo del mais portò notevoli cambiamenti nella dieta locale e la
polenta gialla divenne una delle
basi alimentari della popolazione
montana. Non fu però una vera
e propria novità, perché già da
secoli si usavano diverse farine
come miglio, segale e grano saraceno per realizzare delle semplicissime “pult”, minestre più
o meno solide da cucchiaio. La
ricetta più rappresentativa della
valle è Pulainta antartiflà, una
polenta con patate, ma la più popolare è la Pulainta consa al burro e toma d’alpeggio ancora oggi
proposte in molti rifugi, trattorie
e ristoranti come piatti bandiera
del territorio.
Ristorante Pizzeria
con forno a legna
al tavolo
da asporto
93
Dal 1993 ci siamo sempre
posti di migliorare le nostre
pizze non solo come ingredienti naturali e semplici
ma con nuove tipologie di
farine. Per questo abbiamo selezionato farine alla soia, al
kamut e integrali per proporre ai nostri clienti delle pizze
dal gusto ineguagliabile.
QUALITÀ E CORTESIA
chiuso il lunedì
Via Almese 37 - 10040 VILLAR DORA
Tel. 011 9359859
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BELFIORE
L’Antica Locanda Belfiore è il ristorante in
Sant’Antonino di Susa, ubicato sulla vecchia
strada che portava in Francia (via Francigena). Il ristorante è aperto dal martedì alla
domenica, pranzo e cena con menù alla
carta e nel week-end propone anche eventi a
tema, dal menù “solo primi piatti” alla
grigliata di carne, dalla paella valenciana
di carne e pesce ai menù tradizionali tipici
piemontese e tanto altro. Per essere sempre
aggiornati sui nostri eventi, visita la nostra pagina
facebook e clicca su “mi piace” oppure scrivi a
[email protected] e verrai inserito
nella nostra mailing list.
Da qualche anno è stata creata una squadra per
offrire servizi catering, banqueting e non solo.
Lavoriamo principalmente nella zona di Torino e
provincia, ma possiamo spostarci su tutto il
territorio regionale del Piemonte.
Per informazioni
sul catering del Gruppo Belfiore srl
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Sant'Antonino di Susa (Torino) via Vignassa 21 10050
Tel/fax: 0119649079
www.ristorantebelfiore.com - [email protected]
PRANZO DI NATALE
Galantina di tacchi nella con insalatine e melograno
Terrina di trota salmonata su croccante di finocchio e balsamico
Sformatino di spinaci con crema di Grana Padano
Millefoglie alle verdure con prosciutto
Cotechino nostrano con lenticchie brasate
I nostri agnolotti al sugo d’arrosto
Crespelle ricotta, mascarpone ed erbette
Cappone di cascina farcito al forno con patatine rosolate
Le veline di vitello con rughetta e ciliegine
Brownie con ganache al fondente e mandorle salate
Panettone/pandoro
Caff/amari euro 35 compresi i vini della casa
CENONE SAN SILVESTRO 2015
Benvenuto alla Locanda
Salmone marinato al profumo di zenzero con crostino,
riccioli di burro e melograno
Cocotte di millefoglie con tartrà di topinambur al sapore d’acciuga
Carciofi croccanti con straccetti di cappone
Zampone nostrano con le lenticchie stufate
Zuppetta di ciliegini con calamaretti mignon e quenelle
di ricotta di bufala
Caramelle colorate saltate al burro e timo
Polpa di vitello a lenta cottura con patatine nocciola
e croccante di spinaci
Bocconcino di pera caramellata con la crema di “lait brusc”
Sfera di cioccolato con cuore di semifreddo al torrone
con il brindisi di mezzanotte il panettone e i mandarini
€ 50.00 compresi vini della casa
tutto forno
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tutto forno
All’univesità
per diventare
panettieri
e pizzaioli
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Paola Migliorini, ricercatore in
Agronomia e Sistemi Colturali Erbacei e Ortofloricoli presso l’Università di Pollenzo, spiega come è
nata l’idea di attivare i corsi di alto
apprendistato di panettiere piazzaiolo e mastro birraio. “L’ateneo
forma i gastronomi, nuove figure
professionali, che hanno conoscenze e competenze nell’ambito
agro-alimentare e operano indirizzando la produzione, la distribuzione e il consumo di cibo verso
scelte corrette e utili a creare un
futuro sostenibile per il pianeta.
La chiave di volta di quello che
può essere definito gastronomo
è la profonda comprensione del
cibo come valore e del suo ruolo
importante nel creare e modellare la società”.
Perché avete focalizzato l’attenzione proprio su queste figure?
“I due corsi di Alto Apprendistato in “Mastri Birrai” e “Panettieri
e Pizzaioli” sono volti a preparare le figure professionali più richieste dal settore alimentare: il
panettiere, il pizzaiolo e il mastro
birraio”.
Tracciamo l’identikit delle persone che accedono ai corsi: da quali
regioni provengono e che tipo di
formazione hanno alle spalle?
a cura di: Filippo Vernetti
per specializzarsi in economia aziendale e Finanza
si va alla prestigiosa business school di londra. per
diventare panettieri, pizzaioli e mastri birrai si bussa
alla porta dell’università
degli studi di scienze gastronomiche. se l’obiettivo È l’eccellenza bisogna,
in entrambi i casi, studiare.
a pollenzo, sede dell’ateneo voluto da carlin
petrini, nascono i nuovi
maestri artigiani che mettendo a Frutto conoscenze e segreti di un’arte antica come quella di Fare il
panse, sono pronti a prendere tutti per la gola.
“Gli studenti provengono da tutta
Italia con una prevalenza dal nord
ovest. Hanno percorsi formativi
cosi come storie di vita molto diverse tra loro ma ciascuno è arrivato all’alto apprendistato unisg
con il desiderio di cambiare vita
e buttarsi in una avventura per
fare finalmente ciò che gli piace
con passione. Abbiamo avuto neo
diplomati (19 anni dal liceo classico), neo laureati e laureati con
molti anni di esperienza alle spalle, fino al 56enne programmatore
informatico. Chi era disoccupato
e chi si è licenziato dal posto fisso. Più uomini che donne, tutti
con moltissima voglia di mettersi
in gioco e di imparare”.
In futuro verranno attivati altri
corsi? “Per il momento no. Ci siamo voluti concentrare su questi
due perché abbiamo visto il gran-
de successo in termini d’impiego
e per il desiderio di consolidare e
migliorare l’offerta formativa”.
I corsi servono anche e tutelare e preservare saperi e tecniche artigianali che rischiano di
scomparire? “Sì è stata la riflessione principale che ha portato
a questa offerta formativa. La
perdita di biodiversità non riguarda solo l’aspetto biologico
(biodiversità genetica, di specie
ed ecosistemica o paesaggistica) ma soprattutto culturale. Le
complesse trasformazioni sociali
stanno avvenendo ad una velocità mai vissuta prima. Si perdono
i prodotti prima di tutto perché
non si tramandano le conoscenze
locali tradizionali di generazione
in generazione. Nel passato il sapere artigiano veniva tramandato all’interno della famiglia e con
esso le tradizioni e la cultura”.
Quali le prospettive di lavoro? “Il
corso di Alto Apprendistato rilascia un diploma di Master di primo
livello con 60 CFU; un attestato di
frequenza ai partecipanti in possesso di licenza media o diploma
superiore. A titolo conseguito, gli
studenti sono aiutati nella ricerca
di ulteriori esperienze di stage o
lavoro e nell’accesso a strumenti
di supporto alla creazione di im-
presa.
Della prima edizione i panettieri
sono riusciti a trovare quasi tutti
lavoro in tempo record. Al momento nessuno resta inoccupato. Alcuni (6 su 18) sono riusciti
a continuare l’attività con un ulteriore tirocinio o l’assunzione
diretta dove già precedentemente
lavoravano. Un’altra parte molto
importante sta lavorando in vista
di un’apertura per quella. Altri 6
hanno un’idea di aprire o sviluppare una loro attività; i tempi per
l’apertura sono molto diversi: c’è
chi aprirà tra una settimana (Cerealem a Firenze), chi programma l’inaugurazione entro l’inizio
dell’anno (Forno Brisa a Bologna),
chi invece è ancora indietro. Gli
altri sono stati assunti in grandi
aziende come Eataly o Iper.
Per la prima edizione di birrai,
invece, molti sono rimasti nell’attività dove avevano svolto uno dei
due tirocini (5 su 17). Circa un terzo stanno cercando di aprire una
loro attività, chi un una birreria,
chi come socio in birrificio, chi invece vuole sviluppare un proprio
progetto di cosmesi. Gli altri lavorano chi come publican in locali o
in altri settori non inerenti al corso da birraio. Due studenti, infine,
hanno ripreso a studiare”.
99
La bontà ha il profumo delle cose genuine. All’Agri Panificio L’Ingleisa lo sanno bene: ogni mattina sfornano prodotti
fragranti e naturali, utilizzando esclusivamente materie
prime locali. A cominciare dalle farine. Oltre a quella classica si possono provare i pani fatti con avena, kamut e perfino di canapa.
Stessa attenzione si ritrova nei grissini lavorati a mano,
nelle pizze, nelle focacce e nei biscotti. Tra i dolci non
perdete le paste di meliga con la farina di pignoletto rosso,
un particolare tipo di mais che in bocca regala un gusto
unico. A Natale provate i panettoni artigianali.
Tutti gli ingredienti selezionati dall’Agri Panificio
L’Ingleisa provengono da produttori locali come il miele
dell’azienda agricola L’amel di Dario Graneri di Barbania
e le farine di Cascina Margherita di Peroò Minia di
Rivara. Prodotti a km 0 che diventano l’elemento determinante per preparare sfiziosità da portare sulla tavola di
ogni giorno o tutte le volte che si ha voglia di assaggiare
qualcosa di buono.
Città della carne
Con gli ultimi
pastori
nomadi
102
Non siamo nelle sperdute pianure dell’Asia ma appena fuori Torino. Quando le fabbriche cedono il
passo alla campagna, è possibile
incontrare i pastori con le greggi al pascolo. Alcuni rinunciano
alle comodità di una casa pur di
seguire gli animali ogni giorno
dell’anno. Assecondando il ritmo
delle stagioni si spostano alla ricerca di pascoli erbosi. Sono i testimoni, gli ultimi rimasti, di uno
dei mestieri più antichi al mondo.
La Genesi ne scolpisce la figura.
Un mestiere che rischia di sparire per sempre, ucciso dalle pastoie della burocrazia e travolto
dalla società iperindustrializzata.
Eppure c’è chi non ha paura di
battersi al loro fianco. Nel 2003
Marzia Verona, ha scoperto, quasi per caso, il mondo della pastorizia, decidendo di testimoniare
e vivere in prima persona l’esperienza della vita nomade. Nel
blog pascolovagante.wordpress.
com, nelle sue fotografie e in diversi libri accende i riflettori su-
a cura di: Filippo Vernetti
la stagione in alpeggio in
media va da maggio ad ottobre, nel resto dell’anno i pastori vaganti si spostano sul territorio alla
ricerca di pascoli per il
gregge. chi ha una Famiglia spesso ha una casa a
cui Fare ritorno la sera, altrimenti si vive in roulotte
accanto agli animali.
gli ultimi pastori vaganti.
La pastorizia è un’attività a rischio? “Sicuramente sta attraversando un momento difficile, come molte altre attività, in
questo periodo. Ha una valenza
ambientale che non viene riconosciuta, mentre i prodotti della
pastorizia non ricevono un compenso adeguato. Inoltre gli spazi
ad essa dedicati sono sempre
più ristretti. Lo scarso reddito
impedisce di impiegare manodopera opportunamente formata,
spesso per sopravvivere questo
mestiere è costretto a rimanere
ai “margini” sia dal punto di vista
sociale, sia anche da quello legate. Vista la crescente burocrazia
e le leggi esistenti, difficilmente
un pastore riesce ad essere totalmente in regola nelle sue azioni. Molte volte si preferisce ba-
foto di Marzia Verona
foto di Marzia Verona
dare alle necessità degli animali,
piuttosto che fare le code negli
uffici per avere “le carte a posto”.
È un discorso lungo e complesso
che richiederebbe molto tempo
per essere analizzato, ma è facile
immaginare come un lavoro così
antico, specialmente se si tratta
di pastorizia nomade, fatichi ad
inserirsi nelle normative attuali.
Solo per fare un esempio, come
fa il pastore vagante a sapere
dove sarà mese per mese, settimana per settimana, da ottobre
a maggio? Eppure deve presentare le domande all’Asl indicando
Comuni attraversati e periodi al
momento della discesa dall’alpeggio”.
Come si potrebbe tutelare questo antico mestiere? “Valorizzando e recuperandone i prodotti, la lana per prima. Un tempo
era uno dei principali redditi della pastorizia, oggi è uno scarto
da smaltire con dei costi. Quando
si riesce a venderla, non paga i
costi della tosatura. La carne
ovicaprina non è abbastanza conosciuta, specie in Piemonte, e
si ignora che viene allevata nel
modo più naturale, cioè da animali che pascolano all’aperto
quasi sempre. C’è consumo di
agnello nelle festività (Natale e
Pasqua), non si conosce la carne di pecora/capra, di agnellone
e di castrato. I pastori nomadi
non caseificano più, perché le
attuali normative richiedono una
sede fissa per tali attività, quindi
l’allevamento di quel tipo è esclusivamente da carne. Esistono realtà stanziali o transumanti con
stagione in alpeggio, ma il formaggio è il settore meno in crisi,
in confronto agli altri due prodotti citati. Inoltre occorrerebbe
maggiore attenzione alle varie
problematiche: difficoltà negli
spostamenti del gregge, divieti di pascoli, problema del lupo,
carenza di strutture in alpeggio,
burocrazia e normative troppo
complesse, incompatibili con il
mestiere del pastore, ecc…”.
Ad oggi quanti sono i pastori?
“Non ho dati precisi a riguardo.
Sono una percentuale minima
sul totale dell’allevamento in
Piemonte, ma è una categoria
ancora rappresentata, con molti
giovani che continuano l’attività o
vi si affacciano per scelta”.
Come si svolge la loro vita? “La
giornata è dedicata interamente
agli animali 365 giorni all’anno.
La stagione in alpeggio in media
va da maggio ad ottobre, nel resto dell’anno i pastori vaganti si
spostano sul territorio alla ricerca di pascoli per il gregge, secondo un percorso più o meno “collaudato” di anno in anno. Chi ha
una famiglia spesso ha una casa
a cui fare ritorno la sera, altrimenti si vive in roulotte accanto
agli animali”.
È quindi un mestiere nomade
che segue il ciclo della natura?
“Si seguono le stagioni, la disponibilità di foraggio, le esigenze
103
104
degli animali. Lo stanziale ricovera gli animali in stalla quando
scarseggia il foraggio, il nomade
si sposta sempre alla sua ricerca, acquistando foraggio secco
in caso di inverni molto rigidi,
neve, ecc… L’animale è al centro
di tutto e questo mestiere lo si fa
innanzitutto per passione”.
La loro presenza è importante
anche per la tutela del territorio? “Certamente. Il gregge
permette la manutenzione dei
pascoli, sia in montagna, sia nelle aree marginali (collina, fondovalle) non più utilizzate a scopi
agricoli. La biodiversità floristica
è maggiore nelle aree pascolate
rispetto a quelle abbandonate
e, di conseguenza, si mantiene
anche una maggiore biodiversità
animale”.
Nel Torinese in quali zone è
possibile incontrarli? “Ovunque,
anche ai margini della città di
Torino. Il Torinese è molto frequentato dai pastori nomadi, sia
con greggi più imponenti (anche
1500-2000 capi), sia da greggi di
dimensioni più ridotte. Tutte le
vallate del Torinese d’estate hanno qualche alpeggio pascolato da
greggi di pecore. In autunno li
troviamo nei prati e nelle stoppie
del mais, dal Pinerolese al Canavese, in inverno qualcuno si sposta in collina, specialmente nel
Monferrato”.
Il tramonto della figura del pastore può avere delle ripercussioni anche sulla tavola, con la
scomparsa di formaggi e insaccati locali? “Sicuramente sì.
Alcuni formaggi sono già quasi
scomparsi, come quelli a latte
misto prodotti in alpeggio. Un
tempo erano comuni le tome “dei
tre latti” (vacca, pecora, capra),
oggi sono molto rari, perché con
la presenza del lupo occorre una
sorveglianza costante degli animali e non è remunerativo avere un guardiano per un piccolo
gregge di pecore/capre, pertanto
si preferisce puntare su una sola
specie. Il saras del fen delle valli valdesi un tempo derivava da
queste tome (essendo una ricotta), ma oggi è quasi sempre solo
più originato dal siero di latte o
bovino, o ovino, molto raramente
misto.
Altri trasformati tipici a base di
carne ovicaprima sono ormai dei
veri e propri prodotti di nicchia,
talvolta conosciuti solo nella valle
o nel paese di produzione (bergna – carne secca di pecora nel
Biellese e Valsesia, Violino di capra in Ossola, ecc)”.
Anche le specie animali tipiche
del Piemonte sono a rischio?
“Ci sono razze ovine tutelate in
quanto a rischio di scomparsa,
pensiamo per esempio alla pecora sambucana o alla pecora
frabosana-roaschina”.
Lei ha vissuto con loro, osservando da vicino la loro vita. Questo patrimonio di conoscenze è
diventato fonte per scrivere dei
libri. Ad oggi quanti ne ha pubblicati? Sta lavorando a un nuovo libro? “Ho pubblicato 6 libri
che hanno a che fare con il mondo dell’allevamento. Lo scorso
anno è uscito “Pascolo vagante
2004-2014”, un’opera fotografica
che raccoglie il meglio di 10 anni
di immagini tra i pastori. Attualmente sto lavorando ad un libro
commissionatomi da Laterza,
che prende spunto dal mio blog
“Storie di pascolo vagante”, attivo dal 2007”.
Perché ha deciso di impegnare
parte della sua vita per difendere la figura del pastore? “Non è
stata una decisione, più che altro
mi sono sentita in dovere di farlo, dal momento che non c’era
nessun altro a farsi portavoce di
questa categoria.
Essendo così coinvolti dal proprio lavoro, difficilmente i pastori
hanno tempo per occuparsi di
altro, quindi spesso nessuno era
presente in loro rappresentanza
quando c’era da prendere delle
decisioni o esporre delle problematiche.
Quando ho iniziato a vivere questo mondo dal di dentro, avendo
anche delle conoscenze tecniche
e scientifiche, amando scrivere
e fotografare, ho cominciato con
il narrare certe vicende sul blog,
poi sono stata chiamata a parlare
a dei convegni, sono stata intervistata e così mi sono trovata a
rappresentare questa categoria
anche senza averlo scelto o esser stata scelta!”.
gli insaccati
della val susa,
piaceRe fetta
dopo fetta
Accanto al prosciuttello della Val
Susa, alla mica e alla bondiola, l’insaccato con carni bovine
e suine, ormai apprezzati dai
buongustai, si possono trovare
ancora alcune chicche, preparate seguendo antiche ricette. È il
caso del lardo di Mamel, prodotto
tipico dell’omonima borgata di
Coazze, località della Val Sangone. Viene fatto aggiungendo ingredienti del posto come le mele
“runsè”, le nocciole e il miele
di castagno. Il risultato finale è
una perfetta sinfonia di sapori
che conquista il palato con una
perfetta amalgama e note profumate. Più deciso il gusto del
gras pistà, il lardo pestato con
erbe aromatiche di montagna,
sale, aglio e alcune gocce di aceto balsamico. Si può servire su
dei crostini di pane abbrustolito
di montagna, come perfetto antipasto di un menù strettamente
piemontese. Si continua con la
salsiccia aromatizzata alla birra,
al Cevrin, formaggio tipico di Coazze o al vino della Val Sangone.
Vantano il “titolo” di pat (prodotti
agroalimentari tradizionali, ndr)
le grive (o frisse), delle polpettine fatte con frattaglie di maiale
e l’aggiunta di uova, sale, pepe,
bacche di ginepro, parmigiano.
105
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nostra vallata. Venite a trovarci!!!
il re dolce
un banchetto
di dolci
prelibatezze
il pan della
maRchesa
peR la festa
108
La Marchesa Adelaide di certo avrebbe sulla sua tavola
nell’ospitare nobili a corte, e
perché no renderlo protagonista
delle tavole in festa?
In Valsusa è il dolce principe e
immancabile per adulti e piccini. Farcita con gli ingredienti del
territorio e di una volta, decorata
e ricoperta di nocciole tostate e
scaglie di mandorle e zucchero. Per la felicità dei più piccoli
provatela farcita di marmellata,
nutella o crema per le gioiose
merende sotto l’albero
a cura di: Loredana Tursi
Focaccia dolce (couroun,
in patois locale, dolce di
natale e capodanno) È tipica della valle di susa e soprattutto susa e oulx. antica ricetta molto diFFusa
tra i Fornai segusini col
nome di Focaccia di susa.
la ricetta risale al 1870 ,
ma con i suoi tre ingredienti uova, burro e zucchero ha incontrato sempre più il bisogno di buon
gustai e Fatto sbizzarrire
le cuoche moderne che
anche in casa si apprestano a decorare il Famoso
dolce dalla lievitazione
di 4 ore, con stelle, cuori,
alberi natalizi, colombe,
croci, Ferri di cavallo. non
perdetevi la maniFestazione Focacciando- la sagra
del paniere di susa: la Focaccia e altre delizie, che
si tiene d’autunno nella
città di susa
il re dolce
panettone peR
tutti i gusti
Rivisitato e abbellito secondo la
tradizione valsusina, una dolcezza di originalità e qualità senza
eguali che solo i laboratori artigianali della Valle possono garantire. Facciamoci deliziare dalle antiche ricette del Panettone
classico, alto con ingredienti di
primissima qualità e lavorato con
lievito naturale. Se invece la glassa è un must a cui non poter rinunciare in prima fila si presenta
il classico basso glassato. A far da
padrone come Piemontese doc,
2 kg di un’accurata lavorazione
con tanto burro, tuorlo d’uova,
morbida uvetta, delicato scorzone
d’arancia e cedro candito e ricoperto da prelibata glassa di noc-
ciole e mandorle. Per gli amanti
del moscato astigiano la variante
del panettone è data dall’introduzione di un’appetitosa uvetta
sultanina con glassa di nocciole e
mandorle. Nella terra delle castagne come dimenticare il Panettone Marron Glacé con gli squisiti
pezzi di glassati nell’impasto. Per
gli intenditori, il panettone con
le pere ben si associano ai canditi di fichi, uvetta o cioccolato
Panettone pere e fichi sono una
chicca che solo gli appassionati
di canditi possono apprezzare,
mentre è consuetudine oramai la
fetta con le sfiziose gocce di purissimo cioccolato fondente. Un
gran capolavoro di pasticceria è il
Pandoro. I piccoli ne vanno pazzi
gli adulti lo pretendono soffice,
leggero e fragrante, puro senza
alcun ingrediente aggiunto.
Alberi innevati golosi
INGREDIENTI
pasta frolla
Gocce di cioccolato
Per la glassa: 2 albumi, zucchero a velo.
PROCEDIMENTO: Distendere la pasta frolla per dolci,
ritagliare dei biscotti con le
formine albero. Inserire nelle
punte degli alberi delle gocce
di cioccolato , informare per
10 minuti 170°. Preparare
la glassa reale con 2 albumi
montati a neve ai quali verrà
aggiunto lo zucchero a velo.
Decorare con dei confettini.
109
l’elisir della vita
a cura di: Filippo Vernetti
Vigneti della Val susa,
una storia antica
la presenza della vite È
una costante nel territorio della val susa e nella
cultura locale. nel 739 d.c
abbone, Fondatore dell’abbazia di novalesa, si soFFerma sull’importanza dei
vitigni nell’economia del
posto. a condove un documento ne attesta la presenza Fin dal 1238. in un
documento su martino
110
baralis, castellano di mocchie, si sottolinea il ricevimento di diverse quantità
di vino, ottenute dai censi
e dalle decime.
i Filari carichi di grappoli corrono ai piedi delle
montagne, anzi alcuni si
inerpicano Fino alle più
alte quote di coltivazione, in una sFida impari tra
uomo e natura.
Da Chiomonte, paese dominato dal massiccio dell’Ambin (nel
punto più alto raggiunge quota
3377 metri), si produce il vino del
ghiaccio che richiede clima secco
e temperato unito a temperature
notturne molto rigide per parecchio tempo all’anno. L’importanza
della vite nella storia del comune si ritrova nello stesso stemma
dell’amministrazione comunale
dove campeggiano due grappoli
d’uva, uno bianco e l’altro rosso, illuminati dal sole e dalla scritta “jamais sans tois”, “mai senza di te”.
Per strappare della terra da coltivare alla montagna i contadini del
posto hanno lavorato duramente,
creando dei terrazzamenti naturali che ancora oggi, nonostante
lo spopolamento delle campagne,
sopravvivono. Prima della comparsa di trattori e macchine agricole le uve venivano trasportate
a valle utilizzando le gerle o con
l’aiuto di un mulo. Un’agricoltura
eroica, segno della tenace volontà
e dell’ingegno umano. I grappoli
migliori di una produzione spes-
so limitata vengono utilizzati per
realizzare il Val Susa doc ma nulla
viene sprecato. Dalla fermentazione delle vinacce unita con il succo
di pere e mele, si ottiene il piketto.
Con le uve meno belle viene fatto il
vino di “seconda”, facilmente deperibile e da bere prima del caldo estivo. A Chiomonte perfino il folklore
testimonia l’unione fortissima con
la vigna: la corsa delle botti riprende l’antica usanza di trasportare le
botti fuori dalle cantine per portarle
fino alle fontane pubbliche e lavarle
con l’acqua. Una consuetudine che
è diventata occasione per una sfida
goliardica e gara di abilità.
Altro luogo simbolo della produzione vitivinicola è Exilles, in alta Val
Susa. In questa zona è possibile
trovare i vigneti a una altitudine anche di 1200 metri. In alcuni tratti i
terrazzamenti vengono realizzati
su pendii particolarmente ripidi e
rocciosi, quasi a picco sulla vallata.
In passato il vino prodotto veniva
venduto alla guarnigione del forte,
una roccaforte strategica nella maglia difensiva dei Savoia per proteggere Torino da eventuali attacchi
provenienti dalla vicina Francia.
stefano tuRbil:
“vini di
montagna
dal sapoRe
autentico”
Stefano Turbil, presidente del Consorzio per la tutela dei vini Doc Valsusa racconta i punti salienti della
produzione enologica locale.
Quali sono le caratteristiche principali dei vini? “Sono vini di montagna,
particolarmente profumati. Il terre-
no, di riporto glaciale, in cui crescono le viti è minerale, caratteristica
che si ritrova nel prodotto finale in
termini di acidità e freschezza”.
Il più noto? “La Valsusa: la certificazione doc, è un biglietto da visita
importante che attira i consumatori.
Ma anche i vini da tavola possono
sorprendere per la fragranza dei
profumi”.
Uno sui cui scommettere? “Il Baratuciat. Personalmente lo conosco
poco ma sono convito che come
vitigno di montagna a bacca bianca
abbia delle potenzialità”.
Con quali piatti si sposano? “Sono
dei vini da consumare a tutto pasto.
Si abbinano bene con i piatti della
cucina contadina e di montagna che
hanno come ingredienti materie prime povere, penso alle zuppe di pane
o alle torte salate preparate sempre
con una base di pane e condite con
burro e formaggio d’alpeggio. Piatti
nutrienti e dal sapore intenso”.
Come si potrebbe far conoscere
meglio? “Attraverso iniziative di
marketing territoriale, pubblicizzando e facendo conoscere meglio
i prodotti tipici e il patrimonio artistico, architettonico e paesaggistico della Val Susa, incentivando il
turismo. Le aziende che formano il
Consorzio per la tutela e la valorizzazione dei vini della Val Susa sono
di piccole dimensioni, in cui i titolari
sono impegnati full time nella conduzione della azienda e rimane poco
tempo per impegnarsi in iniziative di
marketing”.
111
l’elisir della vita
la paRola
al sommelieR
112
Mauro Carosso, delegato e responsabile nazionale della didattica
dell’Associazione Italiana Sommelier di Torino, spiega i segreti che
si nascondo in un bicchiere di buon
vino della valle.
Qual è la nota dominante di questi
vini? “La Val Susa gode di un’antica tradizione legata alla viticoltura,
purtroppo per diversi motivi quasi
tutto è stato abbandonato a partire dagli anni ‘50. Negli anni ‘80 c’è
stato un’incoraggiante segnale di
ripresa che ha riportato alla ribalta
vigneti e vitigni di questa bellissima
valle. Sono state recuperata antiche
vigne valorizzando vitigni autoctoni
come l’Avanà, da sempre coltivato in
questo territorio”.
Oltre al Valsusa doc ci sono dei vini
poco conosciuti che meritano un
assaggio? “Il Valsusa, il vino rosso
Doc deve essere prodotto con almeno il 60% di Avanà, gli altri vitigni ammessi dal disciplinare sono
principalmente barbera, dolcetto e
neretta, ma anche i vitigni antichi
presenti sul territorio. Altri vitigni in
gran parte sconosciuti ai più ma da
cui si ottengono vini unici ed interessanti, sono becouet, chatus, grisa
nera, baratuciat, gros blanc. La valorizzazione di questo interessante
patrimonio ampelografico è certamente una delle priorità da parte dei
consorzi e dei produttori”.
Ci sono dei vitigni che rischiano di
scomparire? “Tutti questi vitigni rischiano di scomparire, è necessario che si raggiunga un buon livello
qualitativo, che ci sia promozione
per farli conoscere ai consumatori.
Indispensabile poi la giusta collocazione nella ristorazione locale che
attraverso i piatti crei un valido e
interessante collegamento gastronomico”.
Parliamo del vino del ghiaccio di
Chiomonte. È un prodotto su cui
puntare? “È sicuramente un progetto interessante che meriterebbe
maggior attenzione e condivisione
tra più realtà produttive. Al momento è indispensabile valutare le reali
potenzialità di questo percorso e la
loro fattibilità”.
Proponiamo degli abbinamenti tra i
vini della Val Susa e i piatti della cucina piemontese. “L’abbinamento
vino e cibo è un ambito decisamente affascinante, finalizzato a creare
armonia e piacevolezza. Tra il cibo
e il vino del territorio si crea infatti
un saldo legame che unisce insieme tante suggestioni. La minestra
di ortiche è favolosa con il bianco
Baratuciat. La zuppa grassa si trova perfettamente a suo agio con un
giovane Avanà mentre la minestra
di castagne è perfetta con il Bequet.
Le frittelle di patate si possono accompagnare con il Gros Blanc. A
questi suggestivi abbinamenti locali
possiamo aggiungere la piacevolezza di un Valsusa Rosso con un goloso piatto di tajarin al ragù di carne”.
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