28° Congresso SCIVAC
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28° Congresso SCIVAC
28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Consiglio Direttivo 1995-1998 Presidente: CARLO SCOTTI Presidente Senior: GIORGIO ROMANELLI Vice Presidente: PIERMARIO PIGA Segretario: MAURIZIO CORNELLI Tesoriere: GILDO BARONI Consigliere: MARCO CALDIN Consigliere: UGO LOTTI Coordinatori Scientifici del Congresso MARCO CALDIN GEORGE LUBAS Commissione Scientifica Congressi e Corsi ALESSANDRA FONDATI, Presidente CLAUDIO PERUCCIO STEFANO PIZZIRANI GIORGIO ROMANELLI FULVIO STANGA ALDO VEZZONI Commissione Congressuale Organizzativa SCIVAC FULVIO STANGA, Presidente MAURIZIO CORNELLI LUCIANO COSTIGLIOLO ERNESTO FIORE Segreteria SCIVAC Palazzo Trecchi - Via Trecchi, 20 - 26100 CREMONA Tel. 0372/460440 - Fax 0372/457091 Organizzazione Congressuale e Alberghiera NEW TEAM Via Ghiretti, 2 - 43100 PARMA Tel. 0521/293913 Fax 0521/294036 1 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 La SCIVAC è particolarmente grata alla ditta WALTHAM per il significativo contributo fornito alla realizzazione del Congresso. 4 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 INDICE SALUTO AI PARTECIPANTI E INAUGURAZIONE DELL’INCONTRO . . . . . . .pag. 7 INFORMAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 9 RELATORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 14 PROGRAMMA DELLE RELAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 17 ALTERAZIONI DEGLI ERITROCITI Urs Giger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 21 ALTERAZIONI DEI GLOBULI BIANCHI Craig E. Greene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 31 ALTERAZIONI DELLE PIASTRINE Urs Giger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 55 ALTERAZIONI DEI PROCESSI DI COAGULAZIONE Craig E. Greene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 65 PRINCIPALI MALATTIE EREDITARIE DEL SANGUE Urs Giger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 91 TERAPIA TRASFUSIONALE: L’ESPERIENZA ITALIANA George Lubas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 103 ALTERAZIONI DEGLI EQUILIBRI FLUIDO-ELETTROLITICI E ACIDO-BASE Jeanne Barsanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 111 5 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 PROFILO PANCREATICO (QUADRI ACUTO E CRONICO) Jeanne Barsanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 135 PROFILO EPATICO Marco Caldin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 157 PROFILO ENDOCRINO Craig E. Greene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 165 VALUTAZIONE DELLO STATO NUTRIZIONALE DALLE INDAGINI DI LABORATORIO DI ROUTINE Tim Watson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 199 PROFILO RENALE Jeanne Barsanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 225 6 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Dal Presidente È con estremo piacere che mi accingo a redarre queste poche righe che vedono l’inizio della attività pubblica del Consiglio Direttivo che guiderà la SCIVAC fino al marzo del 1998. Le nostre iniziative culturali si fanno sempre più articolate. Seminari di base e avanzati, incontri dei Gruppi di Studio, giornate culturali regionali, corsi di base e avanzati. Tuttavia gli appuntamenti con i Congressi Nazionali rappresentano sempre il momento culminante dell’attività associativa. All’aggiornamento scientifico si accompagna la possibilità di incontrare Colleghi, scambiare opinioni, rivedere vecchi amici, confrontarsi tra realtà professionali diverse. Le tematiche scientifiche congressuali sono sempre di notevole interesse generale, tali da coinvolgere tutti i colleghi associati SCIVAC. Un esempio è l’Ematologia Clinica e la Diagnostica di Laboratorio, argomento di questo 28° Incontro SCIVAC. Tutti noi, sia che svolgiamo la nostra attività professionale singolarmente che in forma associata, sia che ci occupiamo di clinica chirurgica piuttosto che di clinica medica, abbiamo l’esigenza di avere una buona conoscenza delle possibilità che ci offre la diagnostica di laboratorio; allo stesso modo a nessuno di noi sfugge quanto l’ematologia abbia assunto una valenza sempre maggiore per una corretta diagnostica e per il riconoscimento di patologie che non ci sono ancora troppo chiare. A Riccione riteniamo di avere costruito la giusta occasione per fare il punto della situazione. Sono quindi certo di incontrarVi numerosi per trascorrere quattro giorni insieme, in un mix di aggiornamento scientifico, relax e svago. Con cordialità. Dr. Carlo Scotti Presidente SCIVAC 7 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Iscrizione Le quote di iscrizione sono le seguenti (IVA compresa) Fino al 15 maggio Dopo il 15 maggio Soci SCIVAC L. 200.000 ❐ L. 300.000 ❐ Non Soci L. 400.000 ❐ L. 500.000 ❐ N.B.: La quota ridotta è valida solo per i soci SCIVAC in regola con il rinnovo annuale dell’iscrizione. La quota associativa alla SCIVAC per il 1995 è di L. 200.000 se versata prima del 31 marzo e di L. 230.000 se versata dopo il 31 marzo e va inviata esclusivamente a: SCIVAC - Via Trecchi, 20 - 26100 Cremona utilizzando l’apposito modulo da richiedere alla Segreteria SCIVAC Tel. 0372-460440 (Catia) Le quote comprendono: • partecipazione al congresso • cartella congressuale • volumi degli Atti • attestato di frequenza • servizio di traduzione simultanea Rinunce In caso di rinuncia la quota versata verrà restituita all’80% solo se la richiesta perverrà per iscritto alla Segreteria Organizzativa Congressuale entro 10 giorni dalla data di svolgimento del Congresso; oltre tale termine all’iscritto che non ha potuto partecipare spetterà unicamente il volume degli Atti. NORME CONGRESSUALI Contrassegni Colori: • rosso: Relatori e Coordinatori • azzurro: Congressisti • bianco: Consiglio SCIVAC • verde: Ditte espositrici 9 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Attestato di frequenza Al termine dell’Incontro sarà rilasciato a tutti i congressisti che ne faranno richiesta presso la Segreteria del Congresso. Segreteria Congressuale - La Segreteria verrà aperta alle ore 8,30 di giovedì 22 giugno 1995. All’atto della registrazione si prega di esibire la tessera SCIVAC e un documento d’identità. Contrassegno Congressuale - Il contrassegno congressuale che consente l’accesso alla sala deve essere esibito in maniera visibile ed è obbligatorio. - Il contrassegno congressuale è strettamente personale e non può essere ceduto ad altre persone non iscritte al Congresso. - In caso di smarrimento il contrassegno congressuale non può essere sostituito. - L’esibizione del contrassegno congressuale può essere richiesta dal Comitato Organizzatore o dal Servizio d’Ordine in qualsiasi momento. Variazioni L’Organizzazione si riserva il diritto di apportare al programma del Congresso cambiamenti resi necessari da esigenze tecniche o da cause di forza maggiore. Sede del Congresso Centro Internazionale Congressi e Vacanze Hotel Le Conchiglie - Riccione (Italia) - Viale D’Annunzio 227 - 47036 Riccione Tel. (0541) 640422 Autostrada: A14: uscita casello Riccione a km 3 Aeroporto: Bologna-Borgo Panigale a km 75 Stazione: a km 2 Il Centro Internazionale Congressi “Le Conchiglie” è situato sul lungomare che congiunge Riccione a Rimini. Per ulteriori indicazioni si rimanda alla cartina allegata a questo programma. L’Hotel “Le Conchiglie” è dotato di un parcheggio coperto per i residenti, un parcheggio esterno libero, 2 bar con servizio di quick lunch all’aperto, 2 ristoranti con una capacità totale di 1000 coperti, servizio di baby-sitting a richiesta, pineta privata, 2 campi da tennis, 2 piscine di cui una coperta con idromassaggio, spiaggia privata. Lingue ufficiali Italiano e inglese con traduzione simultanea reciproca di tutte le relazioni e discussioni. 10 27° Incontro SCIVAC PROBLEMI IN OSTETRICIA, GINECOLOGIA E PEDIATRIA PISA, 17-19 MARZO 1995 Mostra tecnico-commerciale Nell’area di 700 mq adiacente alla sala congressuale verrà allestita la mostra dedicata alle attrezzature chirurgiche, alla diagnostica strumentale, alla farmacoterapia, alla produzione nutrizionale e all’editoria scientifica. L’area espositiva sarà aperta dalle ore 9.00 di giovedì 22 giugno fino alle 13.30 di domenica 25 giugno. Il modulo di iscrizione debitamente compilato nonché la quota di iscrizione devono essere inviati a: NEW TEAM - Via Ghiretti 2 - 43100 Parma (Italia) Sistemazione alberghiera La prenotazione alberghiera è stata affidata a “NEW TEAM”. Tutti i congressisti interessati sono pregati di inviare direttamente a “NEW TEAM” il modulo compilato per la prenotazione con il pagamento di una caparra. Per ulteriori informazioni rivolgersi a: NEW TEAM - Via Ghiretti 2 - 43100 Parma (Italia) Tel. (0521) 293913 - Fax (0521) 294036 ALBERGHI CONSIGLIATI A RICCIONE Cat. HOTEL Singola Doppia ★★★★ LE CONCHIGLE Viale D’Annunzio, 227 - Sede Congresso Tel. 0541/640422 115.000 ITL. 180.000 ITL. ★★★ KENT Viale D’Annunzio, 110 - 500 mt. dalla sede Tel. 0541/646594 70.000 ITL. 120.000 ITL. ★★★ MEETING Viale D’Annunzio, 221 - Riccione Tel. 0541/642065 90.000 ITL. Doppia uso singolo 115.000 ITL. I prezzi si intendono per camera con trattamento di pernottamento e prima colazione. 11 27° Incontro SCIVAC PROBLEMI IN OSTETRICIA, GINECOLOGIA E PEDIATRIA PISA, 17-19 MARZO 1995 La scheda di prenotazione alberghiera va inviata alla Segreteria Organizzativa entro il 15 maggio 1995, unitamente ad una caparra pari ad un pernottamento a persona. Tale termine è tassativo. Non saranno prese in considerazione prenotazioni prive di relativa caparra o prenotazioni spedite dopo il 15 maggio 1995. Si prega di indicare l’Hotel prescelto ed un secondo nel caso il primo fosse esaurito. La prenotazione di camera singola sarà effettuata ad esaurimento dopodiché saranno attribuite camere doppie uso singolo. Le disdette pervenute entro i 15 giorni precedenti la data del Congresso avranno diritto all’80% di rimborso; nessun rimborso sarà dovuto se la disdetta perverrà oltre tale termine Altre possibilità di sistemazione ALTRI ALBERGHI A RICCIONE (Prezzi da confermare) Cat. HOTEL Singola Doppia ★★ PUCCINI Via Puccini - 2 km dalla sede Tel. 0541/646126 40.000 ITL. 70.000 ITL. ★★ FANTASY Via Puccini - 2 km dalla sede Tel. 0541/600851 40.000 ITL. 70.000 ITL. I prezzi si intendono per camera con trattamento di pernottamento e prima colazione. Per ulteriori possibilità di sistemazione in zona si consiglia di contattare gli APT locali di cui vengono riportati i numeri telefonici: Ufficio Informazioni Turistiche di Riccione Tel. 0541/605627 Azienda di Promozione Turistica di Rimini Tel. 0541/51101 Camping Maximum International Miramare di Rimini (500 mt. dalla Sede congressuale) Tel. 0541/372602-370271-370270 12 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 PROGRAMMA SCIENTIFICO 13 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 RELATORI JEANNE BARSANTI Jeanne Barsanti si è laureata al New York State College nella Facoltà di Medicina Veterinaria presso la Cornell University nel 1974. Seguì un intership, conseguì un Master’s Degree in Medicina dei Piccoli Animali e il primo anno di residency (diploma) di medicina interna all’Auburn University nell’Alabama. Completò il residency in medicina interna presso la University of Georgia. Dal 1977 divenne un membro del Dipartimento della facoltà di Medicina dei Piccoli Animali presso l’Università della Georgia. Attualmente ricopre il ruolo di professore ed ha congiuntamente una nomina nel Dipartimento di Psicologia e Farmacologia. Ha ottenuto la specializzazione in Medicina Interna presso l’American College of Veterinary Internal Medicine e ha prestato la sua attività presso la Board of Regent of the ACVIM per 11 anni. Ha scritto numerose pubblicazioni nell’ambito della medicina interna, urologia, nefrologia e malattie canine della prostata. È coautore di un testo (Trattamento chirurgico e urologico nel cane e nel gatto, Lea & Febiger) ed è editrice della sezione urinaria per il Current Veterinary Therapy by Bonagura and Kirk. Le sono stati assegnati diversi premi per la ricerca e l’insegnamento, incluso l’Harden Award. MARCO CALDIN Laureato a Bologna con una tesi in “Diagnostica Strumentale nella Cardiologia dei Piccoli Animali”. Ha rivestito il ruolo di coordinatore del gruppo di studio SCIVAC di “Diagnostica per immagini” negli anni 1988/89 e 1990. Ha partecipato come relatore al 16° Congresso Nazionale SCIVAC “Dal segno clinico alla diagnosi” presentando l’approccio diagnostico all’ittero. Attualmente è coordinatore del gruppo di studio SCIVAC di medicina interna. Il Dott. Marco Caldin esercita come libero professionista a Padova presso la Clinica Veterinaria San Marco. “Membro del Consiglio Direttivo SCIVAC per il triennio 1995-1998”. URS GIGER Urs Giger si è laureato all’Università di Zurigo dove ha anche compiuto un tirocinio iniziale in medicina e chirurgia dei piccoli animali. Trasferitosi negli Stati Uniti agli inizi degli anni ’80, Giger ha completato un residency in medicina dei piccoli animali all’Università della Florida diplomandosi all’American College of Veterinary Internal Medicine nel 1986. 14 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Attualmente lavora alla School of Veterinary Medicine of the University of Pennsylvania come Associate Professor of Medicine and Medical Genetics. Le sue principali aree di interesse sono le malattie ematologiche e genetiche nei piccoli animali. Il dr. Giger ha pubblicato oltre cento articoli ed ha conseguito il Medicine Academic Award da parte del National Institutes of Health. Il dr. Giger ha anche un incarico all’Università di Zurigo ed è un “founding diplomate” dell’European College of Veterinary Internal Medicine. CRAIG E. GREENE Department of Small Animal Medicine College of Veterinary Medicine - University of Georgia Athens, GA 30602 Craig Greene conseguì la sua laurea all’Università della California nel 1973 e ricoprì il ruolo di assistente presso la Cornell University. Egli proseguì all’Università di Auburn e conseguì un MS grado nel 1976. Divenne un membro della Facoltà Clinica dell’Università della Georgia fino al 1976 dove egli è attualmente un professore del Dipartimento di Medicina dei Piccoli Animali. È Diplomato all’American College of Veterinary Internal Medicine, Specialista di Medicina Interna e Neurologia. Ha scritto numerose pubblicazioni scientifiche e di ricerca nell’ambito della medicina interna, neurologia, coagulazione del sangue e malattie infettive. Il suo più recente libro è “Casi clinici microbiologici e malattie infettive nel gatto e nel cane” pubblicato da W.B. Saunders nel 1990. GEORGE LUBAS Professore Associato di Ematologia ed Immunologia Clinica Veterinaria Istituto di Clinica Medica Veterinaria Viale delle Piagge 2 - Università di Pisa, 56124 Pisa George Lubas ha conseguito, presso l’Università di Pisa, la laurea in Medicina Veterinaria nel 1975 e la specializzazione in Malattie dei Piccoli Animali nel 1977. Dal 1976 al 1978 ha beneficiato di una borsa di studio del CNR e nel 1979 ha vinto il concorso di Assistente Ordinario per la Clinica Medica Veterinaria. Dal 1983 è stato nominato professore Associato di Ematologia Clinica Comparata, posizione che tutt’ora ricopre a tempo pieno. Dal 1984 è anche docente presso la Scuola di Specializzazione in Malattie dei Piccoli Animali per il settore di Genetica orientato alle malattie ereditarie. 15 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 La carriera scientifica è documentata da oltre un centinaio di pubblicazioni sulla immunoematologia e sull’ematologia clinica del cavallo, cane, gatto e bovino. Dal 1990 è coordinatore della sezione di Diagnostica di Laboratorio nel gruppo di Medicina Interna della SCIVAC. TIM WATSON Tim Watson si è laureato alla Royal Dick School of Veterinary Studies all’Università di Edimburgh nel 1987. Dopo un breve periodo di attività nella clinica dei piccoli animali egli si è associato al Department of Veterinary Medicine a Glasgow, dove ha ottenuto la posizione di Senior Postdoctoral Fellow. Tim Watson si è associato al Waltham Centre per l’alimentazione animale nel 1994 come dietologo. I suoi interessi clinici e nell’ambito della ricerca sono concentrati nella sfera delle malattie metaboliche degli animali da compagnia, in particolare l’obesità e i disordini del metabolismo lipidico. Tim Watson ricevette il suo PhD nel 1992, the “Equine Veterinary Journal Open” nel 1992 e il Fournier UK Lipidology Research nel 1994. Ha pubblicato oltre 30 articoli su riviste di rilevanza internazionale e collabora con il nuovo Kirk’s Current Veterinary Therapy XII, ed ha curato l’uscita del Journal of Small Animal Practice sui disordini dei lipidi. Tim Watson è attualmente il Segretario Scientifico della Animal Clinical Chemistry Association. 16 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 PROGRAMMA SCIENTIFICO PRIMO GIORNO: GIOVEDI, 22 GIUGNO 1995 8.30 Registrazione dei partecipanti e distribuzione della documentazione congressuale 9.30 Saluto del Consiglio Direttivo SCIVAC ai partecipanti e inaugurazione del Congresso PRIMA SESSIONE: EMATOLOGIA CLINICA 9.45 URS GIGER Alterazioni degli eritrociti Esami di laboratorio per la tipizzazione dell’anemia. Morfologia e rigenerazione eritrocitaria Approccio, diagnosi e terapia dell’anemia. 11.15 Discussione 12.30 CRAIG E. GREENE Alterazioni dei globuli bianchi Interpretazione del leucogramma, situazioni che comportano leucopenia, situazioni che comportano leucocitosi, valutazione del tipo e del grado di modificazione cellulare. 13.30 Discussione 14.30 Interruzione 17 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 SECONDO GIORNO: VENERDI, 23 GIUGNO 1995 9.00 URS GIGER Alterazioni delle piastrine Trombocitopenia immunomediata, Ehrlichiosi. Test da usare nella clinica pratica per la valutazione del sanguinamento. Presentazione di casi clinici. 9.45 CRAIG E. GREENE Alterazioni dei processi di coagulazione Disordini acquisiti a carico dei fattori della coagulazione, caratteristiche dell’emorragia come indizio della causa sottostante, esami di laboratorio più accessibili. 11.00 Discussione 11.30 Pausa caffè 12.00 URS GIGER Principali malattie ereditarie del sangue Difetti eritrocitari che causano emolisi, immunodeficienze primarie dovute ad anomalie dei neutrofili o dei linfociti, coagulopatie, malattia di Von Willebrand, difetti funzionali delle piastrine. 13.00 GEORGE LUBAS Terapia trasfusionale: L’esperienza italiana Principi di base per un corretto impiego dell’emotrasfusione. Identificazione dei donatori. Tipi di prodotti emotrasfusionali e loro applicazione. Situazione emotrasfusionale in Italia. 13.30 Discussione 14.30 18 Interruzione 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 SECONDA SESSIONE: DIAGNOSTICA DI LABORATORIO TERZO GIORNO: SABATO, 24 GIUGNO 1995 9.00 JEANNE BARSANTI Alterazioni degli equilibri fluido-elettrolitici e acido-base Gli esami di laboratorio per l’identificazione delle modificazioni dell’equilibrio idroelettrolitico e per la migliore scelta di una terapia mirata. 10.15 JEANNE BARSANTI Profilo pancreatico (quadri acuto e cronico) Patologie infiammatorie acute e patologie croniche congenite o distruttive. Quali sono le indagini di laboratorio per una rapida identificazione e differenziazione con altre patologie. 11.00 Discussione 11.30 Pausa caffè 12.15 MARCO CALDIN Profilo epatico Valutazione delle principali alterazioni emocromocitometriche, biochimiche ed urinarie in corso di affezione epatobiliare. In particolare ALT, SAP, GGT, Bil. totale, Alb, BUN, Colesterolo, Glucosio. Esami di approfondimento: Ammoniemia, Acidi biliari ed isoenzimi della fosfatasi alcalina. Uso dei risultati di laboratorio in un contesto clinico. 13.30 Discussione 14.00 Interruzione 19 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 QUARTO GIORNO: DOMENICA, 25 GIUGNO 1995 9.00 CRAIG E. GREENE Profilo endocrino Iperadrenocorticismo endogeno ed esogeno nel cane e nel gatto, test ormonali specifici per la differenziazione e il riconoscimento dei fattori causali; ipoadrenocorticismo spontaneo. 10.00 TIM WATSON Valutazione dello stato nutrizionale dalle indagini di laboratorio di routine Le indagini di laboratorio come mezzo per l’identificazione di squilibri nutrizionali o di patologie che rispondono a diete particolari. 10.45 Discussione 11.15 Pausa caffè 11.45 JEANNE BARSANTI Profilo renale Parametri da considerare per valutare la funzionalità renale. Il profilo renale come mezzo per riconoscere la gravità e la cronicità delle patologie in atto, nonché per individuare la terapia richiesta e monitorare la risposta a questa. 13.15 Discussione 13.30 Termine del Congresso 20 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Urs Giger PD, Dr. Med. Vet., MS, FVH Associate Professor of Medicine and Medical Genetics Alterazioni degli eritrociti Giovedì, 22 giugno 1995, ore 9.45 21 NOTE RIASSUNTO L’anemia è uno dei segni clinici di più comune riscontro, che compare in associazione con una gran varietà di affezioni, sia ematologiche che di altro tipo. Attraverso gli esami di laboratorio di routine è possibile caratterizzare le varie forme di anemia sulla base della morfologia e della rigenerazione eritrocitaria. Le perdite di sangue, l’emolisi e la riduzione o la mancanza di efficacia dell’emopoiesi sono i principali meccanismi patogenetici delle anemie da cause infettive, tossiche ed immunomediate o dovute ad anomalie di altri organi. Nel presente lavoro vengono illustrati, anche attraverso la presentazione di casi clinici, l’approccio, la diagnosi e la terapia specifica di queste affezioni, nonché i principi del supporto trasfusionale. SEGNI CLINICI L’anemia è un segno clinico o un riscontro di laboratorio molto comune, ma non è una diagnosi, dal momento che non costituisce una specifica malattia. I segni clinici manifestati dal paziente sono dovuti alla riduzione della capacità di trasporto di ossigeno e del volume ematico, alla malattia primaria ed alle modificazioni compiute dall’organismo per aumentare l’efficienza dell’eritrone. La gravità di tali manifestazioni dipende dalla loro rapidità di insorgenza, dall’entità e dalla causa dell’anemia e dal grado di attività fisica del paziente. Il segno clinico classico è il pallore delle mucose, ma possono essere presenti anche altre manifestazioni specifiche dovute all’emorragia (sede del sanguinamento) o all’emolisi (ittero e pigmenturia). I segni clinici aspecifici comunemente riscontrati sono rappresentati da debolezza, vasocostrizione periferica, intolleranza all’attività fisica, tachicardia con soffio sistolico e shock ipovolemico. La tachipnea non è una manifestazione tipica dell’anemia, ma può indicare un’affezione polmonare associata al problema ematologico. RISULTATI DEGLI ESAMI DI LABORATORIO Nel cane e nel gatto, il volume ematico è approssimativamente pari all’8% del peso corporeo. Il volume ematico relativo dipende da età dell’animale, dimensioni della 22 milza e stato di idratazione. La disidratazione può mascherare l’anemia. La gravità di quest’ultima viene valutata sulla base di ematocrito, emoglobinemia e numero di eritrociti. Risultano molto utili l’esame emocromocitometrico completo (emogramma) e l’accurata valutazione citologica di uno striscio di sangue periferico. NOTE CLASSIFICAZIONE DELLE ANEMIE Le anemie possono essere distinte in base alle caratteristiche morfologiche degli eritrociti, alla risposta midollare ed ai meccanismi fisiopatologici coinvolti. Indici eritrocitari: in questo caso, la classificazione si basa sulla determinazione di volume globulare medio (MCV) e concentrazione emoglobinica globulare media (MCHC), nonché sulle modificazioni di forma degli eritrociti. Anemia normocitica-normocromica: è il tipo più comune, di solito scarsamente rigenerativa, è associata a molte malattie croniche e non fornisce alcuna indicazione sulla sua fisiopatologia. Anemia macrocitica: è caratterizzata da eritrociti di grandi dimensioni (aumento del MCV) e può essere normoo ipocromica. Nella maggior parte dei casi, l’aumento del MCV è dovuto alla presenza di reticolociti ed eritrociti giovani, che sono anche responsabili di un lieve calo della MCHC. Altre cause di macrocitosi sono l’anemia FeLVcorrelata, la diseritropoiesi e la stomatocitosi. Anemia microcitica-ipocromica: l’entità della microcitosi (calo del MCV) e dell’ipocromasia (calo della MCHC) è di entità variabile. L’ipocromasia risulta meglio valutabile attraverso l’osservazione di uno striscio di sangue periferico, mentre la microcitosi viene identificata attraverso la misurazione del MCV. La causa più comune di questo tipo di anemia è la carenza di ferro da perdita ematica cronica. Altre cause di microcitosi sono gli shunt epatici; la condizione è inoltre caratteristica dell’akita e delle altre razze canine giapponesi. Conteggio dei reticolociti: i reticolociti vengono visualizzati impiegando le colorazioni vitali che spingono i ribosomi degli eritrociti immaturi ad ammassarsi. Nei normali strisci ematici, questi elementi appaiono sotto forma 23 NOTE di cellule policromatofile. I reticolociti non divengono evidenti fino al terzo giorno successivo all’insorgenza dell’anemia. La reticolocitosi può essere espressa in diversi modi: – % di reticolociti (non corretta), stabilita identificando 500-1000 eritrociti in uno striscio di sangue; – conteggio corretto dei reticolociti (%) = (% di reticolociti x ematocrito rilevato)/45 [37 nel gatto]; permette di correggere il valore ottenuto in base all’entità dell’anemia. In condizioni normali, deve risultare < 0,5%; – conteggio assoluto dei reticolociti = % di reticolociti x numero di eritrociti/100. Normale: < 50.000/µl; – indice di produzione dei reticolociti = conteggio corretto dei reticolociti/fattore di maturazione (1 se l’ematocrito è del 45%, 1,5 se è 35%, 2 se è 25%, 2,5 se è 15%). Tale indice in condizioni normali risulta inferiore ad 1 e permette di valutare l’immissione in circolo di elementi prematuri; – reticolociti aggregati e puntati nel gatto: quelli di tipo aggregato sono simili ai reticolociti del cane. Quelli puntati presentano pochi granuli basofili (< 10) e possono rimanere in circolo per 3-4 settimane. L’anemia può poi essere classificata in base all’entità della produzione di eritrociti, stabilita attraverso il conteggio dei reticolociti e l’esame del midollo osseo. Anemia rigenerativa: il conteggio dei reticolociti risulta aumentato (> 50.000/µl, indice di produzione dei reticolociti > 1, conteggio corretto > 0,6%). Il midollo osseo presenta un’iperplasia eritroide (basso rapporto mieloide:eritroide) o generalizzata. L’anemia rigenerativa si ha in seguito alla perdita di eritrociti per emorragia o emolisi. La presenza di globuli rossi nucleati non è un buon indice di rigenerazione. Anemia non rigenerativa: si ha quando, pur in presenza di uno stato di anemia, il numero dei reticolociti risulta ridotto (si può anche avere un’anemia scarsamente rigenerativa). In genere, l’anemia è di tipo normocitico-normocromico e gli eritrociti sono di solito normali sia per quanto riguarda l’aspetto che la durata media della vita. L’esame del midollo osseo è sempre indicato e può rivelare l’esistenza di ipoplasia (ridotta eritropoiesi) o iperplasia (eritropoiesi inefficace), associate o meno ad alterazioni di 24 altri elementi midollari o ematici. Le anemie refrattarie sono di tipo non rigenerativo, solitamente lievi o moderate ed associate al riscontro di un numero di leucociti e piastrine normale o aumentato, che suggerisce che l’insuccesso dell’eritropoiesi sia dovuto a cause extra-midollari, come avviene nell’anemia da malattia cronica e in quella da nefropatia o nei disordini endocrini. Le anemie aplastiche sono caratterizzate da pancitopenia (anemia, leucopenia e trombocitopenia) associata ad un quadro di ipoplasia o aplasia midollare, che suggerisce un’alterazione intramidollare causata da radiazioni, agenti chimici (estrogeni nel cane, chemioterapia), infezioni (FeLV, ehrlichiosi) o disordini linfo- o mieloproliferativi. NOTE ANEMIA DA PERDITA EMATICA Perdita iperacuta: le perdite di sangue di entità significativa che si verificano nell’arco di minuti od ore sono causa di ipovolemia, shock ed anche morte improvvisa se il volume ematico viene ridotto al 60-70% della norma. Di solito, è possibile individuare un sanguinamento evidente (di origine traumatica o chirurgica) associato ai segni clinici dello shock ipovolemico. L’ematocrito e le proteine totali possono essere normali, ma non riflettono la gravità del processo in atto. È necessario impedire ogni ulteriore perdita di sangue ed instaurare prontamente e rapidamente un’aggressiva terapia reidratante mediante soluzioni elettrolitiche bilanciate. Perdita ematica acuta: le perdite ematiche significative che si verificano nell’arco di ore o giorni provocano una grave anemia. Si verifica uno spostamento di liquidi dallo spazio extravascolare ed entro 3 giorni compare una risposta midollare (reticolocitosi). Piastrine e leucociti possono risultare moderatamente aumentati. La triade costituita da anemia, ipoproteinemia e reticolocitosi è considerata patognomonica di emorragia esterna acuta. Oltre ad evitare le ulteriori perdite ematiche e trattare l’affezione primaria (come i disordini piastrinici sistemici o le coagulopatie), può essere necessario ricorrere alle trasfusioni di sangue se l’ematocrito scende al di sotto del 15-20% e l’animale mostra segni di ipossia. Volume (ml) = 2 × aumento dell’ematocrito × peso corporeo (kg) 25 NOTE Perdita ematica cronica = anemia da carenza di ferro: le perdite ematiche croniche sono solitamente dovute a emorragie gastroenteriche (somministrazione di farmaci, neoplasie), parassitosi (pulci, anchilostomi), neoplasie caratterizzate da sanguinamento cronico e trombocitopenia cronica. Due ml di sangue contengono circa 1 mg di ferro, che corrisponde esattamente alla quantità assorbita ed escreta quotidianamente nei piccoli animali. La carenza di ferro può anche essere dovuta all’inadeguata assunzione di questo elemento negli animali giovani ed in quelli affetti da sindromi di malassorbimento. Nella perdita ematica cronica i segni clinici possono anche essere poco evidenti, dal momento che l’organismo dell’animale va incontro ad un notevole processo di adattamento, ma sono comunque rappresentati da pallore delle mucose, intolleranza all’esercizio fisico ed eventualmente melena, presenza di ectoparassiti e pica. L’anemia è tipicamente di tipo microcitico ipocromico e scarsamente rigenerativa. È presente un’iperplasia eritroide con arresto della maturazione ed assenza di ferro evidenziabile a livello midollare con le colorazioni normalmente impiegate allo scopo (blu di Prussia). È comune la trombocitosi, che può essere grave. Gli animali colpiti presentano bassi valori di sideremia e normale capacità totale di legare il ferro. La terapia consiste nel 1) impedire le ulteriori perdite ematiche (mediante antielmintici, controllo delle pulci, ecc.), 2) effettuare trasfusioni di sangue con emazie concentrate o sangue intero (eventualmente conservato) e 3) somministrare un’integrazione di ferro mediante solfato ferroso per os (10 mg/kg una volta al giorno), iniezioni di ferro destrano (10-50 mg IM) in caso di necessità e trasfusioni di sangue. La risposta alla terapia è buona, ma lenta, e richiede un’integrazione prolungata. ANEMIE EMOLITICHE Le anemie emolitiche sono dovute all’accelerazione della distruzione eritrocitaria, che avviene principalmente a livello extravascolare mediante fagocitosi degli eritrociti da parte dei macrofagi e, più raramente, in sede intravasale, come conseguenza delle alterazioni della permeabilità di membrana o della frammentazione cellulare. Nel cane, l’emolisi immunomediata è la forma più comune e può essere primaria (idiopatica), anche nota col nome di ane- 26 mia emolitica autoimmune, oppure secondaria ad infezioni, somministrazioni di farmaci o neoplasie. Altre cause di anemia emolitica da prendere in considerazione sono i difetti ereditari degli eritrociti, che vengono identificati con sempre maggiore frequenza, le emolisi indotte da agenti chimici come l’anemia a corpi di Heinz e la metemoglobinemia (cipolle, zinco) e quelle di origine batterica (leptospirosi) e parassitaria (babesiosi, emobartonellosi, sindrome della vena cava). In questa sede verranno illustrati i test ematologici ed i metodi terapeutici da impiegare nei pazienti con anemie emolitiche, anche attraverso la presentazione di casi clinici, sottolineando alcuni argomenti attualmente oggetto di controversie. Le anemie emolitiche sono più comuni durante i mesi primaverili ed estivi. Oltre alle abituali manifestazioni dell’anemia ed ai segni clinici dell’affezione primaria, si riscontrano tipicamente emolisi e pigmenturia, e nei casi gravi anche ittero, che impongono la differenziazione della condizione dalle epatopatie. Si riscontrano costantemente bilirubinuria e bilirubinemia di grado variabile, mentre l’emoglobinuria, pur essendo presente solo in modo transitorio, è patognomonica di emolisi intravascolare, quale si osserva in caso di avvelenamento da zinco e negli springer spaniel inglesi con carenza di fosfofruttochinasi eritrocitaria. Le anemie emolitiche sono di solito ben rigenerative, con un numero elevato di reticolociti (3-90%); tuttavia, durante gli stadi acuti (3-4 giorni), possono sembrare non rigenerative. In una recente indagine, un terzo della totalità dei cani con anemia emolitica autoimmune presentava, al momento della visita, un’anemia non rigenerativa. Le anomalie della morfologia eritrocitaria possono fornire indicazioni utili a sospettare determinate cause di emolisi, come la presenza di schistociti, sferociti, corpi di Heinz ed emoparassiti. Il riscontro di agglutinazione macro- o microscopica dopo lavaggio con soluzione fisiologica, marcata sferocitosi e/o positività al test di Coombs diretto è caratteristico dei processi immunomediati, ma non permette di differenziare le forme primarie da quelle secondarie. Si deve far eseguire da un laboratorio affidabile il test di Coombs diretto con IgG ed IgM specie-specifiche e complemento. I risultati inizialmente non sono influenzati da corticosteroidi o trasfusioni. L’isoeritrolisi neonatale felina e le reazioni trasfusionali emolitiche acute sono causate da alloanticorpi ad insorgenza spontanea. Nel cane, gravi emolisi acute da reazioni trasfusionali si osservano nei pazienti DEA 1.1 NOTE 27 NOTE 28 negativi che ricevono sangue DEA 1.1 positivo dopo essere stati sensibilizzati da una precedente trasfusione con sangue dello stesso gruppo (DEA 1.1). Inoltre, è possibile eseguire i test sierologici per l’identificazione della babesiosi (piroplasmosi). L’esame radiografico dell’addome può rivelare la presenza all’interno dello stomaco di oggetti metallici, come le monete, che possono essere una fonte di zinco e, quindi, indurre emolisi; l’anamnesi può indicare altre intossicazioni. In rari casi, nei giovani Bedlington terrier si osservano crisi emolitiche da avvelenamento da rame. Inoltre, in certe razze sono stati identificati specifici difetti ereditari degli eritrociti, come la carenza di piruvatochinasi e fosfofruttochinasi, che però richiedono l’esecuzione di specifici test eritrocitari per la formulazione della diagnosi. Quindi, in tutti i casi di anemia emolitica, la causa deve essere identificata. Gli animali in condizioni critiche e quelli gravemente anemici che mostrano segni di ipossia possono richiedere un’immediata trasfusione di sangue. Nel cane, la prima trasfusione dovrebbe essere sempre compatibile, dal momento che in questa specie animale non vi sono alloanticorpi ad insorgenza spontanea clinicamente importanti. Ogni volta che sia possibile, si deve trattare la causa primaria ed eliminare ogni eventuale agente scatenante. Ad esempio, nei cani con monetine o bulloni nello stomaco può essere necessaria la rimozione chirurgica. La piroplasmosi va trattata con il diminazene, mentre per l’emobartonellosi, che si osserva nei gatti e nei cani splenectomizzati, è indicata l’ossitetraciclina. Nell’anemia emolitica autoimmune, è necessario sopprimere l’attività dei macrofagi e della risposta immunitaria. Il principale intervento terapeutico a questo scopo è la somministrazione di prednisolone (alla dose di 2-4 mg/kg suddivisi ad intervalli di 12 ore) o, inizialmente, desametazone (in dose equivalente). La posologia di partenza va poi gradualmente ridotta (in misura non superiore ad 1/3 ogni 1-2 settimane) per arrivare alla somministrazione a giorni alterni per settimane o mesi. Nei casi di autoagglutinazione fulminante e di emolisi intravascolare, nonché nelle recidive dell’anemia emolitica autoimmune, ai corticosteroidi è possibile associare la ciclosporina, l’azatioprina, la ciclofosfamide o il danazolo ed infine, quale ultima risorsa, si può ricorrere alla splenectomia. Nei cani gravemente anemici, le trasfusioni di sangue si sono dimostrate capaci di salvare la vita del paziente. Ciò vale anche in caso di anemia emolitica autoimmune, che non viene aggravata dall’infusione di sangue esogeno. È invece improbabile che risulti utile l’apporto di ossigeno. Un’altra alternativa può essere rappresentata dall’iniezione endovenosa di immunoglobuline umane. Gli animali trattati devono essere strettamente monitorati per rilevare le risposte e gli effetti collaterali determinati dalla terapia. Nella maggior parte dei casi, il trattamento dei pazienti con anemie emolitiche risulta soddisfacente. NOTE Tabella Ematocrito Emoglobina (Hb) Eritrociti Reticolociti Volume globulare medio (MCV) Emoglobina globulare media (MCH) Concentrazione emoglobinica globulare media (MCHC) Piastrine Leucociti Neutrofili segmentati Neutrofili non segmentati Linfociti Monociti Eosinofili Basofili Rapporto mieloide:eritroide (M/E) Proteine plasmatiche (mediante refrattometria) Fibrinogeno plasmatico (precipitazione con calore) Unità di misura Cane Gatto % g/dl n × 106/µl % fl pg g/dl n × 105/µl n/µl (%) n/µl (%) n/µl (%) n/µl (%) n/µl (%) n/µl (%) n/µl 37-55 12-18 5,5-8,5 0-1,5 60-77 19,5-24,5 32-36 2-9 4.000-17.000 (60-77) 3.000-11.400 (0-3) 0-300 (12-30) 1.000-4.800 (3-10) 150-1.350 (2-10) 100-750 Rari 0,75-2,4/1,0 6,0-7,5 150-300 30-45 8-15 5,0-10,0 0-1,0 39-50 13,0-17,0 30-36 3-7 5.500-19.500 (35-75) 2.500-12.500 (0-3) 0-300 (20-55) 1.500-7.000 (1-4) 0-850 (2-12) 0-750 Rari 0,6-3,9/1,0 6,0-7,5 150-300 g/dl mg/dl 29 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Craig E. Greene Department of Small Animal Medicine College of Veterinary Medicine University of Georgia Athens, GA 30602 Alterazioni dei globuli bianchi Giovedì, 22 giugno 1995, ore 12.30 31 NOTE RIASSUNTO Il leucogramma, che costituisce uno degli esami di laboratorio richiesti con maggiore frequenza, viene utilizzato per stabilire la presenza di disordini a carattere infiammatorio nell’organismo. Sfortunatamente, i risultati di questo test possono essere interpretati erroneamente. La leucopenia comporta una riduzione del numero di tutti i leucociti ed è generalmente associata a grave distruzione, eccessivo consumo o ridotta produzione midollare o linfoide di questi elementi. Il loro incremento può invece essere dovuto a eccitazione, stress e processi infiammatori generalizzati o localizzati. Analizzando il tipo e l’entità delle alterazioni cellulari, il clinico è spesso in grado di stabilire se il processo è acuto o cronico oppure localizzato o tendente alla generalizzazione. Alcune specifiche modificazioni del leucogramma possono suggerire determinate cause primarie. DEFINIZIONE: ALTERAZIONE DI TUTTI GLI ELEMENTI CELLULARI NUCLEATI DEL SANGUE A. Neutrofili 1. Funzioni a. Fagocitosi ed idrolisi enzimatica b. Risposta a fattori chemiotattici c. Equilibrio fra offerta e richiesta d. Midollo Sangue proliferazione → maturazione → pool circolante → pool marginale 2. Neutrofilia a. > 11.500 nel cane e > 12.500 nel gatto b. Valutare le cause (1) Fisiologiche (a) Aumentata attività muscolare (b) Aumento della pressione ematica (c) Mobilizzazione del pool marginale (d) Rilascio di adrenalina nei gatti sotto stress (2) Stress (a) Riduzione della marginazione indotta dai glucocorticoidi (b) Minimo spostamento a sinistra 32 (3) Aumentata necessità (a) Infiammazione - il numero totale dipende dall’equilibrio fra fabbisogno ed apporto (b) Comune risposta midollare (c) Valori più elevati in caso di suppurazione localizzata 3. Neutropenia a. Solitamente associata a leucopenia b. Maggior rischio di infezioni batteriche c. Cause (1) Eccessiva utilizzazione - eccessiva richiesta (a) Peritonite diffusa, sepsi grave (b) Rottura di ascessi, polmonite (c) Infezioni virali acute (d) Cause immunologiche? (e) Endotossiemia (sequestro) (2) Minore produzione - affezioni midollari (a) Infezioni virali: panleucopenia, parvovirosi, FIV (b) Ehrlichiosi (stadi finali) (c) Intossicazioni da agenti chimici (estrogeni nel cane) (d) Neutropenia o emopoiesi cicliche da cause genetiche (e) Malattie mieloproliferative i. Virus della leucemia felina (FeLV) ii. Neoplasie FeLV-indotte iii. Linfosarcoma del cane NOTE B. Monociti - macrofagi tissutali circolanti 1. Monocitosi a. Stress (acuto) ed infiammazione acuta b. Processi infiammatori cronici c. Emorragie interne o emolisi d. Affezioni immunologiche e. Malattie granulomatose f. Immunodeficienza dei neutrofili (quantitativa o qualitativa) C. Eosinofili 1. Funzioni a. Reazioni allergiche o di ipersensibilità b. Neutralizzazione di questi processi 2. Eosinofilia a. Ipersensibilità acuta 33 NOTE b. Parassitosi (1) Gastroenteriche: anchilostomi, tricocefali, ascaridi, ecc. (2) Polmonari: Aelurostrongylus, ascaridi (3) Vascolari: filariosi cardiopolmonare (4) Cutanee: demodicosi, pulci c. Disordini specifici - infiammazioni croniche (1) Gastroenteriche: gastroenterite eosinofilica (2) Polmonari: eosinofilia polmonare (3) Muscolari: polimiosite (4) Cutanee: dermatite miliare; granuloma eosinofilico (5) Tessuti molli: eosinofilia (cane) d. Neoplasie (1) Linfosarcoma (2) Mastocitoma (3) Neoplasie metastatiche e. Altre (1) Estro (alcuni cani) (2) Malattie autoimmuni (3) Leucemia eosinofilica 3. Eosinopenia a. Stress, Cushing b. Somministrazione di corticosteroidi esogeni D. Basofili - Mast cell circolanti 1. Funzioni a. Reazioni di ipersensibilità immediata b. Lipoproteina-lipasi 2. Basofilia a. Infiammazione cronica dei tessuti contenenti mast cell (cute, polmoni, apparato genitourinario e gastroenterico) b. Lipemia cronica a digiuno (1) Morbo di Cushing (2) Ipotiroidismo c. Eosinofilia d. Mastocitoma (1) Soprattutto mastocitomi polmonari (2) Gatti anziani - mastocitosi sistemica E. Linfociti 1. Funzioni a. Difese immunologiche b. La maggior parte delle forme circolanti è costituita da elementi T 34 c. Temporanea localizzazione linfonodale vasi linfatici e dotto toracico → vie efferenti → entrata in circolo (20 minuti) → ritorno in circolo 2. Linfocitosi a. Fisiologica: rilascio di adrenalina nei gatti eccitati b. Stimolazione antigenica cronica delle cellule T infezioni o infiammazioni croniche c. Linfosarcoma - cellule normali o anormali 3. Linfopenia a. Corticosteroidi (1) Endogeni (a) Malattie stressanti (b) Iperadrenocorticismo (c) Esposizione a calore o freddo (d) Crisi convulsive, shock, interventi chirurgici, traumi (2) Esogeni b. Perdita linfatica (1) Ripetuti drenaggi linfatici (chilotorace) (2) Enteropatie proteino-disperdenti (3) Ustioni o ferite secernenti croniche c. Diminuita produzione (1) Immunosoppressione (a) Chemioterapia antineoplastica (b) Terapie prolungate con glucocorticoidi d. Immunodeficienze congenite (1) Ereditarie (2) Cimurro (neonatale) NOTE 35 NOTE CASI CLINICI CASO 1 N. 142189 ............ “Cleo”, il gatto malaticcio Segnalamento: gatto domestico a pelo corto, maschio castrato di 2 anni. Problema: anoressia; caso inviato dal veterinario curante. 26/2 Anamnesi: investito da un autoveicolo l’11/12: frattura della mandibola, riparata con filo metallico. Buona guarigione. Anoressia da 2 giorni. Esame clinico: peso 6,3 kg; temperatura 41 °C. Vescica ingrossata. Emogrammi eseguiti dal veterinario curante: Data Leucociti Neutrofili segmentati Linfociti Eosinofili 26/2 01/3 02/3 3.500 3.100 5.600 0 0 122 3.220 2.790 5.52 280 124 168 26/2 - 1/3 Enrofloxacin, fluidoterapia sottocutanea. 2/3 - Comunicazione col curante, passaggio alla somministrazione SC di amoxicillina ed invio il 2/3; l’animale presentava una piccola tumefazione in corrispondenza del sito operato a livello del ramo della mandibola. Emogramma 3/3: Ematocrito Eritrociti Hgb MCV MCH MCHC 45,9 10,44 15,3 44 14,7 33,3 (30-45) (5,0-10,0) (9,8-15,4) (39-55) (13,0-17,0) (30-36) Leucociti 11.100 Neutr. seg. 888 Neutr. non seg. 110 Linf. 8.325 Mono. 222 Eosin. 555 LEUCOCITI: marcata basofilia del citoplasma. 36 (5.500-19.500) (2.500-12.500) (0-300) (1.500-7.000) (0-900) (0-800) Test di malattie infettive: FeLV-test: ELISA negativo (Ag) FIV-test: ELISA negativo (Ac) FeLV-test: IFA negativo (Ag) NOTE Esame radiografico della mandibola: le immagini in proiezione latero-laterale potevano essere riprese solo con la sedazione; – assenza di modificazioni ossee evidenti; – lieve radiopacità dei tessuti molli nella zona del ramo. Midollo osseo 3/3: numerose particelle ipercellulari; adeguati megacariociti; aumento del rapporto M/E; normale maturazione di entrambi i tipi; assenza di cellule anomale; iperplasia granulocitaria. Aspirazione con ago sottile della regione della mandibola: piccolo numero di neutrofili, degenerati e non degenerati; rari cocchi intracellulari; alcuni macrofagi e fibroblasti. Interpretazione: infiammazione cronica. Trattamento: Fluidoterapia: – deficit: 4,5 kg x 0,05 = 225 ml di fabbisogno; – mantenimento: 60 ml x 4,5 kg = 270 ml/die; – amossicillina/ac. clavulanico: 125 mg 3 volte/die. Controlli successivi e relativi emogrammi: Condizioni cliniche Leucociti Neutr. seg. Marzo OK 8.200 Aprile OK 10.600 Luglio Vomito, ittero 3.700 Linf. Eos. 23% (1800) 50% (4900) 8% (600) 40% (4200) 60% (6360) 10% (370) 80% (2960) 10% (370) Quadro riassuntivo: Data Temperatura Terapia in atto Leucociti Neutr. seg. Non seg. 26/2 41,1 1/3 41,1 2/3 39,4 3/3 40,0 4/3 39,4 6/3 38,9 18/3 38,3 2/4 38,9 6/7 Vomito, ittero Enrofloxacin 3500 Enrofloxacin 3100 Ampicillina 5600 Ampicillina 11.100 Amoss./ac. clav. 10.500 Amoss./ac. clav. 9.500 Nessuno 8.200 Nessuno 10.600 Nessuno 3.700 0 0 120 888 4305 2945 1800 4200 370 0 0 0 1110 735 190 82 NA NA 37 NOTE CASO 2 N. 139976 ........... “Buff”, il gatto che tossiva Problema: difficoltà di respirazione il 10/9; tricobezoari in agosto, trattati con olio. Anamnesi: difficoltà respiratorie da 2-3 mesi; tosse produttiva; inizialmente trattato con cefadroxil, poi sostituito con enrofloxacin da 1 settimana. Inizialmente si è avuto un miglioramento, poi è di nuovo peggiorato. È anche evidente un calo di peso. Anamnesi: temperatura 39,4; polso 140; respiro 68, peso 2,5 kg. Condizioni generali scadenti, mantello rado. Feci di pulci. Gravi rantoli in tutti i campi polmonari. Scolo oculare mucopurulento. Problemi: dispnea, tosse (produttiva), rantoli, “febbre”, scolo oculare mucopurulento. Indagini diagnostiche: per tosse/dispnea/rantoli. Emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina, radiografie toraciche, eventuale lavaggio tracheale. Emogramma eseguito l’11/9: Ematocrito Eritrociti Hgb MCV MCH MCHC Retic. 26,1 6,95 9,2 37,6 13,2 35,2 0 (30-45) (5,0-10,0) (9,8-15,4) (39-55) (13,0-17,0) (30-36) Leucociti Neutr. seg. Neutr. non seg. Linf. Mono. 38.200 16984 16984 3.088 1544 (5.500-19.500) (2.500-12.500) (0-300) (1.500-7.000) (0-900) Profilo biochimico (11/9): normale ad eccezione di proteine totali = 10,6 (6,0-7,9), albumina = 1,8 (2,8-3,9) e glicemia = 148 (60-120). Analisi dell’urina (11/9): normale, peso specifico = 1.025. Lavaggio tracheale: numerosi neutrofili con piccoli batteri bastoncellari, grappoli di cellule epiteliali cuboidali. Interpretazione: infiammazione settica purulenta. 38 Elettroforesi delle proteine: proteine totali 10,7 (6,0-7,9), albumina = 2,0, alfa = 0,9, beta1 = 0,6, beta2 = 0,4, gamma = 6,6. NOTE Radiografie del torace: grave pneumopatia bronchiale ed interstiziale con molteplici opacità nodulari disperse in tutto il campo polmonare e tendenti a confluire in una trama alveolare nei settori caudali. Diagnosi differenziali: processi eosinofilici, ascessualizzazione polmonare, neoplasie polmonari. Esami sierologici: FeLV: ELISA negativo (Ag) FIV: ELISA negativo (Ac) Toxo: IgM = 32, IgG = neg Coltura endotracheale: Mycoplasma sp., Corynebacterium sp., Staphylococcus coag. positivo, Pasteurella sp. Gli ultimi tre erano sensibili a cloramfenicolo, clindamicina, eritromicina, novobiocina, tetraciclina, enrofloxacin. Terapia prescritta il 29/9: clindamicina (25 mg due volte al giorno per 4 settimane), enrofloxacin (20 mg due volte al giorno per 4 settimane), nebulizzazione 2 volte al giorno con 3 ml di soluzione fisiologica. Visita di controllo l’1/11: il gatto migliora ed è ancora trattato con antibiotici; all’ascoltazione si rilevano suoni respiratori aspri; l’animale è ancora malato, ma in via di miglioramento; ripetizione di emogramma, profilo biochimico e radiografie toraciche. Radiografie del torace (1/11): lieve miglioramento del quadro polmonare; riscontro di una trama mista broncointerstiziale. Radiopacità alveolari di aspetto schiumoso. Emogramma del 1/11: Ematocrito Eritrociti Hgb MCV MCH MCHC 34,8 10,1 11,7 34,3 11,5 33,6 (30-45) (5,0-10,0) (9,8-15,4) (39-55) (13,0-17,0) (30-36) Leucociti 9.100 (5.500-19.500) Neutr. seg. 7826 (2.500-12.500) Neutr. non seg. 0 (0-300) Linf. 364 (1.500-7.000) Mono. 91 (0-900) Eosin. 891 (0-800) 39 NOTE Evoluzione del caso: 2/12: sospensione dell’enrofloxacin 1/2 : sospensione della clindamicina. L’animale continua a tossire periodicamente. L’appetito è buono. 23/7: morte improvvisa in seguito ad un episodio dispnoico. CASO 3 N. 140282 ............ Il “Weimaraner debole” Segnalamento: Weimaraner maschio di 1,5 anni. Problema: anoressia, rigidità. 5/10 Anamnesi: 7 giorni prima, comparsa di anoressia e depressione, con andatura rigida; portato dal veterinario 1 giorno dopo la comparsa dei segni clinici. Trattamento iniziale con trimethoprim-sulfamidici: peggioramento dell’appetito ed aumento della rigidità dell’andatura. 3 giorni prima, comparsa di brividi; l’animale, portato ad una clinica di pronto soccorso, non era in grado di alzarsi. 2 giorni prima, portato nuovamente al pronto soccorso: Rx, gentamicina ed invio a casa con la prescrizione di ampicillina per os. 1 giorno prima, notevole peggioramento, tumefazione dei tessuti molli dei gomiti; gonfiore sulla faccia mediale della coscia, scroto tumefatto, respiro affannoso, scolo nasale sieroso. Esame clinico: temperatura = 38,9, polso = 140, respiro = 32, peso = 40,5 kg. Depressione, gonfiore della parte prossimale dell’arto pelvico di sinistra. Edema della parte sinistra del torace e di entrambi gli arti anteriori. Incapace di alzarsi senza aiuto; tachicardia sinusale, linfoadenopatia periferica, scolo mucopurulento dalla narice di destra. Piano diagnostico: Aree edematose: aspirazione con ago sottile delle zone gonfie Tumefazione degli arti: creatinina chinasi? Artrocentesi 40 Linfoadenopatia generalizzata: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina; aspirazione con ago sottile Scolo nasale: strisci per impronta; radiografie Piressia: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina; radiografie del torace; test sierologici per rickettsiosi e malattie da zecche; visita oculistica; emocolture Difficoltà ad alzarsi: esame neurologico. NOTE Emogramma del 5/10: Ematocrito Eritrociti Hgb 36,4 (35-57) Leucociti 36.900 5,45 (4,95-7,87) Neutr. seg. 30996 12,3 (11,9-18,9) Neutr. non 2.214 seg. MCV 66,7 (66-77) Linf. 2.214 MCH 22,6 (21,0-26,2) Mono. 1.476 Piastrine 188 (211-621) Eosin. 0 MPV (Volume 9,1 (6,1-10,1) piastrinico medio) (500-14.100) (2.900-12.000) (0-450) (500-2.900) (100-1.400) (0-1.300) 5/10 Anomalie del profilo biochimico: proteine totali 5,9 (5,4-7,5) con albumina 1,4 (2,3-3,6); fosfatasi alcalina 167 (1-114); glicemia 68 (76-119); potassio 3,8 (3,9-5,1). 5/10 Analisi dell’urina: peso specifico = 1.001; pH = 6,0; sangue = tracce moderate. Aspirati tissutali: lipidi liberi, eritrociti. Linfonodi: sangue, linfociti, plasmacellule; nessun microrganismo osservabile; iperplasia linfonodale. Creatininachinasi = 436 U/l (52-368). Esami sierologici: Borrelia: IgM = 32; IgG = 64; Febbre maculosa delle Montagne Rocciose: IgM = < 8, IgG < 64; Ehrlichia = neg. Esame del fondo dell’occhio: normale. Emocoltura: negativa. Radiografie: – dell’addome: lieve ingrandimento del rene sinistro, il fegato sembra piccolo; – del torace: aumento della radiopacità broncointerstiziale. 41 NOTE Terapia: Cloramfenicolo 1800 mg IV tre volte/die, 5/10 → 6/10 Clindamicina 410 mg IV tre volte/die, 7/10 → 12/10 Enrofloxacin 200 mg IV due volte/die, 8/10 → 12/10 Clindamicina 450 mg PO tre volte/die, 13/10 → 14/10. Dimesso il 14/10 Leucogrammi successivi: 5/10 6/10 7/10 8/10 9/10 10/10 12/10 14/10 Ematocrito 43,9 36,4 37 42,4 43,6 37,8 36,1 39,4 Piastrine 269 265 307 188 226 216 315 425 Leucociti 38600 36900 40100 47100 59100 70100 43500 40200 Neutr. segm. 33582 30996 34486 39480 41961 63790 36975 32964 Neutr. non segm. 2702 2214 802 4700 13002 2804 435 2010 Linfociti 1158 2214 2005 940 2364 0 3480 3618 Monociti 772 1476 2807 1880 1773 3505 870 402 Eosinofili 0 0 0 0 0 0 0 0 Visita di controllo il 9/11: paziente vigile e vivace; sospensione delle terapie l’1/11. Emogramma: Ematocrito Leucociti Neutr. segm. Neutr. non segm. Linfociti Monociti Gas = = = = = = = 50,3 11.700 7254 117 2574 585 1170 (35-55) (5.000-14.000) (2.900-12.000) (0-450) (400-2.900) (100-1.400) (0-1300) Ripetizione del profilo biochimico il 9/11: proteine totali = 7,2 (5,4 - 7,5); albumine = 2,5 (2,3 - 3,6); fosfatasi alcalina = 63 (1- 114); glicemia = 104 (76 - 119) 42 CASO 4 NOTE N. 122856 ................ “Buster”, il gatto che vomitava Segnalamento: gatto domestico a pelo corto, maschio castrato di 4 anni. Problema: anoressia e vomito. 20/2 Anamnesi: 5/2: non mangia; ha mangiato carne e fegato crudi di cervo e sardine, oltre ad alimenti per gatti. Temperatura = 39,4. Prescritti 100 mg di cefadroxil una volta al giorno per 7 giorni, somministrando solo carne e fegato di cervo crudi. 8/2: beve solo latte ed un po’ d’acqua. Addome dolente. Prescritta amossicillina iniettabile, 150 mg due volte al giorno. 9/2: non mangia, vomita. Amossicillina, fluidi, cimetidina. 15/2: non mangia; temperatura = 37,8. Amossicillina, fluidi. 16/2: non mangia, temperatura = 40. Amossicillina e clindamicina. 17/2: mangia alimenti in scatola. Amossicillina e clindamicina, dipirone, fluidi. Esame clinico: temperatura = 40, polso 204, respirazione 40, peso 6,3 kg. Depressione del sensorio, petecchie emorragiche nelle cripte tonsillari di entrambi i lati, lieve colorazione gialla delle sclere, disagio alla palpazione addominale, scolo ceruminoso a livello auricolare. Problemi: anoressia, vomito, febbre, sclere gialle, petecchie faringee. Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina, FeLV- e FIV-test, bilirubina sierica, radiografie addominali. Emogramma del 20/2: Ematocrito Eritrociti Hgb MCV MCH MCHC 36 9,78 11,5 36 12 32 (30-45) (5,0-10,0) (9,8-15,4) (39-55) (13,0-17,0) (30-36) Leucociti 36.600 (5.500-19.500) Neutr. seg. 34770 (2.500-12.500) Piastrine 478.000 (200-500.000) Linf. 732 (1.500-7.000) Mono. 366 (0-900) Eosin. 732 (0-800) 43 NOTE Profilo biochimico del 20/2: Azotemia 9 Creatininemia 1,4 Prot. totali 6,6 Albumina 3,2 Fosfatasi alcalina 21 ALT 166 (19-34) (0,9-2,2) (6,0-7,9) (2,8-3,9) (0-45) (25-97) Glicemia 112 Na 153 K 3,5 Cl 118 TCO2 23 AGap 12 Ca 8,9 Bilirubina 0,4 (60-120) (146-156) (3,7-6,1) (115-130) (13-21) (7-17) (8,7-11,7) (0-0,2) Test sierologici: FIV-positivo; Toxo = IgM-negativo ed IgG = 64; FeLV-negativo. Lavaggio peritoneale: limpido, incolore; cellule nucleate = 100/µl; proteine < 2,0; cellule troppo scarse per un esame adeguato (2 neutrofili nel preparato citologico). Radiografie dell’addome: perdita di dettaglio dei margini delle superfici sierose nella parte craniale sinistra dell’addome, nelle sedi della milza e del pancreas. Enzimi pancreatici: Amilasi 777 (300-2000) Lipasi 0,03 (< 1,0) Pasto baritato: il mezzo di contrasto passa attraverso lo stomaco e il duodeno, con una restrizione del passaggio in un punto situato 5 cm distalmente al duodeno. Coprocolture: Solo E. coli; nessun isolamento di Salmonella. 22/2 Chirurgia esplorativa: restringimento ed inspessimento duro del tenue nella zona del digiuno. Eseguita resezione con anastomosi. I linfonodi mesenterici apparivano ingrossati e sono stati sottoposti a prelievo bioptico. In sede intraoperatoria, inserimento di una sonda da gastrostomia. Biopsie chirurgiche: Fegato: marcata alterazione vacuolare (di sospetta natura lipidica), piccole zone di necrosi epatica con infiltrazione neutrofila Interpretazione: lipidosi epatica con necrosi multifocale dell’organo Digiuno: parete inspessita, infiltrazione purulenta 44 Linfonodi: centri germinativi evidenti, parte midollare e seni corticali dilatati e gonfi; interpretazione: linfoadenite. NOTE 22/2 Terapia postoperatoria: Interferon, 3 unità al giorno per os; Clindamicina, 75 mg tre volte al giorno. Alimentazione tramite sonda da gastrostomia con 30 ml di c/d e acqua quattro volte al giorno. Dimesso l’1/3. Conclusione: lettera del cliente del 11/9: Buster è guarito bene. A partire dall’inizio del trattamento, ha presentato diversi episodi di perdita dell’appetito ed irrequietezza. In queste occasioni, presentava un addome più morbido e sensibile. Questi episodi sembravano rispondere agli antibiotici; il veterinario curante somministrava penicillina ed azimicina mediante iniezione e noi trattavamo il gatto con 100 mg di amossicillina una volta al giorno a casa. Attualmente, sta bene come prima che iniziasse la malattia. A questo punto, il vomito non è un problema. CASO 5 N. 140656 ...... Il caso del Golden retriever che incespicava Segnalamento: Golden retriever maschio di 8 mesi. Problema: difficoltà di deambulazione. 28/10 Anamnesi: incespica da 1 settimana, arrivando fino al punto di non poter più usare gli arti posteriori, poi sono stati colpiti anche gli anteriori. Inviato a casa per un finesettimana con farmaci antiinfiammatori e sedativi. Sembra coricarsi con tutti gli arti rigidi. Mentre giace a terra i muscoli sono tesi e gli arti anteriori sembrano talvolta presentare degli spasmi. Ha iniziato a vomitare 12 ore dopo la somministrazione di compresse di desametano, iniziata alcuni giorni prima (25 mg in due dosi giornaliere per os). In precedenza, ha manifestato reazioni alla vaccinazione contro la leptospirosi (gonfiore cutaneo, orticaria, collasso), che hanno risposto al trattamento con dimenidrinato e steroidi. (Vaccinazione 45 NOTE anti- cimurro, epatite, leptospirosi, parvovirosi e parainfluenza effettuata 2 mesi prima). Esame clinico: temperatura = 39,4, polso 82, respiro 48, peso 24 kg. Lieve depressione, atassia di tutti gli arti durante la deambulazione. Alterazioni neurologiche a livello dei posteriori, riflessi da MNS (motoneurone superiore). Deficit delle reazioni posturali dell’arto anteriore destro. Dolore alla manipolazione del collo ed all’apertura della bocca. Problemi: piressia; anomalie neurologiche; iperestesia. Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina. Esami sierologici per Ehrlichia, febbre maculosa delle Montagne Rocciose, Borrelia, cimurro. Esame radiografico della colonna vertebrale, analisi del liquor, mielografia? Emogramma del 29/10: Ematocrito Eritrociti Hgb MCV MCH MCHC Piastrine MPV (Volume piastrinico medio) 44 (35-57) Leucociti 6,22 (4,95-7,87) Neutr. seg. 15,0 (11,9-18,9) Neutr. non seg. 71,1 (66-77) Linf. 24,1 (21,0-26,2) Mono. 33,9 (32,0-36,3) Eosin. 233 (211-621) 8,2 (6,1-10,1) 9.700 (500-14.000) 3298 (2.900-12.000) 97 (0-300) 4.656 (400-2.900) 873 (100-1.400) 776 (0-1.300) 5/10 Anomalie del profilo biochimico: Azotemia Creatininemia Prot. totali Albumina Fosfatasi alcalina ACT 14 0,9 6,8 2,9 74 25 (8-28) (0,5-1,7) (5,4-7,5) (2,3-3,6) (1-114) (76-109) Glicemia 105 Na 146 K 4,2 CO2 22 AGap 10 Ca 10,9 (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (14-26) (5-17) (9,1-11,7) 28/10 Analisi dell’urina: Prelievo non effettuato! L’infermiere ha rinunciato! 46 28/12 Analisi del liquor: Colore: incolore Trasparenza: limpido Eritrociti: 0 N/A Esame microscopico: 96 linfociti Leucociti: 103 (0-5) 4 monociti Proteine: 65,1 (15-35) NOTE Esame oftalmoscopico: cataratta incipiente bilaterale; ptosi palpebrale dell’occhio sinistro. Esami sierologici: Prove di neutralizzazione Cimurro: siero = 21160 = 67,5 liquor = 32 Epatite infettiva: siero = 384 = 96 liquor = 4 Esame radiografico: colonna cervicale: rimodellamento della lamina craniodorsale di C1, con formazione di un picco. Coltura del liquor: nessuna crescita dopo 5 giorni. Test IFA per la diagnosi di cimurro: ricerca degli antigeni negativa su sangue, urina e liquor. Problemi medici: dolore cervicale, linfocitosi, pleocitosi mononucleare, aumento dei livelli proteici del liquor. Esami sierologici: malattia di Lyme: IgM < 32 ed IgG < 32; febbre maculosa delle Montagne Rocciose: IgM < 8 ed IgG = 128; Ehrlichia: IgG = 128 Esame al microscopio elettronico del liquor: negativo per la ricerca di virus. Terapia: doxiciclina, 100 mg due volte al giorno per 3 settimane. 47 NOTE CASO 6 N. 107852 Segnalamento: gatto domestico a pelo corto, maschio castrato di 1 anno. Anamnesi: in passato, numerose zuffe con altri gatti ed infezioni. 2 settimane prima, il proprietario è stato fuori città ed il gatto è stato affidato ad un vicino. Al ritorno del proprietario, si osservava un ascesso all’orecchio sinistro, che venne drenato e guarì. 1 settimana prima il gatto è diventato letargico, rimanendo seduto in un punto per tutto il giorno. Quando si stira, appare rigido. Il collo sembra dolente. Polidipsia. Esame clinico: depressione. A livello dell’orecchio sinistro è presente una ferita in via di cicatrizzazione con crosta. Dolore alla manipolazione del collo. Alito maleodorante. Dolore alla manipolazione dell’arto. Linea iperemica in corrispondenza del margine dentale. Emogramma: Ematocrito 40 (30-45) TS 8,0 H (6-7,5) FeLV negativo Leucociti 15.200 Neutr. seg. 12312 Linf. 1.672 Mono. 912 Eosin. 304 Piastrine 234.000 (5.500-19.500) (2.500-12.500) (1.500-7.000) (0-900) (0-800) Profilo biochimico: Azotemia Prot. totali Albumina Fosfatasi alcalina SGPT CPK 48 22 8,1 2,5 12 63 38 (19-34) (6,0-7,9) (2,8-3,9) (0-45) (25-29) (25-30) Glicemia 141 Na 62 K 4,4 Cl 127 TCO2 19 AGap 20 Ca 9,2 Bilirubina 0,4 (60-120) (146-156) (3,7-6,1) (115-130) (13-21) (7-17) (8,7-11,7) (0-0,2) Analisi dell’urina: NOTE Colore: giallo Eritrociti: 0-5 Trasparenza: torbida Leucociti: occasionali pH: 7,0 Cellule epiteliali: occasionali Peso specifico: 1065 Cilindri: rari, granulari Proteine: neg.; Chetoni: neg; Glucosio: neg; Bilirubina: neg; Sangue occulto: neg Analisi del liquor: Incolore/torbido Cellule nucleate 123/µl Proteine 45 mg/dl Neutrofili 94%, linfociti 1%, macrofagi 5% Strutture non identificate di colore azzurro chiaro. Coltura del liquor: negativa per germi aerobi e miceti. Terapia: 28/4 Prelievo di liquor; ampicillina sodica + fluidoterapia IV; temperatura 40 29/4 Prosegue il trattamento con ampicillina; la temperatura è di 40,5 al mattino e 38,9 al pomeriggio. Depressione post-anestesia; l’iperestesia persiste 30/4 Temperatura 40, depressione; continua l’infusione di ampicillina IV 1/5 Il gatto appare più vigile, mangia. Il proprietario pone limiti economici. Dimesso con prescrizione di amossicillina/ac. clavulanico, 125 mg tre volte al giorno per 7 giorni. Si prevede di passare alla somministrazione di trimethoprim-sulfamidici dopo una settimana Nuovo ricovero il 5/5: rifiuta il cibo, alimentazione forzata. Depressione, letargia. Dolore alla manipolazione. Il proprietario parla di eutanasia. Terapia 5/5 (3 kg): clindamicina 15 mg/kg 3 volte/die PO o … Trimethoprim-sulfamidici, 30 mg/kg suddivisi in due dosi giornaliere? Risposta alla terapia: 5/5 Clindamicina, 50 mg/kg, tre volte al giorno; temperatura 39,6 6/5 La depressione persiste, ma la dolorabilità è minore; temperatura = 38,9 7/5 Buone condizioni, dolore notevolmente ridotto, temperatura 39,5 8/5 Animale quasi normale, lieve dolore toracolombare; temperatura = 38,7; dimesso. 49 NOTE CASO 7 N. 91050 Segnalamento: beagle maschio di 1 anno. Anamnesi: Nascita: Dicembre ’81. Aprile ’82: inizio del programma vaccinale ed antielmintico Maggio ’82: visita per il richiamo della vaccinazione, temperatura = 41,1 prescritta amossicillina; emogramma 29.200; neutr. segm. 21.024; neutr. non segm. 1.168, monociti 1.752, linfociti 5,256, eosinofili 0; 4 giorni dopo: migliorato Giugno ’82: vaccinazione anti-parvovirosi, temperatura = 38,8 Luglio ’82: il proprietario segnala crisi convulsive e stato epilettico; terapia anticonvulsivante con fenobarbital Agosto ’82: sospensione dell’anticonvulsivante, senza problemi Novembre ’82: diarrea emorragica, linfoadenopatia generalizzata, comparsa di vomito, richiesta di esami di laboratorio. Esame clinico: temperatura 38,5, peso 7,5 kg. Emaciazione, mantello scadente. Lesioni crostose sulla spalla destra. Consunzione muscolare, ridotte dimensioni dei testicoli. Ingrossamento dei linfonodi prescapolare e popliteo. Problemi: febbre ricorrente, crisi convulsive, diarrea emorragica, vomito, linfoadenopatia generalizzata. Emogramma di novembre ’82: Leucociti 54.200 (6.000-17.000) Neutr. non seg. Ematocrito 34,5 (37-55) Neutr. seg. MCH 23,9 (19,5-24,5) Mono. MCHC 34,1 (32-36) Linf. Eosin. 4.320 (0-300) 40108 3.794 5.962 0 (3.000-11.400) (150-1.350) (1.000-4.800) (100-750) Profilo biochimico: Glicemia 92 Azotemia 9 Sodio 160 Potassio 4,8 Cloro 121 50 (71-115) (5-28) (141-155) (3,6-5,6) (96-122) Calcio Fosforo Colesterolo Albumina Globuline SGPT Fos. alcalina 10,0 3,8 252 1,7 5,3 43 1146 (9,8-12) (2,5-5) (140-210) (2,3-4,3) (2,5-3,5) (4-66) (0-88) NOTE Frazionamento proteico (g/dl): Tipo Nel paziente Normale Albumina 0,98 (2,3-3,2) α1 0,49 (0,2-0,5) α2 0,58 (0,3-1,1) ß 5,39 (0,6-1,2) γ 0,67 (0,5-1,8) Totale 9,1 (5,8-7,8) Analisi dell’urina: Colore: giallo oro Aspetto: torbido pH: 6,5 Peso specifico: 1.044 Proteine: 1+ Chetoni: neg Glucosio: neg Bilirubina: tracce Sangue occulto: neg Esame del sedimento: occasionali leucociti; cilindri finemente granulari (4-6 per campo microscopico ad elevato ingrandimento). Aspirato linfonodale: la maggior parte delle cellule è costituita da piccoli linfociti; sono presenti alcuni grandi linfociti e plasmacellule, i neutrofili sono rari. Assenza di microrganismi. Test per Brucella: positivo Titolazione per Brucella: in provetta 1:500 Emocoltura: negativa per Brucella canis. Follow up: il proprietario optò per l’eutanasia. Nello stesso nucleo familiare viveva un bambino piccolo immunodepresso. 51 NOTE CASO 8 N. 99112 Segnalamento: cane meticcio di 2 anni. Esame clinico: temperatura 39,4, polso 88, respirazione affannosa. Depressione, segni di malessere. Pulci, edema dello scroto e dell’arto posteriore sinistro; dolore alla flessione delle articolazioni di tutti gli arti; aumento dei rumori respiratori. Ingrossamento dei linfonodi prescapolare e popliteo. Problemi: iperestesia generalizzata; aumento della temperatura rettale, pulci, edema delle estremità, linfoadenopatia. Emogramma: Ematocrito 37 Hgb 12,5 Proteine plasm. 8,0 (37-55) Leucociti (12-18) Neutr. seg. (6,0-7,5) Neutr. non seg. 39.000 (2-5x105) Linf. Mono. 30.200 (6.000-17.000) 27482 (3.000-11.400) 302 (0-300) Piastrine 906 (1.000-4.800) 1.510 (150-1.350) Profilo biochimico: Azotemia Proteine totali Fosf. alcalina SGPT Glicemia 11 6,9 87 25 111 (5-28) (5,3-7,8) (0-88) (4-66) (71-115) Na K TCO2 AGap Ca 154 4,2 25 16 10,6 (141-155) (3,6-5,6) (13-29) (5-25) (9,8-12) Analisi dell’urina (prelievo mediante cateterizzazione): peso specifico 1.040; pH 6,5; colore giallo; aspetto trasparente; proteine 2+; chetoni neg.; glucosio neg.; sangue occulto tracce; bilirubina moderata. Esame del sedimento: spermatozoi, batteri 2+, cilindri finemente granulari, eritrociti 3-5. Aspirato linfonodale: numerose cellule, molte lisate; soprattutto piccoli linfociti, pochi grandi linfociti, sparsi eritrociti, gocce lipidiche. Interpretazione: probabile iperplasia. 52 Sinoviocentesi del ginocchio sinistro: leucociti 8.802/µl, proteine 4,5 g/dl, neutrofili 54%, mononucleati 46%, macrofagi 1. Piccoli linfociti, eritrociti. NOTE Piano terapeutico: tetraciclina, 22,2 mg/kg tre volte al giorno. Andamento dei parametri ematologici: Ematocrito Hgb Prot. plasm. Leucociti Neutr. seg. Neutr. non seg. Linf. Mono. Eosin. Piastrine * 28/7 30/7* 8/8 (10 am) 37 12,5 8,9 30.200 27.482 302 906 1.050 0 3,9 33 10,8 8,5 38.200 30.560 382 1.910 4.966 382 96 42 14,0 7,3 17.600 12.320 0 1.584 1.584 2.112 5 (37-55) (12-18) (6,0-7,5) (6.000-17.000) (3.000-11.400) (0-300) (1.000-4.800) (150-1.350) (100-750) (211-621) il 29/7 è iniziata la terapia con tetracicline. Problemi (elenco aggiornato): iperplasia linfonodale, trombocitopenia, poliartrite suppurativa, leucocitosi, edema, febbre. Titolazione per febbre maculosa delle Montagne Rocciose: FA diretta a livello cutaneo: neg. Data Titolo Trattamento 29/7 1024 Inizio della terapia con tetracicline 8/8 1024 Inizio della terapia con cloramfenicolo 13/8 256 Conteggio piastrinico: Valori normali: 211-621 28/7 3,9 Inizio della terapia con tetracicline 30/7 96 8/8 am 5 8/8 pm 3 9/8 5 Inizio della terapia con cloramfenicolo 10/8 17 11/8 45 12/8 90 13/8 21,7 53 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Urs Giger PD, Dr. Med. Vet., MS, FVH Associate Professor of Medicine and Medical Genetics Alterazioni delle piastrine Venerdì, 23 giugno 1995, ore 9.00 55 NOTE RIASSUNTO L’emostasi è data dall’interazione di piastrine, fattori della coagulazione, vascolarizzazione e sistema fibrinolitico. Le piastrine sono prodotte dai megacariociti e fanno parte dei meccanismi emostatici primari. Quindi, gli animali colpiti da alterazioni di questi elementi presentano tipicamente sanguinamenti superficiali. I disordini piastrinici possono essere suddivisi in trombocitopenia e trombocitopatia (difetti della funzionalità delle piastrine). Si riscontrano comunemente nel cane e raramente nel gatto. La trombocitopenia immunomediata e l’ehrlichiosi sono le cause più frequenti di trombocitopenia nel cane, mentre la malattia di von Willebrand è la principale responsabile dei difetti funzionali delle piastrine. Esistono diversi semplici test, utilizzabili a livello ambulatoriale, per la valutazione dei pazienti che presentano sanguinamenti. Nel presente lavoro vengono illustrati, anche attraverso l’esposizione di casi clinici, la diagnosi ed il trattamento dei disordini delle piastrine nel cane. TEST PRATICI PER LA VALUTAZIONE DELLE ALTERAZIONI DELLA COAGULAZIONE Quando un animale sanguina, è importante differenziare le emorragie causate unicamente da un danno vascolare locale dagli aumenti della tendenza al sanguinamento dovuti ad un’alterazione primaria dell’emostasi. Queste anomalie possono interessare le piastrine, i fattori della coagulazione e la vascolarizzazione e possono essere ereditarie (come l’emofilia) o acquisite (come gli avvelenamenti da cumarinici, la trombocitopenia immunomediata e la DIC). Si osservano comunemente nel cane, mentre sono poco frequenti nel gatto e possono portare ad emorragie locali o generalizzate che insorgono spontaneamente o in seguito a traumi (compresi gli interventi chirurgici). La presenza di sanguinamenti superficiali, quali petecchie ed ecchimosi, suggerisce l’esistenza di un problema piastrinico (trombocitopenia o trombocitopatia) o vascolare, mentre gli ematomi sono più probabilmente associati alle coagulopatie. Tuttavia, per differenziare correttamente i vari disordini emorragici è necessario ricorrere agli esami di laboratorio. Nel presente lavoro vengono illustrati i semplici test di verifica dell’emostasi che possono essere effettuati direttamente 56 dal clinico, anche a livello ambulatoriale, fornendo le indicazioni per l’interpretazione dei risultati e presentando alcuni casi clinici relativi all’uso di questi test. Esistono tre semplici prove ambulatoriali per valutare la funzionalità dell’emostasi nelle situazioni di emergenza: il conteggio piastrinico, la determinazione del tempo di coagulazione attivata (ACT) e quella del tempo di emorragia. Il numero delle piastrine può essere stimato attraverso l’osservazione al microscopio di uno striscio di sangue colorato. Dal momento che nei cani normali in un campo microscopico ad elevato ingrandimento in immersione in olio sono presenti più di 10 piastrine, l’assenza di questi elementi denota una grave trombocitopenia. Il conteggio piastrinico accurato richiede l’impiego di un emocitometro o di un’analisi di laboratorio per confermare la diagnosi (in condizioni normali, si riscontrano 200-500.000 pia-strine/µl). I sanguinamenti secondari a trombocitopenia si osservano solo quando il numero delle piastrine scende al di sotto di 50.000/µl. Dal momento che i test per la determinazione degli anticorpi anti-piastrine non sono ancora disponibili in commercio, la diagnosi di trombocitopenia immunomediata può essere formulata unicamente attraverso l’esclusione delle altre cause di grave trombocitopenia. La determinazione del tempo di emorragia, effettuata a livello della mucosa boccale, rappresenta un test eccellente per la valutazione della funzionalità e dell’integrità piastrinica. Dal momento che l’adesione delle piastrine all’endotelio è mediata dal fattore di von Willebrand, le alterazioni di quest’ultimo provocano tipicamente un prolungamento del tempo di emorragia (che normalmente è inferiore a 4 minuti); tuttavia, per formulare la diagnosi definitiva di malattia di von Willebrand è necessario ricorrere a speciali test di laboratorio. Negli animali con grave trombocitopenia, la determinazione a livello delle mucose non è necessaria. Il tempo di emorragia cutaneo valuta l’emostasi nel suo complesso e non solo le piastrine e le componenti vascolari. Per misurare il tempo di coagulazione attivata (ACT) il sangue va prelevato direttamente nelle speciali provette a tappo grigio contenente terra di diatomee (farina fossile), rilevando poi il momento in cui inizia la formazione del coagulo (che normalmente si ha prima di 120 sec nel cane e prima di 75 sec nel gatto). Il tempo di coagulazione attivata valuta la via intrinseca e quella comune della coagulazione e, quindi, risulta prolungato in tutte le coagulopatie NOTE 57 NOTE (tranne che nella carenza del Fattore VII). Per verificare l’interessamento di una particolare via della coagulazione è preferibile effettuare la misurazione di altri parametri in campioni di plasma con citrato prelevati dai casi sospetti e da soggetti di controllo; in particolare, è indicata la determinazione del tempo di tromboplastina parziale attivata (PTT, simile al tempo di coagulazione attivata, ma non altrettanto sensibile), del tempo di protrombina (PT, tempo di Quick) e del tempo di trombina (TT). Le coagulopatie ereditarie, come l’emofilia, in genere provocano un prolungamento di ACT e PTT, ma per formulare la diagnosi specifica sono necessarie analisi speciali per i vari fattori. I rodenticidi di tipo cumarinico prolungano in particolare il PT, ma determinano un aumento dei valori anche di altri test. Inoltre, se si sospetta un avvelenamento di questo tipo si può ricorrere alla determinazione delle proteine indotte dagli antagonisti della vitamina K (PIVKA, protein induced by vit. K antagonists), che costituisce un test più sensibile. La coagulazione intravasale disseminata (DIC) va sospettata quando al quadro clinico compatibile si affiancano i seguenti riscontri di laboratorio: moderata trombocitopenia, schistocitosi, eritrociti nucleati, prolungamento variabile dei tempi della coagulazione, aumento dei prodotti di degradazione del fibrinogeno e ridotte concentrazioni plasmatiche di fibrinogeno ed antitrombina. Infine, per monitorare il decorso della malattia e la risposta alla terapia, è possibile servirsi dei seguenti test dell’emostasi. ACT Trombocitopenia Trombocitopatia (malattia di von Willebrand) Coagulopatia intrinseca Coagulopatia estrinseca Coagulopatia combinata Piastrine TE PTT PT TT D N A A N N N N N N N N D N N A A N A N A A N N A N = normale; A = aumento (prolungamento); D = diminuzione I disordini emorragici possono essere semplicemente suddivisi in difetti dell’emostasi primaria e secondaria. Mentre la formazione del coagulo primario instabile comprende le fasi iniziali, dall’adesione piastrinica al collagene subendoteliale alle variazioni di forma delle piastrine ed 58 alla loro aggregazione, la fase secondaria è data dai fattori della coagulazione, che portano alla formazione di un coagulo finale stabile, costituito da piastrine e fibrina. Nel presente lavoro verranno presi in considerazione soprattutto i difetti dell’emostasi primaria ed il loro trattamento, seguiti dalla trattazione delle coagulopatie. I disordini primari dell’emostasi si presentano tipicamente sotto forma di sanguinamenti superficiali, che possono essere interni, come le petecchie e le ecchimosi, o esterni, come l’epistassi, la melena e l’ematuria, e possono portare a perdite ematiche e, nei casi cronici, alla comparsa di anemia da carenza di ferro. I più semplici test di screening per l’identificazione di queste anomalie sono il conteggio (o la stima) del numero delle piastrine, la valutazione delle loro dimensioni, l’esame di un aspirato midollare o di un campione bioptico a core e la determinazione del tempo di emorragia a livello della mucosa boccale, secondo la metodica standardizzata. Tutti questi test sono stati descritti nella relazione precedente. Nel cane, la trombocitopenia immunomediata è probabilmente la causa più comune di gravi sanguinamenti, mentre la malattia di von Willebrand è la principale responsabile dei difetti emostatici lievi. Nel gatto, i disturbi primari dell’emostasi sono rari. NOTE PORPORA TROMBOCITOPENICA IDIOPATICA Nella trombocitopenia immunomediata, gli anticorpi si legano alla superficie delle piastrine e determinano un’accelerazione della loro distruzione da parte del sistema dei macrofagi. Queste trombocitopenie possono essere suddivise in una forma primaria in cui apparentemente non è possibile identificare alcuna causa scatenante della produzione degli anticorpi anti-piastrina, comunemente indicata come porpora trombocitopenica idiopatica, ed una forma secondaria in cui la produzione anticorpale può essere indotta da infezioni primarie, vaccinazioni, neoplasie o farmaci. Quindi, la diagnosi di porpora trombocitopenica idiopatica nel cane viene formulata sulla base dell’esclusione delle altre cause di trombocitopenia. Le femmine di media età, le razze toy ed il bobtail sembrano essere maggiormente colpiti dalla malattia. Nei cani con porpora trombocitopenica idiopatica spesso il numero delle piastrine è estremamente basso (< 20.000/µl) e si osservano sanguinamenti di entità variabile. La micro59 NOTE 60 trombocitosi è una caratteristica tipica della malattia, ma il volume piastrinico medio aumenta dopo il prelievo durante la conservazione del campione. Il riscontro di un numero aumentato o normale di megacariociti in un aspirato midollare suggerisce un’accelerazione della distruzione delle piastrine o un aumento del loro consumo, ma non è specifico della porpora trombocitopenica idiopatica. In effetti, l’ipoplasia megacariocitaria non consente di escludere la malattia. Recentemente, sono stati sviluppati diversi metodi per rilevare gli anticorpi legati alla superficie delle piastrine (test diretti) o gli anticorpi anti-piastrine nel siero del paziente (test indiretti). Ovviamente, i primi sono più sensibili degli altri, ma richiedono l’esecuzione dell’analisi sulle piastrine del paziente. Inoltre, nessuno di questi esami è specifico per la porpora trombocitopenica idiopatica, dal momento che tutti risultano positivi anche in presenza di trombocitopenie immunomediate secondarie. Il trattamento della porpora trombocitopenica idiopatica si basa sull’eliminazione di tutte le cause esogene, sulla somministrazione di immunosoppressori e sulla terapia di sostegno. Tutti i farmaci non essenziali devono essere sospesi, mentre si possono somministrare tetracicline per eliminare eventuali infezioni da rickettsie. Il farmaco d’elezione per l’immunosoppressione è il prednisone, che in genere determina la comparsa di una risposta entro 2-4 giorni. Nei casi refrattari è possibile impiegare altri farmaci come la vincristina, la ciclosporina, il danazolo, l’azatioprina o la ciclofosfamide, ma l’efficacia di questi agenti per il trattamento della porpora trombocitopenica idiopatica del cane non è ancora stata stabilita con certezza. Inoltre, tutti i farmaci immunodepressori hanno i loro effetti collaterali, per cui il paziente va accuratamente monitorato. L’apporto di piastrine mediante infusione di sangue fresco intero, plasma ricco di piastrine o piastrine concentrate è necessario solo in caso di sanguinamenti di entità tale da mettere in pericolo la vita del paziente; analogamente, in caso di grave anemia sono indicati le emazie concentrate o il sangue intero per garantire il mantenimento di un’adeguata capacità di trasporto di ossigeno. Inoltre, va tenuto presente che anche il plasma congelato contiene membrane di derivazione piastrinica, che possono essere utili nelle situazioni di emergenza. Come ultima risorsa, si può ricorrere alla splenectomia, che di solito è ben tollerata nonostante la trombocitopenia. ELENCO DEI DISORDINI DELL’EMOSTASI PRIMARIA NOTE Trombocitopenia – Immunomediata primaria: porpora trombocitopenica idiopatica secondaria: farmaci, infezioni, neoplasie, vaccinazioni – Ehrlichia canis ed E. platys – Affezioni midollari primarie (leucemia, chemioterapia, radiazioni, intossicazione da estrogeni) – Coagulazione intravasale disseminata (DIC) – Splenomegalia, ipersplenismo Trombocitopatia – Farmaci (ac. acetilsalicilico e FANS, acepromazina, vincristina) – Uremia, epatopatie, iperglobulinemia – Trombopatia ereditaria del cane (Basset, spitz) – Tromboastenia di Glanzman (Otterhound) – Chediak-Higashi (persiani color fumo) – Alterazioni del pool di riserva (cocker spaniel americano) Malattia di von Willebrand TROMBOPATIA Le anomalie dell’emostasi primaria si manifestano tipicamente sotto forma di sanguinamenti superficiali. Tuttavia, mentre negli animali affetti da trombocitopenia è classico il riscontro di petecchie ed ecchimosi, in quelli con trombocitopatia è più probabile che le emorragie siano limitate alle mucose o siano di natura post-traumatica o chirurgica. È della massima importanza raccogliere attraverso l’anamnesi tutti i dati relativi agli eventuali trattamenti farmacologici, dal momento che molti agenti possono interferire con la funzionalità piastrinica; l’indagine deve essere particolarmente accurata, poiché spesso i proprietari possono non considerare come veri e propri trattamenti alcuni prodotti di uso molto comune (come quelli contenenti acido acetilsalicilico). Le trombocitopatie ereditarie, pur potendo essere presenti già in giovane età, in molti casi determinano unicamente una lieve tendenza al sanguinamento che può rendersi più evidente solo in età più avanzata. Anche la razza di appartenenza del paziente può indirizzare il clinico verso alcune anomalie piastrini61 NOTE che note. Possono essere evidenti affezioni renali, epatiche o emolinfatiche. Inoltre, va tenuta presente anche la possibilità che il paziente sia affetto da una combinazione di trombocitopatia ereditaria ed acquisita e/o da una trombocitopenia associata ad una coagulopatia, responsabili di gravi episodi emorragici. Nei pazienti che, pur presentando manifestazioni emorragiche, non mostrano alterazioni del numero delle piastrine o di PT/PTT, è indicata la determinazione del tempo di emorragia a livello della mucosa boccale, per valutare la funzionalità piastrinica. Un prolungamento di questo parametro in un cane con piastrinemia normale suggerisce l’esistenza della malattia di von Willebrand o di un disordine della funzione piastrinica o vascolare. La funzione piastrinica, valutata attraverso i test di determinazione dei tempi di coagulazione e con prove in vitro, può essere influenzata da un gran numero di farmaci appartenenti a quasi tutte le classi terapeutiche (antiinfiammatori non steroidei, antibiotici ß-lattamici, agenti cardiovascolari, anestetici e chemioterapici) e da vari disturbi sistemici ed ematologici, oppure può risultare alterata da disordini ereditari. Farmaci: in vitro, molti farmaci si sono dimostrati in grado di indurre disfunzioni piastriniche, ma in vivo questi effetti risultano meno chiari. Nei pazienti con coagulopatie o trombocitopatie accertate ed in quelli che necessitano di interventi chirurgici, è comunque più prudente evitare l’impiego di questi agenti. L’acido acetilsalicilico e gli altri farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) inibiscono l’aggregazione piastrinica. L’eparina, che predispone gli animali trattati alla comparsa di sanguinamenti a causa del proprio effetto anticoagulante, può alterare la funzionalità piastrinica inducendo uno stato di refrattarietà di questi elementi successivo ad una loro parziale attivazione ad opera dell’eparina stessa, nonché inibendo la produzione e l’azione della trombina, un potente agonista piastrinico. Disordini sistemici: in associazione con vari processi patologici degli animali sono state osservate delle trombopatie, che però non sono state ben caratterizzate, dal momento che spesso coesistono altri difetti emostatici. La patogenesi delle molteplici disfunzioni piastriniche in corso di uremia resta da definire, ma è possibile che la condizione sia dovuta alle sostanze presenti nel plasma 62 uremico ed all’aumentata produzione di prostaciclina (inibitore piastrinico) da parte delle cellule endoteliali. Sia nel cane che nell’uomo è stata segnalata una trombopatia associata ad epatopatia, ma i meccanismi responsabili di questa anomalia non sono chiari. NOTE Alterazioni ematologiche: nei pazienti umani con porpora trombocitopenica idiopatica e lupus eritematoso sistemico sono state riscontrate trombocitopatie accompagnate da anticorpi antipiastrinici. I disordini mieloproliferativi e linfoproliferativi sono stati associati ad alterazione delle caratteristiche morfologiche e diminuzione delle capacità di aggregazione e secrezione e dell’attività procoagulante delle piastrine. Le disproteinemie, come quelle che si osservano nel mieloma multiplo e nell’ehrlichiosi, possono essere affiancate da disfunzioni piastriniche dovute all’interazione delle immunoglobuline con la superficie delle piastrine, che a sua volta interagisce in modo aspecifico con l’adesione di queste ultime e con l’accoppiamento stimolo-risposta. Trattamento delle trombopatie: l’identificazione di un’anomalia acquisita della funzione piastrinica in un paziente con un’anamnesi di eccessivo sanguinamento può non richiedere misure particolari. Se un cane affetto da trombopatia, malattia di von Willebrand o coagulopatia presenta una perdita di sangue in seguito all’ingestione di acido acetilsalicilico o di un antibiotico ß-lattamico, la sospensione del farmaco può essere l’unico intervento necessario per risolvere il problema. Nei pazienti con disproteinemie, sindromi mieloproliferative o uremia, le manifestazioni emorragiche possono rispondere adeguatamente alla terapia specifica, come la plasmaferesi, i trattamenti citoriduttivi (ad es., con idrossiurea) o l’emodialisi. I sanguinamenti lievi associati a trombopatia in alcuni casi possono essere controllati localmente (ad es., con l’applicazione di compressioni prolungate o punti di sutura, oppure ricorrendo alla cauterizzazione), mentre le emorragie gravi talvolta richiedono la trasfusione di piastrine fresche, sotto forma di piastrine concentrate, plasma ricco di piastrine o sangue fresco intero. Il crioprecipitato, che contiene il fattore di von Willebrand, il fattore VIII:C, il fibrinogeno e la fibronectina, è l’emoderivato d’elezione per il trattamento degli episodi emorragici nei cani con malattia di von Willebrand, ma ne è stata anche segnalata 63 NOTE 64 l’utilità per il controllo delle perdite ematiche nei pazienti umani affetti da anomalie del pool di riserva delle piastrine e da uremia. Analogamente, la desmopressina (DDAVP) può essere utilizzata per il controllo delle emorragie nei cani con malattia di von Willebrand, ma è risultata anche in grado di abbreviare i tempi di emorragia e diminuire i sanguinamenti clinicamente manifesti nei pazienti umani con malattie del pool di riserva delle piastrine e uremia. In base alla nostra limitata esperienza nel trattamento di episodi emorragici pericolosi per la sopravvivenza del paziente osservati in cocker spaniel americani affetti da anomalie del δ-pool di riserva, è necessario ricorrere alla trasfusione di piastrine. La necessità o meno di attuare un trattamento preventivo nei pazienti con tendenza al sanguinamento e trombopatia che devono essere sottoposti ad intervento chirurgico può dipendere dal tipo di operazione che si intende eseguire. Nell’immediato periodo postoperatorio, per evitare sanguinamenti eccessivi, si può attuare a scopo profilattico la trasfusione di piastrine (o di crioprecipitato nei cani con malattia di von Willebrand). 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Craig E. Greene Department of Small Animal Medicine College of Veterinary Medicine University of Georgia Athens, GA 30602 Alterazioni dei processi di coagulazione Venerdì, 23 giugno 1995, ore 9.45 65 NOTE RIASSUNTO Le alterazioni dell’emostasi si possono osservare in qualsiasi tipo di animale. Le malattie ereditarie sono abbastanza semplici da diagnosticare e trattare, perché le caratteristiche del segnalamento, ed in particolare l’età e la razza del paziente, ne facilitano l’identificazione. I disordini acquisiti della coagulazione, però, sono più frequenti e complessi. Si osservano in animali di qualsiasi età e, con l’eccezione degli avvelenamenti da anticoagulanti, sono secondari a molte altre malattie. Le caratteristiche delle complicazioni emorragiche e la loro intensità possono servire a distinguere alcune affezioni particolari. Per identificare le cause primarie dei disturbi della coagulazione sono disponibili alcuni test diagnostici relativamente semplici. Fortunatamente, la maggior parte di questi disordini può essere efficacemente trattata, anche se il fattore limitante che condiziona la prognosi relativa alle possibilità di guarigione del paziente è il processo patologico primario. A. Possibili diagnosi differenziali 1. Disordini emorragici ereditari (Rari) a. È stata ben definita l’incidenza fra le razze e nelle classi di età b. Rilevabili con i normali test di screening della coagulazione c. Possono diventare clinicamente evidenti nelle forme complicate 2. Disordini emorragici acquisiti a. Di più comune riscontro nella pratica professionale (95%) b. Quelle più comuni sono: (1) DIC (2) Trombocitopenia primaria (3) Carenza di vitamina K B. Piano diagnostico da impiegare nei pazienti affetti da anomalie dell’emostasi 1. Attraverso numerosi esami di laboratorio, quali PT, PTT, TT, conteggio piastrinico, livelli del fibrinogeno e prodotti di degradazione della fibrina, è possibile evidenziare le alterazioni della coagulazione 66 NOTE 2. Nella pratica professionale di routine, gli esami più facili e più attendibili sono la determinazione del tempo di coagulazione attivata (ACT) ed il conteggio piastrinico (o la valutazione delle piastrine in uno striscio di sangue) 3. Riassunto dei test della coagulazione: Conteggio piastrinico (mediante striscio o emocitometro) PTT (ACT) (via intrinseca) PT (via estrinseca) TT (tempo di trombina-fibrinogeno) Fibrinogeno Prodotti di degradazione del fibrinogeno (lisi del coagulo ACT) Emofilia A o B Trombocitopenia N D D P N lievem. P N N N ––– P N Occ. D P P P P +++ P N N +–– N N N ––– DIC Carenza di vit. K N = normale; – – – = assente; D = diminuito; P = prolungato; +++ = presente; + – – = variabile. 4. Tecniche di laboratorio a. Conteggio piastrinico o esame di uno striscio ematico (1) Striscio (quantificazione approssimativa) (a) Il sangue (1 ml) va prelevato in una provetta con EDTA (b) Allestire lo striscio con le metodiche di routine e colorarlo con la tecnica di Wright (c) Esaminare il preparato alla ricerca delle piastrine, che devono essere presenti in numero di 3-5 per campo microscopico ad elevato ingrandimento (d) Valutare le dimensioni delle piastrine e la loro tendenza ad aggregarsi (2) Conteggio elettronico con apparecchiature automatiche. È praticamente impossibile nel gatto, in cui l’esame deve essere effettuato con un emocitometro. Nel cane si possono utilizzare anche i metodi elettronici, ma occorre valutare l’eventuale presenza di aggregazione piastrinica, che riduce il numero ed aumenta le dimensioni del singoli elementi. Il volume piastrinico medio è una misura dell’età e della rigenerazione delle piastrine. Quelle più giovani sono più grandi 67 NOTE b. Tempo di coagulazione attivata (1) Il test va effettuato con apposite provette (2) La tecnica di prelievo endovenoso deve essere corretta ed effettuata in modo pulito e asciutto (3) Incubare a 37 °C (4) Arrestare il cronometro ai primi segni di formazione del coagulo (5) Valori normali: < 120 sec nel cane e < 75 sec nel gatto c. Tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT) - misura la via intrinseca della coagulazione, come l’ACT, ma è meno soggetto a variazioni ed influenze come la trombocitopenia. Le modificazioni del valore assoluto sono più imponenti di quelle del PT d. Tempo di protrombina (PT) - misura la via estrinseca della coagulazione attraverso la valutazione del fattore VII, che è il primo ad essere interessato dalla carenza di vitamina K e. Tempo di trombina - viene misurato aggiungendo trombina al plasma. Permette di determinare l’attività del fibrinogeno (Fattore I) C. Terapia dei disordini emorragici 1. Piano terapeutico per le alterazioni piastriniche (quantitative) a. Trombocitopenia (1) Anamnesi di imponenti trasfusioni di fluidi poveri di piastrine o di emoderivati (trombocitopenia da diluizione) (a) Evitare la diluizione (infusione di grandi quantità di liquidi) (b) Trasfondere componenti contenenti piastrine (non refrigerate) (2) Minor produzione midollare (a) Anamnesi di somministrazione di estrogeni esogeni i. Ripetute trasfusioni di sangue fresco o plasma ricco di piastrine ii. Stanozololo Ossimetalone (circa 0,2 mg/kg/die) Danocrina cloridrato (b) Ehrlichiosi cronica Steroidi anabolizzanti, minociclina, trapianto di midollo osseo? 68 (3) Aumentata distruzione piastrinica (a) Trombocitopenia immunomediata Assenza di altri segni clinici o alterazioni dei parametri di laboratorio oltre alle emorragie i. Corticosteroidi ii. In caso di mancata risposta, ricorrere alla vincristina (0,01 mg/kg/settimana) (b) Ehrlichiosi in fase iniziale (c) Sia E. platys che E. canis possono essere causa di trombocitopenia Trattamento: tetraciclina, minociclina o doxiciclina alla dose di 50 mg/kg/die (4) Aumentato consumo dei componenti che intervengono nella coagulazione: vedi oltre, DIC 2. Carenza di vitamina K a. Diagnosi differenziali (1) Minore assunzione (a) Squilibri dietetici (rari) (b) Terapie antibiotiche (rare) (c) Malassorbimento (raro) (2) Diminuita sintesi epatica (a) Insufficienza epatica (poco comune) (b) Ostruzione biliare (comune) (3) Avvelenamento da rodenticidi (comune) b. Piano terapeutico (1) Inizialmente, somministrare vitamina K per via parenterale. La vit. K1, da usare solo per via sottocutanea, è superiore a tutte le altre preparazioni (a) 0,2 mg/kg per via sottocutanea; l’impiego per via endovenosa è associato alla comparsa di effetti collaterali (b) Diluire in destrosio al 5% (facoltativo se si utilizza la via SC) (c) Proseguire il trattamento per via orale per 5-7 giorni dopo il controllo dell’emorragia. (d) È possibile somministrare contemporaneamente vit. K3 o K5, continuando per periodi prolungati (2) Nel cane, la somministrazione di vit. K1 permette di correggere l’anomalia entro 1-2 ore, mentre quella di K3 richiede 1 settimana (3) I nuovi e più potenti anticoagulanti (contenenti difacinone, ecc.) richiedono la somministrazione di 1-5 mg/kg/die di vit. K1 per 3 settimane! NOTE 69 NOTE 70 c. Apportare fattori della coagulazione mediante trasfusione (1) Se l’emorragia è eccessiva e l’ACT è > 4 minuti (2) Se l’ematocrito diminuisce rapidamente 3. Piano terapeutico in caso di DIC a. Eliminare la causa primaria o lo stimolo scatenante, se vengono identificati b. La terapia di sostegno dipende dai fattori che concorrono a determinare il quadro clinico (1) Correggere l’ipotensione o lo shock con la fluidoterapia (2) Correggere l’ipossiemia e/o le anomalie della funzione cardiaca (3) Controllare i fenomeni settici mediante antibiotici (4) Correggere l’acidosi con bicarbonato (5) Mantenere adeguata la diuresi per prevenire il blocco renale c. Profilassi (conteggio piastrinico normale-ridotto) (1) Anticoagulanti nelle fasi iniziali o quando si prevede l’insorgenza della DIC (100 UI/kg SC tre volte al giorno) (2) L’acido acetilsalicilico (25 mg/kg/die) si è dimostrato in grado di ridurre l’entità e la gravità dell’embolia polmonare nel cane (possono risultare efficaci dosi inferiori a 10-15 mg/kg/ die) (3) Eparina a basse dosi (50-100 UI/kg SC tre volte al giorno) d. Coagulazione intravasale acuta (conteggio piastrinico ridotto, ACT normale, abbreviato o leggermente prolungato) (1) Eparina in caso di coagulazione potente e rapida (a) Infusione endovenosa goccia a goccia (100 UI/kg) fino a 20 UI/kg/ora (b) Per via sottocutanea (200-500 UI/kg tre volte al giorno nel cane, 50-200 UI/kg tre volte al giorno nel gatto) e. DIC in stadio terminale (ridotto numero di piastrine, marcato prolungamento dell’ACT oltre 4 minuti) (1) Immediato ripristino dei fattori della coagulazione mediante infusione di sangue o plasma (2) Se il numero di piastrine è basso (≤ 50.000/cm3), il sangue deve essere fresco (3) Contemporanea eparinizzazione (a) Impiegare dosi relativamente basse o intermedie (b) 200 UI/kg SC tre volte al giorno insieme al ripristino dei fattori della coagulazione, riducendo gradualmente la dose (50-100 UI/kg SC nel gatto) (4) Monitorare sempre la terapia con ripetute determinazioni di ACT e conteggio piastrinico NOTE 71 NOTE CASI CLINICI CASO 1 Segnalamento: Labrador femmina di 6 anni Anamnesi (18/3): In calore il 30 maggio scorso Anno precedente: 15/12 intervento chirurgico per osteocondrite dissecante alla spalla sinistra. Sindrome di Horner all’occhio sinistro Anno in corso: 14/3 a caccia 15/3 letargia Esame clinico (18/3): Arto pelvico di destra tumefatto, freddo, non dolente Livido (delle dimensioni di una palla da tennis) in corrispondenza della regione safena Zone fluttuanti ventrali lungo la linea addominale mediana Addome pendulo Occhio sinistro in miosi, con riflesso pupillare Sanguinamento eccessivo in corrispondenza dei punti di prelievo endovenoso Problemi: Tumefazione dell’arto pelvico Addome pendulo Emogramma (18/3): Ematocrito Eritrociti Hgb 27,1 (35-57) Leucociti 2,39 (4,95-7,87) Neutr. seg. 6,7 (11,9-18,9) Neutr. non seg. MCV 71 (66-77) Linf. MCH 28,0 (21,0-26,2) Mono. MCHC 39,2 (32,0-36,3) Eosin. Reticolociti 1,3 (0) Piastrine Eritr. nucleati 2 (0) MPV Policromasia 1+ (0) Test di Knott (MPV = Volume piastrinico medio) 72 15.000 (5000-14.100) 13005 (2.900-12.000) 153 (0-450) 918 1.224 0 23.000 1,0 Neg (400-2.900) (100-1.400) (0-1.200) (211.000-610.000) (6,1-10,1) NOTE Profilo biochimico (18/3): Emolisi 3+ Azotemia 21 Creatininemia 0,6 Prot. Totali 5,5 Albumina 2,6 Fosf. alcalina 2,5 ALT 29 (8-28) (0,5-1,7) (6,1-7,5) (2,7-3,6) (1-114) (10-109) Glicemia 127 Na 138 K 4,7 Cl 106 TCO2 22 AGap 10 Ca 9,6 (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (110-124) (14-25) (5-17) (9,1-11,7) Analisi dell’urina: Colore: Trasparenza: Prelievo: Peso specifico: pH: Glucosio: Chetoni: Proteine: Bilirubina: Sangue occulto: Giallo Torbida Cistocentesi 1.018 6,8 Negativo Negativo Negativo Negativo Positivo Sedimento Eritrociti < 10/cmei* Leucociti < 5/cmei* Cellule epiteliali Cellule squamose * cmei: campo microscopico ad elevato ingrandimento. Radiografie: Torace: Esteso versamento pleurico con atelettasia polmonare. Inspessimento della parte caudoventrale del mediastino. Nella proiezione VD si osserva una prominenza della regione dell’atrio destro. Riscontro incidentale di segni di fratture guarite dell’8a e 9a costola. Addome: Distensione con perdita di contrasto intraaddominale, evidenziata dalla scarsa visualizzazione delle sierose (fluidi), più accentuata nella parte craniale dell’addome appena caudalmente allo stomaco. Esame ecografico: Nessuna massa identificabile a livello epatico e splenico. Piccole sacche di liquido libero intorno alla milza ed al fegato. Nella regione omentale-mesenterica si osservano aree ipoecogene a chiazze. Le vene epatiche e la vena cava caudale sono distese. L’esame del cuore mostra un ingrossamento del ventricolo destro, ma nessun segno di masse nell’atrio destro. 73 NOTE Esami supplementari (18/3): ACT: > 8 minuti Piastrine: diminuite (striscio) Paracentesi addominale: Sangue periferico: Ematocrito, 28; solidi totali, 4,4; siero limpido Liquido addominale: Ematocrito, 39; solidi totali, 3,8; aspetto limpido Ricovero del paziente: Sanguinamento eccessivo in corrispondenza del punto di prelievo endovenoso e dell’addominocentesi ACT = 8 minuti Richiesto il profilo della coagulazione Profilo della coagulazione (18/3): PT PTT TT Prod. degr. fibr. Fibrinogeno Piastrine Paziente Controllo 19,0 26,9 3,7 1:128 156 23.000 5,7 14,3 4,9 Interv. di riferimento (5,8-7,9) (13,1-17,4) (4,2-7,0) (< 1:16) (200-500) (210.000-521.000) Trasfusione (18/3): donatore individuato mediante prova di compatibilità crociata Sangue fresco intero + Inizio alle 17:05; fine alle 12:00 600 cc a 75 ml/ora In seguito, infusione di Ringer lattato Terapia: 19/3 20/3 21/3 22/3 Ora ACT 8:00 8:00 8:00 8:00 5 minuti 4 minuti 3 minuti 2 minuti Terapia Vit. K1; Eparina SC, basse dosi Vit. K1; Feci scure; Eparina SC Vit. K1; Eparina SC Vit. K1; Eparina SC Dosaggi terapeutici: Peso del paziente: 31,8 kg Eparina: 2.400 U SC tre volte/die Vitamina K1: 150 mg PO una volta al giorno 74 Ripetizione del profilo della coagulazione (22/3): PT PTT TT Prod. degr. fibr. Fibrinogeno Piastrine Paziente Controllo 7,0 13,5 3,9 Neg a 1:16 179 76.000 6,6 13,7 3,3 NOTE Interv. di riferimento (5,8-7,9) (13,1-17,4) (4,2-7,0) (< 1:16) (200-500) (200.000-500.000) Emogramma (23/3): Ematocrito 46,9 Eritrociti 6,36 Hgb 16,4 MCV 74 MCH 25,8 MCHC 35,0 Reticolociti N.R. Eritr. nucleati 0 Policromasia Occ. (35-57) Leucociti 7.900 (4,95-7,87) Neutr. seg. 6083 (11,9-18,9) Neutr. non seg. 0 (66-77) Linf. 632 (21,0-26,2) Mono. 790 (32,0-36,3) Eosin. 395 (0) Piastrine 90.000 (0) MPV 11,0 (0) (5000-14.100) (2.900-12.000) (0-450) (400-2.900) (100-1.400) (0-1.200) (211.000-610.000) (6,1-10,1) (MPV = Volume piastrinico medio). CASO 2 Segnalamento: Chow-chow femmina di 4 anni. Anamnesi (23/12): Il giorno prima alle 4:30: profusa diarrea emorragica Animale debole ed incapace di camminare Invio ad una clinica di pronto soccorso, con pallore delle mucose e sanguinamento dal punto di prelievo endovenoso Sangue sul termometro Esame clinico (23/12): debole e depresso; colore rossobrunastro; segno di prelievo endovenoso giugulare; diarrea emorragica dal retto Elenco dei problemi: diarrea emorragica; pallore delle mucose; sanguinamento delle vene; debolezza e depressione 75 Emogramma (23/12): Ematocrito Eritrociti Hgb MCV MCH MCHC Piastrine MPV Eritr. nucleati Leucociti: 35 5,00 11,1 70 22,2 31,5 159.000 8,3 0/100 Leucociti granulazioni tossiche (35-57) (4,95-7,87) (11,9-18,9) (66-77) (21,0-26,2) (32,0-36,3) (211.000-621.000) (6,1-10,1) Leucociti Neutr. seg. Neutr. non seg. Linf. Mono. Eosin. 20.100 14271 4422 1206 201 0 (5000-14.100) (2.900-12.000) (0-450) (400-2.900) (100-1.400) (0-1.300) Profilo biochimico (23/12): Azotemia Creatininemia Prot. Totali Albumina Fosf. alcalina 78 2,2 4,0 1,6 60 (8-28) (0,5-1,7) (5,4-7,5) (2,3-3,6) (1-114) Glicemia 86 Na 146 K 3,3 Cl 119 TCO2 14 Ca 8,9 (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (110-124) (14-26) (9,2-11,1) Ipocalcemia corretta: Corretta = Ca + (3,5 - Albumina) = 8,9 + (3/1 - 1,6) = 10,8 Analisi dell’urina: Colore: Trasparenza: Prelievo: Peso specifico: Glucosio: Chetoni: Proteine: Bilirubina: Sangue occulto: Bruno Torbida Minzione 1.041 Negativo Negativo 4+ Negativo Abbondante Sedimento Eritrociti TNTC Leucociti < 5 Cellule epiteliali Poche cellule squamose Test di screening della coagulazione (13/12): ACT = 2 min 30 sec. Profilo della coagulazione (13/12): PT APTT TT 76 Paziente Intervallo di riferimento 8,7 19,2 5,7 (5,8-7,9) (13,1-17,4) (4,2-7,0) NOTE Terapia: Soluzione di Ringer lattato - 2 x mantenimento Vitamina K1 - 2 mg/kg/die Risposta alla terapia: Ricovero del cane, risoluzione di sanguinamento ed anemia Esami di controllo (Follow up): Intervallo di riferimento Ematocrito MCV Piastrine MPV Azotemia Creatininemia Prot. totali Albumina 13/12 35-37 66-77 211-621 6,1-10,1 8-28 0,5-1,7 6,0-7,5 2,8-3,6 35 70 159 8,3 78 2,2 4,0 1,6 26/12 38 68,9 104 10,2 18 0,9 5,2 2,2 17/3 56,1 67 352 8,1 40 1,2 7,0 3,2 Nuovo ricovero 17/3: Estro prolungato da gennaio Emorragie persistenti Successivi test della coagulazione: PTT PT TT Piastrine (x 103) (13,1-17,4) (5,8-7,9) (4,2-7,0) (211-601) 23/12 25/12 15/1 17/3 19,2 8,7 5,7 159 18 8,2 5,9 104 14,1 7,1 6 209 13,6 6,5 6,2 352 Follow up il 17/3: Ovaristerectomia La cagna guarì senza complicazioni 77 NOTE CASO 3 Segnalamento: Basset hound femmina di 5 anni. Anamnesi (1/1): 31/12: In travaglio tutto il giorno. Nascita del primo cucciolo alle 20:30. Altri 3 cuccioli dopo un’ora. 1/1: Alle 8:00 si percepivano ancora dei cuccioli; l’esame radiografico ne evidenzia 3. Eseguito con successo taglio cesareo. Esame clinico alle 13:00 del 1/1: Depressione del sensorio, debolezza, pallore delle mucose, emorragia vaginale, distensione dell’addome. Piano iniziale: Pallore delle mucose: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina Emorragia vaginale: emogramma, test per la valutazione della coagulazione Addome disteso: esame radiografico o paracentesi Emogramma (1/1): Ematocrito Eritrociti Hgb MCV MCH MCHC 14,1 20,03 4,5 69 22,2 31,9 (35-57) (4,95-7,87) (11,9-18,9) (66-77) (21,0-26,2) (32,0-36,3) Leucociti 9.500 Neutr. seg. 7410 Linf. 285 Mono. 190 Eosin. 0 Piastrine 38 MPV 9,0 (5000-14.100) (2.900-12.000) (400-2.900) (100-1.400) (0-1.300) (211-621) (6,1-10,1) Profilo biochimico (1/1): Azotemia 31 Creatininemia 1,2 Prot. Totali 3,5 Albumina 1,7 Fosf. alcalina 108 ALT 6802 (8-28) (0,5-1,7) (5,4-7,5) (2,3-3,6) (1-114) (4-66) Glicemia 125 Na 145 K 4,1 Cl 122 TCO2 8 AGap 15 Ca 9,2 (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (110-124) (14-26) (5-17) (9,1-11,7) Test di screening della coagulazione (1/1): ACT = 3 min 30 sec (normale: < 2 min) Conteggio piastrinico: 38.000 (211.000-621.000) 78 NOTE Profilo della coagulazione (2/1): PT PTT TT Prod. degr. Fib. Fibrinogeno: Paziente Controllo 11,2 22,8 8,7 Neg. a 1:15 65 6,3 13,7 4,1 Intervallo di riferimento (5,8-7,9) (13,1-17,4) (4,2-7,0) (200-500) Invio del caso alle 10:00 del 1/1: Paracentesi addominale: liquido emorragico con ematocrito = 15% ematocrito del sangue periferico = 18% ACT = 3 min 30 sec (normale < 2 min) Decorso durante il ricovero: 11:50 Laparotomia esplorativa 500 cc di sangue in addome Riscontro di una breccia sanguinante nella parete uterina Parziale torsione splenica Ovaristerectomia Splenectomia Terapia postoperatoria: fluidoterapia IV, cefradina, eparina Terapia alle 11:00 del 2/1: Fluidoterapia IV Trasfusione di 800 ml di sangue fresco 2.500 unità di eparina (2,5 ml) SC tre volte al giorno Continuare la terapia con eparina per 1 settimana e poi ridurre gradualmente la dose Decorso (2/1): Miglioramento in seguito a trasfusione 300 cc di sangue intero Aumento dell’emorragia dalla vulva Collasso improvviso, arresto cardiaco, rianimazione Profilo della coagulazione (4/1): PT PTT TT Prod. degr. Fib. Fibrinogeno: Paziente Controllo 8,1 > 60 5,7 Neg. a 1:16 146 7,5 13,5 4,2 (Neg. a 1:16) (200-500) Intervallo di riferimento (5,8-7,9) (13,1-17,4) (4,2-7,0) 79 NOTE Profilo della coagulazione (7/1): Paziente Controllo PT 6,5 PTT 13,5 TT 6,3 Prod. degr. Fib. Neg. a 1:16 Fibrinogeno: 121 6,7 12,3 6,0 Intervallo di riferimento (5,8-7,9) (13,1-17,4) (4,2-7,0) (200-500) Profilo della coagulazione (9/1): Paziente Controllo PT 7,0 PTT 13,2 TT 5,7 Prod. degr. Fib. Neg. a 1:16 Fibrinogeno: 121 6,5 12,8 5,1 Intervallo di riferimento (5,8-7,9) (13,1-17,4) (4,2-7,0) (200-500) Emogrammi successivi: Ematocrito MCV Reticolociti Policrom. Eritr. nucleati Leucociti Neutr. non seg. Monociti Piastrine MPV 1/1 2/1 4/1 14,1 69 NR 0 0 9,5 1615 190 38 9,0 30,7 71 NR 0 0 14,4 2736 144 83 9,0 30,3 69 NR 1+ 3 25,0 1500 4250 69 11,0 Interv. di riferim. (35-37) (66-77) (0) (0) (0) (5-14) (0-500) (100-1400) (211-621) (6,1-10,1) Radiografie del torace e dell’addome: Aumento della radiopacità interstiziale Radiopacità dei tessuti molli nella parte ventrale della parete addominale Graffette metalliche chirurgiche Gas endoaddominale Decorso: 2/1 Arresto cardiaco, intervento chirurgico d’urgenza 4/1 Crisi convulsive di tipo grande male, prescritto clorazepate 8/1 Miglioramento dello stato mentale, limitazione della visione e dell’udito 3/1 Dimessa, lento recupero 80 NOTE CASO 4 Segnalamento: Bulldog inglese di 2 anni, femmina sterilizzata, di circa 20 kg. Anamnesi: Sanguinamenti vaginali nei 3 mesi precedenti Rigurgito intermittente da 6 settimane Poliuria/polidipsia Feci di colore bruno scuro Esame clinico: Depressione Molteplici petecchie sulla parte ventrale dell’addome Massa addominale Piano iniziale: Giorno 1 Rigurgito - dati minimi Radiografie del torace Petecchie - ACT: 2 min 13 sec Piastrine: poche nello striscio di sangue Tempo di emorragia? Dati minimi Massa addominale: radiografie Profilo della coagulazione (Giorno 1): Intervallo di riferimento PT PTT TT Prod. degr. Fib. Fibrinogeno: Piastrine: 8,4 29,5 10,2 Positivo a 1:64 400 80.000 (5,8-7,9) (13,1-17,4) (4,2-7,0) (200-500) (211-621 x 103) Emogrammi successivi: Giorno 1 Ematocrito Reticolociti Leucociti Neutr. seg. Neutr. non seg. Mielociti Linfociti Monociti Eosinofili 32,5 0,8% 27.800 11.120 11.954 1.112 3.336 556 0 Interv. di riferim. (35-37) (5.000-14.000) (2.900-12.000) (0-500) (0) (400-2.900) (100-1400) (0-1.200) 81 NOTE Radiografie dell’addome): Ingrossamento del rene sinistro; mancata visualizzazione del destro; grossa massa retroperitoneale Profilo biochimico (Giorno 1): Azotemia Prot- Tot. Albumina 19 mg/dl 8,1 g/dl 1,6 g/dl (8-28) (5,4-7,5) (2,5-3,6) Terapia (Giorno 1): Eparina, 2.000 U, metà SC e metà IV Ridurre la dose nell’arco di 2-3 giorni Piastrine (Giorno 2): 189.000 Profilo della coagulazione (Giorno 4): Piastrine PTT PT TT Prod. degr. fib. 153.000 20,2 sec 9,1 sec 8,2 sec Pos. 1:32 (211-621.000) (14-25) (5-9) (< 10) (< 1:16) Intervento chirurgico dopo la stabilizzazione delle condizioni del paziente (Giorno 11): Ascesso renale DIC Piastrine ACT Di lieve entità Acuta In stadio terminale D N DD P D PP D = diminuite; DD = fortemente diminuite; N = normale; P = prolungato; PP = molto prolungato. DIC: Cronica Infezioni batteriche croniche Filariosi cardiopolmonare Emangiosarcoma Acuta Setticemia che travolge le difese del paziente Embolia polmonare acuta Pancreatite acuta Terminale Filariosi cardiopolmonare dopo trattamento con caparsolate 82 Stadi della DIC Piastrine NOTE ACT Iniziale < 100.000 < 120 sec (cane) < 75 sec (gatto) Acuta < 75.000 da 120 a 200 sec (cane) da 75 a 120 sec (gatto) Stadio terminale < 100.000 > 200 sec (cane) > 120 sec (gatto) Trattamento anticoagulante: Durata Intensità DIC iniziale o di lieve entità Inibizione delle piastrine: Acido acetilsalicilico: nel cane, 5-10 mg/kg due volte al giorno nel gatto, 25 mg/kg due volte/settimana OPPURE Trattamento anticoagulante: Eparina a basse dosi: Cane: 100-250 U/kg SC tre volte al giorno Gatto: 50-100 U/kg SC tre volte al giorno DIC Acuta Eparina a dosi intermedie: Cane: 375-500 U/kg SC tre volte al giorno Gatto: 250-375 U/kg SC tre volte al giorno OPPURE Cane: 10 U/kg IV ogni 3 ore Gatto 5 U/kg IV ogni 3 ore DIC Terminale Eparina a basse dosi: Cane: 100-250 U/kg SC tre volte al giorno Gatto: 50-100 U/kg SC tre volte al giorno E Immediato ripristino dei fattori della coagulazione: 20 ml/kg 24 ore massimo se normovolemico 83 NOTE CASO 5 Segnalamento: Chihuahua maschio di 1 anno. Anamnesi: 26/7 Castrazione 27/7 Vomito, fluidoterapia (destrosio 5%) per via sottocutanea 29/7 Temperatura 39,4, disidratazione, vomito. Ac. acetilsalicilico e fluidi 30/7 Miglioramento, anoressia 31/7 Di nuovo vomito, ampicillina, vitamine del gruppo B; il paziente beve, ma l’anoressia persiste. Invio del caso alla University of Georgia Esame clinico (31/7): Temperatura 39,4, polso 132, respiro 28, peso 4 kg Depressione, disidratazione del 5% Fuoriuscita di materiale dall’incisione nella regione inguinale Lesioni fistolizzate nella parete toracica Sclere e mucose itteriche Nessuna dolorabilità alla palpazione addominale Molteplici petecchie nella zona rasata Sono anche presenti lividi sulla cute EMERGENZA Esami di laboratorio (1/8): Ematocrito = 43 Urina = arancione Proteine plasm. = 4,9 pH = 7,0 Piastrine = diminuite Peso spec. = 1.015 ACT = 1 min 53 sec Bilirubina = abbondante Eritrociti = 0-1 Leucociti = 0-4 Emogramma (2/8): Ematocrito Plasma Proteine plasmatiche Leucociti Neutrofili segmentati Neutrofili non segmentati Linfociti Monociti Piastrine 84 38 Itterico 5,7 13.700 10.001 2.329 548 822 55.000 (35-57) (limpido) (6,1-7,5) (5.000-14.100) (2.900-12.000) (0-500) (400-2.900) (100-1.400) (211-621.000) NOTE Valutazione della coagulazione (1/8): Piastrine PT PTT TT Prod. degr. fibr. Fibrinogeno 32.000 8,0 sec 22,8 sec 5,0 sec Negativi a 1:8 190 mg/dl (211-621.000) (5-9) (14-25) (< 10) (<1:16) (200-500) Profilo biochimico (31/7): Azotemia Glicemia K Cl Na TCO2 10 75 3 105 140 30 (8-28) (76-119) (3,9-5,1) (110-124) (142-152) (14-26) Prot. tot. Albumina 4,3 1,8 (5,4-7,5) (2,5-3,6) Piano diagnostico (1/8): Emocolture Piano terapeutico (1/8): Fluidoterapia con integrazione di K Somministrazione di antibiotici per via endovenosa Drenaggio chirurgico degli ascessi sottocutanei Trattamento della lieve DIC Eparina 50 U/kg tre volte al giorno Risultati delle emocolture: Positività per Citrobacter Ascessi della parete toracica: Positivi per Klebsiella Decorso: Ematocrito Plasma Prot. plasm. Leucociti Neutr. segm. Neutr. non segm. Linfociti Monociti Piastrine Terapia: 2/8 3/8 4/8 5/8 8/8 38 Itterico 5,7 13.700 10.001 2.329 548 822 55.000 Ampicillina IV Eparina 37 Itt. 5,7 9.048 1.629 4.614 1.629 905 81.000 39 Itt. 6,1 24.900 15.438 5.976 1.494 1.992 128.000 39 Liev. itt. 6,7 25.600 19.200 2.560 2.816 1.024 257.000 39 Limpido 6,8 19.800 15.444 1.188 1.386 1.584 359.000 (35-57) (Limpido) (6,1-7,5) (5.000-14.100) (2.900-12.000) (0-500) (400-2.900) (100-1.400) (211-621.000) 85 NOTE CASO 6 Segnalamento: Pointer femmina di 12 settimane. Anamnesi: Vaccinazione a 8 settimane Trattamento antielmintico a 10 settimane con dichlorvos Alimentazione ad libitum con Puppy Chow Sulfamidici in acqua contro la coccidiosi Altri due cuccioli morti Sospetta polmonite Emissione di sangue con la tosse Alla necroscopia, emorragie timiche Altri 4 cuccioli colpiti allo stesso modo Esame clinico: Temperatura 38,3, polso 199, respiro 108 Rumori espiratori Aumento della sonorità polmonare Addome apparentemente dolente Emissione di sangue con conati di vomito Disidratazione Problemi iniziali: Disordini dell’emostasi Piano iniziale: ACT: 3 min 35 sec Piastrine: normali (striscio) Emogramma: Ematocrito Eritrociti Hgb Leucociti 3,26 (4,95-7,87) Neutr. seg. 27.900 (5000-14.100) 23.715 (2.900-12.000) 7,4 (11,9-18,9) Neutr. non seg. MCV 69 (60-77) MCH 22 (21,0-26,2) MCHC 33 (32,0-36,3) Leucociti tossici Reticolociti Policromasia 86 22,5 (35-57) 5,0% Linf. 558 (0-450) 285 (400-2.900) NOTE Profilo biochimico: Azotemia 10 Prot. Totali 5,5 Albumina 2,7 Fosf. alcalina 128 SGPT 26 (8-28) (5,4-7,5) (2,3-3,6) (1-114) (4-66) Glicemia 146 Na 147 K 3,9 Cl 113 TCO2 24 Ca 9,6 (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (110-124) (14-26) (9,1-11,7) Profilo della coagulazione: Piastrine PTT PT TT Prod. degr. Fib. 353.000 101,2 sec 49,7 sec 3,7 Neg. a 1:16 (211-621.000) (13,1-17,4) (5,8-7,9) (4,2-7,0) (Neg. a 1:16) Terapia (Giorno 1): Vitamina K1 SC 5 mg/kg = 38 mg Trasfusione di sangue Perdita ematica in corrispondenza del punto della puntura della vena Test di screening della coagulazione (Giorno 2): ACT = 1 min 45 sec Somministrazione quotidiana di vit. K3 alla dose di 2,5 mg/kg Confronto fra rodenticidi: Rodenticida Dose tossica Insorgenza Durata Warfarin Cumulativa 50 mg/kg Dopo 1 settimana 1 settimana Difacinone Dose unica Cane: 8 mg/kg Gatto: 10 mg/kg 1 giorno 3 settimane 87 NOTE Terapia degli avvelenamenti da rodenticidi con vit. K1: Rodenticida Dose iniziale di vit. K1 Warfarin 5-10 mg totali SC (0,5-1 mg/kg) 5 mg/kg SC Difacinone Durata del trattamento con vit. K1 per os 5-10 mg/die per 5-7 giorni 5 mg/kg per 21 giorni VALORI NORMALI DEI PARAMETRI EMATOLOGICI E BIOCHIMICI University of Georgia EMOGRAMMA Ematocrito Emoglobina Eritrociti MCV MCH MCHC Proteine plasmatiche Fibrinogeno Reticolociti Eritrociti nucleati/100 Leucociti Leucociti FORMULA LEUCOCITARIA (x 103) Neutrofili segmentati Neutrofili non segmentati Linfociti Monociti Eosinofili Basofili PROFILO BIOCHIMICO Azotemia Creatininemia Proteine totali Albumina Fosfatasi alcalina SGPT (ALT) Glicemia Cl 88 Cane Gatto 37-55 12-18 5,5-8,5 60-77 19-24 32-36 6,0-7,5 150-300 0-1,5 0 6000-17.000 25-34 8-15 5,0-10,0 39-50 13-17 30-36 6,0-7,5 150-300 0-1,0 5500-19.500 3-11,4 0-0,3 1-4,8 0,15-1,35 0,1-1,2 rari 2,5-11,5 0-0,3 1,5-7 0-0,75 0-0,75 rari 5-28 < 1,5 5,5-7,8 2,6-4,3 < 60 4-60 75-110 96-120 14-32 < 1,5 5,8-7,8 2,3-3,8 2,2-17,8 1-50 83-120 108-128 NOTE Cane Gatto PROFILO BIOCHIMICO (continua) Na K Ca P Mg SGOT (AST) CPK Lipasi Amilasi Colesterolo Bilirubina (totale) BSP Osmolalità 141-153 3,6-5,6 9,8-12,0 2,5-5,0 1,8-2,4 0-40 8-60 < 1,0 318-1050 140-210 0,1-0,6 < 5% 280-305 143-158 3,2-5,3 8,6-10,8 4,0-7,0 2,0-3,0 0-20 < 75 150-1000 95-130 0,15-0,30 < 5% 280-305 ANALISI DEI GAS EMATICI pH pCO2 pO2 HCO3 7,31-7,42 29-42 85-95 17-24 7,24-7,4 29-42 85-95 17-24 PARAMETRI DELL’EMOSTASI Numero di piastrine (x 1000) Tempo di coagulazione PT PTT TT Prodotti di degradazione del fibrinogeno Fibrinogeno 200-400 < 2 min 5-9 14-25 < 10 < 1:8 200-500 300-600 < 70 sec 5-9 16-26 < 10 < 1:4 300-500 89 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Urs Giger PD, Dr. Med. Vet., MS, FVH Associate Professor of Medicine and Medical Genetics Principali malattie ereditarie del sangue Venerdì, 23 giugno 1995, ore 12.00 91 NOTE RIASSUNTO Conseguentemente ai notevoli sviluppi della medicina preventiva nel campo della profilassi delle malattie infettive, delle intossicazioni e degli squilibri nutrizionali, lo studio dei disturbi ereditari è andato assumendo un’importanza clinica sempre maggiore. Le informazioni relative a queste affezioni sono state riassunte in un sistema computerizzato di raccolta dati sulle malattie genetiche del cane. Nel presente lavoro verranno illustrati, anche attraverso la presentazione di casi clinici, la diagnosi ed il trattamento di queste anomalie, nonché i suggerimenti da dare agli allevatori sulla base delle attuali nozioni di genetica. Nel corso degli ultimi venti anni sono stati identificati molti disturbi ematologici ereditari, quali i difetti eritrocitari responsabili di emolisi, le principali immunodeficienze conseguenti ad anomalie dei neutrofili e dei linfociti e le alterazioni dell’emostasi come i deficit della funzionalità piastrinica, la malattia di von Willebrand e le coagulopatie. Alterazioni ereditarie degli eritrociti Nella clinica dei piccoli animali, benché l’anemia emolitica immunomediata e le anemie causate da agenti di natura infettiva o chimica siano tuttora più frequenti, i disturbi ereditari degli eritrociti hanno assunto notevole importanza. In particolare, nei cani che presentano un’anemia emolitica persistente, risultano negativi al test di Coombs e non mostrano segni di infestazione da Babesia o esposizione a tossine (zinco, cipolle), si deve sospettare un’anomalia eritrocitaria ereditaria. La razza degli animali colpiti e gli effetti multisistemici osservati possono fornire ulteriori indizi a sostegno della diagnosi. Tuttavia, per la conferma di quest’ultima, è essenziale una valutazione completa mediante speciali test di laboratorio. Recentemente, sono state scoperte parecchie nuove affezioni eritrocitarie ereditarie, che vengono elencate nella tabella. Queste anomalie non sono state solo individuate a livello clinico e di laboratorio, ma, in un paio di casi, anche a livello molecolare. La maggior parte delle alterazioni eritrocitarie è stata segnalata in singole famiglie di animali, con l’eccezione della metaemoglobinemia, riconosciuta in molti cani isolati 92 appartenenti a razze differenti, e di due eritroenzimopatie glicolitiche, la carenza di fosfofruttochinasi e quella di piruvatochinasi, entrambe di comune riscontro in una specifica razza di cani, rispettivamente l’english springer spaniel ed il basenji. Per identificare gli animali colpiti e quelli portatori ed escluderli dalla riproduzione sono stati adottati appositi programmi di screening genetico. Entrambe queste enzimopatie verranno illustrate dettagliatamente. NOTE Carenza di piruvatochinasi La carenza di piruvatochinasi a livello eritrocitario determina un’anemia persistente, grave ed altamente rigenerativa. L’affezione si riscontra nella maggior parte dei casi in animali di età compresa fra 4 mesi ed 1 anno. Nonostante l’intenso pallore delle mucose rilevabile, gli animali presentano solo un lieve grado di debolezza e intolleranza all’attività fisica. È interessante notare che i cani con carenza di piruvatochinasi sviluppano una forma progressiva di mielofibrosi ed osteosclerosi e muoiono prima del 5° anno di età per anemia ed insufficienza epatica. Nel corso di prove sperimentali, il trapianto di midollo osseo si è dimostrato in grado di determinare la completa guarigione dei basenji colpiti, mentre la splenectomia è risultata inefficace. Gli eritrociti dei cani colpiti sono completamente privi del normale isoenzima di tipo R della piruvatochinasi, ma presentano un’espressione aberrante dell’isoenzima di tipo M, labile e malfunzionante. Quindi, per diagnosticare la malattia nel cane sono necessari esami di laboratorio speciali, dal momento che la semplice misurazione dell’attività totale della piruvatochinasi non è sufficiente. La carenza di piruvatochinasi a livello eritrocitario si riscontra soprattutto, in tutto il mondo, nel basenji, ma è stata segnalata anche in altre razze, come il beagle, il west highland white terrier ed il cairn terrier. La malattia è ereditaria e viene trasmessa attraverso un gene autosomico recessivo, per cui i cani eterozigoti (portatori) risultano clinicamente normali, ma presentano un’attività enzimatica pari alla metà del valore normale. Diversi laboratori di ricerca e numerose Facoltà di Medicina Veterinaria hanno attivato programmi di screening per l’identificazione dei cani malati e di quelli portatori. Previo accordo con l’istituto di riferimento, per stabilire preventivamente la data dell’esame, si 93 NOTE devono inviare al laboratorio dei campioni di sangue con EDTA (mantenuti rigorosamente sotto ghiaccio) prelevati dai casi sospetti e da alcuni animali di controllo. L’attuazione di questo programma di screening ha già ridotto la frequenza dei basenji con carenza di piruvatochinasi. Recentemente, abbiamo scoperto parecchi gatti abissini che presentavano la carenza di piruvatochinasi ed una grave forma di anemia emolitica parzialmente sensibile alla splenectomia. In questi soggetti non si sono rilevati segni di espressione anomala dell’isoenzima di tipo M né di osteosclerosi. È anche stata osservata un’inspiegabile anemia ricorrente con splenomegalia, iperglobinemia ed aumento della fragilità osmotica. Benché anche la porfiria felina colpisca gli eritrociti, questa è la prima anomalia emolitica ereditaria descritta nel gatto. Carenza di fosfofruttochinasi Nel cane, la carenza di fosfofruttochinasi è caratterizzata da emolisi cronica con anemia emolitica e miopatia da sforzo. Gli animali colpiti generalmente mostrano una forma emolitica cronica compensata con reticolociti superiori al 5%, intensa bilirubinuria e valori di ematocrito pari o prossimi a quelli normali, tranne che durante le crisi emolitiche. Queste ultime sono indotte dall’alcalemia da iperventilazione associata a sforzi fisici intensi, eccessivo abbaiamento e temperature ambientali elevate e si osservano per la prima volta a diversi mesi o molti anni di età. Durante queste crisi, i cani colpiti dalla carenza enzimatica possono divenire gravemente anemici ed itterici. Un segno clinico molto importante è rappresentato dalla comparsa sporadica di pigmenti bruno scuro nelle urine, dovuta a grave bilirubinuria ed emoglobinuria, che denota un’imponente emolisi intravascolare. Queste impressionanti alterazioni, accompagnate da febbre, letargia ed anoressia, di solito si risolvono entro pochi giorni e, quindi, possono dare l’impressione di rispondere positivamente a qualsiasi trattamento. Il difetto eritrocitario può essere corretto col trapianto di midollo osseo. Negli springer utilizzati per le competizioni di campo si può osservare un altro aspetto della malattia. Questi animali possono rifiutarsi di correre per lunghe distanze, si riposano spesso o, più raramente, manifestano crampi muscolari durante l’allenamento. I livelli sierici di creatinachinasi possono risultare lievemente o marcatamente aumentati, ma 94 non si osserva mioglobinuria. Chiaramente, gli animali colpiti non forniscono buoni risultati nel corso dell’attività agonistica, che inoltre può esporli al rischio di crisi emolitiche. In questi soggetti, la durata prevista della vita risulta relativamente normale, nella misura in cui si riescono ad evitare le situazioni che possono indurre le crisi emolitiche. Dal momento che la malattia è caratterizzata dalla completa assenza dell’isoenzima di tipo M, negli animali colpiti, rispetto a quelli di controllo, l’attività totale della fosfofruttochinasi risulta pari solo al 9-22% a livello eritrocitario ed inferiore al 5% nella muscolatura scheletrica. Questo blocco precoce della glicolisi determina una marcata riduzione della concentrazione eritrocitaria di 2,3difosfoglicerato che, a sua volta, provoca un aumento dell’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno ed un innalzamento del pH eritrocitario, che spiega la maggiore fragilità alcalina riscontrata. Recentemente, attraverso studi molecolari, abbiamo scoperto nei cani colpiti l’esistenza di una mutazione in un unico punto, con la sostituzione di un codone terminale (TAG) con il triptofano (TGG) in prossimità dell’estremità carbossilica della proteina. Sono già state identificate diverse dozzine di springer spaniel inglesi con carenza di fosfofruttochinasi, soprattutto fra i cani impiegati per le prove di campo negli Stati Uniti. Dal momento che la malattia può anche non determinare la comparsa di segni clinici o manifestarsi solo in modo intermittente, è possibile che in questa razza l’anomalia sia più comune del previsto. Lo scorso anno, abbiamo scoperto uno springer spaniel inglese con carenza di fosfofruttochinasi in Danimarca. Inoltre, recentemente abbiamo riscontrato la stessa mutazione in un cocker spaniel americano, il che fa pensare che queste due razze siano state incrociate. La malattia viene trasmessa ereditariamente attraverso un gene autosomico recessivo. Negli animali colpiti ed in quelli portatori, può essere diagnosticata con la misurazione dell’attività enzimatica in campioni di sangue con EDTA appena prelevati o mantenuti sotto ghiaccio. Rispetto ai soggetti di controllo, nei portatori, che appaiono clinicamente normali, tale attività risulta approssimativamente dimezzata. Recentemente, abbiamo messo a punto un test di screening relativamente semplice, basato sull’impiego della reazione a catena della polimerasi (PCR) che rimpiazzerà le metodiche, molto più complesse, di determinazione dell’attività enzimatica. Questo test utilizza una piccola quantità di sangue e permette di determi- NOTE 95 NOTE nare con la massima precisione se in un cane la sintesi della fosfofruttochinasi è regolata da due geni mutanti (colpito), da un gene normale e da uno mutante (portatore) o da due geni normali (normale). Si tratta del primo test di screening molecolare per animali da compagnia che consente di determinare la frequenza del gene responsabile di questo difetto nella razza e di identificare con la massima precisione i soggetti da escludere dalla riproduzione. Immunodeficienze primitive del cane Le immunodeficienze sono anomalie ereditarie del sistema immunitario che possono predisporre gli animali colpiti ad una gran varietà di malattie infettive. Possono essere suddivise in specifiche (difetti delle risposte umorali e cellulomediate) ed aspecifiche (anomalie dei fagociti e del sistema del complemento). Nell’uomo sono state identificate molte affezioni di questo tipo e recentemente sono state riscontrate malattie analoghe anche negli animali. L’emopoiesi ciclica dei collie grigi venne descritta per la prima volta 35 anni fa e oggi, grazie ai recenti progressi dell’immunologia clinica e di laboratorio in medicina veterinaria, sono state identificate varie altre forme di immunodeficienza. Specifiche: Grave immunodeficienza combinata Carenza selettiva di IgA Carenza selettiva di IgM Ipoglobulinemia transitoria Nanismo immunodeficiente Acrodermatite letale Aspecifiche: Emopoiesi ciclica (neutropenia) Anomalia di Pelger-Hüet Carenza di adesione dei leucociti Carenza della componente C3 del complemento Sensibilità alla tubercolosi aviare Difetti delle capacità battericide dei neutrofili Immunodeficienza con ascessi Trasmissione* Razze XR S S S S S Basset, welsh corgi Beagle, shar pei Doberman Samoiedo Weimaraner Bull terrier AR AD AR Collie grigi Varie razze Setter irlandese AR S Britanny spaniel Basset S S Doberman Weimaraner * XR, gene recessivo del cromosoma X; AR, gene autosomico recessivo; AD, gene autosomico dominante; S, sconosciuta. 96 Le principali caratteristiche cliniche che suggeriscono l’esistenza di un’immunodeficienza primaria sono rappresentate da aumentata sensibilità alle infezioni (compresa quella che si verifica nei neonati e nei cuccioli privati del colostro, che vengono colpiti da infezioni ricorrenti alle quali spesso soccombono), mortalità neonatale associata all’interessamento di più soggetti della cucciolata, riscontro di quadri gravi e spesso atipici causati da microrganismi non patogeni e da agenti infettivi insoliti, incompleta e ritardata risposta alla terapia antimicrobica ed inadeguata reazione alle vaccinazioni. Possono poi essere presenti altre manifestazioni, quali diluizione del colore del mantello, scarso accrescimento ed aumentata tendenza alle emorragie. Oltre alla dettagliata descrizione clinica, per molte immunodeficienze sono state identificate le anomalie della funzione leucocitaria e, in alcuni casi, è stata individuata la carenza di una specifica proteina, come la componente C3 del complemento o la CD18. Inoltre, recentemente è stato dimostrato che la grave immunodeficienza combinata trasmessa attraverso il cromosoma X nel basset, caratterizzata da una disfunzione cellulare ed umorale, è dovuta ad una delezione 4-bp nel primo esone del gene che regola la catena gamma del recettore della IL-2. Le immunodeficienze primarie del cane rappresentano condizioni omologhe alle corrispondenti malattie genetiche dell’uomo e possono essere utili come modello animale per chiarirne la patogenesi e verificare l’efficacia di nuove strategie terapeutiche. NOTE Alterazioni ereditarie della coagulazione Nei piccoli animali, le emorragie possono spesso essere causate o aggravate da un disordine ereditario dell’emostasi. Sono stati identificati molti difetti di questo tipo, che possono essere distinti in coagulopatie (cioè carenze dei fattori plasmatici della coagulazione), alterazioni della funzionalità piastrinica e malattia di von Willebrand. Malattia di von Willebrand Il fattore di von Willebrand è una grande proteina plasmatica multimerica sintetizzata ed accumulata a livello delle cellule endoteliali. È coinvolto nella prima fase dell’emostasi, l’adesione delle piastrine al collagene endo97 Alterazioni ereditarie della coagulazione TE Coagulopatie Fattore VII Emofilia A (Fattore VIII) Emofilia B (Fattore IX) Fattore X Fattore XI PTT PT Trasmissione N N N N N N ↑ ↑ ↑ ↑ ↑ N N ↑ N AR XR XR AD AD Fattore XII N Coagulopatia vitamina K- N dipendente ↑ ↑ N ↑ AR AR N S N N AR N AD/AR Difetti della funzionalità piastrinica Alterazioni del pool δ ↑ N di riserva Tromboastenia ↑ N Trombopatia ↑ N Malattia di von Willebrand ↑ N Beagle, sanguinamento lieve Beagle Molte razze, sanguinamento da lieve a grave Molte razze, sanguinamento da lieve a grave Cocker spaniel americano Kerry blue terrier, cane dei Pirenei, Springer spaniel inglese, emorragie postoperatorie Molti gatti, assenza di sanguinamento Devon rex, sanguinamento grave Cocker spaniel americano Otterhound Bassethound, spitz Molte razze TE, tempo di emorragia; PTT, tempo di tromboplastina parziale; PT, tempo di protrombina; ↑, aumento; XR, gene recessivo del cromosoma X; AR, gene autosomico recessivo; AD, gene autosomico dominante; S, trasmissione sconosciuta. teliale, e nelle condizioni caratterizzate da elevato consumo, come avviene nelle arteriole e nel microcircolo. Quindi, è necessario principalmente alla funzione piastrinica, sebbene agisca anche da carrier per il Fattore VIII. Le più grandi strutture multimeriche del fattore di von Willebrand sono anche quelle più attive dal punto di vista dell’emostasi. In questa malattia, tutte le dimensioni del fattore di von Willebrand possono essere proporzionalmente ridotte (tipo I) o mancare completamente (tipo III); più raramente, possono andare perduti esclusivamente i grandi multimeri (tipo II). La malattia è stata identificata in più di 50 razze, in alcune delle quali presenta una frequenza superiore al 50%; la forma di tipo I può anche essere acquisita ed associata ad ipotiroidismo. La condizione sembra verificarsi solo raramente nel gatto. Attualmente, presso molti laboratori è possibile effettuare un test semplice, sensibile ed accurato, basato sul metodo ELISA, inviando un campione di sangue con EDTA o citrato. Tuttavia, per differenziare il tipo I da quello II (raro) è necessaria l’analisi dei multime98 ri mediante elettroforesi in gel. La determinazione del tempo di emorragia a livello della mucosa boccale è un esame semplice e pratico, ma non molto sensibile, per identificare la malattia. Nei cani colpiti, questo tempo risulta tipicamente prolungato, ma in alcuni casi può essere normale anche in presenza di bassi livelli plasmatici del fattore di von Willebrand. Inoltre, l’entità della carenza di quest’ultimo non risulta correlata al prolungamento del tempo di emorragia boccale, né alla tendenza alle emorragie o all’eccessivo sanguinamento operatorio. I cani colpiti dalla malattia di von Willebrand presentano raramente sanguinamenti spontanei, ma possono avere eccessive perdite di sangue in caso di traumi, interventi chirurgici, estro, infezioni virali ed ulcere gastroenteriche. In questi animali si deve evitare l’impiego dell’acido acetilsalicilico e di ogni altro farmaco che determini un notevole aumento della tendenza alle emorragie. I pazienti che, pur essendo colpiti dalla malattia, non presentano alcun sanguinamento non necessitano di alcuna terapia specifica, tranne che la correzione dell’eventuale ipotiroidismo. Invece, nei soggetti con gravi emorragie è indicata la somministrazione di fattore di von Willebrand esogeno. Allo scopo, risultano maggiormente indicati il crioprecipitato (fattore di von Willebrand, fattore VIII e fibrinogeno concentrati), plasma congelato (che contiene tutti i fattori della coagulazione) o sangue fresco intero, se il paziente è anche gravemente anemico o non è possibile disporre di emoderivati specifici. Sembra essere utile anche la somministrazione due volte al giorno di tiroxina alle dosi abituali, che può abbreviare il tempo di emorragia. A differenza di quanto avviene nell’uomo, la desmopressina, un analogo della vasopressina, determina solo un aumento marginale dei livelli plasmatici del fattore di von Willebrand. Tuttavia, la somministrazione per via sottocutanea di 1 µg/kg di questa sostanza ad alcuni cani colpiti dalla malattia ha determinato una riduzione transitoria del tempo di emorragia e può diminuire ulteriormente le perdite ematiche o l’eccessivo sanguinamento durante gli interventi chirurgici. In ogni caso, questi ultimi devono sempre essere effettuati curando in modo particolarmente meticoloso l’emostasi e tenendo a disposizione degli emoderivati compatibili col sangue del paziente; inoltre, si devono evitare tutti i trattamenti che possono compromettere l’emostasi. NOTE 99 NOTE Tipi di malattia di von Willebrand Tipo I: Tutti i multimeri sono ridotti al 5-50% Trasmesso da un gene autosomico dominante a penetranza incompleta Acquisito con l’ipotiroidismo Tipo II: Perdita dei grandi multimeri Nel pointer tedesco a pelo corto Tipo III: Assenza di multimeri In Chesapeake Bay retriever, terrier scozzese, pastore delle Shetland 100 101 Razza Alaskan Malamute Schnautzer nano English springer spaniel Akita Macrocitosi/Disematopoiesi Barboncino Difetti di produzione e maturazione Emopoiesi ciclica Collie grigio Microcitosi familiare Elevati livelli eritrocitari di Akita potassio Incroci di razze giapponesi Emolisi non sferocitaria Beagle Aumento della fragilità Stomatocitosi Anomalie di membrana e di altra natura Ellissocitosi Cani meticci Eritroenzimopatie Carenza di piruvatochinasi Basenji (comune) (PK) Beagle (comune) West Highland white terrier e Cairn terrier Barboncino nano Gatto abissino Carenza di fosfofruttochina- English springer spaniel si (PFK) (comune) Cocker spaniel americano Carenza di glucosio-6-fosfa- Weimaraner to-deidrogenasi (G6PD) Carenza di metaemoglobi- Diversi casi isolati nel cane na-riduttasi (Met-Hb-red) e nel gatto Porfiria del gatto, carenza Gatto domestico a pelo di porfobilinogeno-deami- corto, siamese nasi Disordini Normale Gene autosomico Normale recessivo Sconosciuta Normale Gene autosomico 29-42 recessivo Sconosciuta Normale Sconosciuta Gene autosomico Normale recessivo Gene autosomico recessivo Sconosciuta Normale Nessuna, ellissociti Macrocitosi Citopenie intermittenti Microcitosi Infezioni ricorrenti, sanguinamenti Nessuna Nessuna Macrocitosi, stomatociti, condrodisplasia nei malamute Aumento della fragilità osmotica Lieve policromasia, ipertermia indotta dall’attività fisica Aumento dei livelli eritrocitari e Nessuna, pseudoiperkalemia sierici di potassio Reticolocitosi, Ca-ATPasi (?) Nessuna, lieve anemia Carenza di banda 4,1 delezione genica Aumentata fragilità, stomatociti Normale-elevato Met-Hb-red 10-40%, Met-Hb > Cianosi, assenza di anemia, intol10% leranza all’attività fisica (?) Normale PBG-deaminasi, siderociti Colorazione bruna di denti ed ossa, anemia nei gatti siamesi Sconosciuta Gene dominante Normale Sconosciuta Attività di PK 8,22% screening Crisi emolitiche inducibili, lieve genetico per identificare il miopatia, pigmenturia punto di mutazione Attività di G6PD 40% Nessuna Caratteristiche cliniche Gene autosomico 9-48 recessivo Test speciali Anomalie della cinetica e della Anemia emolitica, mielofibrosi stabilità della PK, attività di M- ed osteosclerosi (cane) PK Ematocrito (%) Gene autosomico 11-25 recessivo Modalità di trasmissione ereditaria Tabella Disordini eritrocitari ereditari dei piccoli animali (Adattata da Giger, Curr Vet Therapy, 1989) 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 George Lubas Professore Associato di Ematologia ed Immunologia Clinica Veterinaria Istituto di Clinica Medica Veterinaria Viale delle Piagge 2 - Università di Pisa 56124 Pisa Terapia trasfusionale: l’esperienza italiana Venerdì, 23 giugno 1995, ore 13.00 103 NOTE RIASSUNTO L’emotrasfusione è un intervento terapeutico talora insostituibile alla portata di qualsiasi medico veterinario, realizzabile grazie alle conoscenze derivanti dagli studi sui gruppi sanguigni nel cane e nel gatto che hanno reso possibile evitare reazioni immunomediate indesiderate ed all’adozione su larga scala di una serie di semplici attrezzature. Particolare attenzione deve essere però rivolta ad identificare gli idonei soggetti donatori gruppo sanguigno compatibili, eseguendo un accurato esame clinico, un completo profilo ematobiochimico ed indagini sierologiche e parassitarie. Deve essere inoltre conosciuta l’applicazione dei diversi prodotti emotrasfusionali nel cane (concentrato di eritrociti o di piastrine, plasma fresco, ect.), il cui utilizzo mirato può correggere selettivamente diversi stati patologici (anemie, disturbi dell’emocoagulazione e carenze proteiche). Presso l’Università di Pisa è stato istituito il Centro Trasfusionale Veterinario, primo del suo genere in Italia, che grazie ad un programmato piano di cani donatori esterni, si occupa principalmente di medicina emotrasfusionale in questa specie, ma è in grado di gestire la medesima attività a favore anche del gatto e del cavallo. INTRODUZIONE L’emotrasfusione è oggigiorno un intervento terapeutico talora insostituibile alla portata di qualsiasi medico veterinario, realizzabile grazie alle conoscenze derivanti dagli studi sui gruppi sanguigni nel cane e nel gatto ed all’adozione su larga scala di semplici attrezzature per la sua realizzazione pratica. Presso la Clinica Medica Veterinaria dell’Università di Pisa è stato istituito il Centro Trasfusionale Veterinario (CTV), primo del suo genere in Italia, che grazie ad un programmato piano di cani donatori esterni, si occupa principalmente di medicina emotrasfusionale in questa specie, ma è in grado di gestire la medesima attività a favore anche del gatto e del cavallo. Tabella 1 104 Caratteristiche dei gruppi sanguigni del cane Nomenclatura Tipo di reazione Incidenza gruppi Incidenza gruppi per l’identificazione sanguigni in Italia sanguigni nel mondo DEA Sistema Fattori Agglutinazione 1.1 1.2 A 3 4 5 6 7 B C D F Tr a1 a2 a3 a a a a tr o a a a a a + + + + + + + + + - J K L M N Coombs Emolisi + + + (+) + + + + + + (+) (+) - Pastori tedeschi Meticci Pastori tedeschi Meticci 12,5 nd nd nd nd nd nd 10,7 nd nd nd nd nd nd 10,7 nd nd nd nd nd nd 11,4 nd nd nd nd nd nd 30,4 4,3 19,6 nd nd nd nd nd nd nd nd nd nd nd 41,3 9,1 9,1 5,5 99,8 22,4 100 40,7 31,1 34,4 2,0 51 19 61,6 Note : + = reazione ottimale; (+) = reazione alternativa o di seconda scelta; - = assenza di reazione; nd = non determinato. Caratteristiche dei gruppi sanguigni del cane e del gatto Nel cane sono noti diversi gruppi sanguigni (vedi tabella 1), ma ai fini trasfusionali quelli più importanti sono quelli appartenenti al sistema A (DEA 1) e Tr (DEA 7), poiché hanno una capacità di indurre una eventuale reazione sfavorevole. Nel cane non è frequente il reperto di anticorpi naturali antieritrocitari, ma nel caso siano presenti hanno un titolo piuttosto basso e comunque non sono in grado di provocare una grave reazione trasfusionale. Scelta dei cani donatori di sangue Per essere considerato un idoneo donatore di sangue il cane deve avere un peso di almeno 25 kg, un’età compresa tra 2 e 8 anni ed un buon carattere; inoltre deve essere in ottime condizioni di salute, avere un ematocrito di almeno 40% ed essere in regola con le principali vaccinazioni. Ai fini immunoematologici i cani donatori non 105 NOTE Tabella 2 Esami di laboratorio adottati dal CTV dell’Università di Pisa per il cane donatore di sangue Gruppo sanguigno: DEA 1 (Aa), DEA 7 (Tr) Emocromo: n°RBC, n°WBC, Hgb, Hct, MCV, MCH, MCHC, RDW, n° PLT, MPV, PCT, PDW Formula leucocitaria: Neutro/Eosino/Basofili Linfo/Monociti Biochimica Clinica: Alanina Transferasi (ALT), Fosfatasi Alcalina (AP), Proteine Totali, Urea Emocoagulazione: Tempo Protrombina (PT) Tempo Tromboplastina Parziale (aPTT) Sierologia: Ehrlichia (E. canis) Filaria (D. immitis) Leishmania (L. infantum) Borrelia (B. burgdorferi) Brucella (B. canis) Urine: Analisi chimico fisica Parassitologia: Fecale, ricerca microfilarie devono possedere i gruppi sanguigni DEA 1 (Aa) (con i sottotipi DEA 1.1 e DEA 1.2) ed il DEA 7 (Tr). Lo stato di salute dell’animale donatore deve essere verificato con apposite analisi di laboratorio (vedi tabella 2) e particolare importanza rivestono le indagini sierologiche per alcune malattie potenzialmente trasmissibili per via ematica. Prelievo e raccolta di sangue dai donatori Il prelievo di sangue deve essere eseguito da vasi di grosso calibro (vena giugulare o vena cefalica dell’arto anteriore). L’accesso alla vena prescelta deve essere rasato dal pelo e disinfettato. Devono essere usati aghi di grosso diametro (16 G) che diminuiscono le possibilità di traumi sugli eritrociti ed aumentano la velocità di riempimento della sacca. L’anticoagulante più idoneo risulta essere il CPDA-1 (Citrato, Fosfato, Destrosio, Adenina), nel rapporto di 14 ml su 100 ml di sangue, in quanto prolunga la vita degli eritrociti nella sacca anche fino a 35 giorni dopo il prelievo se conservato a 4°C. La sacca può essere riem106 pita per gravità o con un dispositivo collegato ad una pompa a vuoto. Durante la raccolta occorre agitare delicatamente la sacca per favorire il mescolamento tra sangue ed anticoagulante onde evitare la formazione di coaguli. La quantità di sangue che si può prelevare da un cane donatore è di circa 1,5-2% del peso corporeo ogni 4 settimane (oppure fino a 20 ml/kg). NOTE Preparazione, indicazioni e somministrazione degli emoderivati Sangue intero fresco Il sangue intero fresco è raccolto in sacche contenenti CPDA-1, va conservato a 4°C ed utilizzato entro 6-12 ore per avere la massima disponibilità di tutti gli elementi ematici, ma soprattutto dei leucociti, piastrine e fattori labili della coagulazione che hanno una emivita molto breve. Si somministra nelle anemie emorragiche acute causate da interventi chirurgici, traumi, difetti congeniti ed acquisiti della coagulazione e processi patologici a carico della parete vasale (es. rottura aneurismi) e nelle anemie emolitiche. La velocità massima di infusione deve essere di 0,25 ml/kg per i primi 30 min, per controllare eventuali reazioni di incompatibilità. Quindi nei pazienti normovolemici max 22 ml/kg nelle 24 ore, nei pazienti ipovolemici max 20 ml/kg/ora. In ragione dell’ampia variabilità della velocità di infusione si raccomanda uno stretto monitoraggio del paziente. L’impiego di una trasfusione di sangue intero fresco o conservato è utile quando il valore dell’ematocrito nel potenziale ricevente scende al di sotto del 20%. La quantità totale di sangue da trasfondere può essere calcolata con la seguente formula (valore in ml): 88 × peso ricevente in kg × Ematocrito richiesto – Ematocrito ricevente Ematocrito del sangue nella sacca Concentrato di eritrociti Viene preparato per centrifugazione o sedimentazione della sacca di prelievo contenente CPDA-1 e successivo allontanamento del plasma e può essere conservato fino a 35 giorni dopo il prelievo. Ha le stesse indicazioni del san107 NOTE gue intero fresco eccetto che nelle anemie emorragiche causate da difetti congeniti od acquisiti della coagulazione, però non incrementa la volemia e non sovraccarica il circolo sanguigno. Per le norme di infusione vedi quanto riportato nel sangue intero fresco. In genere il concentrato di eritrociti viene diluito con 100 ml di soluzione fisiologica sterile. Il volume del concentrato da trasfondere può essere calcolato con la seguente formula: 70 × peso ricevente in kg × Hb richiesto – Hb ricevente Hb nel concentrato eritrociti Plasma Viene ottenuto per centrifugazione dalla sacca di prelievo contenente sangue con CPDA-1 e successiva separazione degli eritrociti e leucociti. Il plasma fresco ricco di piastrine si ottiene con la centrifugazione a 375 giri/min per 15-20 min e deve essere trasfuso al ricevente entro 6-12 ore. È indicato in tutti i casi di trombocitopenia. Il plasma fresco povero di piastrine si ottiene con la centrifugazione a 2000 giri/min per 10 min. Il plasma fresco povero di piastrine è invece chiamato Plasma Fresco Congelato se preparato entro 6-12 ore dal prelievo e congelato a -20°C al fine di mantenere intatti tutti i fattori della coagulazione e le proteine plasmatiche per la durata di un anno. Il plasma fresco congelato è indicato in tutti i casi di deficit o di ipofunzionalità congenita od acquisita dei fattori della coagulazione (ad es. l’emofilia A, il morbo di Von Willebrand) e negli avvelenamenti da antagonisti della Vitamina K. Il plasma fresco povero di piastrine è chiamato plasma congelato se la preparazione avviene oltre 12 ore dal momento del prelievo. Può essere utilizzato come terapia sostitutiva di albumina, globuline, elettroliti e nelle ipovolemie (ad es. ustioni gravi). La velocità massima di infusione deve essere di 0,25 ml/kg per i primi 30 min, per controllare eventuali reazioni di incompatibilità. Quindi la velocità di infusione suggerita è di 6-10 ml/kg/h. Si raccomanda sempre uno stretto monitoraggio del paziente. Lo scongelamento del plasma va effettuato in bagnomaria a 37°C. Reazioni trasfusionali 108 Tabella 3 Sommario delle indicazioni per l’uso degli emoderivati Indicazioni d’uso NOTE Emoderivati consigliati Anemie emorragiche Anemie emolitiche Anemie non rigenerative Trombocitopenia Sangue intero fresco Sangue intero conservato Concentrato di eritrociti Sangue intero fresco Plasma fresco ricco di piastrine Deficienza dei fattori della coagulazione Plasma fresco congelato Sangue intero fresco Ipoprotidemia, ipoalbuminemia, ustioni Plasma congelato Gli emoderivati consigliati hanno attività pressoché equivalente per il gruppo corrispondente di patologie indicate; la scelta si basa sulla disponibilità degli emoderivati e sulle condizioni del paziente. Le reazioni trasfusionali nel cane ricevente sono rare. Quelle di origine immunomediata sono dovute alla trasfusione di eritrociti con il gruppo sanguigno DEA 1 o DEA 7 in un soggetto con specifici anticorpi. I sintomi si manifestano con: tremori, incontinenza urinaria e fecale, salivazione, vomito, febbre, orticaria, crisi asmatiche, aritmie cardiache, emoglobinuria, emoglobinemia, edema, coagulazione intravasale disseminata, emorragia. Queste reazioni, talora, possono essere osservate anche inoculando pochi ml di sangue incompatibile in un soggetto con anticorpi anti DEA 1 a titolo elevato, ma difficilmente anche nei casi molto gravi si arriva alla morte. Altre reazioni che si possono verificare durante la trasfusione sono dovute a varie cause, tra cui l’inquinamento da germi pirogeni della sacca e dei raccordi (febbre, tremori muscolari, mucose congeste e vomito), il sovraccarico circolatorio (segni di insufficienza cardiaca sinistra con tosse e dispnea fino all’edema polmonare) ed infine uno squilibrio acido base per eccesso di citrati (tremori muscolari e disturbi cardiaci) o di potassio (disturbi cardiaci). Prove di compatibilità crociata Prima di ogni trasfusione è buona norma effettuare sempre le prove di compatibilità crociata major e minor; la prima viene eseguita mettendo a contatto globuli rossi del 109 NOTE donatore con il siero/plasma del ricevente in modo da evidenziare la possibile presenza di anticorpi antieritrocitari nel ricevente. La seconda viene effettuata, invece, ponendo a contatto i globuli rossi del ricevente con il siero/plasma del donatore e permette di evidenziare eventuali anticorpi antieritrocitari presenti nel donatore. La presenza di anticorpi diretti contro gli eritrociti e cioè la reazione positiva viene rilevata per mezzo di emoagglutinazione macro e/o microscopica o di emolisi. BIBLIOGRAFIA Continanza R., Gavazza A., Lubas G. - Recenti acquisizioni sull’impiego dei gruppi sanguigni del cane - Vet. Rep. ediz. Italiana, 4, 2, 7-14, 1993. Gavazza A., Lubas G. - Prove di laboratorio preliminari alla pratica emotrasfusionale del cane - Boll. AIVPA, 29-32, 1995. Lubas G. - Appunti di Immunoematologia e di Immunogenetica Veterinaria Servizio Editoriale Universitario, Pisa, pp 201, 1992. Lubas G., Continanza R., Delgadillo A.J., Campanella O.F. - Uso dei gruppi sanguigni del cane nella pratica trasfusionale - Atti S.I.S. Vet., XLV, 1407-1410, 1991. Lubas G., Continanza R., Gavazza A. - Survey on frequency of two erythrocyte antigens in dogs reared in Italy - Ann. Fac. Med. Vet. Pisa, XLV, 281-286, 1992. Lubas G., Minori D., Campanella O.F. - I gruppi sanguigni del cane. II. Applicazioni.- Riv. Mil. Med. Vet., 7, 2-13, 1993. 110 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Jeanne Barsanti DVM, MS Diplomate, American College of Veterinary Internal Medicine (Speciality of Internal Medicine) Department of Small Animal Medicine University of Georgia Athens, GA 30602 Alterazioni degli equilibri fluido-elettrolitici e acido-base Sabato, 24 giugno 1995, ore 9.00 111 NOTE RIASSUNTO I possibili squilibri idrici sono rappresentati da iperidratazione e disidratazione. Nella clinica dei piccoli animali, quest’ultima è più comune. Le alterazioni dell’equilibrio idrico risultano di solito evidenti nel corso dell’esame clinico, ma determinano anche la comparsa di modificazioni dei parametri di laboratorio, come la variazione delle concentrazioni sieriche degli elettroliti. La valutazione di queste modificazioni risulta particolarmente importante per scegliere la terapia più appropriata per ciascun paziente. Le anomalie dell’equilibrio acido-basico sono dovute a disordini metabolici e respiratori e possono essere rilevate attraverso la misurazione dei livelli di elettroliti e bicarbonati o, più precisamente, con la valutazione dei gas disciolti nel sangue arterioso o venoso. Si deve anche misurare il pH urinario. L’acidosi metabolica può essere causata da molti processi patologici, mentre il riscontro di alcalosi metabolica indica di solito un’ostruzione del deflusso gastrico. L’accurata valutazione delle alterazioni acido-basiche, associata a quella delle anomalie dei livelli sierici degli elettroliti, permette di formulare un piano diagnostico e terapeutico appropriato. INTRODUZIONE L’iperidratazione e la disidratazione sono potenziali squilibri elettrolitici, ma la seconda è più comune nella clinica dei piccoli animali. Le alterazioni dell’equilibrio idrico risultano di solito evidenti all’esame clinico, ma determinano anche modificazioni dei parametri di laboratorio, come le anomalie dei livelli degli elettroliti. La valutazione di queste variazioni è importante per la scelta della terapia più appropriata per ogni singolo paziente. Le alterazioni dell’equilibrio acido-basico possono essere dovute a disordini metabolici e respiratori. Si tratta di variazioni rilevabili attraverso la misurazione di elettroliti e bicarbonati o, in modo più preciso, ricorrendo alla valutazione delle concentrazioni dei gas a livello arterioso o venoso. Si può anche misurare il pH dell’urina. L’acidosi metabolica può essere indotta da numerosi processi patologici, mentre l’alcalosi è di solito conseguente ad un’ostruzione del deflusso gastrico. La valutazione accurata delle 112 alterazioni acido-basiche, associata alla determinazione degli elettroliti sierici, permette di formulare una diagnosi corretta ed instaurare un piano terapeutico appropriato. NOTE SQUILIBRI IDRICI Disidratazione Si definisce come disidratazione il deficit di acqua dell’organismo, che è spesso associato a variazioni dell’equilibrio elettrolitico ed acido-basico. Le possibili cause di disidratazione sono rappresentate dalla mancata assunzione di acqua (che spesso accompagna l’anoressia) e dall’aumento delle perdite idriche. Queste ultime si verificano tipicamente attraverso l’apparato gastroenterico (vomito, diarrea), urinario (poliuria obbligata) o respiratorio (respirazione affannosa). I segni clinici della disidratazione sono rappresentati da perdita di elasticità (turgore) della cute, secchezza delle mucose e prolungamento del tempo di riempimento capillare. La gravità di queste manifestazioni varia in relazione a quella della disidratazione. Se questa è lieve (< 5%) l’esame clinico risulta normale, se si esclude una discutibile alterazione del turgore cutaneo. Se è moderata (6-9%), il turgore appare chiaramente diminuito e compare la secchezza delle mucose. Il tempo di riempimento capillare è lievemente prolungato, da 1-2 secondi a 2-3 secondi. Si può osservare un lieve infossamento del bulbo oculare all’interno dell’orbita. In caso di disidratazione grave (1012%), le alterazioni del turgore cutaneo e delle mucose sono molto più intense e il tempo di riempimento capillare risulta superiore a 3 secondi. Gli occhi sono decisamente infossati e possono essere presenti spasmi muscolari involontari. Quando la disidratazione raggiunge il 12-15% possono comparire debolezza, depressione, collasso cardiovascolare (shock) e morte. Il tipo di alterazioni di laboratorio che possono essere indotte dalla disidratazione varia in relazione alla natura della perdita idrica subita dall’organismo. Nella maggior parte dei casi, i fluidi perduti sono rappresentati da acqua pura o liquidi ipotonici, con conseguente disidratazione ipertonica. Le anomalie di laboratorio sono l’aumento dell’ematocrito e dei livelli di proteine totali o solidi totali. Anche gli elettroliti sierici possono aumentare. Se la fun113 NOTE zione renale è normale, l’urina risulta molto concentrata (> 1.035 nel cane e > 1.045 nel gatto). Iperidratazione L’iperidratazione viene definita come la presenza di una quantità eccessiva di acqua nell’organismo. Le possibili cause di questa condizione sono l’eccessiva assunzione d’acqua, solitamente dovuta ad una fluidoterapia troppo spinta, o l’alterazione dell’escrezione dell’acqua ingerita. Quest’ultima può essere conseguente a insufficienza cardiaca congestizia, gravi epatopatie e sindrome nefrosica. L’iperidratazione è meno comune della disidratazione come problema clinico chiaramente identificato. In parte, ciò può essere dovuto alle difficoltà che si incontrano per distinguere l’iperidratazione lieve o moderata dalla normale idratazione, dal momento che in questi casi il turgore cutaneo ed il tempo di riempimento capillare restano normali. In caso di iperidratazione marcata, invece, possono essere presenti edema generalizzato e/o ascite. Quando la condizione è secondaria ad un’eccessiva fluidoterapia endovenosa, si notano scolo nasale limpido, incremento ponderale ed aumento della pressione venosa centrale, accompagnati da un incremento della frequenza e dello sforzo respiratori, dovuti alla presenza dell’edema polmonare. Le alterazioni di laboratorio associate all’iperidratazione variano in relazione al tipo di fluido in eccesso. Se la condizione è dovuta ad un liquido ipotonico, le alterazioni che si riscontrano sono rappresentate da diminuzione dell’ematocrito, delle proteine totali, dei solidi totali e degli elettroliti sierici. Se la funzione renale è normale, l’urina è ipotonica. SQUILIBRI ELETTROLITICI Sodio Il sodio è il principale responsabile dell’osmolalità del liquido extracellulare, nonché il principale fattore che determina il volume del liquido extracellulare stesso e dell’acqua fra il comparto fluido intra- ed extracellulare. I suoi livelli plasmatici sono rigorosamente regolati, indipendentemente dalle ampie variazioni riscontrabili nel contenuto di sodio della dieta. 114 Ipernatremia NOTE L’ipernatremia è dovuta alla perdita d’acqua in presenza di un eccesso di sodio, al calo dell’assunzione di acqua, alla ritenzione di sodio in presenza di eccesso di acqua, all’aumento dell’assunzione di sodio o ad una delle possibili combinazioni di questi fattori. In caso di inadeguata assunzione idrica o eccessiva perdita di acqua o di fluidi ipotonici, l’ipernatremia è accompagnata da disidratazione. Le possibili cause dell’inadeguata assunzione di acqua sono rappresentate dall’insufficiente disponibilità della stessa e dalle affezioni del sistema nervoso centrale che diminuiscono la percezione della sete. La perdita di acqua o liquidi ipotonici può essere dovuta a respirazione affannosa (calore), dispersione renale (diabete insipido, nefrogeno o ipofisario) e manifestazioni gastroenteriche (vomito, diarrea). Se queste perdite non vengono compensate dall’assunzione di acqua, si osservano disidratazione ed ipernatremia. Quest’ultima, quando è dovuta ad un’eccessiva assunzione o ritenzione di sodio, spesso non è associata a disidratazione. Una delle possibili cause è l’impiego di soluzioni ipertoniche a causa del loro contenuto di sodio (soluzione ipertonica di NaCl, eccesso di bicarbonato di sodio). I segni clinici possono essere dovuti alla grave ipernatremia indotta dall’ipertonicità del liquido extracellulare e variano da debolezza a depressione fino a stupore e coma, con possibile morte del paziente se l’ipertonicità si aggrava ulteriormente. Le manifestazioni cliniche possono insorgere ogni volta che i livelli plasmatici superano il limite di 170 mmol/l (normale 142-152 mmol/l) e sono molto probabili al di sopra di 180 mmol/l. L’osmolalità plasmatica può essere stimata con la seguente formula: Posm (mOsm/l) = 2 (Na + K) + glicemia/18 I segni clinici si osservano spesso quando l’osmolalità plasmatica è superiore a 375 mOsm/l. Iponatremia Ogni volta che le analisi di laboratorio evidenziano un’iponatremia, è necessario accertarsi che non si tratti di una pseudoiponatremia. Quest’ultima si ha in presenza di 115 NOTE iperlipemia. I lipidi spostano il sodio nella componente acquosa, riducendone la quantità disponibile per la misurazione in una determinata aliquota di plasma. Anche l’iperproteinemia e l’iperglicemia, se di marcata entità, possono determinare una pseudoiponatremia. Quindi, il primo passo per la valutazione dell’iponatremia consiste nell’assicurarsi che il plasma non sia lipemico e che non siano presenti marcate iperglicemia o iperproteinemia. L’autentica iponatremia può essere dovuta ad iperidratazione determinata da acqua o liquidi ipotonici, oppure ad una riduzione dell’assunzione del sodio o ad un aumento della sua escrezione rispetto all’acqua. L’iponatremia è associata a disidratazione in caso di insufficienza surrenalica (morbo di Addison), diuresi postostruttiva, rimozione di grandi quantità di liquido ascitico, terapia con diuretici ed alcune forme di diarrea, vomito ed insufficienza renale. L’iponatremia con iperidratazione si ha in caso di somministrazione di fluidi ipotonici o contenenti sodio in quantità inferiori a quelle plasmatiche (come la soluzione di Ringer lattato a mezza concentrazione in destrosio al 2,5%). L’iponatremia con iperidratazione si osserva anche nella sindrome di inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (ADH), che può essere secondaria ad un gran numero di malattie. I segni clinici dell’iponatremia sono correlati alle alterazioni del SNC e sono rappresentati da irrequietezza, tremori e crisi convulsive. Queste manifestazioni si possono osservare nei casi di iponatremia a rapida insorgenza o di notevole gravità. Potassio La maggior parte del potassio (98%) è situata a livello intracellulare. Come il sodio, anche le concentrazioni plasmatiche di questo elettrolita vengono mantenute costanti entro limiti ristretti. La potassiemia non è necessariamente correlata alle riserve complessive di potassio dell’organismo. La distribuzione dell’elemento fra lo spazio intra- ed extracellulare è influenzata dal pH dei fluidi extracellulari. L’alcalosi determina lo spostamento del potassio dal comparto extracellulare a quello intracellulare, riducendo la potassiemia. In caso di acidosi, il potassio passa a livello extracellulare. 116 Iperkalemia NOTE Le cause di iperkalemia sono rappresentate da aumento dell’assunzione di potassio, diminuzione della sua escrezione renale e dal suo spostamento dal comparto intracellulare a quello extracellulare, una condizione tipicamente associata ad acidemia. L’iperkalemia da aumentata assunzione di potassio è rara, se si escludono le somministrazioni per via parenterale di cloruro di potassio o di penicillina potassica. La diminuita escrezione renale è la causa più comune di iperkalemia, riscontrabile nei pazienti con ostruzione uretrale, insufficienza renale oligurica ed ipoadrenocorticismo (morbo di Addison). I segni clinici dell’iperkalemia sono rappresentati da bradicardia, aritmie e debolezza. La cardiotossicità può anche essere letale. Queste manifestazioni di solito non si rendono evidenti finché la concentrazione plasmatica del potassio non supera il valore di 7 mmol/l (normale, 3,9-5,1 mmol/l). Anche a livelli superiori a questo limite il paziente può apparire asintomatico, dal momento che la gravità dei segni clinici non è sempre correlata a quella dell’iperkalemia. Ipokalemia Le cause dell’ipokalemia sono rappresentate da ridotta assunzione di potassio (diete carenti o anoressia cronica), aumento della sua escrezione renale o spostamento nello spazio intracellulare, come si osserva tipicamente in caso di alcalemia o insulinoterapia. La somministrazione per via parenterale di fluidi poveri di potassio è un’altra causa frequente di ipokalemia nel cane e nel gatto. L’impiego di soluzioni alcalinizzanti come il Ringer lattato, relativamente privo di potassio, aggrava il problema. Per evitare queste complicazioni, l’autrice integra ordinariamente la soluzione di Ringer lattato con 15 mEq/l di KCl per la fluidoterapia di mantenimento negli animali non iperkalemici. L’ipokalemia è stata un problema particolare nel gatto. Inizialmente, la condizione era associata all’impiego prolungato di diete acidificanti, che determinano un aumento del fabbisogno di potassio. A partire dalle prime segnalazioni del problema, la quantità di potassio presente in queste diete è stata aumentata. Nel gatto, l’ipokalemia può anche essere conseguente ad insufficienza renale poliurica 117 NOTE e può insorgere in occasione della diuresi postostruttiva nei casi in cui si utilizzano solo liquidi privi di potassio. Dal momento che è stato dimostrato che almeno una dieta acidificante è in grado di indurre un danno renale cronico nel gatto, la relazione esistente fra diete di questo tipo, ipokalemia ed insufficienza renale cronica nei felini dovrà essere oggetto di ulteriori ricerche. I segni clinici dell’ipokalemia sono rappresentati da anoressia, debolezza, ileo e scarsa capacità di concentrazione renale. Nel gatto si osserva anche la ventroflessione del collo, una manifestazione di debolezza muscolare. I segni clinici, benché in genere non divengano evidenti finché la kalemia non scende al di sotto di 3 mmol/l, spesso non risultano ben correlati alla gravità della riduzione delle concentrazioni plasmatiche del potassio. Cloro Le anomalie delle concentrazioni plasmatiche del cloro hanno un andamento tipicamente parallelo a quello delle alterazioni della sodiemia e vengono valutate nello stesso modo. Anomalie della cloremia associate a sodiemia normale si possono osservare in determinati disordini acidobasici, come l’acidosi ipercloremica e l’alcalosi ipocloremica. ALTERAZIONI ACIDO-BASICHE Le anomalie acido-basiche possono essere dovute a processi metabolici che determinano l’aumento o la diminuzione delle concentrazioni sieriche dei bicarbonati (rispettivamente, alcalosi o acidosi metabolica), oppure ad alterazioni respiratorie con calo (alcalosi respiratoria) o incremento (acidosi respiratoria) della pressione parziale di biossido di carbonio nel sangue (CO2). Mentre l’anamnesi può essere utile per prevedere il tipo di squilibrio acido-basico riscontrato, l’esame clinico di solito non serve a questo scopo. Il metodo ideale per determinare con precisione le anomalie acido-basiche è la valutazione dei gas ematici a livello arterioso, con la misurazione di pH, pCO2, pO2 e bicarbonati. Sfortunatamente, questa determinazione deve essere effettuata immediatamente dopo il prelievo del sangue e richiede apparecchiature costose, per 118 cui è raramente utilizzabile nella clinica dei piccoli animali. Una pratica alternativa consiste nel misurare il valore di TCO2, che fornisce un’eccellente stima dei bicarbonati, dal momento che l’acidosi e l’alcalosi metaboliche sono molto più comuni delle corrispondenti alterazioni di origine respiratoria. NOTE Acidosi Acidosi metabolica La diminuzione dei livelli sierici dei bicarbonati indica l’esistenza di un’acidosi metabolica, che costituisce la più comune anomalia dell’equilibrio acido-basico nel cane e nel gatto. Le possibili cause della condizione sono rappresentate da diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare (da cause prerenali, renali o postrenali), chetoacidosi diabetica, acidosi lattica, intossicazioni (ad es., glicol etilenico), farmaci (ad es., acidificanti) e diarrea profusa. Acidosi respiratoria L’aumento della pCO2 arteriosa indica un’acidosi respiratoria dovuta ad una ventilazione ridotta o inefficace. Nella maggior parte dei casi, la condizione è associata ad anestesia con ventilazione insufficiente. Altre possibili cause sono le lesioni dei centri respiratori del sistema nervoso centrale, le gravi ostruzioni delle vie aeree, le affezioni gravi e diffuse del parenchima polmonare, le malattie restrittive delle vie aeree (versamento pleurico), i traumi della parete toracica (movimento paradosso) e la debolezza dei muscoli respiratori (paralisi del nervo frenico, votulismo e paralisi del coonhound). Alcalosi Alcalosi metabolica Si ha un’alcalosi metabolica quando le concentrazioni sieriche dei bicarbonati superano i limiti normali. La causa più comune della condizione è il vomito profuso con emissione di succo gastrico, generalmente secondario ad ostru119 NOTE zione pilorica. Altre cause potenziali sono l’eccessiva infusione di bicarbonati e lattati e l’impiego prolungato di diuretici come la furosemide. Alcalosi respiratoria Un calo della pCO2 denota un’alcalosi respiratoria. Di solito, la condizione riflette l’esistenza di una significativa ipossia, che determina un’eccessiva sollecitazione dei centri respiratori. Dal momento che la pCO2 viene scambiata più facilmente dell’O2, spesso si osserva una riduzione della pCO2 nel tentativo di ottenere un incremento di ossigeno. Le possibili cause della condizione sono le affezioni del parenchima polmonare e le malattie restrittive delle vie aeree. Va fatto rilevare che, nei casi in cui queste stesse cause sono più gravi, si può avere un’acidosi respiratoria, piuttosto che un’alcalosi. Vi sono poi alcune cause potenziali non associate ad ipossiemia, quali la respirazione affannosa molto pronunciata, l’eccessiva ventilazione durante l’anestesia e la stimolazione dei centri respiratori del sistema nervoso centrale (ad es., in caso di febbre, endotossiemia, iperammoniemia). LETTURE CONSIGLIATE DiBartola SP: Fluid Therapy in Small Animal Practice. W.B. Saunders Co., Philadelphia, PA, 1992. Lorenz MD, Cornelius LM, Ferguson DC: Small Animal Medical Therapeutics. J.B. Lippincott Co., NY, NY, 1992. Lorenz MD, Cornelius LM: Small Animal Medical Diagnosis. J.B. Lippincott Co., NY, NY, 1993. 120 NOTE CASI CLINICI CASO 1 Segnalamento: maltese femmina ovariectomizzata di 12 anni, peso 3,6 kg. Anamnesi: Due settimane prima del ricovero, il proprietario ha notato che il cane vomitava acqua, ma non cibo. L’animale presentava anche una diarrea acquosa (frequenti defecazioni con emissione di una limitata quantità di materiale) senza tracce di sangue. Venne somministrato salicilato basico di bismuto, che determinò la temporanea risoluzione del quadro clinico. In seguito, il problema si è ripresentato e non risponde più al salicilato basico di bismuto né alla sospensione di cibo ed acqua o all’alimentazione con Hill’s i/d. In precedenza la cagna non era stata malata, anche se 3 mesi prima, nel corso di una serie di esami di laboratorio eseguiti come procedura abituale di controllo in un paziente anziano era stato rilevato un aumento delle concentrazioni sieriche dell’ALT. Non sono presenti tosse, sternuti o alterazioni dell’urinazione. La cagna non è regolarmente vaccinata e non è sottoposta alla profilassi per la filariosi cardiopolmonare. Esame clinico: Temperatura, polso e respiro normali. La cagna era vigile e attiva, con mucose di colore normale, ma meno umide della norma. Anche il turgore della cute era ridotto e venne stimata l’esistenza di una disidratazione del 7%. All’ascoltazione, si percepiva un lieve (I/VI) soffio cardiaco, più forte in corrispondenza della valvola AV sinistra. A livello addominale non si rilevava nulla di particolare: non vi era dolorabilità e non si percepivano strutture anomale. 121 NOTE Elenco provvisorio dei problemi: 1. Vomito Differenziare il vomito dal rigurgito (osservazione, pH) Differenziare il vomito da cause gastroenteriche primarie da quello metabolico Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina, radiografie addominali 2. Diarrea Differenziare la diarrea del tenue da quella del crasso (osservazione) Differenziare la diarrea da cause gastroenteriche primarie da quella metabolica Piano diagnostico: come sopra, più esame delle feci e determinazione di amilasi e lipasi 3. Disidratazione Differenziare la mancata assunzione dall’aumento delle perdite (vomito/diarrea) Piano diagnostico: verificare la funzionalità renale (peso specifico dell’urina) Reidratazione: 7% x 3,6 kg = 250 ml di soluzione elettrolitica bilanciata, IV o SC, nell’arco di 24 ore Mantenimento: 66 ml/kg/die x 3,6 kg = 240 ml/die IV o SC nell’arco di 24 ore 4. Soffio cardiaco/valvola AV sinistra Differenziare l’insufficienza mitralica (acquisita, endocardiosi) dall’endocardite Piano diagnostico: radiografie del torace 5. Aumento dei livelli sierici di ALT Epatopatia Piano diagnostico: ripetere la determinazione delle concentrazioni sieriche 6. Mancata profilassi per la filariosi cardiopolmonare Piano diagnostico: test per la ricerca degli antigeni delle filarie adulte; educazione del cliente 7. Mancata esecuzione dei richiami vaccinali Piano diagnostico: vaccinazioni, educazione del cliente 122 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Susie Gabbia: SA WD C Cane: Maltese 12 anni F Diagnosi: Nessun segno clinico particolare Caso clinico: 151709 Veterinario: Sowell Eritrociti/Piastrine Test 21/01/95 15:16 Unità Ematocrito Eritrociti Emoglobina MCV MCH MCHC Piastrine MPV 61,4 H 8,47 H 20,1 H 72,5 23,7 32,7 265 10,6 H (a) Stima delle piastrine Adeguata (b) Eritrociti nucleati 1H Policromasia (c) % x 106/µl g/dl fl pg % x 103/µl fl Intervallo di riferimento 35,0-57,0 4,95-7,87 11,9-18,9 66-77 21,0-26,2 32,0-36,3 211-621 6,1-10,1 /100 leucociti (a) Questo risultato è stato confermato. (b) Scarso spostamento piastrinico. (c) Lieve policromasia. Leucociti 21/01/95 15:16 Test Unità Intervallo di riferimento 13,5 (a) Neutrofili segmentati 9,830 (73%) Neutrofili non segmentati 0,808 (6%) H Linfociti 1,347 (10%) x 103/µl 5,0-14,1 x 103/µl x 103/µl x 103/µl 2,9-12,0 0,0-0,45 0,4-2,9 Monociti Eosinofili Basofili Altri x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl 0,1-1,4 0,0-1,3 0,0-0,14 0,0-0,0 Leucociti 1.212 0,269 0,000 0,000 (9%) (2%) (0%) (0%) 123 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Susie Gabbia: SA WD C Test 25/01/95 10:12 Azotemia Creatinina Proteine totali 16 1,3 7,1 Albumina 3,7 H Fosfatasi alcalina ALT Glucosio Sodio Potassio Cloro 33 152 H 105 153 4,1 110 L Bicarbonato Gap anionico Calcio Fosforo Amilasi Lipasi Cane: Maltese 12 anni F Diagnosi: Nessun segno clinico particolare 23/01/95 12:44 Profilo biochimico 22/01/95 21/01/95 10:36 15:16 156 3,3 L 118 36 H (b) 11 L 10,3 1,9 L 34 H (b) 7L 715 157 (a) Questo risultato è stato confermato. Questo risultato è stato comunicato al veterinario. (b) Questo risultato è stato confermato. (c) Emolisi 4+. Questo risultato è stato confermato. 124 30 H 1,9 H 8,6 H (a) 4,2 H (b) 8 267 H 68 L 155 3,5 L 108 L (b) 36 H (b) 15 11,8 H 0,8 L (c) Unità Caso clinico: 151709 Veterinario: Sowell Intervallo di riferimento mg/dl mg/dl g/dl 8-28 0,5-1,7 5,4-7,5 g/dl 2,2-3,5 U/l U/l mg/dl mmol/l mmol/l mmol/l 1-114 10-109 76-119 149-159 4,1-5,2 115-129 mmol/l 13-25 mmol/l mg/dl mg/dl 14-23 9,1-11,7 2,9-5,3 U/l U/l 226-1063 106-648 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Susie Gabbia: SA WD C Cane: Maltese 12 anni F Diagnosi: Nessun segno clinico particolare Caso clinico: 151709 Veterinario: Sowell Analisi delle urine Test 25/01/95 10:12 Prelievo Colore Aspetto Peso specifico pH Proteine Glucosio Chetoni Bilirubina Sangue Emissione spontanea Giallo Torbido 1.036 7,5 Traccia Negativo Negativo Moderato Traccia 25/01/95 10:12 Eritrociti Leucociti Cilindri Cilindri Epitelio Epitelio Varie Sedimento 0 <5 0-1 finemente granulari 0-1 ialini Molte squamose Alcune di transizione Molti grassi (a) /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento (a) Alcuni detriti. 125 NOTE CASO 2 Segnalamento: American foxhound, femmina, di 4 anni, peso 18,2 kg. Anamnesi: La cagna presenta crisi convulsive da 3 giorni. Le crisi sono caratterizzate da movimenti di pedalamento in decubito laterale e uggiolii. Il veterinario curante ritenne che l’animale fosse disidratato e somministrò un sedativo (diazepam) per interrompere le crisi; in seguito a ciò, la cagna divenne comatosa. Il veterinario curante effettuò anche l’infusione di liquidi per via parenterale (bolo di 2 ml di destrosio al 50%, 1000 ml di Ringer lattato nell’arco di 2 ore, fluidoterapia endovenosa di mantenimento con destrosio al 2,5% in Ringer lattato) e la somministrazione di antibiotici (amossiciclina e doxiciclina). A causa dell’attività convulsiva dell’animale, risultava difficile mantenere in posizione il deflussore. Le crisi ricorrenti vennero trattate con barbiturici ad azione breve e fenobarbital. La cagna sembrava passare alternativamente dalla coscienza al coma. Nei 5 giorni prima dell’inizio delle crisi convulsive il proprietario era stato fuori città e l’animale era stato affidato alle cure di un vicino di casa che effettuava visite quotidiane fornendo cibo ed acqua. Al suo ritorno, il proprietario ha trovato la ciotola dell’acqua rovesciata e vuota e l’animale in preda ad una crisi. Quattro settimane prima, la cagna ha partorito 6 cuccioli, 2 dei quali sono morti immediatamente dopo la nascita. I restanti 4 stavano crescendo robusti. Nove giorni prima del ricovero, il proprietario aveva notato la presenza di sangue rosso vivo nella scatola dove erano tenuti gli animali ed aveva somministrato una penicillina iniettabile. L’animale era sempre stato bene e non aveva mai presentato vomito, diarrea, tosse, sternuti o modificazioni dell’assunzione di acqua o della produzione di urina. La cagna vive all’aperto, in un cortile recintato e dotato di una cuccia e viene alimentata con una dieta del commercio ad elevato tenore proteico (27%). Non è regolarmente vaccinata né sottoposta alla profilassi per la filariosi cardiopolmonare. 126 Esame clinico: Temperatura, polso e respiro normali. L’animale si presenta in decubito, magro e con mantello opaco. Le mucose sono iperemiche e leggermente secche. Il grado stimato di disidratazione è del 5%. Si riscontra uno scolo vaginale mucoide. Nella sala da visita, la paziente presenta un attacco convulsivo di tipo grande male. NOTE Elenco provvisorio dei problemi: 1. Crisi convulsive Differenziare le affezioni primarie del SNC dalle cause metaboliche Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina, esame del fondo dell’occhio, se possibile visita neurologica Piano terapeutico: controllare le convulsioni 2. Disidratazione Differenziare la mancata assunzione dall’aumento delle perdite (allattamento) Piano diagnostico: come sopra; è molto importante determinare il peso specifico dell’urina Piano terapeutico: correggere la disidratazione: 5% x 18,2 kg = 910 ml di soluzione elettrolitica isotonica nell’arco di 24 ore Mantenimento: 66 ml/kg/die x 18,2 kg = 1200 ml nell’arco di 24 ore 3. Scolo vaginale mucoide Differenziare le lochiazioni post-partum dalla metrite Piano diagnostico: esame citologico, se possibile radiografie dell’addome 4. Mancata attuazione dei piani vaccinali e della profilassi per la filariosi cardiopolmonare Piano diagnostico: educazione del cliente 127 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Peaches Gabbia: SA WD C Cane: Foxhound americano 6 anni F Diagnosi: Encefalopatia Caso clinico: 141433 Veterinario: Barsanti Eritrociti/Piastrine Test 07/01/93 06/01/93 7:00 12:13 Ematocrito Eritrociti Emoglobina MCV MCH MCHC Piastrine MPV Stima delle piastrine Eritrociti nucleati 99 L 11,0 H Unità 38,1 5,06 11,6 L (a) 75,3 22,9 30,4 L (a) 132 L 11,2 H (a) (b) 0 Intervallo di riferimento % x 106/µl g/dl 35,0-57,0 4,95-7,87 11,9-18,9 fl pg % 66-77 21,0-26,2 32,0-36,3 x 103/µl fl 211-621 6,1-10,1 /100 leucociti (a) Questo risultato è stato confermato. (b) Leggermente diminuita. 6/01/93 12:13 Morfologia Morfologia leucocitaria Alcuni immunociti Leucociti Test 06/01/93 12:13 Leucociti 13,8 Neutrofili segmentati 11,178 (81%) Neutrofili non segmentati 0,000 (0%) Linfociti 1,104 (8%) Monociti 1,518 (11%) H Eosinofili 0,000 (0%) Basofili 0,000 (0%) Altri 0,000 (0%) 128 Unità x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl Intervallo di riferimento 5,0-14,1 2,9-12,0 0,0-0,45 0,4-2,9 0,1-1,4 0,0-1,3 0,0-0,14 0,0-0,0 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Peaches Gabbia: SA WD C 06/01/93 12:13 Cane: Foxhound americano 6 anni F Diagnosi: Encefalopatia Caso clinico: 141433 Veterinario: Barsanti Aspirazione con ago sottile Esame citologico: Grandi quantità di muco e molte cellule epiteliali intermedie. Alcune di queste sembrano presentare inclusioni citoplasmatiche tondeggianti od ovali di colore bruno-arancio. Pochi neutrofili e pochi macrofagi. Questi ultimi spesso contengono un pigmento nero fagocitato, probabilmente emosiderina. Si osserva un gruppo di cellule simile a trofoblasti. Interpretazione: Nessun segno di metrite. Le cellule presenti sarebbero prevedibili nel post-partum, le “inclusioni” epiteliali non sono identificate. Si richiede FA per cimurro D. Bounous Analisi delle urine Test 06/01/93 16:16 6/01/93 12:13 Prelievo Colore Aspetto Peso specifico pH Proteine Glucosio Chetoni Bilirubina Sangue Cistocentesi Giallo Torbido 1.012 6,0 3+ Negativo Negativo Negativo Moderato Minzione Giallo Torbido 1.011 6,0 3+ Negativo Negativo Negativo Moderato 06/01/93 16:16 Eritrociti Leucociti Epitelio Eritrociti Leucociti Cilindri Epitelio Epitelio Batteri 06/01/93 12:13 Sedimento < 10 <5 Alcune squmose < 10 <5 0-1 grandi e granulari Alcune di transizione Alcune squamose Alcuni bastoncelli /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento 129 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Peaches Gabbia: SA WD C Test 07/01/93 15:32 Azotemia Creatinina Proteine totali Albumina Fosfatasi alcalina ALT Glucosio Sodio Potassio Cloro Bicarbonato Gap anionico Calcio 160 H (b) 3,5 L (b) 135 H (b) 15 10 Cane: Foxhound americano 6 anni F Diagnosi: Encefalopatia 07/01/93 7:00 36 H 2,3 H 5,3 L 1,8 L (a) 93 83 96 164 H (c) 3,9 139 H (b) 15 11 9,2 Profilo biochimico 06/01/93 06/01/93 15:37 12:13 175 H (c) 3,8 L 152 H (b) 14 9 40 H 2,5 H 5,2 L 1,9 L (a) 96 72 81 181 H (d) 3,6 L (b) 151 H (e) 15 15 9,1 Caso clinico: 141433 Veterinario: Barsanti Unità Intervallo di riferimento mg/dl mg/dl g/dl g/dl 8-28 0,5-1,7 5,4-7,5 2,3-3,6 U/l U/l mg/dl mmol/l 1-114 10-109 76-119 142-152 mmol/l 3,9-5,1 mmol/l 110-124 mmol/l mmol/l mg/dl 14-26 5-17 9,1-11,7 (a) Tutti i risultati sono stati confermati. Questo risultato è stato confermato. (b) Questo risultato è stato confermato. (c) Questo risultato è stato comunicato al veterinario. (d) Tutti i risultati sono stati confermati. Questo risultato è stato comunicato al veterinario. (e) Comunicato al veterinario. Tutti i risultati sono stati confermati. Esame dell’urina Test 06/01/93 16:16 Unità Proteine (urina) Creatinina (urina) Sodio (urina) Potassio (urina) Cloro (urina) 242,5 62,7 124 11,8 114 mg/dl mg/dl mmol/l mmol/l mmol/l 130 Intervallo di riferimento NRR NRR NRR NRR NRR University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Peaches Gabbia: SA WD C Cane: Foxhound americano 6 anni F Diagnosi: Encefalopatia Caso clinico: 141433 Veterinario: Barsanti Profilo dell’emostasi Test Protrombina APTT TT 07/01/93 7:00 Unità Intervallo di riferimento SEC 5,8-7,9 SEC 13,1-17,4 SEC 4,2-7,0 Esame dell’urina 06/01/93 16:16 Unità Intervallo di riferimento 242,5 62,7 mg/dl mg/dl NRR NRR mmol/l mmol/l mmol/l 0,0-0,3 NRR NRR NRR 35,7 H (a) > 60 H (a) 12,7 H (a) (a) Questo risultato è stato comunicato al veterinario. Test Proteine (urina) Creatinina (urina) 21/01/93 7:52 373,0 93,0 (a) Proteine urinarie (creatinina) 4,01 H Sodio (urina) Potassio (urina) Cloro (urina) 3,87 H 124 11,8 114 (a) Ricontrollato. 131 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Peaches Gabbia: SA WD C Cane: Foxhound americano 6 anni F Diagnosi: Encefalopatia Test Eritrociti/Piastrine 19/01/93 15/01/93 7:00 14:57 Ematocrito Eritrociti Emoglobina MCV MCH MCHC Piastrine MPV Stima delle piastrine Numero dei reticolociti Reticolociti Eritrociti nucleati Policromatofili 31,0 L 4,48 L 10,3 L 69,3 23,0 33,2 426 7,0 (a) 31 0,7 0 (b) Caso clinico: 141433 Veterinario: Barsanti Unità % x 106/µl g/dl fl pg % x 103/µl fl 301 7,5 x 103/µl % /100 leucociti Intervallo di riferimento 35,0-57,0 4,95-7,87 11,9-18,9 66-77 21,0-26,2 32,0-36,3 211-621 6,1-10,1 0-80 0,0-1,0 (a) Adeguato. (b) Lieve policromasia. 19/01/93 7:00 Morfologia Morfologia eritrocitaria Alcuni echinociti Morfologia leucocitaria Alcuni eosinofili sono non segmentati Leucociti Test Leucociti Neutrofili segmentati Neutrofili non segmentati Linfociti Monociti Eosinofili Basofili Altri 132 19/01/93 7:00 11,5 9,200 (80%) 0,230 (2%) 1,035 (9%) 0,690 (6%) 0,345 (3%) 0,000 (0%) 0,000 (0%) Unità x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl Intervallo di riferimento 5,0-14,1 2,9-12,0 0,0-0,45 0,4-2,9 0,1-1,4 0,0-1,3 0,0-0,14 0,0-0,0 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Peaches Gabbia: SA WD C Cane: Foxhound americano 6 anni F Diagnosi: Encefalopatia Caso clinico: 141433 Veterinario: Barsanti Profilo biochimico Test 19/01/93 7:00 15/01/93 7:00 Azotemia 18 33 H (a) 1,0 148 4,2 117 19 13 Creatinina Sodio Potassio Cloro Bicarbonato Gap anionico 0,9 Unità Intervallo di riferimento mg/dl 8-28 mg/dl mmol/l mmol/l mmol/l mmol/l mmol/l 0,5-1,7 142-152 3,9-5,1 110-124 14-26 5-17 (a) Riscontrati azotemia/creatinina. Profilo dell’emostasi Test 15/01/93 14:57 Unità Intervallo di riferimento PT APTT TT 6,5 11,6 L 4,7 SEC SEC SEC 5,8-7,9 13,1-17,4 4,2-7,0 133 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Jeanne Barsanti DVM, MS Diplomate, American College of Veterinary Internal Medicine (Speciality of Internal Medicine) Department of Small Animal Medicine University of Georgia Athens, GA 30602 Profilo pancreatico (quadri acuto e cronico) Sabato, 24 giugno 1995, ore 10.15 135 NOTE INTRODUZIONE Il pancreas svolge funzioni sia esocrine che endocrine e può essere colpito da infiammazioni acute (pancreatite acuta) e da malattie croniche congenite o distruttive, come il diabete mellito, l’insufficienza del pancreas esocrino e la pancreatite cronica. La pancreatite acuta determina la comparsa di una malattia sistemica con scarsi o nulli segni di disfunzione pancreatica. Le malattie croniche della ghiandola si manifestano spesso sotto forma di insufficienza organica, interessando sia la funzione endocrina (diabete mellito) che quella esocrina (insufficienza del pancreas esocrino). PANCREATITE ACUTA La causa dei singoli casi di pancreatite acuta resta di solito sconosciuta. I fattori di rischio sono rappresentati da obesità, diete ricche di lipidi, ipercortisolemia cronica (sia esogena che endogena), iperlipemia cronica (nello schnautzer nano) e traumi addominali (di origine accidentale o conseguenti ad interventi chirurgici addominali). L’autore sospetta anche che l’impiego di alcuni insetticidi organofosforici possa agire da causa predisponente per questo tipo di affezione. La malattia è apparentemente molto più comune nel cane che nel gatto. Nel cane, la pancreatite acuta presenta molte caratteristiche cliniche (come la comparsa di vomito, depressione, anoressia, segni di disagio addominale) comuni ad altre malattie, come la gastroenterite acuta e l’uremia. Il fatto che l’anamnesi riferisca che il problema è insorto entro breve tempo dall’ingestione di un pasto ricco di grassi suggerisce la pancreatite. La gravità dei segni clinici varia in relazione a quella delle lesioni infiammatorie. Nelle forme gravi, possono essere presenti segni di tossiemia e sepsi (iniezione sclerale, prolungamento del tempo di riempimento capillare, ittero, alterazioni della temperatura corporea). Nel gatto, le manifestazioni cliniche della pancreatite acuta non sono ben definite. Secondo i dati di un’indagine pubblicata, i segni di più comune riscontro nei felini sono rappresentati da ipotermia, disidratazione, anoressia e letargia. Il vomito compare nel 35% dei casi mentre il dolore addominale si rileva nel 25% degli animali colpiti. 136 La diagnosi definitiva di pancreatite acuta è difficile da formulare, dal momento che i segni clinici della malattia sono simili a quelli di altre affezioni, non esistono specifici test diagnostici ed i risultati delle indagini di laboratorio variano in relazione alla gravità ed allo stadio di sviluppo della malattia. Per emettere il sospetto diagnostico è necessario prendere in considerazione tutti i dati anamnestici, clinici e di laboratorio (emogramma, profilo biochimico con determinazione dei livelli di amilasi e lipasi ed analisi dell’urina). Allo scopo possono anche servire gli esami radiografici ed ecografici dell’addome e l’analisi del liquido addominale prelevato mediante paracentesi. Solo l’esplorazione chirurgica permette la formulazione della diagnosi definitiva, ma è raro che il trattamento della malattia richieda un intervento di questo tipo. NOTE EMOGRAMMA Se il campione di sangue viene centrifugato, si può rilevare una lipemia a digiuno. La disidratazione può causare un aumento dei valori di ematocrito e solidi totali. Nelle forme lievi, il principale riscontro è un leucogramma da stress. Col progredire della gravità della malattia, si osserva poi una leucocitosi neutrofila con spostamento a sinistra. In caso di pancreatite necrotizzante o ascessualizzazione dell’organo, lo spostamento a sinistra può diventare di tipo degenerativo. Nei casi gravi può essere presente trombocitopenia da coagulazione intravasale disseminata. PROFILO BIOCHIMICO Spesso è presente un’iperazotemia da disidratazione (di tipo prerenale). Dal momento che il pancreas circonda il dotto biliare e condivide con il fegato le vie linfatiche, spesso si ha una parziale ostruzione delle vie biliari e/o una colangioepatite secondaria che porta ad un aumento delle concentrazioni sieriche di enzimi epatici, bilirubina ed acidi biliari. Anche la tossiemia e la sepsi possono causare un incremento dei livelli sierici degli enzimi del fegato (“epatopatia reattiva”). È comune il riscontro di una lieve iperglicemia (dovuta alla secrezione di glucagone in quantità eccessiva rispetto all’insulina). La presenza di una grave iperglicemia con chetonuria e glicosuria indica un 137 NOTE diabete mellito concomitante. Occasionalmente si nota una lieve ipocalcemia. Possono poi essere presenti, ma in misura variabile, altre anomalie elettrolitiche ed acido-basiche dovute a vomito e disidratazione. Sono esempi di questo tipo l’ipokalemia e l’acidosi o l’alcalosi metaboliche. Di solito (ma non sempre) i livelli sierici di amilasi e lipasi aumentano parallelamente all’andamento della pancreatite acuta del cane. Tali incrementi vengono spesso citati a sostegno della diagnosi, ma è necessario tenere sempre presente che le concentrazioni di questi enzimi possono aumentare in caso di iperazotemia da qualsiasi causa o in seguito a somministrazione di desametazone (lipasi), epatopatie e malattie gastroenteriche da altre eziologie. Quindi, questi test non consentono la diagnosi definitiva di pancreatite acuta. È particolarmente importante valutare il peso specifico dell’urina per assicurarsi che l’eventuale iperazotemia sia di natura prerenale e non renale prima di attribuire ad un’affezione pancreatica le variazioni dei livelli di amilasi e lipasi. L’entità dell’iperamilasemia e dell’iperlipasemia non permette di differenziare le pancreopatie dalle nefropatie e non è correlata alla gravità della pancreatite. Gli aumenti delle concentrazioni sieriche di questi enzimi dovute ad una pancreatite acuta si verificano in genere entro alcune ore dall’insorgenza della condizione per poi tornare lentamente verso la normalità nell’arco di una settimana, a meno che non persista la causa scatenante. Nel gatto, in condizioni normali i livelli sierici di amilasi e lipasi sono inferiori a quelli riscontrati nel cane. Nei gatti con pancreatite sperimentalmente indotta si osserva un aumento dei livelli sierici della lipasi, ma non dell’amilasi. Per la diagnosi della pancreatite acuta nel cane è stato suggerito l’impiego della determinazione dell’immunoreattività tripsino-simile del siero (TLI = trypsin-like immunoreactivity). Si è rilevato che questo parametro aumenta più rapidamente e diminuisce più velocemente dell’amilasi e della lipasi nei cani con pancreatite sperimentalmente indotta. La TLI è specifica per il pancreas, ma si può anche avere un’escrezione renale. ANALISI DELL’URINA Come precedentemente ricordato, è molto importante valutare il peso specifico dell’urina prima di iniziare la 138 fluidoterapia negli animali con sospetta pancreatite acuta. Questo test fornisce le maggiori informazioni per cercare di differenziare le cause di vomito in prerenali (pancreatite) e renali (uremia). Nei pazienti con lieve iperglicemia si può riscontrare una glicosuria non imponente. Il riscontro di chetonuria e glicosuria marcate, come già ricordato, indica un diabete mellito concomitante. NOTE PANCREATITE CRONICA La pancreatite cronica è spesso una malattia subclinica e latente, che determina una distruzione graduale della funzione pancreatica. Può essere idiopatica oppure secondaria a lesioni croniche come quelle derivanti dall’eccesso prolungato di glucocorticoidi o dall’iperlipemia che si riscontra negli animali colpiti da certe malattie infettive, come la toxoplasmosi nel cane o la peritonite infettiva nel gatto. In quest’ultima specie animale si osserva spesso la contemporanea presenza di colangioepatite e pancreatite cronica, forse perché il coledoco si unisce al dotto pancreatico maggiore prima di penetrare nel duodeno. I segni clinici sono rappresentati da anoressia, vomito, diarrea e dolore addominale intermittenti e/o perdita di peso. In altri casi, il paziente può risultare asintomatico fino a che non compaiono i segni dell’insufficienza del pancreas esocrino o del diabete mellito. Occasionalmente, nel gatto è possibile apprezzare con la palpazione l’irregolarità del pancreas o del tessuto adiposo peripancreatico. La diagnosi definitiva è molto difficile da formulare senza ricorrere alla chirurgia esplorativa ed al prelievo di campioni bioptici. Nei gatti più anziani, viene spesso emessa mediante necroscopia. I risultati degli esami di laboratorio sono molto variabili. I livelli sierici di amilasi e lipasi possono essere lievemente aumentati, ma nella maggior parte dei casi risultano normali, forse perché la maggior parte delle cellule acinose della ghiandola è stata distrutta. Nei gatti colpiti si riscontrano spesso aumento di attività degli enzimi epatici ed iperglicemia da stress. INSUFFICIENZA DEL PANCREAS ESOCRINO L’insufficienza del pancreas esocrino (EPI) consiste nell’incapacità dell’organo si secernere una quantità di 139 NOTE enzimi sufficiente a permettere la normale digestione. La condizione può essere di tipo idiopatico, da atrofia perinatale, oppure conseguente alla distruzione protratta dell’organo (si veda quanto detto per la pancreatite cronica). La forma giovanile è ritenuta ereditaria nel pastore tedesco e forse in altre razze di cani di grossa taglia e, di solito, si manifesta a partire dall’età di 2 anni. I segni clinici dell’EPI sono rappresentati da perdita di peso in animali con appetito molto intenso, diarrea cronica del tenue e steatorrea. L’anamnesi ed i segni clinici sono spesso caratteristici, ma non patognomonici. Attualmente, il test d’elezione per la diagnosi di questa condizione nel cane è la determinazione dell’attività tripsino-simile del siero (TLI). Concentrazioni normali (> 5 µg/l) si riscontrano sia nei cani normali che in quelli con malassorbimento, mentre livelli < 2 µg/l si rilevano solo nei soggetti con EPI. Si possono poi utilizzare anche altri test, che però sono soggetti a variazioni più marcate e spesso risultano difficili da interpretare, come la determinazione del grasso fecale, dell’attività proteasica delle feci e del test di assorbimento dei lipidi. Nel gatto, l’EPI è molto più rara e difficile da diagnosticare. Anche per questa specie animale è stato sviluppato un test per la misurazione della TLI che sembra essere promettente, ma non è ancora disponibile su larga scala. Attualmente, nel gatto si utilizzano quindi il test di determinazione dell’attività proteolitica fecale mediante immunodiffusione radiale o quello di digestione delle proteine, dal momento che nei felini colpiti, rispetto a quelli normali, si riscontrano costantemente livelli inferiori di attività. Per ottenere un risultato significativo si devono effettuare almeno 3 determinazioni, perché anche i gatti normali occasionalmente emettono feci con bassa attività. Poiché l’attività proteolitica fecale è labile, i campioni da esaminare devono essere mantenuti congelati sino al momento dell’analisi. Anche alcuni gatti affetti da malattie del tenue presentano bassi valori di attività. DIABETE MELLITO Il diabete mellito è dovuto all’alterazione della secrezione dell’insulina da parte del pancreas o ad un aumento della resistenza all’azione dell’insulina stessa da parte dei tessuti. Esistono 3 tipi di diabete mellito. Il tipo I è dovuto 140 alla diminuzione della produzione di insulina ed è la forma più comune nel cane e nel gatto. Quello di tipo II dipende dalla resistenza periferica all’insulina (che raggiunge concentrazioni ematiche normali o aumentate), la cui secrezione, in risposta alla stimolazione operata dal glucosio, risulta ritardata. Questa forma è ritenuta comune nel gatto (20% della totalità dei casi di diabete), mentre non è ben descritta nel cane adulto. Nel gatto, segni di diabete mellito con necessità di insulina possono insorgere in risposta a stress da qualsiasi causa, ma possono essere reversibili. In certe razze di cani (Doberman, pastore tedesco, golden retriever, keeshond, Labrador retriever, bobtail e barboncino) è descritta una forma di diabete giovanile che sembra essere di tipo II, ma richiede il ricorso all’insulinoterapia. Il diabete mellito di tipo III è dovuto ad un’interferenza ormonale con l’insulina. Gli ormoni diabetogeni sono il glucagone, l’ormone della crescita (la cui secrezione può essere indotta dal progesterone), i glucocorticoidi e l’adrenalina. Le manifestazioni cliniche classiche sono rappresentate da poliuria, polidipsia, polifagia, obesità seguita da perdita di peso e, nel cane, comparsa di cataratta. Il risultato di laboratorio che permette la formulazione di una diagnosi definitiva è il riscontro di iperglicemia persistente a digiuno e glicosuria. È anche comune l’incremento dei livelli di attività degli enzimi epatici. Negli animali con chetoacidosi si osserva chetonuria. NOTE LETTURE CONSIGLIATE Lorenz MD, Cornelius LM, Ferguson DC: Small Animal Medical Therapeutics. J.B. Lippincott Co., NY, NY, 1992. Morgan RV: Handbook of Small Animal Practice. Churchill Livingstone, NY, NY, 1988. Kirk RW, Bonagura JD: Current Veterinary Therapy XI. W.B. Saunders Co., Philadelphia, PA, 1992. 141 NOTE CASI CLINICI CASO 1 Segnalamento: “Dandy”, bassotto maschio di 10 anni e 12 kg di peso. Anamnesi: Quattro giorni prima del ricovero, il cane è diventato anorettico ed ha iniziato a vomitare con la frequenza di circa una volta ogni ora. Il materiale emesso era rappresentato da muco di colore marrone chiaro o bianco. L’unica modificazione dell’attività del cane prima della comparsa dei segni clinici è stata il consumo di un osso finto (in pelle) la notte precedente. Nei 2-3 giorni precedenti la malattia, il proprietario aveva rilevato polidipsia associata ad appetito normale. Il cane ha anche urinato in casa diverse volte. Dall’inizio della malattia l’animale non ha bevuto ed il proprietario non può fornire dati certi relativi all’urinazione. Non sono stati rilevati tosse, sternuti, diarrea o scolo nasale od oculare. In precedenza l’animale è stato affetto da malattie cutanee caratterizzate da pododermatite e prurito. Per controllare le manifestazioni pruriginose, il proprietario ha somministrato compresse di cortisone per 2 giorni. Il cane è stato regolarmente vaccinato e sottoposto al trattamento per la prevenzione della filariosi cardiopolmonare (dietilcarbamazina). Di norma, veniva alimentato con cibi umidi per cani a basso contenuto calorico, ma nei 10 giorni prima della comparsa della malattia la dieta è stata cambiata, utilizzando alimenti umidi a contenuto calorico normale. L’animale ha inoltre a disposizione “giochi” in pelle da masticare, biscotti per cani ed avanzi di cucina. Il veterinario curante ha somministrato fluidi per via sottocutanea e clindamicina prima di inviare il caso. Esame clinico: Il cane appare depresso, ma reattivo. Temperatura 39,4 °C, polso 120/min, respiro 82/min. 142 L’animale è sovrappeso e con una disidratazione del 7% circa. Inoltre, è lievemente itterico. Cute secca con lieve eritema umido interdigitale. Sul dorso sono presenti 4 piccole masse cutanee che sembrano verruche. La palpazione addominale desta dolore ed il fegato risulta leggermente ingrossato. Non si percepiscono masse anomale endoaddominali. Vescica palpabile. NOTE Elenco provvisorio dei problemi: 1. Vomito, anoressia, dolore addominale Differenziare il vomito dal rigurgito mediante osservazione e determinazione del pH del materiale emesso Differenziare le forme gastroenteriche primarie da quelle metaboliche: emogramma, profilo biochimico con determinazione di amilasi e lipasi, analisi dell’urina, esame radiografico dell’addome, ecografia addominale 2. Polidipsia, possibile poliuria, somministrazione di glucocorticoidi Piano diagnostico: come sopra; molto importante l’esame delle urine, con urocoltura 3. Dermatopatia pruriginosa, pododermatite Piano diagnostico: esame citologico e raschiato delle lesioni 4. Depressione, disidratazione del 7% Differenziare: mancata assunzione o aumento delle perdite di acqua (vomito, forse minzione) Piano diagnostico: determinazione del peso specifico – correzione della disidratazione: 7% x 12 kg = 840 ml di soluzione di Ringer lattato da infondere per via endovenosa – copertura dei fabbisogni di mantenimento e delle perdite continue: almeno 66 ml/kg/die x 12 = 800 ml/die di soluzione di Ringer lattato 5. Ittero, lieve epatomegalia Differenziare le forme preepatiche, epatiche e postepatiche Piano diagnostico: come sopra; possibile, in futuro, ricorrere ad aspirazione o biopsia epatica. 143 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Dandy Gabbia: SA (UNK) Cane: Bassotto Caso clinico: 150309 9 anni M C Veterinario: Schneider, Tim Diagnosi: Nessun segno clinico particolare Eritrociti/Piastrine Test 2/10/94 16:07 Ematocrito Eritrociti Emoglobina MCV MCH MCHC Piastrine MPV Stima delle piastrine Eritrociti nucleati 37,3 5,50 13,3 67,9 24,2 35,7 200 L 9,8 (a) 0 Unità % x 10^6/ul g/dl fl pg % x 10^3/ul fl Intervallo di riferimento 35,0-57,0 4,95-7,87 11,9-18,9 66-77 21,0-26,2 32,0-36,3 211-621 6,1-10,1 /100 leucociti (a) Adeguata. Leucociti Test Leucociti Neutrofili segmentati Neutrofili non segmentati Linfociti Monociti Eosinofili Basofili Altri 144 20,184 1,856 0,000 0,928 0,232 0,000 0,000 2/10/94 16:07 Unità 23,2 H (87%) H ( 8%) H ( 0%) L ( 4%) ( 1%) ( 0%) ( 0%) x 10^3/ul x 10^3/ul x 10^3/ul x 10^3/ul x 10^3/ul x 10^3/ul x 10^3/ul x 10^3/ul Intervallo di riferimento 5,0-14,1 2,9-12,0 0,0-0,45 0,4-2,9 0,1-1,4 0,0-1,3 0,0-0,14 0,0-0,0 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Dandy Gabbia: SA (UNK) Cane: Bassotto Caso clinico: 150309 9 anni M C Veterinario: Schneider, Tim Diagnosi: Nessun segno clinico particolare Analisi delle urine Test 2/10/94 16:07 Prelievo Colore Aspetto Peso specifico pH Proteine Glucosio Chetoni Bilirubina Sangue Cistocentesi Giallo Torbido 1.013 7,0 Negativo Negativo Negativo Abbondante Abbondante 2/10/94 16:07 Eritrociti Leucociti Epitelio Epitelio Sedimento 50-100 <5 Alcune rotonde Alcune squamose /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento 145 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Dandy Gabbia: SA (UNK) Cane: Bassotto Caso clinico: 150309 9 anni M C Veterinario: Schneider, Tim Diagnosi: Nessun segno clinico particolare Profilo biochimico Test 2/10/94 16:07 Azotemia 104 H (a) Creatinina 8,6 H (b) Proteine totali 7,0 Albumina 3,1 Fosfatasi alcalina 3022 H Fosfatasi alcalina dopo levamisolo 139 H Resistenza al levamisolo 4,6 ALT 333 H Glucosio 97 Sodio 149 Potassio 4,4 Cloro 109 L Bicarbonato 17 Gap anionico 27 H Calcio 10,0 Fosforo 12,2 H (c) Amilasi 3620 H Lipasi 506 H Bilirubina totale 5,5 H (a) Questo risultato è stato comunicato al veterinario. (b) Questo risultato è stato confermato. Questo risultato è stato comunicato al veterinario. (c) Questo risultato è stato confermato. 146 Unità Intervallo di riferimento mg/dl 8-28 mg/dl 0,5-1,7 g/dl g/dl U/l U/l % U/l mg/dl mmol/l mmol/l mmol/l mmol/l mmol/l mg/dl mg/dl 5,4-7,5 2,2-3,5 1-114 0-114 10-109 76-119 149-159 4,1-5,2 115-129 13-25 14-23 9,1-11,7 2,9-5,3 U/l U/l mg/dl 226-1063 60-330 0,0-0,3 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Dandy Gabbia: SA (UNK) Cane: Bassotto Caso clinico: 150309 9 anni M C Veterinario: Schneider, Tim Diagnosi: Nessun segno clinico particolare Profilo dell’emostasi Test PT APTT TT Fibrinogeno 3/10/94 15:16 Unità 6,9 19,9 H (a) 7,3 263 Intervallo di riferimento SEC SEC 6,1-8,1 13,0-17,8 SEC MG/DL 5,4-8,9 150-300 (a) Questo risultato è stato confermato. Eritrociti/Piastrine Test 3/10/94 15:16 Unità Piastrine MPV 253 9,6 x 103/µl fl Intervallo di riferimento 211-621 6,1-10,1 147 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Dandy Gabbia: SA (UNK) Cane: Bassotto Caso clinico: 150309 9 anni M C Veterinario: Schneider, Tim Diagnosi: Nessun segno clinico particolare Profilo biochimico Test 10/10/94 8:05 Azotemia 22 Creatinina 1,4 Fosfatasi alcalina 2334 H Fosfatasi alcalina dopo levamisolo 381 H Resistenza al levamisolo 16,3 ALT 1652 H (a) Sodio 156 Potassio 4,7 Cloro 119 Bicarbonato 20 Gap anionico 22 Calcio 11,4 Fosforo 3,6 (b) Amilasi 593 Lipasi 227 Bilirubina totale 6,4 H Unità Intervallo di riferimento mg/dl mg/dl U/l U/l % U/l 8-28 0,5-1,7 1-114 0-114 mmol/l mmol/l mmol/l mmol/l mmol/l mg/dl mg/dl 149-159 4,1-5,2 115-129 13-25 14-23 9,1-11,7 2,9-5,3 U/l U/l mg/dl 226-1063 60-330 0,0-0,3 10-109 (a) Questo risultato è stato confermato. (b) Campione 3+ itterico e leggermente emolizzato. L’emolisi determina un’artificiosa riduzione dei livelli di fosforo. 148 CASO 2 NOTE Segnalamento: gatto domestico a pelo corto, maschio castrato, di 2,5 anni, peso 3,4 kg. Anamnesi: Il gatto è stato portato alla visita a causa di una perdita di peso cronica. Un anno prima pesava 5,2 kg. L’animale mangia bene, ma presenta vomito intermittente e diarrea cronica. Le feci sono gialle, voluminose e molto lasse. Si ritiene inoltre che siano presenti poliuria e polidipsia. L’atteggiamento ed i livelli di attività del gatto sono normali. La poliuria/polidipsia e la lassità delle feci sono state notate per la prima volta un anno fa. All’epoca, emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina ed esame delle feci risultavano normali, con l’eccezione di una lieve eosinofilia ed un aumento dei livelli sierici di fosfatasi alcalina. Il peso specifico dell’urina era di 1.056. Non venne attuato alcun trattamento. Sei mesi prima del ricovero, vennero ripetuti gli esami di laboratorio. L’eosinofilia persisteva ed il gatto presentava un lieve spostamento a sinistra senza neutrofilia matura. Il peso specifico dell’urina era di 1.052. Il profilo biochimico era normale. I test per la diagnosi di infezione da virus dell’immunodeficienza felina e della leucemia felina erano negativi, mentre il titolo delle IgM antiToxoplasma era di 1:128 con titolo IgG negativo, indicativi di una recente infestazione ed una possibile forma clinica di toxoplasmosi. Non venne effettuato alcun trattamento. Due mesi prima del ricovero, il gatto venne nuovamente esaminato perché presentava un’emorragia sclerale. Non si rilevarono altre anomalie oculari, ma si identificò un’otite esterna. Emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina ed esame delle feci erano normali, ad eccezione di un lieve calo delle proteine totali sieriche. FeLV-, FIV- e FIP-test erano negativi. Il titolo delle IgM anti-Toxoplasma era di 1:32, mentre quello delle IgG era di 1:64, suggerendo una passata infestazione. Il gatto venne trattato con clindamicina. Esame clinico: L’animale appare magro, ma normale. 149 NOTE 150 Elenco provvisorio dei problemi: 1. Perdita di peso cronica, diarrea cronica del tenue, vomito intermittente Differenziare malassorbimento da maldigestione Piano diagnostico: esame delle feci per flottazione e mediante strisci diretti, ricerca di Giardia, determinazione di grassi ed amidi fecali, test di assorbimento dei grassi Emogramma, profilo biochimico Eventualmente, endoscopia, chirurgia esplorativa o biopsia 2. Poliuria/polidipsia Stabilire se si tratta di perdite secondarie a diarrea o di un’errata impressione del proprietario Piano diagnostico: analisi dell’urina. RISULTATI DEI TEST Emogramma NOTE Intervallo di riferimento Unità Ematocrito Eritrociti Emoglobina MCV MCH MCHC 41,5 8,43 12,9 49 15,3 31,1 30-45 5-10 8-15 39-55 13-17 30-36 % x 106/microl mg/dl fl pg % Leucociti Neutrofili segmentati Neutrofili non segmentati Linfociti Monociti Eosinofili Basofili Piastrine 17,8 7,832 2,136 5,162 0,356 1,958 0,356 445 5,5-19,5 2,5-12,5 0-0,3 1,5-7 0-0,9 0-0,8 0 300-700 x 103/microl x 103/microl x 103/microl x 103/microl x 103/microl x 103/microl x 103/microl x 103/microl Analisi delle urine (cistocentesi) Giallo, torbido < 1.060 pH 6,0 4 + proteine Abbondante sangue occulto 60-80 eritrociti/cmei 0-2 leucociti/cmei Poche cellule di transizione Profilo biochimico Intervallo di riferimento Unità Azotemia Creatinina Proteine totali Albumina Fosfatasi alcalina ALT Glucosio Na K Cl TCO2 AG 23 1,6 6,9 3,7 58 109 117 147 5,8 118 13 15 10-30 < 1,7 5,4-7,5 2,5-3,6 1-38 1-70 75-120 142-152 3,9-5,1 110-124 14-26 5-17 mg/dl mg/dl g/dl g/dl UI/l UI/l mg/dl mmol/l mmol/l mmol/l mmol/l mmol/l Calcio T4 Ammoniaca Acidi biliari 9,6 <1 55 5,7 9,1-11,7 1-5 < 100 0-5,0 mg/dl nmol/dl microg/dl micromol/l Titolo Toxoplasmosi: IgM 1:32; IgG 1:64 Grassi fecali: abbondanti Amido fecale: abbondante Esami delle feci mediante flottazione e striscio diretto: negativo 151 NOTE CASO 3 Segnalamento: gatta ovariectomizzata di 13 anni del peso di 4,7 kg. Anamnesi: Il proprietario ha notato la comparsa di poliuria/polidipsia nelle ultime settimane. L’animale presenta occasionali spasmi dei muscoli facciali da 2 settimane. Nel corso dell’ultimo anno, ha manifestato episodi di “imbambolamento” da cui poteva essere destato. L’appetito dell’animale, nutrito con la dieta secca Hill’s w/d, è buono. La gatta è regolarmente vaccinata e non viene trattata con farmaci. Non sono presenti vomito, diarrea, tosse, sternuti o scolo nasale od oculare. Cinque anni prima si erano verificati due episodi “simil-convulsivi”, molto ravvicinati nel tempo, dopo i quali il problema non si è più ripetuto. Due anni prima è stata effettuata la pulizia dentale, riscontrando con l’occasione una glicemia di 248 mg/dl. La gatta presentava una lieve glicosuria, ma non una chetonuria, ed era in grado di concentrare l’urina fino a 1.057. All’età di 10 anni, la glicemia era di 160 mg/dl, mentre a 7 anni era di 113 mg/dl. Esame clinico: Temperatura 38 °C, polso 170/min, respiro 40/min. La gatta appariva vigile ed attiva. Lieve sovrappeso. Entrambi i reni sono giudicati leggermente ridotti di dimensioni. Non si riscontrano altri problemi. Elenco provvisorio dei problemi: 1. Poliuria/polidipsia Differenziare la poliuria primaria dalla polidipsia primaria e dagli errori di interpretazione del proprietario. Piano diagnostico: Determinazione del peso specifico dell’urina e monitoraggio dell’assunzione di acqua. 2. Spasmi facciali, atteggiamento “imbambolato” Differenziare le forme neurologiche primarie da quelle muscolari o metaboliche Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina, esame neurologico, visita oculistica 3. Iperglicemia, glicosuria Piano diagnostico: ripetere gli esami di laboratorio 4. Obesità Piano di intervento: educazione del cliente 152 5. Lieve diminuzione delle dimensioni renali Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina, eventuali esami radiografici o ecografici dell’addome NOTE Trattamento: l’animale venne trattato con glipizide alla dose di 5 mg per os ogni 12 ore dal 16.12.1992 al 28.12.1992. 153 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Bena Gabbia: SA (UNK) Fel/mx brd (dlh&dmh) 15 anni F S Diagnosi: Epatopatia acuta Eritrociti/Piastrine 16/12/92 11:28 Test 28/12/92 13:36 Ematocrito Eritrociti Emoglobina MCV MCH MCHC Piastrine MPV Stima delle piastrine Eritrociti nucleati 39,9 9,04 13,1 44,1 14,5 32,8 Non eseguito Non eseguito (a) 0 43,8 9,84 14,6 44,5 14,8 33,3 Non eseguito Non eseguito (a) Caso clinico: 123067 Veterinario: Barsanti Unità % x 106/µl g/dl fl pg % x 103/µl fl Intervallo di riferimento 30,0-45,0 5,0-10,0 9,8-15,4 39-55 13,0-17,0 30-36 NRR NRR /100 leucociti (a) Adeguata. 28/12/92 13:36 16/12/92 12:28 Morfologia Morfologia eritrocitaria Molti echinociti Morfologia eritrocitaria Alcuni echinociti Test 28/12/92 13:36 Leucociti Neutrofili segmentati Neutrofili non segmentati Linfociti Monociti Eosinofili Basofili Altri 7,7 (79%) (0%) (12%) L (8%) (1%) (0%) (0%) 154 6,083 0,000 0,924 0,616 0,077 0,000 0,000 Leucociti 16/2/92 11:28 3,760 0,000 0,705 0,000 0,235 0,000 0,000 4,7 L (80%) ( 0%) (15%) L ( 0%) ( 5%) ( 0%) ( 0%) Unità x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl Intervallo di riferimento 5,5-19,5 2,5-12,5 0,0-0,3 1,5-7,0 0,0-0,9 0,0-0,8 0,0-0,2 0,0-0,0 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Bena Gabbia: SA (UNK) Fel/mx brd (dlh&dmh) 15 anni F S Diagnosi: Epatopatia acuta Analisi delle urine 16/12/92 12:02 Test 29/12/92 10:32 Prelievo Colore Aspetto Peso specifico pH Proteine Glucosio Chetoni Bilirubina Sangue Emissione spontanea Giallo Torbido 1.020 6,0 Negativo Negativo Negativo Negativo Negativo 29/12/92 10:32 Eritrociti Leucociti Epitelio Epitelio Cristalli Varie Eritrociti Leucociti Epitelio Epitelio 16/12/92 12:02 Caso clinico: 123067 Veterinario: Barsanti Cistocentesi Incolore Chiaro 1.030 6,0 Negativo 4+ Negativo Negativo Moderato Sedimento 0 <5 Alcune rotonde Alcune squamose Alcune amorfe Alcuni grassi 10-50 <5 Alcune rotonde Alcune squamose /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento 155 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Bena Gabbia: SA (UNK) Test 12/01/93 8:02 Fosfatasi alcalina ALT Glucosio Test Azotemia Creatinina Proteine totali Albumina Fosfatasi alcalina ALT Glucosio Sodio Potassio Cloro Bicarbonato Gap anionico Calcio Acidi biliari Fel/mx brd (dlh&dmh) 15 anni F S Diagnosi: Epatopatia acuta 05/01/93 7:59 Profilo biochimico 31/12/92 31/12/92 13:44 7:00 22 155 H (a) 134 H 77 30/12/92 7:00 28/12/92 13:36 Altre indagini 23/12/92 16/12/92 8:11 11:28 31 1,6 6,7 3,0 44 707 H 206 H 23 1,4 8,7 H 3,4 96 H 1313 H 314 H 127 H 154 4,5 119 19 16 10,1 9,3 H 359 H (b) 153 4,9 119 15 19 H 10,9 112 38 H 1,5 7,4 3,1 57 H 37 526 H (c) 146 4,6 118 15 13 10,2 (a) Ricontrollati. (b) Ricontrollato. Questo risultato è stato comunicato al veterinario. (c) Questo risultato è stato comunicato al veterinario. 16/12/92 16:29 156 Insulina 9,2 Test di riferimento mcu/ml Caso clinico: 123067 Veterinario: Barsanti Unità Intervallo di riferimento U/l U/l 0-45 25-97 mg/dl 60-120 Unità Intervallo di riferimento mg/dl mg/dl g/dl g/dl U/l U/l mg/dl 19-34 0,9-2,2 6,0-7,9 2,8-3,9 0-45 25-97 60-120 mmol/l mmol/l mmol/l mmol/l mmol/l mg/dl µmol/l 146-156 3,7-6,1 115-130 13-21 7-17 8,7-11,7 0-5 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Marco Caldin Libero Professionista, Padova Profilo epatico Sabato, 24 giugno 1995, ore 12.15 157 NOTE Il fegato riveste un ruolo importantissimo nel metabolismo e nei processi di detossificazione compiendo ben più di 1500 funzioni biochimiche essenziali per la sopravvivenza. Per la molteplicità delle funzioni da esso espletate e per il ruolo centrale che riveste, viene spesso coinvolto in processi patologici primari e secondari che possono venire svelati anche con le comuni indagini emato-chimiche-urinarie. Nell’ambito di queste bisogna saper conoscere il significato che esse rivestono per prendere le migliori decisioni diagnostiche e terapeutiche per il nostro paziente. A tal fine può risultare utile inquadrare in gruppi o categorie (denotanti la specifica alterazione) i singoli test biochimici. Si riconoscono in questo modo esami che indicano danno epatocellulare (ALT-AST-SDH) o un effetto induttivo da parte di farmaci e/o colestasi (SAP-GGT-ALT), esami che riflettono la funzione di captazione coniugazione e secrezione epatica (Bilirubina-Acidi biliari), esami relativi alla clearance portale (Acidi biliari ed Ammoniaca), ed infine esami che indagano la funzione sintetica degli epatociti (Albumina-Glucosio-BUN-Fattori della coagulazione. 1) DANNO EPATOCELLULARE: ALT-AST-SDH EFFETTO INDUTTIVO (Farmaci e/o colestasi): SAP-GGT-ALT 2) FUNZIONE DI CAPTAZIONECONIUGAZIONE-SECREZIONE: Bilirubina-Acidi biliari 3) CLEARANCE PORTALE: Acidi biliari-Ammoniaca 4) FUNZIONE SINTETICA: Albumina-Glucosio-BUN-Fattori della coagulazione Da questa semplice classificazione si evince che gli analiti evidenziati nel gruppo 1 denotano l’esistenza di un danno epatico o di un aumento della sintesi da parte degli epatociti in seguito a farmaci o a colestasi. Quindi non si può in alcun modo parlare di insufficienza epatica quando si assiste ad un aumento sia pur rilevante degli enzimi epatici. D’altro canto la rilevazione di livelli enzimatici normali non esclude nemmeno la possibile esistenza di un 158 reale danno epatico in quanto in alcune condizioni patologiche (ascesso epatico-metastasi epatica) non esiste una sofferenza epatocitaria diffusa in grado di determinare un rialzo enzimatico. L’ALT è un enzima considerato epatospecifico, nonostante sia stata dimostrata anche la sua derivazione muscolare che fa sì che in alcune miopatie diffuse si possa verificare un aumento plasmatico anche se di entità non rilevante. Si localizza nel citosol epatocitario e il suo tempo di emivita plasmatica è di circa 2,5 giorni nel cane. L’ALT aumenta nella degenerazione o infiammazione degli epatociti oppure per l’aumentata produzione epatocitaria (induzione enzimatica) da parte di farmaci od ormoni (corticosteroidi-anticonvulsivanti-iperadrenocorticismo). NOTE CAUSE DI AUMENTO DEI LIVELLI SIERICI DI ALT E/O SAP NEL CANE E NEL GATTO CANE Farmaci: Corticosteroidi Anticonvulsivanti Ketoconazolo Tetracicline Sulfamidici Tiacetarsamide Mebendazolo Ossibendazolo Etc.. Epatopatie: Neoplasie Infiammazioni Degenerazioni Etc... Iperadrenocorticismo Sepsi Ipossia Tossine Pancreatite Traumi Dieta (S/D Hills) GATTO Farmaci: Acetaminofene Tetracicline Ketoconazolo Etc... Epatopatie: Colangioepatite Lipidosi epatica FeLV Neoplasie Etc.. Sepsi Trauma Ipertiroidismo Tossine Ipossia 159 NOTE 160 L’AST si localizza anch’esso nel citosol epatocitario ma anche in sede mitocondriale e quando il suo innalzamento deriva da una lesione epatica, data la sua sede mitocondriale denota l’esistenza di una epatopatia di maggiore gravità. Non viene considerato epato-specifico data anche la sua derivazione muscolare. Le cause di aumento dei livelli plasmatici comprendono oltre a quelle citate per l’ALT, anche le miopatie. L’SDH (Sorbitol deidrogenasi) è epato-specifico in tutte le specie animali ma la sua stabilità nei piccoli animali dopo il prelievo, non è stata ancora stabilita. Potrebbe rivelarsi un utile strumento diagnostico nel prossimo futuro. La SAP (Fosfatasi alcalina) pur derivando da una moltitudine di tessuti (rene, fegato, placenta, intestino, ossa, leucociti) riconosce due fonti rilevanti per la interpretazione di tipo clinico: fegato ed ossa. All’interno del fegato essa può venir prodotta dall’epatocita e dall’epitelio biliare, il suo tempo di emivita plasmatica è di 3 giorni nel cane contro le 6 ore del gatto. La concentrazione epatica è molto più elevata nel cane rispetto al gatto e ciò, insieme alla sua emivita plasmatica, giustifica i livelli ematici diversi che si ritrovano nelle due specie. Un suo innalzamento plasmatico è dovuto ad una aumentata produzione da parte degli epatociti e dell’epitelio biliare in seguito a farmaci (corticosteroidi, anticonvulsivanti), ormoni (corticosteroidi) e colestasi. Meno frequente e di minor entità risulta l’innalzamento della SAP da parte del suo isoenzima osseo (nell’animale adulto). Interessante il fatto che durante la somministrazione di corticosteroidi il fegato produce un isoenzima (SIALP) che è resistente al calore (prova della inattivazione termica). Tale prova consente di determinare la frazione steroideo-indotta permettendo un orientamento diagnostico verso la diagnosi di iperadrenocorticismo o di somministrazione iatrogena di corticosteroidi. I limiti di tale prova derivano dal fatto che dopo alcune settimane di somministrazione iatrogena di corticosteroidi il fegato comincia a produrre anche l’isoenzima epatico vero e proprio, rendendo tale prova diagnostica meno specifica delle prove di funzionalità surrenalica. Ciononostante in caso si rilevasse un brusco calo della SAP dopo inattivazione termica si potrebbe escludere con buona precisione l’esistenza di una sindrome di Cushing, o comunque di una ipercortisolemia. Se invece la SAP rimane elevata dopo la prova da inattivazione termica, dobbiamo considerare una serie di possibilità: induzione da steroidi esogeni-endogeni e, più raramente disordini epatobiliari (carcinoma epatico). Se ne deduce quindi che questa è una prova sensibile ma poco specifica. Esiste anche la prova di inibizione con levamisole che persegue gli stessi obiettivi, cioè di determinare l’isoenzima steroideo-indotto. Entrambe presentano il limite di essere poco standardizzate. Al contrario i gruppi 2-3-4 rappresentano indici di funzionalità epatica rilevanti che mettono il clinico nella condizione di dover ricercare la causa di questa insufficienza mediante accertamenti di approfodimento come le radiografie, l’angiografia, l’ecografia e la biopsia epatica. Bisogna considerare che non esiste un indice funzionale epatico che esprima la reale massa epatica funzionante e che non venga influenzato da fattori extraepatocitari. La bilirubina infatti può aumentare non solo nell’insufficienza epatica, ma anche nella emolisi e nella ostruzione delle vie biliari, condizioni che solo sporadicamente si associano alla insufficienza epatica. D’altronde la differenziazione della bilirubina nella sua forma indiretta e diretta non consente in medicina veterinaria la discriminazione tra ittero pre-epatico, epatico e post-epatico. Anche gli acidi biliari risentono non solo della capacità di sintesi epatocitaria ma anche della pervietà delle vie biliari e di fattori vascolari (circolo portale). L’applicazione principale degli acidi biliari risiede nella diagnosi di shunt porto-sistemici e nella diagnosi di insufficienza epatica (in fase precoce) data la notevole sensibilità di questa prova diagnostica. L’ammoniemia risente non solo della sintesi epatica dell’urea ma anche della presenza di batteri intestinali ureasi produttori, di proteine dietetiche come substrato e della integrità del sistema vascolare (circolo portale). Viene impiegata soprattutto per la diagnosi di shuntporto-sistemici, di insufficienza epatica e della epatoencefalopatia. Tra i test che valutano la capacità sintetica del fegato l’albumina ricopre certamente un ruolo preminente. Le cause che determinano ipoalbuminemia sono varie: NOTE 161 NOTE CAUSE DI IPOALBUMINEMIA DIMINUITA PRODUZIONE: AUMENTATE PERDITE: Insufficienza epatica cronica Digiuno prolungato Ipergammaglobulinemia Maldigestione Malassorbimento Perdite renali (Glomerulopatie ed amiloidosi) Enteropatie proteino-disperdenti Emorragie Ustioni Sepsi Traumi Neoplasie SEQUESTRO: Versamenti cavitari Vasculopatie IATROGENE: Fluidoterapia L’ipoalbuminemia di origine epatica viene utilizzata come marker di cronicità, data l’emivita piuttosto lunga della molecola. Fra le altre molecole che esprimono la capacità sintetica epatica vi è il glucosio. Il fegato ricopre un ruolo centrale nella omeostasi glicidica date le funzioni gluconeogenetiche e glicogenolitiche da esso svolte. L’ipoglicemia riconosce varie cause: CAUSE DI IPOGLICEMIA Farmaci: Insulina Sulfonilurea Etc.. Condizioni: Sepsi Grave epatopatia (ad es. shunt porto-sistemici, cirrosi etc.) Ipoadrenocorticismo Inanizione Malassorbimento intestinale Insulinoma Neoplasie extrapancreatiche Carcinoma epatocellulare Leiomiosarcoma Emangiosarcoma Ipopituitarismo Ipoglicemia idiopatica Ipoglicemia giovanile Ipoglicemia neonatale Ipoglicemia dei cani da caccia Perdita renale Neoplasia pancreatica esocrina Deficienza enzimatica epatica Malattia di Von Gierke (tipo 1) Gravidanza 162 Specificatamente riferita al fegato, l’ipoglicemia costituisce una prova diagnostica di scarsa sensibilità data la notevole riduzione della massa epatica funzionante (75%) necessaria per la comparsa di tale sintomo. L’abbassamento del BUN rappresenta un interessante parametro di valutazione della capacità sintetica epatica in quanto il fegato è l’unica sede di sintesi di tale metabolita. Esistono però dei fattori extra epatici indispensabili per tale sintesi. Basti pensare che animali digiunanti o che introducono cibi a basso tenore proteico possono presentare una ipoazotemia indipendentemente dalla normale funzione epatica. In corso di PU-PD da cause eterogenee a causa dell’aumento di filtrazione glomerulare si assiste alla diminuzione dei livelli di BUN. È interessante notare che quando coesistono disfunzioni epatorenali l’abbassamento del BUN da mancata sintesi epatica viene bilanciato da una concomitante ritenzione dello stesso da parte degli emuntori renali insufficienti. In questo modo viene a mancare l’ipoazotemia come sintomo di insufficienza epatica. NOTE 163 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Craig E. Greene Department of Small Animal Medicine College of Veterinary Medicine University of Georgia Athens, GA 30602 Profilo endocrino Domenica, 25 giugno 1995, ore 9.00 165 NOTE RIASSUNTO Sia il cane che il gatto possono essere affetti da iperadrenocorticismo endogeno ed esogeno. Gli animali colpiti da queste malattie presentano le medesime caratteristiche cliniche ed alterazioni di laboratorio. Per differenziare i due disordini ed identificare la causa primaria dell’eccesso di glucocorticoidi è necessario ricorrere a specifici test ormonali. L’ipoadrenocorticismo spontaneo è altrettanto impegnativo dal punto di vista diagnostico e va confermato attraverso la determinazione del profilo endocrino. Il trattamento di tutte queste alterazioni surrenaliche deve essere oculato e basato su un adeguato monitoraggio dei parametri ematici ed ormonali per evitare la comparsa di effetti collaterali. I. IPERFUNZIONALITÀ DELLE GHIANDOLE SURRENALI NEL CANE A. Iperplasia corticosurrenale (90% della totalità dei casi di morbo di Cushing): i segni clinici sono riferibili all’anomala ipersecrezione di cortisolo da parte della corteccia surrenale. Spesso, si osserva anche la perdita della periodicità della secrezione, secondaria alle stesse alterazioni 1. La maggior parte dei cani con iperplasia corticosurrenale (80-90%) presenta ancora una normale risposta di feedback. Questa forma della malattia è chiamata iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente o di tipo 1. Attraverso questo meccanismo di feedback si ha l’inibizione della secrezione di ACTH da parte dell’ipofisi in risposta alla presenza di elevati livelli plasmatici di cortisolo. È possibile che questi cani siano affetti da iperplasia o piccoli microadenomi dell’ipofisi, anche se non sono ancora state effettuate approfondite ricerche anatomopatologiche in questo senso. L’esistenza o meno di questa normale risposta di feedback viene stabilita attraverso la somministrazione di dosi elevate di desametazone esogeno (vedi oltre, Tabella 4) 2. In una minore percentuale di casi (10-20%), nei cani con iperplasia corticosurrenale si osserva una diminuzione della risposta di feedback al cortisolo (iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente di tipo 2). Questi 166 animali possono presentare macroadenomi di maggiori dimensioni o tumori caratterizzati da una più attiva secrezione di ACTH. In alcuni di essi le lesioni possono anche interessare il lobo intermedio (come nel cavallo), ma le correlazioni anatomopatologiche in proposito sono scarse. B. Neoplasie surrenali funzionalmente attive (10% della totalità dei casi di morbo di Cushing) 1. I tumori surrenalici secernono cortisolo indipendentemente dal controllo dell’ACTH endogeno, anche se alcuni possono rispondere alla stimolazione con ACTH esogeno. Tuttavia, il rilascio del cortisolo non viene soppresso del tutto o in parte dal desametazone esogeno 2. Le neoplasie surrenaliche sono in genere unilaterali. La ghiandola controlaterale si atrofizza. Si possono riscontrare sia adenomi che carcinomi 3. La produzione endogena di ACTH è notevolmente ridotta C. Forme iatrogene 1. La somministrazione di corticosteroidi esogeni può provocare la comparsa dei segni clinici dell’iperadrenocorticismo 2. La soppressione della secrezione di ACTH endogeno determina un’atrofia surrenalica bilaterale con cessazione della secrezione endogena di cortisolo NOTE II. DIAGNOSI A. Esami di laboratorio di routine 1. Emogramma a. Eosinopenia: è il reperto più comune (oltre il 99% dei casi) b. Leucocitosi: neutrofilia matura c. Linfopenia d. Raramente, rigenerazione eritrocitaria (reticolocitosi) in presenza di ematocrito normale 2. Profilo biochimico a. Aumento della fosfatasi alcalina (ed anche di SGPT [ALT] e TCO2). L’aumento della fosfatasi alcalina è dovuto all’isoenzima resistente al levamisolo! Quindi, se i livelli di questo enzima si riducono a meno del 10-20% in seguito al trattamento del siero con levamisolo, l’incremento è probabilmente dovuto ad ipercortisolemia b. Glicemia ai limiti superiori della norma o aumentata (120-150) 167 NOTE 168 3. Analisi dell’urina Basso peso specifico; batteriuria; incapacità di concentrare l’urina in seguito a stimolazione (disidratazione); spesso, scarsi o assenti leucociti nel sedimento B. Test per la conferma dell’iperadrenocorticismo I tre più importanti sono: 1) la determinazione dei livelli basali di cortisolo e la stimolazione con ACTH, 2) il test di soppressione con basse dosi di desametazone e 3) il test di soppressione con alte dosi di desametazone. I risultati di queste analisi devono sempre essere interpretati alla luce dei segni clinici e degli altri riscontri di laboratorio 1. Screening - Determinazione dei livelli basali di cortisolo a. Valori basali normali o elevati nel morbo di Cushing b. Nel 50% dei cani colpiti i valori riscontrati sono entro i limiti di riferimento c. Valori limite: 0,5-4,0 µg/dl (5-40 ng/ml) {1 µg/dl = 10 ng/ml} d. Non si deve dimenticare che la produzione del cortisolo nei cani normali ha un andamento episodico (con oscillazioni fra livelli massimi e minimi nell’arco della giornata). Le concentrazioni massime dei cani normali spesso si sovrappongono a quelle minime degli animali colpiti dalla malattia. Anche effettuando ripetute determinazioni su più campioni prelevati in momenti diversi il test può essere inattendibile. Per risolvere il problema si deve ricorrere ai test di stimolazione e soppressione e. La determinazione dei livelli basali viene spesso impiegata per stabilire i valori di riferimento da prendere in considerazione per i test di stimolazione o soppressione 2. Test di stimolazione con ACTH a. Metodica (1) Misurazione dei livelli plasmatici basali del cortisolo (su 2 ml di sangue in EDTA), di solito effettuando il prelievo al mattino presto (fra le ore 8:00 e 9:00) (2) Somministrare 2 U/kg di ACTH in gel IM (3) Prelevare un nuovo campione di sangue dopo 2 ore b. Intervalli di riferimento: Pre-ACTH 0,5-4,0 µg/dl (5-40 ng/ml) Post-ACTH 8-20 µg/dl (80-200 ng/ml) c. Verificare la capacità di riserva funzionale della corteccia surrenale. Ciò è utile per la conferma della diagnosi di iperadrenocorticismo; tuttavia non permette sempre di differenziare in modo definitivo le forme ipofisi-dipendenti dai tumori del surrene (Tabella 1) d. Va ricordato che in molti cani con neoplasie surrenali funzionalmente attive ed in alcuni di quelli con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente, gli aumenti dei livelli di cortisolo riscontrati in seguito alla stimolazione con ACTH possono non fornire indicazioni definitive (1) l’85-90% dei cani con forme ipofisi-dipendenti (di tipo 1 e 2) presenta una risposta accentuata, il 15% no (2) fra i cani con neoplasie surrenali, le risposte accentuate arrivano al 50%, e sono più comuni con i carcinomi che in presenza di adenomi. Quindi, nel 50% dei casi non si ha risposta (3) in questi soggetti con iperadrenocorticismo che non rispondono alla stimolazione i valori basali riscontrati sono solitamente elevati e. Questo è il miglior test per la diagnosi delle forme iatrogene di sindrome di Cushing e di ipoadrenocorticismo nel cane. Si tratta di un esame sicuro, semplice, relativamente economico ed affidabile. Alcuni ritengono che il test di soppressione con basse dosi di desametazone (vedi oltre) sia migliore per la diagnosi di iperadrenocorticismo endogeno NOTE Tabella 1 Test di risposta all’ACTH Livelli di cortisolo Livelli basali normali Livelli basali elevati Accentuata risposta dopo stimolazione con ACTH Iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente Neoplasie surrenali 0,6 0,4 0,05 0,95 85-90% 0,5 169 NOTE 170 3. Test di screening con desametazone per l’identificazione della ipercortisolemia o “Test di soppressione con basse dosi di desametazone” a. Il test si basa sul fatto che, rispetto a quanto avviene nei cani normali, l’asse ipofisi-surrene dei soggetti con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente è di solito abnormemente resistente alla soppressione indotta con basse (0,01 mg/kg) dosi di desametazone. Quest’ultimo non viene misurato dal test b. Poiché le neoplasie surrenali sono funzionalmente attive indipendentemente dal controllo dell’ACTH, la somministrazione di basse dosi di desametazone non sopprime la secrezione di cortisolo da parte di questi tumori. Il test non permette di differenziare l’ipercortisolemia ipofisaria da quella surrenalica, ma solo di distinguere i cani normali da quelli con iperplasia o neoplasia di ipofisi o surrene (Tabella 2) c. Il desametazone a basse dosi determina una soppressione transitoria della secrezione di cortisolo nei cani normali o stressati per un periodo di tempo variabile fra 2 ed 8 ore d. Metodica: (1) ore 9:00 - determinazione dei livelli basali di cortisolo* (2 ml di sangue in EDTA) (2) somministrazione IV di 0,01-0,015 mg/kg di desametazone (3) prelievo di nuovi campioni a distanza di 2, 4*, 6 ed 8* ore (* = campionamenti più importanti) e. Interpretazione (1) Normale: i livelli di cortisolo restano inferiori a 1,0 µg/dl durante le 8 ore del test (2) Cushing: vedi Tabella 2 (3) In un ridotto numero di cani stressati o colpiti da altre malattie si osserva una soppressione incompleta f. Può essere il metodo d’elezione per dimostrare l’esistenza dell’iperadrenocorticismo in cani diabetici o comunque stressati. In questi animali, ospedalizzati per altre ragioni, la produzione surrenalica può essere dovuta ad altri stati patologici! Fra queste malattie stressanti rientrano il diabete mellito, l’insufficienza epatica, la pancreatite e l’uremia. (Chastain, CB et al., J. Am Anim Hosp Assoc, 22: 435-442, 1986). Altre condizioni, come l’ipoglicemia (cani diabetici trattati con insulina) sono Tabella 2 Test di soppressione con basse dosi di desametazone Riscontri Cortisolo in µg/dl Ipoadrenocorticismo Neoplasie ipofisi-dipendente surrenali (% di casi) (%) Normali % Soppressione < 1,0 per 8 ore Soppressione < 1,0 fino a 8 ore, poi > 1,0 Soppressione pari al 50% del valore basale, ma sempre > 1,0 Mancata soppressione 5 (tipo 1) 35 (tipo 1) 45 (tipo 1) 15-20 (tipo 2) 95 5 (stress) 0 0 0 0 20 80 Tabella 3 Confronto fra la risposta all’ACTH e la soppressione con basse dosi di desametazone Parametri Costo Test di risposta all’ACTH Richiede un numero di determinazioni minore, ma l’ACTH è più costoso Tempo occorrente 2 ore Facilità di esecuzione Facile Vantaggi Rileva aumenti dell’85% in caso di iperadrenocorticismo ipofisidipendente e del 50% in caso di neoplasie (Tabella 1) Test con desametazone Più determinazioni, minor costo del farmaco 8 ore Difficile Può essere più sensibile (95%) per rilevare iperadrenocorticismo ipofisidipendente e neoplasie (Tabella 2) in grado di elevare artificiosamente i livelli di cortisolo. A causa della secrezione diurna, questi test vengono abitualmente effettuati al mattino g. L’associazione del test di stimolazione con ACTH a quello di soppressione con basse dosi di desametazone (da eseguire in giorni distinti) rappresenta il metodo ideale per risolvere ogni discrepanza, ma è difficoltosa e costosa. Eseguendo il test con desametazone al giorno 1 e quello con ACTH al giorno 2, è necessario attendere 72 ore 4. Differenziazione delle cause di iperadrenocorticismo o “Test di soppressione con alte dosi di desametazone” a. Modalità (1) Ore 9:00 - determinazione della cortisolemia basale (2) Desametazone, 0,1 mg/kg (3) Prelievi dopo 2, 4, 6, 8 ore (4) I campioni più importanti sono quelli prelevati dopo 4 ed 8 ore 171 Tabella 4 Test di soppressione con dosi elevate di desametazone Risposta Iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente Neoplasia surrenale Normale Soppressione < 1,5 per 8 ore Soppressione < 1,5, ma > 1,5 a 8 ore Mancata soppressione > 50% valore basale Assenza totale di soppressione 80 (tipo 1) 5 (tipo 1) 10 (tipo 2) 5 (tipo 2) 0 0 20 80 100 0 0 0 b. Interpretazione. Nei cani con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente di tipo 1 di solito si ha la soppressione, mentre quelli colpiti dalla forma di tipo 2 sono più resistenti. Negli animali con neoplasia surrenalica i livelli di cortisolo possono aumentare, ma anche fluttuare. Dosi elevate di desametazone non sopprimono ulteriormente la produzione di cortisolo indipendentemente dal dosaggio (i livelli di ACTH sono già bassi). Nei cani con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente di tipo 2 la soppressione può mancare o essere solo di grado intermedio. Ciò rende difficile differenziare le forme di tipo 2 (ed anche alcune di tipo 1) dalle neoplasie. In questi casi, può essere utile valutare l’entità della soppressione. Ad esempio, un cane con livelli basali molto elevati e soppressione prossima a 1,5 µg/dl è probabilmente affetto da iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente di tipo 1 (Tabella 4) 5. Determinazione dei livelli plasmatici di ACTH (Difficile trovare laboratori che la effettuino). I livelli plasmatici di ACTH sono normali o aumentati nei cani con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente (di tipo 1 e 2). Risultano invece bassi o ai limiti inferiori della norma nei cani con neoplasie surrenaliche, per cui questo test può essere utile ai fini della differenziazione. Anche i valori basali dell’ACTH possono sovrapporsi nei cani normali ed in quelli con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente. Il test non è adatto a differenziare le cause della condizione a. Metodica (1) Prima di effettuare studi sul cortisolo, prelevare un campione per la determinazione dell’ACTH (ore 8:00-9:00) 172 (2) Il campione va prelevato con una provetta contenente EDTA o eparina. Se possibile, va poi immediatamente centrifugato in una centrifuga refrigerata a 4 °C. Tenere il campione in ambiente freddo ed in provette DI PLASTICA (3) Separare immediatamente il plasma, ponendolo in provette di plastica o polipropilene, e congelarlo (- 40 °C) in meno di 10 minuti (4) Inviare il campione al laboratorio. È necessario 1 ml di plasma. Attualmente, sono disponibili appositi conservanti (inibitori delle proteasi) b. Interpretazione (1) Affidarsi unicamente a laboratori che garantiscano risultati affidabili nel cane (2) Basarsi sui valori di riferimento indicati dal laboratorio. Quelli della University of Georgia sono i seguenti: Basali: 20-100 pg/ml; Neoplasia < 20 pg/ml; iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente > 40 pg/ml (3) Interpretare i risultati alla luce di quelli del test di soppressione con alte dosi di desametazone; queste due analisi sono probabilmente sovrapponibili (4) Problemi: costo, complessità della preparazione del campione, incostanza dei risultati 6. Test di stimolazione con CRH (difficile da reperire) a. Metodica: somministrare 1,0 µg/kg di CRH IV. Dopo 15-30 minuti, misurare i livelli plasmatici di ACTH o cortisolo b. Interpretazione: il CRH (ovino) stimola il rilascio di ACTH e poi di cortisolo. Nei cani con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente e in quelli normali si osserva un rapido incremento di queste concentrazioni. Nei pazienti con neoplasie surrenaliche, invece, ciò non si verifica (i livelli basali di ACTH restano bassi, mentre quelli di cortisolo sono elevati) c. Problemi: il CRH è costoso e difficile da reperire 7. Ulteriori test diagnostici eseguibili presso i centri specializzati a. Esami radiografici - calcificazione surrenale b. Ecografia - visualizzazione del 50% delle surreni c. Tomografia computerizzata - ipofisi e surrene d. Scintigrafia con radioisotopi NOTE 173 NOTE PROTOCOLLO DIAGNOSTICO DA IMPIEGARE IN CASO DI SINDROME DI CUSHING NEL CANE (È possibile scegliere i test da eseguire sulla base del loro costo e delle loro indicazioni). – Sono già stati somministrati glucocorticoidi? Idrocortisone: Attendere 1 giorno Desametazone: Attendere 2 giorni Prednisolone: Attendere 4 giorni Metilprednisolone acetato: Attendere 4-6 settimane – È stato effettuato il test con ACTH? Se sì, attendere almeno 72 ore prima di ricorrere alla soppressione con desametazone – È necessario evitare che fattori stressanti o malattie inducano alterazioni dei risultati (iperadrenocorticismo)? Il cane deve ambientarsi nella clinica e sentirsi a suo agio (1-2 giorni) Effettuare il test al mattino Eseguire il prelievo senza stressare l’animale Non effettuare l’esame in animali in condizioni instabili o malati Misurare il cortisolo solo dopo aver sottoposto il paziente agli abituali esami ematologici, biochimici ed urinari per identificare altre affezioni. Giorno 1: Ricovero del paziente Prelievo di sangue per emogramma e profilo biochimico; analisi dell’urina Giorno 2 o 3: Test di risposta all’ACTH e/o Test di soppressione con basse dosi di desametazone (che deve essere effettuato per primo quando i due esami vengono eseguiti lo stesso giorno o in giorni consecutivi) Giorno 4: Test di soppressione con alte dosi di desametazone nei casi indicati (se è già stato effettuato quello con basse dosi; l’esame va eseguito il giorno 6 se il paziente è stato sottoposto al test di risposta all’ACTH) 174 III. TRATTAMENTO A. Possibilità 1. Chirurgico a. Asportazione bilaterale delle surreni Possibile, ma non raccomandata in caso di iperplasia Più indicata in presenza di neoplasie b. Ipofisectomia - impraticabile 2. Radioterapico a. Trattamento dell’ipofisi mediante cobalto-terapia b. Presso i centri specializzati 3. Medico a. o-p’-DDD (adrenolitico). Terapia d’elezione b. Ciproeptadina - blocca il CRH c. Bromocriptina - blocca il CRH d. Ketoconazolo - blocca la sintesi corticale B. Iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente 1. Terapia d’elezione: o-p’-DDD a. Provoca la necrosi selettiva delle cellule della zona fascicolata e di quella reticolare (cioè degli elementi che secernono il cortisolo) b. Le cellule della zona glomerulare sono più resistenti, per cui, se il farmaco viene utilizzato correttamente, di solito la secrezione di aldosterone non viene soppressa c. La scelta di effettuare il trattamento si basa sui risultati degli esami e sulle caratteristiche individuali dei singoli casi d. Protocollo regolare: (1) Induzione Somministrare 50 mg/kg/die (spesso suddivisi in due dosi per ridurre gli effetti collaterali) per 7-10 giorni. Il farmaco è disponibile in compresse, che possono essere spezzate; tuttavia, per i cani di piccola taglia è preferibile tritarle, pesare la polvere così ottenuta e riformulare il prodotto in capsule di gelatina. MONITORAGGIO. Consumo d’acqua, conteggio dei linfociti, conteggio degli eosinofili, valutazione dell’appetito e determinazione dello stato mentale consentono di effettuare una stima grossolana della terapia. Il numero assoluto degli eosinofili costituisce un mezzo abbastanza accurato e poco costoso, anche se indiretto, per stimare i livelli plasmati- NOTE 175 NOTE 176 ci di cortisolo durante l’induzione. Lo scopo della terapia è quello di far sì che la corteccia surrenale non risponda all’ACTH, per cui i valori di cortisolo riscontrati a livello ematico restano compresi fra 0,5 e 3 µg/dl sia prima che dopo la stimolazione con questo ormone. Secondo alcuni autori, i valori dopo la stimolazione con ACTH dovrebbero essere inferiori a 1-2 µg/dl. Di solito, il ciclo di terapia necessario al conseguimento di questo risultato ha una durata di 5-14 giorni. RIPETIZIONE DEI CONTROLLI. Ripetere la stimolazione con ACTH non oltre 7-10 giorni dall’inizio del trattamento con o-p’-DDD. Se i valori riscontrati non rientrano nell’intervallo normale, continuare la terapia sino al raggiungimento della soppressione. Ciò può richiedere 30 giorni o più. Ripetere il controllo ad intervalli di 5-7 giorni. SOMMINISTRAZIONE DI GLUCOCORTICOIDI. Alcuni effettuano la contemporanea somministrazione di glucocorticoidi a dosi di mantenimento, per contrastare gli effetti indesiderati della terapia (una procedura da attuare UNICAMENTE durante la fase di mantenimento) o nei cani che, essendo particolarmente resistenti, necessitano di periodi di induzione più prolungati. Alcuni utilizzano questo tipo di integrazione nei cani in cui l’induzione viene effettuata a domicilio, per compensare le difficoltà di monitoraggio. Allo scopo, si impiegano idrocortisone alla dose di 0,2-1,0 mg/kg/die o prednisone alla dose di 0,04 mg/kg a giorni alterni. Se si prevede che si verifichino situazioni stressanti, per brevi periodi è possibile somministrare una dose pari al triplo di quella di mantenimento o 3 mg/kg di idrocortisone. Ciò contribuisce a ridurre i segni della sospensione dei glucocorticoidi. Attenzione: un eventuale sovradosaggio determina la comparsa degli stessi effetti di tipo cushingoide che si sta cercando di evitare. Il prednisone è meno indicato perché ha un comportamento non fisiologico, spesso viene sovradosato e non può essere somministrato in modo da simulare la secrezione diurna (2) Terapia di mantenimento con o-p’-DDD Dosaggio: 50 mg/kg alla settimana, suddivisi in due somministrazioni (per ridurne la tossicità). Se il farmaco viene somministrato col cibo, la stessa presenza dell’alimento contribuisce a ridurre gli effetti irritanti. CONTROLLI PERIODICI: ogni 3-6 mesi. Monitorare emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina, test di stimolazione con ACTH, peso corporeo, appetito e stato mentale. Obiettivo: mantenere i livelli di cortisolo entro i limiti di 2-4 µg/dl prima e dopo la somministrazione di ACTH C. Neoplasie surrenali 1. Il trattamento d’elezione è l’asportazione chirurgica della ghiandola 2. Considerazioni operatorie (procedura difficile!) a. Adenomi: unilaterali, facilmente asportabili, con prognosi buona b. Carcinomi: mono- o bilaterali, localmente invasivi, difficili da rimuovere, con prognosi sfavorevole c. La ghiandola controlaterale è atrofica. Per questa ragione, dopo l’intervento è necessario prendere in considerazione l’opportunità di instaurare una terapia transitoria con glucocorticoidi NOTE IPERADRENOCORTICISMO SPONTANEO DEL GATTO I. Segnalamento A. Gatti di media età o anziani B. Nessuna predisposizione di razza C. Si osservano sia forme ipofisi-dipendenti che di origine neoplastica D. Le femmine (85%) sono colpite più dei maschi E. Nella maggior parte dei casi, questi animali vengono portati alla visita perché sono colpiti da diabete mellito II. Segni clinici A. Polidipsia, poliuria B. Distensione addominale C. Polifagia D. Alopecia E. Cachessia muscolare 177 NOTE F. Obesità G. Epatomegalia H. La malattia viene identificata tardivamente (andamento insidioso), spesso in seguito alla diagnosi di diabete mellito I. Nel gatto, la perdita di pelo è lieve o poco evidente III. Riscontri di laboratorio A. Iperglicemia B. Ipercolesterolemia C. Linfopenia, eosinopenia D. Leucocitosi E. Aumento dei livelli di fosfatasi alcalina (meno che nel cane) IV. Test diagnostici A. Test di stimolazione con ACTH: misurazione dei livelli basali e a distanza di 1 e 2 ore dalla stimolazione. Rispetto al cane, il gatto risponde più rapidamente all’ACTH B. Test di soppressione con basse dosi di desametazone (dosaggio?). Provare con dosi ridotte C. Test di soppressione con alte dosi di desametazone D. Teoricamente, tutti i gatti diabetici devono essere sottoposti agli esami per la diagnosi della sindrome di Cushing, soprattutto se sembrano essere refrattari all’insulina V. Terapia A. L’o-p’-DDD non è indicato B. Nel gatto, il ketoconazolo presenta una maggiore epatotossicità C. Il trattamento migliore è l’asportazione bilaterale delle ghiandole surrenali D. In caso di neoplasia, si può attuare l’asportazione monolaterale. IPOADRENOCORTICISMO NEL CANE (Insufficienza surrenalica/morbo di Addison) I. Eziologia (Con l’asterisco sono indicate le cause più comuni) * A. Atrofia surrenale idiopatica (insufficienza primaria) 1. Di solito interessa tutte le zone della corteccia surrenale, anche se inizialmente può essere più grave nella zona fascicolata o in quella reticolare 178 2. Molto probabilmente, si tratta di un processo autoimmune 3. Carenza di glucocorticoidi e mineralcorticoidi B. Necrosi acuta della corteccia surrenale (insufficienza primaria) 1. Setticemia 2. Cimurro 3. Tubercolosi 4. Micosi sistemiche C. Insufficienza ipofisaria spontanea (secondaria) molto raramente dovuta ad un danno ipofisario D. Cause iatrogene (secondaria) * 1. Somministrazione a scopo terapeutico di glucocorticoidi (per periodi prolungati o a dosi elevate), NESSUNA CARENZA DI ALDOSTERONE causata da carenza ipofisaria iatrogena * 2. Terapia con o-p’-DDD. Glucocorticoidi con o senza carenza di mineralcorticoidi 3. Surrenalectomia (insufficienza primaria) II. Diagnosi A. Emogramma 1. Ematocrito: normale o aumentato nelle crisi addisoniane Nei casi di insufficienza surrenale cronica si riscontrano spesso anemie non rigenerative 2. Leucociti a. Normali o leucopenia b. Eosinofilia e linfocitosi, oppure livelli normali di eosinofili e linfociti anche in condizioni di stress B. Analisi dell’urina 1. Peso specifico: variabile, ma solitamente ai limiti inferiori della norma 2. Perdita della capacità massimale di concentrazione, dovuta ad ipotonicità della midollare renale C. Profilo biochimico 1. Glicemia: normale, ai limiti inferiori della norma o diminuita. Inferiore alla norma nel 25% dei casi 2. Azotemia a. Può essere molto elevata b. Causata da grave ipotensione 3. Elettroliti a. Alterati in meno del 50% dei casi b. Sodio < 135 c. Potassio > 5,6 d. Cloro < 90 NOTE 179 NOTE 180 e. Rapporto Na/K: normale 33:1; insufficienza surrenalica: < 25:1 f. Calcemia aumentata, in alcuni casi al di sopra di 12,5 D. ECG: utilizzato per evidenziare rapidamente gli effetti cardiaci dell’iperkalemia 1. Onda P a. Diminuzione dell’ampiezza b. Aumento della larghezza c. Assenza (arresto atriale) 2. Onde T: aumento della profondità e della larghezza 3. Bradicardia E. Radiografie del torace 1. Microcardia 2. Restringimento dell’aorta e della vena cava caudale F. Test di stimolazione con ACTH 1. È il test d’elezione per la conferma dell’insufficienza surrenale cronica e di quella iatrogena. 2. Può non essere necessario in caso di crisi addisoniane, quando non è possibile attendere i risultati. Nelle prime due ore, durante l’esecuzione del test, è possibile iniziare la fluidoterapia con soluzione fisiologica, mentre è probabile che qualsiasi somministrazione di glucocorticoidi interferisca con l’esame 3. Modalità di attuazione: simili a quelle indicate per l’ipercortisolemia a. Determinazione dei livelli basali di cortisolo b. Somministrazione di 1,0 U/kg di ACTH in gel per via IM c. Determinazione dei livelli basali a distanza di 2 ore 4. Interpretazione a. Livelli basali prima dell’ACTH ai limiti inferiori della norma o diminuiti (< 2,0 µg/dl) b. Risposta assente o scarsa dopo ACTH III. Terapia A. Insufficienza surrenalica primaria acuta (Crisi addisoniana). È importante rispettare l’ordine indicato 1. Cateterizzare una vena 2. Prelevare campioni di sangue ed urina da destinare ai test diagnostici prima di iniziare il trattamento 3. Intraprendere l’infusione endovenosa di soluzione fisiologica: calcolare il fabbisogno e somministrarne rapidamente la metà. 40 ml/kg/ora per 1-2 ore 4. Somministrare per via endovenosa glucocorticoidi a dosi anti-shock a. Desametazone - 1 mg/kg. In alternativa, b. Metilprednisolone succinato - 2 mg/kg c. Ripetere dopo 30 minuti e dopo 1 ora se la pressione sanguigna non aumenta e la diuresi non inizia 5. Una volta iniziata la diuresi, somministrare 0,5-5,0 mg di desossicorticosterone acetato in sospensione oleosa IM. Ripetere ad intervalli di 24 ore e modificare il dosaggio in relazione alle variazioni dei livelli degli elettroliti 6. Se il paziente è ipoglicemico, somministrare destrosio al 50% IV sino ad ottenere l’effetto desiderato o aggiungere pari volumi di destrosio al 5% alla soluzione fisiologica 7. Quando il paziente risponde, è possibile impiegare dosi minori di desametazone IM ogni 12 ore, fino a che l’animale non diviene in grado di tollerare la terapia con glucocorticoidi per os 8. Tossicità miocardica da iperkalemia a. In caso di grave iperkalemia (K > 8,5-9,0), operare come segue: b. Somministrare 2 grammi di glucosio per unità di insulina IV (la terapia combinata con insulina e glucosio sposta il K nelle cellule) c. Dosaggio dell’insulina: 0,5 U/kg IV d. Infondere il 50% del glucosio sotto forma di bolo e la parte restante nell’arco di 6-8 ore B. Insufficienza surrenalica acuta (secondaria) 1. Trattare con glucocorticoidi solubili IV, come idrocortisone o prednisolone succinato o desametazone sodio fosfato a dosi immunosoppressive o anti-shock 2. Fluidoterapia endovenosa C. Insufficienza surrenalica cronica 1. Richiede un intervento terapeutico meno rigoroso 2. Correggere la disidratazione e l’ipotensione con soluzione di Ringer lattato o fisiologica 3. Somministrare idrocortisone o prednisolone come nella terapia di mantenimento descritta oltre 4. Se sono presenti anomalie elettrolitiche, somministrare desossicortisone acetato (0,5-5,0 mg IM) o fludrocortisone acetato (0,1-0,3 mg per os una volta al giorno) NOTE 181 NOTE 182 5. Se necessario, utilizzare desossicorticosterone pivalato una volta al mese. È meno costoso, ma più difficile da reperire. D. Terapia di mantenimento dell’insufficienza surrenalica 1. Mineralcorticoidi a. Necessari per la sopravvivenza dei cani con squilibri elettrolitici b. Fludrocortisone acetato per os, 0,1 mg/5 kg c. Controllare i livelli degli elettroliti ogni 60 giorni fino alla loro stabilizzazione, poi ogni 4-6 mesi d. In alternativa: desossicorticosterone pivalato in sospensione, 25 mg IM, per ottenere il rilascio di 1 mg di desossicorticosterone attivo o 0,1 mg di fludrocortisone. La dose (stabilita nel corso di prove cliniche) è di 25-100 mg IM ogni 25 giorni 2. Glucocorticoidi (unici farmaci richiesti per il trattamento dell’insufficienza secondaria) a. Prednisolone (0,04 mg/kg/die): meno fisiologico e più esposto al rischio di indurre sovradosaggio a causa della potenza e delle dimensioni delle compresse disponibili in commercio b. Idrocortisone, 1,0 mg/kg/die 3. Integrazione con sale per os (1-2 g/die). Meno costoso E. Insufficienza surrenalica secondaria iatrogena (insufficienza da glucocorticoidi) 1. Nei pazienti affetti da malattie per le quali è indicata la somministrazione di corticosteroidi, è possibile cessare il trattamento a dosi farmacologiche e passare a quello con dosi fisiologiche, basato unicamente sull’apporto di dosi di mantenimento dei glucocorticoidi (prednisolone 0,04 mg/kg/die o idrocortisone 0,2-1,0 mg/kg/die). Si vedano gli schemi pubblicati oltre, integrati da alcune domande che potranno servire a verificare la comprensione del problema. I glucocorticoidi vanno ridotti gradualmente nell’arco di diverse settimane fino al miglioramento della funzionalità dell’asse surrene-ipofisi-ipotalamo 2. Nei casi in cui è presente una malattia primaria che richiede la somministrazione di glucocorticoidi, invece di effettuare trattamenti quotidiani o impiegare prodotti “deposito” è preferibile attuare una terapia sostitutiva a giorni alterni fino alla normalizzazione dei livelli di cortisolo. 3. La condizione è sempre reversibile se il cane viene mantenuto in vita effettuando una corretta integrazione senza indurre la comparsa di iperadrenocorticismo durante il recupero dell’asse ipofisi-surrene. In cani trattati con glucocorticoidi esogeni per periodi fino a 7 anni la guarigione può richiedere anche 2 mesi. 4. Le alterazioni degli elettroliti sono rare o del tutto assenti 5. Nel gatto, è più probabile che questa sindrome sia indotta dai progestinici piuttosto che dai glucocorticoidi Middleton et al: Canad J Vet Res 51:60-65, 1987 a. La soppressione surrenalica indotta dai progestinici è molto più intensa, ma si può avere anche con i glucocorticoidi. La ripresa dell’asse ipofisi-surrene dopo la sospensione del trattamento progestinico è più lenta e più impegnativa b. I progestinici fanno al gatto quello che i glucocorticoidi fanno al cane NOTE 183 NOTE CASI CLINICI CASO 1 Segnalamento: Boston terrier maschio di 10 anni, ricoverato il 5 marzo 1974. Anamnesi: Inviato alla clinica per il trattamento di un’ulcera corneale all’occhio sinistro comparsa 2 giorni prima. Il cane si gratta l’occhio. Un mese prima, si era verificata una lesione traumatica all’occhio destro, con formazione di stafiloma ed insorgenza di panoftalmite che avevano imposto l’enucleazione dell’organo. Negli ultimi sei mesi sono comparse polifagia ed alopecia del tronco. Non è presente poliuria/polidipsia. Nelle ultime settimane si è verificato un certo calo di peso. Esame clinico: Temperatura 37,8, polso 80, respiro 16, peso 6 kg. Alopecia generalizzata. Assenza di iperpigmentazione. Cute sottile. Ulcera corneale con uveite anteriore all’occhio sinistro. Mancanza del destro. Problemi iniziali: Che problemi si possono identificare? 1. Ulcera corneale con uveite anteriore 2. Diffusa alopecia del tronco con cute sottile Esami di laboratorio: Emogramma Ematocrito: Leucociti: Neutrofili segmentati: Linfociti: Monociti Eosinofili Policromasia 184 37 9.550 8.069 .334 L 1.098 .047 L (37-55) (6.000-17.000) (3.000-11.400) (1.000-4.800) (200-1.400) (100-800) NOTE Profilo biochimico Azotemia Proteine totali Albumina SGPT Fosfatasi alcalina Glicemia Na K Cl Ca 9 7,6 3,5 41 1240 123 152 4,5 101 10,6 (8-28) (6,1-7,5) (2,5-3,6) (10-109) (1-114) (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (110-124) (9,1-11,7) Analisi delle urine (raccolte mediante minzione) Colore: Peso specifico: Proteine: Leucociti: Batteri: Chetoni: Glucosio: Proteine: Sangue occulto: Bilirubina: Giallo 1.024 1+ Numerosi 4+ Negativo Negativo Negativo Negativo Negativo Qual è la vostra valutazione? Come prosegue il piano diagnostico in questo caso? Ulteriori test 1. Colesterolo 250 mg/dl (125-230) 2. Analisi delle urine prelevate mediante cistocentesi: pH 6,0; peso specifico 1.029; proteine 2+, leucociti e batteri innumerevoli 3. Cortisolo plasmatico: Prima dell’ACTH: 7 µg/dl Dopo ACTH: 50 µg/dl Dopo soppressione con basse dosi di desametazone: 1 µg/dl Valutazione, indagini prescritte e piano terapeutico? 185 NOTE CASO 2 Segnalamento: S. Bernardo maschio di 3 anni. Ricovero 18 marzo. Anamnesi: Da 4-5 settimane presenta intolleranza all’attività fisica e perdita di vigore. La debolezza è progressivamente peggiorata, ma lo stato mentale del cane rimane vigile. L’appetito è scarso, può essere presente polidipsia. A carico degli arti toracici si rilevano atassia, appoggio sulle nocche e debolezza. L’animale migliora col riposo. Esame clinico: Temperatura 38,5, polso 98, respiro 60, peso 45 kg. Il cane appare magro e con atrofia muscolare generalizzata. Otite esterna bilaterale. Polso femorale debole. Esame neurologico: Stato mentale: vigile Andatura ed atteggiamento posturale: riluttante ad alzarsi. Una volta alzatosi, le funzioni motorie sembrano buone Si stanca con l’attività fisica e presenta fini tremori muscolari Nervi cranici: normali Riflessi spinali: normali Reazioni posturali: normali Quali sono i problemi? E il piano diagnostico? Problemi: Debolezza episodica con atassia ed appoggio sulle nocche Polso femorale debole Atrofia muscolare Anoressia Otite esterna Esami di laboratorio iniziali: Emogramma Ematocrito: Hb Reticolociti Leucociti: Neutrofili segmentati: Linfociti: Monociti Eosinofili Solidi totali 186 31,8 10,7 0 16.700 12.191 2.756 1.253 501 8,7 (37-55) (12-18) (6.000-17.000) (3.000-11.400) (1.000-4.800) (200-1.400) (100-800) (6,1-7,5) NOTE Profilo biochimico Azotemia ALT LDH CPK Creatinina Na K Ca Glicemia 60 10 34 28 1,8 126 8,7 11,8 102 (8-28) (10-109) (2,5-3,6) (40-220) (0,5-1,7) (142-152) (3,9-5,1) (9,1-11,7) (76-119) Analisi delle urine: pH: 5 Peso specifico: 1.018 Tutti i parametri delle strisce reattive risultano negativi Rari cilindri granulari Problemi e valutazione dei primi dati Ulteriore piano diagnostico in questo caso 1. ECG: picco elevato delle onde T, soppressione di quelle P. prolungamento del QRS 2. Livelli plasmatici di cortisolo Pre-ACTH: < 0,5 µg/dl Post-ACTH: > 0,5 µg/dl Valutazione dei nuovi dati acquisiti Diagnosi di iperkalemia ed ipocortisolemia secondarie ad insufficienza della corteccia surrenale Piano terapeutico: 1. Gittata cardiaca e velocità di filtrazione glomerulare a. Fluidoterapia endovenosa mediante soluzione fisiologica b. Glucocorticoidi solubili IV. 2. Monitorare la produzione di urina 3. Desossicorticosterone acetato IM per regolare accuratamente gli squilibri elettrolitici Mantenimento: 1. Terapia con mineralcorticoidi: Fludrocortisone acetato ogni giorno, oppure Desossicorticosterone pivalato, iniezioni ogni 25 giorni o Desossicorticosterone pivalato, pellet SC ogni 4-6 mesi 2. Somministrazione giornaliera di basse dosi di glucocorticoidi 3. Integrazione della dieta con sale 4. Controlli periodici ogni 3-4 mesi (appetito, livelli di attività, elettroliti) 187 NOTE CASO 3 Segnalamento: Alano femmina ovariectomizzata di 2 anni. Anamnesi: Portato inizialmente alla visita 2 settimane prima per una zoppia dell’arto anteriore sinistro Trattato con ac. acetilsalicilico e steroidi Peggioramento, nessuna tumefazione dell’arto Nelle ultime 2 settimane, progressivo sviluppo di depressione e letargia Graduale perdita di interesse per il cibo; attualmente non mangia Due episodi di vomito nella settimana trascorsa Di solito, il cane defeca all’esterno Nell’ultima settimana, una volta ha defecato in casa Le feci erano lasse e di colore bruno molto scuro, con consistenza catramosa. Esame clinico: Temperatura 37,7, polso 120, respiro 32, peso 50 kg. Magro, depresso, con disidratazione del 5%. Zoppia dell’arto anteriore sinistro, difficile localizzare la sede del dolore durante la visita. Soffio sistolico di grado II/VI auscultabile sulla parete toracica destra. Presenza di molteplici ulcere a livello di mucosa orale e labbra. Sulla base dei dati anamnestici e clinici, stilare una lista di problemi e stabilire un piano diagnostico per ognuno di essi 1. Letargia e debolezza 2. Vomito 3. Perdita di peso e calo dell’appetito 4. Zoppia dell’arto anteriore 5. Diarrea con feci scure 6. Ulcere orali 7. Soffio sistolico Emogramma (23/11): Ematocrito 51 Eritrociti 5,23 Hgb 18,2 MCV 70 MCH 22,6 Piastrine 23.000 MPV 9,1 (35-57) (4,95-7,87) (11,9-18,9) (66-77) (21,0-26,2) (211.-610.000) (6,1-10,1) (MPV = Volume piastrinico medio) 188 Leucociti 33.800 Neutr. seg. 7098 Neutr. non seg. 0 Linf. 9464 Mono. 0 Eosin. 17.238 (5000-14.100) (2.900-12.000) (0-450) (400-2.900) (100-1.400) (0-1.300) NOTE Profilo biochimico (23/11): Azotemia Creatininemia Prot. Totali Albumina Fosf. alcalina ALT P 91 5,7 6,7 2,7 66 30 6,5 (8-28) (0,5-1,7) (6,1-7,5) (2,7-3,6) (1-114) (10-109) (3,2-6,3) Glicemia 82 Na 136 K 6,6 Cl 104 TCO2 12 AGap 19 Ca 12,6 (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (110-124) (14-25) (5-17) (9,1-11,7) Analisi dell’urina (23/11): Colore: Trasparenza: Prelievo: Peso specifico: pH: Glucosio: Chetoni: Proteine: Bilirubina: Sangue occulto: giallo limpido cistocentesi 1.036 7,2 Negativo Negativo Negativo Negativo Negativo Leucociti Cellule epiteliali Cilindri Cristalli Batteri Sedimento Eritrociti < 0-1/cmei < 0/cmei 0/cmei 1-2/cmei Negativo Negativo cmei: campo microscopico ad elevato ingrandimento. Elencate tutte le anomalie riscontrate Redigete il piano diagnostico e terapeutico (possibili diagnosi differenziali e relativi test diagnostici) Aggiornate la vostra lista dei problemi Leucocitosi con linfocitosi ed eosinofilia Diminuzione del numero delle piastrine Iperazotemia ed ipercreatininemia Ipoproteinemia Iponatremia, ipocloremia Iperkalemia Ipercalcemia Elettrocardiogramma: Risultati in II derivazione 1. Soppressione delle onde P 2. Prolungamento dei complessi QRS 189 NOTE Ripetizione del profilo biochimico dopo reidratazione: Azotemia Creatininemia Prot. Totali Albumina Fosf. alcalina ALT Ca 46 2,2 5,2 2,2 61 32 10,3 (8-28) (0,5-1,7) (6,1-7,5) (2,7-3,6) (1-114) (10-109) (9,1-11,7) Glicemia Na K Cl TCO2 AGap 119 141 4,5 121 14 7 (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (110-124) (14-25) (5-17) Radiografie del torace: Le dimensioni complessive dell’ombra cardiaca appaiono ridotte. Il profilo del cuore è separato dal diaframma. È presente un lieve ingrossamento dell’atrio sinistro. La vascolarizzazione polmonare appare accentuata. Si rileva una trama bronchiale generalizzata in tutti i campi polmonari. Controlli periodici di laboratorio dopo l’instaurazione della terapia Primo controllo 25/11: Emogramma: Ematocrito Eritrociti Hgb MCV MCH Piastrine MPV 26 3,3 8,7 78 26 an nr (35-57) (4,95-7,87) (11,9-18,9) (66-77) (21,0-26,2) (211.-610.000) (6,1-10,1) Leucociti 14.200 Neutr. seg. 12496 Neutr. non seg. 142 Linf. 852 Mono. 0 Eosin. 0 (500-14.100) (2.900-12.000) (0-450) (400-2.900) (100-1.400) (0-1.300) (MPV = Volume piastrinico medio) Profilo biochimico: Azotemia Creatininemia Prot. Totali Albumina Fosf. alcalina ALT Ca 190 28 nr 4,7 1,9 47 28 8,8 (8-28) (0,5-1,7) (6,1-7,5) (2,7-3,6) (1-114) (10-109) (9,1-11,7) Glicemia 115 Na 138 K 3,5 Cl 120 TCO2 16 AGap 2 (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (110-124) (14-25) (5-17) Nuovo controllo del profilo biochimico in data 3/12: Azotemia Creatininemia Prot. Totali Albumina Fosf. alcalina ALT Ca 18 nr 5,9 2,9 56 34 10,6 (8-28) (0,5-1,7) (6,1-7,5) (2,7-3,6) (1-114) (10-109) (9,1-11,7) Glicemia 106 Na 138 K 5,9 Cl 111 TCO2 21 AGap 7 NOTE (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (110-124) (14-25) (5-17) Test di risposta all’ACTH Prima: 0,9 (0,5-2,0) Dopo: 0,6 (8,0-20,0) Livelli plasmatici di ACTH Risultati: 500 pg/ml (200-350) Test di soppressione con desametazone Risultati: Prima: 1,3 µg/dl Dopo: 1,0 µg/dl Esame delle feci (per flottazione): infestazione da A. caninum (lieve) e Trichuris vulpis (moderata) Concentrazioni sieriche di aldosterone Prima: 0 pg/ml (80-140) 2 pg/ml (80-200) 191 NOTE CASO 4 Segnalamento: barboncino nano, femmina ovariectomizzata di 14 anni. Data: 24/1 Anamnesi: Trattata con 7,5 mg di prednisolone per 9 mesi 9 mesi prima, il cane presentò irrequietezza ed incapacità di deambulare. In precedenza (5 anni prima), era stato trattato per 2 anni con glucocorticoidi per una neurite ottica. Attualmente il cane è stato nuovamente trattato con glucocorticoidi perché il proprietario pensava che le recenti difficoltà di deambulazione fossero una progressione della sindrome della neurite ottica. Due settimane prima il cane ha presentato lesioni cutanee umide e trasudanti. Il veterinario curante ha diagnosticato una piodermite ed ha detto al cliente di somministrare prednisolone per trattare l’infezione. Il cane è diventato molto irrequieto nel volgere di pochi giorni dal termine della terapia, per cui venne nuovamente trattato con prednisolone. L’animale presenta polidipsia e poliuria con urinazione in casa. Esame clinico: Temperatura 38,5; polso 140; respiro 40; peso 6 kg. Distensione dell’addome. Diverse zone di alopecia sulla cute del dorso. Le lesioni sono caratterizzate da una regione centrale con una pigmentazione scura circondata da un anello di tessuto ipercheratosico. Tartaro dentale, iperemia dei margini gengivali perialveolari. Opacità lenticolari bilaterali. Deficit neurologici rappresentati da anomalie dello stato mentale (depressione); anomalie dell’andatura (il cane incespica mentre cammina); deficit delle reazioni posturali degli arti anteriori e posteriori. 192 NOTE Analisi dell’urina (24/1): Colore: giallo Trasparenza: limpido pH: 5,0 Peso specifico: 1.022 Glucosio: strisce ++; clinitest ++++ Chetoni: Elevati Proteine: Tracce Bilirubina: Negativo Sangue occulto: Negativo Eritrociti: Occasionali Leucociti: Occasionali Cellule epiteliali: Pochi elementi squamosi, occasionali cellule rotonde Cilindri: Molti cellulari, pochi ialini Cristalli Problemi: Proteinuria Chetonuria Glicosuria Piuria, ematuria Esami di laboratorio (24/1): Emogramma: Ematocrito 36,8 (37-55) Leucociti 20.400 (6000-17.000) Eritrociti Neutr. seg. 18156 (3.000-11.400) 5,03 (5,50-8,50) Hgb 12,7 (12,0-18,0) Neutr. non seg. 204 (0-300) MCV 73 Linf. 408 (1000-4.800) MCH 25,2 (19,5-24,5) Mono. MCHC 34,5 (32,0-36,0) Eosin. Piastrine MPV 724 10 (60-77) 1.632 (200-1.400) 0 (100-800) (200.-900.000) Basofili 0 (7,0-9,2) Altre 0 Reticolociti nr Eritrociti nucleati 0 Fibr. Anisocitosi 0 nr Poichilociti (MPV = Volume piastrinico medio) 193 NOTE Profilo biochimico: Azotemia 95 (8-28) Glicemia 690 Creatininemia 3,3 (0,5-1,7) Na 126 Prot. Totali 6,8 (6,1-7,5) K 4,4 Albumina 2,8 (2,7-3,6) Cl 80 Fosf. alcalina 519 (1-114) TCO2 18 ALT 57 (10-109) AGap 29 P 6,8 (3,5-5,2) Ca 10,5 Fosf. alcalina dopo trattamento con levamisolo: 229 (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (110-124) (14-25) (5-17) (9,1-11,7) 1. Elencare tutti i problemi che riuscite ad identificare negli esami ematologici e biochimici 2. Indicare le possibili diagnosi differenziali per ciascun problema. Indicare per ognuno di essi il piano terapeutico e diagnostico. Anemia ai limiti della norma Trombocitosi Leucogramma da stress Aumento dei livelli di fosfatasi alcalina Iperglicemia Iponatremia Ipocloremia Test di risposta all’ACTH Risultati: Prima: 1,06 (0,5-2,0) Dopo: 5,0 (8,0-20,0) Ripetizione del profilo biochimico e dell’analisi dell’urina il 26/1: Profilo biochimico: Azotemia Creatininemia Prot. Totali Albumina Fosf. alcalina ALT 31 2,9 5,7 2,4 439 89 Dopo levamisolo: 194 194 (8-28) (0,5-1,7) (6,1-7,5) (2,7-3,6) (1-114) (10-109) Glicemia Na K Cl TCO2 AGap Ca Colesterolo 330 136 3,6 96 19 21 9,2 419 (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (110-124) (14-25) (5-17) (9,1-11,7) (125-200) NOTE Analisi dell’urina: Colore: Trasparenza: Peso specifico: pH: Glucosio: Chetoni: Proteine: Bilirubina: Sangue occulto: Cilindri: Cristalli amorfi, grasso giallo chiaro limpido 1.011 5,0 ++ clinitest Elevati Tracce Negativo Negativo Finemente granulari, rari Risposta alla terapia medica Al termine dell’ospedalizzazione si somministrò idrocortisone come integrazione. Il 24/1 si inserì un catetere endovenoso. Infusione IV di 1 unità/100 ml di insulina concentrata. Inizio della terapia alle 23:00: i rispettivi valori di glicemia sono indicati nella scheda seguente. Data Ora Glicemia 24/1 23:00 380 1 unità di insulina amorfa IV 12:00 380 01:00 380 02:00 370 03:00 326 04:00 324 06:00 332 Risposta alla terapia medica con insulina NPH SC Data Ora Glicemia 25/1 08:00 275- 7 unità NPH SC 12:00 168 02:00 193 03:00 188 24:00 257 26/1 08:00 276 - 7 unità NPH 12:00 420 Visita dermatologica L’esame clinico evidenziò macule pigmentate ipercheratosiche. Squame, croste, alopecia bilateralmente simmetrica 195 NOTE CASO 5 Segnalamento: Pastore australiano femmina ovariectomizzata di 6 anni. Anamnesi: Il cliente possiede il cane da tre anni. Un anno prima, il cane perdeva ciuffi di pelo in corrispondenza della parete toracica destra. Attualmente, si osservano ammassi di pelo con squame attaccate. Si è leccato a lungo gli arti anteriori. Sei settimane prima, sono state notate vescicole sulla cute All’epoca, il veterinario curante ha prescritto eritromicina, prednisone e preparati tiroidei. A distanza di 3 settimane non si è rilevata alcuna modificazione delle condizioni del mantello, per cui il trattamento è stato interrotto. Nelle ultime 3 settimane non sono stati somministrati farmaci. Appetito, urinazione e consumo di acqua sono normali. Assenza di vomito, diarrea, tosse o sternuti. Alimentazione: alimenti secchi per cani e residui di cucina Vaccinazioni in ordine. Il proprietario riferisce una scrupolosa cura contro i parassiti interni ed esterni. Esame clinico: Temperatura 38,5; polso 100; respiro 52; peso 35 kg. Obesità e ventre gonfio. Diffuse chiazze di alopecia a livello del tronco. Tutti gli altri riscontri sono entro i limiti della norma. Visita dermatologica: seborrea secca generalizzata del tronco e collaretti epidermici. Emogramma: Ematocrito Eritrociti Hgb MCV MCH Piastrine MPV 49 nr 17,6 nr nr an nr (35-57) (4,95-7,87) (11,9-18,9) (66-77) (21,0-26,2) (211.-610.000) (6,1-10,1) Leucociti 9.047 Neutr. seg. 7419 Neutr. non seg. 0 Linf. 814 Mono. 362 Eosin. 452 Retic. nd (MPV = Volume piastrinico medio) 196 (5000-14.100) (2.900-12.000) (0-450) (400-2.900) (100-1.400) (0-1.300) NOTE Profilo biochimico: Azotemia 14 Creatininemia nr Prot. Totali 6,4 Albumina 3,2 Fosf. alcalina 92 ALT 86 (8-28) (0,5-1,7) (6,1-7,5) (2,7-3,6) (1-114) (10-109) Glicemia 132 Na 145 K 4,3 Cl 111 TCO2 21 AGap 14 Ca 10,5 (76-119) (142-152) (3,9-5,1) (110-124) (14-25) (5-17) (9,1-11,7) Analisi dell’urina: Colore: Trasparenza: Peso specifico: pH: Glucosio: Chetoni: Proteine: Bilirubina: Sangue occulto: Eritrociti: giallo chiaro limpido 1.017 7,8 Negativo Negativo Negativo Negativo Negativo Occasionali Sedimento Assenza di cellule Pre e Post TSH Pre T4: 0,3 (1,5-3,0) Post T4: 0,2 (3,0-5,0) Test di risposta all’ACTH: Pre e Post ACTH Livelli basali: 3,2 (0,5-2,0) Post-ACTH: 22,6 (8-20) Test di soppressione con basse dosi di desametazone (0,34 mg. Des. IV) Livelli basali: 5,5 4 ore: 3,8 6 ore: 2,7 8 ore: 3,3 Soppressione con alte dosi di desametazone (3,4 mg IV) 0,1 mg/kg Livelli basali: 4,0 2 ore: 6,8 4 ore: 2,9 6 ore: 1,7 8 ore: 1,5 197 NOTE Misurazione dei livelli sierici di ACTH: Controlli: 91,44 Paziente: 107,94 71,25 51,50 42,72 82,28 Esame ecografico Avete diagnosticato una forma di iperplasia surrenalica/ iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente; il quadro ecografico indica che la condizione è bilaterale. Terapia per la disfunzione surrenalica: cosa utilizzate? Esame ormonale dopo terapia Test di stimolazione con ACTH Livelli basali: < 0,3 (0,5-2,0) Dopo ACTH: 1,8 (8,0-20,0) Ripetere l’esame Il paziente venne riportato dopo 10 settimane di terapia per un consulto dermatologico, a causa della persistenza dell’alopecia del tronco. Visita dermatologica: Coda di topo Mantello opaco e secco. Ritenzione del manto giovanile, lanuginoso. Grandi chiazze squamose - Esfoliazione di cheratina. Cute addominale sottile. Ripetizione dopo 10 settimane del test di risposta all’ACTH Pre- e Post-cortisolo Prima: 2,6 Dopo: 4,1 Test di risposta al TSH: Pre T4: 0,2 Post T4: non rilevabile A questo punto, indicate il piano diagnostico e terapeutico. 198 28° Congresso SCIVAC EMATOLOGIA CLINICA E DIAGNOSTICA DI LABORATORIO RICCIONE, 22-25 GIUGNO 1995 Tim Watson BVM&S, PhD, MRCVS WALTHAM Centre for Pet Nutrition, Freeby Lane, Waltham-on-the -Wolds, Melton Mowbray, Leicestershire, LE14 4RT, UK Valutazione dello stato nutrizionale dalle indagini di laboratorio di routine Domenica, 25 giugno 1995, ore 10.00 199 NOTE Introduzione Nel presente lavoro vengono trattati i disturbi del metabolismo lipidico che si manifestano attraverso l’aumento delle concentrazioni plasmatiche di colesterolo e/o trigliceridi (iperlipemia). Si tratta di una condizione identificata con sempre maggiore frequenza nel cane e nel gatto, spesso in associazione con malattie clinicamente manifeste. Lo scopo di questa relazione è quindi quello di 1) evidenziare le complicazioni cliniche dell’iperlipemia e 2) indicare le terapie da adottare in questi casi. Definizioni • L’aumento delle concentrazioni sieriche di colesterolo e trigliceridi (iperlipemia) viene riscontrato con sempre maggiore frequenza nella clinica dei piccoli animali, sia nel corso di esami ematologici di routine che in occasione di indagini cliniche in animali malati. • Poiché il colesterolo ed i trigliceridi passano nel plasma sotto forma di speciali complessi lipoproteici detti lipoproteine, l’iperlipemia viene occasionalmente indicata anche col nome di iperlipoproteinemia. • Col termine di lipemia si indica l’aspetto torbido conferito al plasma o al siero dalla rifrazione della luce determinata dalla presenza di grandi particelle lipoproteiche ricche di trigliceridi. • In alcuni casi l’iperlipemia può essere dovuta alla recente ingestione di un pasto ricco di grassi; questa condizione viene indicata col nome di iperlipemia postprandiale (o lipemia postprandiale) ed è del tutto normale. Il riscontro di iperlipemia in animali a digiuno da 12-16 ore costituisce un fatto patologico e riflette un deficit del metabolismo dei lipidi. • Nella maggior parte dei cani e dei gatti, l’iperlipemia a digiuno si osserva secondariamente ad altre affezioni metaboliche o endocrine (iperlipemia secondaria). • Negli animali che non presentano malattie primarie, si presume che l’iperlipemia sia dovuta ad un’alterazione primaria e geneticamente determinata del metabolismo lipoproteico (iperlipemia primaria). In molti casi, questa alterazione non risulta identificabile, per cui si preferisce impiegare il termine di iperlipemia idiopatica. 200 NOTE Iperlipemie idiopatiche primarie • Iperchilomicronemia ereditaria del gatto • Iperchilomicronemia idiopatica dello schnautzer nano Iperlipemie secondarie Cane Ipotiroidismo Diabete mellito Iperadrenocorticismo Affezioni del fegato e delle vie biliari Nefropatie Obesità Gravidanza, pseudogravidanza Acromegalia Eccessivo consumo di alcol √ √ √ √ √ ? ? ? χ Gatto Uomo χ √ √ √ √ √ √ √ √ √ √ √ √ √ ? χ √ χ Prevalenza dell’iperlipemia nel cane e nel gatto Generalmente, gli autori concordano nel ritenere che nel cane, e forse nel gatto, l’iperlipemia secondaria sia molto più comune di quella idiopatica. Nel corso di un’indagine in prospettiva condotta nell’arco di un periodo di 6 mesi su 362 cani inviati per la prima volta alla Veterinary School della Glasgow University, l’autore ha riscontrato in 53 casi (15%) la presenza di iperlipemia (colesterolo > 6,5 mmol/l, trigliceridi > 1,75 mmol/l). Nella maggior parte di questi soggetti (43,81%) la condizione era di origine secondaria. Nei restanti 10 casi (19%) non si riuscì ad identificare alcuna affezione primaria, per cui l’iperlipemia venne definita idiopatica. In un’indagine meno ampia effettuata nel gatto, l’iperlipemia a digiuno venne riscontrata in 9 campioni di sangue su 75 (12%) inviati al laboratorio di biochimica clinica della Veterinary School della Glasgow University. In tutti i felini colpiti, l’iperlipemia era di origine secondaria. Concentrazioni plasmatiche di colesterolo e trigliceridi Valori normali La definizione di iperlipemia presuppone che i limiti superiori della norma adottati dai vari laboratori per le con201 NOTE centrazioni sieriche di colesterolo e trigliceridi siano normali. Tuttavia, stanno emergendo dati che indicano che potrebbe non essere esattamente così, dal momento che i limiti comunemente utilizzati sembrano essere inadeguati per certe razze o popolazioni di cani e gatti. Ad esempio, in Briard apparentemente sani è stata riscontrata una colesterolemia di 8,0 ± 0,5 mmol/l e l’autore ha rilevato concentrazioni fino a 8,6 mmol/l in un allevamento di gatti sani. Ovviamente, una colesterolemia di 15 mmol/l è senz’altro anormale, ma si va delineando un’“area grigia” in cui la reale importanza del riscontro di livelli di colesterolo compresi fra 6,5 ed 8,0 mmol/l nel cane e nel gatto risulta discutibile. Fortunatamente, questo fatto riveste un’importanza trascurabile dal punto di vista clinico, dal momento che è improbabile che si renda necessario un intervento terapeutico in animali sani con colesterolemia compresa entro questo intervallo. Tuttavia, il riscontro di livelli di colesterolo pari, ad esempio, a 7,8 mmol/l in un cane con sospetto ipotiroidismo potrebbe essere considerato segno di alterazione tiroidea e suggerire il ricorso a test di funzionalità endocrina più costosi. Variabilità normale Nel corso degli ultimi due anni sono emersi dei dati che indicano la normale variabilità dei livelli plasmatici di colesterolo e trigliceridi nel cane e nel gatto. Ad esempio, è stato stimato che, nel cane, esista una variazione giornaliera, nei singoli individui, del 7% e del 18%, rispettivamente, per i livelli plasmatici di colesterolo e trigliceridi. Ciò significa che in un cane che presenti i valori tipici di 4,5 e 0,8 mmol/l di colesterolo e trigliceridi, i livelli riscontrati in più giorni consecutivi possono variare, rispettivamente, da 4,2 a 4,8 mmol/l e da 0,65 a 0,95 mmol/l. Questa variabilità non riveste importanza clinica fino a che i valori non si approssimano ai limiti superiori della norma, intorno a 6,5 mmol/l per il colesterolo e ad 1,7 mmol/l per i trigliceridi. Quindi, la colesterolemia può essere di 6,0 mmol/l (normale) un giorno e di 7,0 mmol/l (anormale) quello successivo, mentre la trigliceridemia può risultare, rispettivamente, di 1,40 mmol/l (normale) e di 2,0 mmol/l (anormale). Tutto ciò, associato agli errori di laboratorio che si possono verificare nella determinazione dei livelli di colesterolo e trigliceridi, impone l’adozione di una certa cautela nell’interpretazione dei valori che risulta- 202 no appena superiori al limite maggiore della norma, nel qual caso può essere indicata la ripetizione dell’esame prima di intraprendere indagini diagnostiche lunghe ed economicamente impegnative. NOTE Razza Un’indagine volta a studiare le concentrazioni plasmatiche dei lipidi in cinque diverse razze canine (Labrador, beagle, West Highland white terrier, cairn terrier e bassotto) non ha evidenziato significative variazioni della colesterolemia e della trigliceridemia. È possibile, tuttavia, che in determinate razze i valori riscontrati non siano conformi a quelli indicati, come avviene per il briard. Nelle sue personali ricerche, l’autore ha rilevato come le concentrazioni plasmatiche del colesterolo siano influenzate dalla razza, ma senza riscontrare differenze interrazziali statisticamente significative. Quindi, al momento attuale sembra che esistano scarse indicazioni per stabilire per ogni singola razza le concentrazioni normali che, fatta eccezione per il briard, rientrano nei limiti degli intervalli di riferimento standard. Non sono disponibili dati analoghi per il gatto. Sesso L’autore non ha riscontrato significative differenze fra i sessi nelle concentrazioni plasmatiche del colesterolo nel cane, mentre la trigliceridemia sembra essere più elevata nei maschi castrati e ridotta nelle femmine non ovariectomizzate. Tuttavia, non sono stati esaminati gli specifici effetti della castrazione sul metabolismo lipidico di queste specie animali. Sia i livelli di colesterolo che quelli dei trigliceridi sembrano aumentare durante l’estro ed il metaestro, anche se gli incrementi risultano di entità variabile e sono solitamente compresi entro l’intervallo normale. Nel gatto, l’autore non ha rilevato significative differenze di colesterolemia o trigliceridemia legate al sesso. Inoltre, sia nei maschi che nelle femmine la castrazione non sembra influire sui livelli plasmatici di questi composti. Non sono disponibili dati sugli effetti del ciclo estrale nella gatta, ma l’autore ha preso in esame le modalità con cui le concentrazioni plasmatiche dei lipidi vengono influenzate dalla gravidanza e dalla lattazione in questa specie animale. Questa indagine ha dimostrato che coleste203 NOTE rolemia e trigliceridemia restano inalterate nella gatta gravida, mentre subiscono entrambe una diminuzione significativa dopo il parto e durante l’allattamento, per poi tornare alla normalità dopo lo svezzamento. Questi dati indicano che, almeno nel gatto, la gravidanza non può essere considerata una causa di iperlipemia secondaria. Dieta Gran parte delle variazioni interindividuali delle concentrazioni plasmatiche dei lipidi riscontrate nell’uomo può essere spiegata con la differente assunzione di grassi con la dieta. Si ignora se ciò valga anche per il cane ed il gatto e, al momento attuale, non è ancora stato chiarito con esattezza in che misura la dieta influisca su questi parametri. Sulla base dei risultati di indagini sperimentali, risulta evidente che la colesterolemia del cane risponde alle variazioni del contenuto di colesterolo della dieta, ed in particolare dell’assunzione di grassi saturi, anche se gli alimenti impiegati erano molto diversi dalle formulazioni con cui vengono nutriti i cani da compagnia. Vi sono anche dei dati che indicano che la colesterolemia e la trigliceridemia diminuiscono in seguito all’assunzione di una dieta povera di grassi nell’ambito del trattamento dell’iperlipemia nel cane. È quindi evidente come la dieta eserciti un’importante influenza sui livelli plasmatici dei lipidi del cane e forse del gatto, anche se tale effetto non è ancora stato quantificato. Complicazioni cliniche dell’iperlipemia L’iperlipemia può essere associata ad una gamma di condizioni patologiche che comprende: • manifestazioni addominali: anoressia, vomito, diarrea; • pancreatite acuta necrotizzante: anoressia, vomito, diarrea, dolore addominale localizzato; • anomalie oculari; • manifestazioni dermatologiche; • disturbi del sistema nervoso centrale. Pancreatite e manifestazioni addominali La pancreatite è un’importante conseguenza dell’ipertrigliceridemia non controllata del cane. Tuttavia, non è 204 chiaro a quali concentrazioni plasmatiche di trigliceridi ciò si verifichi; inoltre, alcuni cani sembrano più esposti di altri alle lesioni da pancreatite. L’autore ha osservato episodi di pancreatite in cani che, al momento della visita, presentavano valori di trigliceridemia a digiuno di appena 5 mmol/l. Questo è quindi considerato il livello da raggiungere attraverso gli interventi terapeutici nei cani con iperlipemia primaria e secondaria. Per ragioni che non sono chiare, il gatto sembra essere del tutto resistente alla pancreatite indotta dall’ipertrigliceridemia; non sono state segnalate manifestazioni riferibili a pancreatite neppure nei gatti con iperchilomicronemia ereditaria, nei quali i livelli dei trigliceridi raggiungono valori di 50-80 mmol/l. I segni clinici osservati nei cani affetti da pancreatite sono rappresentati da grave dolore addominale, localizzato alla parte anteriore dell’addome ed accompagnato dall’assunzione del cosiddetto “atteggiamento di preghiera”, vomito, diarrea e anoressia. Episodi di questo tipo si manifestano in modo intermittente e tendono ad essere autolimitanti, ma in seguito aumentano di frequenza e di gravità sino al punto di rendere indispensabile l’ospedalizzazione del cane ed il ricorso alla terapia intensiva. Nei pazienti colpiti, i livelli plasmatici di amilasi e lipasi risultano spesso normali (il che può essere dovuto al fatto che il plasma, essendo lipemico, interferisce con la metodica spettrofotometrica utilizzata per questo tipo di analisi), ma l’esame ecografico può rivelare segni di edema/tumefazione del pancreas. Episodi di questo tipo sono comuni negli schnautzer nani affetti da iperchilomicronemia idiopatica e sono stati indicati col nome di pseudopancreatite, dal momento che non è sempre possibile dimostrare chiaramente l’esistenza di una flogosi pancreatica. Altri cani con ipertrigliceridemia possono presentare segni di anoressia, vomito o diarrea in assenza di qualsiasi manifestazione algica localizzata nella parte anteriore dell’addome; non è chiaro se tali segni siano dovuti ad un danno pancreatico o ad una disfunzione gastroenterica primaria. NOTE Anomalie oculari Le anomalie oculari non sono rare nei cani con iperlipemia e sono rappresentate da: • cheratopatia lipidica; • arco lipoide della cornea (arcus lipoides corneae); • distrofia dello stroma del cristallino; 205 NOTE • presenza di lipidi nell’umore acqueo; • infiltrazione lipidica macroscopica del globo oculare; • lipemia dei vasi, compresi quelli retinici. Alcune di queste manifestazioni, tuttavia, non si osservano costantemente in tutti i cani con iperlipemia e possono essere presenti anche in soggetti normolipemici. Sembra che, nel determinare la comparsa di certi segni clinici, giochino un ruolo importante fattori oculari locali, come ad esempio la struttura della cornea, la pressione intraoculare e la temperatura. Quando si osservano nei cani iperlipemici, le manifestazioni oculari possono essere caratteristiche del disturbo lipidico primario e vanno considerate come importanti marcatori della possibile presenza di iperlipemia. Data l’importanza dei fattori locali ai fini della comparsa di queste manifestazioni, la normalizzazione delle concentrazioni sieriche dei lipidi indotta dalla terapia non è sempre seguita dalla risoluzione del quadro clinico. Manifestazioni dermatologiche Nei cani e nei gatti colpiti da iperlipemia primaria e secondaria è stata descritta una vasta gamma di manifestazioni dermatologiche, che di solito si risolvono in seguito alla normalizzazione dei livelli sierici dei lipidi. Tali alterazioni sono rappresentate da: • xantomi eruttivi; • prurito; • alopecia (di tipo endocrino). Manifestazioni riferibili all’interessamento del SNC • Crisi convulsive, specialmente nello schnautzer nano con iperchilomicronemia idiopatica. • Neuropatie periferiche: n. facciale, nn. radiale/tibiale, sindrome di Horner. • Aterosclerosi cerebrale: disorientamento, maneggio, alterazioni della visione, ictus. Il trasporto dei lipidi a livello plasmatico: la chiave per comprendere le origini metaboliche dell’iperlipemia Colesterolo e trigliceridi, in quanto tali, sono tipicamente insolubili nel plasma ed il loro trasporto attraverso 206 l’ambiente acquoso del flusso ematico si fonda sull’incorporazione in speciali complessi lipoproteici detti lipoproteine. Queste ultime sono suddivise in quattro classi, ognuna delle quali riveste un ruolo distinto nel trasporto dei lipidi a livello plasmatico e può essere definita sulla base delle tipiche caratteristiche fisiche e chimiche indicate più oltre. Tutte condividono la medesima struttura delle componenti idrofobe, ed in particolare dei trigliceridi e dei colesteril-esteri, sono veicolate nel nucleo delle particelle, protette dall’ostile ambiente plasmatico grazie ad un rivestimento polare di fosfolipidi, alcune proteine speciali nelle apolipoproteine ed una piccola quantità di colesterolo libero. NOTE 1. Chilomicroni - trasportano i trigliceridi assunti con la dieta dal piccolo intestino al tessuto adiposo (dove vengono accumulati) o alla muscolatura scheletrica (dove sono impiegati come substrato energetico). Sono le lipoproteine più grandi e quelle che galleggiano di più e rimangono all’origine del fenomeno dell’elettroforesi in gel di agarosio. 2. Lipoproteine a bassissima densità (VLDL o verylow-density lipoproteins) - utilizzate per trasportare i trigliceridi ed il colesterolo fuori dalla principale sede di sintesi endogena, il fegato, e veicolare i trigliceridi ai tessuti periferici. Sono anche note come pre-ß-lipoproteine per la loro mobilità elettroforetica. 3. Lipoproteine a bassa densità (LDL o low-density lipoproteins) - formate a partire dalle VLDL, trasportano il colesterolo ai tessuti periferici, come le surreni e le ghiandole della riproduzione. All’elettroforesi, migrano in posizione ß. 4. Lipoproteine ad alta densità (HDL o high-density lipoproteins) - captano il colesterolo in eccesso rispetto alle esigenze tissutali e lo trasportano al fegato, dove può essere escreto sotto forma di sali biliari, accumulato o ridistribuito ad altri tessuti dell’organismo sotto forma di VLDL o LDL. Le HDL sono le lipoproteine più piccole e più dense e migrano in posizione α nel tracciato elettroforetico. I chilomicroni e le VLDL veicolano principalmente i trigliceridi, mentre le LDL e le HDL sono utilizzate soprattutto dal colesterolo. Di conseguenza, è probabile che in caso di aumento delle concentrazioni plasmatiche 207 NOTE dei trigliceridi si osservi un incremento della quantità di chilomicroni e/o VLDL circolanti. Analogamente, l’ipercolesterolemia è dovuta di solito alle alterazioni del metabolismo delle LDL e delle HDL piuttosto che delle altre due classi di lipoproteine. Va tenuto presente che quella indicata rappresenta una schematizzazione abbastanza semplicistica, dal momento che nei singoli casi possono essere interessate più di una classe di lipoproteine, dando origine ad un quadro lipidico più complesso. In alcune affezioni si possono anche verificare delle modificazioni della composizione di certe lipoproteine, come l’arricchimento di colesterolo delle VLDL o l’aumento di trigliceridi delle LDL, che confondono ulteriormente la situazione. Tuttavia, la conoscenza delle origini metaboliche dell’iperlipemia rappresenta la base dell’indagine clinica e dello sviluppo degli interventi terapeutici più appropriati. Ipertrigliceridemia Sia i chilomicroni che le VLDL sono catabolizzati attraverso l’enzima lipoproteina-lipasi, che separa i trigliceridi da queste particelle. Quindi, le alterazioni dell’attività di questo enzima, sia di origine genetica che acquisite, determinano una riduzione della clearance dei chilomicroni e delle VLDL, con conseguente ipertrigliceridemia. Se la lesione è abbastanza grave, i chilomicroni persistono in circolo per più di 12 ore dopo l’ingestione di un pasto ricco di grassi e, quindi, possono essere presenti anche nel plasma a digiuno. La situazione può essere complicata in certi stati patologici, come il diabete mellito, in cui si osserva una sovrapproduzione di VLDL come conseguenza dell’inefficace regolazione della lipolisi adiposa. Ipercolesterolemia L’aumento dei livelli plasmatici di colesterolo è generalmente conseguente ad un’alterazione del metabolismo delle LDL e delle HDL. Nell’uomo, l’incremento delle LDL si osserva tipicamente in caso di deficit dei recettori (LDL-recettori) responsabili della loro clearance dal plasma. Tali deficit non sono stati segnalati nel cane e nel gatto e non è chiaro in che misura in queste specie animali l’ipercolesterolemia sia dovuta alla riduzione della clearance piuttosto che all’aumento della sintesi delle LDL. 208 Incrementi dei livelli delle HDL sono stati riscontrati in certi tipi di iperlipemia secondaria del cane, ma le esatte origini metaboliche di queste alterazioni restano poco chiare. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che in molti casi di ipercolesterolemia del cane la clearance dei residui ricchi di colesterolo dei chilomicroni e delle VLDL sembra essere ridotta, come indica la comparsa nel plasma di tali residui, noti col nome di B-VLDL. NOTE Studio dell’iperlipemia nel cane e nel gatto Di fronte ai pazienti iperlipemici, l’indagine diagnostica si sviluppa seguendo un protocollo soddisfacente e ragionevolmente chiaro. È necessario rispondere alle due seguenti domande. 1. L’iperlipemia è la conseguenza della recente ingestione di un pasto ricco di grassi? Verifica: tenere a digiuno il paziente per una notte e ripetere il prelievo. Si devono misurare le concentrazioni plasmatiche di colesterolo e trigliceridi e, nei pazienti in cui l’anamnesi segnala l’esistenza di problemi gastroenterici, l’attività di amilasi e lipasi. 2. L’iperlipemia è di origine secondaria? Verifica: accertare se l’animale presenta qualsiasi altra indicazione clinica o anamnestica che possa far sospettare la presenza di una condizione in grado di causare iperlipemia, ed in particolare di ipotiroidismo, diabete mellito, iperadrenocorticismo, epato- e nefropatie. Nei casi in cui si riscontra un’affezione primaria, tutti gli sforzi diagnostici devono essere focalizzati su di essa, ricorrendo agli opportuni test o alle prove funzionali del caso. Nei casi in cui non si osservano segni di malattia, l’iperlipemia deve essere considerata di natura idiopatica. Recentemente, sono stati messi a punto alcuni test più specializzati, utilizzabili per lo studio dell’iperlipemia, quali: • metodi di determinazione delle singole classi di lipoproteine, sia con tecnica qualitativa (elettroforesi in gel d’agarosio) che quantitativa (separazione/precipitazione delle lipoproteine); • determinazione dell’attività della lipoproteina-lipasi; • test della clearance dei chilomicroni (test di tolleranza ai grassi somministrati per via orale o endovenosa). 209 NOTE Questi esami, tuttavia, possono essere effettuati presso un numero limitato di laboratori ed in genere non sono alla portata della maggior parte dei veterinari. Sono utili in determinati casi, ed in particolare nell’iperlipemia idiopatica, per stabilire l’origine metabolica dell’iperlipemia stessa e, quindi, adottare la terapia specifica. Trattamento dell’iperlipemia • Lo scopo della terapia è quello di ridurre le concentrazioni plasmatiche dei lipidi a livelli tali da diminuire il più possibile il rischio di insorgenza delle manifestazioni cliniche associate all’iperlipemia. • I casi di iperlipemia secondaria vengono efficacemente trattati con la terapia più appropriata per l’affezione primaria. Tuttavia, in questi pazienti la misurazione periodica dei livelli plasmatici dei lipidi può essere utile per monitorare l’evolversi delle condizioni dell’animale. L’iperlipemia idiopatica va trattata in primo luogo riducendo l’apporto di grassi con la dieta. Gli animali sovrappeso devono essere sottoposti ad un programma di alimentazione controllata a ridotto contenuto calorico, facendo presenti ai loro proprietari i benefici effetti dell’attività fisica. La mancata normalizzazione delle concentrazioni plasmatiche può essere dovuta a: • scarso rispetto della dieta; • inefficacia della dieta, solitamente conseguente al fatto che l’alterazione del metabolismo delle lipoproteine non può essere completamente corretta con la riduzione dell’assunzione di grassi; • mancata perdita di peso dei pazienti obesi; • sviluppo di un’iperlipemia secondaria nei pazienti in cui l’indagine clinica iniziale non ha evidenziato una forma primaria. In questi casi, gli animali devono essere nuovamente esaminati alla ricerca di segni clinici ed anomalie biochimiche riferibili all’affezione primaria. Caratteristiche delle diete studiate per ridurre i livelli dei grassi Le modificazioni della dieta sono studiate per ridurre l’assunzione dei grassi ed in particolare dei trigliceridi e, quindi, diminuire la produzione di chilomicroni e VLDL. Tutti gli alimenti per cani e gatti reperibili in commercio 210 NOTE sono intrinsecamente poveri di colesterolo, ma le concentrazioni plasmatiche di quest’ultimo e dei trigliceridi sono correlate all’assunzione dei grassi, ed in particolare di quelli saturi (come l’uomo ha imparato a proprie spese). Per il trattamento dell’iperlipemia vengono indicate varie diete speciali per uso veterinario, basandosi sul fatto che alcune loro peculiarità si sono dimostrate in grado di ridurre la concentrazione plasmatica dei lipidi nell’uomo. Le caratteristiche ideali di una dieta capace di ridurre i livelli dei lipidi sono rappresentate da: • basso tenore di grassi; ridotta concentrazione di grassi saturi ed elevati livelli di acidi grassi poliinsaturi. Gli acidi grassi omega-3 (n-3) sono dotati di specifici effetti ipotrigliceridemizzanti, che non rappresentano semplicemente la conseguenza dell’allontanamento dei grassi saturi dalla dieta; • elevato tenore di fibra; la fibra idrosolubile limita l’assorbimento dei grassi ed accentua l’escrezione biliare del colesterolo; • moderato tenore di carboidrati; N.B. le diete eccessivamente povere di questi composti determinano un aumento delle concentrazioni plasmatiche dei trigliceridi attraverso l’apporto di una quantità eccessiva di substrati lipogeni. I dati relativi al contenuto in grassi, carboidrati (intesi come estrattivi inazotati) e fibra grezza delle principali diete per uso veterinario suggerite per il trattamento dell’iperlipemia sono riassunti nello schema sottostante (basato sui risultati di analisi garantite): Grassi g/1000 kcal Estrattivi inazotati g/1000 kcal Fibra Dieta Tipo g/1000 kcal Hills’ Canine r/d umida secca 28,9 27,2 147,9 151,5 108,8 94,5 Hills’ Canine w/d umida secca 31,9 22,6 144,7 177,4 34,9 57,2 Waltham Canine Low Fat umida secca 16,8 14,2 142,6 161,8 6,9 2,9 Waltham Canine High Fibre umida secca 26,3 24,8 147,5 178,8 33,8 46,4 Hills’ Feline r/d umida secca 26,8 26,6 98,8 99,3 115,5 59,6 Hills’ Feline w/d umida secca 47,4 28,5 64,3 108,3 35,0 31,1 211 NOTE Farmaci che riducono i livelli dei lipidi Per il trattamento dell’iperlipemia nell’uomo sono disponibili numerosi farmaci, che vengono impiegati per ridurre il rischio di arteropatie coronariche. Nessuno di questi agenti è registrato per l’impiego nel cane e nel gatto, ma è possibile disporre di alcuni dati riguardanti il loro margine di sicurezza, ottenuti nel corso di indagini tossicologiche precliniche. Ciò nonostante, alcuni di essi (soprattutto gli oli ricavati dai pesci marini e l’acido nicotinico) sono stati utilizzati in campo clinico nel cane; in proposito, esistono segnalazioni di casi isolati in cui questa terapia ha avuto successo. L’autore suggerisce di impiegare questi farmaci solo con cautela, monitorando in ogni modo possibile le condizioni cliniche ed i profili biochimico ed ematologico degli animali trattati. Affezioni specifiche Iperchilomicronemia ereditaria del gatto Una forma primaria, geneticamente determinata, di iperlipemia del gatto venne descritta per la prima volta da Boyd Jones et al. in Nuova Zelanda nel 1983. Il primo caso riscontrato fu un gatto domestico a pelo corto, maschio di otto mesi di età, che presentava i segni di una neuropatia periferica associati al riscontro di xantomi a livello cutaneo. Nei campioni di sangue prelevati a digiuno da questo animale e da un suo fratellastro si evidenziò una lipemia macroscopicamente evidente; inoltre, sulla superficie dei campioni lasciati a sedimentare per una notte a 4 °C galleggiava uno strato cremoso di chilomicroni e le concentrazioni plasmatiche di trigliceridi erano notevolmente aumentate. Successivi studi riproduttivi confermarono l’origine familiare ed ereditaria della malattia e fecero ipotizzare una trasmissione attraverso un gene autosomico recessivo. L’iperchilomicronemia ereditaria, come viene oggi chiamata questa condizione, è stata in seguito descritta in USA, Regno Unito e Francia. Segnalamento e segni clinici Nei gatti della Nuova Zelanda le manifestazioni cliniche comparivano in genere all’inizio dell’adolescenza, 212 mentre nei casi osservati in USA e Regno Unito la malattia si presentava in un’età molto più precoce, colpendo gattini lattanti di due-otto settimane di vita. Questi animali erano generalmente portati alla visita perché presentavano ottundimento, letargia ed anoressia molto accentuati. I gattini colpiti possono essere deboli e poco sviluppati rispetto agli altri soggetti della stessa cucciolata ed appaiono anemici, con un marcato pallore delle mucose. L’atassia degli arti posteriori segnalata in questi animali non sembra essere di origine neurologica, ma piuttosto riferibile a trombosi iliaca. I gatti più anziani erano tipicamente portati alla visita per la comparsa di depositi di lipidi a livello della cute o intorno ai tronchi nervosi spinali, dove causavano la comparsa di neuropatie periferiche, soprattutto sindrome di Horner e paralisi del nervo tibiale e radiale. Questi animali non sono anemici. Gli xantomi cutanei risultano palpabili sotto forma di noduli duri ed indolenti di dimensioni variabili e, spesso, più evidenti al di sopra delle prominenze ossee. In alcuni casi i lipidi possono depositarsi intorno alle palpebre (xantolesma), nella cornea in corrispondenza di lesioni infiammatorie primarie (cheratopatia lipidica) ed anche nella camera anteriore dell’occhio. L’esame oftalmoscopico del fondo dell’occhio rivela la presenza di vasi retinici di colore rosato (lipaemia retinalis), dovuti alla presenza di sangue lattiginoso al loro interno. In alcuni soggetti si può riscontrare splenomegalia, ma è interessante notare che la pancreatite acuta, che è una conseguenza comune dell’iperchilomicronemia nel cane e nell’uomo, non è stata segnalata nel gatto. NOTE Diagnosi Indipendentemente da queste differenze di segnalamento e segni clinici, le due forme della malattia hanno in comune la lipemia macroscopica dei campioni di sangue prelevati a digiuno, che presentano un aspetto “di succo di pomodoro”, l’imponente iperchilomicronemia e l’incremento dei livelli plasmatici dei trigliceridi (15-150 mmol/l; valori normali < 1,5 mmol/l). Quest’ultima anomalia permette di diagnosticare la condizione. La colesterolemia può essere normale, ai limiti superiori della norma o moderatamente aumentata. Nei gattini anemici, l’ematocrito può essere inferiore al 10%. 213 NOTE Nei campioni di sangue lasciati a sedimentare per una notte a 4 °C si osserva la formazione di uno strato cremoso di chilomicroni al di sopra di un liquido torbido. L’elettroforesi e la quantificazione delle lipoproteine plasmatiche mostrano un aumento dei livelli di chilomicroni e delle VLDL. È importante ricordare che questa malattia colpisce i gatti giovani, a differenza di quanto avviene nelle forme di iperlipemia secondaria del gatto che, ad eccezione dell’acromegalia, si osservano in genere negli animali adulti. Eziologia Il fenotipo dei lipidi plasmatici nell’iperchilomicronemia ereditaria è simile a quello osservato nei bambini affetti da carenze ereditarie della lipoproteina-lipasi, l’enzima che costituisce il fattore limitante della velocità con cui i chilomicroni e le VLDL vengono eliminati dal circolo. Recenti studi hanno dimostrato che negli animali colpiti l’attività di questo enzima, misurata in campioni di plasma eparinizzato, è trascurabile; questo riscontro risulta compatibile con l’ipotesi patogenetica prospettata. Si presume che la condizione si manifesti solo negli animali eterozigoti; nei genitori dei soggetti colpiti l’attività della lipoproteina-lipasi sembra essere intermedia, compatibilmente con l’ipotesi di un carattere trasmesso da un gene autosomico recessivo. Le basi molecolari della carenza di lipoproteina-lipasi nei gatti provenienti dalla Nuova Zelanda sono state recentemente individuate nella modificazione di una singola coppia di basi nel gene che regola l’enzima; tale modificazione determina la sostituzione della glicina con l’arginina in corrispondenza del residuo aminoacidico 412, equivalente a quello 409 del gene umano. Esperimenti in vitro hanno confermato che tale mutazione Gly409Arg determina l’espressione di una proteina enzimatica cataliticamente inattiva. L’eziologia dell’iperchilomicronemia nei giovani gatti anemici del Regno Unito è stata recentemente posta in discussione, dal momento che non si è stati in grado di dimostrare una qualsiasi riduzione dell’attività della lipoproteinalipasi nei gattini colpiti, nei loro fratelli della stessa cucciolata o nei loro genitori. Al momento attuale, sono oggetto di studio la possibilità che si tratti di un difetto acquisito e transitorio dell’attività enzimatica e rilevato ricercando l’eziolo- 214 gia dell’anemia. Questi animali non presentano la mutazione Gly409Arg. Allo stato attuale, resta da chiarire se esista o meno una componente genetica di questa affezione. NOTE Terapia Le manifestazioni cliniche dell’iperchilomicronemia ereditaria sono reversibili con la riduzione della trigliceridemia. Questa può essere efficacemente ottenuta diminuendo la produzione di chilomicroni (e, quindi, la quantità di lipoproteina-lipasi) adottando una dieta a basso tenore di grassi. I segni clinici in genere regrediscono entro 4-12 settimane dall’inizio della terapia. L’autore ha suggerito di svezzare i gattini colpiti, allontanandoli dalle madri e passando ad un’alimentazione a basso tenore di grassi. Anche se sembra che questa strategia terapeutica abbia successo, è discutibile la reale necessità di continuare ad alimentare i gattini con questa dieta anche dopo la normalizzazione delle concentrazioni plasmatiche dei lipidi, dal momento che anche l’attività della lipoproteina-lipasi sembra essere normale una volta ottenuta la remissione della malattia. In questi casi, è importante fornire all’animale il sostegno necessario a superare la concomitante anemia e nei casi colpiti più gravemente può essere necessaria una trasfusione di sangue. In un numero limitato dei casi segnalati in letteratura era presente un’imponente infestazione da pulci, che deve essere trattata adeguatamente. Recentemente, in alcuni gatti colpiti è stata diagnosticata l’infezione da virus dell’anemia infettiva, per cui tutti gli animali di questa specie devono essere sottoposti agli opportuni test e trattati di conseguenza. Altre considerazioni L’iperchilomicronemia ereditaria classica è una malattia genetica e, in quanto tale, richiede ulteriori attenzioni. Tutti i fratelli ed i genitori dei soggetti colpiti devono essere sottoposti alla determinazione dei livelli plasmatici di trigliceridi e, se possibile, dell’attività della lipoproteinalipasi. I soggetti omozigoti colpiti e quelli eterozigoti portatori devono essere sterilizzati, anche se alcuni allevatori possono essere contrari a questa soluzione. La prevalenza della mutazione nella popolazione felina è estremamente 215 NOTE bassa ed è possibile che, allo stato attuale, sia assente dal Regno Unito, per cui le probabilità di un accoppiamento fra eterozigoti non consanguinei sono estremamente ridotte. Ciò nonostante, alcuni ritengono contrario alla deontologia permettere la diffusione di geni patologici nell’ambito della popolazione, per cui sostengono la castrazione di tutti gli eterozigoti. Altri casi di iperlipemia primaria nel gatto In due gatti adulti è stata segnalata una xantomatosi cutanea associata a marcata ipertrigliceridemia (Grieshaber et al., 1991). Le lesioni sono state descritte come ulcerative, caratterizzate da formazione più o meno estesa di croste e presenza di numerose papule rilevate e dure, di colore variabile da bianco a giallo con margini eritematosi. Non è stata identificata alcuna affezione primaria ed il passaggio ad un’alimentazione povera di grassi ha determinato la risoluzione delle lesioni. L’ipertrigliceridemia è stata anche riscontrata in altri due gatti che presentavano lesioni cutanee eruttive (Scottiaux et al., 1986; Brooks, 1989) e risposero alla modificazione della dieta. In nessuno dei quattro casi sono state studiate le origini metaboliche dell’iperlipemia, ma è probabile che nella patogenesi della condizione fosse coinvolto un difetto della lipoproteina-lipasi. Iperchilomicronemia idiopatica dello schnautzer nano Il riscontro di un’iperlipemia idiopatica negli schnautzer nani adulti è stato ampiamente segnalato negli USA. Gli animali manifestano tipicamente segni di interessamento addominale, ma l’iperlipemia a digiuno si osserva anche in cani sani della stessa razza che possono essere esposti o meno al rischio di sviluppare in seguito i segni clinici. Non è stata identificata una componente genetica della malattia, la cui esatta eziologia resta sconosciuta. Segnalamento e segni clinici Gli animali portati alla visita sono tipicamente di media età o più anziani (oltre 4 anni) e presentano dolore addominale, vomito e/o diarrea, attribuibili ad una pancreatite 216 acuta. Sono state anche descritte manifestazioni neurologiche, ed in particolare alterazioni comportamentali e crisi convulsive, indipendentemente da questi segni. L’interessamento addominale è generalmente di tipo episodico, spesso accompagnato da anoressia e, meno frequentemente, da distensione addominale. I segni clinici durano tipicamente per alcuni giorni e sono autolimitanti. Gli animali colpiti appaiono letargici e possono presentare una risposta algica alla palpazione addominale, anche se spesso la dolorabilità riscontrata non è tale da permettere la localizzazione delle lesioni. L’esame del fondo dell’occhio può anche evidenziare lipaemia retinalis. I segni clinici sono molto simili a quelli osservati negli animali con pancreatite acuta, la cui presenza però spesso non viene confermata dagli esami radiografici e di laboratorio. Ciò può essere dovuto 1) al fatto che il danno pancreatico è localizzato in un’area ristretta e 2) all’interferenza della lipemia macroscopica riscontrata negli animali colpiti con i metodi di analisi utilizzati per la misurazione dei livelli sierici di amilasi e lipasi, che in questi casi portano a risultati falsi negativi. NOTE Diagnosi ed analisi di laboratorio Gli animali colpiti, nonché alcuni di quelli asintomatici, presentano livelli plasmatici di trigliceridi superiori a 5 mmol/l ed una lipemia macroscopicamente evidente. Nei campioni di plasma prelevato a digiuno è possibile evidenziare la presenza di chilomicroni, sia lasciando la provetta in posizione verticale per una notte che mediante elettroforesi. A differenza di quanto avviene nell’iperchilomicronemia del gatto, in questa affezione le concentrazioni delle VLDL non sembrano aumentare. Gli schnautzer nani colpiti da forme asintomatiche con aumento della trigliceridemia a digiuno devono essere considerati esposti al rischio di pancreatite e candidati ad una modificazione preventiva della dieta. Eziologia Le origini metaboliche dell’iperchilomicronemia idiopatica non sono chiare. La prevalenza della condizione in una singola razza suggerisce una trasmissione di tipo fami217 NOTE liare, che però non è stata confermata. Il fatto che la forma clinicamente manifesta della condizione non compaia fino al raggiungimento della maturità o più tardi è fortemente indicativo dell’esistenza di una componente acquisita o ambientale della malattia. Tuttavia, il fenotipo lipidico è compatibile con la carenza di lipoproteina-lipasi o del suo cofattore essenziale, l’apolipoproteina C-II, anche se, sino ad oggi, questa possibilità non è stata studiata dai ricercatori. È quindi possibile che gli animali colpiti siano affetti da un difetto parziale primario della lipoproteina-lipasi, che viene ulteriormente compromesso da diete ricche di grassi, invecchiamento, obesità o forme subcliniche di diabete mellito, che riducono la clearance dei chilomicroni sino al punto di determinare la comparsa dell’iperchilomicronemia a digiuno. Trattamento Lo scopo della terapia è quello di ridurre la trigliceridemia a livelli inferiori a quelli che comportano il rischio di pancreatite, pari a 5,5 mmol/l. Anche in questo caso, la riduzione del tenore di grassi della dieta rappresenta il principale mezzo terapeutico, da utilizzare per tutta la vita del cane. Periodicamente si deve effettuare la determinazione dei livelli plasmatici dei trigliceridi (ad intervalli di 4 settimane fino a che non si riscontrano per due volte consecutive valori di 5,5 mmol/l, poi ogni 3 mesi). Vi sono segnalazioni di casi isolati di cani che, non avendo risposto alla riduzione del tenore di grasso della dieta, sono stati trattati con sostanze in grado di ridurre i livelli dei lipidi come l’acido nicotinico, il gemfibrozile e gli acidi grassi n-3 poliinsaturi (oli di pesce). Sono stati riferiti sia successi che fallimenti di queste terapie. Altri casi di iperlipemia primaria nel cane In due cuccioli di beagle appartenenti alla stessa cucciolata è stata descritta un’ipercolesterolemia (Wada et al., 1977) che si presume rappresenti una forma di iperlipemia familiare. Un caso isolato di sospetta carenza di lipoproteina-lipasi è stato descritto in un cucciolo meticcio (Baum et al., 1969). 218 Iperlipemia secondaria del cane e del gatto NOTE A differenza di quanto avviene in medicina umana, il fenotipo lipidico e le origini metaboliche dell’iperlipemia del cane e del gatto non sono stati accertati con precisione. Diabete mellito L’iperlipemia secondaria a diabete mellito è stata segnalata sia nel cane che nel gatto. Negli animali colpiti si può osservare un aumento delle concentrazioni plasmatiche dei trigliceridi e/o del colesterolo. L’ipertrigliceridemia è probabilmente dovuta all’associazione della riduzione dell’attività della lipoproteina-lipasi (la cui azione normale richiede la presenza di insulina) e dell’incremento della sintesi delle VLDL (conseguente alla scarsa regolazione dell’ormone sensibile alla lipasi, all’aumento del flusso di acidi grassi non esterificati che giungono al fegato ed alla maggiore sintesi dei trigliceridi). L’aumento delle concentrazioni plasmatiche di colesterolo riflette quello della sua sintesi da parte del fegato e, forse, dell’intestino, con conseguente calo di sensibilità dei recettori delle LDL ed incremento delle concentrazioni di LDL ed HDL1. Ipotiroidismo È stato segnalato che il 70% circa dei gatti con ipotiroidismo presenta un aumento delle concentrazioni plasmatiche di colesterolo (Larsson, 1988). L’escrezione biliare di quest’ultimo sotto forma di sali biliari è stimolata dagli ormoni tiroidei. Di conseguenza, uno stato di carenza ormonale determina un accumulo di colesterolo a livello epatico, con calo di sensibilità dei recettori delle LDL ed aumento delle concentrazioni plasmatiche di queste ultime e delle HDL1. In alcuni cani con ipotiroidismo può aumentare anche la trigliceridemia. Nell’uomo, questo fenomeno viene attribuito alla riduzione dell’attività della lipoproteina-lipasi e l’autore ha riscontrato che un analogo calo di attività si osserva nei cani con ipotiroidismo. Inoltre, ha rilevato che, compatibilmente con il meccanismo patogenetico proposto, le concentrazioni delle VLDL, LDL ed HDL nei cani ipotiroidei risultano aumentate. Nel plasma di cani con ipotiroidismo sperimentalmente indotto e ali219 NOTE mentati con diete ricche di colesterolo o grassi saturi si osserva un accumulo di residui delle VLDL ricchi di colesterolo, detti ß-VLDL, che non sono invece evidenti nei cani ipotiroidei alimentati con i normali prodotti industriali per animali da compagnia. Iperadrenocorticismo Benché l’iperadrenocorticismo non sia abitualmente considerato una causa comune di iperlipemia, uno studio ha indicato come nel 90% dei cani affetti da sindrome di Cushing si osservi un incremento delle concentrazioni plasmatiche di colesterolo. L’autore ha rilevato come l’ipercolesterolemia in questi casi sia principalmente dovuta all’aumento delle concentrazioni delle LDL. Le origini di queste alterazioni non sono chiare, ma sembra che non si tratti semplicemente di un antagonismo dell’azione dell’insulina da parte dei glucocorticoidi, nel qual caso ci si dovrebbe aspettare un’ipertrigliceridemia con innalzamento dei livelli delle VLDL. Queste caratteristiche, pur essendo presenti in 3 cani su 14 affetti da sindrome di Cushing, non costituivano l’anomalia predominante. L’ipercolesterolemia è stata segnalata nell’80-90% circa dei gatti con iperadrenocorticismo. Affezioni epatiche e del tratto biliare Qualsiasi alterazione epatocellulare che determini una riduzione dell’escrezione biliare provoca un aumento del pool epatico di colesterolo, con conseguente calo di sensibilità dei recettori LDL, aumento dei livelli plasmatici di LDL ed HDL1 ed ipercolesterolemia. Questo quadro viene anche simulato dalle ostruzioni extraepatiche delle vie biliari, ad esempio in caso di forme secondarie a pancreopatie croniche. Inoltre, in presenza di una grave colestasi, come nell’ittero ostruttivo, si osserva la comparsa in circolo di nuove lipoproteine ricche di colesterolo, delle LpX, che possono contribuire all’ipercolesterolemia. Quest’ultima è anche stata segnalata in gatti con sindrome di colangite-colangioepatite. La situazione può essere ulteriormente complicata nei pazienti in cui esiste un marcato danno epatocellulare, nel qual caso la sintesi del colesterolo epatico viene ridotta fino al punto di portare la colesterolemia a valori normali o anche inferiori alla norma. 220 Nefropatie NOTE L’ipercolesterolemia è una conseguenza comune della nefropatia proteino-disperdente nel cane e nel gatto e, insieme alla proteinuria ed all’ipoalbuminemia, è caratteristica della sindrome nefrosica. Sembrano aumentare sia le concentrazioni delle LDL che delle HDL. In alcuni animali con sindrome nefrosica si può anche riscontrare l’ipertrigliceridemia, probabilmente dovuta ad un incremento della sintesi di VLDL. Altre cause di iperlipemia secondaria L’ipercolesterolemia è stata segnalata nel 40% circa dei pazienti affetti da acromegalia; la condizione è probabilmente dovuta allo sviluppo di diabete mellito insulino resistente associato alle lesioni glomerulari che si verificano in questi casi. Sia nel cane che nel gatto, l’obesità non sembra essere una causa di iperlipemia, ma nel cane è associata ad alterazioni del metabolismo lipidico postprandiale che possono predisporre alla pancreatite gli animali alimentati con diete ad elevato tenore di grassi. L’autore ha osservato un caso di iperlipemia associata a pseudogravidanza in una cagna, ma l’aumento dei livelli plasmatici dei lipidi non sembra essere una conseguenza della gravidanza né nel cane né nel gatto. Conclusioni La determinazione del profilo biochimico costituisce una parte essenziale del procedimento diagnostico volto ad identificare le carenze nutrizionali ed è anche un importante mezzo di controllo del trattamento delle malattie che richiedono una modificazione della dieta. Attualmente, con la diffusione degli alimenti industriali per animali da compagnia, bilanciati e nutrizionalmente completi, le autentiche carenze dietetiche sono diventate rare. Dal punto di vista nutrizionale, si deve quindi volgere l’attenzione a soddisfare i fabbisogni delle varie fasi del ciclo vitale, come l’invecchiamento, e ad utilizzare nel modo più corretto le “diete terapeutiche” studiate per trattare specifiche situazioni cliniche, quali le disfunzioni epatiche e renali, il diabete mellito e le affezioni cardiovascolari. Il profilo bio221 NOTE chimico adatto ad effettuare lo screening di queste malattie deve comprendere la determinazione di azotemia, creatininemia, sodio, potassio, cloro, calcio, fosforo, alanina-aminotransferasi, fosfatasi alcalina, albumina, glucosio e colesterolo. Presso i laboratori del Regno Unito, un simile profilo viene offerto ad un costo di circa 12 sterline (pari a circa 34.000 lire). È necessario scegliere i test più appropriati per monitorare l’efficacia dei trattamenti farmacologici e dietetici prescritti. Il miglioramento dei parametri di laboratorio, come l’azotemia e la creatininemia nei pazienti con nefropatie, può anche servire a dimostrare ai proprietari il successo della terapia e spingerli a collaborare ulteriormente, rispettando sempre più la dieta prescritta. Questo può essere un motivo per includere la determinazione del profilo biochimico nel controllo di routine dei soggetti sani, con lo scopo specifico di identificare e monitorare le malattie sensibili alle modificazioni dell’alimentazione. In associazione con la prescrizione delle diete speciali più adatte ad ogni singola malattia, questo tipo di approccio consentirà al veterinario per animali d’affezione di assumere un ruolo attivo nel campo della medicina preventiva, offrendo nuove opportunità di lavoro alle prossime generazioni e garantendo il mantenimento di standard professionali molto elevati. BIBLIOGRAFIA Armstrong PJ and Ford RB (1989): Hyperlipidemia. In: Current Veterinary Therapy X. Small Animal Practice. Ed. RW Kirk. WB Saunders, Philadelphia pp 1046-1050. Barrie J, Nash AS and Watson TDG (1992). Investigations into the prevalence and aetiology of hyperlipidaemia in the dog. In: Proceedings of the BSAVA Congress 1992, British Small Animal Veterinary Association p 206. 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In caso di gravi glomerulopatie, si osserva ipoalbuminemia. L’emogramma risulta utile per stabilire la presenza o meno di un’anemia non rigenerativa, che può indicare la cronicità del processo. Il leucogramma viene utilizzato per stabilire se esista una risposta infiammatoria sistemica. L’analisi dell’urina costituisce una parte essenziale del profilo renale, in particolare per quanto riguarda la determinazione della capacità di concentrazione, il riscontro di proteinuria e l’esame del sedimento. Il profilo renale serve a stabilire se la malattia è acuta o cronica ed a decidere la terapia necessaria, nonché a monitorare la risposta del paziente al trattamento. INTRODUZIONE I riscontri clinici ed anamnestici delle malattie renali variano notevolmente, in relazione al tipo ed allo stadio evolutivo dell’affezione. I segni clinici sono di solito aspecifici e le prime indicazioni circa la loro origine renale si hanno in genere dagli esami di laboratorio. Il profilo d’organo del rene richiede l’esecuzione di emogramma, esame ematochimico (soprattutto azotemia, creatininemia, elettroliti, albumina e proteine totali, calcio e fosforo) e, soprattutto, analisi dell’urina. Le indagini biochimiche servono ad accertare la presenza e l’entità dell’iperazotemia. In relazione alla gravità dell’insufficienza renale, si possono riscontrare acidosi metabolica ed anomalie elettrolitiche. Poiché queste condizioni sono già state trattate in un’altra relazione, non verranno prese in considerazione in questa sede. Nell’insufficienza renale si riscontrano comunemente alterazioni dei livelli sierici di calcio e fosforo, che devono essere valutate nell’ambito della determinazione del profilo renale. Le gravi glomerulopatie sono causa di ipoalbuminemia. L’emogramma è utile per stabilire la presenza o meno di anemia non rigenerativa, che potrebbe indicare la cronicità del processo. Il leucogramma permet- 226 te di valutare se quest’ultimo sia associato o meno ad una risposta infiammatoria sistemica. L’analisi dell’urina è una parte essenziale del profilo renale, soprattutto per quanto riguarda capacità di concentrazione, proteinuria ed esame del sedimento. Il profilo renale permette di stabilire se il processo in atto è di tipo acuto o cronico e di individuare la terapia più indicata; inoltre, viene utilizzato per monitorare la risposta al trattamento. NOTE AZOTEMIA E CREATININEMIA Col termine iperazotemia si indica una condizione caratterizzata da livelli superiori alla norma di azotemia e creatininemia. Il paziente viene detto uremico quando l’iperazotemia è associata alle tipiche manifestazioni cliniche dell’insufficienza urinaria, quali anoressia, letargia, vomito, diarrea, melena, ulcere orali e disidratazione. In ogni paziente uremico è possibile riscontrare un certo numero (variabile) di questi segni clinici. Alcuni autori impiegano il termine “uremia” solo se la causa della condizione è una nefropatia. L’autrice preferisce utilizzarlo in senso più ampio per comprendere tutte le manifestazioni derivanti dalla ritenzione a livello ematico di una quantità abnormemente elevata dei costituenti urinari, non solo per cause renali, ma anche pre- e post-renali. Non esiste alcun “valore soglia” di azotemia o creatininemia il cui superamento determini la comparsa dei segni clinici. Il limite di tolleranza varia da un paziente all’altro. Tale variabilità è in parte dovuta alla capacità dell’organismo di adattarsi alle lente modificazioni della funzione renale. Ad esempio, i segni dell’uremia possono risultare evidenti già a valori di azotemia di 100 mg/dl (normale, 10-30 mg/dl) in un animale con insufficienza renale acuta, ed essere assenti fino al limite di 200 mg/dl in caso di insufficienza cronica. Un’altra ragione di questa variabilità è data dal fatto che né l’azotemia né la creatininemia sono causa dei segni dell’uremia. Le tossine uremiche sono altri prodotti catabolici ritenuti in circolo a causa dello stato di insufficienza. Ogni volta che a livello ematico si verifica un aumento delle concentrazioni di un dato composto, ciò può essere dovuto principalmente a due meccanismi: aumento della produzione o diminuzione dell’escrezione. L’azoto ureico e la creatinina vengono prodotti in modo differente, ma 227 NOTE sono entrambi escreti principalmente in modo direttamente proporzionale alla velocità di filtrazione glomerulare. Il calo dell’escrezione può essere dovuto a 3 cause principali: ridotta perfusione renale (cause prerenali), nefropatie intrinseche (cause renali) ed ostruzione o rottura delle vie di deflusso urinario (cause postrenali). Aumento della produzione L’azoto ureico deriva dalla metabolizzazione epatica delle proteine di derivazione alimentare o endogene. L’incremento del carico azotato sul fegato provoca un innalzamento dell’azotemia. La condizione può essere dovuta alla recente assunzione di un pasto ricco di proteine (entro 18 ore) oppure a emorragie gastroenteriche ed aumento del catabolismo delle proteine endogene (Tabella 1). Negli animali normali, questo aumento è solitamente lieve (< 50 mg/dl). In quelli con insufficienza renale o altre cause di ipovolemia l’incremento può essere maggiore, poiché è contemporaneamente presente un calo dell’escrezione. Tabella 1 Cause di iperazotemia AUMENTATA PRODUZIONE Recente assunzione di un pasto ad elevato tenore proteico Emorragie gastroenteriche Aumento del catabolismo delle proteine endogene Febbre Estese lesioni tissutali Forme farmacoindotte Glucocorticoidi DIMINUITA ESCREZIONE Prerenale Diminuzione del volume ematico efficace Insufficienza cardiovascolare Nefropatie intrinseche Insufficienza renale acuta Insufficienza renale cronica Postrenale Ostruzione del tratto urinario Rottura del tratto urinario 228 La creatinina viene prodotta in ogni singolo individuo a velocità giornaliera costante partendo dalla creatina presente a livello muscolare. Esistono variazioni individuali dovute alla differenza delle masse muscolari. Quanto più queste sono ridotte, tanto minore è la quantità di creatinina prodotta. In generale, il valore normale nel cane e nel gatto è inferiore a 1,5 mg/dl. È stato segnalato che l’estesa rabdomiolisi è causa di aumento dei livelli sierici di creatinina nell’uomo, ma questa grave lesione muscolare è estremamente rara nel cane e nel gatto. Negli animali con chetoacidosi diabetica, la creatininemia può presentare un aumento spurio dovuto all’interferenza dei chetoni con il test di laboratorio. Le metodiche più comunemente utilizzate per la misurazione dei livelli di creatinina rilevano infatti anche sostanze cromagene non creatininiche come, appunto, i chetoni. Quindi, di norma il problema clinico è stabilire se l’aumento dell’azotemia possa essere dovuto ad una maggiore produzione. Per escludere questa possibilità, è necessario effettuare sempre la determinazione di questo parametro dopo un digiuno di almeno 18 ore ed eseguire la misurazione della creatininemia in tutti i pazienti con iperazotemia. Se i livelli sierici di creatinina risultano ampiamente entro i limiti della norma tenuto conto della massa muscolare del paziente, è molto probabile che vi sia un’aumentata produzione di urea. Se anche la creatininemia è invece superiore alla norma, si deve sospettare un calo dell’escrezione. NOTE Diminuzione dell’escrezione L’urea ematica viene escreta principalmente attraverso il rene. Date le sue ridotte dimensioni, questo composto viene filtrato liberamente dal glomerulo. Il 40-50% della quantità filtrata viene poi riassorbito passivamente insieme all’acqua nel tubulo prossimale, indipendentemente dalla velocità del flusso dell’urina. Superato il tubulo prossimale, l’escrezione dell’urea viene invece marcatamente influenzata da tale velocità. Se il flusso urinario è lento (0,5 ml/min nell’uomo), un altro 25-35% dell’urea filtrata viene riassorbito passivamente a livello midollare nei dotti collettori. A velocità di flusso più elevate (> 1,5 ml/min nell’uomo) non si ha invece più alcun riassorbimento. La fluidoterapia può quindi ridurre l’azotemia aumentando il flusso urinario, 229 NOTE anche se la velocità di filtrazione glomerulare resta invariata. L’escrezione di urea può essere ulteriormente incrementata dall’impiego di agenti osmotici come il destrosio ipertonico allo scopo di diminuire il riassorbimento di acqua e, quindi, di urea nel tubulo prossimale. La creatinina viene escreta attraverso il rene mediante la filtrazione glomerulare. Non viene riassorbita dal tubulo. Nel cane maschio, si ha una piccola secrezione tubulare. Quando l’aumento dei livelli sierici della creatinina persiste, si può avere un aumento del metabolismo di questa sostanza da parte dei batteri enterici e determinare una lieve riduzione delle concentrazioni sieriche. L’utilità clinica dell’azotemia e della creatininemia è data dal fatto che, con le eccezioni precedentemente citate, le loro concentrazioni sono direttamente proporzionali alla velocità di filtrazione glomerulare che, a sua volta, è l’indice più accurato per la valutazione complessiva della funzione renale. Ad esempio, un calo del 50% della funzionalità dell’organo (e quindi della velocità di filtrazione glomerulare) è seguito dal raddoppiamento della creatininemia e dell’azotemia. Sfortunatamente, tale raddoppiamento nei singoli individui non determina il raggiungimento di valori al di fuori dei limiti considerati normali per la popolazione presa in esame. Ad esempio, in un paziente la creatininemia potrebbe passare da 0,8 a 1,6 mg/dl e l’azotemia da 12 a 24 mg/dl. Per determinare un aumento dei livelli di azotemia e creatininemia tali da causare costantemente il riscontro di valori superiori alla norma è necessaria una riduzione del 75% della velocità di filtrazione glomerulare. Per questa ragione, la misurazione effettiva di questa velocità attraverso i test di clearance rappresenta un indice più accurato per valutare la funzionalità renale, soprattutto nei casi in cui azotemia e creatininemia sono entro i limiti normali. Esistono tre principali gruppi di cause di ridotta escrezione dell’azoto ureico e della creatinina: prerenali, renali e postrenali. Cause prerenali di iperazotemia L’iperazotemia prerenale si verifica anche se i reni e le basse vie urinarie sono normali. La condizione è solitamente reversibile, dal momento che la malattia primaria può spesso essere trattata con successo. È molto importan- 230 te identificare la causa di questo tipo di iperazotemia. Non si deve mai commettere l’errore di diagnosticare una grave nefropatia in un animale il cui principale problema è una grave forma di disidratazione reversibile dovuta da un’altra causa, come una gastroenterite! Le principali eziologie dell’iperazotemia prerenale sono l’insufficienza cardiovascolare e la riduzione del volume sanguigno arterioso efficace. Quest’ultima può essere dovuta a perdita del volume intra- o extravasale, aumento della capacità vascolare e spostamento di liquidi dal comparto intravascolare a quello extravasale (Tabella 2). Se l’insufficienza cardiovascolare o la diminuzione del volume efficace persistono, si può sviluppare una disfunzione renale primaria secondaria al danneggiamento dei nefroni indotto dalla scarsa perfusione. Talvolta, può risultare difficile differenziare l’iperazotemia prerenale da quella renale o postrenale. È estremamente importante raccogliere un’anamnesi accurata ed effettuare un esame clinico approfondito, che possono servire ad identificare varie condizioni quali insufficienza cardiovascolare, emorragie, perdita di plasma, sepsi, ascite e ostruzioni o rotture del tratto urinario. Analogamente, le affezioni gastroenteriche primarie, la pancreatite e l’ipoa- NOTE Tabella 2 Cause di iperazotemia prerenale INSUFFICIENZA CARDIOVASCOLARE DIMINUZIONE DEL VOLUME EMATICO EFFICACE Perdita di volume intravascolare Gravi emorragie Perdite plasmatiche da ustioni gravi Perdita di volume extravascolare Vomito Diarrea Diabete insipido (con limitato accesso all’acqua) Aumento della capacità vascolare Sepsi Passaggio di liquidi dal comparto intravascolare a quello extravascolare Ascite Pancreatite Peritonite Ipoadrenocorticismo (morbo di Addison) Ustioni 231 NOTE 232 drenocorticismo sono difficili da distinguere dall’insufficienza renale primaria, poiché tutte queste condizioni sono causa di disturbi gastrointestinali. Il rapporto azotemia: creatininemia, impiegato in medicina umana per differenziare le forme di iperazotemia prerenali da quelle renali, non è affidabile nel cane e nel gatto. Il test più utile per distinguere le cause renali di iperazotemia da quelle prerenali è la misurazione del peso specifico dell’urina prima della somministrazione di farmaci o fluidi. Nel cane, il riscontro di un’urina concentrata esclude un’insufficienza renale primaria. Nel cane, l’urina con peso specifico pari a 1.035 o più è considerata adeguatamente concentrata anche in presenza di disidratazione o scarsa perfusione renale. Un peso specifico urinario inferiore a 1.030 indica invece un’inadeguata capacità di concentrazione in pazienti con disidratazione o iperazotemia. Il significato dei valori di peso specifico compresi fra 1.030 e 1.035 è discutibile. Si deve ricercare in primo luogo l’esistenza di un fattore prerenale, ma senza escludere l’eventualità che si tratti di una disfunzione renale secondaria. Queste indicazioni sono basate sui risultati di diverse indagini condotte nel cane. La maggior parte degli animali di questa specie con disidratazione del 5% presenta un peso specifico urinario > 1.048. Un limitato numero di cani sottoposti a riduzione sperimentale della massa renale (portata al 33% della norma) è risultato ancora capace di concentrare la propria urina sino a raggiungere il valore di 1.027. Dal momento che la maggior parte dei cani con iperazotemia prerenale è affetta da altre anomalie oltre alla disidratazione e dal momento che le esperienze cliniche condotte sino ad oggi indicano che negli animali con insufficienza renale l’urina ha tipicamente un peso specifico inferiore a 1.030, le indicazioni citate sono oggi generalmente accettate. Eventuali modificazioni potranno essere effettuate in futuro, sulla base dei risultati di nuove ricerche. I gatti normali con disidratazione di minima entità concentrano la propria urina in misura ancora maggiore del cane (> 1.052). In questi animali, la riduzione sperimentale della massa renale comporta la perdita della capacità di concentrazione. Tuttavia, in condizioni sperimentali alcuni felini risultano ancora in grado di concentrare la propria urina nonostante lo sviluppo dell’iperazotemia. Questo fatto non rappresenta un problema clinico di notevole importanza nei gatti malati, dal momento che la maggior parte di questi animali ha ormai perso la capacità di concentrazione (peso specifico < 1.035) al momento in cui l’insufficienza renale determina la comparsa di manifestazioni cliniche evidenti. Tuttavia, il mantenimento della capacità di concentrazione negli stadi relativamente precoci dell’insufficienza renale cronica può costituire un dilemma diagnostico nei gatti apparentemente sani, ma iperazotemici. In questi casi, ci si deve affidare alla palpazione del rene ed alle altre indagini cliniche per differenziare le forme prerenali di iperazotemia da quelle renali. Fortunatamente, nel gatto la palpazione renale è in genere più facile che nel cane. La produzione di urina diluita richiede il riassorbimento attivo di una quantità di soluti superiore a quella dell’acqua da parte del nefrone ed indica che la funzione renale è normale fino al tubulo distale. Pesi specifici urinari inferiori a 1.007 (e soprattutto < 1.006) possono essere normali oppure riflettere un’anomalia nella via dell’ADH. Sono esempi di questo tipo il diabete insipido ipofisario e quello nefrogeno. Il riscontro di un peso specifico urinario inferiore a 1.006 non è compatibile con un’insufficienza renale primaria. Occasionalmente, cani con insufficienza renale poliurica producono urina lievemente ipostenurica (1.006-1.007). Se il peso specifico urinario non viene determinato prima della fluidoterapia, per differenziare l’iperazotemia prerenale da quella renale è possibile basarsi unicamente sulla risposta a questo trattamento. In seguito all’infusione di liquidi, il peso specifico dell’urina diminuisce indipendentemente dal fatto che la causa della condizione sia di tipo prerenale o renale. Le forme prerenali vengono di solito corrette entro 24 ore se si riesce ad eliminare efficacemente la causa. Anche quando l’iperazotemia è di origine renale, azotemia e creatininemia diminuiscono in seguito alla fluidoterapia, ma con minore velocità. Tuttavia, la classificazione dell’iperazotemia come prerenale sulla base della risposta alla fluidoterapia comporta maggiori probabilità di errore rispetto alla misurazione del peso specifico dell’urina prima dell’infusione di liquidi. Ad esempio, se un cane possiede solo il 30% della massa originale dei nefroni sarà poliurico, ma non iperazotemico. Se lo stesso cane ingerisce dei rifiuti ed inizia a vomitare, andrà incontro ad una rapida disidratazione a causa dell’inadeguata capacità di concentrazione renale e diverrà iperazotemico. Se il veterinario effettua la misurazione del peso specifico urinario prima di intraprendere la fluidoterapia, l’anomalia NOTE 233 NOTE 234 della capacità di concentrazione risulterà evidente. Se invece l’infusione di liquidi viene attuata senza misurare il peso specifico, si noterà una rapida risoluzione dell’iperazotemia indotta dalla correzione della disidratazione, per cui l’anomalia della funzionalità renale non verrà rilevata. L’inadeguata capacità di concentrazione associata a disidratazione o iperazotemia indica una disfunzione renale, ma non denota necessariamente una nefropatia intrinseca. Esistono molte malattie e molti disturbi elettrolitici in grado di alterare la capacità di concentrazione (ad es., setticemia, ipoadrenocorticismo, ipokalemia, ipercalcemia, iperadrenocorticismo, diabete mellito ed insipido, insufficienza epatica o iponatremia). Se la causa pre-renale della disidratazione si sovrappone ad una di queste malattie, si ha un’iperazotemia con inadeguata capacità di concentrazione dell’urina. È sempre utile ricordare che l’adeguatezza di tale capacità dipende non solo dalla presenza di un numero sufficiente di nefroni funzionalmente attivi, ma anche dall’ADH e dai relativi recettori. Ad esempio, se un cane con iperadrenocorticismo sviluppa una pancreatite con vomito profuso, risulterà iperazotemico per la disidratazione ed incapace di concentrare adeguatamente l’urina per l’ipercortisolismo. Ciò sottolinea l’importanza di un’accurata valutazione anamnestica, clinica e di laboratorio per determinare la probabile causa dell’iperazotemia. Distinguere l’ipoadrenocorticismo dall’insufficienza renale può risultare particolarmente difficile perché i segni clinici delle due condizioni possono essere simili e perché l’ipoadrenocorticismo può impedire un’adeguata concentrazione urinaria. I principali fattori distintivi possono essere rappresentati dalla presenza o meno di un leucogramma da stress e dall’associazione o meno di iperkalemia con oliguria o poliuria. Nei pazienti con insufficienza renale clinicamente manifesta, è prevedibile il riscontro di un leucogramma da stress e di una moderata o marcata iperkalemia associata ad oliguria. (Occasionalmente, pazienti con insufficienza renale poliurica presentano una lieve iperkalemia.) Nell’iperadrenocorticismo, il leucogramma da stress è assente (nonostante l’esistenza di una condizione di stress!) e l’iperkalemia moderata o marcata è associata ad una produzione di urina normale o aumentata. Per confermare la diagnosi di ipoadrenocorticismo è necessario ricorrere alla determinazione dei livelli plasmatici di cortisolo. Iperazotemia renale NOTE L’iperazotemia di origine renale si verifica in presenza di nefropatie che abbiano determinato una riduzione del 75% della velocità di filtrazione glomerulare. La nefropatia primaria può essere acuta o cronica. In generale, gli aumenti moderati dei livelli di azotemia e creatininemia (ad es., azotemia 100 mg/dl, creatininemia 4 mg/dl) sono più probabilmente associati a segni clinici di uremia negli animali con insufficienza renale acuta che in quelli con insufficienza renale cronica. Questi ultimi sembrano apparentemente in buone condizioni fino a che l’iperazotemia non diviene marcata (> 150 mg/dl; creatininemia > 6 mg/dl). Tuttavia, gli animali colpiti dalle forme croniche hanno perduto la riserva renale necessaria a rispondere adeguatamente alle variazioni improvvise dell’assunzione di acqua o soluti. Questi individui sono molto più sensibili di quelli normali alla disidratazione indotta da cause quali febbre, vomito, diarrea o limitato accesso all’acqua. Spesso, lo scatenamento di una crisi uremica in un animale con insufficienza renale cronica precedentemente stabile è dovuta al sovrapporsi di un fattore prerenale su una nefropatia compensata. Per stabilire che l’iperazotemia è dovuta principalmente ad un’affezione renale è necessario basarsi su anamnesi, esame clinico e dati di laboratorio (soprattutto analisi dell’urina). Le cause postrenali di iperazotemia vanno escluse attraverso l’indagine anamnestica, clinica e, in alcuni casi, radiografica. Le eziologie prerenali vanno escluse sulla base dei dati anamnestici, clinici e di laboratorio descritti nella sezione precedente. Iperazotemia postrenale Anche la rottura o l’ostruzione del tratto urinario può essere causa di iperazotemia, poiché l’urea e la creatinina non possono più essere eliminate dall’organismo. In caso di rottura delle vie urinarie, queste due sostanze vengono riassorbite nel flusso ematico, dal momento che si tratta di molecole relativamente piccole che si distribuiscono nel comparto idrico dell’organismo. Poiché la creatinina è più grande dell’urea, la sua ridistribuzione è un po’ più lenta. Quando si cerca di determinare se un versamento addominale è costituito da urina, si devono confrontare la concentrazioni dell’urea e della creatinina nel sangue e nel liquido 235 NOTE 236 di versamento. Se quest’ultimo è costituito da urina, la concentrazione delle due sostanze vi risulta più elevata. In uno studio condotto sul cane, la misurazione dei livelli di creatinina nel liquido addominale è apparsa più efficace di quella dell’urea a distanza di 45 ore dalla rottura chirurgicamente indotta della vescica. Tuttavia, secondo la nostra esperienza clinica, la determinazione dell’urea è utile poiché la sua concentrazione nel liquido di versamento addominale (quando questo è costituito da urina) risulta di solito superiore a quella sierica. In caso di ostruzione del tratto urinario, si ha un aumento della pressione all’interno delle vie di escrezione, che porta ad una riduzione della velocità di filtrazione glomerulare. Urea e creatinina possono venire riassorbite attraverso una parete vescicale ischemica. Anche una vescica atonica e con distensione cronica può determinare un’iperazotemia postrenale. Dal momento che le rotture e le ostruzioni delle vie urinarie richiedono un trattamento molto specifico, che di solito ha successo se viene instaurato prontamente, questa causa di iperazotemia va sempre presa in considerazione per prima, soprattutto nei casi in cui l’insorgenza dell’iperazotemia o dell’uremia è acuta. La rottura del tratto urinario è di solito traumatica, sebbene anche le gravi affezioni della parete vescicale (come le neoplasie) possano occasionalmente determinare la perdita di integrità di questa struttura. La diagnosi si fonda solitamente su anamnesi (trauma accertato o possibile) ed esame clinico (segni di lesioni traumatiche; presenza di versamento addominale o perineale) e viene confermata radiograficamente evidenziando gli spandimenti di urina in sedi improprie. Benché molti casi siano di facile identificazione, alcuni possono essere caratterizzati da scarsi dati anamnestici e clinici riferibili ad un evento traumatico e devono essere prima identificati sulla base del sospetto e poi accertati con gli esami più appropriati. Le ostruzioni delle vie urinarie possono essere dovute ad uroliti, masse di tessuti molli come le neoplasie e stenosi. La più comune è l’ostruzione uretrale, ma si possono avere anche occlusioni intravescicali o del collo vescicale. L’ostruzione ureterale unilaterale non è causa di iperazotemia, a meno che l’animale non abbia un unico rene funzionante. Le forme di ostruzione ureterale bilaterale si possono avere in caso di formazione di masse a livello del trigono vescicale o grandi masse extravescicali nella zona dell’inserzione degli ureteri sulla vescica, che nella mag- gior parte dei casi sono dovute a grave prostatomegalia. L’ostruzione ureterale viene diagnosticata in base ai dati anamnestici e clinici, all’impossibilità di introdurre un catetere e, in alcuni casi, ai riscontri radiografici. Gli animali colpiti presentano disuria e sono oligurici o anurici. Si può osservare lo stillicidio di piccole quantità di urina intorno all’ostruzione. All’esame clinico, la vescica appare distesa. Quando si tenta di effettuare la cateterizzazione, si incontra un’ostruzione. Per confermarne la presenza ed identificarne la probabile causa si possono utilizzare le indagini radiografiche, in bianco o con mezzo di contrasto. Le ostruzioni localizzate in altre sedi dell’apparato urinario richiedono il ricorso alla cistografia con mezzo di contrasto o all’urografia discendente. NOTE ANALISI DELL’URINA La conoscenza del metodo con cui è stata effettuata la raccolta del campione di urina è della massima importanza ai fini dell’interpretazione dei risultati ottenuti. Gli esiti scritti devono quindi essere SEMPRE integrati dall’indicazione delle modalità di prelievo dell’urina. I risultati degli esami urinari possono essere influenzati dall’esecuzione di test diagnostici (come la radiografia con mezzo di contrasto) o interventi terapeutici (fluidi, diuretici o antibiotici). Per questo motivo, il prelievo dei campioni da sottoporre all’analisi o da utilizzare per l’urocoltura deve essere effettuato prima di attuare una terapia o riprendere una radiografia con mezzo di contrasto, a meno che le condizioni del paziente non siano tali da precludere la raccolta dell’urina. L’esame completo dell’urina prevede l’osservazione del colore e della torbidità, la misurazione del peso specifico, la determinazione qualitativa di una serie di parametri chimici mediante strisce reattive e l’osservazione al microscopio del sedimento. Questo tipo di analisi è essenziale nella valutazione di un cane o un gatto con sospetta nefropatia. Secondo i risultati di un’indagine, il 38% dei cani con sospette affezioni del tratto urinario che non presentano alterazioni rilevabili con le strisce reattive mostra invece anomalie del sedimento. Quindi, il fatto che i parametri delle “strisce” siano normali non significa necessariamente che lo sia l’urina. Il campione deve essere esaminato nel più breve tempo possibile dal prelievo. Se l’analisi non può essere effettuata entro 30 minuti, l’urina va refrigerata ed esaminata entro 6 237 NOTE ore. In questo caso, prima di effettuare l’esame con le strisce va lasciata tornare a temperatura ambiente. Le reazioni dei vari parametri chimici possono variare con la temperatura, la cui diminuzione rende più probabile la precipitazione dei cristalli. Gli elementi formati si deteriorano con la conservazione per più di qualche ora. Colore dell’urina Il colore normale dell’urina è giallo. L’intensità cromatica varia in relazione alla concentrazione ed alla presenza dei pigmenti urinari. La torbidità dipende invece dalla concentrazione e dal tipo delle particelle in sospensione. Peso specifico Il peso specifico dell’urina viene impiegato per misurarne la concentrazione. L’assunzione di acqua e la produzione di urina sono direttamente correlati fra loro, a meno che non vi sia una sostanziale perdita idrica extrarenale (come una diarrea profusa). Qualsiasi valore del peso specifico può essere normale, in relazione al grado di idratazione. Se l’animale è disidratato, l’urina deve essere concentrata (peso specifico > 1.035 nel cane e nel gatto). In caso di iperidratazione deve invece essere diluita (< 1.008). Un altro parametro per misurare la concentrazione urinaria è l’osmolalità. Quest’ultima è correlata al numero di particelle in soluzione e non viene influenzata dalle dimensioni delle particelle stesse e dal loro peso molecolare, come accade invece per il peso specifico. Poiché l’osmolalità urinaria è più difficile da misurare rispetto al peso specifico, quest’ultimo è il parametro standard utilizzato in ambito clinico per la valutazione della concentrazione urinaria, mentre l’osmolalità è limitata agli studi approfonditi su animali colpiti da disturbi della concentrazione urinaria inusuali o di difficile soluzione. pH Il pH normale dell’urina varia da 5,0 a 8,5. L’urina è tanto più acida quanto maggiore è il contenuto di carne della dieta (ad eccezione delle prime ore dopo il pasto). 238 L’urina del cane e del gatto è solitamente acida, ma diviene alcalina dopo l’assunzione del cibo (marea alcalina postprandiale). L’entità di questa alcalinizzazione varia in misura direttamente proporzionale alla quantità di proteine vegetali consumate. NOTE Parametri misurati con le strisce reattive La quantità di proteine normalmente presenti nell’urina varia in relazione alla concentrazione di quest’ultima. Nell’urina concentrata (> 1.035), il riscontro di tracce proteiche (1+) è considerato normale. In quella non concentrata, qualsiasi proteinuria può essere significativa. La misurazione dei livelli proteici con le strisce reattive ha esclusivamente valore qualitativo ed è soggetta a variazioni. La conferma dell’esistenza di una proteinuria significativa richiede ulteriori test, soprattutto quando l’entità dell’alterazione è marginale. Le strisce reattive sono più sensibili alle albumine che alle globuline. Quindi, la proteinuria indotta da un mieloma, che è costituita principalmente da globuline, non viene rilevata da questo metodo. Per questa ragione, e per la variabilità che caratterizza la lettura delle strisce, molti laboratori impiegano metodi torbidimetrici per valutare la proteinuria, come il test dell’acido solfosalicilico o quello dell’acido nitrico. Altri parametri utili determinabili con le strisce sono rappresentati da glucosio, chetoni, bilirubina e sangue. Il reagente per il glucosio è estremamente specifico, anche se i valori numerici stampati a fianco dei codici di colore non risultano ben correlati con i risultati ottenibili con i metodi spettrofotometrici. È preferibile indicare i risultati così ottenuti come “tracce, 1+, 2+, 3+” piuttosto che con i valori di glicemia indicati sulla confezione. Solo le sostanze contaminanti fortemente ossidanti, come il cloro, determinano risultati falsi positivi. In condizioni normali, il glucosio non è presente nell’urina del cane e del gatto. Il suo riscontro indica il superamento della soglia di riassorbimento tubulare o un difetto nel riassorbimento stesso. La determinazione della glicemia costituisce il primo passo per la valutazione del significato della glicosuria. Nel cane, la soglia di riassorbimento renale viene superata quando i livelli plasmatici di glucosio sono superiori a 180 mg/dl; nel gatto, si ritiene che la soglia renale sia più elevata e venga superata solo da valori di glicemia di 300 mg/dl o 239 NOTE più. I reattivi specifici per l’identificazione dei corpi chetonici reagiscono principalmente con l’acido acetoacetico. La chetonuria è associata soprattutto al diabete mellito. Il suo riscontro è raro nelle affezioni del tratto urinario, tranne che in associazione con una grave anoressia. Il reattivo del parametro “sangue” rileva l’emoglobina, sia libera che all’interno degli eritrociti, e la mioglobina. Il riscontro di una positività per sangue occulto deve imporre un accurato esame del sedimento urinario alla ricerca di eritrociti. La presenza di più di 5-20 emazie integre determina come minimo una positività quantificata come “tracce”. Gli eritrociti lisati liberano emoglobina, determinando un’analoga positività del test. Se non si riscontrano globuli rossi nel sedimento, si deve esaminare un campione di siero per valutare l’eventuale presenza di emolisi. L’emoglobinuria è secondaria alla comparsa di emoglobinemia, visibile sotto forma di una colorazione rossastra del plasma. La mioglobinuria è causata dalla mioglobinemia secondaria ad un’affezione o ad un danno muscolare. Nel cane e nel gatto è raro che si verifichino eventi traumatici di entità tale da provocare mioglobinemia. La presenza di mioglobina non modifica la colorazione del siero. Per differenziare l’emoglobinuria dalla mioglobinuria è possibile impiegare un test di precipitazione con solfato d’ammonio, basato sul fatto che la mioglobina è solubile in solfato d’ammonio al 70-80%, mentre l’emoglobina precipita. Nel cane e nel gatto, le strisce per l’identificazione della presenza di batteri o leucociti si sono dimostrate imprecise. Recentemente è stata posta in commercio una striscia per la determinazione del peso specifico, la cui validità negli animali da compagnia è ancora da valutare. Tuttavia, si limita a rilevare valori di peso specifico inferiori a 1.030 ed è pH-dipendente, due caratteristiche che ne limitano l’impiego nel cane e nel gatto. Esame del sedimento urinario Lo scopo dell’esame del sedimento urinario è quello di identificare eventuali cellule, microorganismi, cilindri tubulari e cristalli. In genere, viene eseguito su preparati non colorati, allestiti con urina centrifugata (10 ml di urina per 5-10 min a 350 g; si possono anche impiegare velocità inferiori per periodi di tempo più prolungati). Si elimina il 240 surnatante ed il sedimento viene risospeso nella piccola quantità di urina residua. Non si tratta di un metodo quantitativo perché il volume iniziale dell’urina, la quantità eliminata ed il volume del materiale posto sul vetrino per essere esaminato sono variabili. In genere, il sedimento viene dapprima esaminato alla ricerca di cellule servendosi di un elevato ingrandimento (obiettivo 40x). Si conta quindi il numero di eritrociti e leucociti visibili in un singolo campo, indicando i valori ottenuti come numero/cmei [= campo microscopico ad elevato ingrandimento]). In condizioni normali, si rilevano meno di 10 eritrociti e meno di 5 leucociti per campo. Gli eritrociti possono passare nell’urina a causa di traumi verificatisi durante la cateterizzazione o la cistocentesi. Benché il numero di questi elementi sia normalmente basso (< 50/cmei), sono possibili emorragie di maggiore entità. Anche il numero dei batteri presenti viene solitamente espresso facendo riferimento al campo microscopico ad elevato ingrandimento. L’urina prelevata dalla vescica mediante cistocentesi non deve contenere batteri di alcun genere. Quella ottenuta per cateterizzazione, minzione volontaria o compressione della vescica può invece essere contaminata dalla normale flora batterica del tratto distale dell’uretra, dell’apparato riproduttore e della cute. La quantità di germi presenti viene di solito indicata come Tracce (occasionale riscontro di batteri, ma non in tutti i campi), 1+ (1-10 microrganismi/cmei), 2+ (1-100 microrganismi/cmei), 3+ (> 100 microrganismi/cmei) e 4+ (troppo numerosi per cercare di contarli). Sono stati effettuati molti tentativi per cercare di correlare queste stime con i risultati quantitativi dell’urocoltura. In genere, la sensibilità e la specificità dell’esame microscopico del sedimento urinario ai fini della stima quantitativa dei risultati dell’urocoltura sono risultate variabili. Uno dei principali problemi è quello di differenziare accuratamente i cocchi dal casuale movimento browniano delle particelle nell’urina. Per poter essere rilevati, i batteri devono essere presenti nell’urina in numero abbastanza elevato (> 104/ml). Quindi, qualsiasi riscontro di germi in un campione di urina prelevato per cistocentesi deve essere considerato significativo (anche se occorre sempre tenere presente la possibilità di una contaminazione proveniente dalla cute o dal tratto gastroenterico, oppure verificatasi durante la manipolazione del campione). Per quanto riguarda i microrganismi riscontrati nell’urina prelevata mediante NOTE 241 NOTE 242 cateterizzazione, per valutarne il significato è necessaria la coltura qualitativa del campione. La batteriuria rilevata nell’urina emessa spontaneamente o in seguito a compressione manuale della vescica impone il prelievo mediante cistocentesi di un altro campione, per differenziare le infezioni dalle contaminazioni. La presenza di batteri può essere determinata più accuratamente esaminando con microscopio ad immersione in olio degli strisci allestiti con urina centrifugata e colorati con il metodo di Gram, sebbene anche così si verifichino occasionalmente risultati falsi positivi e falsi negativi. L’uso della colorazione di Gram ha inoltre il vantaggio di permettere di stabilire se l’agente eziologico della malattia è Gram-positivo o Gram-negativo e, quindi, consente di indirizzare la scelta iniziale dell’antibiotico da impiegare, in attesa dei risultati dell’antibiogramma. I cilindri più comunemente osservati sono quelli granulari, costituiti da detriti delle cellule dei tubuli renali esfoliatisi in seguito al normale turnover di questi elementi. Nell’urina normale se ne trova un numero limitato (< 2/cmbi; < 6/cmei). Un quantitativo più elevato denota un danno tubulare in atto. I cilindri ialini, formati dalla proteina di Tamm-Horsfall, si osservano occasionalmente in numero ridotto nell’urina normale (< 1/cmbi). La loro presenza risulta più elevata in caso di affezioni glomerulari, dal momento che la proteina di Tamm-Horsfall tende a precipitare in presenza di albumina. Cilindri cerei e di grandi dimensioni sono solitamente associati a rallentamento del flusso urinario (oliguria). I cilindri cellulari (eritrocitari o leucocitari) sono molto rari, ma quando compaiono devono sempre essere considerati anormali dal momento che indicano, rispettivamente, un’emorragia o un’infiammazione renali. I cristalli di struvite sono comuni nell’urina normale del cane e del gatto e, di per sé, non indicano un’affezione del tratto urinario. Il loro numero risulta influenzato da temperatura, concentrazione e pH dell’urina. I cristalli di urati possono essere normali nel dalmata. In altre razze, la loro presenza riflette un’insufficienza epatica. Quelli di cistina sono anormali e denotano un abnorme riassorbimento di questo composto. Il loro principale significato è quello di indicare una predisposizione alla formazione di calcoli di cistina. I cristalli di ossalati si osservano occasionalmente anche in condizioni normali, ma quando sono presenti in gran numero o in associazione con un’insufficienza renale acuta suggeriscono un avvelenamento da glicol etilenico. NOTE Urocoltura Si tratta del test definitivo per diagnosticare la presenza di un’infezione del tratto urinario. In generale, è preferibile ricorrere alle colture di tipo quantitativo. Queste ultime sono essenziali nei casi in cui il campione di urina sia stato prelevato mediante cateterizzazione, perché esiste il rischio che sia stato contaminato dalla normale flora del tratto distale dell’uretra. L’urocoltura dell’urina ottenuta mediante minzione spontanea o per compressione manuale della vescica è controindicata per l’alto rischio esistente di contaminazione del campione. Dopo il prelievo, la coltura va allestita entro 6 ore per evitare il rischio di modificazioni dei valori numerici delle cariche batteriche. L’urina va sempre refrigerata (+ 4 °C). Qualora non sia possibile allestire la coltura entro 6 ore, si deve utilizzare un conservante come l’acido borico-glicerolo-sodio, mantenere il campione a temperatura di refrigerazione e porlo comunque in coltura entro 72 ore. Quantificazione della proteinuria Nei casi in cui il sedimento urinario è normale, escluse le emorragie e le infiammazioni come possibili cause di proteinuria, la perdita di proteine con l’urina è di solito di origine renale. Perdite proteiche di lieve entità sono associate alle affezioni tubulari, mentre perdite variabili da scarse a molto elevate si osservano in caso di glomerulopatie. Come descritto precedentemente a proposito dell’analisi dell’urina, è possibile effettuare una stima dell’entità della proteinuria confrontando il valore indicato dalla striscia reattiva con il peso specifico dell’urina. Tuttavia, per una determinazione più precisa della gravità della perdita proteica è necessaria la quantificazione. La misurazione più accurata della perdita di proteine attraverso l’urina è quella effettuata nell’arco di almeno 24 ore. L’ideale è effettuare più di una determinazione di 24 ore, dal momento che possono essere presenti sostanziali variazioni da un giorno all’altro. Il metodo prevede la raccolta di tutta l’urina prodotta nelle 24 ore. Su questo campione si effettua la misurazione dei livelli proteici (utiliz243 NOTE zando un metodo spettrofotometrico, come quello al Blu Brillante Comassie, per le piccole quantità di proteine) e del volume dell’urina prodotta. I risultati ottenuti vengono espressi dal laboratorio sotto forma di mg/dl. Questo valore viene poi moltiplicato per il volume dell’urina per ottenere la perdita in mg/24 ore. Ad esempio, si consideri un cane che produca 1200 ml di urina in 24 ore. Viene riscontrata una proteinuria di 200 mg/dl. Il cane perde quindi 2400 mg (2,4 g) di proteine in 24 ore. I valori normali sono < 200 mg/24 ore nel cane e < 120 mg/24 ore nel gatto. In cani normali, è stata dimostrata l’associazione fra la perdita urinaria di proteine ed il peso corporeo. Si tratta di una correlazione statisticamente significativa, ma con ampie variazioni. Sono stati indicati valori massimi normali di 10-22 mg/kg/die. La perdita di proteine con l’urina può essere stimata attraverso la determinazione del rapporto proteine:creatinina a livello urinario. Dal momento che in ogni singolo individuo la creatinina viene escreta a velocità costante ogni giorno (a meno che la funzione renale non venga modificata), le sue concentrazioni a livello urinario fluttuano principalmente in relazione alla concentrazione dell’urina. L’impiego dei livelli urinari di creatinina consente di controllare le variazioni delle concentrazioni proteiche urinarie derivanti dalle variazioni della concentrazione dell’urina. Nella maggior parte dei cani e dei gatti normali, il rapporto proteine:creatinina nell’urina è < 0,2. Il riscontro di un valore > 1,0 è anormale, mentre i risultati compresi fra questi estremi sono indeterminati. Il rapporto proteine:creatinina nell’urina è un valido test di screening per identificare le proteinurie anomale. Resta da stabilire se possa essere utilizzato ripetutamente per rilevare eventuali modificazioni della gravità di una nefropatia. DETERMINAZIONE DEI LIVELLI SIERICI DEI MINERALI Fosforo Negli animali iperazotemici si riscontra comunemente un aumento dei livelli sierici di fosforo, che risultano superiori alla norma, dovuto alla notevole riduzione della velocità di filtrazione glomerulare. La fosforemia può aumentare per qualsiasi causa di iperazotemia associata ad un 244 calo della filtrazione (per cause prerenali, renali e postrenali). Quindi, nella valutazione iniziale di un animale iperazotemico la determinazione della fosforemia va presa in considerazione insieme a quella dell’azotemia e della creatininemia. I livelli sierici del fosforo, pur essendo correlati alla velocità di filtrazione glomerulare, sono sottoposti ad un numero di influenze (dietetiche, ormonali, renali, ecc.) molto più elevato dell’azotemia e della creatininemia che, quindi, risultano molto più attendibili come indicatori della velocità di filtrazione glomerulare. Se l’iperazotemia è dovuta ad una grave nefropatia primaria, il mantenimento della normale fosforemia diviene una parte importante della terapia. NOTE Calcemia Le concentrazioni sieriche del calcio interagiscono con la funzione renale in molti modi. L’ipercalcemia può essere una causa o una conseguenza dell’insufficienza renale. Quest’ultima può causare anche ipocalcemia. È importante ricordare che il calcio totale misurato dalla maggior parte dei laboratori è la somma del calcio ionizzato e di quello legato ad altre sostanze. La calcemia totale deve quindi essere sempre interpretata alla luce del valore dei livelli sierici di albumina. Dal momento che solo il calcio ionizzato è attivo, è preferibile effettuare la misurazione solo di questa componente, anche se spesso ciò non risulta possibile nella pratica clinica. Ipercalcemia L’ipercalcemia può essere una causa o una conseguenza dell’insufficienza renale. L’aumento dei livelli di calcio ionizzato danneggia i reni in diversi modi. Dapprima, interferisce con l’azione dell’ADH a livello del tubulo renale e con il riassorbimento del sodio, portando ad una diuresi salina. Durante la raccolta dell’anamnesi il proprietario può riferire di aver osservato poliuria/polidipsia, mentre clinicamente si può riscontrare una diminuita capacità di concentrare l’urina. Un aumento persistente del calcio ionizzato porta all’incremento della resistenza dell’arteriola afferente del glomerulo, con riduzione della velocità di filtrazione glomerulare e deposito di CaPO4 245 NOTE nelle cellule tubulari e nell’interstizio dell’organo, causando alterazioni e fibrosi. Si osservano i segni clinici dell’insufficienza renale (iperazotemia, incapacità di concentrare l’urina, mineralizzazione dell’organo), che possono essere reversibili oppure no, in relazione alla gravità ed alla durata del processo. Le cause di ipercalcemia sono rappresentate da pseudoiperparatiroidismo, iperparatiroidismo primario ed eccesso di vitamina D. L’ipercalcemia può anche essere una conseguenza dell’insufficienza renale. Si ritiene che in questo caso sia dovuta principalmente al calcio legato, dal momento che negli stati iperazotemici vengono ritenute sostanze, come i citrati, che legano questo elemento. Il fenomeno si osserva sia nelle nefropatie acute che in quelle croniche. Stabilire se l’ipercalcemia sia la causa o la conseguenza dell’insufficienza renale può essere difficile. Lo pseudoiperparatiroidismo è la condizione che determina gli incrementi più marcati dei livelli sierici del calcio. In presenza di aumenti moderati o accentuati, l’indagine diagnostica deve essere volta ad accertare l’eventuale esistenza di neoplasie, ed in particolare di un linfosarcoma. In tutti i casi si deve effettuare un’accurata raccolta dell’anamnesi, verificando anche se vi sia stato un contatto con una fonte di vitamina D, ed un esame clinico approfondito, ricercando la presenza di masse neoplastiche (linfonodi, regione perineale). Occorre ricordare che anche quando sono aumentate di dimensioni dall’iperparatiroidismo, le paratiroidi risultano raramente palpabili. Se l’anamnesi, l’esame clinico e gli altri dati di laboratorio non suggeriscono una spiegazione per la presenza di ipercalcemia, è indicata la misurazione dei livelli sierici di paratormone e di calcio ionizzato. In caso di pseudoiperparatiroidismo ed eccesso di vitamina D, la paratormonemia risulta soppressa, mentre nell’iperparatiroidismo da qualsiasi altra causa le concentrazioni sieriche di questo ormone appaiono aumentate. Nell’iperparatiroidismo secondario renale, i livelli di calcio ionizzato sono diminuiti o normali, mentre in quello primario risultano aumentati. Ipocalcemia È importante che la valutazione dell’ipocalcemia venga effettuata contemporaneamente a quella dei livelli sierici di albumina. Una diminuzione di questi ultimi comporta un calo delle concentrazioni totali di calcio dovuto alla riduzio- 246 ne della quota legata a queste proteine. Per correggere il valore della calcemia in relazione a quello dell’albuminemia sono state indicate diverse formule. Una di esse, frequentemente impiegata è la seguente: calcemia corretta NOTE (mg/dl) = Ca (mg/dl - albumina (g/dl) + 3,5. L’ipocalcemia si può osservare sia nelle nefropatie acute che in quelle croniche. Quindi, presa in considerazione da sola, non può essere utilizzata per differenziare le due condizioni. Alcune altre possibili cause di ipocalcemia sono rappresentate da eclampsia, pancreatite acuta, ipoparatiroidismo, carenze dietetiche o malassorbimento del calcio o carenza di vitamina D. I livelli sierici totali del calcio tendono a diminuire nelle nefropatie croniche. Nelle affezioni glomerulari, ciò può essere dovuto ad un calo della quota legata alle albumine, conseguente alla riduzione dei livelli di queste ultime. Con qualsiasi malattia cronica (sia tubulare che glomerulare), le concentrazioni del calcio ionizzato tendono a diminuire. Ciò è dovuto al calo del riassorbimento tubulare, all’aumento del calcio legato al fosforo ed alla diminuzione della produzione renale di 1,25-vitamina D, che provoca una riduzione dell’assorbimento intestinale del calcio ed un aumento della resistenza dello scheletro all’azione del paratormone. Questa tendenza alla diminuzione del calcio ionizzato determina una stimolazione delle paratiroidi. Quindi, l’iperparatiroidismo secondario renale è un compromesso con cui l’organismo mantiene le concentrazioni di calcio ionizzato entro i ristretti limiti della norma. Si tratta di un sistema efficace, che però porta gradualmente all’osteodistrofia renale. Solo in caso di insufficienza renale cronica estremamente avanzata la calcemia scende al di sotto del limite normale. La calcemia totale può anche diminuire in presenza di insufficienza renale acuta. Il fenomeno può essere dovuto alla formazione acuta di complessi con il fosforo sierico che va rapidamente aumentando, oppure al legame con certe tossine, come i prodotti metabolici del glicol etilenico. PROTEINE TOTALI/ALBUMINA Nei pazienti con insufficienza renale, i livelli sierici delle proteine totali possono aumentare per effetto della disidratazione. In questo caso, l’incremento interessa sia le albumine che le globuline. L’insufficienza renale associata ad una glomerulopatia 247 NOTE può invece comportare un calo delle proteine totali dovuto alla perdita di albumine. EMOGRAMMA L’emogramma non serve a stabilire se l’iperazotemia è prerenale, renale o postrenale, anche se può riflettere la disidratazione. Una volta che l’iperazotemia sia stata identificata come renale, gli esami ematologici divengono utili. Il riscontro di un’anemia non rigenerativa, normocromica, normocitica può essere segno di nefropatia cronica in stadio avanzato, con ridotta produzione di eritropoietina. Negli animali uremici si può rilevare un leucogramma da stress, indipendentemente dalla causa dell’uremia. Una formula leucocitaria di tipo flogistico si osserva nelle nefropatie associate a processi infiammatori, come la pielonefrite, che possono essere di natura acuta o cronica. La presenza di un leucogramma infiammatorio è più probabile nella pielonefrite acuta che in quella cronica, a meno che questa non sia associata ad un’ascessualizzazione o ad un’ostruzione uretrale o pelvica. LETTURE CONSIGLIATE Lorenz MD, Cornelius LM: Small Animal Medical Diagnosis, 2nd edition. JB Lippincott Co., Philadelphia, PA, 1993. Stone EA, Barsanti JA: Urologic Surgery of the Dog and Cat. Lea & Febiger, Philadelphia, PA, 1992. Segnalamento: bassotto maschio di 8 anni, peso 4,6 kg. 248 NOTE CASO CLINICO Anamnesi: Tre giorni prima del ricovero il cane ha vagato lontano da casa in una zona suburbana ed è rimasto fuori dal controllo del proprietario per 30-45 minuti. Al ritorno appariva normale, ma entro un’ora divenne letargico. Due giorni prima del ricovero, ha iniziato a vomitare ripetutamente. Il proprietario ha sospeso la somministrazione di cibo ed acqua. Il giorno prima del ricovero l’animale vomitava ad intervalli di un’ora ed il proprietario si rivolse ad un veterinario. Il materiale emesso era denso e giallo e, durante l’emesi, l’animale presentava marcate contrazioni addominali. Il veterinario curante trattò il paziente mediante infusione endovenosa di soluzione di Ringer lattato, metoclopramide ed una cefalosporina di prima generazione ed inviò il caso allo specialista prendendo appuntamento per il giorno seguente. Nei tre giorni in cui l’animale era stato malato, il proprietario non aveva osservato alcuna defecazione, benché avesse tenuto il cane sotto stretta sorveglianza. Il paziente urinava, ma il cliente aveva rilevato che sembrava rimanere in posizione più a lungo del normale. Non erano presenti tosse, sternuti o scolo nasale od oculare. In passato l’animale aveva sofferto di crisi convulsive, caratterizzate dalla perdita di controllo degli arti quando si eccitava. Gli episodi si erano sempre risolti spontaneamente nell’arco di 15 minuti e non era stata attuata alcuna terapia. Quattro mesi prima del ricovero si era verificata una pancreatite, trattata con fluidoterapia endovenosa. La dieta del cane era stata cambiata, passando alla Hill’s i/d. Attualmente, l’animale viene alimentato con questa dieta e avanzi di cucina. Vengono effettuate regolarmente le vaccinazioni annuali (cimurro, epatite, leptospirosi, parainfluenza, parvovirosi, coronavirus, rabbia) ed il trattamento mensile per la profilassi della filariosi cardiopolmonare. Esame clinico: Temperatura 37,3 °C, polso 76/min, respiro 24/min. 249 NOTE Depressione con fascicolazioni muscolari ed addome teso e dolente. Disidratazione stimata pari al 7%. Entrambi i reni risultano palpabili e sembrano di dimensioni adeguate e non dolenti. Elenco provvisorio dei problemi: 1. Vomito/dolore addominale Diagnosi differenziali: affezioni gastrointestinali primarie o alterazioni metaboliche Piano diagnostico: emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina, radiografie addominali 2. Ipotermia Diagnosi differenziali: malattie gravi Piano: sostenere la temperatura e diagnosticare le malattie presenti 3. Bradicardia Diagnosi differenziali: iperkalemia, altre anomalie elettrolitiche, malattie gravi, aritmie cardiache Piano diagnostico: profilo biochimico, ECG, monitoraggio 4. Depressione/fascicolazioni muscolari Diagnosi differenziali: malattie metaboliche, affezioni del SNC, miopatie, disidratazione Piano diagnostico: come sopra 5. Disidratazione Diagnosi differenziali: diminuzione dell’assunzione, aumento della perdita (vomito) Piano diagnostico: analisi dell’urina, per il resto come sopra Piano terapeutico: – correggere la disidratazione: 4,6 kg x 7% = 322 ml di Ringer lattato, da infondere nell’arco di 4 ore (manifestazioni cliniche gravi) per via endovenosa; – mantenere l’idratazione: 4,6 kg x 6,6 ml/kg = 300 ml di Ringer lattato da infondere per via endovenosa nell’arco di 24 ore. 250 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Taylor Gabbia: SA WD C Cane: Bassotto 10 anni M Diagnosi: Caso clinico: 141368 Veterinario: Barsanti Eritrociti/Piastrine Test 30/12/92 13:43 Unità Ematocrito 43,1 Eritrociti 6,41 Emoglobina 14,6 MCV 67,2 MCH 22,8 MCHC 33,9 Piastrine 235 MPV 8,0 Stima delle piastrine (a) Eritrociti nucleati 0 % x 106/µl g/dl fl pg % x 103/µl fl Intervallo di riferimento 35,0-57,0 4,95-7,87 11,9-18,9 66-77 21,0-26,2 32,0-36,3 211-621 6,1-10,1 /100 leucociti (a) Aggregati. Leucociti Test 30/12/92 13:43 Leucociti 21,1 H Neutrofili segmentati 20,045 (95%) H Neutrofili non segmentati 0,000 ( 0%) Linfociti 0,000 ( 0%) L Monociti 1,055 ( 5%) Eosinofili 0,000 ( 0%) Basofili 0,000 ( 0%) Altri 0,000 ( 0%) Unità x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl x 103/µl Intervallo di riferimento 5,0-14,1 2,9-12,0 0,0-0,45 0,4-2,9 0,1-1,4 0,0-1,3 0,0-0,14 0,0-0,0 251 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Taylor Gabbia: SA WD C Test Azotemia Creatinina Proteine totali Albumina Fosfatasi alcalina ALT Glucosio Sodio Potassio Cloro Bicarbonato Gap anionico Calcio Amilasi Lipasi Cane: Bassotto 10 anni M Diagnosi: Profilo biochimico 30/12/92 13:43 251 H (a) 9,0 H (a) 6,4 2,1 L 226 H 116 H 131 H 149 4,0 86 L (b) 27 H 36 H (a) 8,6 L 800 > 1400 H (a) Questo risultato è stato comunicato al veterinario. (b) Questo risultato è stato confermato. 252 Caso clinico: 141368 Veterinario: Barsanti Unità Intervallo di riferimento mg/dl 8-28 mg/dl 0,5-1,7 g/dl g/dl U/l U/l mg/dl mmol/l mmol/l mmol/l 5,4-7,5 2,3-3,6 1-114 10-109 76-119 142-152 3,9-5,1 110-124 mmol/l mmol/l 14-26 5-17 mg/dl U/l U/l 9,1-11,7 226-1063 60-330 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Taylor Gabbia: SA WD C Cane: Bassotto 10 anni M Diagnosi: Caso clinico: 141368 Veterinario: Barsanti Analisi delle urine Test 30/12/92 13:43 Prelievo Colore Aspetto Peso specifico pH Proteine Glucosio Chetoni Bilirubina Sangue Cateterizzazione Giallo Torbido 1.013 8,0 1+ Tracce Negativo Negativo Tracce 30/12/92 13:43 Eritrociti Leucociti Cilindri Cilindri Epitelio Varie Sedimento < 10 5-10 1-3 grandi e granulari (b) 0-1 grossolani e granulari (c) Alcune cellule rotonde Alcuni spermatozoi /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento (b) Con frammenti. (c) Rari e finemente granulari. 30/12/92 13:43 Glicole etilenico Ematologia speciale Negativo 253 University of Georgia Clinical Pathology Laboratory Nome del proprietario: Nome dell’animale: Taylor Gabbia: SA WD C Cane: Bassotto 10 anni M Diagnosi: Caso clinico: 141368 Veterinario: Barsanti Analisi delle urine Test 08/01/93 14:17 Prelievo Colore Aspetto Peso specifico pH Proteine Glucosio Chetoni Bilirubina Sangue Minzione Giallo Chiaro 1.010 5,0 Negativo Negativo Negativo Negativo Negativo 08/01/93 14:17 Eritrociti Leucociti Cilindri Cilindri Epitelio Varie Test Azotemia Creatinina Sodio Potassio Cloro Bicarbonato Gap anionico Calcio Fosforo 254 Sedimento < 10 <5 0-1 finemente granulari 0-1 cellule Alcune squamose Alcuni spermatozoi /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento /Campo microscopico ad alto ingrandimento Profilo biochimico 08/01/93 7:00 25 1,1 145 4,4 107 L 22 17 9,3 6,4 H Unità mg/dl mg/dl mmol/l mmol/l mmol/l mmol/l mmol/l mg/dl mg/dl Intervallo di riferimento 8-28 0,5-1,7 142-152 3,9-5,1 110-124 14-26 5-17 9,1-11,7 2,9-5,3 Finito di stampare nel mese di Giugno 1995 dalla Press Point di Abbiategrasso (Milano)