L`imposta di consumo sugli oli lubrificanti - Gail

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L`imposta di consumo sugli oli lubrificanti - Gail
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Alla Staffetta Quotidiana
Egregio Direttore,
in riferimento alla Delega Fiscale appena convertita in Legge e all’importanza che tale
provvedimento evidentemente riveste per il settore degli oli lubrificanti, che io rappresento in
qualità di Presidente del Gail, Gruppo aziende industriali della lubrificazione di Federchimica,
desidero portare alla Sua attenzione alcune considerazioni che avrei piacere trovassero spazio
sulle pagine della Staffetta Quotidana.
L’imposta di consumo è l’elemento di maggior criticità per il settore dei lubrificanti in Italia e
rappresenta una pesante eccezione nel panorama europeo: solo Danimarca, Polonia e Portogallo
applicano imposte simili, ma con aliquote di gran lunga inferiori e notevolmente più semplici nella
fase applicativa. Tutti gli altri Stati Membri dell’UE hanno abolito le imposte nazionali con
l’eliminazione delle frontiere del 1993, ritenendo che fossero svantaggiose nell’ambito di un
mercato unico europeo. Nessuno di questi Paesi negli ultimi 20 anni ha mai avuto la tentazione di
tornare sui propri passi ripristinando un’analoga forma di tassazione.
Purtroppo l’Italia non ha mai seguito questo esempio. E ne sono note da tempo le ragioni, sebbene
anche l’unica a suo tempo ancora valida, cioè l’imposta come “stampella” ambientale al settore
della rigenerazione, sia venuta meno il 25 settembre 2009 con la parificazione delle imposte su oli
nuovi e oli rigenerati.
Il risultato di questa scelta è un gettito garantito, con trend fortemente negativo, e un settore
produttivo che deve combattere con una crescente concorrenza sleale dei tanti, troppi, evasori e
con costi gestionali e amministrativi del tutto sconosciuti ai competitori europei.
Sono così palesati anche gli elementi di fatto che rendono questa imposta inefficiente: è
irrimediabilmente evasa e deprime il settore con vincoli e adempimenti amministrativi
sproporzionatamente complicati.
Questa imposta è evasa (e sempre di più) perché è praticamente impossibile verificare, senza il
controllo doganale, ogni scambio intracomunitario. Mentre sugli scambi interni abbiamo imposto
vincoli e controlli molto stringenti, quando la merce proviene da (o è destinata a) un altro Paese UE
siamo costretti ad accettare documenti che non hanno rilevanza dal punto di vista della
tracciabilità. E poiché le regole Intrastat, seppur armonizzate, vengono applicate negli altri Paesi
per il loro scopo naturale, cioè a fini esclusivamente statistici, è purtroppo illusorio pensare di
contrastare l’evasione con questo strumento. Basti pensare a tutti i casi, ampiamente segnalati
negli anni alle Autorità, di oli per autotrazione introdotti nel nostro mercato e denunciati ai fini
Intrastat come ricambi auto.
Questa imposta deprime inoltre il mercato perché si applica la struttura tipica delle accise a
prodotti che hanno caratteristiche profondamente diverse da quelli che sono tipicamente oggetto di
accisa; le tipologie di olio sono centinaia, questi non vengono prodotti in pochi e grandi siti
produttivi, ma in moltissimi opifici di medio-piccole dimensioni, gli scambi unitari da controllare
sono numerosissimi e di ridotta entità. Questo rende gli oneri conseguenti, facilmente gestibili per i
settori tipici delle accise, insopportabili per questo comparto.
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Potrebbe sembrare che l’esistenza di questo tributo possa proteggere il mercato italiano dei
lubrificanti, ma in Italia, Paese peraltro caratterizzato dall’elevata produzione di basi lubrificanti
(pari a 3 volte il consumo interno) e dalla forte specializzazione, non si ha comunque traccia di
un’azienda del settore che sia stata capace di sfruttare il “vantaggio competitivo” dell’imposta per
crescere e diventare un importante player europeo. Mentre negli altri Stati membri, che vivono da
almeno 20 anni senza vincoli fiscali “protezionistici”, sono molteplici le realtà di questo tipo.
E ancora, potrebbe sembrare che l’imposta aiuti ed evitare anche comportamenti fraudolenti di
maggiore estensione geografica ai danni del settore dei carburanti e dei combustibili, ma è
innegabile che i Paesi normalmente citati per questo tipo di evasione, siano essi in UE o no
(Polonia e Turchia), sono Paesi nei quali – sarà un caso - esiste un’imposta sui lubrificanti simile
alla nostra.
I paventati timori di evasione delle accise sui carburanti, una volta realizzata l’auspicata
eliminazione dell’imposta italiana sui lubrificanti, dovrebbero piuttosto trovare risposta, ancora una
volta, armonizzando i controlli o mettendo in essere le pratiche di contrasto al fenomeno già allo
studio in Europa.
E’ infatti molto probabile che, attraverso un perfezionamento dei codici Taric, alcuni prodotti
lubrificanti leggeri, particolarmente rischiosi in termini fiscali per la loro affinità chimico fisica con i
carburanti e i combustibili, vengano messi sotto controllo attraverso l’EMCS.
Questa misura è ritenuta commisurata e più che sufficiente a garantire il corretto funzionamento
del mercato, senza gravare di altri vincoli tutti gli altri lubrificanti di base e tutti gli altri lubrificanti
finiti. Questa è l’opinione prevalente sia della maggioranza degli Stati Membri, sia degli Operatori
europei del settore con i quali si collabora a stretto contatto nell’ambito dell’Associazione europea
UEIL. Peraltro nessuno di tali Operatori ha mai caldeggiato presso il proprio Governo il ripristino di
un’imposta nazionale, al fine di evitare “invasioni” di concorrenti stranieri nel mercato domestico.
Si potrebbero riportare molteplici ulteriori elementi e casi a sostegno di queste argomentazioni, ma
è sufficiente rimandare per questo ai noti studi accademici e agli atti ufficiali delle varie occasioni di
confronto con le Istituzioni, nei quali è sempre stata riconosciuta la criticità del settore determinata
dall’esistenza dell’imposta di consumo. Ciò che era prima convinzione della sola Industria è infatti
divenuta convinzione delle Istituzioni stesse; opportuno citare l’intervento in occasione del Lube
Day 2012 da parte dell’Agenzia delle Dogane, che sostenne inequivocabilmente come, alla luce di
approfondite e oculate valutazioni, la migliore semplificazione dell’imposta di consumo sui
lubrificanti risultasse essere la sua abolizione; l’abolizione di un’imposta inefficiente perché
ampiamente evasa e perché amministrativamente assai pesante sia per le Imprese sia per gli
Organi di Controllo.
In linea con gli impegni delegati al Governo attraverso la Delega Fiscale appena convertita in
Legge dello Stato, emerge chiaramente la necessità di mettere in atto al più presto tutte le azioni
volte all'abolizione dell'imposta di consumo sugli oli lubrificanti, nell’ambito di un provvedimento
legislativo che potrebbe essere davvero l’ultima occasione utile per riportare questo settore “in
Europa”, offrendo così nuovo slancio ad un comparto virtuoso della nostra industria.
Fabio Parodi
Presidente Gail
Milano, 13 marzo 2014