Torte di plastica in abito da sera

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Torte di plastica in abito da sera
Torte di plastica in abito da sera
di Arianna Lattisi
Ingredienti
per il Pan di Spagna: cinque uova, 75 grammi di farina, 75 grammi di fecola di patate, 150
grammi di zucchero, un pizzico di sale
per la crema pasticciera: 75 grami di farina, 80 grammi di zucchero, tre tuorli d'uovo, una
scorzetta di limone, aroma di vaniglia, mezzo litro di latte
per guarnire: panna da montare, zucchero a velo, un pizzico di sale, frutta fresca.
La mia Barbie non metteva mai il grembiule. Preparava coreografiche torte di plastica
aggirandosi tra i pochi pezzi della cucina rosa e bianca con indosso un meraviglioso abito da sera.
Bustino fucsia, aderente e scollato, e maxi gonna di tulle con pizzi e stelline fluorescenti applicate
un po’ dappertutto. Capelli lunghi fino alla vita, sempre lisci e morbidi, mica come quelli di Skipper
che erano diventati crespi e stopposi dopo pochi mesi. E scarpe col tacco, fissate con il nastro
adesivo per non perderle.
Mia nonna Barbara, invece, il grembiule lo indossava sempre. Anche se sotto aveva una
gonna lisa e un maglione infeltrito. Si aggirava per la cucina di pino indossando comode ciabatte in
pelle scamosciata. Erano state del nonno, prima, poi l’alluce valgo di nonna aveva avuto la meglio
ed erano finite a coccolare i suoi piedi deformi. E le sue torte non erano di plastica. Al mio ottavo
compleanno si era presentata con un capolavoro di pan di Spagna e doppia farcitura, crema e
cioccolato, decorato con frutta, caramelle gommose e panna montata. Una delizia.
La domenica era il mio giorno preferito. Mamma mi lasciava da lei fin dal primo mattino,
con gli occhi ancora opachi e i capelli spettinati. Nonna mi lavava, mi faceva le trecce, mi annodava
stretto stretto alla vita il suo grembiule a fiori, quello che più mi piaceva, e dava il via alla lezione di
cucina.
«Tienilo più inclinato, quel mestolo» suggeriva mentre rimestavo il budino.
«Ho detto una presa di sale, non un pizzichino» precisava preparando l’impasto per la
crostata.
«Non soffiare sulla glassa, deve raffreddarsi pian piano» intimava, e io pregustavo il
momento in cui avrei potuto mettere in bocca un bignè assaporandone il gusto di uova fresche e
vaniglia. Il profumo della torta al cacao si mescolava all’odore speziato dello spezzatino sul fuoco,
oppure una ventata di cannella tentava un connubio con il vapore al pomodoro del ragù in
ebollizione.
Il Pan di Spagna.
In una terrina sbattere le uova con lo zucchero e un pizzico di sale, con pazienza e vigore,
fino a ottenere un impasto spumoso, gonfio e di colore giallo chiaro. A questo punto aggiungere la
farina e la fecola di patate mescolate insieme, aiutandosi con un setaccio per far sì che non si
formino grumi. Mescolare il tutto con un cucchiaio di legno, con delicatezza per non smontare il
composto.
Versare in una teglia imburrata e infornare per almeno quaranta minuti a 180 gradi, senza
mai aprire il forno nella prima mezz'ora di cottura per non sgonfiare il pan di Spagna.
Mamma, invece, non ha mai cucinato. Non che mi abbia fatto morire di fame, intendiamoci,
ma lei era un po’ come Barbie. Al grembiule preferiva l’abito da sera. La guardavo infilare
frettolosamente due fette di prosciutto in un panino, per poi correre in bagno a stirarsi i capelli e
dipingersi le unghie di un rosso che a me ricordava la scorza di un peperone ripieno. Io
sbocconcellavo il mio pasto sul divano, guardando la tv e contando i giorni che mancavano alla
domenica.
La crema pasticciera.
Sbattere in una casseruola lo zucchero con i tuorli d'uovo, aggiungere la farina, la scorzetta
di limone, l'aroma alla vaniglia e, poco alla volta, il latte bollente. Far cuocere a fuoco leggero
evitando che arrivi al bollore. Mescolare fino a che la crema diventa densa senza fare grumi.
Quando il profumo di vaniglia permea l'area della cucina, togliere dal fuoco e versare in una
terrina di vetro affinché possa raffreddare.
Una mattina di febbraio nonna ci lasciò. La sua casa fu presto venduta e, quando fu il
momento di liberarla dalle numerose cianfrusaglie accumulate nel corso degli anni, chiesi a mamma
di prendere il paiolo per la polenta.
«E che diavolo vuoi che ci facciamo con il paiolo?» fu la sua risposta.
Non si rese conto subito della mia delusione, però qualche settimana dopo tornò a casa con
un paiolo nuovissimo, con il rame ancora lucido. Era di quelli elettrici, col motore che fa girare la
frusta. Nonna avrebbe storto il naso, poiché secondo lei una polenta era degna di questo nome solo
se mescolata con la forza delle braccia, senza sosta, con dedizione e amore. Ma era comunque un
passo nella mia direzione e lo accolsi con entusiasmo. Lo provammo la sera stessa: purtroppo in
contemporanea stavano lavorando anche la lavatrice e l’aspirapolvere, trainata dalla ragazza ucraina
che ci puliva la casa, così la corrente saltò, a mia madre saltarono i nervi e il paiolo venne ripulito e
riposto in un armadio in attesa di tempi migliori che mai arrivarono.
I panini al prosciutto tornarono a farmi compagnia e presto dimenticai le lezioni culinarie
della domenica. Fino a oggi.
La farcitura.
Tagliare orizzontalmente il pan di Spagna e versare tre quarti della crema pasticciera ormai
fredda. A piacimento aggiungere piccole scaglie di cioccolato fondente o pezzettini di fragola
spargendoli su tutta la farcitura. Richiudere la torta con attenzione, eventualmente aiutandosi con
un canovaccio pulito e asciutto.
Alice compie sette anni. La vedo seduta sul mio letto intenta a giocare con la Barbie che le
ho appena regalato. La bambola sta cercando di insegnare una canzoncina ai due Gormiti
dimenticati ieri dal cuginetto di Alice. Barbie indossa un paio di jeans e una maglietta. Niente abito
da sera. Io invece ho appena infilato i collant, e il tailleur gessato mi sta attendendo appeso
all’antina dell’armadio. Capelli appena phonati, nello specchio della antica toeletta mi vedo riflessa
con in mano il mascara ancora chiuso.
È il compleanno di mia figlia e io assomiglio a mia madre. La consapevolezza mi artiglia
felina e non lascia scampo. Il lavoro, tutti i giorni fuori casa fino a tarda sera, la baby sitter a
crescere Alice al posto mio e la domenica la polenta fatta nella pentola della pastasciutta con la
farina istantanea. Ecco quella che sono diventata.
«Alice, che torta vuoi per la tua festa?»
La domanda sorprende me tanto che lei. Due occhi color nocciola mi guardano stupiti.
Ovvio, da che è al mondo non conosce altre torte che la saint-honorè del pasticciere dietro l’angolo.
«Ti va di aiutarmi a prepararla?»
«Ci aiuta anche Dorotea?»
La baby sitter. No, oggi Dorotea la lasciamo a casa. Mi tolgo le calze, strappandole per
l’eccitazione, e mi infilo un paio di jeans sdruciti che riposano in fondo all’armadio da chissà
quanto tempo. D’altronde anche Barbie ha smesso l’abito da sera.
La guarnizione.
Rivestire la torta con la crema pasticciera rimasta, livellarla con una spatola, e decorare
con la frutta tagliata a tocchetti e – per la gioia dei bambini – con bombetti colorati e caramelle
gommose a forma di animali. Completare l'opera d'arte con la panna fresca montata in una ciotola
capiente assieme a un pizzico di sale e allo zucchero a velo, con cui è possibile creare preziosi
ricami, ciuffetti, scritte con l'aiuto di una siringa per dolci.
Buon compleanno, Alice.