Michele Placido in scena al Verdi con "Re Lear" di Shakespeare

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Michele Placido in scena al Verdi con "Re Lear" di Shakespeare
Michele Placido in scena al Verdi con "Re Lear" di Shakespeare
Redazione 12 Febbraio 2015
Presso Nuovo Teatro Verdi Dal 18/02/2015 Al 19/02/2015
BRINDISI - La vertigine del potere e la fragilità umana al centro di una delle più spietate opere di
William Shakespeare. Coregista e protagonista Michele Placido, il dramma elisabettiano è in
scena al Verdi i prossimi 18 e 19 febbraio (ore 20.30). Le parole sublimi di William Shakespeare accendono le passioni, mettono a nudo fragilità e
segrete inquietudini, ambizioni e paure, in un’affascinante indagine sull’animo umano: tra i
capolavori del Bardo, «Re Lear». Racconta la voluttà del potere, la superbia, l’ira e la cecità dei
mortali, e l’amaro insegnamento del dolore che spinge a riconoscere la verità.
È Michele Placido a curarne la regia (con Francesco Manetti) e a vestire i panni del vecchio e
volubile sovrano dei Britanni, una delle figure più complesse e affascinanti del teatro
shakespeariano, in cui si riuniscono la regalità e la fragilità della vecchiaia, l’abitudine al comando
e l’improvviso precipizio in cui viene a cadere, l’irruenza giovanile e la tempra del patriarca.
Un testo immortale. E come tutti i
capolavori della letteratura universale capace di adattarsi ai tempi e di essere sempre attuale.
Scritta tra il 1604 e il 1606, poco dopo l’incoronazione diGiacomo I, la tragedia di «Re Lear»
segna la fine di un’epoca. Per questo nello spettacolo di Michele Placido il palcoscenico in cui si
muovono i personaggi è disseminato di macerie: sono i simboli del ciclo continuo di catastrofi e
ricostruzioni. Ed è proprio qui, nel sangue e nella distruzione, che si intuisce ancora una volta il
potenziale di rinascita, la speranza ultima e profonda che risiede nei valori dell’amore e della
verità.
Lo specchio del mondo di oggi. Shakespeare esplora il mistero dell’umanità, che disperde semi di
violenza e autodistruzione e sembra non imparare spargendo nei secoli gli stessi orrori. Lear
esprime in questo dramma l’incapacità di tolleranza nei rapporti umani e civili. Ma le catastrofi
sono davvero inevitabili? La tragedia è una metafora illuminata sull’amore e il dovere, sul potere e la perdita, sul bene e il male, racconta della fine di un
mondo, del crollo di tutte le certezze di un’epoca, dello sgomento dell’essere umano di fronte alla misteriosità delle leggi
dell’universo. Lear è un re che rinuncia al trono per tornare a essere uomo tra gli uomini. Da questa abdicazione, che è
l’abbandono delle convenzioni che tengono insieme l’organismo sociale, egli riparte. Spogliato ormai dal proprio ruolo intraprende
un percorso alla ricerca della comprensione di se stesso. La metafora è tutta qui: l’uomo cade sotto il peso dei suoi stessi errori, l’umanità si ritrova al buio
ma la comprensione delle sue malefatte la aiuta a rialzarsi e riprendere il filo della civiltà. La storia
è drammaticamente ciclica. E occorre passare dal dolore, dalla pazzia, dal rimorso, per potersi
riappropriare della ragione. Il palcoscenico è la distruzione del mondo.
Lear affronta la fuga e l’esilio ed è finalmente costretto, in un’amara presa di coscienza, a fare i
conti con gli errori del passato, fino a cadere nella follia; solo passando attraverso il dolore, ritrova
il senno e la ragione, giusto in tempo per comprendere appieno l’orrore e il peso della sua
disgrazia. Abdica dall’essere centro del mondo per rifarsi bambino.
La psiche di Lear va in frantumi, e con lui il mondo intero. La natura si scatena, gli uomini, nudi e
impauriti, lottano per la loro sopravvivenza. «Re Lear» mette in scena un testo che nella sua visione della società è più
contemporaneo che mai e mette alla prova il talento di un attore come Michele Placido che ha raggiunto, dopo i successi in teatro
e sul grande e piccolo schermo, la piena affermazione artistica.
Michele Placido, interprete e coregista, firma anche la traduzione e l’adattamento del testo con Marica Gungui. Accanto al
protagonista spiccano i nomi di Gigi Angelillo (Conte di Gloucester) e di Francesco Bonomo (Edgard), Federica Vincenti (Cordelia)
e Francesco Biscione (Kent). Originale anche l’impianto scenico. Non esistono quinte e gli attori, quando non sono in scena,
restano sempre alla vista del pubblico e spettatori di se stessi. Un paesaggio da fine del mondo è ben rappresentato dalla
scenografia di Carmelo Giammello. Sul palcoscenico, da una gigantesca corona crollata tra le macerie (simbolo del potere)
emergono infatti i volti della storia.
Durata dello spettacolo: 2h 40min compreso intervallo (1° atto 1h 15min - 2° atto 1h 5min). Per tutte le informazioni www.fondazionenuovoteatroverdi.it
Tel. (0831) 229230 - 562554