La fine è il mio inizio, Milano , Longanesi , 2006. - pp

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La fine è il mio inizio, Milano , Longanesi , 2006. - pp
TIZIANO: L'altra storia è quella del mio rapporto, grazie a Cor-
rado Stajano, con quell'uomo meraviglioso che era Raffaele
Mattioli. Te ne ho mai parlato? È una delle più belle storie della
mia vita.
Sempre nel panorama di un'Italia profondamente libera,
creativa e intelligente — ed è disperante oggi vedere che è scomparsa — c'erano delle istituzioni che sotto il fascismo avevano
mantenuto una loro indipendente dignità. Non la FIAT, che per
questo noi odiavamo, ma l'Olivetti. Un'altra era la Banca
Commerciale Italiana, con sede in piazza della Scala, la più bella piazza di Milano, presieduta da un uomo coltissimo, intelligente, coraggioso, che si chiamava Raffaele Mattioli. Al tempo
del fascismo Mattioli aveva dato lavoro, e con ciò rifugio e con
ciò protezione, a decine di intellettuali italiani fra cui il vecchio
La Malfa, tanti economisti, politologi, giovani e intellettuali.
Lui li prendeva in banca, la banca era /a banca italiana e lui godeva di grande prestigio.
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Ai miei tempi Mattioli, che dirigeva la Banca da forse
trent'anni ed era ormai un'istituzione, aveva deciso giustissimamente di portare la Banca in Asia. Si trattava solo, diceva
lui, di decidere dove mettere la sede. Allora Corrado, che lo conosceva bene e mi ha molto protetto, gli disse «Ah, ma c'è questo mio amico che torna dagli Stati Uniti dove ha studiato la
Cina. Perché non ci parla?))
E qui cominciò una stupenda, segreta, romantica serie di incontri con quel vecchio. Io lasciavo il giornale di solito alle nove di sera, quando la Banca era chiusa, entravo da una porta secondaria — i portieri mi conoscevano — facevo i lunghi corridoi
con la moquette rossa ed entravo in una stanza tappezzata di libri dove, sotto una lucina, c'era questo vecchio, ironico, che fin
dalla mattina era stato li, a lavorare.
La prima volta che mi incontrò parlò poco. Mi mise in mano un nezuké giapponese e disse « Questo è cinese, vero?» E io
dissi « No, questo è un nezuké giapponese e serve per chiudere
la scarsella ». Raccontai cos'era un nezuké. Mi aveva messo alla
prova! Sai i vecchi, sai i geni, quelli fuori dalle regole, non fanno le solite domande «Lei quando si è laureato...?)) Non gliene
fotte niente. Ti mette in mano un nezuké e dice « È cinese, vero?)) E tu dici, no.
Questo bellissimo rapporto con quel vecchio andò avanti
per mesi, per tutto il periodo in cui stavamo a Milano. La mia
opinione era che la Banca non poteva aprire una sede in Cina.
La Cina Popolare non era ancora riconosciuta e aprire li voleva
dire chiudersi tutta l'area del Sudest asiatico. Aprire a Taiwan
ancora peggio, voleva dire chiudersi la possibilità di aprire in
Cina dopo. Suggerii di aprire a Singapore. In cuor mio già pensavo: se non si va in Cina, si va nella terza Cina, a Singapore.
E Mattioli decise di aprire a Singapore. Disse «Benissimo,
vai e scrivimi una volta al mese una lettera in cui mi dici cosa
pensi della situazione politica dei vari paesi del Sudest asiatico,
e io al mese ti pago mine dollari». Una porticina nella libreria si
apri e ne usci un ometto piccolo così_ Si chiamava Attilio Monti, era suo cognato ed era l'amministratore delegato della Banca
Commerciale. Mattioli disse «Guarda, questo è Tiziano Terza-
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ni. Parte presto per Singapore. Tu fagli un contratto in modo
che lui ogni mese riceva, discretamente, su un conto privilegiato che gli apriamo, questi soldi ».
Tutto fatto — poff! Avevo in tasca la promessa di Mattioli,
Der Spiegel mi garantiva altri soldi, e nel dicembre 1971 lasciai
la Mamma a Firenze con voi due piccoli e partii, senza sapere
cosa mi aspettava, per Singapore, per l'Asia.