Il banchiere umanista : Ritratto di Raffaele Mattioli. v

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Ritratto di
Raffaele Mattioli
Renato Cantoni
Non capita spesso, neppure fuori dai nostri confini, che la sostituzione del presidente di un grande istituto di credito
faccia tale scalpore da riempire pagine
di giornali. Quando ciò accade, si tratta
di personalità celebri a ogni livello, che
hanno rappresentato qualcosa di straordinario nella mente dell'uomo comune,
per l'enorme ricchezza oppure per il potere, sia economico sia politico. Un Rockefeller, un Morgan, un Rothichild della prima generazione. Oppure un Raffaele Mattioli: pochi mesi fa le sue dimissioni da presidente della Banca Commerciale Italiana hanno provocato un'eco
profonda, anche se il suo nome non era
universalmente conosciuto.
Chi è questo Mattioli? Come mai le
cronache, che si sono occupate così poco di lui durante la sua lunghissima attività, gli hanno dedicato in questa occasione commenti di solito riservati ai
grandi protagonisti della cosa pubblica?
Mattioli è un personaggio singolare, che
ha sempre accomunato la finanza alla
cultura. All'arte dell'esercizio del credito ha sempre associato l'amore per le
lettere e soprattutto per la poesia. E'
un caso assai raro che queste due cose
vadano a braccetto con risultati eccezionalmente positivi. D'altra parte Raffaele Mattioli non è mai stato un falso
modesto e gli è sempre piaciuto avere
un ruolo da protagonista nei più grandi
affari finanziari nonché in certe impor- mato dalle persone che più gli stanno vitanti questioni culturali, per quasi mez- cino, ha infatti operato in profondità
zo secolo di storia del nostro Paese. Ma nel campo della cultura. Con il suo grani suoi interventi sono avvenuti in punta de amico Benedetto Croce, abruzzese codi piedi, senza eccessivo rumore né ag- me lui, fondò la casa editrice Ricciargressività. Eppure Mattioli non è mai di, che ha tenuto un posto di primo piastato pavido, nè remissivo. Dopo aver no nell'intelligente divulgazione dei magcombattuto nella prima guerra mondia- giori classici italiani.
le, ha partecipato alla spedizione fiumana. E' passionale di carattere e non bisogna lasciarsi incantare dal suo tono Le amicizie di (( Don Raffaele»
sommesso, quasi sussurrato. Dietro quel Si può dire che ogni giorno Mattioli abparlare carezzevole e suadente c'è uno bia dedicato, e dedichi tuttora, una parspirito dominatore da vero capo.
te del suo tempo per discutere con i
Il suo curriculum parla chiaro: nono- collaboratori della Casa editrice i prostante cinque anni di guerra e di av- grammi da svolgere, mentre nel suo
ventura (dal 1915 al 1920), a soli 36 studio si avvicendano i maggiori nomi
anni Mattioli era già direttore centrale della cultura. Strettissima, per esempio,
della più importante Banca italiana, la è la sua amicizia con Riccardo Bacchelli.
Comit; e due anni dopo, nel 1933, con- Pur rimanendo quasi sempre a Milano,
sigliere delegato, carica che tenne fino Mattioli non ha mai dimenticato le
al 1960, quando assunse la presidenza sue origini e numerosi sono stati gli indell'Istituto. Per un quarantennio la sua terventi a favore di iniziative del Mezmano, dolce e ferrea nello stesso tem- zogiorno. E' da ricordare il suo deterpo, ha tenuto le redini di una banca minante intervento, poco meno di venti
che ha avuto una parte di primo piano anni fa, per realizzare il sogno di Frannella ricostruzione dell'economia dopo cesco Compagna, appassionato meridiola « grande crisi » e nella trasformazio- nalista, che voleva fondare una rivista
ne dell'Italia da Paese agricolo a in- a Napoli. Mattioli riuscì a convincere
dustriale.
Arnoldo Mondadori, suo grandissimo
L'attività di Mattioli non è però stata amico, a far nascere Nord e Sud, che
fredda e distaccata come ci si attende vive tuttora, sia pure con altro editore.
da un grande uomo di finanza. « Don Ma non è stato questo il solo caso del
Raffaele », come affettuosamente è chia- genere. Numerosi, anche se assai discre.
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ti, sono stati gli aiuti che Mattioli ha
dato a iniziative di ogni genere. Se qualche nota e diffusa pubblicazione ha potuto sopravvivere a gravi crisi, lo si
deve a lui; se alcuni nostri artisti o
poeti hanno improvvisamente trovato
aperte certe porte, prima ostinatamente
chiuse, il merito è suo.
Finanza e umanesimo
Il più devoto e affezionato collaboratore di Mattioli in questo campo è
sempre stato Antonello Gerbi, capo dell'Ufficio Studi della Comit, che con
Mattioli ha passato lunghissime ore a
preparare quello che era un misto di finanza e di umanesimo: le relazioni annuali della Banca Commerciale Italiana.
I colleghi del mondo bancario hanno
spesso ironizzato su queste relazioni, che
mescolavano scarne cifre e citazioni letterarie a critiche e concetti economici
da meditare. In quelle occasioni Mattioli
ritornava quel brillante docente di economia politica, che aveva insegnato all'Università Commerciale Luigi Bocconi
di Milano dal 1922 al 1925. Le « relazioni », raccolte in volume, sono ancor oggi vive e valide. In esse vi sono
tutta la filosofia e tutto l'ottimismo di
Mattioli. Per anni «don Raffaele» ha
aiutato l'espansione economica dell'Italia. Qualcuno riteneva il suo passo troppo bersaglieresco, ma negli anni della
ricostruzione dopo l'ultima guerra, l'ottimismo doveva essere la regola.
Diverso fu l'atteggiamento quando, nella seconda metà degli anni sessanta, gli
ingranaggi cominciarono a confondersi e
grosse, nere nubi si addensarono all'orizzonte. Mattioli ebbe il coraggio di ammonire severamente politici e tecnici sui
pericoli che certe disinvolte strategie finanziarie potevano creare, ma non fu
ascoltato. Non se la prese, da grande conoscitore delle debolezze e dell'ignoranza altrui. Ma non mancò di intervenire
validamente quando fu necessario. Un
episodio lo dimostra. Arnoldo Mondadori, che, oltre ad essere un grande editore e amare passionalmente i libri, era
un esperto uomo di finanza, aveva preparato all'inizio degli anni sessanta un
ben articolato piano per attingere capitali in Borsa. Il capitale sociale della
Mondadori fu aumentato mediante la
emissione di azioni privilegiate, che però
non fu possibile offrire subito in pubblica sottoscrizione per la crisi dei mercati mobiliari del 1963-64. Mondadori
non si dava pace, perché sentiva che
senza questo allargamento della base
azionaria la sua impresa avrebbe dovuto segnare il passo e correre magari
qualche rischio in caso di un aggravamento della congiuntura. L'anticipazione
per aumentare il capitale era stata fatta
da Mediobanca e il debito gli impediva
quasi il sonno. Ma né Mediobanca né
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le tre banche di interesse nazionale, che
la controllano, se la sentivano di imbarcarsi in un'operazione che a prima vista
dava poche probabilità di riuscita.
A un certo punto Mondadori si sfogò
con Mattioli, in occasione di una delle
numerosissime visite che gli faceva, e
quest'ultimo decise di assumere il comando delle operazioni. Fece riprendere il progetto di offerta pubblica e diede
precise istruzioni ai suoi collaboratori:
« Se nella riunione convocata a questo
proposito presso la Mediobanca, questa
ultima, il Banco di Roma e il Credito
Italiano non volessero assumersi l'onere
di garantire pro quota il lancio delle
azioni privilegiate Mondadori — ordinò
Mattioli — voi vi impegnerete a rilevare
quanto non sottoscritto dagli altri ».
Il « caso), Mondadori
Così avvenne: una gran parte della tranche di azioni rimase alla Comit, che
però, con una capillare opera di convincimento, riuscì a collocarle presso i
suoi clienti. In questo modo Mondadori
pagò il suo debito, la casa editrice fu
quotata in Borsa e poté successivamente
ricorrere al mercato per ottenere altro
capitale di rischio, sviluppando in modo
armonico le sue iniziative. Se oggi questa grande impresa ha sofferto e soffre
molto meno per i guai congiunturali,
lo si deve non solo al buon andamento
... ma ben pochi sanno
il perché di quest'improvvisa uscita
allo scoperto di « Don Raffaele »...
(nella foto: l'ex presidente
della Banca Commerciale Italiana
Raffaele Mattioli)
aziendale, ma soprattutto all'intelligente
collaborazione di Arnoldo Mondadori con
Raffaele Mattioli.
Naturalmente il carattere autoritario di
Mattioli non ha mancato di creargli dei
nemici. Le sue critiche pungenti e la
sua attività autonoma hanno spesso dato fastidio a politici, finanzieri, banchieri concorrenti. Scontri con la Banca
Centrale non sono mancati, ma Carli ebbe sempre una grande ammirazione per
Mattioli banchiere. Molti italiani non
gli hanno perdonato un celebre intervento alla televisione, quando, nel 1963,
la polemica per la nazionalizzazione dell'industria elettrica aveva raggiunto il
culmine. Fu la prima volta che Mattioli
compariva dinanzi alle telecamere, per
discutere una questione che interessava
da vicino milioni di italiani e il suo
intervento ironico, quasi sarcastico, fu
digerito male da chi si opponeva alla
nazionalizzazione.
Questo incontro con il grande pubblico
non è mai stato dimenticato, ma ben
pochi sanno il perché di quest'improvvisa uscita allo scoperto di «don Raffaele », per tanti anni discreto protagonista della storia economica italiana.
Mattioli aveva intuito che il Paese doveva togliersi dall'immobilismo tradizionale di una nazione essenzialmente agricola e che, per farlo, doveva rompere
clamorosamente col passato. Egli ritene49
va che, utilizzando opportunamente le
migliaia di miliardi pagati alle società
ex elettriche quale indennizzo, sarebbe
stato possibile passare da una situazione
artigianale e pre-industriale a forme più
compiutamente e modernamente industriali. Se questo non è avvenuto non
può essere certamente imputato a Mattioli, che, da parte sua, non ha mancato in questi ultimi dieci anni di aiutare gli imprenditori che si incamminavano su questa strada.
In sede storica la verità verrà a galla
e Raffaele Mattioli, da buon crociano,
occuperà il posto che merita e sarà
universalmente conosciuto per i suoi meriti e il suo valore. Per ora rimane solo
il rimpianto dei suoi amici e di coloro
che lo conoscono da vicino; ma il tempo scorre implacabile e a 77 anni Mattioli ha diritto di lasciare ad altri più
giovani il peso e la responsabilità della
condotta della Banca Commerciale Itataliana.
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