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Elettrodomestici: solo il 16,8% dei piccoli va al riciclo - Borsa Italiana 1 di 1 http://www.borsaitaliana.it/notizie/finanza-etica/csr/primo-piano/elettr... Home page › Notizie e Finanza › Finanza Etica › La Finanza Etica › Primo Piano Home Page La Finanza Etica Primo Piano I Fondi Etici Il Rating Etico La Microfinanza Case History La Ricerca Indici Spazio Aziende Primo Piano Cos'è la Finanza Etica? Elettrodomestici: solo il 16,8% dei piccoli va al riciclo Intervista a Fabrizia Gasperini, responsabile relazioni esterne di ReMedia 24 Nov - 15:07 “L’anno scorso sono state ricavate in Italia 34mila tonnellate di materie prime (12 mila tonnellate di ferro) dai piccoli apparecchi elettrodomestici riciclati e dal punto di vista ambientale si sono evitate emissioni pari a 54.400 tonnellate di anidride carbonica, quantificabili in 26.300 tonnellate di petrolio grezzo (TEP-tonnellate di petrolio equivalente) risparmiate. I benefici sono stati anche economici, perché abbiamo stimato in 23,6 milioni di euro il valore dei metalli riciclati”. Fabrizia Gasperini è responsabile per le relazioni esterne di ReMedia, uno dei più importanti consorzi italiani attivi nella raccolta, nel riciclo e nel recupero di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, illustra con attenzione i risultati di una ricerca guidata dal Consorzio nel 2010 sul riciclo dei Paed (Piccoli apparecchi elettro-domestici) in Italia e realizzata in collaborazione con GFK Eurisko, Remade in Italy e ASSORAEE. Dalla vostra ricerca però emergono anche diverse criticità sulla raccolta dei Paed in Italia... Sì, a nostro parere, nonostante i buoni risultati raggiunti da questa industria nel Bel Paese, c’è ancora molto da fare. In Italia nel 2010 abbiamo il tasso di raccolta dei Paed – inteso come rapporto tra i Paed raccolti e quelli immessi sul mercato – al 16,8% contro il 26% della media europea. Cosa bisognerebbe fare secondo voi? Sicuramente uno dei punti deboli del nostro sistema di raccolta deriva dalla mancanza di un numero adeguato di isole ecologiche municipali, ossia di quelle piazzole con le campane dove i cittadini possono depositare i propri rifiuti suddividendoli nelle varie categorie. In particolare i punti di raccolta in Italia sono in media 0,5 ogni 10 mila abitanti, mentre in Europa si arriva a 0,9: questo significa che il cittadino fa in media il doppio della fatica per riciclare un piccolo elettrodomestico. C’è inoltre una forte spaccatura tra Nord e Sud del Paese: nelle regioni settentrionali si concentrano 2.300 centri di raccolta comunali, circa il 70% del totale nazionale con una percentuale di 0,83 centri ogni 10 mila abitanti. Al Centro e al Sud si scivola a 0,3 centri circa ogni 10 mila abitanti. L’altro aspetto che non aiuta la raccolta è la scarsa informazione dei cittadini sulla raccolta differenziata di questi rifiuti. Esiste anche il ritiro “uno contro uno”: però la vostra ricerca evidenzia che solo un italiano su due sa cos’è. Di che si tratta? E’ la possibilità che hanno i cittadini di conferire un vecchio elettrodomestico al commerciante presso il quale ne acquistano uno nuovo. Quando compriamo un nuovo televisore o un nuovo asciugacapelli possiamo dare il nostro vecchio apparecchio al commerciante e così avviarlo al corretto riciclo. In Italia, però, solo 1,9 milioni di cittadini ha usato questo sistema lo scorso anno: è appena il 16% dei consumatori che avrebbero potuto servirsene. Ma come funziona questo mercato? Come si passa dall’isola ecologica al nuovo prodotto? Prendiamo per esempio il nostro vecchio stereo. Si comincia dall’isola ecologica municipale, dalla raccolta porta a porta che certi comuni (per esempio Milano) gestiscono o dal venditore di piccoli elettrodomestici. Qui la nostra radio viene recuperata da sistemi collettivi come ReMedia o altri gruppi del settore che prendono in consegna il rifiuto e lo trasportano fino agli impianti di riciclo, accuratamente selezionati e specializzati per ricavare dalla radio ferro, plastica e alluminio; dai suoi cavi e dai suoi circuiti si possono ottenere anche rame, oro, argento, palladio. Tutto questo diventa una risorsa, anche economica, che in parte abbatte i costi di riciclo. Come ci viene affidata un’isola ecologica? Esiste un Centro di Coordinamento RAEE, che garantisce ai Comuni parità di servizi su tutto il territorio nazionale. Tutti i Sistemi Collettivi gli riferiscono le quote di mercato dei suoi soci in base ai raggruppamenti dei rifiuti da raccogliere. Quelle quote servono per affidare a ciascun consorzio il servizio di ritiro dei RAEE dalle isole ecologiche. Per esempio se una società ha il 40% del mercato dei rifiuti di elettronica varia, dovrà raccogliere il 40% in peso dei RAEE prodotti in Italia nelle isole affidate a quel consorzio attraverso un algoritmo che garantisce che tutti i sistemi collettivi operino su tutta Italia con condizioni eque ed omogenee. In questo modo nessuna città viene privilegiata rispetto ad altre, e vengono servite sia Milano (che si avvantaggia di grandi quantità di rifiuti tecnologici e di costi bassi collegati al territorio pianeggiante), sia il paesino di montagna in Sardegna. Entro il 2012 è prevista una ridefinizione delle normative europee del settore, ma già oggi rischiamo di non essere al passo con gli obiettivi. Pesa anche uno scarto tecnologico? Nel recasting della direttiva RAEE (i rifiuti elettrici ed elettronici che comprendono i piccoli elettrodomestici) si prevedono obiettivi di raccolta dell’85% dei RAEE entro il 2016. Per quella data ci si aspetta che le nazioni europee raggiungano un riciclo 8 chilogrammi ogni 10 chili di rifiuti generati. Se prendiamo il caso dei Paed, attualmente però in Italia sono riciclati meno di 3 Kg ogni 10 Kg di rifiuti di Paed generati: quindi in pratica già oggi ci si chiede di triplicare la raccolta attuale. Dal contatto con i cittadini che sensazione avete ricavato: serve più informazione? Abbiamo rilevato una diffidenza che riteniamo immotivata. Si può fare molto di più, è vero anche perché oggi il tasso di riciclo dei Paed ha raggiunto in media il 92%: penso che sia un messaggio importante da inviare alle comunità. C’è comunque poca informazione e probabilmente si dovrebbe agire anche su questo fronte, solo il 53% degli italiani conosce per esempio l’”uno contro uno” e anche se in termini di auto percezione il 57% si ritiene abbastanza informato circa lo smaltimento dei Paed e il flusso di raccolta separata, la raccolta è ancora limitata. Ultimo aggiornamento: 24 Novembre 2011 - 15:13 25/11/2011 9.23