Gli involucri Naturali per insaccati Produzione e commercializzazione
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Gli involucri Naturali per insaccati Produzione e commercializzazione
Contributi pratici 10_ottobre_2007_DEF.qxp 11-10-2007 12:58 Pagina 468 Gli involucri per insaccati Naturali Produzione e commercializzazione Luca Degli Esposti Pallotti, Massimo Renato Micheli, Mario De Sanctis AUSL di Modena Introduzione Gli involucri degli insaccati rappresentano la parte più esterna del prodotto con funzione di trattenere, dandogli una determinata forma, l’impasto. I più conosciuti, e da sempre utilizzati, sono quelli naturali che rappresentano un normale prodotto di origine animale ottenuto dalla macellazione del suino giudicato idoneo al consumo, opportunamente demucosato, lavato, sgrassato, sanificato e successivamente sottoposto ad un trattamento che può essere di salatura, di riscaldamento o essicazione (Allegato I, Regolamento CE n. 853/2004). Riprendendo un vecchio detto popolare il quale affermava che del maiale non si butta via nulla, possiamo confermare che di questo animale, oltre le parti pregiate (carni e grassi) da sempre largamente impiegate nell’industria della trasformazione, vengono utilizzate anche la cotenna, le setole e le ossa, nonché quei visceri ed altre parti che andranno a costituire gli involucri per eccellenza dei principali insaccati cono- sciuti. Ci riferiamo prioritariamente all’intestino seguito dalla vescica, il sacco pericardio, la sierosa che riveste il grasso renale ed alcune parti della cute del suino e che possono essere ottenuti anche da altre specie quali la bovina (vescica, esofago) e l’equina (colon). Produzione e commercializzazione Questa tipologia di involucri, meglio conosciuti come “budelli” o “budella”, essendo visceri, possono essere prodotti solamente in macelli che dispongano di un opportuno spazio (reparto tripperia) dove inizialmente sottostanno a svuotamento, pulitura e successivo raffreddamento per assicurare che in tutto l’organo la temperatura non sia superiore a 3°C. Tale temperatura deve restare tale anche durante il magazzinaggio ed il trasporto salvo, quest’ultimo, avvenga immediatamente dal macello ed abbia una durata non superiore a due ore (regolamento CE 853/2004, all. III, sezione I, capitolo VII, punti 1 e 3). 10 / 468 Prima del loro utilizzo subiscono una lavorazione e preparazione atta ad evitare la possibilità che forme microbiche, presenti normalmente in grandi quantità in situ intra vitam, vengano successivamente a contatto con il contenuto (impasto) agendo sfavorevolmente sul processo di maturazione dello stesso. Dopo essere stato rovesciato, così da portare la mucosa esternamente, il budello viene prima fatto macerare e poi, con l’asportazione della mucosa stessa, posto in vasche sotto sale dove permane per circa un mese. Trascorso tale periodo viene posto in barili, sempre sotto sale, lasciato macerare per almeno due mesi circa, poi dissalato, posto in soluzione di acido acetico (pH 4,5 circa) per 2-3 giorni e successivamente riposto sotto sale. In altri casi il budello viene conservato mediante essiccamento al sole o mediante appositi essiccatoi. Una volta terminato il processo di trasformazione, quelli che non sono né salati né essiccati e che, quindi, non possono essere conservati a temperatura ambiente devono essere immagazzinati refrigerati ad 10_ottobre_2007_DEF.qxp 11-10-2007 12:58 una temperatura non superiore a 3 °C (regolamento CE853/2004,all.III, sez.XIII, p. 2). I restanti, che costituiscono la maggior parte del prodotto finito, sono considerati prodotti non deperibili e, quindi, possono essere conservati anche a temperature superiori. Questa condizione è resa possibile da parametri quali il pH e la Aw che, generalmente, in un budello bovino pronto per l’uso, raggiungono valori rispettivamente di 4,55 e di 0,78. Etichettatura Relativamente a questo aspetto dobbiamo considerare due fasi della commercializzazione e precisamente quella in cui l’involucro costituisce un prodotto intermedio o semilavorato e, comunque, destinato ad utilizzatori commerciali intermedi per cui, pur rientrando nella categoria dei prodotti alimentari, risponde agli obblighi di etichettatura previsti dall’art.17 del d.lvo n.109/ 1992. Tale articolo prevede che il prodotto riporti le indicazioni di cui all’art.3, comma 1, lettere a), c), e) ed h): • denominazione di vendita del prodotto; • la quantità netta o, nel caso di prodotti preconfezionati in quantità unitarie costanti, la quantità nominale; • il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede o del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nella Comunità economica europea; • una dicitura che consenta di identificare il lotto di appartenenza del prodotto. La seconda fase della commercializzazione lo vede in qualità di involgente protettivo dell’insaccato e a diretto contatto con il prodotto (art.12 D.M.21/12/1984), per cui non è necessario che appaia nelle indicazioni della etichetta del prodotto insaccato. Come vedremo più avanti, oltre i naturali, esistono altre tipologie di involucri come, ad esempio, quelli artificiale di origine organica i quali possono essere considerati alla stregua dei primi (edibili); mentre altri, i sintetici, hanno il mero compito di prolungare la conservabilità del prodotto e, in quanto non assimilabili agli alimenti, non possono essere ingeriti ma debbono essere allontanati al momento del consumo e la presenza dichiarata nell’etichetta dell’insaccato così come previsto dal Regolamento (CE) n.1935/2004. Pagina 469 Principali alterazioni degli involucri naturali Diverse sono le alterazioni che possono verificarsi negli involucri naturali: • irrancidimento: interessa le porzioni grasse dell’involucro. Se non evidenziata, ed il budello viene utilizzato, l’alterazione può estendersi anche all’impasto; • putrefazione: avviene in seguito a salagione tardiva o insufficiente. Tale condizione può favorire la moltiplicazione della flora saprofitica con iniziali fenomeni di fermentazione accompagnati da odori penetranti fino al putrido; • colorazioni anormali: in genere si verifica nei primi stadi di conservazione ed interessa solamente gli strati più superficiali del prodotto. È causata da batteri alofili cromogeni i quali conferiscono al prodotto un colore perlopiù rosso ruggine. Può essere determinata anche da ossidi ferrosi presenti nel sale; • fatti emorragici: l’alterazione si manifesta con macchie nerastre le quali testimoniano la provenienza da animale macellato in stato tossiemico; • alterazioni legate a infestazioni parassitarie: eventualità rare che possono essere rappresentate da noduli localizzati soprattutto nella sottomucosa del grosso intestino di bovini, di equino e più raramente di pecora, quali esiti di invasione in vita di larve di esafagostomi, sclerostomi, ecc; ma che possono verificarsi anche in fase di essiccamento dei budelli per invasione di coleotteri (tarlatura). Classificazione degli involucri utilizzati nell’industria salumiera L’industria salumiera utilizza, per i propri prodotti, diverse tipologie di involucri che, pertanto, vengono così classificati: 1) involucri naturali. 2) involucri artificiali organici. 3) involucri sintetici. Al primo gruppo appartiene il budello naturale il quale si ricava, perlopiù, dall’intestino di diverse specie animali e di seguito denominato: a. Crespone o diritto (intestino piccolo colon suino per salami di filetta e filzettone); 10 / 469 b. Bindone (intestino grosso colon equino per salami a media stagionatura); c. Baggetta o torto (intestino tenue di diversi animali per salamini, salsiccie, salame strolghino, cacciatorini, ecc.); d. Bondeana o cieco (intestino cieco di suino per coppe, mariola e coperture per insaccati o per pezzi interi); e. Gentile o culare (intestino retto di suino per salami a lunga stagionatura come il salame felino); f. Solcato (grosso intestino suino per salami crespone e cresponetto, cotechini). Accanto a quelli sopra descritti, ricordiamo altri distretti anatomici quali la vescica di suino (culatello), la vescica di bovino (mortadella), la cotenna di maiale (zampone, cappello da prete), il peritoneo, ecc. Al secondo gruppo appartengono: I. I budelli collati: sono ottenuti da ritagli e/o scarti di intestino sovrapposti ed incollati ed impiegati per salumi, insaccati, wurstel, salsiccie, cotechini precotti e mortadelle; II. I budelli di collagene: sono sempre prodotti di origine animale la cui materia prima è ricavata dalle ossa, dallo strato interno della pelle bovina, ecc. Trovano impiego nella preparazione di salumi, wurstel, salsiccie fresche, mortadelle, ecc.; III. Gli involucri di origine vegetale: si ricavano dalle fibre di cellulosa, lino, integrate con plastificanti e reticolami. Sono utilizzati nella produzione di wurstel (esempio arginato di sodio) ed insaccati diversi. Al terzo gruppo appartiene il budello sintetico o plastico (è costituito da sostanze plastiche a base di poliammide e polimeri largamente usati in altri settori dell’industria alimentare come le pellicole trasparenti destinate a conservare gli alimenti in frigorifero di casa o per confezionare le vaschette di carni, salumi, pesce e formaggi venduti nei supermercati. A livello industriale si usano nella produzione della mortadella, del prosciutto cotto ed altri insaccati cotti (soprattutto esteri). Involucri a confronto Nella scelta del tipo di involucro da utilizzare nella produzione di un determinato insaccato, devono essere presi in considera- 10_ottobre_2007_DEF.qxp 11-10-2007 12:58 Pagina 470 Contributi pratici zione diversi aspetti, e precisamente: - aspetto igienico-sanitario Quelli naturali e gli artificiali organici d’origine animale, pur sottoposti a collaudati processi di sanificazione, in quanto appunto materiale organico, possono risultare contaminati da agenti biologici - soprattutto batteri alofili e psicrofili - e compromettere, così, l’intero processo tecnologico. Evenienza difficile a verificarsi in quelli sintetici in quanto sottoposti a processi di sanitizzazione più severi; inoltre, questi ultimi, così come quelli artificiali di cotone e lino, oltre ad essere sterili appaiono inodori, insapori, non irrancidiscono e non hanno problemi di conservazione. Per quanto riguarda gli involucri sintetici o plastici, però, non bisogna dimenticare l’eventualità di cessione di composti indesiderati all’impasto; nella fattispecie plastificanti quali ftalati ed adipati. Questi ultimi, infine, in quanto non edibili e destinati a venire a contatto con prodotti alimentari, devono rispondere a precise indicazioni e caratteristiche, così come previste dal regolamento (CE) n. 1935/2004. - aspetto organolettico Le caratteristiche di un insaccato (odore, sapore, colore, tenerezza) sono il risultato di un’interazione imprescindibile di alcuni parametri ambientali quali temperatura, umidità, ecc. ed i costituenti del prodotto stesso quali impasto ed involucro, unitamente alla lunghezza del periodo di maturazione ritenuto necessario. Tale interazione ha caratterizzato, nel corso degli anni, le varie tecnologie di produzione territoriali che sono alla base delle numerose e diverse tipicità esistenti. È indubbio come l’involucro naturale (budello) abbia svolto, da sempre, un ruolo fondamentale nel processo di lavorazione dei prodotti insaccati; sia come fattore di protezione del prodotto stesso, sia garantendo quella permeabilità che è alla base degli scambi di acqua e di ossigeno necessari all’impasto per una adeguata ed omogenea asciugatura e maturazione. Inoltre, negli insaccati a media e lunga stagionatura, il budello naturale condiziona anche lo sviluppo di muffe superficiali gradite (fioritura esterna). Attualmente la tecnologia a disposizione delle industrie alimentari, attraverso la climatizzazione durante tutte la fasi di lavora- zione (temperatura, umidità, luce), consente di ricreare quelle condizioni ambientali una volta tipiche ed esclusive di ogni realtà territoriale di produzione, grazie anche all’intervento ed il controllo da parte dell’uomo lungo tutte le fasi produttive a cominciare dalla verifica sistematica del pH e della temperatura delle carni utilizzate. Intervenendo, quindi, sui parametri ambientali e temporali, è possibile orientarsi in produzioni particolari impiegando involucri di calibro e permeabilità differente, senza discostarsi molto da quelli che sono considerati gli standards organolettici previsti per ogni singola tipologia di prodotto. - aspetti merceologici, tecnologici e culturali Questi aspetti, negli ultimi anni, hanno determinato di fatto un’aumentata richiesta, da parte dell’industria della lavorazione degli insaccati, di involucri artificiali e sintetici. Le motivazioni possono essere così riassunte: • difficoltà che incontra il budello naturale a soddisfare le richieste del mercato soprattutto per quanto riguarda i budelli suini di elevate dimensioni (la prevalente macellazione dei suini a circa 120 Kg di peso vivo non consente di avere budelli - esempio il gentile - e vesciche di dimensioni adeguate per alcune produzioni salumiere tipiche; • abbandono precauzionale dell’utilizzo dei budelli bovini in seguito al verificarsi di emergenze sanitarie quali BSE e dei budelli suini di importazione da Paesi orientali causa presenza di contaminanti e residui; • basso costo dell’involucro artificiale e sintetico rispetto quello naturale; • migliore resistenza, degli involucri sintetici, alle rotture durante le fasi di lavorazione degli insaccati (traumi, cottura); • maggiori possibilità di utilizzo degli involucri artificiali e sintetici nella produzione di insaccati di pezzatura maggiore; • standardizzazione delle produzioni con l’utilizzo degli involucri artificiali e sintetici. È possibile ottenere un prodotto di pezzatura uniforme molto gradito all’industria ed allo stesso consumatore, soprattutto se impiegato per la produzione di insaccati affettati e preconfezionati in atmosfera protettiva; • facilità di asportazione degli involucri artificiali e sintetici rispetto quelli naturali; • impossibilità di utilizzo di involucri pro10 / 470 venienti dalla specie suina per la produzione di insaccati di carni bovine e/o avicole destinati a popolazioni di religione ebraica ed islamica; • obbligo di dichiarazione nell’etichetta degli insaccati: mentre la presenza di quelli naturali e gran parte di quelli artificiali organici, essendo considerati facenti parte del prodotto alimentare insaccato e potendo essere consumati con i medesimi, non richiede l’obbligo di indicazione come ingrediente; la presenza di quelli sintetici, in quanto non edibili, deve essere indicata in etichetta unitamente all’invito a non essere ingeriti. Considerazioni finali Originariamente le proprietà che si richiedevano ad un involucro per insaccati erano la protezione del prodotto unitamente alla capacità di consentire una corretta maturazione, dello stesso, attraverso tutti quei processi enzimatici (proteolisi, lipolisi, ecc.) e di scambio con l’ambiente esterno (porosità). Grazie a queste proprietà, il prodotto ottenuto poteva essere consumato in tempi successivi con caratteristiche di alto pregio sia dal punto di vista nutrizionale (oligoelementi, vitamine, ecc.) che della appetibilità. L’involucro naturale risponde in pieno a quelle esigenze da sempre ricercate dall’industria salumiera e né è testimone il largo impiego che ancora oggi trova soprattutto per i prodotti tradizionali (ancorati a radici geografiche e storiche con tecnologie antiche), per i prodotti tipici (che seguono, cioè, un disciplinare che ne garantisca la tipicità regionale del prodotto, il carattere di unicità e, comunque, la rarità) e per quelli locali. Gli esperti, inoltre, fanno notare come solamente il budello naturale è in grado di garantire alcuni processi biologici specifici degli insaccati, come ad esempio la fioritura esterna e quei fenomeni fermentativi ed enzimatici naturali dell’impasto. Accanto agli involucri naturali, però, è doveroso ricordare gli involucri sintetici e quelli artificiali organici, i quali hanno dimostrato non solo di poter offrire le stesse garanzie di cui sopra, ma anche altre proprietà quali economicità e comodità d’uso, particolarmente apprezzate oggi dall’industria e, di riflesso, dal consumatore.