21 dicembre 2011

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21 dicembre 2011
La Corea del Nord
di Pietro Somaini
L'improvvisa, ma non imprevedibile morte del già malato “Grande leader” Kim Jong
Il sabato scorso in treno, mentre, forse, era diretto in Cina, (ha di fatto creato un
vuoto politico nel regno comunista dove il segreto è praticamente impenetrabile.
L'erede delle redini del potere è il “giovane generale” 4 stelle promosso a tale grado
dell'Esercito in fretta e furia l'anno scorso come pure ai vertici del Partito del
Lavoro (comunista) il figlio terzogenito di Kim Jong Il Kim Jong Un. In realtà nella
Corea del Nord è al potere una casta privilegiata di militari comunisti che da decenni
si sono appoggiati alle figure mitizzate della dinastia rossa dei Kim “liberatori” della
Corea dal giogo giapponese nel '43 '44 con l'aiuto dei sovietici e guide della
fallimentare “guerra di liberazione” di Corea tra il '50 e il '53 e per un sessantennio
guide di una politica isolazionista, au tarchica, veterostalinista, con sconfinamenti in
tratti di pura demenza, culto della personalità ecc.
La “Primavera Araba” nell'ultimo anno ha travolto non poche monarchie
repubblicane e altrettante ne sta
minando nel Medio Oriente. Ciò
che è curioso è che non pochi
paesi
repubblicani
dell'Asia
meridionale con una tradizione
monarchica o imperiale nel loro
passato mantengono la tradizione
delle “dinastie repubblicane”: i
Bhutto – Zardari in Pakistan, i
Rahman in Bangladesh, i
Bandaranaike nello Sri Lanka e,
soprattutto, i Gandhi, in India.
Rahul Gandhi, figlio di Rajiv e di
Sonia Majno Gandhi, e Prjianka Gandhi, sorella di Rahul, candidata alla carriera
politica come il fratello. Recentemente un giornale come il “Financial Times” si
chiedeva se fosse così necessario che un discendente di Jawarlal Nehru continuasse
a guidare la nazione o se in tempi di forte modernizzazione non fosse, invece, un
impiccio, a cominciare, dall'arretratissimo Stato del Bihar, dove Rahul è candidato
nella prossima primavera.
Ma ritorniamo alla questione coreana. Il Potere de facto, insieme alla casta dei
generali e degli alti ufficiali nord coreani, dotati di berretti a padellone di tipo vetero
sovietico, dovrebbe essere gestito da una sorta di reggenza composta dalla sorella di
Kim Jong Il, anch'ella generalessa a 4 stelle, e da suo marito, militare anch'egli,
Chang Sung Taek. Essendo il “Delfino”troppo giovane e, forse, neppure troppo,
perspicace, a giudicare dalla faccia.
A questo punto si aprono molteplici scenari. Pechino e Seul sono interessati ad una
transizione pacifica. La Prima vede con favore il mantenimento di uno Stato
cuscinetto che però intraprenda senza le resistenze di Kim Jong Il il cammino di
riforme economiche intrapreso dalla Cina più di trent'anni fa e faccia da ponte con la
ricchissima Corea del Sud con cui la Cina intrattiene da decenni fruttuose relazioni
tanto economiche che diplomatiche. La Cina fa parte del “Quartetto” (Usa, Urss,
Cina, Giappone) incaricato di controllare il processo di denuclearizzazione dell'area
per quel che è possibile e di pacificazione di una zona tra le più esplosive e tese del
mondo. Il Senatore americano Mc Cain e i repubblicani americani suggeriscono di
cavalcare l'ipotesi del disfacimento violento del regime nord coreano. Questa rimane,
di fatto, una possibilità concreta. Ma, forse, va incoraggiata, una sorta di presa in
carico del fallimentare regime di Pionjiang, che non può più resistere per altri
decenni, da parte dei paesi più forti e ricchi dell'area dell'Asia settentrionale.
In buona sostanza se la Germania Est fu caricata sulle sole spalle della Rft e, in certo
qual senso, dell'Ue, ora il peso della Corea del Nord andrebbe per il 50 /
60%caricato sulla ricchissima Corea del Sud con oneri e benefici di investimenti e
nuove opportunità produttive. Il restante 50 o 40 % dell'onere, in investimenti, e
quant'altro, dovrebbe essere ripartito tra Cina, Giappone, Russia e Stati Uniti e,
perché no, Paesi europei e quant'altri volessero contribuire alla ricostruzione del
Paese che, a questo punto, potrebbe essere denuclearizzato. In quel nuovo ipotetico
contesto non avrebbero più senso i sogni di grandezza e di difesa del “regime
eremita” che quindi potrebbe, con le opportune modalità, essere democratizzato e
riunificato alla ricca e democratica Corea del Sud. Certo, si tratta di un disegno
ambizioso e ancora lontano dalla realtà attuale, ma non irrealistico e che avrebbe il
pregio di trascinare con sé in un più ampio vento democratizzatore il gigante cinese,
impaniato in un capitalismo di Stato autoritario guidato dal monopolio politico ed
ideologico del Partito comunista cinese.
21 dicembre 2011